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Scuola di italiano per stranieri
Questi giorni tristi che non finiscono mai. Molti cuori spezzati e tante lacrime negli occhi innocenti. C'è molto lutto, dolore, preghiere e speranza che oggi andrà bene e domani sarà migliore.
Per fare due passi: lavarsi le mani, mascherine, guanti, tenersi a distanza, coprirsi la bocca se starnutiamo…
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Verrà presto il giorno in cui usciremo, incontreremo i nostri cari, per abbracciarci, per giocare, per comprare di nuovo, per andare al lavoro, forse per dire tante cose che non abbiamo detto prima.
Troppa paura ha messo in noi questo maledetto virus. Ha preso tante vite, ma noi torneremo più forti di prima, perché la vita non si ferma mai.
Adela
Parliamo del tempo.
E' difficile parlare del tempo ha mille sfaccettature. C'è quello che vorremmo passasse velocemente, o si fermasse un po’ C'è quello dei tempi con le trecce, il tempo delle mele. Verranno tempi migliori si dice. Specialmente nel tempo che stiamo vivendo ora. Ma che tempo! Piove, ma che tempo, fa troppo caldo! Non siamo mai contenti. Ognuno lo vorrebbe a modo suo per il proprio comodo. Il tempo potrebbe essere un bel signore che comanda il tempo secondo i suoi capricci, oppure uno scapestrato giovanotto che gioca con le nostre vite. Ma che idea! Io che ho un bel po' di anni ricordo spesso il tempo passato e cerco di rendermi simpatica al futuro. Sicuramente ho tralasciato altre sfumature, se vi piacesse cercatele voi con pazienza. Federica Frigerio Nel componimento intitolato “L’assiuolo”, Giovanni Pascoli fa della voce onomatopeica “chiù” non la semplice riproduzione del canto di questo uccello notturno, ma l’incarnazione di un messaggio esistenziale: il suono cupo e inquietante, acuito dall’accento posto sull’ultima vocale, che oltretutto è una vocale chiusa, vuole rendere “musicalmente” la sensazione di un’at- mosfera lugubre, angosciante, che preannuncia la morte, di cui l’assiolo stesso è presagio nella credenza popolare. La poesia che segue ricalca esattamente la forma metrica e ritmica de “L’assiuolo” e ne riprende l’idea dell’onomatopea portatrice di un significato che va oltre la parola stessa. La “voce” che qui parla – resa con il versicolo onomatopeico “fii” – è quella del vento, l’unico vero te- stimone della tragedia di cui l’umanità è vittima, perché è l’unico a poter liberamente vagare da un posto all’altro, senza limiti, ascoltando e portando con sé le angosce, le preoccupazioni e le paure di tante persone costrette in casa. Non solo, oltre che testimone è anche mediatore: tra l’essere umano e la Natura, che è totalmente indif- ferente alla sofferenza che le sta attorno e, “intatta”, cioè incontaminata, prosegue il proprio corso – i fiori sbocciano come ogni anno, anche se non c’è nessuno ad ammirarli – e tra l’essere umano e il Cielo, con cui dialoga per avere qualche parola di conforto da trasmettere. E questa parola consiste sempre nell’ono- matopea “fii”, che solo alla fine rivela il suo vero si- gnificato. Dov’era l’Umano? Serena Natura lasciava l’inverno intatta da un mal che avvelena, e, ignara, procede all’Eterno; il vento soltanto diffonde un senso di angoscia fin qui, e, solo, al silenzio risponde: “Fii…”
D’intorno le strade deserte, claustrali edifici in cemento: di anime si odono incerte lamenti portati dal vento, che bussa agli stipiti muti, sperando che si aprano un dì, del Cielo invoca gli aiuti: “Fii…”
E dentro le case dormienti, un brivido di ansia e paura trapassa i cuori dolenti, custodi nutriti di Cura; ma il vento riporta dal Cielo un canto profeta così: carezza di serico velo… “Fii…”
Profeta di ciò che sarà, sussurra: “Fii… finirà!”
