

LUCCA IN MENTE
Il Festival
della Fondazione
BRF Onlus
Libri fuori dal tempo e dalle mode

Giuseppe Quaranta
LA SINDROME DI RÆBENSON
Finalista al Premio Calvino 2023
Un esordio coinvolgente e perturbante tra Borges e Labatut
“L’enigma della sindrome di Ræbenson ci consente di avvicinare alcuni dei temi e dei concetti più inattingibili e misteriosi dell’esistenza: l’identità e i confini dell’io, la definizione di malattia mentale e quella di salute, il tema della morte e quello dell’invecchiamento, lo statuto della mente, della memoria e della realtà.
Ed è proprio in questa possibilità, offerta da Quaranta con una poderosa forza lirica e suggestiva, che risiede uno degli aspetti più straordinari del libro”.
Chiara D’Ippolito – L’Indice dei libri del mese
“Giuseppe Quaranta ha il merito di innestare la ‘vertigine’ metafisico-apocalittica di Sebald nel racconto preciso e concretissimo di complicate relazioni sentimentali, in un universo narrativo affollato di personaggi, e micronarrazioni”.
Filippo La Porta – Robinson La Repubblica
“Un viaggio iniziatico nel possibile parossismo di una degenerazione fisica e mentale. E la ricchezza - anche linguistica - del romanzo di Quaranta trova la sua limpida giustificazione in questo viaggio, che raffigura come in un minuzioso - soffocante - trattato, l’atroce senso delle cose inumane”.
Sergio Pent – TuttoLibri, La Stampa
“Un esordio colto, estetico, dal fascino novecentesco”.
Nadeesha Unyangoda - Internazionale
“In questo romanzo, ho trovato tutto ciò che cerco in un libro: una visione vasta sostenuta da una lingua ricca e “letteraria”, il coraggio temerario di affrontare argomenti complessi (e spesso ignorati da una buona parte degli scrittori), una trama solida ma non convenzionale, e una qualità altissima in tutto - dalla scelta dei singoli dettagli all’impianto complessivo”.
Paolo Zardi

L’alveare delle Idee di Lucca in Mente. Dove il confronto diventa stimolo e nutrimento
Sono entusiasta di condividere con voi l’entusiasmante avventura che ci attende quest’anno a Lucca in Mente, il nostro amato festival della mente e della creatività. In un mondo sempre più complesso e interconnesso, è fondamentale sottolineare l’importanza del confronto e dell’incontro, temi che saranno al centro della nostra edizione di quest’anno, intitolata “L’Alveare delle Idee”.
L’immagine dell’alveare evoca un’energia vitale, un movimento incessante di attività e di scambio. Proprio come le api che raccolgono il nettare dai fiori per produrre il dolce miele, noi umani abbiamo la straordinaria capacità di raccogliere idee, pensieri e conoscenze dai nostri incontri e confronti con gli altri. È in questo scambio continuo che la nostra mente trova nutrimento e crescita.
lante, popolata da menti creative e visionarie. Ma ciò che a mio avviso rende davvero speciale Lucca in Mente è la sua capacità di creare connessioni significative tra le persone. In un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla distanza sociale, il festival diventa un’oasi di autenticità e connessione umana.

Qui, le barriere tra individui vengono abbattute e le differenze vengono celebrate come fonte di arricchimento reciproco. Il confronto e l’incontro diventano così gli strumenti privilegiati per esplorare nuove prospettive, sfidare le nostre convinzioni e scoprire soluzioni innovative ai problemi che ci circondano.
Questo concetto di “alveare delle idee” riflette perfettamente lo spirito di Lucca in Mente. Durante il festival, avremo l’opportunità di immergerci in un’atmosfera vibrante e stimo-
Nell’incrocio delle nostre esperienze e delle nostre idee, troviamo la linfa vitale per la crescita personale e collettiva. Vi invito quindi a unirvi a noi in questo viaggio emozionante nel cuore dell’Alveare delle Idee. Siate pronti a lasciarvi ispirare, a condividere le vostre passioni e a scoprire il potenziale della mente umana.



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EDITORIALE
L’alveare delle idee di Lucca in Mente. dove il confronto diventa stimolo e nutrimento di Armando Piccinni
PRIMO PIANO
Torna il festival “Lucca in Mente” della Fondazione BRF Onlus di Redazione
Il mondo fiabesco e delicato della disegnatrice Ilaria Perversi di Chiara Andreotti
Brain
Anno V | N. 4/5 | Aprile/Maggio 2024
Testata registrata al n. 6/2019 del Tribunale di Lucca
Diffusione: www.fondazionebrf.org
Direttore responsabile: Armando Piccinni
Organo della Fondazione BRF Onlus via Berlinghieri, 15 55100 - Lucca

Marco Minniti ed Emanuele
Trevi ospiti di “Lucca in Mente” di Chiara Andreotti
L’INCHIESTA
Dentro l’occulto italiano di Carmine Gazzanni
Viaggio tra le bambine di oggi ossessionate dall’apparenza di Flavia Piccinni
L’INTERVISTA
Il futuro è UniCamillus: lezioni in inglese e sguardo al domani di Flavia Piccinni
FONDAZIONE BRF
Benessere mentale tra i banchi e nelle fragilità dei giovani di Chiara Andreotti
NEUROSCIENZE
Parkinson, così il trapianto di feci può migliorare i sintomi di Federico Malagrinò


Cibo di conforto: le donne ne soffrono di più di Luca Viegino
Esiste un gene che potrebbe proteggere dall’Alzheimer di Luca Viegino
Il numero perfetto di amici per essere nell’adolescenza di Chiara Moretti
Il pianeta famiglia in trasformazione legami più verticali di Federico Malagrinò
FILM
La Zona d’interesse: l’orrore a un muro di distanza di Chiara Andreotti
LIBRI
“Baumgartner” di Paul Auster, appena scomparso di Flavia Piccinni




TORNA IL FESTIVAL “LUCCA IN MENTE” DELLA FONDAZIONE BRF ONLUS
Giunge alla quarta edizione l’appuntamento allestito nel cuore della città di Lucca di Redazione

Lucca - Inizia con un grande nome la quarta edizione del Festival “Lucca in Mente”, il festival ideato e curato dalla Fondazione BRF Onlus con la direzione artistica della scrittrice Flavia Piccinni e del giornalista Carmine Gazzanni. Il primo nome in calendario è infatti Enrico Ruggeri, musicista e cantante, presentatore televisivo e scrittore. Il Festival, che si fregia del contributo del Comune di Lucca e della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, nonché del patrocinio della Provincia di Lucca, si terrà a Lucca dal 13 al 18 maggio 2024 nella splendida cornice di Villa Bottini, nel cuore della città toscana. “Abbiamo deciso di battezzare questa edizione - spiegano i direttori artistici, Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni - l’alveare delle idee perché ci piace pensare al festival come a un momento in cui prospettive e visioni si intrecciano per influenzarsi reciprocamente attraverso un approccio olistico. Esattamente come accade in un alveare. Il programma di questa quarta edizione è ricco di incontri stimolanti, che vanno dall’intelligenza artificiale all’ossessione per l’alimentazione dei nostri tempi, dalla perversione mediatica per la cronaca nera alla percezione di sé nell’epoca dei social network”.
L’evento di apertura sarà lunedì 13 maggio (ore 18:30) un’intervista esclusiva con Enrico Ruggeri, che discuterà del suo ultimo libro “40 vite senza fermarmi mai” (La Nave di Teseo), esplorando le complessità di una carriera tra musica, televisione e letteratura. Moderato da Flavia Piccinni, l’appuntamento illuminerà le molteplici facce di un artista poliedrico.
Seguirà il 14 maggio dalle ore 17:00 una sessione di incontri sul rapporto sempre più complesso fra essere umano e tecnologia, che coinvolgeranno docenti universitari come il fisiologo Ugo Faraguna dell’Università di Pisa, il bio-ingegnere Calogero Oddo della
L’evento di apertura sarà lunedì 13 maggio (ore 18:30) un’intervista esclusiva con Enrico Ruggeri, che discuterà del suo ultimo libro “40 vite senza fermarmi mai” (La Nave di Teseo), esplorando le complessità di una carriera tra musica, televisione e letteratura.
Scuola Sant’Anna e Marilù Chiofalo, fisica, dell’Università di Pisa.
Mercoledì 15 maggio sarà il turno di Folco Terzani, scrittore e viaggiatore, che porterà gli ospiti in un viaggio esplorativo nell’incontro “Mete Esistenziali: da Tiziano Terzani a Baba Cesare” (ore 18:00). Seguirà il dialogo fra Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di REPORT (Rai3), con il giornalista Carmine Gazzanni.
Giovedì 16 maggio lo scrittore lucchese Andrea Bocconi, psicoterapeuta e docente, parlerà di viaggi che trascendono i semplici spostamenti geografici in “Viaggiare e non partire” con Simonetta Giurlani Pardini (ore 17:30). Il pomeriggio proseguirà esplorando i segreti dell’Italia dell’occulto (ore 18:30) con la partecipazione dell’On. Stefania Ascari e dell’On. Francesco Michelotti, nonché con la presenza di Sergio Pietracito (presidente Vittime del Forteto) e di Francesco Brunori (vicepresidente Associazione Vittime Sette Italiane). A concludere la giornata l’incontro con la vincitrice di Masterchef 13 Eleonora Riso, che vedrà anche la partecipazione di Caterina Rocchi, fondatrice e direttrice della “Lucca Manga School”.
Venerdì 17 maggio due gli incontri in programma. Il primo sarà un viaggio fra filosofia e psichiatria, con due esper-
ti della materia. “Da Socrate a Freud. Come prendersi cura di se stessi grazie ai classici” (ore 18:30) vedrà infatti l’incontro con Cristina dell’Acqua, grecista, e Mauro Mauri, psichiatra. Seguirà la presentazione del libro “La reputazione” (Ponte alle Grazie, 2024) della filosofa Ilaria Gaspari con Ilide Carmignani, traduttrice e scrittrice.
Il Festival “Lucca in Mente” si concluderà poi sabato 18 maggio, quando sono previsti tre appuntamenti. Il primo sarà la premiazione della quarta edizione del concorso Fondazione BRF Onlus rivolto alle scuole e organizzato in collaborazione con il Provveditorato agli Studi di Lucca e Massa Carrara, che ha visto una massiccia partecipazione da parte di tutta la Regione Toscana. Seguirà (alle 18:00) l’incontro con Antonino Tamburello, psichiatra e psicoterapeuta, molto seguito sui social network che parlerà d’amore e di sesso partendo dal suo ultimo libro “L’Amore nasce eterno” di Antonino Tamburello (Mondadori, 2023). Ultimo incontro quello con il conduttore de “Le Iene” Antonino Monteleone, che ha dedicato il suo ultimo libro “Verità, dubbi e misteri sulla strage di Erba” (Piemme, 2023) alla strage di Erba di cui si occupa da quasi dieci anni.
Per informazioni e prenotazioni: www.luccainmente.it.


