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“Lucca in Mente” la lotta allo stigma il ricordo di Barbara Capovani
from Brain. Maggio 2023
by Brain
Il numero di questo mese di Brain è dedicato al festival che la Fondazione BRF organizza annualmente. Siamo ormai giunti alla terza edizione di “Lucca in Mente”. Una finestra sulle neuroscienze, sulla letteratura e sull’attualità culturale che ruota attorno al mondo del cervello.
Saranno ospiti neuroscienziati di livello internazionale che esporranno idee, concetti, esperienze personali, affiancati da scrittori e personaggi dello spettacolo che creeranno un’atmosfera di conoscenza ed al contempo di festa.
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Il significato di una manifestazione come questa è quella di focalizzare l’attenzione del pubblico sul tema dei disturbi psichici, con l’obiettivo di attenuarne l’alone di stigma che li avvolge e contribuire così alla diffusione delle conoscenze sul cervello che il progresso scientifico arricchisce ed incrementa ogni giorno.
Lo stigma è descritto nel vocabolario Treccani come la «attribuzione di qualità negative a una persona o a un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione». Stigma significa marchio, etichettatura negativa, condanna sociale e colpevolizzazione.
L’idea comunemente diffusa è che i disturbi psichici non abbiano rimedio e siano pericolosi. Spesso le famiglie, ed in particolari le madri, vivono la condizione dei figli con problemi psichici con un senso di colpa personale, una sorta di incapacità per aver generato una persona sofferente o per aver esercitato un ruolo educativo in modo sbagliato, cosa che avrebbe aperto la strada alla malattia.
Il passo immediatamente successivo è vivere tale condizione con un senso di turbamento e di vergogna che dura tutta la vita.
Il cervello, nel sentire comune, continua ad essere un organo affascinante e misterioso, ma allo stesso tempo imperscrutabile ed indomabile. L’idea che questo organo possa sì ammalarsi come tutti gli altri organi, ma che possa essere curato come il cuore, il rene ed il polmone è per la maggioranza delle persone un’idea che genera scetticismo e diffidenza. La malattia mentale nel linguaggio comune è ancora identificata come “la pazzia”, una manifestazione del cervello incomprensibile ed inguaribile. Chi ne è portatore è una persona altrettanto incomprensibile ed inguaribile. Il disturbo di panico, la depressione, il disturbo ossessivo compulsivo, il disturbo bipolare, i disturbi del comportamento alimentare finiscono tutti irrimediabilmente sotto la stessa etichetta. Ancora oggi essere in cura presso uno psicologo (professionista più accettato) o uno psichiatra (il “medico dei pazzi”) genera sospetto ed apre la strada all’isolamento di quella persona. Ancora oggi chi lavora in organismi sociali teme, per questo immaginario, il giudizio dei colleghi e dei superiori. C’è chi compra a proprie spese farmaci dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale in Paesi distanti dal proprio per restare anonimo e non correre il rischio di essere visto con la ricetta dello specialista o con i “farmaci della vergogna” nelle mani. Essere curato da un professionista della salute mentale è, ancora oggi, un marchio di debolezza e di inaffidabilità
Ma lo stigma non si limita esclusivamente al sentimento comune di paura e diffidenza verso la malattia mentale. Lo stigma è anche nelle istituzioni.
Le risorse previste dal Fondo sanitario nazionale e destinate alla salute mentale sono molto inferiori a quelle che la necessità richiederebbe.
Lo stigma, ancora, è anche nella testa dei medici e negli ospedali.
C’è stigma perché un paziente a rischio di suicidio è considerato al Pronto soccorso meno grave di un paziente con un episodio cardiovascolare in corso. Perché un paziente con una depressione grave non è considerato paragonabile per urgenza ad un malato uscito da un reparto di chirurgia anche se le condizioni cliniche sono confrontabili dal punto di vista medico.
Non esiste nei Pronto soccorso un codice rosso per le malattie mentali.
Eppure le diagnosi ed il trattamento delle malattie mentali hanno fatto enormi progressi negli ultimi anni. Le terapie danno risultati in percentuali confrontabili con le altre terapie mediche. Ciononostante il preconcetto sui disturbi mentali e sui pazienti che ne sono affetti resta ancora troppo forte.
L’ignoranza e la paura sono due compagne che sostengono lo stigma.
Ecco perché combattere lo stigma signi- fica diffondere informazioni e conoscenze, diradare l’alone di mistero che avvolge la malattia mentale ed il cervello, cancellare la vergogna e la discriminazione di cui sono vittime questi pazienti doppiamente sfortunati, perchè oltre ad avere la malattia devono anche nasconderla come se si trattasse di un disonore.
Ci auguriamo che “Lucca in Mente” ed altre mille altre campagne di informazione aiutino a capire ed a progredire verso l’affrancamento dalla schiavitù del pregiudizio.
Prima di concludere vorrei rivolgere un pensiero ad una persona che è stata oggetto di un tragico evento che ha colpito la Psichiatria italiana tutta. Pochi giorni fa una valente psichiatra dell’Ospedale di Pisa, Barbara Capovani, è stata selvaggiamente uccisa.
Conoscevo personalmente Barbara Capovani: abbiamo lavorato insieme nel day-Hospital della Clinica Psichiatrica di Pisa durante gli anni della sua specializzazione.
La ricordo con grande stima e ammirazione ed ora che non c’è più con grande malinconia: era una persona splendida per le doti personali e la competenza professionale.
La speranza di tutti è che il suo sacrificio sia inconsapevolmente servito ad accendere i riflettori su un mondo negletto e dimenticato. Trascurato in particolare da tutti coloro che, nei posti di comando, avrebbero la possibilità di compiere azioni di miglioramento e di potenziamento delle strutture, del personale, della legislazione che regola questo angolo trascurato e isolato della medicina.
Ci auguriamo tutti che la salute mentale possa avere nel più breve tempo possibile l’attenzione che merita e che gli interventi necessari e improrogabili di cui necessita divengano una priorità. È tanto che la Cenerentola della medicina aspira ad una condizione di maggiore interessamento e considerazione. È un atto dovuto nei confronti di tutti coloro che soffrono per la loro malattia e per il disinteresse di cui sono oggetto. Il livello di civiltà di un popolo si misura anche dalla sua capacità di assistere, supportare ed aiutare i suoi figli meno fortunati.