Scuola di italiano per stranieri

Ci siamo salutati venerdì 21 febbraio con un arrivederci al giovedì successivo; ci sarebbero stati due giorni di vacanza, era Carnevale e ognuno aveva raccontato qualcosa delle tradizioni del suo Paese. Eravamo particolarmente soddisfatti in quei giorni: il gruppo, che aveva stentato a formarsi tra arrivi e partenze, era ora davvero numeroso, vivace, rappresen- tanti di tanti Paesi, con storie diverse, ma tutti con una gran voglia di imparare la nostra lingua, ben sapendo che è il primo e più importante strumento per sentirsi parte di una comunità. Eravamo contenti per l'arrivo dei nuovi libri che avrebbero facilitato l'apprendimento (e a noi inse- gnanti l'insegnamento), visto che le frequenze nella nostra scuola sono open e non tutti frequentano tutti i giorni con le conseguenti difficoltà di organizzazione delle lezioni: i libri si sono fermati, ahimè, all'Unità 1. La sera dello stesso giorno il primo caso italiano di COVID-19 e la paura, l'isolamento, la noia. Si è formato un gruppo Whatsapp per tenerci uniti anche se a distanza: qualche compito, qualche verifica, ma soprattutto il piacere del 'Ciao, come state?' 'Bene, ma che brutto!' 'Domani riapre la scuola... Pesce d'aprile!'… un filo per non perderci. Adela, un'allieva albanese, giovanissima mamma di Donald, ha una vera passione per la scrittura e ha risposto all'invito della redazione. Vi consiglio di leggere con attenzione i suoi scritti, denotano una grande sensibilità e una buona competenza della lingua ita- liana.Anche un'insegnante, Rosa, ha voluto donarci una sua poesia, che trovate pubblicata qualche pagina prima. Uno spaccato della nostra scuola, che, anche se chiusa, esiste e continuerà appena possibile la sua azione. Regina

Carissimi bambini, questo virus ci ha costretti a lasciarvi senza le nostre letture per troppo tempo, ma ci ritroveremo. Non ci siamo dimenticate di voi, anzi, spesso pensiamo che avrete saputo trovare nuove attività per occupare il tempo ‘sospeso’ e pensiamo anche ai vostri genitori, che si inventano ogni giorno cose nuove per voi. Il tempo sembra non passare mai, vero? UFFA! Ma a volte vale la pena aspettare…. Ecco una bella lettura per voi, mamme e papà ve la leggeranno. A presto!














V’è un grande Paese che si chiama Cina. Da questo Paese inizia tutto e invade il mondo. Sapete che cosa inizia in un giorno di novembre o dicembre? Era stato un giorno normale per molte persone, come gli altri giorni, ma improvvisamente si sentono voci che una persona si è ammalata e non si sa di cosa soffre. Da allora ogni giorno sempre più persone vengono infettate da questo virus. Le analisi diagnostiche a un certo punto rivelano che l’infezione è causata da un coronavirus sconosciuto, non si capisce da dove viene e nemmeno perché si sta diffondendo così in fretta. I medici fin dall’inizio stanno cercando una cura che salverà la vita delle persone colpite dal virus, ma non c’è una risposta esatta e i tormenti sono molti. Se ne parla ovunque, discussioni, paure infinite, le no- tizie nei media, il titolo quotidiano: virus. Chi lo avrebbe pensato che il mondo intero sarebbe stato sopraffatto da questa epidemia?! C’erano persone in altri Paesi, in altri continenti che temevano che il virus potesse afferrarle. Siamo lasciati al destino. Speriamo che Dio abbia pietà di noi. Dopo la Cina il virus è entrato anche in Italia dove viviamo noi; tante persone muoiono ogni giorno con una velocità spaventosa. La regione Lombardia è la più colpita dal virus in Italia. Ecco qua, questa dannata epidemia che sta prendendo il sopravvento e vite ogni giorno. La situazione sta spaventando il mondo intero. Lutto, pianto, lacrime, dolori