Periodico del Club '74

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Insieme

N. 1 2023
PRIMAVERA
402
N.

Editoriale

REDAZIONE INSIEME

Valentino Garrafa

Manolo Lacalamita

Timothy L.

Valentina Poletti

Consuelo Rigamonti

Rossana Rosi

Rio Tonini

Contributi fotografici:

Archivio Club ‘74 e altri

Illustrazioni e satira:

Aline Passardi

Manolo Lacalamita

Immagine di copertina: opera di Donatella Taghetti

Stampa:

Laboratorio Offset

OSC-CARL

Redazione Insieme

Club ‘74 c/o OSC

Via Ag. Maspoli 6

Stabile Valletta

6850 Mendrisio

Tel.: 091 816 57 93

E-mail: info@club74.ch

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© Club ‘74, aprile 2023

Ridefinire il mondo, disegnare nuovi contorni, curare le ferite.

Con questo numero d’Insieme cerchiamo di dare voce a quella generezione di giovani che vive questo presente così complesso.

Dal dolore alla cura, dalla rabbia alla gioia, con le grida e i sussurri, con le parole o i gesti: ci sono tanti modi di vivere e “guardare” il mondo.

In questo numero troverete spunti, riflessioni e contributi di giovani. Giovani anagraficamente ma anche giovani di spirito.

Se il futuro non è più una promessa, e i giovani, gli adolescenti, non sono messi al centro del nostro interesse, quale futuro possiamo immaginarci?

A volte anestetizzati, perfetti nichilisti, nessun obiettivo, quello che conta sembra solo il presente. In un’epoca dove sono più importanti le skills (le competenze) rispetto la capacità di crescita personale non dobbiamo certo sorprenderci che un certo “mal di vita” sia un problema sempre più diffuso.

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INDICE

2-4 a cura della Redazione EDITORIALE & ED

5 di Nadia Fretta

7 di Dario Ciceri

Navigare con un’attitudine

8 di Made

Educatori CPC Mendrisio. Parliamone!

9 di Timothy Pregiudizi e ignoranza sui problemi psicologici: c’è ancora molto da fare

10 di Nadia Giovani

Generazione Z

12 di Rasco Hundredhymns

15 di Nadia Fiamme

16 di Charles La solitudine di coppia

18 dialogo tra due adolescenti Edipo e Narcisßo

22 di Basilio Raccontandomi...

23 di Timothy Grande Fratello Vip: quando parlano le emozioni

24 di Nadia Artisti

25 di Timothy L’isola dei famosi: il cast promette bene

27 di Consuelo Librobus

28 a cura della Redazione Cruci...Vegno

29 di Valentino Trova le 10 differenze

30 di Rosi Dal ricettario di Rosi

31 di Yugo Gli scioglilingua

33 a cura di Rasco Hundredhymns Bim, bum, SPAMM 39 a cura della Redazione Amarcord

Dedicato a Peter

40 a cura della Redazione

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Ma non potrebbe essere altrimenti. D’altro canto, come scrive Nadia,

“siamo una generazione fragile, cuori di cristallo e la ricerca dello sballo.

Le pupille dilatate per evadere da un mondo troppo malato, per sentirsi ancora vivi.”

Possiamo onestamente dire che i versi appena citati non corrispondono a una certa realtà? La nostra speranza, se ci è concesso questo termine, è nell’educazione. Non in quella prima citata che addestra al mondo del lavoro, al conformismo, alle competenze, ecc. ecc.

Si potrebbe pensare all’educazione in diversi modi: educare alla critica, educare al rispetto delle proprie peculiarità, educare al silenzio e all’attesa, educare alla musica, educare all’ascolto, ...

Questo però presuppone di aver avuto o di avere dei buoni “maestri”.

Ma oggi dove si sono nascosti i buoni maestri?

L’ED è alla sua seconda edizione.

Ti permette di collegarti ad alcuni contenuti multimediali scelti e realizzati dalla Redazione.

Inquadra con il tuo telefono il QR Code e... buona visione.

Perparlare dei giovani abbiamo incontrato, qualche tempo fa, Fabio Pusterla.

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I giovani

Fretta

Generazione che corre, cresciuti in un mondo schizofrenico, ci hanno insegnato la fretta e la frenesia.

Tutto qui, ora e subito.

Domani? Non è ora.

Le prospettive troppo spesso brevi, ma i sogni nei cassetti rimangono e si espandono.

Diventano grandi e prendono fuoco.

Poi esce o rabbia o idee costruttive.

La fretta nuoce, ma costruisce anche belle cose.

Nadia (2.2.23 – OSC)

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Navigare con un’attitudine

La proposta di apportare un’équipe educativa dedicata ai minori in CPC arriva da lontano ed è insita in un percorso ben definito della Pianificazione Sociopsichiatrica Cantonale, la costituzione di un’Unità ad hoc per i minori del cantone. Io e Giovanna abbiamo iniziato attivamente tale percorso dalla scorsa estate. Siamo progressivamente entrati in relazione con i ragazzi e le complesse dinamiche della CPC. Abbiamo strutturato le nostre modalità di intervento educative su due principali fronti, la promozione di attività terapeutiche di gruppo e l’accompagnamento individuale dei ragazzi nella loro quotidianità e progetto di vita. La storia e i percorsi dei giovani ricoverati sono uniche e sovente recuperare il benessere può essere molto difficile e le strade per riorientarsi nella selva sono molteplici. Per accompagnare e camminare insieme utilizziamo principalmente due strumenti, i gruppi terapeutici e il progetto educativo personalizzato. Non sempre, nella realtà di tutti i giorni, questi due “attrezzi del mestiere” coincidono e possono essere utilizzati quanto si dovrebbe.