IL MONDO FIABESCO E DELICATO DELLA DISEGNATRICE
ILARIA PERVERSI
L’artista parteciperà a “Lucca in Mente”. Ha già prestato le sue creazioni per la campagna #Parliamone della Fondazione BRF
di Chiara AndreottiUna delle ospiti di Lucca in Mente sarà Ilaria Perversi, che già aveva partecipato alla campagna promossa dalla Fondazione BRF Onlus e battezzata #Parliamone che da anni unisce fumettisti, grafici e illustratori per combattere lo stigma che ancora pesa sulla salute mentale. Il tratto delicato e i colori sfumati di Ilaria Perversi raccontano un mondo fiabesco, che richiama quello in cui è cresciuta. “Ho la fortuna di essere circondata da albi illustrati e libri per ragazzi. Mi ricordo di pomeriggi interi passati sdraiata sui libri giganti di Tony Wolf pieni di gnomi e giocattoli, di estati intere a leggere Harry Potter e Una serie di sfortunati eventi” ci racconta Ilaria. “Dopo il liceo ho studiato Digital Animation in una scuola di cinema, quel mondo lì non
l’ho mai abbandonato e passare alla carta stampata è stato un processo molto naturale, avvenuto al momento giusto, quando mi sono concessa di tornare a disegnare”
Come nasce il tuo processo creativo?
Tendo a pensare per immagini, quindi quando inizio un nuovo progetto inevitabilmente lo visualizzo prima nella testa. Parto spesso da un’idea molto nitida e quando passo alla lavorazione vera e propria raramente mi ci discosto completamente. Ti ritrovi mai ad avere un’idea che non riesci a realizzare come vorresti? Come reagisci?
Un tempo mi capitava più spesso, devo dire che l’esperienza ha aiutato a ridurre questi momenti. Quando capita, dopo il primo momento di sconforto, cerco di non farne un dramma

Illustrazione di Ilaria Perversi.
e di lasciarmi sorprendere dalla nuova soluzione che ho trovato: non è detto che alla fine non sia migliore rispetto a quella pensata per prima!
Qual è il tuo rapporto con i social?
Passo molto tempo sui social, sia per promuovere il mio lavoro, sia per condividere alcuni aspetti della mia vita e cause che mi stanno a cuore. Cerco di ripetermi spesso che “finché mi va, va bene”. La mia presenza sui social è molto libera e spontanea e faccio di tutto perché rimanga così, dovesse diventare un obbligo non sarebbe più un gioco che mi va di giocare.
Senti mai il bisogno di staccare?
Certo! E quando il bisogno arriva lo assecondo, senza remore.
In che modo in generale tuteli la tua salute mentale?
Facendomi il regalo più bello del mondo: andando in terapia. Chiacchiero con una psicoterapeuta da tre anni e la mia vita è cambiata drastica-
mente (in meglio!).
Come si riflette il tuo stato psicologico sul tuo lavoro?
Tantissimo. Se sono triste, sopraffatta o di cattivo umore fatico molto a lavorare. Essendo una libera professionista, prendermi cura di me e fare in modo di essere in un buon stato mentale equivale a rendermi più produttiva. Sembra paradossale, ma una grossa parte del mio lavoro è rendermi felice.
Quali sono i tuoi progetti futuri e cosa ti auguri per te e per il pianeta?
L’anno prossimo uscirà “Vietato sputare fuoco”, il mio primo albo da autrice completa scritto e illustrato da me. Spero nel futuro di poter continuare a lavorare alle mie storie, in un pianeta non più in emergenza climatica.
L’appuntamento con Ilaria Perversi e Folco Terzani si terrà mercoledì 17 maggio alle 17:30 a Villa Bottini, nel cuore di Lucca.
Se sono triste, sopraffatta o di cattivo umore fatico molto a lavorare. Essendo una libera professionista, prendermi cura di me e fare in modo di essere in un buon stato mentale equivale a rendermi più produttiva.
MARCO MINNITI ED EMANUELE
TREVI OSPITI DI “LUCCA IN MENTE”
Anteprima del Festival organizzato dalla Fondazione BRF
Èin arrivo la quarta edizione del festival culturale e scientifico “Lucca in Mente” che la Fondazione BRF ONLUS organizza ogni anno con il sostegno del Comune di Lucca e della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca: il calendario si preannuncia ricco di incontri e personalità che nel mese di maggio offriranno spunti di riflessione e di approfondimento riguardo le delicate tematiche del benessere psicofisico. Quest’anno, una novità che ha piacevolmente sorpreso la cittadinanza, il festival ha proposto in anticipo rispetto al calendario ufficiale, due anteprime di alto valore culturale e sociale. Giovedì 11 aprile presso la Biblioteca Civica Agorà lo scrittore Emanuele Trevi, vincitore del Premio Strega 2021, ha presentato il suo ultimo romanzo “La Casa del Mago” (Ponte alle Grazie).
Attraverso il suo sguardo di figlio e scrittore Trevi ha condotto il pubblico in un viaggio intimo e profondo, nell’analisi del rapporto padre-figlio: un padre psicoanalista, una casa con qualche mistero e una vita tutta da scoprire. L’ottima partecipazione del pubblico sono stati un riflesso del bisogno e l’interesse di
affrontare tematiche legate alla sfera familiare con un approccio personale. Sabato 20 aprile la Fondazione BRF ONLUS ha proposto un seminario dedicato al tema del terrorismo e delle psicopatologie ad esso correlate.
L’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti, intervistato da Carmine Gazzanni, ha presentato la sua visione riguardo strategie di prevenzione del terrorismo. Successivamente, una tavola rotonda ha visto la partecipazione di illustri esperti, tra cui il Prof. Piccinni, presidente della Fondazione BRF ONLUS, il Prof. Brunelli, direttore di un Master sul terrorismo dell’Università di Bergamo e il Colonnello Storoni dell’Arma dei Carabinieri.

L’incontro ha suscitato interesse e partecipazione per un tema di grande importanza, regalando una riflessione interdisciplinare sui fenomeni sociali complessi che in questi anni stanno tristemente caratterizzando la nostra epoca.
La risposta del pubblico a questi eventi sottolinea la grande necessità di discutere di salute mentale e confermano il festival “Lucca in Mente” come un punto di riferimento nel panorama culturale della città di Lucca.