senza fine per i familiari che hanno perso i loro cari. Paura per tutti, per me che oggi mi sono svegliata e domani potrei essere infettata e nei giorni seguenti potrei non respirare, non esserci più… Temo che domani potremmo non sentire le voci dei nostri figli, le loro risate, potremmo non vederli mentre crescono, mentre fanno i primi passi, non sentire le loro prime parole, quando dicono: “Mamma, papà, vi amo tanto”. Paura di non vederli quando andranno all’asilo, il pri- mo giorno di scuola, quando li aspetti a braccia aperte mentre ritornano a casa; applaudire a un successo di tuo figlio o nei giorni difficili dargli coraggio e consigli e abbracciarlo nel bene e nel male. Paura di essere separato da questo mondo lasciando il tuo angelo solo, senza il calore, senza il supporto di uno o di tutti e due i genitori. Paura che arrivi la notizia che anche i tuoi genitori sono infettati, e non riesci a credere che hanno lascia- to questa vita, ieri hanno parlato, ho sentito le loro voci… vai a casa, guardi le loro foto con le lacrime agli occhi, vorresti poterli abbracciare oggi. La mente va ai ricordi dell’infanzia e più che mai ci si rende conto di quanto valore hanno i genitori, quelle mani che ci hanno abbracciato, nutrito e protetto. È possibile vivere la vita come prima, essere tranquilli? No, fino a quando questa malattia non sarà sconfitta, questa crisi attanaglierà il mondo. Quindi, forti di questa tragedia, dovremo poi essere gentili, fare buoni gesti, perdonare gli altri, aiutarci l’un l’altro, non provare rabbia, invidia, odio per nessuno, non gioire per le sventure di altri. Chiedere a Dio di perdonarci per i peccati commessi, ringraziarlo di essere ancora vivi e di avere il tempo di fare cose come non abbiamo fatto prima, di poter vedere i bambini mentre crescono, festeggiare i com- pleanni, godere degli abbracci dei genitori, cambiare il ritmo della nostra vita per meglio viverla, senza es- sere impantanati nello stress e nelle cattive abitudini che danneggiano la vita. Motto per questo tempo: vivi la vita con amore, pazienza e positività, come se ogni giorno fosse l’ultimo, perché non sai cosa riserva il futuro. Adela

Anche quest’anno don Giorgio ha espresso il desiderio di poter donare a tutta la comunità, in una serata prima del Santo Natale, un momento di Elevazione Spirituale che potesse coinvolgere persone e gruppi della Comunità Cristiana di Tavernerio, Solzago e Ponzate. La proposta è stata di prendere spunto dalla narrazione di un’esperienza di volontariato, che potesse essere collegata anche alla presentazione e benedizione di una nuova opera, una tela rappresentante la Natività, all’interno della Chiesa di Tavernerio, aiutandoci così ad entrare nello spirito del Natale anche attraverso la musica e il canto. Un VIAGGIO breve, ma pur sempre un viaggio è il tempo di Avvento che, come ogni anno, ci accompagna e conduce al Santo Natale. È stato un viaggio tra musica, parole, immagini, un viaggio di ascolto. Un viaggio del CUORE, seguendo le armonie delle voci di piccoli e grandi, scoprendo l’interpretazione delle Sacre Scritture attraverso l’arte, espressione di un de- siderio di vita, di amore e di speranza. Ma da dove partire? L’incipit è venuto così, scegliendo quattro concetti chiave che facessero da filo conduttore tra la narrazione tratta dal libro “Muri come il cielo”, il quadro che sarebbe stato svelato e il tempo liturgico che si stava vivendo, il tutto accomunato da ciò su cui si fonda la Parola di Dio, la quale è anima e ispiratrice di tutta l’esistenza cristiana: vita e missione sono testimonianza, in forma viva, delle Scritture. 