SENZA PACE

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L'attivismo dei parà non deve offuscare o mettere in discussione l'operato di chi li ha preceduti o seguiti. A cominciare dagli alpini, i quali, va ricordato, hanno fornito in dieci anni alla missione afghana il 70 per cento del personale. Un impegno - ed un sacrificio: diciassette i soldati di montagna che hanno perso la vita - di cui dobbiamo tutti essergli riconoscenti. Ci sono giovani alpini che hanno all'attivo anche cinque semestri trascorsi sulle aspre montagne afghane. D'altronde, stabilire a che altezza mettere l'asticella, dove collocare la linea da non superare è questione aperta. Meno propensi a rischiare sono i rispettabilissimi eserciti di Germania e Spagna, nazioni che non fanno mistero di preferire una politica più attendista. Non vedo perché scandalizzarsi se anche l'Italia ha adottato una linea guardinga. Tutti ormai dicono, dal capo del Pentagono in giù, che la soluzione non può essere militare. Ergo, vale la pena spingersi sempre più avanti? Specialmente in un momento (da due anni a questa parte) in cui non si parla d'altro che di aprire un dialogo con i talebani e di scendere a patti con loro. Senza contare che i risultati di Paesi della coalizione che hanno premuto forte sull'acceleratore raramente sono stati quelli sperati. In Afghanistan, le diatribe interne alle varie forze armate sono parte di una questione molto più grande. Onore quindi alla Folgore del generale Castellano per aver fatto ,. vedere (agli americani) che, all'occorrenza, sappiamo menar le mani anche noi. Ma niente da obiettare a chi - Taurinense, Julia e Sassari - ha svolto, magari più silenziosamente, un altrettanto importante lavoro, ottenendo proprio in questi mesi il consolidamento del controllo di alcuni territori che erano divenuti off-limits. Un approccio diverso, appunto. Proprio come sosteneva, a ragione, l'esponente di governo Crosetto.

Agguato alla Folgore Al culmine dell'azione dei parà nella regione ovest, avvenne il più sanguinoso attentato di cui sono rimasti vittime gli italiani in Afghanistan. Questa volta però a Kabul, dove era dislocato il reggimento di Siena del colonnello Aldo Zizzo. 129


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