DENTRO L’OCCULTO ITALIANO
Viaggio fra organizzazioni settarie e manipolazione mentale nel nostro Paese
di Carmine Gazzanni

Esiste un’Italia dell’Occulto. È un’Italia invisibile, che si muove fra abusi sessuali ed economici, si nutre di manipolazione mentale e nella segretezza prospera. Si tratta di un’Italia che - secondo una stima - tocca fra vittime e famigliari più di quattro milioni di nostri connazionali, e balza alle cronache soltanto quando una denuncia scuote gli animi o - come nel tragico caso di Atlavilla Milicia, dove hanno perso la vita una giovane donna e i suoi due figli - il sangue macchia il silenzio.
«Appena Giovanni Barreca ha confessato di aver ucciso per liberare dai demoni i suoi famigliari, l’opinione pubblica è inorridita. Questo caso purtroppo è la dimostrazione plastica di quanto avviene quando si è irretiti da una deriva settaria, fortemente ideologizzata. La scelta di rintanarsi in casa, con la coppia diabolica formata da Sabrina Fina e Massimo Carandente, definitisi Fratelli di Dio, ha portato ad alimentare il delirio religioso e portarlo dall’idea all’atto. Questa dinamica è il fulcro dello sviluppo dell’adesione radicale all’ideologia settaria, che porta l’individuo a non avere una propria visione critica, men che meno a ribellarsi anche quando questa diventa deleteria per la sua vita», spiega la dott. ssa Lorita Tinelli, psicologa esperta del fenomeno nonché presidente del Centro Studi Abusi Psicologici (Cesap).
Il caso siciliano ha portato all’attenzione mediatica il fenomeno settario, rivelando l’abulia legislativa del nostro Paese e il proliferare di situazioni allarmanti.
Sono emerse figure come il santone Roberto Amatulli, parrucchiere che dopo la pandemia ha comin -
Esiste un’Italia dell’Occulto. È un’Italia invisibile, che si muove fra abusi sessuali ed economici, si nutre di manipolazione mentale e nella segretezza prospera. Si tratta di un’Italia che - secondo una stima - tocca fra vittime e famigliari più di quattro milioni di nostri connazionali.
ciato a definirsi “Ministro di Cristo Gesù ripieno dello Spirito Santo”, e oggi prospera fra prediche online e battesimi in piscine gonfiabili. Ma ci si è anche interrogati con maggiore forza su luoghi-simbolo di comunità chiaroscurali.
Emblematico il caso di Damanhur, in Piemonte, i cui abitanti si battezzano con nome di animale e cognome di pianta, hanno una loro lingua e una loro moneta, governano la politica locale e prosperano grazie alle visite al Tempio dell’Umanità: un complesso sotterraneo di 8500 metri quadrati scavato illegalmente nella montagna fino a 72 metri sotto terra, con tanto di ascensori e pavimenti riscaldati, condonato nel 1997 e dedicato a un panteon di divinità, che vanno da Horus a Falco Tarassaco (il fondatore adesso scomparso, al secolo Oberto Airaudi).
Interessante che il caso dell’Arca di Gallinaro, enorme edificio a forma di barca eretto nella prima periferia di questo paesone del frusinate da poco più di mille abitanti. Le fondamenta sorgono poco distante da dove a Giuseppina Norcia, nel 1947, per la prima volta apparve Gesù; nel 2008 alla morte della donna, che aveva raccolto migliaia di fedeli intorno a sé nel corso della sua vita, la guida della comunità è stata presa dal genero Samuele Morcia, autoproclamatosi profeta e capo della Chiesa Cristiana Universale della Nuova Gerusalemme. L’uomo e i suoi fedeli sono stati scomunicati da Papa Francesco nel 2016 per scisma.
Forse il caso più scandaloso però resta quello del Forteto, comunità fondata negli anni ‘70 in Mugello da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, che si presentava come un progetto alternativo di vita
comune, ispirato a ideali di autosufficienza e solidarietà, e che in realtà nascondeva sfruttamento, abusi economici e sessuali, perpetuati soprattutto a danni di minori indebitamente affidati. «Il Senato la settimana scorsa ha approvato la Commissione d’inchiesta sul caso, ma la strada per comprendere la vicenda pare ancora lunga. Fieso -

li è stato condannato per gli abusi sessuali sui ragazzi affidati alla comunità», commenta Sergio Pietracito, presidente dell’Associazione Vittime del Forteto, «ma adesso ci aspettiamo che emergano le verità e responsabilità politiche ed istituzionali, e che si ponga rimedio all’ingiustizia nei confronti di molte vittime che a tutt’oggi non han -

no avuto nessun tipo di riconoscimento. L’esperimento del Forteto è stato finanziato sin dalla nascita, e la cooperativa è riuscita a diventare leader di mercato solo grazie ai soci-lavoratori, impiegati 365 giorni l’anno, senza stipendio e con routine totalizzanti a base di abusi».
Cercare di fare una sintesi del variegato universo settario è decisamente complesso. Per quanto le trame possano a primo avviso trovare radici comuni nell’approccio alle vittime, gli sviluppi sono deviati ed atroci a proprio modo. «La verità è che oggi le organizzazioni settarie proliferano a causa di una zona grigia entro cui si muovono», commenta l’avv. Marco Marzari, autore con Tinelli di “7. Sette e manipolazioni mentali” (Piemme).
Zone oscure come quelle in cui ha trovato spazio Matteo Valdambrini, soprannominato il “Diavolo di Montemurlo” dal piccolo paese in provincia di Prato dove è cresciuto, e dove aveva creato una setta di giovanissimi che ammaliava con discorsi esoterici e illusioni inquietanti (rivelatisi poi giochi di magia).
Arrestato nel 2000, Valdambrini è stato condannato a quasi 11 anni per riduzione in schiavitù, violenza sessuale e pedopornografia.
Non si fingeva il demonio, ma ha compiuto secondo le vittime cose forse più atroci, Gianni Maria Guidi, erborista lombardo deceduto l’anno scorso, che viene identificato come il guru al centro delle Bestioline di Novara (per i nomignoli che usavano gli adepti.) Secondo le denunce, e quanto emerge dal processo adesso in corso, le vittime venivano coinvolte in riti e giochi sessuali di inimmaginabile violenza, che arrivavano a comprendere atti di pedofilia e zoofilia. Guidi negli anni aveva costruito un
Emblematico il caso di Damanhur, in Piemonte, i cui abitanti si battezzano con nome di animale e cognome di pianta, hanno una loro lingua e una loro moneta, governano la politica locale e prosperano grazie alle visite al Tempio dell’Umanità.
Forse il caso più scandaloso però resta quello del Forteto, comunità fondata negli anni ’70 in Mugello da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, che si presentava come un progetto alternativo di vita comune, ispirato a ideali di autosufficienza e solidarietà, e che in realtà nascondeva sfruttamento, abusi economici e sessuali, perpetuati soprattutto a danni di minori indebitamente affidati.
piccolo impero fatto di erboristerie, negozi (alcuni dei quali ancora aperti a Milano) e centro di psicologia. «Ha distrutto le nostre vite, e adesso il rischio è che i suoi sodali, la passino liscia», si sfoga una delle vittime. «Spero solo che denunciare sia servito a qualcosa. Perché ogni volta che torno con il pensiero a quegli anni, il dolore mi invade di nuovo».
Simile il timore di molte altre vittime, che spesso trovano un muro di gomma di fronte a loro. Una risposta pare però finalmente arrivare dalla politica. In prima linea l’on. Alfredo Antoniozzi di Fratelli d’Italia: «Ho deciso di presentare un ddl sulla manipolazione psicologica e sul fenomeno delle sette dopo i fatti di Altavilla, ma già la vicenda del Forteto, denunciata coraggiosamente da Donzelli quando era consigliere regionale della Toscana, mi aveva spinto ad intervenire. Il ddl prevede pene dure e guarda a un mondo che non ha nulla a che vedere con i principi sacri della libertà di espressione che la nostra Costituzione tutela. Si tratta di santoni e maghi, veggenti e fanatici che la stragrande maggioranza delle volte traggono profitto economico dal plagio compiuto nei confronti di tante persone». Si tratterebbe di una svolta epocale, che metterebbe finalmente fine al vuoto normativo decennale. «Fino al 1981 esisteva il reato di plagio, ma è stato dichiarato incostituzionale perché, a ragione, ritenuto troppo arbitrario. Oggi, però, ci sarebbero gli strumenti per individuare e identificare la manipolazione ed è così necessario aggiornare la normativa. Avremmo bisogno di un’associazione a delinquere di tipo settario. Chi entra magari in giovanissima età o addirittura da
bambino in un’organizzazione del genere e ci resta 15, 20, 25 anni ha un danno permanente, e merita di essere tutelato», puntualizza l’avv. Marzari. Fondamentali sul punto le richieste avanzate dalla deputata M5S Stefania Ascari, che già nella scorsa legislatura era stata attiva sul tema: «L’ultimo rapporto del Ministero dell’Interno deputato a mappare il fenomeno risale al 1998. Da quasi 26 anni noi non abbiamo dati ufficiali. E così non solo non conosciamo cosa accade nel nostro Paese, ma non siamo in grado di realizzare politiche dedicate. Si crede erroneamente che questo argomento tocchi la sfera della libertà di culto, ma in realtà le derive settarie intanto non c’entrano nulla con la religione, sono legate imprescindibilmente al compimento di abusi e di manipolazioni psichiche. Ed è per questo che vanno conosciute e contrastate». Da notare poi come l’Italia sia uno dei pochi Paesi Europei incapace di tutelare sul punto i suoi cittadini. Lo spiega bene Luigi Corvaglia, psichiatra e membro della prestigiosa “Federazione Europea dei Centri di Ricerca e di Informazione sulle Sette e i Culti” (Fecris): «Se una legge in Francia, Belgio, Spagna e Svezia esiste, l’Italia, ad oggi, non ha mai risposto alle richieste Europee. La Francia dispone di una normativa incentrata su quello che viene definito “abuso di debolezza”, rispetto alla quale è stata ricalcata la legge belga. In Germania, dove Scientology è stata definita incompatibile con la costituzione, è obbligatorio per i cittadini firmare di non aver partecipato ad alcuna attività legata a quella organizzazione per accedere a molti lavori. I tempi sono maturi». Speriamo dunque che qualcosa accada.
Il podcast “Nella Setta”
Un viaggio, esclusivo e inedito, nel cuore dell’occulto italiano, come mai è stato fatto finora. Un podcast che si nutre di informazioni inaccessibili e testimonianze dirette di vittime ed adepti, ricostruisce e mappa l’occulto italiano degli ultimi anni. Questo è “Nella Setta” (Fandango Podcast), da dicembre disponibile su tutte le piattaforme gratuitamente, firmato dalla scrittrice Flavia Piccinni e dal giornalista Carmine Gazzanni e prodotto da Fandango Podcast.
Il podcast nasce sulla scia del successo del saggio “Nella Setta” (Fandango), firmato dai due autori e vincitore di numerosi premi fra cui il Premio Piersanti Mattarella e il Premio Europeo di giornalismo giudiziario e investigativo, nonché centrale per l’elaborazione di due proposte di legge sul fenomeno. «Cinque milioni di italiani ogni mattina si alzano, e hanno un segreto: sono membri di un’organizzazione settaria o silenziosi adepti di cartomanti, invisibili guru e fantomatiche associazioni.
Le organizzazioni settarie nel nostro Paese, complice un assordante vuoto normativo, prosperano. Ed è per questo che, dal Piemonte alla Sicilia, abbiamo deciso di tornare ad occuparci del fenomeno», spiegano i due autori. La prima puntata è dedicata a Matteo Valdambrini, definito il diavolo di Montemurlo, il giovane della provincia toscana che fingendosi il diavolo soggiogò decine di giovani obbligandoli a subire atti sessuali, violenze fisiche e psicologiche. Ma tra le altre storie che verran -

