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Misteri occidentali

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Il Caso Emergency

Il Caso Emergency

chissà dove. Invece poco dopo ci trovammo su una mulattiera innevata sempre più stretta e pendente, senza possibilità di fermarsi e tornare indietro. Sulla destra un precipizio con il fiume Sitnica in fondo. Avanzai, tenendo costante l'acceleratore e facendo attenzione anche ad un sol grado di variazione dello sterzo. Tra me e l'inviato del «Corriere» che vedeva il burrone proprio sotto di lui sulJa destra scese il silenzio più assoluto. La lunga Land slittò un po'; parve sul punto di fermarsi, ma alla fine arrancando lentamente raggiunse la sommità. Mi fermai per respirare: eravamo, letteralmente, rimasti col fiato sospeso nell'ultima parte del cammino. Francesco ebbe esattamente la mia stessa impressione: gliel'avevamo fatta per un pelo. Percorsi il tratto in discesa in prima e senza mai accelerare, procedendo assai lentamente, ma ormai il peggio era passato. In dogana ci fecero il terzo grado su com'eravamo riusciti a passare, avvertimmo di sconsigliarlo a chiunque altro. Di li a poco Skopje, ancora una volta dolce Skopje.

Misteri occidentali

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La questione di cui dovetti occuparmi nell'ultimo periodo di servizio a Skopje fu tutt'altro che noiosa o burocratica. Insieme al consigliere politico fui convocato di buon mattino dal nuovo capomissione Erwan Fouéré. I:Europarlamento -ci disse l'ambasciatore irlandese tra il sorpreso e il preoccupato - ha deciso di inviare qui da noi la commissione temporanea sulle attività della CIA in Europa, ossia quella che indaga sulle presunte extraordinary renditions. Questo termine, strano e un po' sinistro, era già piuttosto conosciuto in Italia. Ne avevano parlato diffusamente le cronache in occasione della rocambolesca sparizione dal suolo nazionale dell'imam di Milano Abu Omar, una delicata vicenda che vide contrapposti pezzi dello Stato e sfociò in un procedimento giudiziario per 23 cittadini americani (tutti nel frattempo riparati negli USA) e due agenti del SISMI.

Il tribunale del capoluogo lombardo, dichiarò alla fine del dibattimento, di non poter procedere contro di loro a causa del segreto di Stato imposto dai governi Prodi e Berlusconi su alcuni atti istruttori rilevanti.

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In pratica si trattava, secondo i denuncianti, di arresti arbitrari condotti da agenti americani all'estero di sospetti terroristi internazionali, una pratica incoraggiata - sempre secondo le accuse - dall'amministrazione Bush come risposta concreta all'attacco delle torri gemelle.

La vicenda che i parlamentari di Bruxelles volevano approfondire risaliva al dicembre 2003 e riguardava il tedesco di origine araba Khaled el-Masri, suppostamente prelevato in Macedonia e finito nel carcere della base USA di Bagram, in Afghanistan. Solo dopo alcuni mesi di detenzione, nei quali fu sottoposto a ripetuti interrogatori, venne rilasciato in Albania. Di casi come questi ne furono sollevati parecchi. Tuttavia l'assemblea di Strasburgo decise di intervenire sulla specifica alleged rendition trattandosi di cittadino comunitario.

Fouéré mi chiese se conoscessi il rapporteur della delegazione, l'italiano del gruppo socialisti europei Claudio Fava. Non l'avevo mai . incontrato di persona, ma ricordavo il suo impegno politico svolto a Montecitorio e prima ancora l'intensa attività giornalistica, sulla scia del coraggioso padre Pippo, direttore del «Giornale del Sud» e poi dei «Siciliani», trucidato dalla mafia nella buia Catania degli anni '80.

I vertici comunitari si erano chiamati fuori dalla questione. Non abbiamo competenza in materia, si disse nei palazzi della Commissione e del Consiglio. Tuttavia dalla capitale europea fu chiesto alla nostra rappresentanza di prestare assistenza alla delegazione. Anche se la questione era assai spinosa non si poteva chiudere le porta in faccia ad europarlamentari. Salvo poi stare a noi collocare bene la linea di demarcazione fra la loro attività e la nostra. Prudentemente quindi, il capomissione a Skopje preferì non esporsi troppo, per evitare un suo coinvolgimento diretto in una questione di un certo imbarazzo per il governo macedone. Nei quattro giorni di permanenza i parlamentari furono comunemente accompagnati da me ed altri funzionari di medio rango.

La visita non fu particolarmente ben vista dalle autorità nazionali e la stessa stampa locale diede risalto limitato. Ma un Paese candidato UE non poteva che fare buon viso a cattivo gioco. Salvo defilarsi negli appuntamenti più sgraditi. Cosa che avvenne in occasione della ricognizione all'anonimo hotel Skopski Merak, luogo

dove si riteneva che el-Masri fosse stato «parcheggiato», prima di volare verso la prigione afghana.

Calberghetto a tre piani, poco distante dall'ambasciata USA, era davvero vuoto, zero avventori, solo un anziano portiere e una cameriera, nessuna traccia del responsabile. Le loro risposte agli onorevoli furono assai laconiche. Fava e gli altri si arresero presto all'evidenza.

Nonostante le smentite del ministro dell'Interno di Skopje Ljubomir Mihajlovski, nella conferenza stampa conclusiva il relatore UE affermò di avere strong evidence sulla veridicità dell'odissea del tedesco-libanese, lamentando altresì la mancata risposta delle autorità ad alcune domande della commissione. Fava proseguì denunciando la violazione della convenzione aerea di Chicago, che prevede la notifica obbligatoria dei voli di polizia. Molti Paesi chiusero un occhio sulle pratiche disinvolte degli americani - concluse Fava.

Al di là di ciò che ciascuno possa pensare sulle misure per fronteggiare il sempre più agguerrito terrorismo internazionale, l'iniziativa degli eurodeputati fu una nobile battaglia di civiltà giuridica, nonché un primo passo concreto nella direzione di un rafforzamento del Parlamento europeo, un'istituzione quest'ultima destinata agiocare un più esteso ruolo di controllo sulle istituzioni comunitarie.

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