1 L’incontro, “Ci sono persone che incontriamo e che cambiano il corso della nostra esistenza”; 2 il prendersi cura, “Accorgersi che c’è un altro davanti a noi che ci interpella e decidere di spenderci per lui”; 3 il cammino, “Non so dove vada la mia strada, ma cammino meglio quando la mia mano stringe la tua”; 4 il ritrovarsi, “Se hai cuore non puoi perdere niente, puoi solo ritrovare”. Crediamo che ognuno di noi possa affermare di aver sperimentato uno o tutti di questi quattro movimenti… Queste introduzioni, che hanno preceduto le quattro fasi della narrazione, hanno come comune denomina- tore il NOSTRO CUORE, quello da noi sentito come organo centrale della vita interiore, come fonte delle espressioni multiformi della vita spirituale, posto, per così dire, nell’’io profondo’. In contesti socio-culturali, quando si parla di cuore, si allude innanzitutto alla vita affettiva, alle emozioni, ai sentimenti che hanno nel cuore la loro sede. Nel linguaggio biblico, invece, il cuore ha un significato molto più esteso, perché designa tutta la persona nell’unità della sua coscienza, della sua intelligenza, della sua libertà. Il cuore è la sede della memoria, è il centro dei progetti, delle scelte e delle azioni, dell’uomo. Cuori pulsanti, festosi,

diversi nella loro particolarità come le TRE CORALI e il CORO dei RAGAZZI che ci hanno regalato melodie inedite e popolari, proponendo canti della più classica tradizione natalizia, ma anche arrangiamenti poco conosciuti. Emozionante è stato il loro “fluire, convergere” verso l’altare a rappresentazione di quello che le nostre parrocchie stanno cercando di costruire: un cammino, seppur faticoso, verso una Comunità Pastorale che sia in grado di essere custode delle storie passate e testimone di una Chiesa nuova, soprattutto con relazioni nuove e sincere. La novità, che ha davvero riscaldato i cuori, è stata la presenza creativa, l’impegno e la vivacità della Con- sulta Giovani che si è resa disponibile nella preparazione e proiezioni delle immagini e nella lettura del racconto. Hanno portato una ventata di freschezza, che ci auguriamo possa continuare. Abbiamo respirato un clima di collaborazione e fraternità tra i tanti che si sono messi a servizio, da i maestri dei cori, ai tanti coristi, ai musicisti, ai giovani, ai volontari di oratorio, all’artista dell’opera, a padre Lino dei Saveriani e al gruppo di anziani che hanno innalzato la tela alla parete. Un ringraziamento va ancora a don Giorgio e ai suoi collaboratori, per averci dato l’occasione di creare e vivere in un’atmosfera di meditazione raccolta e sentita, un momento suggestivo e profondo; un grazie anche al nostro Vescovo Oscar, che ha accettato l’invito per la benedizione dell’opera e per essersi trattenuto per l’intera serata. Un grazie a Francesca Lironi, autrice del libro, e uno speciale a Fabio Vozzo, protagonista del racconto, che ha partecipato alla serata e ci ha coinvolto con il rac- conto della sua esperienza missionaria in India. Il VIAGGIO non si è fermato a conclusione della serata, ma continua nella nostra quotidianità ogni volta che ci mettiamo in viaggio dentro noi stessi, quando il nostro CUORE desidera il bene, quando Dio si fa presente, ci incontra nell’avventura del viaggio del nostro cuore. Gruppo Animatori Liturgici Il Paese 17
Alcide Gallani: una Natività speciale per Tavernerio