no narrate – sempre con il supporto della viva voce non solo di esperti, ma anche di chi ha vissuto all’interno di comunità e raggruppamenti – ci sarà Damanhur, vera e propria città-stato alle porte di Torino; quella che è passata agli onori della cronaca alcuni anni fa come la “setta dei macrobiotici”; ancora Il Forteto, comunità nel Mugello di cui tanto si è parlato ma sulla quale per la prima volta spunteranno dettagli inquietanti mai raccontati e che aiuteranno a riscrivere la storia del “Profeta” Rodolfo Fiesoli; senza dimenticare, ancora, le “Bestioline di Novara”, terribile setta che per trent’anni ha caratterizzato il Nord all’insaputa di tutti, e che solo ora sta emergendo grazie ad un processo in corso.
Il podcast sarà disponibile gratuitamente da venerdì 15 su tutte le principali piattaforme di ascolto. Si tratta di una produzione Fandango Podcast con Sibilla, con la cura di Vins Gallico e la redazione di Andrea Cardoni.
VIAGGIO TRA LE BAMBINE DI OGGI OSSESSIONATE DALL’APPARENZA
Sono le Sephora kids. Hanno un bisogno compulsivo di utilizzare tricchi e cosmetici per ritoccare il proprio aspetto
di Flavia Piccinni“Ho appena comprato un rossetto, un’acqua micellare, un tonico e una crema idratante”. Spiega così Arianna, mentre tira fuori dal suo iconico sacchetto a righe le confezioni oggetto del desiderio. Peccato che Arianna di anni ne abbia nove, e che non abbia bisogno di niente di quello che la madre le ha regalato.
La sua storia è quella di altre migliaia di preadolescenti in tutto il mondo che si truccano con il benestare di mammà, inondano le ciglia di mascara, inumidendo le labbra con lip oil vermigli e smaltando le unghie con colori sensuali. Bambine che si comportano come lolite, sostenute dai genitori e da un mercato in ossessiva bulimia di nuovi compratori. Suo malgrado, Arianna è l’ennesima esponen-
te di un fenomeno laconicamente battezzato come delle “Sephora Kids”: piccole di otto, nove, dieci anni che prendono d’assalto le profumerie - a cominciare dalla nota catena francese, che vanta 2600 negozi in 36 Paesi nel mondo, a cui devono l’appellativo - e fanno incetta di prodotti del tutto inadeguati per le loro giovani pelli (creme idratanti, fondotinta, correttori), arrivando a spendere cifre esorbitanti. Il tutto ovviamente a favore di smartphone, come poi viene puntualmente riportato su Instagram e ancora di più TikTok dove l’hashtag #sephorakids impazza dall’inizio dell’anno. Il fenomeno è naturalmente importato dagli Stati Uniti: qui frotte di bambine si filmano mentre vanno alla scoperta di marchi cosmetici a prezzi accessibilicome Drunk Elephant, The Odinary e Byoma -, prima prendendo d’assalto

gli espositori cosmetici delle profumerie, dunque utilizzandoli a casa. Per gioco, ma anche no. Fra queste preadolescenti battezzate come tweensche hanno fra gli 8 e i 13 anni - si rivela gettonatissima la skincare multistep, ispirata alla K-beauty che ha creato il mito della glass skin e ha già creato decine di irritazioni, allergie e dermatiti a causa dell’inadeguatezza dei prodotti: le giovanissime infatti usano articoli non pensati per pelli così delicate e giovani, e le molteplici conseguenze sono oggetto di altrettanti post sui social.
Se pensate però che questo sia un fuoco di paglia, sbagliate. I dati mostrano che le conseguenze per il mercato del futuro saranno molteplici: la piattaforma di global data e business intelligence Statista ha infatti previsto un +7,71% annuo nel mercato della
cura della pelle per neonati e bambini, per un giro d’affari che nel 2028 raggiungerà 380 milioni di dollari in tutto il mondo. Nel nostro Paese il business supererà i 9 milioni di euro nel 2024 e, sempre secondo le statistiche, il numero di consumatori italiani raggiungerà gli 8,6 milioni entro il 2029.
Di fronte a un giro d’affari del genere, sembra chiaro che saranno poche le catene a vietare - come anticipato da alcuni colossi - la vendita dei prodotti a minori di 15 anni. Un po’ come fa in Svezia la principale catena di farmacie del paese, Apotek Hjärtat. Di certo l’age anxiety - ovvero la paura di invecchiare, che genera l’acquisto bulimico di prodotti anti-age - va di pari passo con la stimolazione, attraverso i social, della cosiddetta FOMO ovvero la fear of missing out, il terrore di rimanere esclusi dal trend del momento. Ed è
Il fenomeno è naturalmente importato dagli Stati
Uniti: qui frotte di bambine si filmano mentre vanno alla scoperta di marchi cosmetici a prezzi accessibili - come Drunk Elephant, The Odinary e Byoma -, prima prendendo d’assalto gli espositori cosmetici delle profumerie, dunque utilizzandoli a casa.
I dati mostrano che le conseguenze per il mercato del futuro saranno molteplici: la piattaforma di global data e business intelligence Statista ha infatti previsto un +7,71% annuo nel mercato della cura della pelle per neonati e bambini, per un giro d’affari che nel 2028 raggiungerà 380 milioni di dollari in tutto il mondo.
così che fra confezioni accattivantispesso dedicate a personaggi di film e serie Tv - si incentiva l’acquisto di chi, fino a soli pochi mesi fa, mai avrebbe immaginato di stendere qualcosa sulla sua giovane pelle.
Quella delle sephora kids - per quanto si riveli dal punto di vista prettamente commerciale un’intuizione pubblicitaria fenomenale - è ovviamente la punta di un iceberg che negli anni ha trovato il modo di insinuarsi nell’esistenza delle giovani di oggi, plasmate nei desideri e nelle ambizioni, con sempre maggiore insistenza e talento, da una società che tende a bruciare i tempi, annullando l’infanzia a favore di un’età infinita da consumatori. In questo quadro di adultizzazione precoce si incistano dei fenomeni di cui da anni scrivo, e che rivelano i processi di sessualizzazione - più o meno mascherati - di cui sono oggetto da decenni le bambine. Da sempre infatti l’Italia è al primo posto nella moda bimbo, settore che per il nostro Paese vale - secondo i dati del Centro Studi di Confindustria Moda in riferimento al 2023 - circa 3,17 miliardi di euro. L’evento cruciale a livello globale è Pitti Bimbo, che si tiene due volte l’anno a Firenze, ed è la vetrina internazionale dei brand e delle novità destinate ai più piccoli. Qui sfilano in passerella - non senza disagi, che vanno da costrizioni corporee a manipolazioni estetiche - bimbe spesso piccolissime truccate da adulte, invitate ad avere movenze che poco hanno di infantile e molto di sensuale. Per quanto negli anni si sia cercato di porre un freno al fenomeno attraverso denunce e proposte di legge, volte a tutelare l’infanzia e lo sfruttamento dei più piccoli, al momento la situazione prolifera senza controlli. E così le giovani mannequin sottopagate - non di rado costrette a saltare giorni di scuola, e a perdere ore di divertimento - diventano protagoniste di shooting fotografici che le rendono contemporaneamente vittime e carne-
fici. Vittime di un sistema che ne esalta caratteristiche che niente hanno a che fare con l’età che vivono. Carnefici per le fruitrici - prevalentemente mamme, e altre bambine - che da quelle loro immagini elaboreranno la loro idea di canone e di bellezza.
Ma non è tutto. Meno istituzionali, ma decisamente altrettanto allarmanti, sono gli appuntamenti che con l’arrivo della bella stagione si moltiplicheranno lungo il Belpaese: i concorsi di bellezza. A cominciare da “Il bambino più bello d’Italia” che con casting regionali incorona le creature più belle del nostro Stivale, che poi si sfideranno nella finalissima italiana e potranno accedere alla fantasmagorica competizione che premierà il “bambino più bello del mondo” (il cui regolamento di gara non è ancora noto). Per partecipare è sufficiente possedere fra gli 0 e i 12 anni, e “avere la piena e incondizionata disponibilità della propria immagine”. La competizione promette “di poter dare notorietà a tutti i vincitori con Web Card e servizi esclusivi divulgati dalle migliori riviste, piattaforme Web, Social, emittenti televisive e radiofoniche” e garantisce che “i vincitori del primo posto delle varie categorie d’età si divideranno un montepremi di 500€ in contratti di lavoro; per motivi fiscali, contrattuali e burocratici, le quote del montepremi saranno elargite ai vincitori, sotto forma di contratti di lavoro, al lordo della ritenuta fiscale del 20%”. Non soldi o contratti, ma beni alimentari e applausi sono invece messi in palio da “Miss e Mister Baby” che dal 2002 porta fra centri commerciali e sagre - prevalentemente fra Campania, Puglia e Sicilia - le sue sfilate. L’anno scorso a presiedere la giuria di qualità della finale c’era Mercedesz Henger. Figlia di Eva Henger, e divenuta nota per essere stata partecipante de L’isola dei famosi.



