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L’ARTE DI COMBINARE FARMACI E PSICOTERAPIA
from Brain. Maggio 2023
by Brain
di Antonio Tundo Direttore Istituto di Psicopatologia
Da qualche anno si è aperta una nuova frontiera per il trattamento dei disturbi psichiatrici, l’integrazione tra farmaci e psicoterapia. Si tratta di un grande passo in avanti perché storicamente le due modalità di cura, soprattutto per motivi ideologici, erano considerate contrapposte ed era frequente sentire affermazioni come “la psicoterapia non ha una validazione scientifica”, “seguire un percorso psicoterapeutico ritarda il ricorso alle cure mediche” oppure “i farmaci bloccano il lavoro psicologico e medicalizzano il disagio emotivo”.
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Caduta la barriera dei pregiudizi, rimane però ancora un problema pratico da affrontare: i due strumenti terapeutici sono spesso combinati su base empirica, seguendo l’idea che “due è meglio di uno” o che la combinazione è “utile sempre e per tutti i disturbi”. Ma le evidenze scientifiche e l’esperienza di chi utilizza questa combinazione da decenni ci dicono che non è affatto così: associare far- maci e psicoterapia, al pari di qualsiasi trattamento in psichiatria come in medicina, ha specifici indicazioni e limiti di cui occorre tenere conto.
Come e perché combinare farmaci e psicoterapia
Bisogna attentamente valutare in quali condizioni può essere utile seguire un trattamento combinato, quale è il momento giusto per ricorrervi e con quali obiettivi.
Ci sono dei disturbi, come le forme lievi di depressione, di disturbo di panico, di disturbo ossessivo compulsivo e di ansia sociale, che possono rispondere bene alla psicoterapia e, se la persona lo sceglie, l’intervento psicologico è consigliato. In questi casi si associa una terapia farmacologica successivamente e solo in chi, dopo un tempo ragionevole, non ha ottenuto un risultato soddisfacente. Obiettivo della combinazione è ridurre la sintomatologia che la psicoterapia da sola non è riuscita a contenere.
Per le forme medie e gravi di de- pressione, disturbo di panico e di disturbo ossessivo compulsivo è la terapia farmacologica è la prima scelta. La psicoterapia verrà proposta in un secondo momento in quel 10-30% di casi in cui i farmaci, pur essendo stati correttamente prescritti e assunti, hanno dato risultati parziali. Scopo della combinazione è sia la risoluzione dei sintomi residui, sia limitare il rischio di future ricadute.
Anche nel disturbo bipolare e nelle psicosi la terapia farmacologica è la prima e indispensabile scelta per raggiungere il pieno controllo, o il migliore controllo possibile, della sintomatologia. Solo dopo aver ottenuto questo risultato si affiancherà una psicoterapia per aiutare la persona a migliorare la conoscenza della malattia, a essere più consapevole dell’importanza di assumere regolarmente le cure, a modificare gli stili di vita che aumentano il rischio di ricadute, a recuperare l’autostima, tornare al proprio ruolo in famiglia, al lavoro e nelle relazioni sociali.
Farmaci e psicoterapia si associano simultaneamente quando le due terapie insieme hanno maggiori probabilità di successo di ciascuna singolarmente, come nel caso della contemporanea presenza di più disturbi (per esempio disturbo bipolare e disturbo ossessivo compulsivo), quando il disturbo psichiatrico è complicato da abuso di alcol o sostanze e quando il quadro clinico è complicato da problematiche psicologiche ed esistenziali.
Quale tipo di psicoterapia
Le psicoterapie non sono tutte uguali e non hanno tutte le stesse indicazioni. Esistono infatti numerosi indirizzi psicoterapeutici profondamente differenti tra loro per principi a cui si ispirano, tecniche utilizzate, obiettivi che si propongono, durata del trattamento ecc.
Ancora una volta la scelta dovreb- be essere guidata dalle evidenze scientifiche perché negli ultimi anni alcune forme di psicoterapia, soprattutto quelle definite “brevi” e mirate a specifici obiettivi, sono state sottoposte a prove sperimentali rigorose che ne hanno dimostrato la validità.
È il caso della terapia cognitivo-comportamentale che è efficace nei disturbi d’ansia (disturbo di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, ansia sociale), nella depressione e nei disturbi della condotta alimentare. Oppure della terapia interpersonale, utile nella depressione e nel disturbo bipolare.
Per le patologie più gravi (disturbo bipolare, psicosi) non è tanto importante il tipo di psicoterapia ma la conoscenza anche degli aspetti clinici di queste condizioni da parte del terapeuta e la sua capacità di adattare con elasticità l’intervento al singolo paziente. Per chi soffre di psicosi, disturbo bipolare o di disturbo ossessivo compulsivo, e per i loro familiari, è molto utile la psicoeducazione, un intervento con un numero prestabilito e limitato di incontri che aiuta a conoscere a fondo il disturbo e a capire come affrontarlo per aumentare le possibilità di efficacia delle cure e ridurre il rischio di ricadute.
In conclusione, la combinazione di farmaci e psicoterapia è un importante passo avanti nel trattamento dei disturbi psichiatrici che consente di raggiungere risultati più completi sia sul piano del controllo dei sintomi, sia su quello del recupero funzionale. Come tutte le terapie, deve essere utilizzata seguendo i suggerimenti della ricerca scientifica per evitare di sprecare risorse, in termini economici e di tempo, e di esporre la persona a un fallimento terapeutico a causa del quale non sarà più disposta a ripetere l’esperienza (“ho già seguito una psicoterapia ma non mi è servita a niente”, “ho preso i farmaci ma sono stato solo peggio”).
Le psicoterapie non sono tutte uguali e non hanno tutte le stesse indicazioni. Esistono infatti numerosi indirizzi psicoterapeutici profondamente differenti tra loro per principi a cui si ispirano, tecniche utilizzate, obiettivi che si propongono, durata del trattamento ecc.