La lettura che abbiamo scelto per il concerto di Natale è un racconto biografico intitolato “Muri come il cielo”, scritto da Francesca Lironi. Il libro, una raccolta di foto e testi su degli sfondi dello stesso colore del cielo, racconta di un missionario, Fabio Vozzo, che da 20 anni lavora come volontario a Calcutta con le suore Missionarie della Carità di Madre Teresa. La breve biografia di Fabio è raccontata, però, non dal punto di vista del volontario, ma da quello di una ragazza indiana, Hena, che Fabio ha incontrato in uno dei vuoi viaggi nel Paese. Abbiamo scelto questo racconto perché ci ha permesso di mettere in scena una sorta di ricostruzione teatrale, una piccola rappresentazione di quello che Lironi voleva raccontare. Come detto, la storia è raccontata in prima persona da Hena, che è uno dei personaggi principali del racconto. Insieme alla ragazza abbiamo conosciuto anche il fratello Sunny, la madre e un amico di Hena, Kaysar. La storia di queste persone si intreccia strettamente con quella di Fabio, che incontra Hena e suo fratello per strada e li ritrova suc- cessivamente, anni dopo. L’incontro è infatti uno dei temi principali della lettura, il pilastro portante che ha permesso a vite diverse di intrecciarsi e di continuare a crescere insieme. La vita dei due bambini prima di incontrare Fabio era segnata dalla povertà e dall’ab- bandono, il loro incontro è stato provvidenziale e ha rivelato quanto l’impegno per gli altri e la compren- sione dell’animo umano possano rendere più semplici le vite altrui. Grazie a Fabio, Hena e Sunny hanno potuto vivere un riscatto sociale e personale pieno: entrambi sono diventati una madre e un padre con una grande famiglia serena. Le condizioni di vita in una città come Calcutta sono sicuramente peggiori di quelle che affrontiamo noi, ma i due ragazzi han- no comunque raggiunto obbiettivi di vita importan- ti e la loro serenità non sarebbe stata possibile senza quell’incontro provvidenziale con Fabio. La lettura ad alta voce della vicenda e il susseguirsi delle voci dei personaggi interpretati da lettori diversi ci hanno permesso di creare un’atmosfera coinvolgente. Abbiamo scelto la storia di Hena e Fabio perché ci è sembrato il modo migliore per parlare di valori come l’incontro, il prendersi cura degli altri, il cammino verso il proprio futuro e il ritrovarsi una volta raggiunto l’obiettivo. È stata una lettura semplice per guadagnare tutti insieme dei traguardi importanti. “Muri come il cielo” è una storia di riscatto e provvidenza, di amore e impegno, ma soprattutto è una storia di dedizione: la dedizione di due bambini per la loro famiglia, la dedizione di Fabio per i due bambini, la dedizione di persone buone nei confronti delle anime innocenti, e, soprattutto, la dedizione di una giovane ragazza che alla fine ha conquistato la sua vita in una piccola casetta con i muri blu come il cielo. Sara Gaffuri In occasione dell’inaugurazione della mia ultima tela realizzata per la nuova chiesa parrocchiale di Tavernerio, ho ricevuto con piacere l’invito di Sabrina Mantegazza a far conoscere ai suoi concittadini la mia attività artistica. Circa vent’anni fa sono stato contattato dall’allora parroco don Silvio Bernasconi per arredare la parte superiore della pianta centrale della nuova chiesa. Nacque subito l’idea di grandi teleri colorati che narrassero simbolicamente e allegoricamente racconti biblici e che svolgessero al contempo una funzione di fonoassorbenza, problema non secondario vista la vastità della sala. Dopo l’inaugurazione nel 2002 delle prime due opere, “Il Mistero Eucaristico” e “La Creazione dell’Universo”, è seguita, fino al 2010, la realizzazione di altri tre teleri raffiguranti “I 10 Comandamenti”, “La parabola del seminatore” e “L’entrata in Gerusalemme”. Nel 2018, all’ingresso di don Giorgio Cristiani nella comunità religiosa, alcuni parrocchiani hanno sollecitato il completamento del ciclo con le due opere mancanti, “La Natività” e “Il Battesimo di Cristo”. Ho subito accettato con piacere e a titolo gratuito la richiesta di eseguire “La Natività”, concordando col