IL FUTURO È UNICAMILLUS: LEZIONI IN INGLESE E SGUARDO AL DOMANI
Qui un’offerta didattica di rilievo e studenti da tutto il mondo. Intervista al rettore Gianni Profita
di Flavia Piccinni
Uno studio luminoso, da cui si intravede il profilo della Capitale, nel cuore dell’Università che ha creato e a cui dedica tutte le sue energie. Incontriamo proprio a Unicamillus Gianni Profita, presidente e amministratore delegato della Fondazione Progetto Salute e Rettore della Saint Camillus International University of Health Sciences. Profita - un uomo elegante, i capelli scuri e la montatura squadrata - nella sua vita è stato molte cose: ha amministrato varie cliniche e strutture sanitarie, è stato direttore generale della Società Italiana Autori ed Editori e ancor prima direttore generale del Cinema Italiano del Ministero dei Beni Culturali. Ha fondato società, diretto collane di studi e di ricerca,
insegnato all’Università. E adesso è la mente che anima una delle realtà universitarie in maggiore ascesa del nostro Paese.
Come si manifesta l’internazionalità di UniCamillus e quali opportunità offre agli studenti in particolare provenienti da Paesi in Via di Sviluppo?
UniCamillus nasce ispirandosi alla figura di Camillo De Lellis, che già cinque secoli fa codificò l’assistenza ospedaliera del paziente, inteso come persona umana portatrice di una propria sensibilità, a prescindere da chi fosse e quali origini avesse. È stato quindi naturale sviluppare la nostra attività accademica aprendo le porte a studenti provenienti da ogni parte del globo. Per questo buona parte dei nostri corsi sono in lingua inglese.

Ma più in generale, la nostra missione è quella di preparare medici e professionisti sanitari versatili, in grado di lavorare in contesti culturali eterogenei ovunque nel mondo, anche per rispondere alle molteplici esigenze differenti che sussistono soprattutto nelle aree più critiche e svantaggiate del pianeta. Anzi, è proprio ai giovani provenienti dai paesi meno fortunati che UniCamillus offre la possibilità di formarsi, anche nell’ottica di poter dare una risposta concreta alle problematiche presenti nei loro paesi, qualora decidessero di tornarci.
Quali prospettive di carriera hanno i laureati di UniCamillus e come si prepara l’università a supportarli nel loro percorso professionale?
I laureati di UniCamillus avranno sempre presenti nell’esercizio della loro professione i valori umanitari acquisiti durante il loro periodo di studi. La formazione ricevuta, basata su un approccio multidisciplinare e integrato dei diversi problemi della salute umana, permetterà loro di avere una marcia in più per farsi strada nei percorsi di carriera che sceglieranno di intraprendere. L’educazione orientata alla comunità, alle nuove sfide che il mondo pone su larga scala, alla promozione della cultura della salute, sia dal punto di vista scientifico, sia da quello umanistico, sono le caratteristiche principali che si riconoscono in chi si è laureato in UniCamillus. L’ateneo in questo senso sostiene i propri studenti non solo accogliendoli in un
UniCamillus nasce ispirandosi alla figura di Camillo De Lellis, che già cinque secoli fa codificò l’assistenza ospedaliera del paziente, inteso come persona umana portatrice di una propria sensibilità, a prescindere da chi fosse e quali origini avesse.
Profita nella sua vita è stato molte cose: ha amministrato varie cliniche e strutture sanitarie, è stato direttore generale della Società Italiana Autori ed Editori e ancor prima direttore generale del Cinema Italiano del Ministero dei Beni Culturali. Ha fondato società, diretto collane di studi e di ricerca, insegnato all’Università. E adesso è la mente che anima una delle realtà universitarie in maggiore ascesa del nostro Paese.
campus universitario nuovo, con aule e laboratori all’avanguardia, ma anche annoverando nel proprio corpo docenti la giusta commistione tra professori di navigata esperienza, specchio dell’eccellenza medica di cui è dotato il nostro paese, sia di personalità più giovani che apportano ciascuno il proprio bagaglio di novità, nuove visioni e approcci scientifici differenti alle attuali sfide che il mondo si trova ad affrontare. Inoltre, vi sono numerose istituzioni, organizzazioni e strutture di ricerca, in Italia e all’estero, con cui UniCamillus ha stretto convenzioni, accordi quadro e protocolli di intesa, per ampliare l’offerta formativa a disposizione dei propri iscritti.
Quali sono i piani già eseguiti per l’espansione della sede di UniCamillus a Roma e come questa influenzerà l’offerta formativa e le opportunità per gli studenti?
Dal 2018 a oggi il Campus di UniCamillus si è ampliato sempre di più ed attualmente è composto da un insieme di 5 edifici che compongono quasi un quartiere. Il Rettorato è stata la prima struttura, già esistente al momento dell’avvio delle attività del nostro Ateneo. Successivamente sono state realizzate UniCongress e UniLabs, che hanno aumentato i posti disponibili per le lezioni e aggiunto diversi laboratori con macchinari e strumentazioni di ultima generazione. Gli ultimi arrivati, inaugurati lo scorso autunno, sono invece UniHall, la più grande delle strutture di UniCamillus che ha messo a disposizione degli studenti quasi mille posti in più, suddivisi nelle varie nuove aule e diverse aule studio e spazi comuni, dove poter vivere al meglio l’esperienza universitaria e l’Auditorium. Quest’ultimo è un
po’ il nostro fiore all’occhiello al livello di rappresentanza accademica, con un aula magna da 285 posti, che all’occorrenza può essere adibita anche a teatro.
Unicamillus da fine dicembre è arrivata anche a Venezia… Si tratta di una nostra grande sfida per allargare ulteriormente gli orizzonti di UniCamillus. Grazie a noi infatti anche in Laguna ora si può studiare medicina. Si tratta di un evento comunque storico, visto che tra le eccellenze universitarie che il capoluogo veneto ha sempre offerto, non c’erano mai state anche le scienze mediche. La struttura presso cui si svolgono le lezioni del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia è l’IRCCS San Camillo

al Lido di Venezia. Si tratta di una struttura specializzata nella neuroriabilitazione motoria ed è uno dei 51 centri in Italia riconosciuto come istituto di eccellenza per le attività cliniche e per la ricerca in svariate discipline medico-scientifiche. La peculiarità di questo corso è che viene erogato in italiano, a differenza dell’omologo a Roma che è in inglese. Il programma di studi invece rimane immutato, così come la missione dell’Università, che anche a Venezia mira a formare medici con competenze multidisciplinari, versatili e di ampio respiro internazionale.
Ci sono nuovi progetti o corsi di studio in fase di sviluppo presso UniCamillus che possono risponde-

