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Serrare le file

reportage-shock nel quale il generale USA ed il suo entourage si lasciavano andare - più o meno intenzionalmente - a commenti assai poco lusinghieri su vari elementi di spicco dell'Amministrazione Obama. Un autentico terremoto politico-militare. Un condottiero indicato fino a ieri come risolutivo, veniva convocato a Washington per direttissima e destituito nel giro di 48 ore. La tanto decantata dottrina McChrystal diventata di colpo carta straccia. Incredibile. Il culmine di tutte le contraddizioni internazionali. Ci mancava solo questo - mi scrisse laconicamente un comandante italiano.

Un'altra notizia che, sempre nell'estate 2010, fece rapidamente il giro del globo, fu la scoperta nel sottosuolo afghano di minerali preziosi e giacimenti petroliferi in abbondanza. Qualcuno si domandò come mai una rilevazione di quella portata non fosse conosciuta, in tanti anni di presenza straniera. Forse era la carta da giocare nel momento in cui la popolarità della missione nelle opinioni pubbliche occidentali andava calando sempre più.

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In effetti, di grandi potenzialità estrattive se ne parlava fin dal tempo dell'invasione russa. I cinesi nel 2008 sborsarono una cifra enorme per lo sfruttamento di una miniera di rame. Ricordo, in occasione di un seminario della fondazione «Italianieuropei» all'hotel Majestic di via Veneto, sul finire del 2009, di aver presentato l'ambasciatore Sequi al patron ENI Paolo Scaroni, amico veneto di vecchia data. Il primo gli chiese se il gigante italiano fosse interessato al gas afghano. Il top manager replicò, domandando se si trattasse di informazioni verificate. Glielo posso assicurare - rispose pronto l'inviato UE - notizie di fonte americana, confermatissime. Era proprio così.

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Recita un noto proverbio che gli occidentali hanno l'orologio e gli afghani il tempo. Una battuta, ma forse molto di più. La coalizione sembra infatti non averne più molto, di tempo a disposizione. Il 2011 sarà probabilmente una data lanciata lì, per dare un segnale. O magari solo l'inizio di un ritiro che si protrarrà a lungo. Rimane il fatto che siamo alle battute finali. li conto alla rovescia è iniziato. L'avventura afghana si avvia alla conclusione.

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Regista militare sarà David Petraeus, lo stesso generale americano a quattro stelle che ha in qualche modo chiuso la spedizione irachena. Come i suoi predecessori, ha avuto una divergenza di vedute con l'autorità politica a Washington. Prontamente rientrata. Petraeus sa che l'America non può permettersi un terzo generale in rotta di collisione con i superiori. Deve adeguarsi in tutto alla politica di Obama. Certe discussioni si potevano fare prima. Ora non più. Occorre concludere, possibilmente in maniera onorevole. Sì, ma come?

Una missione stabilita per restare sine die come reagisce ad un'improvvisa accelerazione?! una bella domanda. Essere andati avanti per tanti anni senza un calendario è stata una scelta rischiosa. Molti se ne accorgono ora. In realtà, un pioniere del peacekeeping lo aveva sempre sostenuto. Sir Marrack Goulding, per 11 anni sottosegretario ONU per gli Affari politici e poi per le missioni di pace con Pérez de Cuéllar e Boutros Ghali, scomparso di recente, scriveva nel suo libro di memorie Peacemonger, che longevity in peacekeeping is not so fashionable. I fatti dell'ultimo decennio sembrano proprio dargli ragione.

Non mancano, va detto, le storie di successo. Nel 2010 un manipolo di colonnelli del comando Ovest (Ceravolo, Biagini e Federici, solo per citarne alcuni) ha fatto breccia fra la popolazione nelle zone più critiche della regione nord-occidentale. I PRT di Herat comandati da Claudio Dei ed Emanuele Aresu (coadiuvati dai giovani diplomatici Giuseppe Perricone e Sergio Maffettone prima e dal consigliere Claudio Taffuri poi) sono stati portati a modello dal generale Petraeus. Un clima d'ottimismo, tuttavia bruscamente turbato in autunno da un poderoso attacco sferrato dai talebani contro l'ufficio provinciale ONU situato proprio nel centro di Herat.

Anche reparti di altri Paesi hanno fatto qua e là, in alcune fasi, cose egregie. Sono tuttavia progressi che vanno valutati nel medio termine e comunque inquadrati nel contesto più generale. I sondaggi sulla popolarità delle truppe straniere - commissionati dalla stessa coalizione - non sono incoraggianti. Vi è il rischio che progressi locali siano vanificati da un'insofferenza semi-generalizzata per la presenza di forze occidentali.

Le vittime civili delle operazioni aeree, le frequenti sparatorie ai check-point e lungo le strade pesano come macigni nei rapporti

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