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Editorial EDITORIALE
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Last Saturday, on 20 May the third edition of the ‘Mills Open Day’ took place, a full house once again. In fact, several thousand people visited the soft and durum wheat milling plants taking part in the event. A success that confirms and goes even beyond what was achieved in the two previous editions, foreseeable from the start: in fact, a great number of applications were received as soon as registration was opened. Moreover, during this third edition, several plants were visited by some institutional and wheat industry representatives, both at national and local level, who decided to accept our invitation. A prestigious and much appreciated visit.
Lo scorso sabato 20 maggio si è tenuta la terza edizione della giornata “Molini a porte aperte”, un evento che ha registrato ancora una volta il tutto esaurito. Diverse migliaia, infatti, sono stati gli iscritti che, per l’occasione, hanno visitato gli impianti molitori a frumento tenero e a frumento duro aderenti alla manifestazione. Un successo che conferma, e se possibile va oltre, quello già ottenuto nelle due edizioni precedenti, prevedibile fin da subito: numerosissime, infatti, le richieste di adesione pervenute non appena sono state aperte le iscrizioni alle visite. In occasione di questa terza edizione, inoltre, diversi impianti hanno ricevuto la prestigiosa quanto gradita visita di alcune rappresentanze istituzionali e della filiera frumento, sia a livello nazionale, sia a livello locale, che hanno deciso di accogliere il nostro invito.
Teniamo però a sottolineare che i protagonisti della giornata “Molini a porte aperte” restano i consumatori che hanno potuto attingere a informazioni complete, verificabili e trasparenti, affrancandosi dal ruolo di spettatori passivi di un marketing della comunicazione che fa troppo spesso e irresponsabilmente leva, con particolare riguardo al comparto alimentare, sull’allarmismo. “Molini
a porte aperte” ha consentito loro, infatti, di scoprire da vicino il complesso quanto affascinante processo di macinazione delle migliori varietà di frumento, tenero e duro, per la produzione di diverse tipologie di farine e semole destinate a prodotti simbolo del “made in Italy” alimentare quali: pasta, pane, pizza e prodotti dolciari. Ricordiamo, a tal
proposito, che l’Industria molitoria italiana costituisce un’assoluta eccellenza ed è leader nell’Unione europea per volumi, qualità e versatilità degli sfarinati prodotti e che i nostri Molini costituiscono un fiore all’occhiello dell’agroalimentare nazionale e un orgoglio per tutti coloro che quotidianamente, grazie alle loro professionalità, contribuiscono a garantire un prodotto insostituibile, alla base della nostra dieta mediterranea. Siamo davvero felici e orgogliosi di aver potuto condividere, ancora una volta, questa professione e, soprattutto, passione con i tantissimi ospiti intervenuti cercando di raccontare il nostro mestiere nella maniera più chiara e trasparente possibile.
Permettetemi, infine, di rivolgere un ringraziamento particolare a tutte le persone intervenute, sfidando in alcune zone anche il maltempo e le sue conseguenze, ma anche ai Titolari e al personale delle Aziende molitorie che hanno creduto fortemente in questa iniziativa impegnandosi al massimo per accogliere i visitatori nel miglior modo possibile.
Andrea ValenteASB Automation è il partner ideale per aumentare le prestazioni della vostra azienda perché siamo in continua evoluzione e ricerca per sviluppare impianti industriali, quadri elettrici, cabine di trasformazione e software d’automazione che vengono realizzati su misura per rispondere alle vostre esigenze, attraverso l’utilizzo della più avanzata tecnologia e dei migliori componenti presenti sul mercato .
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Dal2 maggio fino al 5 giugno 2023, è in vigore un regolamento di esecuzione della Commissione Ue che introduce “misure eccezionali e temporanee” riguardanti quattro prodotti ucraini: grano, mais, semi di colza e semi di girasole. Il loro export verso l’Ue ha creato, nelle settimane passate, “gravi strozzature logistiche e di mercato” soprattutto in Polonia, Bulgaria, Ungheria, Romania e Cecoslovacchia, che avevano bloccato le importazioni da Kiev. Questi prodotti, adesso, potranno solo transitare nei cinque Paesi membri summenzionati, verso la destinazione finale in Ue o nei Paesi terzi. Il provvedimento potrà essere prorogato “fintanto che la situazione eccezionale persiste”.
Il5 e 6 maggio scorsi, si è tenuta la giornata tecnica Antim, dal titolo “Farina di legumi: opportunità e conoscenza”. L’appuntamento ha previsto nella giornata di venerdì 5 il tour alla Bühler Group in Uzwil. Il giorno successivo, invece, presso la Hall Säntispark Hotel ad Abtwil si è tenuta la giornata tecnica vera e propria che ha visto, dopo i saluti e l’introduzione del presidente Lorenzo Cavalli, un gruppo di relatori tutti del Bühler Group. Giulia Minzolini ha parlato di sostenibilità, Andrea Turco e Alessandro Vho della Pulses Value Chain, mentre Carmine Ricciardi ha tenuto una relazione dal titolo “From pulses flour to gluten free pasta and TVP”. Nel pomeriggio si sono avvicendati Pietro Maritano e Urs Duebendorfer con una relazione dal titolo “The mill of the future (digitalization)” e la presentazione del Grueniger Muhele a cura di Urs Duebendorfer.
Inattesa della normativa europea, data come imminente, tre proposte di legge sono incardinate al Senato per rendere finalmente possibile la sperimentazione in campo delle Tea, le Tecniche di evoluzione assistita che rendono le piante più resistenti alle malattie, limitano l’impatto ambientale dell’agricoltura riducendo il fabbisogno di terreno e acqua. I tre firmatari delle bozze sono il Senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione agricoltura al Senato, l’Onorevole Raffaele Nevi, segretario della Commissione agricoltura alla Camera e, il Senatore Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato. Le Tea, che si basano su tecniche di genome editing e di cisgenesi, sono strumenti che guardano al futuro della biodiversità italiana che, con il cambio climatico, vede diminuire il numero delle varietà nazionali perché non più resistenti agli stress ambientali.
Conla circolare n. 31370 del 28 aprile 2023, Agea Coordinamento ha definito la disciplina che regola il sostegno accoppiato al reddito della Pac 2023/27, in recepimento del Dm sui pagamenti diretti del dicembre 2022. L’ente ha fornito specifiche integrazioni per il funzionamento, le condizioni di ammissibilità e i criteri di demarcazione degli interventi nei vari settori produttivi. Quello per il frumento duro è riservato alle regioni d’Italia centrale, meridionale e insulare. È prevista la condizione di ammissibilità di portare la coltura alla maturazione piena delle cariossidi, a meno che non si verifichi un evento climatico eccezionale che lo impedisca. In tal caso è necessario trasmettere una comunicazione scritta, entro 15 giorni lavorativi, all’organismo pagatore competente. Dal 2024 scatta l’obbligo di utilizzare sementi delle categorie pre-base, base o della categoria certificata.
ritiene particolarmente proficuo l’ampio confronto sviluppatosi l’11 maggio nell’ambito della riunione indetta dalla Commissione di allerta rapida per analizzare la dinamica del prezzo della pasta. L’Associazione ha poi considerato fondamentale fornire alla Commissione ogni opportuno chiarimento sui meccanismi che determinano il livello e l’andamento dei mercati, che non risultano in alcun modo governabili dai singoli lettori della filiera, del frumento duro e della semola del frumento duro. Con particolare riferimento al comparto molitorio, è stata illustrata la composizione dei costi di produzione ed evidenziata l’assoluta simmetria tra l’evoluzione delle quotazioni della materia prima e del prodotto di prima trasformazione.
Amarzo 2023 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dello 0,6% rispetto a febbraio. Nella media del primo trimestre il livello della produzione diminuisce dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per i beni strumentali (+0,7%) mentre cala per i beni intermedi (-0,4%), per l’energia e per i beni di consumo (-1,4% in entrambi i settori). Tra i settori di attività economica in crescita tendenziale si segnalano i mezzi di trasporto, la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici, la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi italiani. Le flessioni più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa, nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria e nell’attività estrattiva.
Sebbene la domanda di prodotti bio, in Italia, sia pur sempre in crescita, tuttavia si è molto al di sotto delle attese. Nel 2022 la domanda è salita dello 0,5% rispetto al 2021, mentre i prezzi sono aumentati del 9,1%. È quanto rileva Ismea nel report “Biologico: gli acquisti alimentari delle famiglie”. Per effetto di queste dinamiche, si riduce l’incidenza del biologico sul totale della spesa agroalimentare: con 3,66 miliardi di fatturato nel canale domestico nel 2022, il peso del bio scende al 3,6% contro il 3,9% del 2021. Per quanto riguarda le diverse tipologie di prodotto sono ancora in crescita le vendite nei comparti zootecnici, con carni, salumi, latte e derivati, ittico. Al contrario, cedono i comparti rappresentativi come frutta, ortaggi, pane e derivati dei cereali.
Peri professionisti del mondo pizza, Molini Pivetti ha avviato Foodservice, progetto che mette l’operatore professionale, volgarmente il pizzaiolo, al centro della filiera: è lui a vedere soddisfatta l’esigenza di sentire al suo fianco l’azienda per quanto riguarda la parte tecnica, il prodotto e il territorio. Con tale progetto, Molini Pivetti punta con decisione i riflettori sulla pizza e presenta la linea Special che accoglie 5 referenze di farina. La pizza Napoletana è rappresentata dalla farina “Nafavola”, grano tenero Tipo 0 nelle varianti W270 e W 320. Fa parte della famiglia Special anche la novità “Incanto”, farina di Tipo 0 con germe di grano dedicata ai prefermenti sia liquidi sia solidi e agli impasti diretti. La farina “Maggica”, Tipo 0, è stata studiata invece per la pizza alla pala e in teglia e la Tipo 00 “Sorbole” per la tipica pizza croccantina emiliana.
Mulino Caputo arricchisce la gamma delle sue farine con “Aria”. Si tratta di un nuovo prodotto realizzato con pasta madre da grani dedicati, e consigliato per impasti alta idratazione, alveolati, leggeri, croccanti e di facile manipolazione quali pinse, pizze alla pala e pizze in teglia. Assieme ad “Aria”, a Tuttofood era presente anche l’altra novità del Mulino napoletano: “Fioreglut Dolci”, una miscela gluten free di farine ottenuta da materie prime selezionate ed è indicata per la preparazione di dolci, dalle torte ai biscotti.
World News è la rassegna delle notizie dall’Europa e dal mondo sull’agroalimentare. Un punto di vista aggiornato e puntuale su quanto accade in sede comunitaria ed extra-comunitaria, per essere sempre informati sulle dinamiche internazionali in ambito politico, economico e scientifico. Brevi flash che possono risultare di interesse per la filiera - italiana ma non solo - della trasformazione dei cereali.
La Turchia ha imposto dazi del 130% sulle importazioni di alcuni cereali, tra cui grano e mais. È una decisione presidenziale pubblicata a fine aprile sulla Gazzetta Ufficiale nazionale. Il governo turco non ha fornito una motivazione. Secondo una notizia diffusa dall’agenzia Reuters il dazio all’importazione, in vigore dal primo maggio, arriva dopo che alcuni Paesi dell’Unione europea hanno annunciato il divieto di import di grano ucraino. Secondo alcuni operatori di mercato, la mossa della Turchia è in gran parte finalizzata a proteggere il settore agricolo interno ma è stata definita comunque, “a sorpresa” dal momento che l’inflazione dei prezzi alimentari interni è alle stelle e le prospettive per il raccolto di grano del Paese sono scarse. Peraltro, dal giugno 2022, il grano ucraino rappresenta una quota compresa tra l’80% e il 100% delle importazioni mensili turche di questa derrata.
Alla Conferenza Iaom, International association of operative millers (Minneapolis, 17-21 aprile scorsi), sono state presentate le ultime tecnologie di macinazione. Uğur ha sviluppato per Great Western, un adattatore per mulini a rulli con meccanismo di ingrassaggio esterno che consente una manutenzione senza fermo macchina. Dalla partnership tra Alapala e Satake Group è nata una nuova tecnologia con sensori applicati su tutta la linea di macchine nel mulino Henry Simon. Un sistema di emergenza avvisa l’operatore se si superano i valori nominali per intervenire prima dei guasti. BoMill ha presentato InSight, la macchina che seleziona la qualità dei cereali. Utilizza la tecnologia Nur e individua, con elevata precisione, il rispettivo contenuto proteico. Un’innovazione molto utile in Ue, quest’ultimo è diminuito nei grani locali, facendo aumentare i prezzi delle importazioni.
Ilpresidente cinese Xi Jingping ha espresso il suo sostegno al presidente ucraino Zelensky nel corso di una telefonata dello scorso 26 aprile, per il proseguimento dell’iniziativa del Mar Nero per i cereali. La notizia è stata riportata dal sito ufficiale del governo ucraino. Durante il colloquio, durato un’ora, il primo dopo l’invasione russa, i leader hanno discusso i modi in cui i due Paesi potrebbero cooperare in materia di commercio e altre azioni reciprocamente vantaggiose. Prima dell’inizio del conflitto, la Cina era il principale importatore di grano e mais dell’Ucraina. Ora, sta cercando di rafforzare le relazioni con i principali Paesi produttori tra cui il Brasile e altri del Sud America, al fine di garantire la propria sicurezza alimentare.
Ilgoverno francese ha appena avviato dei gruppi di lavoro per anticipare il ritiro delle sostanze attive e sviluppare soluzioni alternative per la protezione delle colture. Il progetto di pianificazione ecologica sui prodotti fitosanitari e sull’adattamento delle tecniche di protezione delle colture è stato lanciato il 2 maggio scorso dai ministri Marc Fesneau (agricoltura), Sylvie Retailleau (istruzione superiore e ricerca), Christophe Béchu (transizione ecologica) e Agnès Firmin Le Bodo (organizzazione territoriale e professioni sanitarie). Sono previsti gruppi di lavoro per ciascuno dei sette settori individuati ossia colture da campo (cereali, semi oleosi, barbabietole da zucchero, patate); frutta e ortaggi; piante aromatiche e medicinali; vite; orticoltura; sementi e colture ultramarine. La prima parte del progetto potrebbe essere ultimata a fine estate 2023.
Le ultime stime sul raccolto 2023 di mais e soia confermano un’annata eccezionale. Ora, il raccolto di soia si andrebbe ad attestare a 158 mln/t, con un aumento del 25% rispetto all’annata precedente, con una previsione di export di 96 mln/t, rispetto ai 79mil/t del 2022 e un incremento di scorte finali a 8mln/t. Per quel che concerne il mais, la produzione attesa è di 132mln/t, in aumento del 17% rispetto alla campagna precedente, con possibilità di esportare 48mln/t. Per salvaguardare i prezzi interni e garantire un’adeguata offerta di combustibili a prezzo calmierato, il ministro delle Miniere e dell’Energia ha stabilito un gruppo di lavoro per valutare la fattibilità di incrementare il contenuto (obbligatorio) di etanolo nella benzina fino al 30%.
Seguendo un iter ormai ampiamente consolidato per la regolamentazione dei contaminanti nei prodotti alimentari, è stata da alcuni anni avviata in ambito europeo una riflessione sul nickel in vista della messa a punto di una sua regolamentazione nel quadro del Reg (Ue) n. 1881/2006 e successive modifiche e integrazioni. Il nickel è un metallo, che appartiene alla categoria dei metalli pesanti, diffuso in tantissimi elementi in natura, tra cui molti alimenti, sia di origine animale sia vegetale, in acqua e in molti oggetti di uso comune. La principale fonte di esposizione al nickel è il consumo per via orale, poiché esso è presente come elemento contaminante. Tale metallo è tra i primi responsabili di reazioni allergiche da contatto.
Nel febbraio del 2015 la European food safety authority (Efsa) ha adottato un parere scientifico sui rischi per la salute umana associati al nickel presente nei prodotti alimentari, in particolare nei vegetali, ma anche nell’acqua potabile. L’Efsa ha stabilito un livello di sicurezza, noto come dose giornaliera tollerabile (Dgt), di 2,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo. Sulla base dei correnti livelli di esposizione medi ed elevati, gli esperti dell’Efsa hanno concluso che l’attuale esposizione alimentare cronica al nickel è motivo di preoccupazione per la popolazione in genere.
Il parere del 2015 è stato integrato/modificato da un successivo parere scientifico della stessa Efsa risalente al 2020. La Commissione europea ha chiesto all’Efsa di aggiornare il suo precedente per tener conto dei nuovi dati, della guida aggiornata sulla dose di riferimento (Bmd) e delle nuove informazioni scientifiche disponibili. Per calcolare l’esposizione alimentare cronica e acuta sono stati utilizzati più di 47.000 risultati analitici sulla presenza di nickel. L’esposizione alimentare cronica al 95 ° percentile, ovvero nella maggioranza della popolazione, è risultata inferiore alla dose tollerabile giornaliera (Tdi) negli adolescenti e in tutti i gruppi di età adulta, ma in genere superava la Tdi nei bambini piccoli e in altri bambini, e anche nei neonati. I valori del margine di esposizione (Moe) alimentare acuta media e per il 95 ° percentile rappresentano un problema di salute per gli individui sensibilizzati al nickel.
Sulla base del parere dell’Efsa la Commissione europea ha adottato nel luglio 2016 una Raccomandazione (2016/1111) sul monitoraggio dei livelli di nickel in alcuni alimenti.
In applicazione della Raccomandazione gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore alimentare, hanno svolto un’attività di monitoraggio della presenza di nickel negli alimenti nel 2016, 2017 e 2018. Il monitoraggio si è incen-
trato su cereali, prodotti a base di cereali, formule per lattanti, formule di proseguimento, alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai bambini, alimenti per bambini, alimenti a fini medici speciali destinati in modo specifico ai lattanti e ai bambini ecc. Gli Stati membri hanno inoltre effettuato un’attività di monitoraggio della presenza di nickel anche nei mangimi.
Di recente, tenendo in considerazione l’ampio lavoro di preparazione svolto, la Dg Sante della Commissione europea ha pubblicato un progetto di regolamento sul nickel in alcuni prodotti alimentari e ne ha discusso durante l’ultimo gruppo di lavoro sui contaminanti dello scorso anno. Secondo informazioni pervenute, nel corso del GdL la Dg Sante ha illustrato il parere dell’Efsa da cui risulta che il valore limite tossicologico per l’esposizione cronica al nickel può essere superato per un certo numero di gruppi di età. Alcuni prodotti alimentari sono particolarmente rilevanti nell’esposizione al nickel, pertanto, potrebbero non essere richiesti limiti massimi per tutti i prodotti. I rappresentanti degli Stati membri dell’Ue si sono confrontati con i rappresentanti della Dg Sante, in particolare sul fatto che innanzitutto i limiti massimi (ml) debbano essere individuati per ampie categorie di prodotti o per prodotti specifici. Sempre in seno al GdL, uno Stato membro ha indicato che gli ml sono ora proposti principalmente per prodotti di largo consumo, mentre alcuni prodotti specifici mostrano livelli più elevati, ma sono disponibili pochi dati al riguardo.
La Dg Sante ha proposto un approccio prudente per quanto riguarda i prodotti per i quali sono disponibili pochi dati: inizial-
a cura di Tullio Pandolfi Italmopa
Contaminanti in alcuni prodotti alimentariProgetto di regolamento sul nickel e nota sulla discussione tra Commissione e Stati membri Ue
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mente i limiti massimi possono essere fissati in termini più ampi e possono sempre essere abbassati in futuro. A quanti risulta, un altro Stato membro ha indicato che potrebbero esistere differenze geografiche nella quantità di nickel negli alimenti, ragion per cui sarebbe preferibile che fossero fissati limiti massimi per le categorie di prodotti generali, per i prodotti destinati in particolare ai bambini. Un altro Stato membro si è chiesto se sia necessario proporre limiti massimi per tutti i gruppi di prodotti contenuti nella proposta della Commissione. Dopo aver riesaminato il parere dell’Efsa, solo i possibili rischi sembrano riguardare i bambini piccoli mentre negli adulti, le reazioni di ipersensibilità desterebbero preoccupazione solo negli individui sensibili al nickel. La priorità dovrebbe essere inizialmente sugli alimenti specifici per neonati e bambini piccoli.
La Dg Sante ha risposto che la proposta di regolamento prevede la fissazione di limiti massimi di nickel per i maggiori contributori all’esposizione e che questi prodotti sono rilevanti anche
per l’esposizione dei bambini. Attualmente sono disponibili dati sufficienti per la maggior parte di questi prodotti, quindi è possibile proporre la fissazione di limiti massimi.
Nel caso dei cereali, l’attuale proposta prevede limiti massimi solo per la materia prima. La Dg Sante ha indicato che i fattori di trasformazione devono essere applicati nel caso di prodotti a base di cereali preparati e trasformati.
La (nuova) raccomandazione di monitorare il nickel viene ampliata per includere una serie di gruppi di prodotti (tra cui tè, cioccolato e cereali per la colazione) per i quali sono necessari più dati e che contribuiscono in modo importante all’esposizione. La Dg Sante ha indicato che è sua intenzione organizzare una consultazione delle parti interessate nel 2023. L’esame della proposta di regolamento procederà in ambito ai gruppi di lavoro dei contaminanti composti dei rappresentanti della Commissione europea e degli Stati membri. Allo stato attuale non è ancora possibile prevedere i tempi per l’approvazione del nuovo regolamento.
Sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 55 del 06/03/2023 è stato pubblicato il decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 18, recante attuazione della direttiva (Ue) 2020/2184. Con il termine di “acque destinate al consumo umano” si intendono le acque trattate o non trattate, di uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne o in bottiglie o in contenitori. La definizione comprende anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escludendo quelle acque la cui qualità non ha conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale. I criteri per garantire la sicurezza delle acque destinate al consumo umano, e i conseguenti parametri minimi di qualità, sono frutto dell’evoluzio-
ne di conoscenze multidisciplinari e si basano sugli orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La Direttiva 2020/2184 ha stabilito un quadro giuridico teso a proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone la salubrità e la pulizia. La normativa si pone come obiettivo la qualità delle acque anche integrandosi nel complesso sistema della legislazione comunitaria relativamente all’uso sostenibile, agli obiettivi di qualità ambientale e di protezione dall’inquinamento. A tale scopo essa ha stabilito prescrizioni minime che tutte le acque destinate al consumo umano devono soddisfare, introducendo anche requisiti minimi di igiene di quei materiali, che per loro natura sono destinati a entrare in contatto con le acque potabili. Vengono inoltre stabilite le attività di monitoraggio che devono essere effettuate dai gestori idropotabili nonché dalle autorità sanitarie. Saranno anche incrementate e migliorate le modalità di accesso alle acque destinate al consumo umano, per tutelare anche quella parte della popolazione che non ha accesso all’acqua potabile.
Anche il D.lgs. 18/2023, in attuazione della Direttiva, ha come obiettivo “la salvaguardia della salute umana dagli effetti dannosi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano”. Soffermandosi sul dato testuale ecco in estrema sintesi cosa contiene il decreto attuativo:
Attuazione della direttiva (Ue) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano
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• sono riformulate e introdotte norme volte a proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, assicurandone salubrità e pulizia, passando anche per una revisione dei parametri di rilevanza sanitaria;
• vengono stabiliti i requisiti di igiene per quei materiali che entrano in contatto con le acque potabili, nonché, sono previsti requisiti minimi anche per i reagenti chimici e per i materiali filtranti da impiegare nel loro trattamento;
• è previsto che le disposizioni del decreto non si applicano, tra l’altro (art. 3, comma 1, lettera c, 1 e 2) alle acque provenienti da fonti di approvvigionamento proprie dell’operatore alimentare, fatto salvo il rispetto per le stesse acque dei valori di parametro di cui all’allegato I, Parti A e B; la loro qualità non può avere conseguenze dirette o indirette sulla salubrità del prodotto alimentare finale, secondo quanto valutato dall’autorità sanitaria territoriale competente;
• viene introdotto un approccio basato sul rischio, finalizzato a garantire la sicurezza delle acque destinate al consumo umano e l’accesso universale ed equo all’acqua potabile, implementando un controllo di eventi pericolosi e pericoli di diversa origine e natura - inclusi i rischi correlati ai cambiamenti climatici, alla protezione dei sistemi idrici e alla continuità della fornitura - conferendo priorità di tempo e risorse ai rischi significativi e alle misure più efficaci sotto il profilo dei costi limitando analisi e oneri su questioni non rilevanti, coprendo l’intera filiera idropotabile e garantendo lo scambio continuo di informazioni tra i gestori dei sistemi di distribuzione idropotabili e le autorità competenti in materia sanitaria e ambientale;
• ottimizzazione e accesso per tutti all’acqua potabile, garantendo comunicazione e collaborazione tra le autorità competenti e i fornitori di acqua, al fine di divulgare informazioni il più possibile adeguate e aggiornate al pubblico, sulle acque destinate al consumo umano;
• vengono definiti e specificati i requisiti dei controlli atti a verificare la qualità delle acque destinate al consumo umano, per garantire che le acque fornite soddisfino nel tempo gli obblighi generali previsti dall’art. 4;
• sono istituiti, il Centro nazionale per la sicurezza delle acque e Anagrafe Territoriale dinamica delle acque potabili, ai fini di assicurare un approccio sistemico nell’implementazione del decreto e la gestione e la comunicazione efficiente dei dati funzionali al controllo dell’attuazione del decreto stesso, garantendo l’accesso del pubblico alle informazioni, e, lo scambio di dati e di comunicazioni tra le Autorità competenti nazionali e dell’Unione europea, e tra queste e gli operatori del settore idropotabile;
• viene istituita anche la Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua per le attività di approvazione delle valutazioni e gestioni del rischio idrico come definito all’art.6;
• sono previsti controlli volti a verificare la qualità delle acque destinate al consumo umano (artt. 12, 13 e 14).
Viene, infine, ridefinito il sistema sanzionatorio per le violazioni del decreto (art. 23).
Thiscontribution focuses on the production costs (energy and non-energy) for the food industry, especially during 2022, as well as their changing dynamics. Domestic manufacturing continues to be hit by serious cost emergencies. And this also applies to the milling industry; this sector has to face supply bottlenecks in the first place, a direct hostage to foreign markets and their uncertainties for at least third of the raw materials needed for its production processes.
LE QUOTAZIONI INTERNAZIONALI PIÙ RECENTI RIMANGONO IN GRAN PARTE SULL’ALTOPIANO
THE LATEST INTERNATIONAL QUOTATIONS REMAIN MOSTLY STABLE
Icosti di produzione (energetici e non) subiti dall’industria alimentare, soprattutto nel corso del 2022, e le loro mutevoli dinamiche hanno suggerito di raccogliere dati aggiornati sulle quotazioni delle principali materie prime aventi mercato internazionale. A tal fine, ci si è serviti della documentazione storica elaborata dalla Banca Mondiale. Da essa emerge, intanto, che il picco delle quotazioni internazionali (media di quelle concernenti il perimetro energetico e non) è stato raggiunto nel giugno 2022. Ne derivarono - si ricorda - incrementi pari al +57,6% sul giugno 2021 e al +112,1% sul dicembre 2020.
La prima tabella allegata riporta le variazioni delle quotazioni rilevate dalla Banca Mondiale, calcolate in dollari Usa. Esse sono state calcolate con riferimento a tre periodi: sugli ultimi dodici mesi (aprile 2023/22); sull’ultimo biennio (aprile 2023/21, per effettuare confronti depurati
dall’effetto-rimbalzo dopo i picchi dell’anno scorso) e sull’ultimo bimestre (aprile/ marzo 2023). Si sottolinea subito che non è possibile fare “fine tuning” di prodotto con le voci disponibili. Ad esempio, una per tutte, manca la disaggregazione tra grano duro e tenero. Tuttavia, la documentazione disponibile consente confronti indicativi sulla base di una “fonte unitaria”, sia nel perimetro energia sia in quello delle materie prime alimentari, che si confida siano comunque di qualche utilità. La se-
conda tabella riporta le evoluzioni di lungo periodo dal 2010 all’aprile 2023, sfruttando gli indici 2010 = 100 elaborati dalla Banca Mondiale, per un ventaglio limitato di macro-famiglie di prodotto. In sintesi, dal materiale allegato emerge un diffuso, ma tutt’altro che unanime, rientro delle quotazioni disponibili dello scorso aprile rispetto a quelle dell’aprile 2022. Va sottolineato che a smarcarsi dall’effetto “rientro” delle quotazioni più recenti rispetto a quelle di un anno prima sono proprio
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le commodity alimentari. Così, sugli ultimi dodici mesi, lo “zucchero” sale ancora del +23,3%, il “cacao” del +17,1%, il riso del +16,2%, il “caffè robusta” del +11,4% e il “pesce” del +6,8%. C’è da aggiungere che si smarcano in qualche modo anche l’“olio di arachide” e la “farina di soia”, che segnano rientri molto limitati, rispettivamente col -2,7% e il -5,5%, dimostrando una perdurante tenuta ad alto livello delle rispettive quotazioni.
Per depurare i confronti dalle montagne russe del 2022/23, è utile guardare a quelli sull’arco del biennio 2023/21. Ne esce che, se i perimetri della “energia” e quello della “non energia” si pongono nell’aprile 2023 su livelli inferiori a quelli dell’aprile 2022, essi rimangono superiori a quelli dell’aprile 2021, ben prima delle turbative recate dall’evento bellico russo-ucraino. Ne escono infatti, per i due grandi aggregati, incrementi biennali rispettivamente del +35,4% e del +6,4%. Nel complesso, le tensioni dei mercati internazionali delle
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materie prime registrano per l’aggregato complessivo, sui 24 mesi, un incremento del +23,8%. Esso stride col -25,3% registrato sugli ultimi dodici mesi e toglie a esso molto significato. Le tensioni rimangono, in sostanza, palesando il rischio di un radicamento. Colpiscono, fra gli altri, gli aumenti sull’aprile 2023/21 delle quotazioni di riferimenti significativi come il “gas naturale” (+41,9%), i “fertilizzanti” (+41,5%), lo “zucchero” (+47,2%), il “frumento Usa” (+34,6%), il “caffè”, con aumenti biennali fra il +36,0% per l’Arabica e il +55,5% per il Robusta.
Va aggiunto che la spinta alla crescita di fondo delle quotazioni coinvolge anche l’ultimo bimestre, con incrementi
delle quotazioni sia sul fronte energetico (+5,7%) sia non energetico (+1,1%). Ne deriva così un incremento della grande media delle quotazioni internazionali aggregate non marginale, pari al +4,1% sull’aprile/marzo 2023. Se poi si guarda, nella seconda tabella, alla media generale delle quotazioni sull’arco 2010/23, si evidenzia che l’aumento a lungo ter-
mine del grande aggregato complessivo segna un +11,5%, decisamente inferiore al +23,8% dell’ultimo biennio. Insomma, le quotazioni sono aumentate paradossalmente molto meno sul passo lungo che sul passo corto. Segno che le anomalie dei mercati sono per la massima parte recenti e vengono dopo un lungo periodo (c’è da temere poco replica-
bile) mediamente stabile, e talvolta anche cedente in misura marginale, privo comunque di strappi vistosi e prolungati.
In conclusione, quando si dice che la manifattura nazionale continua a essere investita, anche dopo i picchi 2022, da gravi emergenze sul fronte dei costi, si dice una verità sacrosanta e non strumentale. Ed essa è tanto più vera per il molitorio: un settore che affronta i nodi di approvvigionamento in prima battuta, ostaggio diretto dei mercati esteri e delle loro incognite per un buon terzo delle materie prime necessarie ai propri processi produttivi.
Anote from the French agency Anses deals with the credibility of scientific opinions as a subject applied to itself. Since the mission of Anses is to study and express official scientific advice issued as a state body in matters that also affect food safety, the issue goes beyond the local French level since that same agency dialogues with the European authority (Efsa) and is on the same level as those of other EU and non-EU states. This article describes the critical issues that emerged from the agency’s self-evaluation of its own work.
HA RILASCIATO UNA NOTA SUL TEMA IN QUESTIONE
THE FRENCH AGENCY ANSES
HAS ISSUED A NOTE ON THIS MATTER
Una nota dell’agenzia francese Anses1 tratta della credibilità dei pareri scientifici2, come tema applicato a se stessa. Poiché l’Anses ha come missione quella di studiare ed esprimere pareri scientifici ufficiali emessi in quanto ente statale in materie che interessano anche la sicurezza alimentare, mi sembra che il tema di fatto travalichi l’ambito locale
francese visto che quella stessa agenzia dialoga con l’autorità europea (Efsa) ed è pari grado con quelle dei vari altri Stati Ue ed extra Ue.
In sostanza sono tre le criticità emerse dall’autodiagnosi che l’agenzia ha compiuto sul proprio operato: la difficoltà che scaturisce dalla necessità di mantenere un quadro metodologico già predisposto rispetto alla capacità d’integrazione delle nuove conoscenze; la difficoltà di agire tra l’urgenza di fornire una risposta di ordine sanitario e la necessità di tempo per formare un parere collettivo di qualità; la difficoltà di mantenere separata la valutazione scientifica e del rischio rispetto all’attuazione del parere scientifico quando esso debba trovare una gestione pratica, specie nei casi di incertezza. Le criticità appena ricordate sono state evidenziate al proprio interno dal Consiglio scientifico dell’agenzia e studiate da un gruppo tecnico che ha preso a campione tre studi, realmente realizzati in materia di fitofarmaci, svolti dai propri esperti. Trovo interessante che sia proprio l’ente pubblico, il quale al suo interno ha pure un comitato etico e opera con strumenti che regolano la metodologia di lavoro degli esperti3 e il conflitto d’interessi, che vada oltre approcciando il tema poco studiato della
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generale credibilità dei pareri scientifici. Se c’è del marcio (nel caso specifico soltanto delle criticità) in Danimarca, tanto da spingere l’agenzia transalpina a riconoscere che non è sufficiente avere delle procedure di qualità per evitare le insidie con le quali i pareri scientifici si debbono confrontare, interessanti sono pure i rimedi individuati: in particolare quello del rafforzamento della multidisciplinarietà degli esperti e della capacità di rinnovamento delle competenze. Un accenno viene compiuto alla valorizzazione dei vari interessi culturali coinvolti dal tema scientifico. Valorizzazione che, secondo le regole dell’Anses, tenendo conto delle possibili situazioni paradossali da evitare, da un lato portano a escludere le candidature degli esperti che abbiano conflitti di interesse suscettibili di nuocere all’imparzialità dei pareri, dall’altro finiscono per escludere quelle candidature che potrebbero apportare un valore al parere scientifico. L’apertura alle diverse espressioni scientifiche e culturali trova un ulteriore limite, nella regolamentazione dell’agenzia francese, riguardo alla necessità di essere vigilanti rispetto alle influenze e ingerenze straniere, tema che pare di estrema attualità visto il valore d’indirizzo che i pareri scientifici possono avere sulla vita pubblica ed economica di un Paese4
Il richiamo a più discipline nel parere scientifico
È d’interesse la prospettiva dell’Anses che sottolinea l’importanza del coinvolgimento delle diverse discipline5 nella predisposizione del parere scientifico. Stupisce che un richiamo, indiretto, alla rilevanza delle varie espressioni culturali venga proposto non da un Paese quale l’Italia che fonda la cultura anche scientifica su solide basi classiche, ma da un organo tecnico che siede in uno dei tanti Stati nei quali si privilegia la cultura tecnologica. La coesistenza della rapidità e con la qualità dei pareri è da sempre un nodo difficile da sciogliere, non solo in Francia e l’esperienza di noi operatori del diritto, così come anche del mondo delle imprese è che, nelle situazioni di crisi, il parere scientifico pubblico rischi di essere intempestivo e non sempre robusto nei contenuti. Alla luce dell’esperienza francese è più facile notare che il parere scientifico di qualità tal-
volta non possegga una piana applicabilità per gli operatori alimentari o gli stessi organi di controllo ufficiale. Essa può presentarsi complessa6, o costosa, o distorsiva della concorrenza7, se non viziata dalla inapplicabilità8. Quindi non mi pare lezioso che l’ente francese insista, ad esempio, per differenziare la competenza della funzione scientifica da quella di gestione pubblica eminentemente politica e amministrativa. Ovvio che così come emettere una valutazione scientifica comporti delle responsabilità, così pure la fase applicativa necessiti di non minori competenze e conoscenze determinando la responsabilità in capo a chi la gestisca. Dando come condizione diffusa che l’assunzione di responsabilità non è normalmente un
obiettivo di un’amministrazione, proprio per limitarla si ricorre sovente al parere degli esperti quale alternativa alla scelta del potere esecutivo. Il risultato talvolta non è utile, ad esempio all’impresa alimentare che attenda legittimamente un parere scientifico non solo corretto, ma soprattutto gestibile a livello pratico e amministrativo. Non è raro che tale approccio sia paradossalmente poco utile anche all’organo scientifico chiamato a una gestione di una crisi o comunque di un problema complesso per il quale non è detto sia munito delle necessarie competenze umane e del potere giuridico entrambi necessari per la trasformazione del parere in un provvedimento amministrativo o comunque di fatto vincolante (come nel caso che sia utilizzato dall’autorità sanitaria quale fondamento per imporre un certo comportamento all’azienda alimentare). Qui tralascio il tema collaterale degli effetti giuridica dei pareri scientifici, della loro possibile natura di barriere tecniche e quindi di misure legali surrettizie, normalmente non notificate ai sensi della Dir. (Ue) 2015/1535 e sfuggenti, almeno in prima battuta, al controllo degli or-
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ganismi previsti dallo Stato di diritto. Il rapporto tra attività dell’organo tecnico e giudice in qualche maniera ricalca difficoltà e dinamiche di quello tra le autorità scientifiche e quelle statuali visto sopra.
Con uno sguardo all’Italia, l’attribuzione a un organo scientifico o per lo meno tecnico sia dei poteri specifici propri sia di gestione attuativa e giuridica in un percorso che è il contrario rispetto a quello francese, è stata la scelta dalla recente “riforma Cartabia”9 la quale attribuisce (art.70) all’organo sanitario sia i poteri di verifica e contestazioni, sia quelli di determinazione delle misure correttive, financo la valutazione del corretto adempimento10 da parte dell’operatore alimentare delle prescrizioni a lui impartite. Se in un procedimento di natura penale è il giudice che deve decidere e prima ancora governare il processo, controllarne la presenza delle parti, la formazione delle prove, l’assenza di costrizioni nell’azione dei diversi soggetti che vi collaborano ecc., l’attribuzione all’autorità sanitaria di una somma di poteri che richiedono competenze scientifiche e gestionali complesse, oltre che terzietà, appare il frutto di una semplificazione sufficiente, almeno potenzialmente, a minare la credibilità tecnica scientifica dell’autorità sanitaria stessa e a spingere la giurisdizione e le regole che la disciplinano verso un ruolo quasi ancillare rispetto all’ufficio tecnico. Il rapporto tra scienza privata del giudice e la sua utilizzabilità ai fini della decisione processuale rispetto al-
la conclusione peritale11, il contrasto tra perizie scientifiche12, la necessità stessa del supporto scientifico, il libero convincimento dell’autorità giudiziaria, sono temi esplorati in dottrina e giurisprudenza, ma anche in quello specifico contesto il tema di fondo mi pare sia quello della credibilità del parere scientifico rispetto a un suo uso pubblico.
La necessità di una integrazione
L’attività di studio e di emissione di pareri dell’agenzia francese e la sua interazione con le scelte del decisore politico e con gli altri enti scientifici, la propria capacità di rispondere alle molte istanze provenienti da diversi interlocutori, così come l’attitudine a compiere studi senza che su quel-
la materia si debba rispondere a una sollecitazione proveniente dall’esterno sono, a mio modo di vedere, illuminanti indicazioni utili sul modus operandi anche in ambiti scientifici e tecnici diversi da quello dell’Anses.
Anche l’Efsa, oltre alle norme che ne impongono le competenze, si è data regole sul proprio funzionamento13, sulla trasparenza delle valutazioni14, le prassi di lavoro secondo dei valori pubblicati sul sito dell’agenzia, mantenendo ferma la distinzione tra la propria attività scientifica e quella del Legislatore, mentre poco spazio sembra attualmente offrire a un approccio multidisciplinare che esca dalle singole materie scientifiche. Ad avviso di chi scrive la credibilità del parere scientifico, così come intesa nello studio francese, va letta anche come capacità di contrastare la sfiducia rispetto all’espressione ufficiale della scienza15 e della conseguente regolamentazione della vita personale e delle imprese che la pubblica autorità disciplina. I pareri scientifici integrati con gli aspetti giuridici e umanistici ipotizzo pos-
sano aiutare a limitare i danni di un tecnicismo che rischia di avere impatto solo sulla comunità scientifica (o parte di essa), ma di non rispondere o rispondere solo parzialmente, alle esigenze dei cittadini. Tra i pregi della nota francese vi è il percorso dell’autovalutazione, scevro da finalità di autoassoluzione (almeno per quanto si legge nella nota), che al momento non sembra esprimere l’intendimento di voler imporre ad altri la medesima analisi delle criticità e le medesime soluzioni alle stesse. A sintetizzare le posizione commenta-
1 Agenzia nazionale sulla sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro.
2 https://www.anses.fr/fr/system/files/NOTEAnses-sur-Avis-CS-Credibilite-de-lexpertise.
3 Si veda: Avis n°2022-3 du Comité de déontologie et de prévention des conflits d’intérêts de l’Anses en réponse à la saisine du directeur général de l’Anses portant sur le référentiel pour l’analyse des liens intellectuels et l’annexe au guide d’analyse des liens déclarés, https://www.anses.fr/fr/system/files/ANSES_ Saisine_Liens_intellectuels_2022_05_19_ publication.pdf
- Principes fondamentaux et points clés de l’expertise collective à l’Anses, https:// www.anses.fr/fr/system/files/ANSES-FtPrincipesExpertise.pdf
- Note de cadrage sur la méthodologie de l’expertise collective à l’Anses, https://www. anses.fr/fr/system/files/Anses_note_cadrage. pdf consultati il 15/4/23
4 “Recommandation n°17 Au regard du rôle de l’expertise pour éclairer la décision publique, accorder dans l’analyse des liens intellectuels un regard vigilant vis-à-vis du risque d’influence et d’ingérence étrangères tout en veillant évidemment à ce que les nécessaires interactions internationales ne constituent pas par principe un facteur de discrimination” contenuta nell’Avis n°2022-3, cit.
5 Non stupisce che lo stesso comitato etico dell’Anses riunisca anche giuristi, sociologi, oltre a tecnici del rischio e di etica.
6 Ad esempio quando sia determinato un limite giuridico o un obiettivo scientifico senza che sia contestualmente fornito un metodo d’analisi o un criterio di gestione delle non conformità.
te e tentare un approccio al tema della credibilità dei pareri scientifici, gli organi collegiali di sostegno scientifico all’azione delle amministrazioni, essenziali strumenti di buona amministrazione, da un lato debbono tendere a un arricchimento di competenze, anche giuridiche e uma-
7 Ad esempio se a seguito di un parere scientifico un certo tipo di controllo sia imposto al prodotto nazionale, di fatto esonerando quello d’importazione che non soggiace alla medesima disposizione nel Paese di produzione.
8 Anche se proprio negli estremi non è possibile trovare la corretta applicazione di una norma, dal punto di vista dello studio della presente materia è interessante il caso di quell’autorità sanitaria che, al fine di garantire il rispetto della temperatura al cuore dell’alimento destinato al consumatore finale ha imposto all’azienda alimentare il controllo della totalità di detti alimenti preconfezionati con una metodologia di controllo distruttivo dell’alimento stesso. A livello di Ue la gestione della crisi dovuta al massiccio ritrovamento dell’ossido di etilene ha evidenziato la mancanza di distinzione tra valutazione scientifica e gestione, che si è riflettuta anche sui diversi approcci nazionali, in attesa di definizioni legali armonizzate per tutte le situazioni, le matrici, i metodi analitici condivisi in grado di individuare l’indesiderato presente ed escludendo la presenza dovuta alla condizione naturale. Di detta situazione si ha una fotografia, oltre che consultando le allerte sanitarie rinvenibili sul Rasff (https://food.ec.europa.eu/safety/rasff_it), i documenti tecnici Ue a partire da quello del 4/10/21 e quelli nazionali (di AFSCA dell’11/4/20, del Bfr del 20/7/21, dell’Anses del 1/7/22, del Minsalute del 30/7/21).
9 D.lgs. 150/2022.
10 “... l’organo accertatore, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria, impartisce al contravventore
nistiche e dall’altro essere preservati dagli atti di gestione che la politica è chiamata a compiere sotto la propria responsabilità e col supporto delle amministrazioni competenti.
Giuseppe Maria Durazzoun’apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario e comunque non superiore a sei mesi”. “Con la prescrizione l’organo accertatore può imporre, anche con riferimento al contesto produttivo, organizzativo, commerciale o comunque di lavoro, specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose per la sicurezza, l’igiene alimentare e la salute pubblica”. “l’organo che ha impartito le prescrizioni verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati nella prescrizione. Quando la prescrizione è adempiuta, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa”. “Quando la prescrizione non è adempiuta, o la somma di denaro non è stata pagata, l’organo accertatore ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore”.
11 Cass. Sez. VI, n. 54795 del 2017. Cass. Sez.I, n. 6381 del 1985.
12 Cass. Sez. I, n. 3633 del 1995.
13 Ad esempio: Outcome of a public consultation on the draft guidance on the use of the weight of evidence approach in scientific assessments, http://onlinelibrary. wiley.com/doi/10.2903/j.efsa.2017.4971/full consultato il 15/4/23.
14 Reg (Ue) 2019/1381, relativo alla trasparenza e alla sostenibilità dell’analisi del rischio dell’Unione nella filiera alimentare.
15 Tema già emergente e del quale scrissi nel volume “Governance dell’azienda alimentare ed etica della legislazione alimentare” nel 2010.
Acrylamide is an organic compound that forms in starchy foods processed at high temperatures and can cause toxic effects; this is the reason why acrylamide has been classified as a “probable human carcinogen”. The presence of acrylamide in food was first reported by the Swedish National Food Agency and Stockholm University in April 2002; they reported that certain starchy foods such as potatoes and cereals, processed at high temperatures, contained high levels of acrylamide. A number of strategies to reduce the presence of acrylamide in food have recently been investigated.
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L’acrilammide è un composto organico che si forma negli alimenti amidacei trattati ad alte temperature e può causare effetti tossici; per questo motivo, è stata classificata come “probabile cancerogeno per l’uomo” (Iarc, 1994). L’acrilammide, o 2-propenammide, è un composto organico, con formula molecolare C3H5NO (Figura 1). Si presenta come un solido cristallino, di colore bianco e ha un peso molecolare pari a 71.08 kDa. Il suo punto di fusione è circa 84,5 ± 0,3 °C, ha una bassa pressione di vapore (0,007 mmHg a 25 °C) e un elevato punto di ebollizione, corrispondente a 136 °C a 3,3 KPa/25 mmHg. Inoltre, la sua solubilità in acqua è estremamente elevata (215,5 g/100 mL a 30 °C) (Keramat et al., 2011). A causa del suo basso peso molecolare e la sua elevata solubilità in acqua, l’acrilammide può facilmente contaminare le acque sotterranee e infiltrarsi attraverso le membrane biologiche negli organismi viventi. Livelli apprezzabili di acrilammide, possono essere riscontrati, oltre che nel fumo rilasciato dalle sigarette, anche come contaminante ambientale, dato che i polimeri dell’acrilammide trovano un’ampia gamma di applicazioni come flocculanti per il trattamento dei reflui e come coadiuvanti nell’industria tessile e cosmetica (Esposito et al., 2017).
La presenza di acrilammide negli alimenti è stata segnalata per la prima volta dalla Swedish National Food Agency per l’alimentazione e dall’Università di Stoccolma
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nell’aprile 2002, che hanno riferito che alcuni alimenti amidacei come patate e cereali, trattati ad alte temperature, presentavano livelli elevati di acrilammide (Keramat et al., 2011). I ricercatori, inizialmente, investigarono su un caso avvenuto nel 1997, quando in Svezia ci fu un’enorme perdita d’acqua durante la costruzione di un tunnel e, in queste circostanze, un gran numero di pesci morì e alcuni bovini, allevati nelle zone limitrofe al tunnel, furono trovati paralizzati. Fu scoperto che le mura del tunnel contenevano acrilammide monomerica e, la dispersione di questo composto nell’ambiente, fu considerata la causa dei problemi precedentemente descritti. Inoltre, attraverso il dosaggio di un addotto, ovvero un prodotto di reazione tra acrilammide ed emoglobina, nel sangue dei lavoratori del tunnel, si arrivò alla conclusione che essi avessero sviluppato sintomi simili a quelli segnalati per avvelenamento da acrilammide. Come conseguenza della contaminazione ambientale, furono analizzati molti degli alimenti prodotti nell’area interessata, ma nessuno risultò contaminato da acrilammide. Questa vicenda spinse i ricercatori a pensare che l’acrilammide potesse essere veicolata dagli alimenti e, infatti, Tareke et al. (2000), in seguito ai loro studi, segnalarono che topi alimentati con prodotti fritti, presentavano nel loro sangue l’addotto Hb-acrilammide. Solo nel 2002, la Swedish National Food Agency annunciò ufficialmente che alimenti cotti e trattati ad alte temperature contenevano livelli relativamente alti di acrilammide. Infatti, è stato dimostrato che l’acrilammide non è presente negli ingredienti crudi, come le patate o i cereali ma, si forma in alimenti
ricchi in carboidrati, trattati a temperature elevate come quelle incontrate durante la frittura, la cottura alla griglia o al forno e durante la tostatura. Prodotti alimentari trattati termicamente e derivati da ingredienti vegetali quali patate e cereali, tendono a contenere le più alte quantità di acrilammide, la cui concentrazione, in alcuni casi, supera i 500 µg/kg. L’ampia ricerca condotta sulla formazione di acrilammide nei prodotti alimentari trattati ad alte temperature ha concluso che il principale meccanismo di formazione di questo composto organico coinvolge la reazione di Maillard e ha come precursori gli amminoacidi e gli zuccheri riducenti. L’asparagina è ritenuta il principale aminoacido coinvolto nella formazione di acrilammide in prodotti alimentari trattati ad alte temperature e in presenza di zuccheri riducenti (Mottram et al., 2002). L’acrilammide può essere introdotta nell’organismo tramite assunzione orale o inalazione e, una volta assorbita, viene convertita in glicidamide, un metabolita epossidico reattivo ritenuto responsabile degli effetti genotossici associati all’esposizione all’acrilammide. Dal momento in cui è stata segnalata una correlazione tra esposizione all’acrilammide e un possibile rischio per la salute, sono state fat-
te numerose stime sui livelli di assunzione nella dieta di diverse popolazioni ed è stata riscontrata una grande variabilità in funzione delle abitudini alimentari dei diversi individui costituenti le popolazioni. Nel 2015, il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (gruppo Contam) dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), ha emanato un parere sull’acrilammide. Sulla base degli studi effettuati su animali, l’Autorità conferma che l’acrilammide negli alimenti può aumentare il rischio di sviluppare un cancro per i consumatori in tutte le fasce d’età, anche se, i bambini risultano essere la fascia di popolazione più esposta, in base al peso corporeo, probabilmente a causa dell’elevato consumo in alimenti ricchi di acrilammide, come le patatine fritte (Efsa, 2015). Inoltre, gli esperti dell’Efsa hanno stimato l’intervallo di dosaggio entro il quale è probabile che l’acrilammide causi una lieve ma misurabile incidenza di tumori (“effetti neoplastici”) o di altri potenziali effetti avversi (neurologici, sullo sviluppo pre e postnatale e sul sistema riproduttivo maschile). Il limite inferiore di questo intervallo viene detto limite inferiore dell’intervallo di confidenza relativo alla dose di riferimento (BMDL10). Per i tumori gli esperti hanno scelto un BMDL10 di 0.17mg/kg pc/giorno. Per altri effetti, i mutamenti neurologici più pertinenti al caso sono stati osservati con un BMDL10 di 0.43 mg/kg pc/giorno. Confrontando il BMDL10 all’esposizione umana all’acrilammide, gli scienziati sono in grado di indicare un “livello di allarme per la salute” noto come “margine di esposizione”. Tenendo conto delle conclusioni a cui è arrivata l’Efsa in merito agli effetti cancerogeni dell’acrilammide, le imprese del settore alimentare dovrebbero stabilire opportune misure di attenuazione al fine di ridurre i livelli di acrilammide. Queste misure possono essere apportate applicando procedure basate sui principi dell’analisi dei pericoli e pun-
ti critici di controllo (Haccp). Come indicatori per verificare l’efficacia delle misure di attenuazione, la Commissione europea ha evidenziato dei livelli di riferimento per l’acrilammide in vari prodotti alimentari. Quelli più recenti sono riportati in Tabella e sono stati stabiliti nel Regolamento dell’Unione europea (2017/2158). Il Regolamento si applica agli operatori del settore alimentare (Osa) che producono e immettono sul mercato i seguenti prodotti: pane e prodotti da forno, cereali per la colazione, alimenti per l’infanzia e prodotti alimentari processati a base di cereali per bambini piccoli. Gli Osa contemplati dal Regolamento, devono identificare, a seconda della tipologia di attività svolta, le fasi di trasformazione in cui è possibile che avvenga la produzione di acrilammide e devono determinare, nell’ambito dell’analisi dei rischi, adeguate misure di contenimento.
Strategie di mitigazione dell’acrilammide nei prodotti da forno
La riduzione degli zuccheri e l’asparagina libera, che sono i principali precursori dell’acrilammide negli alimenti, è volta alla riduzione della formazione di acrilammide nel prodotto finito. Nel corso degli anni, sono stati messi in pratica molti tentativi per mitigare la formazione dei prodotti tossici della Reazione di Maillard negli alimenti trasformati, in particolare la selezione delle materie prime più adatte, le modifiche nella formulazione delle ricette e l’ottimizzazione delle tecnologie di processo (Kumar et al., 2014). Numerose strategie per mitigare la formazione di acrilammide sono state studiate e incluse nel “Acrylamide Toolbox” (linee guida per la riduzione di acrilammide) pubblicato da Food Drink Europe nel 2019 e, tra queste, figura l’utilizzo di varietà di cereali a basso contenuto di asparagina. I cereali sono uno dei principali alimenti consumati in tutto il mondo e, inoltre, sono alla base della produzione di molti prodotti da forno come pane, pizza, biscotti e crackers. I cereali integrali, in particolare, sono ricchi in fibra, la quale può rallentare il rilascio di glucosio nel sangue, associato al mantenimento ottimale dell’equilibrio glucosio-insulina. È stato dimostrato che, un maggiore apporto di cereali inte-
grali nella dieta, è associato a una riduzione del rischio di incidenza di malattie cardiovascolari, del diabete di tipo 2 e dell’obesità. Però, la fibra alimentare è concentrata negli strati più esterni della cariosside, ovvero nella crusca, la quale risulta essere la principale risorsa per la produzione dei precursori dell’acrilammide in alimenti trasformati a base di cereali integrali. Infatti, è stato visto che, nelle stesse condizioni di cottura, il pane ottenuto con farina di frumento integrale presenta una maggiore concentrazione di acrilammide, rispetto al pane ottenuto con farina raffinata, quindi priva di crusca. È stato dimostrato che, l’asparagina si accumula nei grani di frumento soprattutto in risposta a diversi stimoli stressori come malattie, mancanza di acqua e nutrienti, in particolare quando l’azoto è abbondante, ma non tanto da garantire adeguati livelli proteici, a causa della carenza degli altri minerali. In effetti, si suggerisce di ridurre al minimo indispensabile l’utilizzo di fertilizzanti azotati, durante il ciclo produttivo dei grani di frumento ma, si raccomanda l’utilizzo di fertilizzanti a base di zolfo, per evitarne carenze, e l’uso di fungicidi per prevenire eventuali malattie (FoodDrinkEurope, 2019). In particolare, un eccesso in azoto influenza l’espressione del gene che regola la produzione di asparagina in molte specie di grani di frumento e, inoltre, l’applicazione massiva di fertilizzanti azotati compromette sia la sicurezza alimentare sia numerosi aspetti ambientali. Nel complesso, le strategie di gestione delle colture sono cruciali per mantenere più bassi i livelli di asparagina, anche se, l’accumulo di questo aminoaci-
do, è influenzato, non solo da fattori gestionali come, condizioni di crescita, epoca del raccolto e condizioni di stoccaggio post raccolta, ma anche dalla varietà e dal genotipo. Quindi una buona strategia di mitigazione dell’asparagina nei grani di frumento potrebbe essere l’integrazione tra corrette tecniche gestionali e selezione del genotipo.
Poiché l’asparagina incide notevolmente sull’entità della formazione di acrilammide nei prodotti da forno, la sua minimizzazione nell’impasto crudo, presenta un potenziale logico e un positivo approccio risolutivo. Difatti, un ulteriore metodo per ridurre il contenuto di acrilammide nei prodotti da forno qual è il pane, è l’utilizzo dell’enzima asparaginasi che idrolizza l’asparagina in acido aspartico e ammoniaca riducendo così con successo i livelli di acrilammide nel prodotto finale (Regolamento Ue 2158/2017). L’approccio enzimatico per modificare le vie di reazione di formazione dell’acrilammide è stato proposto per la prima volta da Amrein et al. (2014). Questo approccio è considerato efficace perché l’asparagina non è considerata un fattore importante per il sapore e il colore complessivo dei cibi cotti, quindi la sua idrolisi non comporta una modifica delle proprietà sensoriali del prodotto.
Patate fritte a bastoncino pronte per il consumo
Patatine (chips) a base di patate fresche e a base di pasta di patate
Cracker a base di patate
Altri prodotti a base di pasta di patate
Nell’esperimento di Kumar et al. (2014) l’enzima L-asparaginasi è stato mescolato all’impasto in modo tale che questo idrolizzasse la L-asparagina presente nell’impasto rendendola non più disponibile per la Reazione di Maillard. I risultati di analisi del pane cotto hanno dimostrato che quando il pane è stato preparato con l’aggiunta di enzima si assiste a una riduzione dell’acrilammide nel prodotto, infatti la riduzione aumenta all’aumentare della concentrazione dell’enzima. Inoltre, è da tener in conto che una lunga fermentazione dell’impasto con il lievito può ridurre gli zuccheri riducenti che sono gli altri precursori dell’acrilammide. Ma alcuni ingredienti, come il bicarbonato di ammonio (sale acido dell’ammoniaca e sale acido di carbonio), durante la cottura di prodotti a base di cereali possono aumentare la formazione di acrilammide (dolci e biscotteria). Questo succede a causa della maggiore reattività alla formazione di composti carbonilici. L’impiego di sodio idrogeno carbonato meglio conosciuto come bicarbonato di sodio, come agente di cottura alternativo, riduce invece il contenuto di acrilammide di oltre il 60%. Analogamente, l’uso di saccarosio piuttosto che del miele o dello sciroppo di zucchero invertito (glucosio + frut-
• Amrein, T.M., Schönbächler, B., Escher, F., and Amadò, R. (2004), Acrylamide in gingerbread: critical factors for formation and possible ways for reduction, “Journal of agricultural and food chemistry”, 52 (13), pp. 4282-4288.
• Commission Regulation (EU) 2017/2158, Establishing mitigation measures and benchmark levels for the reduction of the presence as acrylamide in food, “Official Journal of the European Union”, 60, pp. 24-44.
• Esposito, F., Nardone, A., Fasano, E., Triassi, M., Cirillo, T. (2017), Determinazione dei livelli di acrilammide nelle patatine e altri snack e valutazione del rischio di
Pane morbido
a) Pane a base di frumento
b) Pane morbido diverso dal pane a base di frumento
Cereali per la prima
a)
del caffè contenenti esclusivamente cereali
b) succedanei del caffè costituiti da una miscela di cereali e cicoria
c) succedanei del caffè contenenti esclusivamente cicoria
la prima infanzia, alimenti trasformati a base di cereali destinati
lattanti e ai bambini nella prima infanzia, esclusi biscotti e fette biscottate
e fette biscottate destinate ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia (3)
(1) Cereali non integrali e/o non a base di crusca. Il cereale presente nella quantità maggiore determina la categoria.
(2) Il livello di riferimento da applicare ai succedanei del caffè costituiti da una miscela di cereali e cicoria prende in considerazione la proporzione relativa di questi ingredienti nel prodotto finale.
(3) Secondo la definizione del regolamento (Ue) n. 609/2013.
tosio) contribuisce a ridurre la formazione di acrilammide nei biscotti, nel pane e nei dolci. In conclusione, l’ottimizzazione delle tempistiche del processo di cottura, in base alla specificità del prodotto, si
esposizione attraverso un approccio del margine di esposizione, “Tossicologia alimentare e chimica”, 108, pp. 249-256.
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• Keramat, J., LeBail, A., Prost, C. Jafari, M. (2011), Acrylamide in baking products: A review, “Article” (4), pp. 530-543.
• Kumar N.M., Shimray C.A., Indrani D., Manonmani H.K. (2014), Reduction of acrylamide formation in sweet bread with L-asparaginase treatment, “Food and
aggiunge agli approcci metodologici più percorribili sopracitati per ridurre il fenomeno, abbassandone i livelli.
Clelia Covinobioprocess technology”, 7 (3), pp. 741748.
• Mottram, D.S., Wedzicha, B.L. & Dodson, A.T. (2002), Acrylamide is formed in the Maillard reaction, “Nature”, 419, pp. 448-449.
• Tareke, E., Rydberg, P., Karlsson, P., Eriksson, S., Törnqvist, M. (2000), Acrylamide: a cooking carcinogen?, “Chemical research in toxicology”, 13 (6), pp. 517-522.
• Who (2005), Summary report of the sixty-fourth meeting of the Joint FAO/ WHO expert committee on food additive (JECFA), Rome, Italy: The ILSI Press International Life Sciences Institute. Washington, DC, pp. 1e47.
In recent years, both practices and techniques applicable to pest management have undergone considerable change, and food industry operators are required to adopt pest management methods guided by a multitude of aspects and implications that, on the one hand, promote hygienic prevention, and, on the other hand, encourage research into alternative control methods to the use of chemical insecticides. Only a wide analysis of the context in which Italian food industries, and in particular the milling sector are called upon to export a large part of their production, can explain the need and importance of adopting new methods for controlling, combating and containing pests.
Negli ultimi anni le prassi e le tecniche applicabili per la gestione degli infestanti sono state interessate da notevoli cambiamenti e gli operatori del settore alimentare sono tenuti ad adottare metodologie di gestione degli infestanti orientate da una moltitudine di aspetti e implicazioni che, da un lato stimolano la cultura della prevenzione igienica, dall’altro lato incoraggiano la ricerca di metodi di lotta alternativi all’uso di sostanze chimiche insetticide. Solo un’ampia analisi del contesto nel quale le industrie alimentari italiane, e in particolare il settore molitorio è chiamato a esportare all’estero buona parte delle proprie produzioni, può permettere di comprendere la necessità e l’importanza di adottare nuove metodologie per il controllo, il contrasto e il contenimento degli insetti infestanti.
Oltre a condizionare fortemente il contesto agricolo, il cambiamento climatico costituisce uno dei principali aspetti che influenzano la sicurezza alimentare nel settore della trasformazione e nella fase di distribuzione dei prodotti alimentari. Gli impianti molitori, così come le aziende di produzione dei derivati dei cereali, sono particolarmente soggetti alla comparsa di insetti infestanti. L’incremento delle temperature definito come “anomalia termica”, si manifesta ogni anno in termini sempre più pre-
occupanti rispetto al passato (TABELLA 1) Le anomalie termiche degli ultimi 20 anni in Italia (Fonte: NOAA-NPEC), sono risultate positive per il nono anno consecutivo rispetto al trentennio più recente. Il 2022 è stato inoltre l’anno in cui l’anomalia ha ampiamente superato il grado (1,3 °C). È notorio come la maggior parte degli insetti delle derrate che compaiono in post raccolto, ad esempio Tribolium confusum (FIGURA 1), trovino condizioni favorevoli al loro sviluppo con temperature comprese fra i 25 e i 35 °C e umidità relativa a partire dal 55%, condizioni che oggi si osservano per un ampio periodo dell’anno.
Le pulizie degli impianti
A tutto ciò si aggiunge un profondo cambiamento produttivo e distributivo delle farine e dei derivati, caratterizzato da una lavorazione spesso continuativa (24 ore) e talvolta 7 giorni su 7. Di conseguenza, per una adeguata prevenzione igienica, diventano fondamentali i fermi di produzione (solitamente durante i week end) durante i quali devono essere pianificate, organizzate e adeguatamente verificate le attività di manutenzione e soprattutto di pulizia, prassi indispensabile per ridurre il rischio delle infestazioni. Grazie a una revisione costruttiva delle macchine per la lavorazione molitoria introdotta negli ultimi anni e al miglioramento dei flussi produttivi e dell’aria interna agli impianti, l’industria molitoria può riuscire a contenere le infestazioni. Restano ulteriori margini per ridurre questo rischio attraverso un’attività di studio e approfondimento delle pulizie, e precisamente sulle modalità, la frequenza e l’attività di sorveglianza su queste pratiche, anche ricorrendo a specifici software e applicazioni per verificare la qualità delle operazioni. La pulizia, con l’attività preliminare di manutenzione e di apertura dei macchinari e quella successiva di disinfestazione e monitoraggio continuo, rappresentano quel processo di sanitation ormai indispensabile per una corretta gestione degli infestanti (TABELLA 2) e dei contaminanti (muffe e batteri).
La farina e la semola derivate dalla molitura dei cereali, ma anche altri sfarinati
derivati da prodotti privi di glutine, dal riso ai legumi, sono per caratteristiche intrinseche fortemente soggette ad attacchi parassitari. Le aziende sono attente alla presenza di insetti infestanti per lo più nei confronti delle forme visibili, ovvero per gli stadi vitali di adulto e di larva. In realtà, nei locali di lavorazione e di stoccaggio sono altrettanto probabili presenze diffuse di uova e di pupe deposte o infeudatesi, le quali possono accidentalmente riversarsi nelle produzioni e manifestarsi nelle fasi successive alla produzione. Le infestazioni possono quindi comparire anche durante il trasporto, la distribuzione e la conservazione, esponendo le farine a rischi maggiori quanto maggiore è l’allungamento della shelf life richiesta per esportare le produzioni italiane in continenti sempre più distanti. Considerando che il cambiamento climatico influisce anche durante queste fasi, sottoponendo le confezioni a molteplici escursioni termiche, al molino viene oggi richiesto di tutelare la farina fornendo istruzioni sempre più dettagliate per una corretta conservazione e soluzioni per proteggere la merce che vanno dalla scelta del packaging, alle modalità di impilamento delle confezioni e dei sacchi di farina sulle pedane. In taluni Paesi con impianti normativi ben diversi rispetto alla Ue, laddove prevale la necessità di conservare le produzioni rispetto al rischio chimico atteso, sono stati addirittura proposti sacchi pretrattati esternamente con sostanze attive per evitare attacchi parassitari (FIGURA 2).
L’obiettivo di una riduzione del 50% dell’uso delle sostanze chimiche entro il 2030 introdotto dalla Ue con il Green Deal da un lato, e dall’altro lato il crescente interesse del consumatore sui prodotti biologici e a residuo zero, portano le industrie molitorie e i fornitori di
la gestione degli infestanti a prendere in considerazione tecniche alternative per la lotta agli infestanti. Nella fase della produzione primaria, non senza difficoltà già evidenziate dalle associazioni di rappresentanza agricola, si è assistito a una riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari (FIGURA 3). Analogamente anche nelle fa-
si in post raccolto è sempre più evidente il ricorso all’uso di biocidi contenenti sostanze attive sempre meno impattanti e il ricorso alle tecniche alternative di lotta biologica o integrata. Il condivisibile ricorso all’uso di formulati insetticidi a base di piretro naturale, e la sua bassa persistenza, impongono una serie di azioni prepa-
ratorie e contestuali all’intervento di disinfestazione ben più impegnative rispetto a quando erano tollerati gli impieghi di organofosforati o di carbammati in passato, o di neonicotinoidi e di taluni piretroidi in tempi più recenti. Pulizie preventive, apertura degli impianti e un oculato riordino dei locali sono attività indispensabili prima di un intervento di disinfestazione con Biocidi insetticidi il quale rappresenta, proprio per le sostanze attive oggi ammesse, solo un completamento delle succitate operazioni.
degli standard igienici, le ispezioni e la cultura della sicurezza alimentare
La pubblicazione di standard per la sicurezza igienico sanitaria e la loro frequente revisione, il conseguente incremento delle attività ispettive condotte dalla Gdo e dagli Istituti di Certificazione, insieme alle visite degli organi di controllo ufficiale, hanno fortemente aumentato la preparazione degli operatori del settore alimentare. Gli audit e il coinvolgimento dei re-
sponsabili della qualità a ripetuti confronti con esperti anche internazionali, laddove le evidenze siano applicabili e costruttive, stanno contribuendo a una crescita generale del settore molitorio italiano. Richiamando il Regolamento Ue n.381/2021 e la recente revisione 9 dello standard BRC, ulteriori margini di miglioramento sono attesi proprio sulla formazione e la diffusione della cultura della sicurezza alimentare a tutto il personale coinvolto nella produzione (anche agli addetti di linea) e nella distribuzione.
Metodi integrati per il controllo e la lotta agli insetti: l’uso dei feromoni per il monitoraggio e per la confusione sessuale
Sono disponibili diversi tipi di feromone (sessuali, di aggregazione ecc.), impiegabili per i piani di monitoraggio degli insetti infestanti le aziende alimentari. Tali feromoni sono dosati all’interno di diffusori aventi ciascuno una capacità di rilascio nell’ambiente variabile (mg/m3) in relazione al tipo di materiale di supporto (gomma, plastica ecc.) e alle temperature a cui viene esposto. I feromoni sono inseriti su trappole di cattura per gli insetti di tipo collante (FIGURA 4) o contenitive (sacchetto o secchiello) aventi forme e dimensio-
ni correlate alle attitudini di movimento di ciascuna specie, le quali sono posizionate negli ambienti in numero variabile, vicino alle zone più critiche, o laddove si suppone la presenza degli insetti prendendo a rife-
rimento la norma UNI 11381:2020 “Monitoraggio degli insetti nelle aziende alimentari” spesso associata agli standard Bec e Ifs. La dose di feromone introdotta nei supporti e il numero delle trappole installate, unitamente a un costante e regolare rilievo, hanno lo scopo di attuare dei piani di monitoraggio e ottenere dei dati di cattura numerici per trappola o, meglio, per area o reparto, creando delle linee di tendenza utili per determinare l’andamento della popolazione infestante (FIGURA 5), fissare delle soglie di allarme e di intervento, osservando l’esito delle azioni correttive. L’orientamento a una generale riduzione dell’uso delle sostanze chimiche, porta
è possibile esaltare l’azione dei feromoni sfruttando il fototropismo associandoli a lampade elettro insetticide con tubi a raggi uv o al led. Vale qui la pena sottolineare che tra le nuove tecniche di lotta e di contrasto agli insetti viene posta una attenzione crescente sui feromoni e sull’uso di agenti semiochimici sfruttando la biologia e il comportamento delle specie infestanti compresa l’emissione di segnali di allarme che appare interessante per allontanare le specie infestanti.
La disinfestazione dei molini con le temperature estreme (calore)
a impiegare i feromoni anche per l’attuazione di azioni correttive. Quella più diffusa è la confusione sessuale o mating disruption, una strategia di lotta e di contrasto ai lepidotteri delle derrate negli ambienti alimentari basata sull’installazione di diffusori (1 ogni 120-240 m3) contenenti piccole dosi di feromone femminile (< 2 mg.) in grado di creare false tracce, riducendo la probabilità di accoppiamento fra gli insetti e conseguentemente riducendo il numero di uova deposte negli ambienti e nei macchinari. La confusione sessuale richiede una registrazione ministeriale alla stregua dei formulati insetticidi ed è al momento diffusa per la lotta ai seguenti Lepidotteri delle derrate:
• Plodia interpunctella;
• Ephestia kuehniella;
• Ephestia elutella;
• Cadra cautella;
• Cadra figulilella.
Sono stati recentemente pubblicati alcuni studi effettuati in laboratorio per applicare la confusione sessuale nei confronti di Lasioderma serricorne. La lotta attratticida, per la quale sarebbe auspicabile una registrazione al fine di estenderne l’impiego, si basa sull’associazione di feromoni posizionati su superfici (pareti o pannelli mobili) contestualmente trattate con sostanze attive insetticide più o meno residuali a base di piretroidi. Simili metodologie sono applicabili in vari ambiti alimenta-
ri, anche negli allevamenti primari, attraverso l’applicazione (pennello, spruzzo) di formulati insetticidi liquidi su idonei supporti, oppure attraverso il posizionamento di contenitori con insetticidi formulati in granuli, evitando in tal modo la dispersione di insetticidi nell’ambiente interessato. Sempre tramite l’ausilio di feromoni è possibile perseguire tecniche di cattura massiva nelle aziende alimentari attraverso l’intensificazione del numero di trappole di cattura solitamente impiegate per il monitoraggio. La capacità di cattura si basa sul trattenimento degli insetti su basi collanti oppure sul loro contenimento in sacchetti o secchielli. Talvolta
Gli insetti si sviluppano in un range di temperatura ottimale, solitamente compresa fra 25 e 33 °C. Al di sotto e al di sopra di tali valori rallentano il proprio metabolismo e progressivamente giungono alla morte in alcune ore o in minuti. Le temperature e i tempi di esposizione efficaci per eliminare tutti gli stadi vitali degli insetti e degli acari infestanti (uovo, larva, pupa e adulto), sono diversi per ciascuna specie considerata. Le basse temperature possono essere applicabili per la corretta conservazione delle derrate vegetali (<1218 °C), ma al momento risultano impiegate prevalentemente sui generi vari e i prodotti freschi (<4 °C). Diminuendo ulteriormente la temperatura (≤ 10 °C), con tempi di esposizione mirati alla singola specie, è anche possibile eliminare gli insetti. Per eliminare Sitophilus zeamais allo stadio vitale adulto e di larva è richiesta una temperatura di -15 °C per 16 ore. Per lo
stesso insetto, ma con le elevate temperature (calore), sono richiesti 45 °C per 11 ore nei confronti della larva, oppure 50 °C per 45 minuti per lo stadio adulto. Nell’industria molitoria dedicata alla lavorazione di prodotti biologici, ma anche in contesti produttivi di tipo convenzionale, si fa ricorso sempre più frequente al trattamento di disinfestazione degli ambienti e dei macchinari con le elevate temperature (45-55 °C) con esposizione compresa fra le 36 e le 48 ore (FIGURA 6). Il trattamento è reso possibile da aerotermi (FIGURA 7) alimentati elettricamente e distribuiti in modo puntuale e omogeneo nei locali del molino. Il sistema rientra ampiamente negli orientamenti normativi della Ue in materia di riduzione dell’impiego delle sostanze chimiche insetticide di tipo liquido e gassoso, ma può trovare alcune limitazioni in relazione alla disponibilità elettrica e al costo, compensati comunque dalla possibilità di compartimentare agevolmente le aree da sottoporre a trattamento.
Gli insetti utili e la lotta biologica
Anche all’interno degli impianti molitori si sta diffondendo la possibilità di contenere le infestazioni con l’impiego degli insetti utili. Si tratta di micro imenotteri parassitoidi o predatori di alcuni stadi vitali
degli insetti delle derrate. Gli insetti utili vengono introdotti negli ambienti con varie modalità in relazione al loro stadio vitale. Si possono qui citare Anisopteromalus calandrae e Lariophagus distinguendus (FIGURA 8) veicolati allo stadio adulto all’interno di provette e introdotti negli ambienti per il contrasto all’insetto bersaglio (es. Lasioderma serricorne). Thricogramma evanescens, è invece trasportato allo stadio di uovo, inoculato nelle stesse uova dell’ospite Plodia interpunctella ed Ephestia spp. (FIGURA 9) e dalle quali fuoriesce per ricercare gli insetti target una volta introdotto negli ambienti sottoposti a lotta biologica. Vengono allevati in al-
cuni centri europei dai quali si auspica siano accompagnati con schede tecniche e informazioni sempre più dettagliate, compresi i dosaggi e le frequenze consigliate, aspetti che comunque si acquisiscono con il tempo e dalle esperienze condotte sul campo. Alcune specie stanno cominciando a essere allevate anche in Italia (es. Xylocoris flapives). Solo recentemente si stanno superando alcune perplessità riferite alla loro presenza già conclamata nel territorio italiano, aspetto che ne permette un impiego sempre più diffuso in taluni contesti alimentari.
Fra le tecniche particolarmente diffuse per la disinfestazione dei molini, si richiama l’uso del difluoruro di solforile. Questo gas, sostitutivo del bromuro di metile messo al bando nel 2007, non è stato assoggettato al R.D. n°147 del 1927 ma è ugualmente regolamentato dalle prescrizioni inserite in etichetta fra le quali è richiesto il possesso di una autorizzazione societaria per l’utilizzo dei gas tossici e il possesso del-
le patenti di abilitazione per gli operatori. Il gas è trasportato in cilindri metallici in pressione (FIGURA 10) e viene flussato all’interno delle strutture da sottoporre a disinfestazione, preliminarmente sigillate, per mantenere la concentrazione (ppm o mg/m3) per un tempo di esposizione minimo (ore), allo scopo di eliminare dichiaratamente tutti gli stadi vitali degli insetti infestanti. Per questo motivo è raccomandato un costante monitoraggio delle concentrazioni del gas durante il trattamento e la verifica del raggiungimento della CxT richiesta dallo standard del produttore, indicata per ciascuna delle specie di insetto bersaglio. Si possono stimare utilizzi di gas compresi fra i 40 e i 90 g/m3 con tempi variabili dalle 48 alle 72 ore, ai quali vanno aggiunti i tempi di arieggiamento dei locali prima dell’ingresso in sicurezza degli operatori.
In relazione al limitato tempo concesso nei fermi di produzione, alcune metodologie di lotta sopra richiamate non possono essere sempre applicabili. Il ricorso all’utilizzo di biocidi insetticidi distribuiti tramite irrorazioni nei locali è ancora fra i metodi più frequenti per il contenimento degli insetti infestanti, sebbene sia indispensabile un adeguato intervento di pulizia preliminare, soprattutto dei macchinari, all’interno dei quali si accumulano i residui dei prodotti lavorati. Laddove non sia possibile effettuare le pulizie, si con-
siglia di evitare un intervento di disinfestazione con insetticidi. I metodi di distribuzione adottati sono importanti in relazione a diversi aspetti, fra i quali anche la specie di insetto presente, la sostanza attiva impiegata e i tempi di esposizione e di arieggiamento concessi. Anche la dimensione delle particelle è importante, e impone la preventiva valutazione dello strumento impiegabile, della tipologia di ugelli in grado di micronizzare (FIGURA 11) la soluzione composta da acqua e formulati insetticidi. In contesti produttivi di tipo biologico, le sostanze attive impiegabili sono di tipo naturale (piretro), mentre nelle aziende convenzionali è possibile utilizzare piretroidi di sintesi. Gli insetticidi agiscono nei confronti degli stadi vitali mobili (larve e adulti) e, considerando le nuove formulazioni sempre più orientate a una riduzione delle loro tossicità e persistenza, risultano inefficaci nei confronti
di forme vitali che schiudono successivamente al trattamento. È comunque fondamentale rispettare le indicazioni riportate nelle etichette, fra le quali la/le specie di insetto bersaglio, la dose (ml/L) da impiegare in relazione all’ambiente e ai materiali che ne costituiscono la superficie, la quantità di soluzione da distribuire (L/m2 o L/m3). Non per ultima, l’’idoneità del prodotto all’utilizzo nelle aziende alimentari.
I recenti orientamenti dell’Unione europea in materia di riduzione dei pesticidi, sulla sostenibilità ambientale e sul raggiungimento di un nullo impatto sul clima porteranno a un utilizzo sempre più diffuso di metodologie integrate per la lotta degli infestanti nelle filiere alimentari. Dall’altro canto i cambiamenti climatici e le dinamiche delle industrie di trasformazione complicano fortemente il ricorso a tecniche di lotta alternative e biologiche. L’industria molitoria ha compiuto negli ultimi anni notevoli passi in avanti per aumentare la sicurezza alimentare, in questa fase favorita dalla possibilità di realizzare nuovi insediamenti o di ampliare nuovi reparti, anche introducendo nuovi macchinari con caratteristiche tecniche e costruttive in grado di limitare l’accumulo di residui alimentari. In relazione alle situazioni sopra descritte appare oggi indispensabile che i Responsabili della Qualità e le altre figure coinvolte nelle fasi di acquisto delle materie prime, nella produzione e nella logistica a valle, siano adeguatamente formate in modo da prevenire e gestire le situazioni più critiche.
Paolo GuerraTraceability is a fundamental element of the food safety policies of the European Union, which, some 20 years ago, introduced careful legislation to guarantee wholesome food with Regulation (EC) No 178/2002.
Traceability has two mirror-like processes, the first describes the path that each component of a food or feedstuff takes from field to fork, the second is a backward reconstruction of this journey, which is possible thanks to the information recorded by the various operators during the production, processing, transport and distribution stages. This article describes the event entitled “The traceability of food products: a way to enhance Made-in-Italy products”, held on Tuesday 18 April in Rome and organised by Assosementi.
La tracciabilità è un elemento fondamentale delle politiche di sicurezza alimentare dell’Unione europea che, ormai circa 20 anni fa, ha introdotto con il Regolamento (CE) n. 178/2002 un’attenta legislazione per garantire la salubrità del cibo. La tracciabilità si completa con la rintracciabilità che non è un sinonimo, quanto un processo complementare e speculare. Il primo, infatti, descrive il percorso che ogni componente di un alimento o di un mangime compie dal campo fino al suo consumo. Il secondo invece è la ricostruzione a ritroso di questo percorso, resa possibile dalle informazioni registrate dai vari operatori delle fasi di produzione, trasformazione, trasporto e distribuzione. L’elevato potenziale della tracciabilità, in termini di sicurezza e di qualità degli alimenti e di ottimizzazione dei processi aziendali e di valorizzazione delle produzioni, è confermato dalla maggiore attenzione rivolta dai ricercatori di diversi settori disciplinari a questo tema. In questo senso, è sufficiente guardare l’andamento crescente del volume di pubblicazioni scientifiche e studi dedicati alla tracciabilità alimentare (FIGURA 1). Nato come strumento di garanzia igienico-sanitaria e di riduzione del rischio, il concetto si è evoluto nel tempo, assumendo come accezione principale quella di trasparenza nei confronti dei consumatori. Questi, infatti, nei Paesi più sviluppati e in particolare in Italia, si mostrano sempre più attenti agli aspetti legati alla qualità e all’origine dei prodotti che acquistano. Da un lato, la tracciabilità rappresenta una sfida per il legislatore, che deve fornire strumenti normativi omogenei ed efficaci, e per le imprese, chiamate a realizzare e mantenere un sistema in grado di seguire il flusso dei materiali e delle relative informazioni all’interno dell’azienda, con collegamenti a monte e a valle della stessa. Dal lato opposto, la tracciabilità rappresenta anche un’opportunità perché permette di:
• ottimizzare la pianificazione delle produzioni, minimizzando gli sprechi e garantendo un uso ottimale delle materie prime (Moe, 1998; Wang & Li, 2006);
• incrementare la competitività aziendale e settoriale (Canavari et al., 2010);
• aumentare il coordinamento e l’integrazione tra gli attori della filiera (Banterle & Stranieri, 2008; Engelseth, 2009).
Technobins è specializzata nella realizzazione di impianti per lo stoccaggio di prodotti alla rinfusa in granuli e in polvere per l’industria alimentare, molitoria, selezione sementi, birrerie, industria ceramica, lavorazione della plastica e stoccaggio inerti.
In particolare nell’industria molitoria realizza sili per materie prime, prodotti finiti, sottoprodotti di macinazione e scarti.
Consapevole del ruolo che questo strumento può giocare per il settore primario, Assosementi, associazione di categoria del comparto sementiero, ha organizzato l’incontro dal titolo “La tracciabilità dei prodotti alimentari: una strada per la valorizzazione del Made in Italy”, tenutosi martedì 18 aprile a Roma, presso Palazzo Falletti. La giornata è stata un’occasione di confronto che ha coinvolto il mondo accademico, politico e delle istituzioni, nonché i rappresentanti dei diversi anelli della filiera. Dopo l’intervento iniziale di Ferdinando Albisinni, già professore ordinario di diritto agrario presso l’Università della Tuscia, il quale ha ricostruito la nascita e l’evoluzione della normativa e dei concetti di tracciabilità, si sono susseguiti i rappresentanti del mondo politico, istituzionale ed economico.
Il Sottosegretario del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Patrizio Giacomo La Pietra ha esordito riflettendo sul fatto che grazie al seme è possibile “dare continuità per valorizzare la tracciabilità dell’intera filiera agroalimentare”. Il suo invito è stato quindi quello “di lavorare insieme per aumentare la necessità dell’impiego del seme certificato ed eliminare le illegalità, an-
cerca. “Partiamo dal seme - ha affermato in conclusione - per valorizzare la filiera agroalimentare, affermandone la qualità anche a tutela dei consumatori”.
che attraverso il sostegno all’innovazione e alla ricerca in agricoltura”. A tal proposito, il Ministero è pronto a dare il via a un “tavolo tecnico ministeriale di confronto, per favorire un’idea di progettualità complessiva”.
Alla giornata era presente anche l’Onorevole Giuseppe Castiglione della Commissione agricoltura della Camera dei deputati. Nel suo contributo è emerso quanto la tracciabilità sia una condizione fondamentale per garantire la qualità delle produzioni e ribadire il valore della sovranità alimentare e del made in Italy. Del resto, l’agricoltura italiana non può prescindere dal seme certificato, così come dalla ri-
Di ricerca ha parlato anche il Senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione agricoltura e industria del Senato: “la qualità delle produzioni e la garanzia di tracciabilità del Made in Italy - ha detto - iniziano dal seme e sul seme deve concentrarsi la ricerca”. L’obiettivo è quello di garantire la salubrità degli alimenti e al tempo stesso assicurare la produttività, senza i vincoli delle ideologie che fino a ora hanno bloccato la scienza. Per questo bisogna sostenere il seme certificato, per produrre di più e meglio. Il tema della ricerca è stato comunque al centro della prima parte della giornata: infatti, anche l’Onorevole Raffaele Nevi, della Commissione agricoltura della Camera dei deputati, si è focalizzato su tale elemento, rappresentate - in questo caso - dalle Tecniche di evoluzione assistita (Tea), fondamentali per la competitività del made in Italy. Il suo auspicio è che l’iter della proposta di legge per la sperimentazione in campo proceda rapidamente. È infatti indispensabile lavorare per migliorare la produttività delle imprese e aumentare le esportazioni anche attraverso un quadro normati-
Il convegno di Assosementi: il punto istituzionale
vo con regole armonizzate. A chiudere la parte “istituzionale” della giornata sono stati l’Onorevole Marco Cerreto, anch’egli componente della Commissione agricoltura della Camera, e Luigi Polizzi, direttore generale politiche internazionali e dell’Unione europea del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Se il primo ha ribadito che la tutela della filiera parte dal seme certificato, sottolineando che operare in sistemi territoriali differenti, richiede un atteggiamento ‘glocalista’, nonché la necessità di mettere in campo politiche che accorcino le filiere; il secondo ha sottolineato che competitività, qualità e sostenibilità sono gli asset della riforma della Politica agricola comune. Ma non è possibile vincere queste tre sfide se non si parte dalle sementi certificate che sono un grande contenitore di innovazione e tecnologia e che possono rispondere agli obiettivi posti per migliorare la produzione italiana.
Nel corso della tavola rotonda, anche i rappresentanti delle diverse fasi della filiera hanno fatto il punto sull’impegno degli operatori. Per Giuseppe Carli di Assosementi “garantire la tracciabilità dei processi a valle della produzione sementiera diventa una necessità da cui non si può prescindere se si vogliono valorizza-
re le produzioni agroalimentari nazionali e fornire al consumatore un prodotto di qualità garantita”. Sul valore si è soffermato anche Ivano Vacondio di Italmopa, già presidente di Federalimentare, il qua-
le ha voluto rimarcare come i mugnai abbiano compreso che un sistema di tracciabilità efficace ed efficiente è un valore aggiunto sia in termini di competitività, sia per ridurre i costi. Per rispondere alle crescenti esigenze di tracciabilità, anche l’industria molitoria si è quindi mossa verso un’importante evoluzione tecnologica e organizzativa.
E ancora, Cristiano Fini di Agrinsieme ha ricordato quanto il made in Italy agroalimentare, tracciato, certificato sia sempre più giustamente percepito dai consumatori su scala nazionale e internazionale, come elemento di qualità e dal forte va-
lore aggiunto. Resta però un problema di vecchia data, il valore aggiunto non sempre viene equamente redistribuito su tutta la filiera e spesso la parte agricola resta la più sacrificata.
La scelta di legare alcuni degli aiuti accoppiati della Pac all’utilizzo di seme certificato è stata valutata positivamente da Edoardo Musarò di Compag. Per questi, gli stoccatori, che hanno un ruolo di congiunzione fondamentale tra il produttore agricolo e l’industria, segregano i cereali anche in funzione delle varietà; dunque, ben vengano interventi strutturali e tecnologici che facilitino la tracciabilità e consentano di valorizzare al meglio le produzioni nazionali. Tra gli intervenuti, anche Assitol, rappresentata da Marcello Del Ferraro, il quale ha sottolineato come la filiera degli oli vegetali da anni abbia fatto della tracciabilità un proprio pilastro
anticipando le scelte europee e nazionali e come sia alla continua ricerca di soluzioni che rendano efficiente la produzione garantendo la qualità del prodotto in collaborazione con tutti gli anelli della filiera. Una logica condivisa anche dal settore mangimistico: per Silvio Ferrari di Assalzoo, infatti, il settore vede la tracciabilità come un fondamentale prerequisito del processo produttivo da 20 anni. La mangimistica è il primo segmento della filiera alimentare dei prodotti di origine animale e si colloca quale anello di congiunzione tra la produzione agricola primaria, da cui acquista le materie prime utilizzate per produrre i mangimi, e la produzione zootecnica da cui derivano latte, carne uova e pesce.
Tra le associazioni di settore anche Assobirra che, per voce del presidente Michele Cason, ha ribadito l’importanza del se-
me certificato. Infine, Rodolfo Zaniboni di Assosementi ha illustrato il progetto “Road to Quality”, spiegando come attraverso la tecnologia blockchain e le moderne soluzioni disponibili sul mercato sia possibile migliorare i processi di tracciabilità e la comunicazione della stessa agli utilizzatori professionali e al consumatore finale. A conclusione della giornata, è intervenuto Eugenio Tassinari, presidente di Assosementi, che si è detto molto soddisfatto e ha dichiarato che è essenziale mettere la tracciabilità al servizio della creazione di valore. D’altronde, questo è il segnale unitario che oggi le filiere lanciano al mercato. Tale compattezza può diventare il terreno comune sul quale costruire insieme alla politica un sistema normativo che accompagni gli operatori in modo armonioso, prevenendo provvedimenti dalla portata limitata.
Dai partecipanti sono emerse considerazioni sullo stato delle produzioni, oggi particolarmente apprezzate a livello internazionale, nonché una serie di spunti per potenziare l’agroalimentare italiano. Tra gli elementi considerati strategici, si è registrata una sostanziale convergenza su tre aspetti: innovazione, seme certificato e filiera. L’innovazione è un driver di sviluppo per ogni ambito economico. È quindi importante disporre di prodotti e processi innovativi che aumentino la competiti-
vità delle nostre imprese agroalimentari. In questa ottica, tra gli strumenti oggi più promettenti, vi sono le Tecniche di evoluzione assistita che consentono di ottenere in tempi più rapidi rispetto al passato piante resilienti alle mutevoli condizioni climatiche, resistenti ai patogeni e con minor esigenze in termini di input chimici di sintesi, in grado di fornire un ulteriore contributo alla valorizzazione del made in Italy. Il seme certificato, secondo punto di convergenza tra i partecipanti, è stato riconosciuto oltre che fattore di produzione, anche un elemento essenziale per completare la tracciabilità e strategico per valorizzare le produzioni made in Italy. La certificazione, eseguita da un ente pubblico, viene rilasciata dopo una serie di controlli tesi a garantire:
• l’identità varietale, per assicurare, all’agricoltore prima e al trasformatore poi, che quel seme è esattamente la varietà domandata e che fornisce le caratteristiche necessarie a ottenere i prodotti richiesti dai consumatori, come ad esempio farine con maggior contenuto di vitamine, fibre e proteine e, in generale, alimenti salutistici;
• un’elevata purezza fisica, da intendersi come l’assenza di semi di specie infe-
stanti, la cui gestione in campo richiederebbe (un maggior) uso di diserbante;
• la sanità, che si traduce nell’assenza di gravi patogeni, come ad esempio il Fusarium per il frumento che può causare elevate perdite nei raccolti e produzione di micotossine, sostanze nocive non solo per le piante attaccate, ma anche per l’uomo e gli animali;
• la germinabilità, che rispettando i livelli stabiliti dalla norma si traduce per gli agricoltori in un risparmio di seme per ettaro rispetto all’impiego di granella aziendale. Anche per queste motivazioni, l’Italia ha scelto di aumentare i settori per i quali l’utilizzo di seme certificato
è un requisito per ottenere gli aiuti previsti dalla nuova Pac. È una misura che rientra nell’ottica di salvaguardare la distintività dei prodotti agroalimentari italiani e di tutelare il valore aggiunto generato dalle nostre filiere di qualità, a partire dal seme. I presenti, chiamati a confrontarsi in maniera sinergica sulle misure finalizzate a migliorare il made in Italy, hanno individuato come ulteriore elemento strategico proprio la filiera. Quest’ultima deve essere intesa come un modello per approcciare i problemi e individuare le soluzioni più opportune. È stata espressa la necessità di un’alleanza tra i vari attori per tutelare la qualità delle produzioni italiane, il lavoro degli operatori e il valore generato. A questo proposito, si è registrata la necessità di prevedere adeguate risorse per agevolare i contratti di filiera, che a oggi rappresentano un aiuto fondamentale per lo sviluppo integrato di molteplici comparti agroalimentari.
Il settore sementiero è impegnato da molto tempo nella tracciabilità delle proprie produzioni, delle quali è possibile sapere e ricostruire tutto, dalle caratteristiche qualitative ai processi di lavorazione, fino a risalire ai “genitori” di un seme. Al termine della giornata, è emerso in maniera lampante che la tracciabilità è un elemento fondamentale anche per tutti gli altri anelli produttivi. Quindi, è sufficiente mettere insieme tutti questi elementi per creare una catena completa di informazioni che servirebbe da un lato a tutelare pienamente il consumatore, dall’altro a distribuire il valore aggiunto tra gli operatori coinvolti, in modo da rafforzare l’intero sistema agroalimentare italiano.
Alessandro Politano• Banterle A. and Stranieri S. (2008), The consequences of voluntary traceability system for supply chain relationships.An application of transaction cost economics, “Food Policy”, 33 (6), pp. 560-569.
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Theenergy efficiency of Italian mills is a highly topical issue. In order to save up to 20 per cent on energy bills, it would be enough to reduce waste by introducing, for instance, state-of-the-art engines or optimising processes. Investments range from 150 to 300 million euros, but not all companies can afford them. New infrastructural models for the sector are under consideration, with plants built horizontally and no longer vertically.
SERVIREBBERO DAI 150 MILIONI
AI 300 MILIONI DI EURO PER AVVIARE UN PROCESSO DI EFFICIENTAMENTO ENERGETICO DEI MOLINI ITALIANI
150 TO 300 MILLION EUROS WOULD BE NEEDED TO START A PROCESS OF ENERGY EFFICIENCY IN ITALIAN MILLS
di Mariangela Latella Giornalista professionista esperta del settore agroalimentare
Molti grandi impianti molitori hanno già introdotto interventi per ottimizzare il consumo di energia. Nonostante tutto, oggi, secondo le stime degli esperti, l’industria molitoria italiana, energivora per definizione, consuma 3 miliardi di kWh l’anno, circa un quinto del consumo energetico di tutto il settore produttivo agroalimentare italiano. Potrebbero bastare poche opere (a partire da investimenti nell’ordine di 50mila euro), tutte ammortizzabili - dicono gli esperti - nel breve e brevissimo periodo (massimo tre anni), perché la bolletta dei mugnai italiani possa ridursi fino al 20%. La variabilità non è data solo dal tipo di interventi ma anche dal tipo di molino su cui si effettuano gli interventi.
Per alcuni esperti, la riduzione dei costi energetici potrebbe essere ancora maggiore se si ridisegnasse ex-novo il modello architettonico del sistema molitorio nazionale. Il fatto che gli impianti siano strutturati in verticale comporta un risparmio di elettricità legato all’attività di movimentazione verso il basso dei semilavorati della macinazione che passano da una fase all’altra del processo molitorio sfruttando la gravità terrestre. Ridurre l’altezza degli edifici che ospitano impianti molitori, potrebbe comportare un risparmio di energia legato al trasporto dei prodotti verso l’alto. Secondo una stima prudenziale, il consumo attuale dei molini italiani corrisponde a circa 65-75 kWh per tonnella-
ta macinata. Questo dato conduce a una bolletta complessiva di tutti i mugnai italiani di quasi un miliardo di euro l’anno, calcolata su un costo dell’energia, peraltro attualmente piuttosto volatile, attestato sui 25 centesimi di euro per kWh. Gli interventi di ammodernamento degli impianti che potrebbero portare a risultati immediati vanno, ad esempio, dalla semplice taratura del motore in base al reale fabbisogno energetico di macinazione per la capacità del mulino (eliminare la cosiddetta sovrastima del motore), all’introduzione di motori altamente efficienti, come gli IE3 e gli IE4. Questi due interventi, effettuati congiuntamente, permetterebbero di ridurre i costi energetici con tempi di ammortamento brevissimi, 36 mesi, ai quali poi seguirebbero guadagni di lungo periodo. Tra questi, un minor costo dovuto anche al risparmio energetico oltre che la maggiore capacità molitoria ottenuta con l’ottimizzazione delle linee di processo. In realtà, poiché alcuni tra i molini più grandi e strutturati hanno già realizzato investimenti di miglioramento energetico, la maggior parte dell’inefficienza energetica che incide sulla bolletta complessiva dell’industria molitoria nazionale, riguarda per lo più, gli oltre 200 piccoli molini, più dei due terzi del totale, che sono stati costruiti senza piani industria-
li a monte tarati ad hoc. In pratica, senza una precisa stima del fabbisogno energetico degli impianti in base alla loro capacità di macinazione e senza un adeguato dimensionamento della taglia delle macchine e scelta dei motori.
Si tratta di riflessioni che assumono un certo rilievo alla luce del processo di transizione ecologica in atto nell’Unione europea che si è posta l’obiettivo della “carbon neutrality” al 2050. Riflessioni che non possono non toccare il tema del crescente deficit energetico dell’Italia sempre più dipendente dall’estero per il suo fabbisogno.
“La coniugazione dei temi di transizione energetica, industria molitoria e produzione della pasta di cui l’Italia è leader mondiale - spiega a “Molini d’Italia” Davide
Tabarelli, presidente di Nomisma Energia - e gli obiettivi di efficienza energetica e di sovranità alimentare richiedono una risposta molto complessa. Anche perché l’obiettivo della neutralità per le emissioni di carbonio che l’Unione europea si è prefissata di raggiungere entro il 2050, è molto ambizioso. Per seguire la road map ufficiale, in Italia bisognerebbe riuscire ad arrivare, a quella data, al 70% di energia da fonti rinnovabili e continuare a importare la restante parte del fabbisogno fino al raggiungimento, certamente non vicino, della tecnica della fusione nucleare e realizzare i relativi impianti per soddisfare la restante parte di domanda interna. Da un punto di vista storico, bisogna precisare che per noi italiani è sempre stata un’abitudine dovere fare economia sull’energia, perché abbiamo i prezzi più alti del mondo. Pensiamo al costo della pasta francese che è inferiore anche perché i cugini d’Oltralpe pagano meno l’energia elettrica che ottengono dagli impianti nazionali di produzione di energia nucleare. Lo stesso dicasi per i paesi dell’est Europa e per la Turchia, altri produttori e trasformatori di derrate agricole primarie, i quali ricevono l’energia dalla produzione nucleare e dal carbone che pagano a prezzo molto inferiore rispetto a quello pagato dall’Italia che si affida molto al gas, fon-
te tradizionalmente più cara ma che poi ha subito la crisi del 2002. La situazione oggi si è appesantita, inoltre perché stiamo assistendo a una crescita del deficit energetico a causa dell’embargo russo. È vero che abbiamo diversificato le fonti di approvvigionamento, per ridurre il rischio di riduzione delle forniture, ma in passato lo abbiamo fatto meno di altri Paesi”. In Italia, l’energia elettrica deriva per il 50% da gas che è quasi tutto importato. Mosca nel 2021 è stato di gran lunga il primo fornitore di gas, per il 40% delle importazioni. Dopo le sanzioni commerciali internazionali, le importazioni dalla Russia si sono dimezzate passando al 20% e sono state compensate da un aumento delle importazioni dai gasdotti del Mari del Nord; dall’Azerbaijan; dall’Algeria e, via nave, dal Qatar da dove arriva in forma liquida. Tuttavia, gli aumenti delle importazioni da questi paesi non sono riusciti a compensare del tutto le forniture dalla Russia sicché, si registra comunque una riduzione dei flussi di gas in arrivo. Guardando alla produzione interna di energia elettrica, oggi il 30% deriva da fonti rinnovabili: il principale è l’idroelettrico che è in calo a causa della siccità; il fotovoltaico; l’eolico; le biomasse, i bioliquidi e la geotermia. Sono tutti impianti progettati per soddisfare, per lo più, il fabbisogno
dei territori in cui sono situati. “A tal proposito, la geotermia si rivela un settore strategico - specifica Tabarelli -. Se per l’uso abitativo stiamo parlando di un tema del tutto nuovo, per quello industriale elettrico, essa appartiene a una tradizione ormai secolare. Si pensi, ad esempio, ai soffioni boraciferi di Larderello, nella valle del diavolo in Toscana, che sono veri e propri geyser del cui potenziale energetico si registra un grande sfruttamento storico. La produzione italiana di questa forma di energia è facilitata dal fatto che la nostra Penisola ha una grande complessità geologica e un’attività sismica costante. Soprattutto su tutta la fascia tirrenica, dalla Toscana fino all’arcipelago siciliano delle isole Eolie. Quest’areale è pieno di
vulcani la cui potenzialità energetica che deriva dal profondo della terra, potrebbe ben essere sfruttata. Da più parti si discute per arrivare al 70% di produzione di energia rinnovabile di modo da soddisfare in maniera green il fabbisogno interno. A me sembrerebbe un po’ un azzardo perché, allo stato dell’arte, non siamo arrivati a un livello di efficienza delle tecnologie su cui si basano questi sistemi e soprattutto di garanzia di continuità delle forniture. In secondo luogo si registrano una serie di impianti di produzione di energia rinnovabile dispersi sul territorio italiano, per lo più orientati al fabbisogno di chi li realizza. In terza battuta, non si può ignorare che l’industria in generale e, in particolare, quella molitoria, ha bisogno di forniture energetiche di grande intensità e soprattutto programmabili. Questi ultimi sono due punti fondamentali che, con le energie verdi, non si riuscirebbe, almeno per il momento, a raggiungere facilmente. Persino con l’energia idroelettrica ci sono problemi: è la principale fonte di energia verde, ma sta subendo le conseguenze della lunga fase siccitosa in cui versa il Mediterraneo e in particolare l’Italia, dove gli invasi e i bacini sui quali insistono questi impianti energetici, sono molto al di sotto della loro capacità ordinaria”.
Il risparmio energetico di un’industria molitoria è il risultato di un lavoro di efficientamento sulle diverse fasi che compongono il processo produttivo e non possono riassumersi in un unico intervento. In alcuni casi, queste operazioni posso richiedere impegni finanziari importanti da un punto di vista economico, in realtà, secondo quanto riferito da alcuni esperti dell’industria molitoria, si tratta di investimenti che possono essere ammortizzati nel giro di un triennio per poi produrre, però, risparmi (in termini di minor consumo energetico) e guadagni di lungo periodo. Gli interventi di efficientamento cambiano in relazione a tanti fattori: dalla struttura del mulino, per fare qualche esempio, alla sua capacità di macinazione, alla sua dimensione. “Con un investimento di circa 1,5 milioni di euro ammortizzati in tre anni, inserito nel piano industriale di un importante molino, abbiamo ottenuto un abbattimento del consumo energetico da 72 kWh per ogni tonnellata macinata a 58 kWh, realizzando un risparmio di 14 kWh per tonnellata macinata”. A parlare è Francesco Nuzzi, uno dei più importanti esperti italiani di tecnica molitoria, titolare della società di consulenza NMT Srl di Bologna che ha costituito dopo avere maturato una solida carriera in Barilla dove ha svolto la funzione di gestione della parte tecnica su tutti
gli impianti della multinazionale italiana sparsi nel mondo. “Se guardiamo alla sola filiera del grano duro e quindi al settore pasta - spiega Nuzzi - l’industria molitoria italiana ha un consumo medio per
tonnellata macinata che oscilla tra i 65 e i 75 kWh. Questa misura si riferisce al consumo complessivo che è la risultanza di tutti i processi dell’attività di un molino: dalla ricezione della merce alla sua uscita dall’impianto. Il progetto che ho curato è partito da un’analisi energetica dell’impianto e ha portato, dopo una serie di interventi tarati su misura, alla riduzione di consumo di 14 kWh per tonnellata. Tra questi, quelli relativi, ad esempio, alla sostituzione delle lampade tradizionali con quelle a led o agli investimenti, economicamente più importanti, legati all’attività di macinazione vera e propria che poi rappresenta l’attività più energivora di tutto il processo molitorio. In questo caso, abbiamo introdotto motori ad alta efficienza energetica, cosiddetti IE3 e IE4. Abbiamo ridotto il consumo energetico di quasi il 20% con un investimento che oscilla tra il milione e il milione e mezzo di euro e un piano di ammortamento triennale. Oltre alla riduzione del consumo energetico della struttura, siamo riusciti a ottenere, per l’efficientamento energetico e meccanico, anche un aumento della capacità produttiva giornaliera da 350 a 500 tonnellate, semplicemente modificando il diagramma di macinazione”.
Conti alla mano, si tratta, in sostanza, di un risparmio energetico di oltre 500mila euro l’anno che, una volta superati i tre anni di ammortamento per rientrare delle risorse investite, hanno iniziato a generare un guadagno netto di pari misura per l’in-
dustria che va ad aggiungersi all’aumento della capacità molitoria di 150 tonnellate al giorno in più a parità di costi fissi. Il problema principale è che i piccoli molini, che rappresentano la maggior parte del tessuto industriale del settore molitorio, non sono in grado di affrontare investimenti di questa portata. Una cosa non da poco perché sono proprio i piccoli molini che rappresentano il perno del dispendio energetico. In parte per una mancanza di economie di scala che regolano il modello economico dell’attività: più è piccola, in sostanza, più è costosa da un punto di vista energetico, sopperendo a questi costi con turni di lavoro importanti. D’altro canto, il consumo di elettricità non è direttamente proporzionale alla quantità di grano macinato anche a causa dei progetti realizzati a monte della costruzione dei molini.
“La stragrande maggioranza degli impianti italiani sono piccoli e vengono gestiti da storiche famiglie di mugnai, attive nel settore, in molti casi, da generazioni - spiega Riccardo Scarcelli, titolare di RAM elettronica ed esperto di automazione molitoria -. In quasi tutti questi molini, si è proceduto all’installazione, all’avvio dell’attività, di motori molto spesso sovrastimati, ossia che consumano più di quanto sia necessario in relazione alla reale esigenza per cui quell’utenza è installata nel processo molitorio. Questa discrasia deriva soprattutto dalla mentalità del mugnaio che per tanti anni ha considerato
come costi fondamentali non tanto quelli energetici, quanto quelli della manodopera. Sicché, installando motori potenti, sovrastimati, pensava di potere incidere sulla riduzione del costo della manodopera. Il risultato è che oggi abbiamo molti molini con motori importanti che non sempre vengono impiegati correttamento, per i quali basterebbe semplicemente ritararli in base alle effettive necessità dell’impianto per ottenere già un risparmio significativo. Emerge che il costo della manodopera è accessorio e che la riduzione della bolletta energetica contemporaneamente all’aumento dei costi energetici si ottiene ottimizzando tutti i processi produttivi, nel loro insieme. Per avere efficienza energetica bisogna lavorare sull’80-85% dell’efficienza del motore”.
Secondo una stima prudenziale, circa il 30% dei molini italiani ha dei motori sovrastimati rispetto alla loro effettiva esigenza, determinando questa sola inefficienza di processo, un aumento del consumo energetico che oscilla tra il 7 e il 9%. “Si può arrivare a ottenere risparmi importanti anche con piccoli investimentiprecisa Scarcelli -. Ridurre il costo in bolletta dall’8 al 13% intervenendo nella sola fase di macinazione oppure ottenere abbattimenti dei consumi fino al 15% se sommiamo alle ottimizzazioni legate alla riduzione dell’eccessiva potenza del motore anche l’inserimento di macchine più efficienti energeticamente. Per intervenire in maniera incisiva sul risparmio in bol-
letta dei molini, servirebbe una riprogettazione delle loro infrastrutture. Oggi sono strutturati su più piani, ad esempio, ma questo richiede un consumo di elettricità maggiore legato alla movimentazione verticale della materia prima, dall’alto verso il basso e viceversa”.
L’altezza del molino, quindi, ha un’incidenza sul consumo energetico. Un grande molino italiano che lavora su diversi livelli, per fare un esempio generico, spende non meno di 350mila euro solo per la verticalizzazione della sua attività. In questo senso, la fortuna dei piccoli molini e che non hanno l’altezza. “Mettendo da parte la questione infrastrutturale, che non è di poco rilievo - chiosa Scarcelli -, si può ottimizzare il consumo energetico con alcuni investimenti di base. Basterebbero, ad esempio, tra i 200mila e i 250mila euro per ridurre l’eccesso di potenza dei motori ed introdurre quelli di ultima generazione nella fase di macinatura. Se si introducessero degli inverter, laddove è necessario perché non si può ovviare, ad esempio, con l’inserimento di cinghie e pulegge che sono sempre preferite, basterebbe una spesa che oscilla tra i 100 e i 150mila euro. Gli interventi di domotica industriale costano circa 50mila euro e permettono di utilizzare l’energia solo quando essa è effettivamente richiesta dalle macchine. Tutte queste spese prevedono rientri brevi dell’investimento: circa tre anni. In compenso, porterebbero a risparmi minimi del 10% per tutta la vita del molino se si considera che i motori si cambiano ogni 15 anni, mentre gli inverter ogni cinque”.
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