re alle esigenze del mercato del lavoro e delle sfide sanitarie globali?
Sono allo studio aperture di nuove sedi internazionali anche attraverso l’accordo con Università locali per le erogazione di doppie lauree ai fini di una maggiore circolazione dei professionisti della salute tra continenti diversi. Numerosi progetti sono poi in cantiere per quanto riguarda la ricerca, l’altro grande fiore all’occhiello dell’Università accanto alla didattica. Sotto questo profilo siamo veramente orgogliosi per l’importanza delle pubblicazioni che ad oggi i nostri ricercatori hanno realizzato in un contesto scientifico di altissimo livello.
In che modo UniCamillus sta integrando le nuove tecnologie nell’insegnamento e nella ricerca per migliorare l’esperienza di apprendimento degli studenti?
UniCamillus guarda sempre con particolare attenzione ai risvolti che l’evoluzione tecnologica sta portando nel campo medico-scientifico. L’idea però resta quella di mantenere una misura umana del rapporto tra operatori sanitari e pazienti; macchinari sofisticati e intelligenza artificiale restano strumenti che possono migliorare l’attività e la competenza del professionista, ma mai sostituirlo. Gli studenti di UniCamillus hanno comunque a disposizione apparecchiature d’avanguardia con cui fare pratica, sia nei laboratori, sia durante i tirocini formativi. Anche nell’ambito della ricerca, i professori e i ricercatori della nostra università in questi anni si sono saputi distinguere ottenendo diversi riconoscimenti. Nel 2023 sono stati una decina i progetti premiati in vari ambiti per la loro rilevanza e innovatività. Sette di essi sono persino rientrati tra i cosiddetti PRIN, i Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale.
I laureati di UniCamillus avranno sempre presenti nell’esercizio della loro professione i valori umanitari acquisiti durante il loro periodo di studi. La formazione ricevuta, basata su un approccio multidisciplinare e integrato dei diversi problemi della salute umana, permetterà loro di avere una marcia in più per farsi strada nei percorsi di carriera che sceglieranno di intraprendere.
BENESSERE MENTALE TRA I BANCHI E NELLE FRAGILITÀ DEI GIOVANI
Un progetto scolastico della Fondazione BRF Onlus
“Cos’è questo peso che sento sul petto? Perché non riesco a parlare in pubblico? Come mai trovo difficile guardarmi allo specchio?”. Queste sono solo alcune delle domande che sono emerse durante i corsi che la Fondazione BRF ONLUS ha tenuto a partire dal nuovo anno nelle scuole secondarie della piana di Lucca.
Il progetto “Informazione, prevenzione e salute mentale” sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca nell’ambito del progetto Welfare e dal Provveditorato agli studi di Lucca e Massa Carrara. L’idea era semplice ma necessaria: far capire agli studenti e agli insegnanti quanto sia importante prendersi cura della propria salute mentale e fornire loro gli strumenti pratici per farlo. Emozioni, ansia, attacchi di panico e disturbi dell’umore sono stati al centro delle discussioni per portare il focus su situazioni che probabilmente molti giovani hanno sperimentato ma non sanno come affrontare e che i docenti si trovano a dover gestire dall’esterno. L’entusiasmo e l’impegno manifestati durante gli incontri hanno confermato un interesse diffuso all’interno della comunità scolastica. Tutte le classi coinvolte hanno partecipato attivamente, creando un clima di fiducia e sostegno reciproco. I partecipanti si sono mostrati aperti nel condividere le proprie esperienze e preoccupazioni, allo stesso modo gli insegnanti hanno dimostrato un forte interesse nell’approfondire le tematiche legate alla sa-
lute mentale. Durante gli incontri, sono stati affrontati diversi argomenti cruciali per promuovere il benessere psicologico.
In primo luogo, si è posto l’accento sul riconoscimento e la comprensione delle emozioni, fornendo esempi pratici e discussioni approfondite per aumentare la consapevolezza emotiva degli studenti.
Si è parlato poi di ansia, gli attacchi di panico e la depressione, offrendo tutti strumenti per riconoscerli e affrontarli in modo positivo e proattivo.
È stato incoraggiante osservare un vivo scambio di esperienze e opinioni durante gli incontri, con molti partecipanti che hanno condiviso storie e donato sostegno reciproco.
Gli incontri sull’educazione alla salute mentale hanno garantito agli studenti e agli insegnanti uno spazio sicuro e inclusivo per esplorare tematiche spesso considerate tabù: attraverso presentazioni interattive, esercizi di gruppo e discussioni aperte, i partecipanti hanno acquisito conoscenze e competenze che si spera abbiano un impatto duraturo sul loro benessere psicologico. Portare all’interno delle aule scolastiche tematiche delicate ma fondamentali per la crescita di ogni individuo è stato un grande passo in avanti perché che tutti gli studenti possano avere gli strumenti per imparare a gestire le proprie emozioni correttamente: che si tratti di gioia, tristezza, ansia, sapere affrontare le proprie emozioni è essenziale per il proprio benessere.





PARKINSON, COSÌ IL TRAPIANTO DI FECI PUÒ MIGLIORARE I SINTOMI
Alla luce dello stretto legame tra batteri intestinali e la patologia neurodegenerativa ecco quanto emerso da un nuovo studio belga
di Federico Malagrinò
Un team di ricerca belga ha dimostrato che trapiantare le feci di persone sane nell’intestino di pazienti con Parkinson migliora i sintomi motori come tremori e rigidità. Lo studio evidenzia lo stretto legame tra la malattia neurodegenerativa e i batteri intestinali. Il trapianto potrebbe giovare a molte persone con la malattia neurodegenerativa. È quanto emerso da un nuovo studio che ha dimostrato lo strettissimo legame tra la diffusa patologia neurodegenerativa e la flora batterica intestinale. Ad esempio, una ricerca dell’Università dell’Alabama di Birmingham ha evidenziato che, nelle feci dei pazienti con Parkinson, sussistono significative differenze nella composizione dei batteri. Tra le famiglie divergenti figurano Lactobacillaceae, Bifidobacteriaceae, Christensenellaceae, Pasteurellaceae e altre. Un’altra indagine più recente ha invece trovato una correlazione con la presenza del batterio Desulfovibrio.
Secondo gli studiosi, la neurodegenerazione del Parkinson è provocata da grumi di una proteina mal ripiegata chiamata alfa-sinucleina.
In parole semplici, si pensa che questi aggregati si formino nella parete intestinale e, attraverso il nervo vago, siano in grado di raggiungere il tessuto cerebrale dove distruggono i neuroni dopaminergici (produttori di dopamina); ciò innesca i sintomi tipici del Parkinson come quelli motori, ovvero tremori, rigidità a difficoltà mantenere l’equilibrio. Tra gli altri sintomi sibillini anche stitichezza, disturbi del sonno e perdita dell’olfatto. Gli esperti ritengono che sia proprio la disregolazione del microbiota intestinale a favorire gli accumuli di alfa-sinucleina mal ripiegata, poi “spedita” attraverso il nervo vago al cervello.
A suggerirlo anche uno studio guidato da scienziati del Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia), in base al quale la recisione del nervo vago abbat-
te il rischio di ammalarsi di Parkinson del 40 percento. Alla luce dello stretto legame tra batteri intestinali e la patologia neurodegenerativa, i ricercatori hanno ipotizzato che trapiantare feci di persone sane in pazienti con Parkinson allo stadio iniziale avrebbe potuto offrire dei benefici nella sintomatologia, grazie all’alterazione benefica indotta alla flora batterica. Ed è esattamente ciò che è stato scoperto. A condurre l’esperimento un team di ricerca belga composto da scienziati dell’Ospedale Universitario di Ghent, della Facoltà di Medicina e Scienze della Salute dell’Università di Ghent e del VIB-UGent Center for Inflammation Research. I ricercatori, coordinati dal dottor Arnout Bruggeman del Dipartimento di Neurologia presso l’ateneo belga, per testare la propria ipotesi hanno coinvolto una cinquantina di persone con Parkinson allo stadio iniziale in uno studio in doppio cieco, monocentrico, randomizzato e controllato con placebo (il gold standard della ricerca scientifica). I partecipanti, con un’età compresa tra i 50 e i 65 anni, tra il primo dicembre 2020 e dicembre 2021 sono stati divisi in due gruppi e sottoposti all’esperimento: al primo, composto da 22 persone, è stato somministrato un trapianto di microbiota fecale (FMT), “il processo attraverso cui le feci prelevate da un individuo sano vengono trasferite nell’intestino di una persona malata”, spiega l’Istituto Superiore di Sanità (ISS); al secondo, il gruppo di controllo con 24 partecipanti, sono state somministrate le loro stesse feci. L’introduzione è avvenuta tramite un sondino che attraverso il naso ha trasferito le feci (dei donatori sani o dei pazienti stessi) fino all’intestino tenue. Successivamente i ricercatori hanno monitorato i sintomi motori dei partecipanti tramite il Movement Disorders Society-Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (MDS-UPDRS), un test standardizzato
che assegna un punteggio alle capacità motorie di pazienti con la patologia neurodegenerativa. Le valutazioni cliniche sono state fatte ogni trimestre per un anno intero, fino a dicembre 2022. I ricercatori, come indicato, hanno rilevato un miglioramento significativo nel punteggio del test nei pazienti che avevano ricevuto le feci dei donatori sani. Più nello specifico, dopo 12 mesi, “il punteggio motorio MDS-UPDRS è migliorato significativamente in media di 5,8 punti (IC 95% da -11,4 a -0,2) nel gruppo di donatori sani e di 2,7 punti (da -8,3 a 2,9) nel gruppo placebo (p = 0,0235)”, hanno scritto gli scienziati nell’abstract dello studio.
“I nostri risultati sono davvero incoraggianti!. Dopo dodici mesi, i partecipanti che hanno ricevuto il trapianto di feci da donatore sano hanno mostrato un miglioramento significativo nel loro punteggio motorio, la misura più importante per i sintomi del Parkinson”, ha sottolineato il dottor Bruggeman in un comunicato stampa. “Il nostro studio fornisce indizi promettenti sul fatto che l’FMT può essere un nuovo prezioso trattamento per la malattia di Parkinson. Sono necessarie ulteriori ricerche, ma offrono un modo potenzialmente sicuro, efficace ed economico per migliorare i sintomi e la qualità della vita di milioni di persone affette da malattia di Parkinson in tutto il mondo”, gli ha fatto eco il professor Roosmarijn Vandenbroucke. I risultati, seppur molto promettenti, dovranno essere confermati da studi più ampi e approfonditi.
I dettagli della ricerca “Safety and efficacy of faecal microbiota transplantation in patients with mild to moderate Parkinson’s disease (GUT-PARFECT): a double-blind, placebo-controlled, randomised, phase 2 trial” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica eClinicalMedicine del gruppo The Lancet.
Le valutazioni cliniche sono state fatte ogni trimestre per un anno intero, fino a dicembre 2022. I ricercatori hanno rilevato un miglioramento significativo nel punteggio del test nei pazienti che avevano ricevuto le feci dei donatori sani.
CIBO DI CONFORTO: LE DONNE NE SOFFRONO DI PIÙ
Uno studio americano fa luce su junk food e isolamento sociale
Le donne sole tendono a consumare più cibo e di qualità inferiore. Sono questi i risultati di una ricerca della UCLA Health di Los Angeles pubblicata su JAMA. Lo studio ha esaminato le abitudini alimentari di donne che si sentivano sole e ha scoperto una predilezione per cibi ad alto contenuto di zuccheri e una difficoltà nel controllare l’eccesso di cibo consumato per cercare conforto. I ricerca-