Per i ragazzi, ma soprattutto “con“ loro, abbiamo organizzato e stiamo continuando ad organizzare in questi mesi un programma settimanale, che ci ha portato a svolgere svariate attività ed uscite di gruppo (al cinema, a vedere mostre, Bowling, in passeggiata, …). Intorno alla fine del 2022 abbiamo aperto ed utilizziamo un nostro spazio dedicato ai minori, sopra al Bar Centro Sociale, in cui è possibile cucinare, studiare, svagarsi e sviluppare competenze.

Da X, minore ricoverata in CPC

“Voi navigate con noi le emozioni dei giovani con un’attitudine di speranza”.

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Educatori CPC Mendrisio Parliamone!

di Made

Allora, inizio parlandovi di me, sono una ragazza di 17 anni che è stata ricoverata a metà novembre alla Cpc di Mendrisio, perché ho avuto problemi legati al mondo della droga. Principalmente sono stata con Equipe Mobile. Ma di cosa si tratta e chi sono?

L’Equipe Mobile sono infermieri che si recano sul luogo di bisogno, sono loro a intervenire nelle più svariate situazioni di bisogno a favore di giovani e adulti. Un’esempio è la presenza durante la fase di ammissione del paziente, quando spesso la situazione psichica è incerta, sono presenti per ogni eventualità. Loro come gli altri infermieri nel mio padiglione mi hanno sempre aiutato a livello fisico, psicologico ed emotivo.

Stando nel reparto dell’Equipe Mobile ho potuto conoscere anche degli educatori, in special modo due, Giovanna Cadei e Dario Ciceri. Quest’ultimi mi hanno accompagnata in attività stimolanti e divertenti come ad esempio uscite al cinema, il pattinaggio oppure pasti fuori, per permettermi una fuga della routine in clinica. Si sono impegnati a metterci a nostro agio e mettere le basi per nuove conoscenze, con il potenziale che queste diventino amicizie per la vita. È utile e piacevole trascorrere momenti con gli educatori, ma un problema importante è il fatto che due per tutta la clinica sono di fatto pochi, ne servirebbero molti di più.

Un altro giovane paziente avrebbe proposte di uscite fuori cantone, andare al Säntispark di San Gallo oppure una giornata in una piscina pubblica. Dice che gli educatori sono utili per far passare il tempo. Avrebbe voglia di cucinare più spesso insieme a loro, andare al cinema o fare passeggiate.

Tra l’altro ci hanno dato una mano a livello scolastico aiutandoci con i compiti da ripassare. Questo in modo molto regolare per non restare troppo indietro con le nostre formazioni. Gli educatori ci hanno sempre accudito come dei famigliari addottivi, ci hanno distratto dal fatto che siamo ricoverati in una psichiatria.

Con questo si conclude questo piccolo articolo sui nostri grandi educatori, Giovanna Cadei e Dario Ciceri della Cpc di Mendrisio.

Grazie per essere arrivati fino a qui!

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Pregiudizi e ignoranza sui problemi psicologici: c’è ancora molto da fare

di Timothy

Differentemente dai problemi fisici, dove la gente è tendente alla comprensione, sui problemi in ambito psicologico ci sono ancora dei pregiudizi, ma anche un forte grado di ignoranza. Chi più chi meno, in Ticino siamo un po’ tutti cresciuti sentendoci dire : «non fare così (riferito a un atteggiamento particolare), altrimenti finisci giù a Mendrisio». Naturalmente il riferimento a Mendrisio non era casuale in quella frase, ma riferito alla Clinica Psichiatrica. Personalmente sul mondo della psichiatria ne ho sentite un po’ di tutti i colori. Gente che definisce «inutile» la professione dello psicoterapeuta e dello psichiatra. Ma perchè alcuni arrivano a dire ciò? Presto detto, perchè considerano inesistenti i problemi psicologici. Tutto nella testa di chi li vive. L’opinione secondo cui chi soffre nella propria psiche sia semplicemente una persona «lazzarona», è molto diffusa. La sensazione del sottoscritto è che ci sia oltre al pregiudizio e all’ignoranza, anche una sorta di volontà (messa in atto dalle persone vicine a chi soffre) di voler nascondere la malattia psichica. Non è fatto in cattiva fede, ma rimane comunque un atteggiamento sbagliato e perfino pericoloso. Vorrei poi fare un’altra riflessione. Avete mai sentito una persona con un problema fisico (come un braccio rotto) doversi giustificare con gli altri? Assolutamente no. Se ci pensate bene, è assurdo come nella sofferenza psichica, dopo aver comunicato ai parenti di stare male, ci si debba sorbire una sorta di interrogatorio oppure un silenzio giudicante. Ad alcuni sembrerò troppo «netto» in questo giudizio, ma reputo – senza volermi lodare eccessivamente – che quella appena espressa sia una grande verità. È difficile dire cosa si debba fare nello specifico per superare queste opinioni limitate di molte persone, più che altro si potrebbero mettere sul tavolo diverse idee. Intanto, un grande merito dei club socioterapeutici del nostro cantone, è quello di portare l’individuo che spesso in precedenza si trovava in clinica a Mendrisio, in una realtà diversa e accogliente. Non è un caso che questi club vengano definiti «socioterapeutici». Se è infatti vero che i farmaci per molti disturbi psicologici possano essere utili, è invece certo che lo stare insieme, il condividere uno spazio come quello del club, è utile per ritrovare la serenità perduta. In conclusione vi dico una cosa. Il mio «pellegrinare» negli ambienti psichiatrici piuttosto che psicologici, mi ha portato a riconsiderare in maniera importante la sofferenza psichica. Oggi giorno, la definisco una sofferenza reale e non figlia di qualche «lamento». Quanto alla terapia, è vero che i pazienti possano imparare molto dai loro terapeuti (psicologi o psichiatri) ma il sapere e la conoscenza possono avvenire anche a parti inverse. Se si è predisposti a imparare, nella vita si imparerà tantissimo. Anche da chi meno ci aspettiamo.

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Giovani

Si dice gioventù bruciata, ma chi ci ha lasciato il mondo così?

I nostri genitori.

È difficile vedere un futuro luminoso quando il mondo è sul punto di crollare.

Siamo una generazione fragile, cuori di cristallo e la ricerca dello sballo.

Le pupille dilatate per evadere da un mondo troppo malato, per sentirsi ancora vivi.

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Nadia (2.2.23 – OSC)
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Generazione Z

di Rasco Hundredhymns

Caro Insieme, stavo cercando un articolo sul web che mi ispirasse per il contributo da pubblicare sul vostro numero e dalla pagina di ansa mi è apparsa una perla di idiozia che non potevo non citare. Il tema riguardava i giovani, la generazione Z, e, leggendolo non potevo credere all’imbecillità di quanto scritto dal giornalista, specie pensando alla fonte dell’informazione molto esclusiva. L’articolo citava una ricerca a livello globale con un un campione di 205’000 partecipanti fra i 18 e 25 anni di 47 paesi del mondo, quello globalista e occidentale per intenderci. Ho subito pensato che un campione così vasto e ampio non è da considerare rappresentativo su un territorio periferico come il nostro, ma si sa

che nel marketing sono i dati che contano, anche se letti da un tuttologo di serie B. Inizialmente con il mio mouse ero pronto a cambiare ricerca, ma dopo un’analisi tout-court delle prime righe mi sono fermato a rileggere il delirio. In sole quattro righe erano stati raccolti i soliti pregiudizi degli adulti sui giovani e sui loro luoghi comuni, generalizzando il fenomeno e utilizzando i nuovi linguaggi della scienzah della comunicazione, quella scienzah con la h finale. Ho chiamato così mio figlio Giona, di 20 anni, per condividere con lui quest’inizio testo, il suo parere mi era di conforto, io, che sono della generazione X e fortemente difensore della causa Z, zeta come Zorro.

Riprendo dall’agenzia ansa.it: “La generazione Z, i nati tra il 1996 e il 2010, è cresciuta e dimostra alcune caratteristiche proprie: sono una generazione poco interessata all’alcool rispetto alle precedenti, riscrivono le regole dell’amore, solo uno su tre (purtroppo) parla dei propri problemi psicologici e il 14% di loro investe già in borsa, qualche volta facendo impicci con criptovalute e quanto altro…

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“Che c’è pà?”, mi chiede Giona al mio richiamo. “Volevo condividere con te un articolo di ansa e farti delle domande per esaminare se i dati interpretati da quel fenomeno di giornalista della loro redazione sono pertinenti o meno con il tuo mondo. Tu che dici?”, gli chiedo io. “Ok, ti do 10 minuti poi… esco, spara!” mi dice impaziente e non certo interessato alla mia intervista. “Prima domanda: ti senti cresciuto e senti di dimostrare caratteristiche proprie?”, gli chiedo imbarazzato. “Papà che razza di domanda è questa? Sì certo mi sento cresciuto e ho mie caratteristiche proprie. Papà devi fartene una ragione, presto io e Sara andremo a vivere soli, ok?” Fraintende la mia domanda e mi abbraccia in gesto affettuoso per consolarmi. “Vai con la prossima, papo”, mi dice nell’orecchio. “Bevi di più o di meno che io da giovane? Quando esci con il tuo branco ci vai giù duro con l’alcool? Rimango colpito dall’espressione scolpita sul viso di Giona, è incredulo alle mie domande riprese da ansa. “Papo ma cosa stai leggendo? Smettila di bere, papo, ok? Lascia stare il tuo ennesimo skotch, ti prego.” mi saluta e se ne va.

Anche senza di lui non posso non concludere il mio contributo sui giovani per Insieme e non riflettere sul giovane che ho in casa, proprio lui, mio figlio Giona. Giona non parla volentieri con me dei suoi problemi psicologici, credo non ne abbia bisogno visto come si vive spensieratamente la vita. A volte osservo lui e Sara abbracciarsi, o incrocio l’amore fra i loro occhi, sono sicuro che i due giovani sapranno riscrivere certamente le regole del loro amore almeno quanto l’ho fatto io. Per quanto concerne la parte economica del mio junior considero che Giona è il classico 86% di giovane nella fascia 1822 anni studente senza un ghello, risiede ancora con la famiglia, studia e mi chiede una mancetta settimanale. Niente a che fare con quello élitario citato da ansa (14%), che considero figli di papà e bocconiani, che gioca in borsa, fa impicci, acquista e vende criptovalute.

“Hey pà!”. Una voce improvvisa mi risveglia dalla riflessione. “Che c’è Giona?” rispondo di soprassalto. “Posso uscire con la tua auto?”, mi chiede. “Sì, va bene.” gli rispondo. “Hey pà!” “Che c’è Giona?”. “Mi presti cinquanta franchi per fare serata con gli amici?”.

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Fiamme

Siamo fiamme, ci serve sempre il supporto di qualcosa o qualcuno per esistere, resistere.

Se ci tolgono legna, o quel che sia, non ce la facciamo ad innalzarci, a splendere.

Ora credo di essere una fiamma piccola ed esaurita, non ho nessuno o qualcosa che mi alimenta.

Prova a togliere l’O2 alle fiamme.

Prima o poi si annienteranno e spengono.

Nadia (6.2.23 – OSC)

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La solitudine di coppia di Charles

La solitudine individuale: verso quale scopo andiamo, verso che amore, verso quale professione, verso quale arte (pittura, musica), ma anche arte di fare la guerra, la medicina, ecc. … ci porta a riflettere sul nostro tempo, sulla nostra vita, cosa ci rende felici. Certo la bellezza è qualcosa che ci rende felici, che porta il fascino.

Ma il fascino è bellezza?

O l’armonia di un bel viso di dottoressa è bellezza?

Poi c’è la nostra società, che dà l’immagine della donna dei tempi moderni. Ma la bellezza (fascino o armonia?) è potere decisionale? Mi sa che oggi una donna deve essere tutte e due per accedere al successo in psichiatria. Perché chi dice armonia dice sensibilità: come la musica.

Ma se la musica è potere, rimane una bella musica? Purtroppo la TV ci fa pensare che solo nell’armonia di un corpo, di un viso, c’è la sensibilità e quindi l’intelligenza. Spesso sento dire: ”è bella e intelligente”, quindi vuole dire che ha ragione. Purtroppo nella nostra clinica i dottori maschi “cascano dentro” soprattutto quando sono giovani. Vorrei portare all’attenzione della Direzione la necessità di interrogarsi sui transfer delle dottoresse, sull’armonia di uno spirito e fisico. Viceversa, per i dottori maschi, che porta allo sbaglio del giudizio medicale grande basato solo sulla ragione e non sull’intuizione della scienza (tra l’altro questa intuizione del cuore porta alla ricerca della dolce metà ed eviterei i transfer delle belle e intelligenti infermieri e dottoresse sui pazienti). Giustamente la ragione allo stato puro ci fa pensare che manca di intuizione e quindi che il bello delle volte è sbagliato e perché contraddice la nostra intuizione. Qui parlo dei transfer passivi (co transfer) dei medici uomini e delle donne quindi una forma di peccato originale, la conoscenza del male e del bene (la strategia di cura con un manco di sincerità per la prudenza medicale e verificare se il paziente aderisce alla cura). Bisognerebbe che le dottoresse e i dottori, come uno strumento di musica (pianoforte), suonassero la musica dell’arte di curare (una nota grave da una parte, una nota alta dell’altra parte), guadando solo la musica della felicità. La felicità non è paragonarsi agli altri, come facciamo tutti (soprattutto tra pazienti e dottori) e questa differenza di potere si trasferisce sul medico dal punto di vista della sua carriera e sui pazienti e sulla dose di medicine. Basta con questi maledetti pregiudizi; siamo tutti uomini. Purtroppo la clinica di Mendrisio e il territorio ticinese è troppo pieno di questi maledetti cliché dovuti alla nostra società individualista. Si deve pensare al prossimo non solo per lavorare (sui pazienti per i dottori e su sé stessi per i pazienti). Quindi cari pazienti e dottori quando volete lavorare pensate al contrario se siete medico su sé stessi e per i pazienti sui dottori cioè percepire la negatività o la positività che trasmette (negatività non siete d’accordo con il medico, positività per esempio quando diminuisce la medicina). Perché il medico con l’aiuto della terapia vede il positivo per voi quindi se voi pazienti pensate al negativo o al positivo purtroppo qui il medico fa transfer su di voi (e sì, siamo in Ticino).

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Edipo e Narciso

dialogo tra due adolescenti

Nell’ambito di una formazione interna, organizzata in collaborazione con Giovanna Ciano, avvenuta il 2 e 9 marzo 2023, intitolata “Riflessioni attorno al tema del disagio giovanile” abbiamo potuto approfondire il tema dell’adolescenza e le molteplici forme di espressione del disagio in una prospettiva evolutiva, calata nel contesto socio-culturale odierno.

Durante queste due giornate abbiamo portato una nostra esperienza, riguardante la partecipazione ad un Master svolto presso l’istituto d’analisi dei codici affettivi Minotauro di Padova, che ha come scopo quello di fornire delle prospettive teoriche e strumenti per la gestione di situazioni critiche nel lavoro clinico e nella realizzazione di progetti di prevenzione del disagio adolescenziale.

Presso l’Istituto Minotauro di Padova, viene utilizzato un modello psicanalitico che si ispira al pensiero di Franco Fornari ed in seguito sviluppato da altri psichiatri quali Gustavo P. Charmet e Alfio Maggiolini.

Di seguito vi proponiamo un dialogo tra due adolescenti, Edipo e Narciso. Questo dialogo vuole proporvi una riflessione sui cambiamenti socio-culturali intervenuti nei negli ultimi decenni e sulle diverse modalità d’espressione del disagio e del vissuto.

educatrice

Maria Di Leo, Infermiera Salute Mentale

E’ un pomeriggio di primavera, il sole è alto nel cielo un po’ coperto dalle nuvole. Potrebbe arrivare una folata di vento e spazzarle via tutte oppure potrebbe piovere. Insomma, nessuna certezza, tutto potrebbe cambiare in un attimo.

Edipo ha appena discusso con suo padre; ha preso le scale, è uscito sbattendo la porta e non ha preso l’ombrello, forse spera nel soffio potente del vento. Cammina con passo pesante pensando ad alta voce: lui e le sue stupide regole! Ho 15 anni e ancora non si fida di me! Qualunque cosa gli chiedo di poter fare è oggetto di scambio, vivo nell’epoca del baratto!!! Pazzesco! Non mi ascolta, non gli interessa quello che dico. Inutili anche le parole della mamma, lei sì che mi capisce, mi dice sempre che devo imparare ad essere me stesso. Me stesso, come posso capire chi sono se ci sono divieti da tutte le parti! Ogni cosa è processata dalle regole, “si fa così, quello non si dice, non pensarci neanche!”. E se chiedo perchè? Il perchè è no! Volevo solo andare al concerto con gli amici della piazzetta. E sospira, scoraggiato.

Mentre cammina veloce si scontra con un giovane che sta portando fuori la spazzatura.

“Hey” dice il giovane.

“Scusa amico, non ti ho visto, sono accecato dalla rabbia!”.

“Ah” ribatte il giovane e si gira per rientrare.

“Io mi chiamo Edipo, si lo so dirai ma che nome è? Me lo ha messo mio padre, è il nome di suo nonno a cui era tanto affezionato”.

Il giovane solleva le spalle restando a capo chino.

“E tu come ti chiami?”

Con un filo di voce, risponde “Narciso”. Edipo sorride, “Beh anche tu sei messo male, amico”. “Bro, non scherzare neanche! questo nome mi è stato dato dai miei perché alla mia nascita hanno creduto di non aver mai visto niente di più bello e fragile allo stesso tempo. Ho portato il sole in questa famiglia, sono

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stato il motivo per cui questa mia famiglia ha avuto ragione di continuare ad esistere...almeno fino a poco tempo fa.

Il mio nome è fresco e profumato come un fiore, non mi porto il fardello della storia che ti porti tu col tuo! Ti appesantisce e ti grava sulle spalle, io invece sono libero come il vento, non ho fardelli...credo.”

“OK, ok, niente di personale”, ribatte Edipo. “Mi sembri fiero ma anche molto triste, che ti succede amico?”

Narciso alza ancora le spalle. “Tu invece mi sembri molto arrabbiato”.

“Arrabbiato?? Sono in......o di brutto col mio vecchio! Gli ho chiesto di poter andare al concerto dei Monster con la mia compagnia, quella della Piazzetta. Tutti ragazzi a posto ma niente, non si fida!! Mi fa menate sulla droga, sui pericoli, sul tornar tardi, sulle preoccupazioni, e se succede qualcosa cosa direbbe la gente, e poi i Monster non gli piacciono perchè parlano di rivoluzione, che dobbiamo prenderci il nostro spazio nel mondo, che le leggi vanno cambiate, che ci vuole più libertà...insomma dice che suonano per il Diavolo!!! Ma ci pensi??”.

Narciso solleva ancora le spalle.

“Oh ma tu non parli? Ce l’avrai pure qualcosa da dire?”, incalza Edipo.

“Io i Monster non li ascolto, suono il pianoforte e il violino quindi ascolto musica classica e ogni tanto su Spotify sento un po’ di trap. Chi sono quelli della Piazzetta?”

Edipo spalanca la bocca: “Suoni piano e violino? Wow!! Io mi esercito un po’ con la batteria quando i miei non ci sono, che dicono che faccio troppo chiasso e non riescono a sentire la TV. Ho provato anch’io ad ascoltare trap ma, amico, che noia!! Cantano sempre le stesse cose, tristezza a gogo, e il degrado della periferia, e la droga, e il padre che se n’è andato, cioè va bene un pezzo su sta roba ma tutto l’album mi manda in paranoia!! Invece i Monster cantano e soprattutto suonano di un mondo migliore, senza troppe regole, di pace tra i popoli e sono anche romantici, sognano l’amore vero. E tutto a suon di chitarra elettrica e batteria!! Uno sballo!!”

Narciso resta immobile, sguardo basso. “Gli amici della Piazzetta?”.

“Ah si, scusa, sono la mia banda, cioè i miei amici. Con loro mi trovo dopo la scuola, parliamo un po’ in piazzetta, a volte passano le ragazze e allora ci gasiamo un po’. Se abbiamo due soldi andiamo a prenderci qualcosa dal Bar altrimenti giriamo un po’ in moto, anche in due, non ce l’abbiamo tutti. Se vuoi te li faccio conoscere”.

“E i compiti?”

“I compiti?” Edipo si meraviglia. “Beh quelli dopo, alla sera o nel tardo pomeriggio sennò gli amici quando li vedi? Poi non sempre c’è da studiare, se non hai interrogazioni o compiti in classe mica ti preoccupi. Tanto poi c’è il Secchia che una mano te la dà sempre nei compiti in classe”.

“Scherzi? Io ci passo l’intero pomeriggio e la sera fino a tardi a studiare! Mi piace fare bella figura, mi piace che il prof pensi che sono il più bravo, mi piace portare a casa i voti alti così i miei hanno un motivo per essere contenti e quel motivo sono io. I prof tra l’altro raccomandano di studiare giorno per giorno altrimenti ci considerano ‘scansafatiche’. E poi devo esercitarmi con il piano e il violino. Gioco anche a tennis e mamma mi porta agli allenamenti quasi sempre, se non deve lavorare, e alle partite mi impegno un botto per vincere. A volte viene anche mio padre. Prima venivano sempre insieme.”

“Ma che è successo ai tuoi?”

“Si stanno separando, sono sempre stati molto impegnati col lavoro. Quando ero più piccolo mi adoravano, non vedevano l’ora di tornare a casa e salutarmi. Io stavo con la nonna che poi si è ammalata e quindi la mamma mi ha preso una tata che ora viene solo ogni tanto perchè ormai a casa riesco ad arrangiarmi da solo”.

“Che fortuna che hai Narcy; i miei mi stanno sempre addosso. A volte anche loro litigano un po’ ma, credimi amico, quando c’è da darmi contro manco fossero la Santa Alleanza! Quindi tu stai a casa spesso da solo!? Che sballo, chissà quante feste puoi fare con gli amici! E sei figlio unico? Oh ma tutte le fortune tu, eh? Io ho le due gemelle che fanno sempre la spia alla mamma...perfide!!” e sbuffa. “Non faccio quasi mai feste, ho un sacco di followers sui social ma tanti non sono neanche di qui quindi ci si trova online. A volte tiro

tardi sulla play, se sono nervoso mi sfogo killando qualche nemico e se killano me e ho voglia ancora di giocare respowno e allora ci dò dentro e stillo un po’ di loot agli altri gamers ma non devo esagerare sennò

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mi bannano” afferma eccitato Narciso. “Amico ma come parli? Comunque capisco che sei spesso solo. Mi spiace. Non hai voglia di stare in compagnia? Di fare due parole, progetti su come cambiare questo mondo e renderlo più vivibile, meno bigotto, eliminare la paura e il senso di colpa, vivere in pace, che le guerre le fanno solo i grandi e non si sa perchè. Crearci un mondo più giusto, accessibile a tutti, dove siamo tutti fratelli, in pace, dove le frontiere le lasciamo solo sui libri di geografia, un po’ come canta il buon vecchio Jhon in “Imagine”. Immaginarti un lavoro dove finalmente riesci ad essere te stesso, dare una mano al grande progetto del cambiamento? Ci pensi mai?”.

Narciso riflette. “Mah! Io di cambiare il mondo non ho speranza. Le regole mi sono indifferenti, le osservo e le pratico, non mi ribello ad esse perché non mi interessa farlo però allo stesso tempo faccio quello che voglio perché posso, ho sempre potuto. Io sto con gli amici in chat e discutiamo del più e del meno senza troppa intimità; usiamo molto le foto e i video per raccontarci e se sei d’accordo con quello che vedi metti un like o lo reposti, non c’è bisogno di parlare molto. Il lavoro non me lo immagino, tanto per noi non c’è molta speranza. Le pandemie, le guerre, il riscaldamento globale...come credi che possa finire? Ti impegni per cosa? I miei mi hanno sempre detto che farò qualcosa di speciale, che non farò i turni, che non dovrò timbrare il cartellino, che sarò sicuramente un manager, un leader. Ma io non mi vedo in nessun modo e poi se non riesco a diventarlo sai che figura? Morirei dalla vergogna. Tanto vale incominciare a morire ora. Mi sento già un fallito perché non ho fiducia, non ho speranza nel futuro e ora dubito anche di me stesso. Pensa che quando ero bambino pensavo davvero di essere onnipotente! Le regole le facevo anche io con i miei. Ora invece mi vengono tanti dubbi, non mi capisco più e peggio ancora non mi capiscono più neanche i miei quindi spesso mi perdo e allora gioco perchè con i videogiochi sono bravo davvero! Io in chat non condivido progetti per il futuro, non si fa. Non saprei neppure con chi e come parlarne. A volte vorrei scomparire, non esserci più perché bro, credimi, si fa una fatica ma non posso lamentarmi perchè io ho davvero tutto, ho sviluppato talenti e dovrei essere pronto ma non so per cosa e perciò mi vergogno molto”. Edipo rimane a bocca aperta. Poi si avvicina a Narciso e lo abbraccia. Narciso fa un passo indietro riluttante ma Edipo insiste e gli cinge le spalle.

“Sai amico? Siamo la faccia della stessa medaglia. Credo che non possiamo esistere nè tu nè io se non proviamo a capirci. Ho sentito dire che la storia crea identità. Non ci ho mai creduto perché per me la storia sono nomi e date infinite da ricordare ma ora capisco cosa vuol dire. Allora proviamo a dialogare io e te. Tu mi insegni il tuo linguaggio e io il mio e vedrai che io mi sentirò meno complessato e meno in colpa e tu capirai cos’è la speranza, che anche se non succede nulla, la speranza ti fa osare, senza vergogna. Ci stai? Proviamo a conoscerci?”.

Narciso alza le spalle ma Edipo sa che quel gesto non è un “no” e sorride. Intanto piove, ma il cielo si sta schiarendo.

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Raccontandomi...

di Basilio

Recentemente ho potuto valutare l’effetto di certi “enhancer” (energy drink) del gusto alimentare, oppure della forza fisica oppure del prolungamento dell’attivita dei camionisti che percorrono molti chilometri e che usano spesso derivati dell’anfetamina per non dormire. Ho valutato queste cose che per finire mi sono trovato troppo occupato che sono andato in crisi maniacale, ed ho imparato che devo occuparmi piu dei fatti miei.

Per quel che concerne il mio cervello ho imparato, anche in questo ricovero, che non sempre è il caso di allarmarsi per un periodo d’insonnia, può capitare che il sonno restauratore intervenga da solo nella nostra psiche.

Quello che bisogna evitare per non essere disintegrati è non capire troppo ciò che accade.

L’ideale dei commercianti di droga è rendere tutti drogati, purtroppo nella terapia del dolore oggi si usano delle sostanze anche se efficaci che rendono dipendenti, quindi la terapia del dolore è ancora una questione aperta. Il dolore più difficile da sopportare è quello psichico che spesso chi ci circonda non è in grado di capire.

Sono stato medico assistente in neuro patologia a Losanna ed ho potuto studiare i cervelli di tutti i manicomi della Svizzera Romanda ed abbiamo potuto constatare che il cervello dello schizofrenico dal punto di vista morfologico è normale così come anche il cervello del maniaco depressivo, per la grande patalogia ansio depressiva molto comune oggi si può dire che stanno valutando i neuro trasmettitori di vario tipo anche con un certo successo. Tuttavia la causa essenziale dell’ansia depressione è maggiormente di natura sociologica piuttosto che anatomica. Per cui negli ambienti universitari della Svizzera Interna ci si chiede se la psichiatria debba continuare ad essere una scienza medica o non piuttosto una polizia sociologica.

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Foto di Christina Deravedisian su Unsplash

Grande Fratello Vip: quando parlano le emozioni di

Timothy

Dopo oltre sei lunghi mesi di convivenza forzata, dopo tanto amore, parecchi litigi, è giunta al capolinea la settima edizione di Grande Fratello Vip. Confesso, che fottendomene dei commenti negativi sentiti negli anni rivolti a questo reality, mi ha sempre procurato forti emozioni quella casa. Una casa che può essere in qualche modo la prolunga della propria. In quel salotto, durante le prime serate di Canale5, si vive dell’umanità. Beninteso che quest’ultima è spesso divisiva, protagonista del meglio e del peggio di noi stessi. Senza voler rompere le scatole a chi questa trasmissione non l’ha mai amata (forse anche perché non l’ha mai seguita?), vorrei condividere con voi una riflessione. In più di un’occasione ho conosciuto persone che seguivano il GfVip, ma quando si trovavano davanti ad altri, lo nascondevano, quasi provando un senso di vergogna. Ecco, senza volermi autoincensare, ho sempre reputato che nella vita, perlomeno in alcune circostanze, si debba mantenere una sorta di coerenza. Questo programma a me ha dato moltissimo. Mi ha fatto capire molte cose della vita. Ho compreso quanto le emozioni siano fondamentali nella quotidianità. Ora, immagino che alcuni di voi si stiano chiedendo come si possa imparare qualcosa da un programma tv. Nel caso del reality in questione, un trucco per imparare è non guardarlo partendone prevenuti, insomma con la puzza sotto al naso. Questo chiaramente nei confronti dell’idea sulla quale si fonda questo esperimento sociologico. Il provare invece antipatie (e simpatie) per alcuni concorrenti è del tutto normale, nonché il senso del programma. Le grandi lezioni di vita non si imparano solo da chi dispensa il suo sapere in modo netto, come la figura di chi esercita la psicologia. Pur trovando affascinante e indispensabile questa figura professionale, ricordo che anche (e forse soprattutto) dalla presunta banalità, da quel non sapere, quel non detto, si può imparare molto. Anche la vittoria di Nikita, ci vuole dire qualcosa. Nell’eterna lotta tra persiani e spartani, svoltasi quest’anno nella casa più spiata in assoluto, alla fine ad avere la meglio sono stati i primi. Forse poco vi interesserebbero le mie idee su ciò che non mi piaceva degli spartani e ciò che invece, mi ha fatto appassionare ai persiani. Mi limito a dire che ho sempre fatto il tifo per Antonella, per la sua capacità di sviluppare un pensiero proprio, per la sua forza e determinazione. Non è facile riuscire a resistere in una convivenza forzata, soprattutto quando hai quasi tutti gli altri concorrenti contro. Poi ho apprezzato anche altri concorrenti come Charlie, Attilio, Antonino, Davide, Dana,… Concludendo e venendo a Nikita, sono molto felice per la sua vittoria. È la vittoria del buonsenso, dell’educazione, del rispetto, senza venire però meno all’esprimere un’idea, un concetto, una propria visione sulle cose.

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Artisti

Lasciarsi trasportare dal proprio cuore, cercando appigli per resistere.

Ho amici pittori, musicisti, cantanti, scrittori, cuochi,…

Tutti sono giovani e tutti hanno dei buchi da tappare.

Alcuni nei buchi ci affondano, altri fanno nascere piante rigogliose.

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Nadia (2.2.2023 – OSC)

L’Isola dei Famosi: il cast promette bene

di Timothy

Neanche il tempo di terminare il Grande Fratello Vip, che è il momento di dare il benvenuto all’Isola dei Famosi. Avete capito bene, il noto reality ambientato su un’isola è appena iniziato. Nel momento in cui vi scrivo in verità, siamo ancora in attesa della prima puntata. Questo non vuole però essere un racconto specifico sulle prime dinamiche (che non possiamo di fatto fare, come detto). Al contrario vorrei fare un pronostico su quanto accadrà in questo nuova avventura televisiva. Intanto preciso che l’Editore Mediaset Pier Silvio Berlusconi, in linea con quanto fatto ultimamente al GfVip, ha scartato dal cast di isolani alcune personalità, a suo dire forse un po’ troppo “animate”. Tuttavia non preoccupatevi, pare proprio che le persone carismatiche non manchino in questa edizione. A spiccare su tutti c’è sicuramente Marco Predolin. Molto conosciuto per aver fatto programmi tv diverso tempo fa. La sua partecipazione nel 2017 al Gf Vip fu molto contestata e la produzione scelse di squalificarlo in seguito a una bestemmia. Se avete seguito il suo percorso nella casa, saprete con certezza che non si è mai tirato indietro quando si trattava di discutere. Poi non da meno c’è Alessandro Cecchi Paone (che partecipa con il suo compagno). Popolare soprattutto per la sua conduzione e direzione del telegiornale, ma anche per il ruolo di opinionista in vari programmi. Anche lui partecipò al Grande Fratello Vip, nel suo caso nel 2018. Fu protagonista di svariati litigi, discutendo praticamente con tutti i concorrenti. Giusto per non far mancare nulla a questa nuova edizione dell’Isola, entrerà un’altra ex-gieffina, l’attrice Corrinne Cléry. Una donna dal carattere fumantino, che dice sempre la sua, ma anche munita di un grande cuore. Queste sono le tre personalità probabilmente più propense ad accendere questo reality, ma poi ve ne sono anche altre da tenere sott’occhio. Dirò di più: non sottovalutiamo quelli apparentemente più tranquilli, potrebbero riservarci grandi sorprese.

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Foto di Oliver Sjöström
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di Consuelo

Nina de Gramont, Il caso Agatha Christie, 2022, Neri Porza Editore, pagine 323

Questo romanzo, un giallo storico, basato su fatti realmente accaduti, narra della scomparsa per undici giorni di Agatha Christie ed è ambientato in Inghilterra nel 1926.

Dove è Agatha? Perché è scomparsa?

La narratrice, Nan O’Dea, è l’amante del marito di Agatha, Archie. La giovane inglese ha subito la barbaria dei conventi irlandesi, in cui venivano portate le ragazze sole e incinte e a cui i propri figli venivano tolti alla nascita per essere adottati o lasciati in orfanatrofio.

Agatha scompare il 4 dicembre 1926 dopo che Archie le comunica la sua intenzione di divorziare per sposare la giovane Nan. La polizia conduce le ricerche su tutto il territorio inglese per poi ritrovarla, dopo undici giorni, all’hotel Bellefort di Harrogate nello North Yorkshire.

La storia si snoda in questo periodo, tra flash back, mistero e intrighi.

Romanzo appassionante e ricco di suspance per l’evoluzione della narrazione, scorrevole e piacevole.

Nina de Gramont è docente di scrittura creativa alla University of North Carolina Wilmington. Vive sulla costa del North Carolina, insieme al marito, lo scrittore David Gessner. Il caso Agatha Christie, sulla lista dei libri più venduti del Times in Gran Bretagna e del New York Times negli Stati Uniti, è il suo sesto romanzo.

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28 Cruci...Vegno

Trova le... 10 differenze

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Prima Dopo

Dal ricettario di Rosi

Tagliatelle asparagi e gamberetti

Ingredienti:

250 gr. tagliatelle all’uovo

400-500 gr. di asparagi

180 gr. code di gamberi sgusciate

40 gr. di burro

50 gr. di vino bianco

1 cipolla dorata piccolaerba cipollina

olio extravergina di oliva sale, pepe

1. Per preparare la pasta asparagi e gamberetti iniziate dalla pulizia degli asparagi: tagliate via la base e pelate la parte più chiara e coriacea, poi lessateli per 5-10 minuti, scolateli, recuperando un po’ di acqua di cottura. Tagliatene metà a rondelle conservandone le punte.

2. Frullate l’altra metà degli asparagi con un mestolo di acqua di cottura fino a ottenere un composto cremoso. Mettetelo da parte. Sciogliete il burro in una padella, unite la cipolla finemente tritata e lasciatela appassire per 3 minuti circa a fuoco moderato. Intanto mettete a scaldare l’acqua per cuocere la pasta. Alla cipolla aggiungete gli asparagi tagliatti a rondelle.

3. Unite quindi le code di gamberi, cuocete qualche minuto, poi sfumate con il vino bianco. Lasciate evaporare. Salate e pepate e proseguite la cottura a fuoco moderato. Nel frattempo cuocete la pasta. Scolatela tenendo da parte l’acqua di cottura. Versate le tagliatelle nella padella con il condimento, unite la crema di asparagi e le punte degli asparagi tenute da parte.

4. Fate saltare qualche istante e, se necessario, unite qualche cucchiaio di acqua di cottura. Distribuite le tagliatelle asparagi e gamberetti nei piatti e servitele con l’erba cipollina tagliuzzata.

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Gli scioglilingua di Yugo

Pur di giungerti innanzi per posar su di te lo sguardo

Sarei disposto ad affrontar sfide e tagliare ogni traguardo

Insieme al parco effettueremo a singolar tenzone un ballo

E poi peregrineremo per i boschi al galoppo di un cavallo.

Pur di riuscire a venire da te per rivivere un momento bello

Sarei disposto a volare da te con le ali di un uccello

Quando sento la tua voce mi sento davvero felice

Il mio animo che accarezza i tuoi capelli risorge come la Fenice.

Pur di ammirare i tuoi meravigliosi capelli fatati

Sarei disposto a percorrer di corsa sentieri accidentati

E se per caso lo mio verbo una volgarità pronunzierà

Tu con l’ardore di una guerriera una ciabatta mi starai a tirar.

Porto rime che in me e nella mia anima credono

Aspetto con gioia che mi suoni il telefono

Risponderò alla chiamata e parlerò con la mia amata

E pronunzierò rima improvvisata in lode alla sua chioma fatata.

Mi devo concentrare, non devo nessuno disturbare

Scrivo le mie rime al club stimolando la vertebra cervicale

Noto un nudo bellissimo di donna di Amedeo Modigliani

Dissero che la sua arte era scandalo, le nudità sono come brani.

C’è un gruppo che dorme senza produrre riforme

Le loro menti sono colme di insignificanti norme

Che abbattano le barriere come l’alabarda di un alabardiere

Disarcionando cavalli di battaglia di dottrine non vere.

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Bim, bum, SPAMM

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Un viaggio all’interno di SPAMM, lo Spazio Aperto MultiMediale del CARL!

Per la rubrica “A spasso per Casvegno” la nostra redazione è andata a visitare gli amici di SPAMM, lo Spazio Aperto Mulimediale del CARL situato dietro le cucine di Casvegno. Un arricchente momento d’incontro fra amici, dove raccontarsi delle cose e ascoltare come ognuno collabora a progetti creativi e socialmente utili.

“Lavoro allo SPAMM come segretaria da otto anni, ci lavoro quattro giorni su cinque. Devo dire che è la mia seconda casa perché si è creato un ambiente, per me, davvero familiare.”

(Petra)

“Ciao a tutti io sono Angelo, lavoro allo SPAMM da qualche annetto. Diciamo che sono un factotum, cerco di fare un po’ di tutto, ma soprattutto mi occupo di radiofonia con Oliver. Qui mi trovo bene, poi trovo abbastanza serenità e ho la possibilità di esprimermi anche attraverso le mie poesie.”

34 A cura di Rasco Hundredhymns

ON AIR

“Ciao a tutti sono Oliver, lavoro in radio come responsabile tecnico, principalmente mi occupo di regia. Per me la radio è molto importante perché è comunicazione, espressione di sé. Radio Casvegno è soprattutto prendersi cura. Venire qua ad aiutare mi ha aiutato molto nel percorso della mia terapia. Sono molto contento di lavorare qua sono soprattutto grato a chi mi ha dato la possibilità.”

“Io sono Patrik. Sono un amico dello SPAMM. Sono un esterno perché lavoro al centro diurno di Chiasso. Ho conosciuto lo SPAMM a una visita con il Centro diurno nell’estate 2019. Abbiamo avuto l’opportunità di parlare alla radio ed è questo il motivo per il quale vengo allo SPAMM. Per me lo SPAMM è un luogo di amicizia. È un luogo dove sperimentarmi.“

“Sono Anita e abito in Villa Alta, qui a Casvegno. Potrei dire che sono molto contenta perché qui ci sono sempre molte persone con cui stare. Lo SPAMM è molto aperto, la gente viene qua perché è molto accogliente, ringrazio tutti. “

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“Sono Stefano T., ho iniziato a lavorare all’Agorà, la mia esperienza è stata ed è positiva. L’anno scorso ho avuto l’opportunità di collaborare con lo SPAMM con lavori di cucito e disegno e tutt’ora lavoro sia all’Agorà che allo SPAMM. Qui si è creato un bel gruppo di lavoro con Petra, