Brain. Maggio 2023

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LUCCA IN MENTE

Terza edizione del Festival dedicato al cervello e alle sue diverse espressioni

Anno IV | N. 5 | Maggio 2023
Emozioni_a_tratti Ruolo del microbioma intestinale nei bambini allergici Tiziano Terzani raccontato a Brain dalla moglie Angela Con i contributi di
#Parliamone con la disegnatrice
Bazzani, Faraguna, Gazzanni, Origlia, Piccinni, Pietrini, Tundo.

Il festival del cervello, della psicologia e del benessere. Cinque giorni di incontri gratuiti a Villa Bottini. Per imparare. Per conoscere. Per stare bene.

MERCOLEDÌ 17 MAGGIO

Ore 18:00 - Solo i folli cambieranno il mondo

Lamberto Maffei con Nicoletta Berardi

Ore 19:00 - Autismo, genitorialità e umanità non perduta

Daniele Mencarelli con Margherita Loy e Donatella Marazziti

GIOVEDÌ 18 MAGGIO

Ore 18:00 - Tiziano Terzani: il viaggiatore dell’anima

Angela Terzani Staude con Flavia Piccinni

Ore 21:00 - Il genio e la musica

Serata evento con Morgan

VENERDÌ 19 MAGGIO

Ore 18:30 - Il mondo attraverso l'obiettivo

Mauro Querci con Ugo Faraguna

SABATO 20 MAGGIO

Ore 17:00 - Una prof. e la sua classe

Gaja Cenciarelli con Francesca Caminoli e l'illustratrice @disegnisottovuoto

Ore 19:00 - L’evoluzione umana raccontata dalla scienza

Giorgio Manzi con Armando Piccinni

Ore 21:00 - La deriva barbarica degli italiani

Gianluigi Nuzzi con Carmine Gazzanni

DOMENICA 21 MAGGIO

Ore 15:00 - Premiazione del Concorso "Lucca in Mente"

Ore 17:00 - I volti del male. Psicologia criminale dalle pagine allo schermo

Stefano Nazzi, Alessandro Garramone, Pietro Pietrini, Simone Innocenti

Con il patrocinio di

Programma e prenotazioni:

info@fondazionebrf.org

Con il contributo di

“Lucca in Mente” la lotta allo stigma il ricordo di Barbara Capovani

Il numero di questo mese di Brain è dedicato al festival che la Fondazione BRF organizza annualmente. Siamo ormai giunti alla terza edizione di “Lucca in Mente”. Una finestra sulle neuroscienze, sulla letteratura e sull’attualità culturale che ruota attorno al mondo del cervello.

Saranno ospiti neuroscienziati di livello internazionale che esporranno idee, concetti, esperienze personali, affiancati da scrittori e personaggi dello spettacolo che creeranno un’atmosfera di conoscenza ed al contempo di festa.

Il significato di una manifestazione come questa è quella di focalizzare l’attenzione del pubblico sul tema dei disturbi psichici, con l’obiettivo di attenuarne l’alone di stigma che li avvolge e contribuire così alla diffusione delle conoscenze sul cervello che il progresso scientifico arricchisce ed incrementa ogni giorno.

Lo stigma è descritto nel vocabolario Treccani come la «attribuzione di qualità negative a una persona o a un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione». Stigma significa marchio, etichettatura negativa, condanna sociale e colpevolizzazione.

L’idea comunemente diffusa è che i disturbi psichici non abbiano rimedio e siano pericolosi. Spesso le famiglie, ed in particolari le madri, vivono la condizione dei figli con problemi psichici con un senso di colpa personale, una sorta di incapacità per aver generato una persona sofferente o per aver esercitato un ruolo educativo in modo sbagliato, cosa che avrebbe aperto la strada alla malattia.

Il passo immediatamente successivo è vivere tale condizione con un senso di turbamento e di vergogna che dura tutta la vita.

Il cervello, nel sentire comune, continua ad essere un organo affascinante e misterioso, ma allo stesso tempo imperscrutabile ed indomabile. L’idea che questo organo possa sì ammalarsi come tutti gli altri organi, ma che possa essere curato come il cuore, il rene ed il polmone è per la maggioranza delle persone un’idea che genera scetticismo e diffidenza. La malattia mentale nel linguaggio comune è ancora identificata come “la pazzia”, una manifestazione del cervello incomprensibile ed inguaribile. Chi ne è portatore è una persona altrettanto incomprensibile ed inguaribile. Il disturbo di panico, la depressione, il disturbo ossessivo compulsivo, il disturbo

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EDITORIALE
di Armando Piccinni

bipolare, i disturbi del comportamento alimentare finiscono tutti irrimediabilmente sotto la stessa etichetta. Ancora oggi essere in cura presso uno psicologo (professionista più accettato) o uno psichiatra (il “medico dei pazzi”) genera sospetto ed apre la strada all’isolamento di quella persona. Ancora oggi chi lavora in organismi sociali teme, per questo immaginario, il giudizio dei colleghi e dei superiori. C’è chi compra a proprie spese farmaci dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale in Paesi distanti dal proprio per restare anonimo e non correre il rischio di essere visto con la ricetta dello specialista o con i “farmaci della vergogna” nelle mani. Essere curato da un professionista della salute mentale è, ancora oggi, un marchio di debolezza e di inaffidabilità

Ma lo stigma non si limita esclusivamente al sentimento comune di paura e diffidenza verso la malattia mentale. Lo stigma è anche nelle istituzioni.

Le risorse previste dal Fondo sanitario nazionale e destinate alla salute mentale sono molto inferiori a quelle che la necessità richiederebbe.

Lo stigma, ancora, è anche nella testa dei medici e negli ospedali.

C’è stigma perché un paziente a rischio di suicidio è considerato al Pronto soccorso meno grave di un paziente con un episodio cardiovascolare in corso. Perché un paziente con una depressione grave non è considerato paragonabile per urgenza ad un malato uscito da un reparto di chirurgia anche se le condizioni cliniche sono confrontabili dal punto di vista medico.

Non esiste nei Pronto soccorso un codice rosso per le malattie mentali.

Eppure le diagnosi ed il trattamento delle malattie mentali hanno fatto enormi progressi negli ultimi anni. Le terapie danno risultati in percentuali confrontabili con le altre terapie mediche. Ciononostante il preconcetto sui disturbi mentali e sui pazienti che ne sono affetti resta ancora troppo forte.

L’ignoranza e la paura sono due compagne che sostengono lo stigma.

Ecco perché combattere lo stigma signi-

fica diffondere informazioni e conoscenze, diradare l’alone di mistero che avvolge la malattia mentale ed il cervello, cancellare la vergogna e la discriminazione di cui sono vittime questi pazienti doppiamente sfortunati, perchè oltre ad avere la malattia devono anche nasconderla come se si trattasse di un disonore.

Ci auguriamo che “Lucca in Mente” ed altre mille altre campagne di informazione aiutino a capire ed a progredire verso l’affrancamento dalla schiavitù del pregiudizio.

Prima di concludere vorrei rivolgere un pensiero ad una persona che è stata oggetto di un tragico evento che ha colpito la Psichiatria italiana tutta. Pochi giorni fa una valente psichiatra dell’Ospedale di Pisa, Barbara Capovani, è stata selvaggiamente uccisa.

Conoscevo personalmente Barbara Capovani: abbiamo lavorato insieme nel day-Hospital della Clinica Psichiatrica di Pisa durante gli anni della sua specializzazione.

La ricordo con grande stima e ammirazione ed ora che non c’è più con grande malinconia: era una persona splendida per le doti personali e la competenza professionale.

La speranza di tutti è che il suo sacrificio sia inconsapevolmente servito ad accendere i riflettori su un mondo negletto e dimenticato. Trascurato in particolare da tutti coloro che, nei posti di comando, avrebbero la possibilità di compiere azioni di miglioramento e di potenziamento delle strutture, del personale, della legislazione che regola questo angolo trascurato e isolato della medicina.

Ci auguriamo tutti che la salute mentale possa avere nel più breve tempo possibile l’attenzione che merita e che gli interventi necessari e improrogabili di cui necessita divengano una priorità. È tanto che la Cenerentola della medicina aspira ad una condizione di maggiore interessamento e considerazione. È un atto dovuto nei confronti di tutti coloro che soffrono per la loro malattia e per il disinteresse di cui sono oggetto. Il livello di civiltà di un popolo si misura anche dalla sua capacità di assistere, supportare ed aiutare i suoi figli meno fortunati.

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EDITORIALE

Libri fuori dal tempo e dalle mode

www.edizionidiatlantide.it

Lucca.

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EDITORIALE

“Lucca in Mente”, la lotta allo stigma, il ricordo di Barbara Capovani di Armando Piccinni

PRIMO PIANO Lamberto Maffei, un grande studioso del cervello a “Lucca in Mente” di Nicola Origlia

di Carmine Gazzanni

Brain

Anno IV | N. 5 | Maggio 2023

Testata registrata al n. 6/2019 del Tribunale di Lucca

Diffusione: www.fondazionebrf.org

Direttore responsabile: Armando Piccinni

Organo della Fondazione BRF Onlus via Berlinghieri, 15 55100 - Lucca

Brain Mag 2023 7 LUCCA IN MENTE Terza edizione del Festival dedicato al cervello e alle sue diverse espressioni Anno IV | N. 5 | Maggio 2023 #Parliamone con la disegnatrice Emozioni_a_tratti Ruolo del microbioma intestinale nei bambini allergici Tiziano Terzani raccontato a Brain dalla moglie Angela Con contributi di Bazzani, Faraguna, Gazzanni, Origlia, Piccinni, Pietrini, Tundo.
Da Morgan a Nuzzi. Ospiti e gli appuntamenti di “Lucca in Mente”
SOMMARIO

“Lucca in Mente” nella scuole: i vincitori del concorso delle passate edizioni

di Chiara Andreotti

CONTRIBUTO

Il Sonnolab: un laboratorio

senza muri

di Ugo Faraguna e Andrea Bazzani

L’arte di combinare farmaci e psicoterapia

Antonio Tundo

#PARLIAMONE

Emozioni_a_tratti: “Così disegno la salute mentale con ironia”

di Chiara Andreotti

NEUROSCIENZE

Bambini allergici? Nasce tutto nell’intestino

di Alberto Carta

Post-Covid: casi con segni patologici simili all’Alzheimer

di Alessia Vincenti

Come l’intelligenza artificiale sonderà i nostri pensieri di Alessandro Righi

La strage silenziosa: gli psichiatri vittime di continue violenze di Antonio Acerbis

Neuroplasticità e invecchiamento: imparare per sempre di Carmine Gazzanni

SERIE TV

Il ritorno di Wanna Marchi fra truffe, manipolazioni e certezze di essere nel giusto di Flavia Piccinni

PODCAST

Mencarelli, lo scrittore di confine che ascolta i deboli di Federica Arpuzzi

L’INTERVISTA

Angela Terzani Staude

“Vi racconto mio marito” di Flavia Piccinni

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22 34 36 38 43 40 44 36 18 24 26 30 PODCAST Ecco il vero volto della cronaca nera di Flavia Piccinni
TITOLI DI CODA Intelligenza,
di Pietro Pietrini 48 47 40
ovvero...?
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LAMBERTO MAFFEI UN GRANDE STUDIOSO DEL CERVELLO A “LUCCA IN MENTE”

Ospite del Festival il 17 maggio. Presentazione del suo libro “Solo i folli cambieranno il mondo”

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Lamberto Maffei è un grande studioso del cervello e della mente, di cui ha svelato importanti meccanismi di funzionamento. Dopo essersi laureato in medicina nel 1961, ha iniziato a svolgere le sue ricerche nel campo delle neuroscienze presso l’Istituto di Fisiologia della Università di Pisa diretto dal prof. Giuseppe Moruzzi.

Dal 1969 ha lavorato nel laboratorio di neurofisiologia del CNR, di cui è poi diventato direttore dal 1980 al 2008. Ha insegnato neurobiologia presso la Scuola Normale Superiore dal 1989 al 2008, ed è tuttora professore emerito. Membro della prestigiosa Accademia dei Lincei ne è stato presidente dal 2009 al 2012.

La sua attività di ricerca si è principalmente dedicata allo studio del sistema visivo come modello del funzionamento dei circuiti cerebrali e della loro modificabilità in risposta all’esperienza, proprietà nota come plasticità neurale. Tra i suoi numerosi contributi della prima parte della sua carriera ci sono lo sviluppo di metodi elettrofisiologici, non invasivi, per la diagnosi precoce di disturbi del sistema nervoso, la scoperta dei meccanismi di elaborazione dell’informazione visiva a livello della corteccia cerebrale e in particolare della presenza di interazioni fra cellule nervose che analizzano parti diverse del campo visivo. Questi studi sono stati svolti in collaborazione con la Prof. Adriana Fiorentini e rispondevano alla logica, come detto dallo stesso prof. Maffei, di “fare la stessa domanda alle singole cellule nervose e all’uomo”. In questo modo gli studi del Prof. Maffei hanno sempre contribuito ad un avanzamento della comprensione del funzionamento del cervello e della mente umana.

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La sua attività di ricerca si è principalmente dedicata allo studio del sistema visivo come modello del funzionamento dei circuiti cerebrali e della loro modificabilità in risposta all’esperienza, proprietà nota come plasticità neurale.

Successivamente, il Prof. Maffei e la sua allieva Lucia Galli, hanno dato la prima dimostrazione dell’esistenza di attività elettrica spontanea prenatale nei neuroni e del suo ruolo nello sviluppo dei circuiti nervosi. Questo studio oltre ad aver aperto un nuovo campo di ricerca, ha mostrato per la prima volta l’importanza di eventi precoci per l’esito del neurosviluppo.

Nella seconda parte della sua attività di ricerca il prof. Maffei ha, per primo al mondo, intuito l’importanza dei fattori neurotrofici per la maturazione delle funzioni delle cellule nervose in risposta alle esperienze del soggetto, ovvero per la plasticità neurale. In particolare, ha mostrato che la durata dei cosiddetti periodi critici del neurosviluppo,

periodi durante i quali la plasticità è particolarmente elevata, è modulabile, aprendo la strada per lo studio dei meccanismi che limitano la durata dei periodi critici, con lo scopo di favorire il recupero dai disturbi del neurosviluppo attraverso la riattivazione della plasticità. La dimostrazione che la plasticità può essere stimolata e riattivata dall’ambiente di vita, ha portato il Prof. Maffei a sviluppare un approccio non invasivo alla prevenzione e al recupero del decadimento cognitivo nell’anziano (studio “Train the brain”).

Il Prof. Maffei è stato negli anni maestro di moltissimi studenti dedicando loro una continua attenzione e insegnando non solo a fare ricerca ma ad essere ricercatori.

La sua lunga attività di ricerca è nel tempo stata affiancata dalla scrittura di libri che spaziano dalla riflessione scientifica sul funzionamento della mente alla reciproca influenza tra questa e le trasformazioni nello stile di vita e nella organizzazione sociale. La lettura di questi libri, scritti con passione, chiarezza e attenzione al futuro dell’uomo, coinvolge, stimola e lascia semi che maturano nella personale riflessione del lettore. Ricordiamo ad esempio “La libertà di essere diversi.”; “Elogio della lentezza”, “Elogio della ribellione”, “Elogio della parola”, “Platero e i colori del mondo” e l’ultimo appena uscito “Solo i folli salveranno il mondo”. Il Prof. Maffei poggiandosi sulla sua profonda conoscenza del funzionamento del cervello coinvolge il lettore sul tema della necessità di saper pensare in maniera autonoma, libera dai condizionamenti dei media, creativa e anche “diversa” come strumento per favorire la crescita individuale e collettiva ed evitarne una regressione.

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DA MORGAN A NUZZI OSPITI E APPUNTAMENTI DI “LUCCA IN MENTE”

Il festival, giunto alla sua terza edizione, mira a combattere lo stigma della salute mentale e ad analizzare il mondo del cervello

Da Morgan a Gianluigi Nuzzi, passando per Giorgio Manzi e Lamberto Maffei, solo per citarne alcuni. Anche quest’anno il festival “Lucca in Mente”, giunto ormai alla sua terza edizione, si preannuncia ricco di eventi e appuntamenti da non perdere. Nomi e volti noti a livello nazionale e internazionale arricchiranno il festival culturale e scientifico dedicato al mondo del cervello e della salute mentale, che si terrà da mercoledì 17 a domenica 21 maggio nella splendida cornice lucchese di Villa Bottini.

Dopo il successo delle edizioni passate (all’interno della quale si sono alternate personalità del calibro del compositore Giovanni Allevi, del prof. Andrea Crisanti, dell’imprenditore Oscar Farinetti

e degli scrittori Chiara Gamberale, Maura Gancitano, Giulio Cavalli e Nada Malanima), anche quest’anno il festival, organizzato dalla Fondazione BRF, sotto la direzione artistica degli scrittori e giornalisti Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni, riserverà piacevoli sorprese con incontri, discussioni e dibattiti imperdibili. Ad inaugurare questa edizione sarà il professor Lamberto Maffei, già direttore del CNR e dell’Accademia Nazionale dei Lincei, che presenterà “Solo i folli cambieranno il mondo” (Il Mulino), per un approfondimento sul rapporto fra arte e follia.

Seguirà l’incontro, in collaborazione con la Società lucchese dei Lettori, con lo scrittore Daniele Mencarelli: con il suo romanzo “Fame d’aria” (Mondadori) raccon -

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terà il viaggio di un padre e del figlio autistico alla riscoperta del loro rapporto.

La giornata di giovedì 18 maggio si aprirà con la scrittrice Angela Terzani Staude, che presenterà “L’età dell’entusiasmo” (Longanesi): un racconto di una vita in viaggio con il marito, il grande Tiziano Terzani.

A seguire ci sarà l’attesa premiazione del cantante Marco Castoldi, in arte Morgan: una serata-evento in compagnia del poliedrico artista che, al termine dell’appuntamento, verrà insignito dalla Fondazione BRF con un riconoscimento per la sua dedizione tra arte, creatività e impegno sociale.

Venerdì 19 maggio sarà ospite di “Lucca in mente” il giornalista Mauro Querci, caporedattore di Panorama per presentare il libro foto -

grafico “Extralarge. Microstorie dal lato lungo del mondo”: con lui viaggeremo alla scoperta delle bellezze dimenticate del nostro pianeta.

Sabato 20 maggio sarà una giornata carica di eventi ed emozioni, a partire dall’incontro, in collaborazione con la Società lucchese dei lettori, con la scrittrice Gaya Cenciarelli, autrice del romanzo “Domani interrogo” (Marsilio). Insieme a lei, l’illustratrice Angelica Lippi che dal vivo illustrerà le parole della scrittrice.

Seguirà poi un incontro da non perdere con l’antropologo e divulgatore Giorgio Manzi che, insieme al presidente della Fondazione BRF, lo psichiatra Armando Piccinni, ripercorreranno la storia dell’evoluzione umana tra scienza, aneddoti ed evoluzione del cervello umano.

Dopo il successo delle edizioni passate, anche quest’anno il festival, organizzato dalla Fondazione BRF, sotto la direzione artistica degli scrittori e giornalisti Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni, riserverà piacevoli sorprese con incontri, discussioni e dibattiti imperdibili.

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Morgan. Gianluigi Nuzzi.

Un programma ricco di eventi, organizzato dalla Fondazione BRF grazie anche al contributo del Comune di Lucca e della Cassa di Risparmio di Lucca.

La giornata si concluderà con lo scrittore e conduttore televisivo Gianluigi Nuzzi che presenterà “I predatori tra noi” (Rizzoli): un’inchiesta che mette a nudo la nostra società, per ragionare di attualità e delle derive del nostro tempo.

La giornata conclusiva di domenica 21 maggio si aprirà con la consueta premiazione del concorso dedicato alle scuole primarie e secondarie di primo grado che per la prima volta è stato aperto alla Regione Toscana: un momento ricco di emozioni in cui i giovani studenti saranno i veri protagonisti e mostreranno come percepiscono le loro emozioni tramite disegni, ritratti, poesie e brevi saggi scritti.

Il festival si concluderà, infine, con lo scrittore e giornalista Stefano Nazzi che, dopo il successo incredibile del suo podcast “Indagi -

ni”, presenterà “Il volto del male” (Mondadori). Con lui lo psichiatra Pietro Pietrini e il noto autore televisivo Alessandro Garramone (autore, tra gli altri, del documentario di successo internazionale “Wanna”, in onda su Netflix), per discutere di cronaca nera e psicologia criminale.

Un programma, dunque, ricco di eventi, organizzato dalla Fondazione BRF grazie anche al contributo del Comune di Lucca e della Cassa di Risparmio di Lucca che, ancora una volta, hanno dimostrato di credere nella filosofia e nell’obiettivo della Fondazione BRF: far nascere nel cuore della Toscana un appuntamento annuale con la cultura e il benessere della nostra mente, perché è sempre necessario ricordare che una buona salute passa anche dal cervello.

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Giovanni Allevi (foto di repertorio) è stato ospite alla passata edizione del Festival Lucca in Mente.

Fumettisti contro lo stigma della malattia mentale

Visita la pagina

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“LUCCA IN MENTE” NELLE SCUOLE: I VINCITORI DEL CONCORSO DELLE PASSATE EDIZIONI

Il festival, giunto alla sua terza edizione, mira a combattere lo stigma della salute mentale e ad analizzare il mondo del cervello

In occasione del Festival culturale e scientifico “Lucca in mente” che la Fondazione BRF Onlus organizza ormai da tre anni, un’attenzione speciale viene riservata al concorso dedicato alle scuole primarie e secondarie di primo grado. In quest’occasione gli studenti possono esprimere le loro emozioni liberamente attraverso il disegno per i più piccoli e brevi testi per i più grandi.

Un appuntamento fisso e molto atteso dagli studenti e dalle loro famiglie che da sempre partecipano numerosi, rendendo la giornata della premiazione un momento speciale, condiviso da tutta la comunità.

I bambini e i giovanissimi sono un filtro veritiero della realtà che ci circonda e il concorso è riuscito

a portare alla luce questo lato che spesso rimane silente.

Con la prima edizione, incentrata sull’impatto che la pandemia aveva avuto nelle vite dei ragazzi, sono emerse sensazioni ed emozioni straordinarie.

I disegni hanno messo in evidenza dettagli che non sarebbero stati espressi altrettanto bene con le parole: disagio, ansia, paura e, a volte e contro ogni aspettativa, speranza e apprezzamento per le piccole cose.

I testi, a volte pagine di diario, altre lettere per amici o per i se stessi del futuro, hanno mostrato una maturità e una conoscenza delle proprie emozioni che non sempre viene associata ad una così giovane età.

Per la seconda edizione il tema

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riguardava le emozioni primarie e la speranza per il futuro: di nuovo ci siamo trovati ad analizzare disegni che questa volta non rappresentavano situazioni reali, ma immagini astratte che i bambini avevano ri -

collegato a determinate emozioni, dimostrando ancora una volta una maturità e una spiccata sensibilità, fuori dal comune.

I racconti che hanno scritto i più grandi, invece, hanno scavato nel

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1. Disegno dell’alunna Jennifer Nicoletti.

profondo, raccontandosi attraverso esperienze per analizzare quelle emozioni forti che li avevano segnati nel passato.

La terza edizione del festival è quest’anno dedicata alla scoperta delle proprie fragilità e alla condivisione di queste ultime con gli altri ma, per la prima volta, il concorso è stato esteso alle scuole primarie e secondarie di tutta la Regione Toscana, creando una rete tra le province dove i bambini e i giovani hanno potuto scoprire e scoprirsi attraverso illustrazioni e parole. Nell’attesa di conoscere i vincitori di questa edizione e dandovi appuntamento a domenica 21 maggio a Villa Bottini a Lucca, ecco a voi alcuni dei disegni vincitori delle due passate edizioni.

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3 2. Disegno di Filippo Paladini. 3. Disegno di Elena Peranzi. 4. Disegno di Ginevra Balducci.
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5. Disegno di Agnese Ferrara.
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IL SONNOLAB: UN LABORATORIO SENZA MURI

Il Sonnolab è un centro di ricerca sulla neurofisiologia del sonno fondato nel 2012 per mano del Prof. Ugo Faraguna. Il Sonnolab è un ambiente di ricerca interdisciplinare situato nel cuore dello storico Istituto di Fisiologia di Pisa, un punto di riferimento nella ricerca fisiologica grazie a grandi medici e scienziati, primo fra tutti Giuseppe Moruzzi. L’attività di ricerca del Sonnolab è orientata a fare da ponte tra la ricerca di base e la ricerca applicata, con un forte impatto sullo sviluppo di conoscenze e competenze utili a risolvere problemi quotidiani.

Il Sonnolab si dedica a tre principali linee di ricerca: (i) lo studio della fisiologia del sonno e dei disturbi del sonno tramite strumenti di telemedicina, che sfruttano sensoristica indossabile non invasiva e approcci di intelligenza artificiale; (ii) lo studio della fisiologia dei ritmi circadiani, e dell’effetto che la regolazione del rit-

mo sonno-veglia può avere sulle nostre performance cognitive e affettive, inclusi i risvolti fondamentali sulle decisioni che prendiamo relative alla nostra salute e allo stile di vita; (iii) lo studio dei meccanismi fisiologici e biologici responsabili della regolazione del sonno e dei ritmi circadiani nel modello animale.

Medici, ingegneri, statistici, psicologi ed esperti in scienze sociali collaborano a stretto contatto, condividendo risultati e prodotti di ricerca per un pubblico ampio. In soli dieci anni, questo piccolo ma popolatissimo centro di ricerca è cresciuto in modo sorprendente, contando oltre una ventina di nuove leve tra studenti interni, dottorandi e giovani ricercatori, tutti animati dallo stesso spirito di curiosità e intraprendenza. I ricercatori che frequentano quotidianamente il Sonnolab hanno prodotto circa 100 articoli scientifici su riviste di chiara fama internazionale come

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È un centro di ricerca sulla neurofisiologia del sonno fondato nel
CONTRIBUTO
2012 dal Prof. Ugo Faraguna, situato nell’Istituto di Fisiologia di Pisa di Ugo Faraguna e Andrea Bazzani

Nature Neuroscience, Neuron, Sleep, Current Neuropharmacology, Scientific Report, Chronobiology International e altre.

Non è solo una realtà accademica chiusa su sé stessa in maniera monadica: il Sonnolab è aperto all’esterno e ha come obiettivo quello di far convergere competenze e conoscenze da molteplici ambiti. Grazie alla sua natura ibrida ma rigorosa, il Sonnolab è riuscito a collaborare con grandi istituzioni come l’ETH di Zurigo, la Oxford University, l’Università di Amsterdam, la Scuola Superiore Sant’Anna, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, la Fondazione Stella Maris, e partner del settore privato, raggiungendo risultati concreti come la validazione di algoritmi basati sull’Intelligenza Artificiale per la classificazione del sonno tramite smartband indossabili, per la rilevazione della sindrome delle apnee ostruttive del sonno, o per la valutazione della frequenza cardiaca. La realtà imprenditoriale di sleepActa, spin-off dell’Università di Pisa fondata da Ugo Faraguna, esprime una perfetta sintesi dello slancio propositivo e della capacità di concretizzazione di questo centro di ricerca.

Il Sonnolab non è però solo numeri: è un’esperienza umana, fatta di persone appassionate e competenti, che si mettono a disposizione di colleghi e organizzazioni esterne. Qui si riflette l’entusiasmo per la ricerca che ha contagiato il prof. Faraguna sin dai primi anni in cui ha respirato l’ambiente della Fisiologia Pisana sotto la guida del prof. Gherarducci, e che ha qui riportato dopo un lungo periodo negli Stati Uniti presso il laboratorio del prof. Giulio Tononi, per trasmettere la propria esperienza a giovani intraprendenti.

Lo studio dell’impatto dei ritmi circadiani sull’umore e la presa di

decisioni, sia in pazienti psichiatrici che nella popolazione sana ne è un esempio. Grazie alla solida collaborazione tra il Sonnolab e la Scuola Superiore Sant’Anna, uno dei giovani collaboratori del prof. Faraguna, il dott. Andrea Bazzani, laureato in medicina, con un master in psichiatria sull’autismo, ha potuto svolgere con successo il proprio dottorato di ricerca dedicandosi all’applicazione della neurofisiologia anche in contesti di decisioni economiche.

In una parola, il Sonnolab coltiva una visione: quella di portare la neurofisiologia fuori dal laboratorio. Questo è possibile offrendo alle persone la possibilità di monitorare la propria salute dal proprio polso, così come di predire e migliorare le proprie performance conoscendo la propria fisiologia. In questo modo si possono sentire gli effetti benefici della conoscenza scientifica sul posto di lavoro, in palestra, tra le mura domestiche, a tavola, e, ovviamente, anche su un morbido guanciale.

Il Sonnolab si dedica a tre principali linee di ricerca: lo studio della fisiologia del sonno e dei disturbi del sonno; lo studio della fisiologia dei ritmi circadiani, e dell’effetto che la regolazione del ritmo sonno-veglia può avere sulle nostre performance cognitive e affettive; lo studio dei meccanismi fisiologici e biologici responsabili della regolazione del sonno e dei ritmi circadiani nel modello animale.

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CONTRIBUTO

L’ARTE DI COMBINARE FARMACI E PSICOTERAPIA

Da qualche anno si è aperta una nuova frontiera per il trattamento dei disturbi psichiatrici, l’integrazione tra farmaci e psicoterapia. Si tratta di un grande passo in avanti perché storicamente le due modalità di cura, soprattutto per motivi ideologici, erano considerate contrapposte ed era frequente sentire affermazioni come “la psicoterapia non ha una validazione scientifica”, “seguire un percorso psicoterapeutico ritarda il ricorso alle cure mediche” oppure “i farmaci bloccano il lavoro psicologico e medicalizzano il disagio emotivo”.

Caduta la barriera dei pregiudizi, rimane però ancora un problema pratico da affrontare: i due strumenti terapeutici sono spesso combinati su base empirica, seguendo l’idea che “due è meglio di uno” o che la combinazione è “utile sempre e per tutti i disturbi”. Ma le evidenze scientifiche e l’esperienza di chi utilizza questa combinazione da decenni ci dicono che non è affatto così: associare far-

maci e psicoterapia, al pari di qualsiasi trattamento in psichiatria come in medicina, ha specifici indicazioni e limiti di cui occorre tenere conto.

Come e perché combinare farmaci e psicoterapia

Bisogna attentamente valutare in quali condizioni può essere utile seguire un trattamento combinato, quale è il momento giusto per ricorrervi e con quali obiettivi.

Ci sono dei disturbi, come le forme lievi di depressione, di disturbo di panico, di disturbo ossessivo compulsivo e di ansia sociale, che possono rispondere bene alla psicoterapia e, se la persona lo sceglie, l’intervento psicologico è consigliato. In questi casi si associa una terapia farmacologica successivamente e solo in chi, dopo un tempo ragionevole, non ha ottenuto un risultato soddisfacente. Obiettivo della combinazione è ridurre la sintomatologia che la psicoterapia da sola non è riuscita a contenere.

Per le forme medie e gravi di de-

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Le nuove tecniche di integrazioni dei trattamenti a scopo curativo che associano la risposta di mente e corpo
CONTRIBUTO

pressione, disturbo di panico e di disturbo ossessivo compulsivo è la terapia farmacologica è la prima scelta. La psicoterapia verrà proposta in un secondo momento in quel 10-30% di casi in cui i farmaci, pur essendo stati correttamente prescritti e assunti, hanno dato risultati parziali. Scopo della combinazione è sia la risoluzione dei sintomi residui, sia limitare il rischio di future ricadute.

Anche nel disturbo bipolare e nelle psicosi la terapia farmacologica è la prima e indispensabile scelta per raggiungere il pieno controllo, o il migliore controllo possibile, della sintomatologia. Solo dopo aver ottenuto questo risultato si affiancherà una psicoterapia per aiutare la persona a migliorare la conoscenza della malattia, a essere più consapevole dell’importanza di assumere regolarmente le cure, a modificare gli stili di vita che aumentano il rischio di ricadute, a recuperare l’autostima, tornare al proprio ruolo in famiglia, al lavoro e nelle relazioni sociali.

Farmaci e psicoterapia si associano simultaneamente quando le due terapie insieme hanno maggiori probabilità di successo di ciascuna singolarmente, come nel caso della contemporanea presenza di più disturbi (per esempio disturbo bipolare e disturbo ossessivo compulsivo), quando il disturbo psichiatrico è complicato da abuso di alcol o sostanze e quando il quadro clinico è complicato da problematiche psicologiche ed esistenziali.

Quale tipo di psicoterapia

Le psicoterapie non sono tutte uguali e non hanno tutte le stesse indicazioni. Esistono infatti numerosi indirizzi psicoterapeutici profondamente differenti tra loro per principi a cui si ispirano, tecniche utilizzate, obiettivi che si propongono, durata del trattamento ecc.

Ancora una volta la scelta dovreb-

be essere guidata dalle evidenze scientifiche perché negli ultimi anni alcune forme di psicoterapia, soprattutto quelle definite “brevi” e mirate a specifici obiettivi, sono state sottoposte a prove sperimentali rigorose che ne hanno dimostrato la validità.

È il caso della terapia cognitivo-comportamentale che è efficace nei disturbi d’ansia (disturbo di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, ansia sociale), nella depressione e nei disturbi della condotta alimentare. Oppure della terapia interpersonale, utile nella depressione e nel disturbo bipolare.

Per le patologie più gravi (disturbo bipolare, psicosi) non è tanto importante il tipo di psicoterapia ma la conoscenza anche degli aspetti clinici di queste condizioni da parte del terapeuta e la sua capacità di adattare con elasticità l’intervento al singolo paziente. Per chi soffre di psicosi, disturbo bipolare o di disturbo ossessivo compulsivo, e per i loro familiari, è molto utile la psicoeducazione, un intervento con un numero prestabilito e limitato di incontri che aiuta a conoscere a fondo il disturbo e a capire come affrontarlo per aumentare le possibilità di efficacia delle cure e ridurre il rischio di ricadute.

In conclusione, la combinazione di farmaci e psicoterapia è un importante passo avanti nel trattamento dei disturbi psichiatrici che consente di raggiungere risultati più completi sia sul piano del controllo dei sintomi, sia su quello del recupero funzionale. Come tutte le terapie, deve essere utilizzata seguendo i suggerimenti della ricerca scientifica per evitare di sprecare risorse, in termini economici e di tempo, e di esporre la persona a un fallimento terapeutico a causa del quale non sarà più disposta a ripetere l’esperienza (“ho già seguito una psicoterapia ma non mi è servita a niente”, “ho preso i farmaci ma sono stato solo peggio”).

Le psicoterapie non sono tutte uguali e non hanno tutte le stesse indicazioni. Esistono infatti numerosi indirizzi psicoterapeutici profondamente differenti tra loro per principi a cui si ispirano, tecniche utilizzate, obiettivi che si propongono, durata del trattamento ecc.

25 Brain Mag 2023
CONTRIBUTO

EMOZIONI_A_TRATTI “COSÌ DISEGNO LA SALUTE MENTALE CON IRONIA”

Intervista alla fumettista che aderisce alla campagna “Parliamone”

della Fondazione BRF: “Disegnare aiuta a liberarmi da paure e ansie”

Che l’arte abbia un ruolo fondamentale nell’abbattere lo stigma sulla salute mentale è qualcosa di indubbio: che sia un dipinto, un libro, un film oppure una canzone, ci sono corde che necessitano di essere toccate e voci che devono essere ascoltate.

Questo è quello che la Fondazione BRF Onlus sostiene sin dalla nascita della campagna #Parliamone: illustratori e fumettisti raccontano la salute mentale con lo stile che li contraddistingue.

Ed è così che ha fatto Elena, in arte “Emozioni a tratti”: con la sua sottile ironia ha creato una community dove parlare di salute mentale non è più un tabù.

Il disegno sembra essere qualcosa di innato in lei: “Non ricordo un momento preciso in cui ho iniziato”, racconta. “Ho sempre disegnato da quando ero molto piccola, soprattut-

to a scuola durante le lezioni di fisica e matematica. Tuttavia, non ho mai fatto un vero e proprio corso di disegno. La passione per il disegno è sempre andata di pari passo con quella per la scrittura. Con emozioni a tratti cerco di portare avanti entrambe, infatti disegni e parole vanno di pari passo”.

Partiamo da qui. Come nasce Emozioni a tratti?

Nasce nel 2020, in un periodo di assoluta incertezza. Quell’enorme lasso di tempo in cui siamo tutti rimasti chiusi in casa, con le nostre paure, speranze, illusioni ed emozioni. In quel momento il lavoro che mi portava a percorrere metà Milano e recarmi in ufficio tutti i giorni è diventato un lavoro da remoto, e così ho trovato il tempo per dedicarmi di più a me stessa e a quello che provavo. In quel periodo avevo appena comprato un iPad per disegnare. Dopo un po’ di tempo ho aperto la pagina e i pensieri hanno subito trovato forma nelle illu-

26 Brain Mag 2023

strazioni.

Che rapporto hai con i tuoi followers?

Ho una community abbastanza grande ma si è creata una relazione più stretta soprattutto con alcuni follower. Mi fa sempre molto piacere ricevere messaggi così intimi da persone apparentemente sconosciute o vedere come un pensiero che credevo personale possa essere compreso da così tante persone.

Quanto ti senti influenzata da loro e da quello che vedi sui social?

Mi piacerebbe dire “poco”, ma in realtà molto. Proprio ora sto passando un momento in cui penso spesso a quello che dovrei dire, fare o mostrare sui social. Essere seguiti da più di 20.000 persone, in qualche modo, è una responsabilità. Quello che dici o scrivi non è più visto solamente dalla tua cerchia di contatti, ma arriva anche da persone molto giovani che potrebbero

rimanere influenzati. A tutto questo, inoltre, si aggiunge anche la percezione di me stessa. Come mi mostro sui social, per forza di cose, non descrive la mia intera esistenza e di conseguenza non corrisponde totalmente alla me nella “vita vera”. Ma credo che questo sia abbastanza normale.

Nei tuoi post tratti spesso la salute mentale, a volte anche con ironia. È il tuo modo per esorcizzarla?

Sì, diciamo che più che esorcizzarla è il mio modo di esternarla e quindi di affrontarla. Esprimermi attraverso i disegni o le parole è qualcosa che ho sempre fatto, mi ha sempre aiutata ad alleggerire il peso di certi pensieri. Vedo la mia pagina come una sorta di diario illustrato. Come tutti i diari mi aiuta a mettere le cose nero su bianco.

Quanto aiuto possono dare i social per imparare a parlare di salute mentale senza stigma?

Credo tantissimo. Con i social è

Elena, in arte “Emozioni a tratti”: con la sua sottile ironia ha creato una community dove parlare di salute mentale non è più un tabù.

27 Brain Mag 2023
Illustrazione di @emozioni_a_tratti.

“Ho una community abbastanza grande ma si è creata una relazione più stretta soprattutto con alcuni follower. Mi fa sempre molto piacere ricevere messaggi così intimi da persone apparentemente sconosciute o vedere come un pensiero che credevo personale possa essere compreso da così tante persone”.

come se fossero aumentate le finestre a cui affacciarsi, a cui chiedere aiuto o consiglio, in cui trovare nuove informazioni. Bisogna solo saperli usare con cura. Sicuramente possono aiutare a sentirsi meno soli, attraverso la condivisione di esperienze o problemi che prima pensavamo fossero solo nella nostra testa.

Come hai affrontato la pandemia e il lockdown?

Inizialmente l’ho affrontata molto bene. Essendo una persona molto introversa e un po’ asociale, l’idea di poter stare a casa a lavorare con il mio ragazzo e il mio gatto mi sembrava una cosa incredibile, soprattutto dopo un anno di salti mortali a lavoro e pochissimo tempo per me stessa. Subito dopo questa fase, quando in realtà stavamo tornando alla “normalità”, mi sono resa conto che la pandemia mi aveva lasciato dei segni

invisibili. Tornare alla vita di sempre dopo così tanto tempo mi è sembrato come atterrare su un altro pianeta. Improvvisamente ho iniziato a vedere le cose da un altro punto di vista. Penso che la pandemia abbia ridimensionato un po’ le aspettative che avevo nei confronti del futuro.

Qual è il tuo rapporto con la salute mentale?

Mi piacerebbe dire ottimo ma mentirei. Fin da piccola ho avuto un pessimo rapporto con la mia salute mentale, che ha influenzato anche molte scelte della mia vita. Quando ero al liceo soffrivo di ansia e facevo fatica a sostenere interrogazioni o esami. Me ne vergognavo molto e ai tempi non ne parlavo quasi con nessuno, eccetto i miei genitori che per fortuna sono sempre stati molto aperti e comprensivi. Penso che l’ansia non se ne sia mai andata e non se ne andrà mai.

28 Brain Mag 2023
Illustrazione di @emozioni_a_tratti.

Forse bisogna solo trovare un modo per conviverci. Non è un pensiero cinico o negativo, penso solo che la soluzione non sia eliminarla. Accettare che siamo umani e che abbiamo debolezze è già un bel primo passo per conoscerci e andare avanti.

E la terapia? Può dare una mano?

Certo. Sicuramente un percorso di terapia può aiutare a vederci meglio e guardarci da un’altra prospettiva. Può essere utile a tutti, anche a chi non soffre di particolari disturbi.

In che modo la salute mentale influisce sul tuo lavoro?

Molto. In realtà quando sono triste o particolarmente turbata, scrivere i miei pensieri e trasformarli in illustrazioni mi aiuta molto a liberarmene. Diciamo che, nonostante tutto, la tristezza è molto produttiva.

Progetti in cantiere? Come vedi il

futuro prossimo?

Per ora il progetto rimane emozioni_a_tratti nella sua essenza, continuare a illustrare i miei pensieri e condividerli per creare uno spazio di dialogo e condivisione. Più avanti mi piacerebbe scrivere un libro e trasformare questo piccolo progetto nato su Instagram in qualcosa di ancora più concreto.

È arrivato il momento dunque di abbattere i muri che costruiamo con il silenzio e iniziare a parlarne.

Perché non iniziare proprio con una t-shirt illustrata da Elena?

Sul sito www.worthwearing.org è possibile acquistare t-shirt, felpe ed altri gadget con questa e tante altre grafiche della campagna #Parliamone.

Visita il sito della Fondazione BRF (www.fondazionebrf.org) per saperne di più.

“Fin da piccola ho avuto un pessimo rapporto con la mia salute mentale, che ha influenzato anche molte scelte della mia vita. Quando ero al liceo soffrivo di ansia e facevo fatica a sostenere interrogazioni o esami”.

29 Brain Mag 2023
Tutto quello di cui hai bisogno per la tua cura. Medicina specialistica, esami di laboratorio e diagnostica

BAMBINI ALLERGICI?

NASCE TUTTO NELL’INTESTINO

Il ruolo del microbioma intestinale

30 Brain Mag 2023

Le allergie? Incredibile a dirsi, ma nascono nell’intestino. Gli immunonutrizionisti del CEINGE, centro di eccellenza dell’Azienda Ospedaliera Universitaria e della Federico II, insieme ai ricercatori della Task Force di Ateneo per gli Studi sul Microbioma, hanno identificato alterazioni del microbioma intestinale nei piccoli pazienti affetti dalla principale patologia cronica dell’età pediatrica in Italia. Si tratta del primo studio sul metagenoma intestinale di bambini affetti da allergie. Una svolta che gli studiosi considerano decisiva per la prevenzione e la cura di una delle patologie pediatriche più comuni. Da tempo il gruppo di ricerca guidato da Roberto Berni Canani, responsabile del Programma di Allergologia Pediatrica del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università “Federico II” di Napoli e Direttore del Laboratorio di Immunonutrizione del CEINGE, lavora sull’ipotesi che fattori ambientali, attinenti prevalentemente a dieta e stile di vita, siano in grado di determinare un’influenza negativa sul microbioma intestinale (i miliardi di microrganismi che colonizzano il nostro intestino) e sullo sviluppo e funzioni del sistema immunitario, facilitando così lo sviluppo delle patologie allergiche.

E proprio di recente, in collaborazione con il team di Danilo Ercolini, Direttore del Dipartimento di Agraria e Responsabile della Task Force dell’Ateneo Federiciano per gli studi sul microbioma, aveva individuato alcune specie batteriche in grado di favorire la comparsa delle allergie, ma erano necessarie ulteriori evidenze sul ruolo di questi microorganismi nell’indurre la malattia. Così, per risolvere l’e -

31 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE

Le varie forme di allergia possono essere considerate una delle epidemie del XXI secolo: colpiscono circa il 30% della popolazione pediatrica mondiale.

nigma dell’origine delle allergie gli studiosi hanno utilizzato tecnologie di avanguardia per la prima volta impiegate nello studio di queste patologie.

«Sono molto soddisfatto per i risultati ottenuti e ringrazio di cuore il professor Ercolini e tutti i nostri collaboratori per il grande lavoro svolto in questi anni – afferma il professor Berni Canani -. Abbiamo identificato alterazioni della struttura e delle funzioni del microbioma intestinale in grado di determinare non solo la comparsa

di allergie respiratorie o alimentari, ma anche di influenzarne il decorso clinico. Finalmente sarà possibile poter allestire strategie innovative in grado di predire la comparsa ed il decorso delle patologie allergiche, favorire la diagnosi precoce ed aprire la strada ad interventi di prevenzione e terapia più efficaci». Le varie forme di allergia possono essere considerate una delle epidemie del XXI secolo: colpiscono circa il 30% della popolazione pediatrica mondiale. In Italia le allergie sono tra le principali patologie croniche dell’infanzia, ne soffrono almeno 25 bambini su 100 e il fenomeno è in costante crescita. «La percentuale di bambini allergici in Italia negli ultimi 20 anni è più che triplicata – spiega l’esperto –, passando dal 7 al 25%. In Campania la prevalenza delle allergie alimentari in età pediatrica è aumentata di oltre il 40% nell’ultimo decennio. Nello stesso periodo il numero di bambini che hanno richiesto un accesso in Pronto Soccorso per gravi reazioni allergiche è aumentato del 500%».

«I dati ottenuti nel nostro studio rappresentano un tassello importante verso la conoscenza dell’origine delle patologie allergiche che, nonostante decenni di ricerca scientifica, rimane in gran parte sconosciuta, e permettono di evidenziare l’importanza di fattori ambientali (in primis le abitudini alimentari e lo stile di vita) che agendo negativamente sul microbioma intestinale e sul sistema immune del bambino sono alla base dei drammatici cambiamenti epidemiologici», conclude Berni Canani.

I risultati delle ricerche sono stati pubblicati sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Nature Communications.

32 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE

PER RESTARE SEMPRE INSIEME

Il microchip è il modo migliore per ritrovare il tuo amico a quattrozampe in caso di smarrimento.

E allora cosa aspetti?

Se il tuo cane o il tuo gatto non lo hanno ancora, recati dal tuo veterinario o al servizio veterinario pubblico competente per territorio, per identificarlo e iscriverlo in anagrafe degli animali d’affezione!

COS’È IL MICROCHIP E A COSA SERVE?

● Il microchip, obbligatorio per legge per il cane e presto anche per il gatto, è un piccolo dispositivo elettronico che identifica il tuo amico a quattrozampe e lo lega a te in maniera unica. L’identificazione con microchip di cani, gatti e furetti è inoltre obbligatoria per poter acquisire il passaporto europeo, per recarsi all’estero.

● Non temere per la sua salute: l’inserimento del microchip è sicuro e indolore!

● Il certificato di iscrizione nell’anagrafe degli animali d’affezione è la sua “carta d’identità”. Ricordati di portarlo sempre con te!

È un’iniziativa del Ministero della Salute in collaborazione con LAV

Informati su www.salute.gov.it e www.lav.it
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POST-COVID: CASI CON SEGNI PATOLOGICI SIMILI ALL’ALZHEIMER

I risultati di due studi mostrano la correlazione tra virus e malattia

Gli studi sugli effetti del Covid-19 continuano a tenere banco e a incuriosire e attirare le comunità scientifiche di tutto il mondo. Le ultime ricerche hanno evidenziato un dato non secondario: le persone che muoiono per Covid-19 grave presentano, a livello cerebrale, modifiche simili a quelle causate dalla Malattia di Alzheimer; in particolare mostrano un accumulo della proteina tau nelle cellule del cervello e quantità anomale della proteina beta-amiloide.

Questo è quello che hanno evidenziato due studi, di cui uno guidato da Andrew Marks e colleghi della Columbia University, che hanno analizzato il cervello di 10 pazienti affetti da Covid-19, osservando difetti nelle proteine note come recettori della rianodina, che controllano il passaggio del calcio nelle cellule.

Il primo studio ha evidenziato come – nei pazienti Covid presi in esame – i recettori della rianodina difettosi siano collegati all’accumulo della proteina tau nei grovigli neurofibrillari, esattamente come si osserva nella Malattia di Alzheimer.

Il secondo studio – pubblicato dal sito bioRxiv, in attesa della peer review, e in preprint da The Lancet – ha invece evidenziato livelli di amiloidi anomali nel cervello dei pazienti Covid-19.

Ciò che conta, però, è che in entrambi gli studi, i pazienti avevano sofferto delle forme più gravi di Covid-19. Secondo Marks, se le stesse evidenze arrivassero da chi soffre della malattia in forma lieve, si potrebbe capire qualcosa in più soprattutto sulla “brain fog” - e dunque sulla nebbia cognitiva - associata al long-Covid.

Di fatto gli esperti del College

34 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE
di Alessia Vincenti

of Physicians and Surgeons della Columbia University sono giunti alla conclusione che il Covid-19 ha un effetto negativo sui recettori rianodinici, responsabili della formazione dei grovigli neurofibrillari (accumuli proteici che si trovano nei cervelli di coloro affetti da morbo di Alzheimer). Secondo gli scienziati, i recettori rianodinici difettosi sono coinvolti in una serie di processi patogeni, dalle malattie cardiache e polmonari alla risposta del cervello allo stress e al morbo di Alzheimer. «Abbiamo trovato questi recettori difettosi non solo

nel cuore e nei polmoni dei pazienti morti per COVID-19, ma anche nel cervello», ha affermato il capo del programma, il dottor Andrew Marks.

I ricercatori hanno concluso che la risposta immunitaria del corpo, dopo aver subito una forma grave di Covid-19, provoca infiammazione nel cervello, che a sua volta porta alla disfunzione dei recettori rianodinici.

Un nuovo fronte di studio e di ricerca che senz’altro verrà ulteriormente approfondito dalla comunità scientifica.

Si tratta di un nuovo fronte di studio e di ricerca che senz’altro verrà ulteriormente approfondito dalla comunità scientifica.

35 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE

COME L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SONDERÀ I NOSTRI PENSIERI

Coglierà l’essenza delle storie che una persona ascolta o immagina

Ebbene sì, l’intelligenza artificiale potrebbe a breve fare una capatina nel nostro cervello e leggere così i nostri pensieri, traducendoli in testi. Invece di trasformare comandi o testi scritti da persone in qualcos’altro (immagini, video, eccetera) questo sistema basato sull’IA è in grado di ricostruire il pensiero e l’attività mentale delle persone rendendoli testuali, concretizzandoli. Questo pare essere il risultato della sperimentazione portata avanti da un gruppo di scienziati che ha sviluppato una sorta di intelligenza artificiale.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Neuroscience, è opera di Jerry Tang, un dottorando in informatica, supportato dal professore di neuroscienze e informatica Alex Huth dell’università di Austin. La sua particolarità sta nel fatto che, rispetto ad altre soluzio -

ni simili, non necessita di impianti chirurgici. Non è un procedimento invasivo, cioè non prevede l’introduzione di nessun apparecchio o strumento all’interno del corpo delle persone, ma si avvale di un sistema di decodificazione linguistica (un decodificatore semantico) e di uno scanner fMRI, strumento usato per effettuare risonanze magnetiche funzionali e quindi per rilevare l’attività cerebrale.

È la prima volta che un “decodificatore” dell’attività neurale riesce in modo non invasivo a leggere nella mente intere frasi, parti di storie, e non solo parole come i prototipi precedenti erano riusciti a fare. Lo strumento è capace di capire solo con i dati della risonanza il significato di una storia solo immaginata (non ascoltata) dai partecipanti o il contenuto di un film muto visto da loro. Gli scienziati rassicurano sul fatto che la privacy è rispettata, lo

36 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE
di Alessandro Righi

strumento funziona solo sulla persona con cui è stata fatta la fase di addestramento iniziale e, per ora, non può decodificare i pensieri di chiunque. In futuro tuttavia, concludono, l’avanzamento di queste tecnologie, potrebbe essere tale da rendere necessarie politiche di protezione della privacy mentale.

Come ChatGPT di OpenAI, Google Bard e sistemi di intelligenza artificiale generativa basati su grandi modelli di linguaggio, necessita anch’esso di una fase di addestramento per riuscire a rendere testuale quello che legge. Ma il risultato, a differenza di questi ultimi, non è qualcosa di specifico, una trascrizione parola per parola; viceversa, gli sviluppatori lo hanno progettato per catturare l’essenza di ciò che viene pensato, tradotto in testo quindi per sommi capi, ma strettamente legato con quanto il modello è stato in grado di percepire.

«Per un sistema non invasivo questo è un vero passo in avanti rispetto a ciò che è stato realizzato finora, in genere in grado di fornire singole parole o frasi brevi. Stiamo facendo in modo che il modello decodifichi il linguaggio continuo per periodi di tempo più estesi e con idee più complesse», ha spiegato Alex Huth.

Dai rilevamenti dell’attività cerebrale delle persone sottoposte ai test (che consistono nel far ascoltare o dire al partecipante di immaginare di raccontare una nuova storia), ne risulta un testo che deve corrispondere strettamente, ma non letteralmente, a quanto previsto dalle parole originali del partecipante. Secondo quanto indicato nel comunicato stampa condiviso dalla stessa università texana, questo accade circa la metà delle volte

per il momento, ma bisogna tener conto che il sistema è ancora in una fase embrionale.

Dicendo al partecipante una frase come “Non ho ancora la patente di guida”, il sistema di intelligenza artificiale in questione ha tradotto i suoi pensieri come “Non ha ancora iniziato a imparare a guidare”. Ascoltando invece “Non sapevo se urlare, piangere o scappare. Invece ho detto Lasciami in pace!” l’IA l’ha reso in “Ha iniziato a urlare e piangere, e poi ha semplicemente detto Ti avevo detto di lasciarmi in pace”.

Ora tutto sta a capire a cosa potrebbe servire tale sistema. Per il momento si tratta di un “prototipo” da laboratorio, chiaramente ancora da migliorare e da provare, che tuttavia potrebbe essere utile anche in altri sistemi di imaging cerebrale.

È la prima volta che un “decodificatore” dell’attività neurale riesce in modo non invasivo a leggere nella mente intere frasi, parti di storie, e non solo parole come i prototipi precedenti erano riusciti a fare.

37 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE

LA STRAGE SILENZIOSA: GLI PSICHIATRI VITTIME DI CONTINUE VIOLENZE

«Anome di tutta la Fondazione BRF desidero esprimere totale solidarietà e vicinanza alla famiglia e ai figli di Barbara Capovani, aggredita mortalmente fuori dall’ospedale Santa Chiara di Pisa in cui lavorava come psichiatra». Queste le parole del presidente Armando Piccinni subito dopo la drammatica notizia della morte della dottoressa Barbara Capovani, psichiatra a Pisa, aggredita e uccisa da un suo paziente.

«Purtroppo la tragica aggressione della collega è solo il più recente di una lunghissima sequenza di episodi violenti ai danni di medici e infermieri, che vanno dalle minacce a lesioni più o meno gravi. I dati ufficiali ne contano nell’ultimo anno 1.600, oltre 4 in media al giorno. E noi psichiatri abbiamo il triste record di aggressioni fisiche (34%), seguito a distanza dal personale dei Pronto Soccorso (20%). È evidente che c’è un problema che dev’essere af-

frontato e risolto. Non è la prima volta - continua Piccinni - che il mondo dei medici e degli infermieri, in particolar modo degli operatori che lavorano con pazienti psichiatrici, rilancia l’allarme sulle aggressioni di cui sono vittime. Purtroppo la sensazione è che queste parole siano cadute nel vuoto. Dobbiamo lavorare tutti insieme per prevenire e gestire la violenza contro gli operatori sanitari, trovando soluzioni efficaci a questo grave fenomeno».

«Ora - conclude Piccinni - serve una seria riflessione. La psichiatria è da sempre la “cenerentola” della medicina, la stessa legge Basaglia ha di fatto delegato agli psichiatri e alle famiglie la custodia dei pazienti. Sono passati esattamente 40 anni dalla chiusura dei manicomi ed è evidente che la gestione odierna delle persone affette da gravi patologie psichiatriche non funziona a dovere. Per questa ragione la Fondazione BRF chiede a gran voce che le principali cariche dello Stato, il presi-

38 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE
L’allarme della Fondazione BRF dopo la drammatica vicenda Capovani di Antonio Acerbis

dente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Salute Orazio Schillaci in testa, istituiscano immediatamente un tavolo tecnico urgente per rispondere alle evidenti necessità di una riforma psichiatrica».

E qualche segnale, per fortuna, arriva dal ministero. Con il supporto del tavolo tecnico per la salute mentale, il ministero della Salute, infatti, lavorerà a una campagna di informazione e di sensibilizzazione «per promuovere una cultura della salute mentale orientata a una maggiore conoscenza e consapevolezza dei disturbi psichici e dei sistemi di cura». Lo ha annunciato lo stesso ministro della Salute Orazio Schillaci al termine dell’insediamento del tavolo di esperti che hanno ricordato Barbara Capovani, la psichiatra uccisa da un suo ex paziente. «Prima di iniziare i lavori abbiamo rivolto un pensiero in ricordo della psichiatra Barbara Capovani in memoria della quale oggi si svolgeranno fiaccolate in diverse città

d’Italia», ha detto il Ministro Schillaci ribadendo come «obiettivo specifico del tavolo è la promozione della salute mentale e del benessere psicologico, in tutte le età e in tutti i contesti». Nel corso della riunione sono stati definiti i sottogruppi di lavoro e le tematiche specifiche sulle quali inizieranno a lavorare. In particolare: salute mentale e giustizia; organizzazione dei servizi e integrazione socio-sanitaria; salute mentale di genere; salute mentale nella transizione tra età evolutiva ed età adulta; salute mentale e prevenzione nella scuola e nei luoghi di lavoro; innovazione tecnologica e salute mentale; dipendenze patologiche. «È stato infine concordato, in un’ottica di collaborazione e approccio inclusivo del Tavolo tecnico, di avviare una fase di ascolto e confronto con istituzioni, enti preposti, società scientifiche, agenzie regolatrici, associazioni dei familiari, del volontariato e del terzo settore», ha aggiunto il ministro.

“Purtroppo la tragica aggressione della collega è solo il più recente di una lunghissima sequenza di episodi violenti ai danni di medici e infermieri, che vanno dalle minacce a lesioni più o meno gravi”.

39 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE
L’omaggio dei colleghi a Barbara Capovani.

NEUROPLASTICITÀ E INVECCHIAMENTO: IMPARARE PER SEMPRE

Come sinapsi e ambiente circostante influenzano il nostro cervello

Non c’è organo più misterioso e al tempo stesso più affascinante del cervello. Parliamo, d’altronde, dell’organo che ci rende compatibili con l’ambiente in cui viviamo. Tale incredibile capacità di adattamento prende il nome di «neuroplasticità», intesa come proprietà che consente al cervello di modificare la propria struttura e il proprio funzionamento in risposta all’attività e all’esperienza mentale. Abbiamo provato a capirne di più, cercando di comprendere quali sono i progressi in ambito scientifico, quali sono le ultime scoperte nell’ambito neuro-rigenerativo e, soprattutto, quali sono i consigli per mantenere una vita cerebrale attiva con l’avanzare dell’età.

Esiste ad esempio una recente teoria che sostiene che il cervello abbia la capacità di riorganizzarsi, di fronte ad un deterioramento cerebrale, creando nuovi circuiti neuronali. Questa teoria, la Scaffolding Theory of Aging and Cognition utilizza proprio la metafora dell’impalca-

tura per mettere in evidenza il fatto che il cervello ha la capacità di riorganizzarsi. In presenza di particolari condizioni, come ad esempio nuovi apprendimenti o training di potenziamento cognitivo, si costruiscono delle “impalcature” per far fronte ai cambiamenti legati all’età e per sviluppare nuove strutture cerebrali (come la creazione di nuovi circuiti). È stato osservato, attraverso tecniche di neuro imaging che, nelle persone affette ad esempio da demenza, sottoposte, ad un training cognitivo, in cui dovevano risolvere compiti complessi, esse attivavano la corteccia bilaterale pre frontale, preposta alle funzioni esecutive, dimostrando così, la capacità del cervello di auto ripararsi, rafforzarsi e formare nuove connessioni neurali.

LA PLASTICITÀ CEREBRALE E LE SINAPSI

Partiamo però da principio, parlando di «plasticità cerebrale». Il termine deriva dal greco plastos che significa

40 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE
di Carmine Gazzanni

plasmato/modellato. Tale concetto si riferisce proprio alla incredibile ed intrinseca capacità del sistema nervoso di modificare i propri circuiti, sia dal punto di vista strutturale che funzionale, in funzione dell’esperienza, al fine di apprendere informazioni sull’ambiente oppure, nel caso di danni cerebrali, per ripararli. Eric Kandel, uno dei padri delle neuroscienze moderne, afferma: «Siamo ciò che siamo in virtù di ciò che abbiamo imparato e che ricordiamo». In altre parole, se il nostro cervello non disponesse di questa speciale proprietà nel corso dello sviluppo, il nostro comportamento sarebbe rigido e stereotipato, non saremmo in grado di apprendere e diventeremmo esseri senza memoria.

Tale capacità è una componente chiave nei processi di sviluppo cerebrale durante l’età evolutiva, ma entra anche in gioco in risposta a cambiamenti fisiologici come l’invecchiamento oppure nei casi di patologie neurologiche e/o danni cerebrali (per es. demenze, tumori cerebrali e ictus).

I meccanismi principali alla base della plasticità coinvolgono sia modifiche dell’efficienza di trasmissione delle sinapsi (ovvero i collegamenti tra i neuroni) sia la creazione di nuove sinapsi, attraverso un processo che viene definito plasticità sinaptica. L’esperienza esterna genera un cambiamento dell’attività elettrica (cioè nervosa) cerebrale che, a sua volta, modifica l’efficacia della trasmissione sinaptica, promuovendone un potenziamento o una riduzione. In quasi ogni struttura cerebrale, una coppia o un gruppo di neuroni possono rafforzare le loro interconnessioni quando sono attivi ripetutamente nello stesso momento, ovvero in maniera sincrona. Questo principio è noto anche come la “legge di Hebb” (1949), uno psicologo canadese che negli anni Quaranta del secolo scorso formulò il primo modello formale dei meccanismi dell’apprendimento.

In questo modo si determina, in ri-

sposta all’esperienza, la modificazione della funzionalità di un circuito neurale. Alcune modifiche sono rapide, transitorie e reversibili (modifiche a breve termine) e servono per ottimizzare le risposte comportamentali. Si pensi a quando è necessario ricordare un’informazione per svolgere un’attività nell’immediato: per esempio ricordare un numero di telefono implica recuperare l’informazione dal magazzino della memoria e ‘trasportarla’ per qualche istante nel magazzino della memoria di lavoro, dal quale sparirà appena non sarà più necessaria. Se la modificazione dell’efficacia sinaptica risulta duratura nel tempo (modifiche a lungo termine), ne consegue un cambiamento duraturo a livello anatomico e funzionale dei circuiti stessi.

L’INVECCHIAMENTO

Cosa accade con l’invecchiamento?

«Come ricorda sempre la scuola darwiniana, il grande aggiustamento al nostro ambiente avviene quando siamo piccoli: di cosa avere paura, quali sono i nostri riferimenti, ecc. sono parametri che iniziano anche prima dell’adolescenza. Poi via via che viviamo le nostre esperienze confrontiamo quanto ci è capitato con la fase iniziale di regolazione. Ovviamente il mondo cambia e l’anziano perde alcune di queste capacità», spiegava tem-

Il termine deriva dal greco plastos che significa plasmato/modellato. Tale concetto si riferisce proprio alla incredibile ed intrinseca capacità del sistema nervoso di modificare i propri circuiti, sia dal punto di vista strutturale che funzionale, in funzione dell’esperienza, al fine di apprendere informazioni sull’ambiente oppure, nel caso di danni cerebrali, per ripararli.

41 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE

La neuroplasticità entra in funzione anche dopo un “infortunio” o una patologia. In questo caso si parla di “plasticità adattiva”. Infatti, in seguito a lesioni cerebrali dovute ad insulti ischemici o tumori caratterizzati da una lenta crescita, anche un soggetto adulto è in grado di compensare una funzione persa oppure di massimizzare una funzione compromessa dalla malattia.

po fa sul sito della Fondazione BRF il professor Enrico Alleva, allievo di Rita Levi Montalcini, ex presidente della Società Italiana di Etologia, e presidente della Federazione Italiana delle Scienze Naturali e Ambientali (FISNA), oltreché membro dei consigli scientifici di ANPA, Legambiente, Istituto della Enciclopedia Italiana “Giovanni Treccani”. Sempre in quell’intervista, Alleva spiegava un altro passaggio chiave: «Quello che è sempre stato insegnato, e cioè che la plasticità è massima quando si è molto giovani e si chiude come processo quando si diventa anziani, sostanzialmente non è vero: noi siamo sempre plastici, quello che cambia sono i tempi del «fenomeno plasticità». I tempi con cui “si aggiusta” un anziano sono molto più lunghi dei tempi con cui “si aggiusta” un bambino. Quello che si chiamava “fine del periodo di plasticità”, in realtà non esiste: abbiamo visto, infatti, che il fenomeno della plasticità è sostanzialmente lo stesso, solo molto più lento».

Ma c’è anche un altro aspetto: la neuroplasticità, come detto, entra in funzione anche dopo un “infortunio” o una patologia. In questo caso si parla di “plasticità adattiva”. Infatti, in seguito a lesioni cerebrali dovute ad insulti ischemici o tumori caratterizzati da una lenta crescita, anche un soggetto adulto è in grado di compensare una funzione persa oppure di massimizzare una funzione compromessa dalla malattia. Con l’impiego delle tecniche di neuroimmagine, quali la risonanza magnetica funzionale (fMRI), è stata dimostrata, nei soggetti colpiti da ictus, una riorganizzazione funzionale della corteccia motoria primaria, in cui aree motorie dell’emisfero controlaterale o aree motorie secondarie si attivano in modo da compensare la funzione compromessa (Rehme et al 2011). Tale potenzialità può essere sfruttata al meglio per favorire il recupero in seguito a danni cerebrali ed implementare programmi di riabilitazione

personalizzati delle funzioni motorie e/o cognitive. Il recupero funzionale delle funzioni danneggiate post-malattia è reso possibile da un semplice fatto: noi non smettiamo mai di apprendere. Nonostante la velocità e l’efficienza di apprendimento diminuiscono nell’età adulta e con l’invecchiamento, il nostro comportamento può essere sempre modificato dalle esperienze che viviamo. Questo fenomeno è noto come “plasticità comportamentale” ed è strettamente connesso all’abilità dell’individuo di essere flessibili ovvero alla capacità cognitiva di modificare strategie attentive, decisionali e comportamentali in un ambiente esterno nuovo o mutevole.

L’INFLUENZA DELL’AMBIENTE

L’ambiente esterno gioca un ruolo cruciale nell’influenzare la plasticità del cervello in crescita. A lungo, ad esempio, sono stati studiati gli effetti benefici sul cervello dei ratti derivanti dall’arricchimento ambientale. Qui riassumiamo solo i principali: effetti a livello molecolare (stimolazione dei livelli dei fattori neurotrofici che guidano la crescita neurale nella corteccia visiva, effetti significativi sui sistemi dei neurotrasmettitori che sono le sostanze che veicolano le informazioni tra i neuroni), a livello anatomico (aumento dello spessore corticale) e a livello comportamentale (aumento delle prestazioni di apprendimento e memoria). Adattando lo stesso paradigma sperimentale nell’uomo, si è osservato che il massaggio in neonati nati prematuramente accelera lo sviluppo cerebrale. In particolare, questa semplice azione, apparentemente del tutto insignificante, ha prodotto effetti inaspettati e sorprendenti tra cui una diminuzione del cortisolo, che è l’ormone dello stress, un aumento di peso, un aumento di produzione di fattori neurotrofici, una accelerazione dello sviluppo dell’attività elettrica del cervello, ed infine uno sviluppo precoce della visione.

42 Brain Mag 2023
NEUROSCIENZE

ECCO IL VERO VOLTO DELLA CRONACA NERA

Dal podcast al libro lo sguardo di Stefano Nazzi

Per quale motivo siamo così ossessionati dalla cronaca nera? Che cosa nasconde l’ancestrale passione dell’uomo per omicidi, tragedie e fatti di sangue? Prova a rispondere, partendo dalla materia nera, l’ultimo libro del giornalista Stefano Nazzi, voce narrante e ideatore del seguitissimo podcast “Indagini”, che sarà ospite a Lucca il 21 maggio per il Festival “Lucca in Mente”.

Nazzi arriva adesso in libreria con “Il volto del male” (Mondadori, pp. 192) in cui accompagna il lettore in dieci casi di cronaca nera e in altrettante riflessioni. Il tono del libro - mai superficiale, sempre attento al raffinato dettaglio - si intuisce fin dall’introduzione, una calzante citazione del poeta britannico Wystan Hugh Auden, “Il male non è spettacolare ma umano, e dorme nel nostro letto e mangia al nostro tavolo”. E, allora, nota Nazzi: “Non tutto si può giustificare con la follia. E solo a volte c’entrano le patologie della psiche. Istintivamente pensiamo che la malvagità possa essere catalogata secondo schemi precisi, che una persona «perda la testa», che sia «vittima di un raptus». Ma la frase «perdere la testa» non significa nulla”.

Esistono molte altre cose che significano invece qualcosa - una su tutte è il fattore D, ovvero il fattore Dark, «la tendenza a massimizzare la propria utilità individuale». Per scoprire le altre serve seguire la penna di Nazzi che in dieci storie - mai raccontate durante il podcast - accompagna il lettore in un viaggio oscuro dove la scrittura tesissima, densa di dettagli, si fa così intensa da togliere il fiato. I casi tracciano una mappa violenta del nostro Paese

“INDAGINI”

Stefano Nazzi

II Post

Piattaforma: Spotify

e un ritratto di cosa sia il libero arbitrio. Si va attraverso il tempo e i luoghi d’Italia - va da Foligno a Chiavenna -, obbligando a riflettere sulle conseguenze del male. “Sono dieci storie di donne e di uomini che, come un sasso scagliato nell’acqua, hanno «gettato» il male e il male si è allargato in tanti cerchi”, nota l’autore. “Fare del male a qualcuno - prosegue - significa provocare dolore non solo a quella persona ma a tante altre, come in una lunga catena. E a differenza dei cerchi nell’acqua, i cerchi del male non spariscono dopo pochi secondi. Durano a lungo, a volte per sempre”. (F. P.)

Brain Mag 2023 43
LIBRI
PODCAST

IL RITORNO DI WANNA MARCHI

FRA TRUFFE, MANIPOLAZIONI E CERTEZZE DI ESSERE NEL GIUSTO

La nuova serie doc Netflix punta lo sguardo sui teleimbonitori nostrani

Che cosa distingue una persona di successo da una persona degna di essere stimata? Esiste ancora - in questo nostro tempo in cui si sfiora l’Olimpo per video in cui ci si umilia, e si diventa milionari vendendo i propri peti in barattoloun valore che travalichi l’egocentrismo e la spettacolarizzazione della propria esistenza oltre la mera idiozia? E, soprattutto, in quale momento ci siamo ritrovati ad adorare eroi senza qualità e a barattare la nostra attenzione in cambio - nel migliore dei casi - di una risata?

Non risponde ovviamente a questo la straordinaria docu-serie in quattro puntate dedicata a Wanna Marchi appena diffusa su Netflix, ideata e firmata da Alessandro Garramone con la collaborazione di Davide Bandiera per la regia di Nicola Prosatore. Dentro infatti c’è molto, moltissimo, altro, ma in qualche modo si intravede l’inizio del baratro dentro cui ci è dato oggi sguazzare.

Nella serie la riflessione viene lasciata

al telespettatore che si ritrova catapultato fra reperti catodici e interviste inedite in un universo costruito dai reucci delle televendite, come Roberto da Crema e Valter Carbone, e popolato da nonne/ mamme con i bigodini in testa davanti alla televisione, tutte rapite dalle televendite di pentole, coltelli, materassi, cosmetici e rossetti. Ma, soprattutto, sogni.

Frame dopo frame, lo sguardo impietoso sul nostro Paese viene filtrato attraverso l’epopea della più celebre teleimbonitrice italiana - che qui viene raccontata dai tempi in cui era una casalinga squattrinata che si arrangiava andando a truccare i morti. Un’esistenza in cui sopravvive qualcosa di epico e di deprimente, di contemporaneo e di pop, di disperato e di gioiosamente sfidante, se non del tutto finale.

Minuto dopo minuto, ci si ritrova invischiati - senza possibilità di fermarsi dalla visione compulsiva - in quel siero colloidale che è la miseria e lo squallore proprio di uno show esistenziale che

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SERIE TV
di Flavia Piccinni

presto si trasforma in una serialità da B-movie. Ecco la vita di Wanna Marchi: dallo scioglipancia (venduto ancora prima di essere ideato e prodotto), passando per creme miracolose, fino ai numeri del lotto e al trucco del sale. Perché uno che sa vendere può farsi acquistare qualsiasi cosa. Anche la fortuna.

Lo racconta la stessa Wanna Marchi, fresca di parrucchiere, imbiancata, il rossetto vermiglio e il viso capace di attraversare il tempo pressoché in modo indenne. In lei si fa forma la certezzasperiamo più promessa che interiorizzata - di non aver fatto niente di male. C’è la completa assuefazione a quella legge della giungla in cui basta essere in grado di sopraffare gli altri, per avere il diritto di violarli. Come riporta un ex-collaboratore in uno spezzone di Striscia la Notizia, la celebre trasmissione di Antonio Ricci che pose all’attenzione pubblica il caso: “Tutte le mattine Wanna Marchi entrava in studio e diceva sempre che ogni giorno per una Wanna Marchi si dovevano svegliare trenta coglioni da truffare”.

Scoprendo l’epopea di questa donna, si rimane impassibili davanti ai suoi primi decenni di vita - la povertà, il marito fedifrago e violento, le sfortunepoiché niente rende perdonabile per lo spettatore il male generato con strafottenza e arroganza.

Non sono d’aiuto per seminare un briciolo di umanità né l’infanzia in una famiglia di contadini, né gli studi che si fermano alla quinta elementare, né l’ossessione di un riscatto sociale ed economico che passa attraverso la convinzione - mai esplicitata, ma chiaro sottotesto di ogni frame - che tutto le sia dovuto.

Perché per Wanna Marchi basta essere in grado di prendere qualcosa, per meritare di possederla. Perché “siamo tutti

deboli e abbiamo bisogno di illusioni”. Perché se riesci a ingannare “sei un truffatore tu o un coglione lui?”.

Pare quasi che Wanna e ancora di più la figlia Stefania - evidentemente ossessionata dal compiacere la madre sfruttando i medesimi schemi e cavalcando le stesse ambizioni - considerino grinta quella che molti specialisti indicherebbero come una totale e patologica assenza di empatia.

L’egoismo nella personale scala di valori delle due è evidentemente ai primi posti, così come la necessità di cotonare lo smisurato ego a suon di dirette TV e di acquisti compulsivi.

La sicurezza però spesso produce passi falsi. Un esempio? La scelta di preferire al rito abbreviato un processo a porte aperte, che comprensibilmente generò un’arena catodica. Il motivo lo spiega la stessa protagonista: “Perché dovevamo ammettere delle cose che non avevamo fatto?”.

In fondo, la percezione della realtàammoniva Goethe - produce angoscia, solo con l’empiria la quotidianità si rivela tollerabile. Lezione per pochi, evidentemente non acquisita dalle due donne.

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SERIE TV

Più che a Icaro e alle sue smisurate ambizioni, Wanna appare così come un Erostrato contemporaneo: un criminale che, pur di far tramandare il suo nome, distrusse con un incendio una delle sette meraviglie del mondo antico, il tempio di Artemide. Ed è in questa ambizione di popolarità e ricchezza che forse si annida la nostra ossessione per lei.

Nella serie al processo viene dedicato un giusto spazio. Memorabili restano le espressioni delle due quando parlano le vittime - perché, come sintetizza il giornalista Stefano Zurlo, “per loro le vittime erano sempre colpevoli” - e il suggerimento, rivelato dall’avvocato della parte civile Marzo Marzani, di Liborio Cataliotti alla sua cliente, mentre questa si avviava alla sbarra: “Mi raccomando Wanna piangi”.

Più che a Icaro e alle sue smisurate ambizioni, Wanna appare così come un Erostrato contemporaneo: un criminale che, pur di far tramandare il suo nome, distrusse con un incendio una delle sette meraviglie del mondo antico, il tempio di Artemide. Ed è in questa ambizione di popolarità e ricchezza che forse si annida la nostra ossessione per lei. Per questa donna che è un simulacro, e non conosce né empatia né pentimento, la cui aggressività smisurata - nei modi di fare, di vestire, di portare i capelli e di fissare l’obiettivo, anche oggi a ottant’anninon tradisce una naïveté reale, ma il camaleontismo di chi non solo ha saputo strumentalizzare le fragilità altrui fin dagli esordi, ma anche alimentare il proprio mito generandone una superfetazione in salsa emiliana squallor-pop. Tutto sommato, Wanna sarebbe un personaggio straordinariamente amabile - così tragicamente sfrontata, così desiderosa di riconoscimento e di fama, così disperata nel tentare di non soccombere al mondo e al tempo - se non mostrasse una deplorevole umanità con sua figlia. Un momento di commozione naturale che ci svela, nel confronto, quanto siano artefatti tutti gli altri suoi comportamenti.

A margine andrebbe poi notato come Wanna Marchi abbia trionfalmen-

te indossato per oltre trent’anni in modo deliberato i panni mediatici del guru, riuscendo a manipolare le sue vittime nel profondo, arrivando a spingerle a dilapidare patrimoni personali e famigliari, finanche a prostituirsi pur di consegnarle dei soldi. Se nel nostro Paese gli strumenti per tutelare le vittime non fossero stati soppressi - e mai più restaurati, anche con una lettura più contemporanea - probabilmente la condanna in via definitiva 9 anni e 6 mesi sarebbe stata esponenzialmente più alta. E, magari, sarebbe stata agita prima.

A fine visione, il pregio della docu-serie è non solo quello di aver coinvolto tutti i protagonisti della vicenda - compreso il Maestro do Nascimento (un tempo cameriere scalzo) scovato in Brasile - ma anche di aver creato con accordi dissonanti una narrazione affatto scontata, meticolosa e provocatoria, nella quale il materiale d’archivio si scontra con un’attitudine punk ai nostri desideri di rassicurazione. Il crash diventa quindi intrinseco alla visione e scorre parallelo all’idea che chiunque sbagli (soprattutto se consapevolmente) debba pentirsi. È evidente - come si esplicita nel corso delle puntate - che Wanna Marchi e sua figlia non abbiano minimamente provato rimorso alcuno, e che abbiano elaborato una contro-narrazione in cui loro sono abili giustiziere in grado di farla pagare a tutti gli idioti del mondo grazie alla straordinaria, genetica furbizia.

Dunque no, Wanna Manchi non si è pentita. No, Wanna Marchi non chiede scusa. Sì, Wanna Marchi è stata in carcere e ha scontato la sua pena, forse ha un tesoretto seminato chissà dove, non crede di avere sbagliato e continua a urlare nella sua testa quello che ripete sul piccolo schermo da trent’anni. È lei, e solo lei, ad avere ragione.

46 Brain Mag 2023
SERIE TV

MENCARELLI, LO SCRITTORE DI CONFINE CHE ASCOLTA I DEBOLI

L’autore sarà ospite a “Lucca in Mente” il 17 maggio

“Io credo che gli artisti, come certi matti, abbiano dentro di sé il seme di un ricordo lontanissimo, qualcosa avvenuto prima di tutte le storie. È la bellezza la scintilla di tutto. Io, ecco, credo che in certi uomini sia rimasto un ricordo, sgranato, finito nel subcosciente. Questi uomini guardano tutto per come va veramente, prima di quella cosa che è successa, e che ha cambiato tutto”. Scrive così Daniele Mencarelli nel fortunato Tutto chiede salvezza (Mondadori, 2020), che è recentemente diventato una serie di successo per Netflix. Il libro, prettamente autobiografico, ha come protagonista un Daniele ventenne, costretto ad una settimana di trattamento sanitario obbligatorio nel reparto psichiatrico. È un ragazzo spaventato alla sola idea di trascorrere il suo tempo in quel luogo, l’esperienza invece, sorprendentemente, gli regalerà nuovi amici, alle volte bizzarri, ma che lo aiuteranno ad affrontare una nuova vita. Il volume - vincitore del Premio Strega Giovani - viene seguito da “Sempre tornare” che racconta un Daniele

questa volta diciasettenne, alle prese con un viaggio on the road alternativo in compagnia di sconosciuti. Da qualche settimana, invece, è in libreria lo struggente “Fame d’aria”, che racconta un pezzo di esistenza condiviso - dall’epilogo inaspettato - fra un padre stremato e un figlio autistico.

Emergono limpidi - leggendo i libri di Mencarelli - i tratti distintivi della sua prosa: la romanità (l’autore infatti è nato nella Capitale nel 1974), la gioventù travagliata (dopo il suo trasferimento nel 1984 ad Ariccia inizia un lungo calvario fatto di droga, alcool, ospedali psichiatrici e lavori precari), l’interesse per i più deboli e la mediazione biografica. Partendo da ciò che bene conosce, Mencarelli è capace di emozionare, infilando la penna in un dolore profondo e sincero, trasformandolo fino a renderlo letteratura.

Daniele Mencarelli sarà ospite di “Lucca in Mente” il 17 maggio (ore 19:00, villa Bottini) per presentare il suo ultimo libro con la scrittrice Margherita Loy e la psichiatra Donatella Marazziti.

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IL RITRATTO
di Federica Apruzzi Daniele Mencarelli.

ANGELA TERZANI STAUDE “VI RACCONTO MIO MARITO”

C’è qualcosa di unico e di travolgente nel leggere la storia di Angela Terzani Staude ne “L’età dell’entusiasmo” (Longanesi, pp. 400). È una sorta di brezza prolungata, che si affaccia in ogni pagina - fin da quelle legate all’infanzia in Germania - e che scorta il lettore nella vita di uno dei più intelligenti, profondi, imprevedibili giornalisti italiani.

Tiziano Terzani nella sua vita è stato molte cose. Nato alla periferia di Firenze - a Monticelli per la precisione - nel 1938, cresce con la voglia di riscattarsi dalla povertà domestica: eccelle a scuola, diventa appena maggiorenne collaboratore per dei quotidiani locali, trova nello studio (alla Normale di Pisa, in giurisprudenza, dove frequenta persone come Giuliano Amato) il suo futuro. Si distingue per intelligenza e intraprendenza. Subito dopo la laurea approda all’Olivetti, ci resta cinque anni e poi si licenzia: lui sulle Lettera 22 ci vuole scrivere, mica le vuole vendere. E poi sognava di incontrare l’eredità di Adriano, ma ha trovato solo un posto fisso. Va a

studiare (cinese) grazie a una borsa di studio alla Columbia a NY, dunque torna in Italia sempre con la moglie Angela, che gli resta sempre accanto e che in questo struggente volume svela una realtà parallela a quella che gli appassionati seguaci dell’autore avranno appreso prima dai suoi rari articoli dell’epoca, dunque dai numerosi libri. L’amore nei confronti di Angela Staude è il baluardo della vita di Terzani, come emerge dai suoi scritti, ed è interessante la prospettiva della scrittrice che si mostra senza infingimenti fra le difficoltà e le tensioni, in periodi di immensa felicità e di profondo atterrimento.

A 33 anni Terzani diventa infatti giornalista professionista (a Il Giorno), nel curriculum vanta uno stage al New York Times e un anno di studio anche a Stanford. Quando nasce la prima figlia, nel 1971, decide che non è più tempo di tergiversare: deve togliere le gambe da sotto la scrivania, lui vuole viaggiare, conoscere quel mondo che gli sembra grande, troppo grande per restare un mistero. Lui, che ha stu -

48 Brain Mag 2023
L’INTERVISTA
La storia incredibile di Tiziano Terzani e di un amore durato una vita
di Flavia Piccinni

diato cinese e che vede in Oriente il suo futuro, non può più attendere. Deve vivere. Deve lasciarsi alle spalle l’Italia, l’Occidente e quel capitalismo che detesta. TT, come firma le sue lettere, inizia a cercare un impiego. Bussa alla porta di tutti i giornali d’Italia. Nessuno gli dà retta. Si mette in cammino fra le redazioni europee, fino a quando nel 1972 il Der Spiegel decide di offrirgli una possibilità: sarà il loro corrispondente dall’Oriente. E così, Tiziano, Angela e la loro prima figlia partono per Singapore. Resteranno in Oriente - per periodi più o meno lunghi - per i successivi trent’anni.

Terzani diventerà - negli anni cinesi e indiani e giapponesi, e poi di nuovo indiani - la voce di quello che accade nei paesi del Sol Levante. Prenderà parte a tutte le fasi cruciali della guerra in Vietnam (dalla cui esperienza nacque il suo primo libro: Pelle di leopardo, 1973), scriverà della presa del potere da parte dei comunisti, ma narrerà anche del dramma della politica in Russia e dei cambiamenti del Giappone. Conoscerà la storia in prima perso -

na. Non disdegnando ovviamente il rischio (come quando si infiltra fra i viet cong). Perché, per scrivere, Tiziano Terzani ha bisogno di vedere con i suoi occhi. Perché i fatti sono solo promesse di realtà. E per essere sinceri non è possibile fidarsi di nessuno. Perché, proprio come ci racconta sua moglie Angela in questo libro - che non è mera cronaca, ma storia biografica e orazione civilel’ambizione è quella di “essere gli occhi” dei lettori, sfidando “il potere perché non c’è altro modo di vivere”, incontrando e riflettendo sulle credenze e le filosofie orientali, diventando un simbolo internazionale fuori dal tempo e dalle mode. L’esempio unico di un italiano che ha cercato il mondo, l’ha conosciuto e se ne è fatto tramite. Come oggi riesce a fare, con una gioia delicata e inaspettata, il talento di sua moglie Angela Terzani Staude.

L’autrice sarà ospite per presentare il suo libro “L’età dell’entusiasmo” (Longanesi) il 18 maggio a Villa Bottini nel corso del Festival “Lucca in Mente”.

Si mette in cammino fra le redazioni europee, fino a quando nel 1972 il Der Spiegel decide di offrirgli una possibilità: sarà il loro corrispondente dall’Oriente. E così, Tiziano, Angela e la loro prima figlia partono per Singapore. Resteranno in Oriente - per periodi più o meno lunghi - per i successivi trent’anni.

49 Brain Mag 2023
L’INTERVISTA
Tiziano e Angela Terzani.

Intelligenza ovvero…?

Da qualche tempo ormai l’Intelligenza Artificiale è diventata tema di discussione anche tra i non addetti ai lavori. Al di là degli aspetti etici o di quelli tecnologici, il punto nodale del dibattito è sempre lo stesso: potrà mai l’Intelligenza Artificiale superare quella Naturale?

La questione non è di poco conto, non fosse altro perché, come prima cosa, richiede di chiarire cosa si intenda per intelligenza. Per la verità, non esiste una definizione univoca e condivisa. I filosofi preferiscono parlare di ragione, intelletto o razionalità, come della facoltà generale di comprendere la realtà e risolvere problemi, qualcosa dunque che accomuna tutti gli esseri viventi, dall’organismo più semplice all’essere umano. Per ogni essere vivente, infatti, la vita è un test di intelligenza. In questa prospettiva, secondo Popper, tanto l’ameba, organismo di una sola cellula, quanto Einstein usano la stessa strategia per risolvere un problema, per quanto ovviamente a livelli diversi. Entrambi procedono per congetture e confutazioni (trial and error), ma mentre per l’ameba compiere un errore significa soccombere, per Einstein significa poter confutare una teoria e fare quindi un passo in avanti. La differenza

sta nel fatto che l’essere umano non si identifica con la sua teoria, non è la sua teoria, ma al contrario la teoria è un oggetto che egli può consapevolmente esaminare e criticare. E imparare dagli errori, tanto che lo scienziato va in cerca dell’errore. È così che progredisce la conoscenza.

Per la psicologia, intelligenza significa apprendere termini nuovi, elaborare modelli astratti della realtà, comunicare concetti complessi, pianificare azioni e così via. In sintesi, imparare, ragionare, risolvere problemi. Una definizione operativa di intelligenza usata spesso in psicologia è quella di abilità cognitive generali. Posta in questi termini, l’intelligenza comincia ad assumere la veste di entità definibile e misurabile. Requisito indispensabile per poter studiare un qualsivoglia fenomeno con il rigore proprio del metodo scientifico e ottenere risultati attendibili.

Prima che il dibattito su Intelligenza Artificiale vs Naturale prendesse il sopravvento, l’intelletto umano si è chiesto per decadi e decadi se intelligenti si nasca o si diventi, insomma, l’intramontabile dilemma Nature vs Nurture. Ma di questo parleremo prossimamente.

50 Brain Mag 2023
TITOLI DI CODA
di Pietro Pietrini *Professore Ordinario, Scuola IMT Alti Studi Lucca

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