tori hanno intervistato 93 donne per valutare i sentimenti di solitudine e isolamento, dividendo poi il gruppo in base ai risultati ottenuti.
Le donne con un maggiore senso di isolamento sociale tendevano ad avere più grasso corporeo, una dieta di qualità inferiore, un maggiore appetito e tendevano a ricorrere a cibo come ricompensa e durante le abbuffate, oltre a mostrare livelli più alti di ansia e depressione. Per esaminare le correlazioni cerebrali, le donne sono state sottoposte a imaging a risonanza magnetica mentre guardavano immagini di cibi dolci e salati. Le scansioni hanno mostrato che le donne che si sentivano sole avevano un’attivazione cerebrale maggiore nelle regioni associate al desiderio di cibi zuccherati e una minore attivazione nelle regioni associate all’autocontrollo alimentare.Secondo Arpana Gupta, co-direttrice del Goodman-Luskin Microbiome Center dell’UCLA e autrice principale dello studio, questi risultati confermano l’idea che le persone tendono a sottovalutare ciò che mangiano quando si sentono sole, soprattutto desiderando cibi non salutari.
La fame emotiva spinge verso cibi dolci e di “compensazione” che attivano il meccanismo cerebrale di “stimolo-routine-ricompensa”, creando connessioni neuronali che rendono il comportamento automatico e ripetitivo nel tempo. Alcuni alimenti possono diventare “droganti” perché associati a determinate situazioni, come la solitudine.
ESISTE UN GENE CHE POTREBBE
PROTEGGERE DALL’ALZHEIMER
Uno studio statunitense fa luce su questa speranza della ricerca
Il gene che protegge dall’Alzheimer, recentemente oggetto di uno studio condotto dalla Columbia University e pubblicato su Acta Neuropathologica, sembra creare una sorta di barriera nel cervello che potrebbe offrire protezione contro la malattia. Questo studio, basato su dati di 11.000 persone, ha rivelato che la presenza di un gene che influisce sull’espressione della proteina fibronectina e sembra attenuare l’effetto di rischio associato al gene ApoE4, noto per aumentare la probabilità di sviluppare l’Alzheimer.
I ricercatori hanno scoperto che livelli più bassi di fibronectina si osservano negli individui con ApoE4, ma che non sviluppano la malattia. Attraverso esperimenti su pesci zebra geneticamente modificati, utilizzati come modello per studi genetici umani, hanno confermato che livelli più alti di fibronectina possono influenzare positivamente la malattia di Alzheimer, con la riduzione di accumuli di amiloide nel cervello. La fibronectina, di solito presente in quantità limitate nella barriera emato-encefalica, aumenta notevolmente nelle persone con Alzheimer. Gli scienziati ipotizzano che la fibronectina, se ridotta da una mutazione genetica, possa proteggere i portatori di ApoE4 dalla malattia neurodegenerativa.
Modificare questa barriera con il blocco della fibronectina potrebbe impedirne l’accumulo nel cervello. Sebbene questa
ricerca sia promettente per lo sviluppo di nuove terapie preventive o curative per l’Alzheimer, è ancora necessario molto lavoro per tradurre questi risultati in trattamenti efficaci. Nel frattempo, è importante adottare stili di vita sani, poiché fattori come ipertensione, fumo, obesità, diabete, sedentarietà, consumo eccessivo di alcol e scarsa istruzione sono tra i principali fattori di rischio associati alla malattia di Alzheimer.

IL NUMERO PERFETTO DI AMICI PER ESSERE NELL’ADOLESCENZA
Luce su un aspetto poco considerato della vita dei più giovani
L’importanza delle relazioni interpersonali, soprattutto durante l’adolescenza, è al centro di un recente studio condotto dalla Fudan University in Cina e presentato al convegno di psichiatria “Cervello sociale. Traiettorie evolutive e patologia”. Questa ricerca, pubblicata su eLife e basata su un campione di 23.500 ragazzi tra i 10 e i 12 anni, ha rivelato che il numero ideale di amici stretti durante questa fase delicata della vita è di 5.
La presenza costante di questa rete sociale sembra non solo influenzare positivamente la salute mentale dei giovani, ma anche migliorare il loro rendimento scolastico. Come è ben noto, l’adolescenza rappresenta un periodo cruciale di sviluppo cerebrale e emotivo, durante il quale l’isolamento e le relazioni negative possono aumentare il rischio di ansia, depressione e altre problematiche mentali.
Pertanto, comprendere il ruolo delle amicizie durante questa fase può esse -
re fondamentale per la prevenzione e il trattamento di disturbi psichiatrici. Le relazioni vissute durante l’adolescenza, anche quelle digitali, hanno un impatto significativo sullo sviluppo del cervello e possono influenzare le probabilità di sviluppare disturbi psichiatrici nel corso della vita. Avere una buona rete di persone amiche è senza dubbio un viatico per una maggiore serenità.


IL PIANETA FAMIGLIA IN TRASFORMAZIONE LEGAMI PIÙ VERTICALI
Genitori unici, nonni in cima alla gerarchia e nipoti unici alla base, con una netta diminuzione dei fratelli e dei cugini
di Federico Malagrinò
Il panorama delle strutture familiari sta subendo un profondo mutamento, proiettando la società verso un futuro in cui i legami di parentela assumono una configurazione verticale anziché orizzontale. Questa visione emergente è frutto dello studio “Projections of human kinship for all countries” pubblicato su Pnas - The Proceedings of the National Academy of Sciences, un’opera di spicco nel panorama della ricerca multidisciplinare. Secondo lo studio, il cuore di questa trasformazione è rappresentato da un’interessante sinergia di tendenze demografiche: una riduzione della mortalità in età molto giovane, una fertilità in calo e ritardata e una maggiore longevità.
Tali dinamiche, che caratterizzano non solo i paesi occidentali ma coinvolgono l’intero globo, delineano uno scenario familiare dove la
struttura tradizionale, con fratelli e cugini, cede il passo a una nuova disposizione. Secondo lo studio, una donna di 65 anni nel 1950 poteva vantare una rete familiare composta da circa 41 individui, mentre nel 2095 tale numero si ridurrà a soli 25, evidenziando un calo del 40%. Questa tendenza alla riduzione quantitativa si accompagna a una trasformazione qualitativa: la famiglia del futuro si caratterizzerà per la presenza di pochi, ma significativi, legami verticali.
Genitori unici, nonni in cima alla gerarchia e nipoti unici alla base, con una netta diminuzione dei fratelli e dei cugini. Tuttavia, l’impatto di queste mutazioni varia a seconda delle regioni. In Europa e negli Stati Uniti, ad esempio, si prevede un calo dal 1950 al 2095 del numero di parenti di una persona di 65 anni dal 25 a 15,9, mentre in Italia da 18 a 12,7. In America Latina e

nei Caraibi, invece, la diminuzione sarà più accentuata, con una riduzione fino al 67% nel numero di parenti. Un esempio emblematico di questa evoluzione è offerto dalla Cina, dove la politica del figlio unico ha influenzato significativamente la composizione delle reti familiari. Nel corso del tempo, si è assistito a una trasformazione radicale: mentre nel 1950 la rete familiare di un neonato cinese era dominata dai cugini, nel 2095 si prevede che avrà solo 1,1 cugini. Parallelamente, si osserva un aumento del numero di antenati viventi e dei bisnonni.
Tale cambiamento non è privo di implicazioni significative, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza agli anziani. Mentre in contesti in
cui sono presenti istituzioni in grado di fornire assistenza sanitaria e supporto agli anziani, la rete familiare può perdere di importanza, la maggior parte della popolazione mondiale continua a dipendere dall’assistenza informale dei parenti. In sintesi, il panorama delle famiglie del futuro si configura come un’articolata rete verticale di parentela, in cui la lunga sovrapposizione delle vite dei nonni e dei nipoti riflette le tendenze demografiche in atto. Questa trasformazione richiederà una revisione delle politiche sociali e sanitarie al fine di garantire un adeguato sostegno alle famiglie e alle persone anziane, sottolineando l’importanza di adattare le risposte alle diverse realtà regionali.
Questa trasformazione richiederà una revisione delle politiche sociali e sanitarie al fine di garantire un adeguato sostegno alle famiglie e alle persone anziane, sottolineando l’importanza di adattare le risposte alle diverse realtà regionali.
LA ZONA D’INTERESSE: L’ORRORE A UN MURO DI DISTANZA
“Il nostro film mostra dove porta la disumanizzazione al suo punto massimo, ha plasmato passato e presente”
di Chiara Andreotti
La famiglia Höss vive in una bella casa, con un giardino idilliaco, che Hedwig ha progettato in ogni minimo dettaglio: i fiori, le piante da frutto, la serra, la piscina per i bambini.
Vivono un’esistenza serena: Rudolf va a lavoro, Hedwig si occupa della casa insieme alle domestiche, i bambini vanno a scuola e nei giorni di festa passano la giornata nel loro Eden privato o al fiume. Sembra un paradiso e forse per loro lo è davvero, ma ai nostri occhi è il paradiso alle porte dell’inferno.
Rudolf Höss infatti non è altro che il comandante del campo di concentramento di Aushwitz, che con la famiglia vive nella cosiddetta “area di interesse”, ovvero quei 40 chilometri di terra che costeggiano il campo; e quel muro di cinta su cui la siepe rampicante fatica a crescere è il muro esterno che costeggia Aushwitz, di cui si intravedono il filo spinato, le torrette e i camini dei forni.
Jonathan Glazer, regista e sceneggiatore britannico, firma così “La zona di interesse”, il suo quarto lungometraggio che lo ha portato a vincere l’Oscar come Miglior Film Internazionale e Miglior Sonoro, un aspetto fondamentale del film. Un racconto fatto di immagini fredde e suoni che raccontano una storia che abbiamo imparato a conoscere dai libri di scuole e che ormai ha un immaginario ben definito. Un immaginario fatto di prigionieri, baracche e treni.
Glazer però sceglie una narrazione inedita: il campo e i suoi abitanti non vengono mai inquadrati se non quando entrano in contatto con la famiglia Höss all’interno della loro abitazione, ma ne udiamo ogni singolo frammento esattamente come gli Höss, che convivono ciechi con l’orrore che prende vita oltre le mura della loro casa.
Quando i bambini giocano in piscina udiamo le grida dei prigionieri, talvolta gli spari e gli ordini dei soldati,

i treni in avvicinamento; di notte le luci delle fiamme dei forni fanno capolino alla finestra.
In mezzo a questo orrore che non facciamo fatica ad immaginare anche grazie alle pellicole che in passato hanno raccontato queste pagine di storia, osserviamo solo la vita della famiglia Höss che scorre tranquilla, fino a quando a Rudolf viene offerta una promozione: una missione orribile e raggelante che però viene accolta come qualsiasi promozione lavorativa, con ottimismo e orgoglio.
Hedwig non può accettare di dover lasciare il suo paradiso, tanto che ormai si definisce scherzosamente “la regina di Aushwitz” e cerca in ogni modo di riuscire a mantenere il suo status e la sua residenza vicino al campo.
“La zona di interesse” è un film difficile che lascia una sensazione di estremo disagio: costringe gli spettatori a confrontarsi con ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, con la consapevolezza che osservare silenziosi chi commette un crimine comporta il medesimo grado di colpevolezza della mano che lo compie.
Le vite che vediamo procedere sullo schermo rappresentano una quotidianità che potremmo definire comune, ba-
nale, fatta di abitudini, traguardi e delusioni che comprendiamo facilmente, e questo rende ancora più doloroso il processo di immedesimazione, poiché conosciamo bene le conseguenze delle loro azioni. Non può che tornare alla mente il trattato “La banalità del male” dove Arendt discute proprio della inconsapevolezza dei soldati che fecero avanzare questa macchina della morte. Il film prova a individuare la linea sottile dell’indifferenza di fronte al male più grande: un comandante, un soldato, sta solo svolgendo gli ordini? Sta facendo soltanto il proprio lavoro? Un tema che ritorna nella scena finale, ambientata ai giorni nostri nelle stanze di quello che oggi è diventato il museo di Aushwitz e ci pone davanti il grande interrogativo: siamo tutti in grado di abituarci all’orrore?
Ritirando il Premio Oscar, Glazer ha detto: “Il nostro film mostra dove porta la disumanizzazione al suo punto massimo, ha plasmato tutto il nostro passato e il nostro presente.”
Un interrogativo quindi da tenere bene a mente soprattutto oggi, perché l’educazione e l’impegno per la giustizia e i diritti umani sono cruciali per evitare che l’orrore diventi la norma nella nostra società.
Le vite che vediamo procedere sullo schermo rappresentano una quotidianità che potremmo definire comune, banale, fatta di abitudini, traguardi e delusioni che comprendiamo facilmente, e questo rende ancora più doloroso il processo di immedesimazione, poiché conosciamo bene le conseguenze delle loro azioni.
“BAUMGARTNER” DI PAUL AUSTER, APPENA SCOMPARSO
Il capolavoro dimenticato dell’autore statunitense pubblicato nel 1988
di Flavia PiccinniLa realtà, e la percezione della realtà. L’abbandono, e la perdita. Le persone che diventano come arti fantasma: vivono in noi, fino a quando a nostra volta abbiamo la possibilità di esistere. Racconta di tutto questo “Baumgartner” (Einaudi, 2024), forse uno dei romanzi meno conosciuti di Paul Auster: pubblicato negli Stati Uniti nel 1988 è forse di una delle opere meno tradizionali dell’autore, caratterizzata da una narrazione complessa e densa, e da una profonda riflessione sulla natura umana.

“Baumgartner”
Paul Auster
Einaudi, 2024
160 pagine
17,50 euro
Il romanzo segue le vicende di Sidney Baumgartner, che si trova ad affrontare una serie di eventi straordinari e surreali che mettono in discussione la sua percezione della realtà e della sua stessa identità. Attraverso una serie di incontri e situazioni bizzarre, Baumgartner viene costretto ad esplorare i confini tra sogno e realtà, tra passato e presente, in un viaggio interiore che lo porta a confrontarsi con i suoi demoni interiori e a cercare il significato della
sua esistenza. La narrazione si sviluppa in un intreccio di episodi enigmatici e colpi di scena, mentre Baumgartner affronta i suoi demoni interiori e cerca di trovare una via verso la redenzione personale. Il romanzo offre una riflessione profonda sulla natura umana e sull’importanza di trovare un senso di appartenenza nel mondo.
Con uno stile impeccabile, Paul Auster ci guida in un viaggio dantesco attraverso la mente e le esperienze di un protagonista tormentato. Pubblicato poco dopo il grande successo di opere come “La trilogia di New York” e “Moon Palace”, “Baumgartner” mostra un lato diverso e più sperimentale dell’autore, configurandosi quasi come una prova della versatilità e della profondità del talento di Auster. Recentemente scomparso, nella sua lunga carriera Auster ha scritto numerosi romanzi acclamati dalla critica e amati dai lettori in tutto il mondo. La sua capacità di esplorare le profondità dell’animo umano e di dare voce alle nostre più ansie e speranze lo ha reso uno degli scrittori più influenti, indimenticabili del nostro tempo.






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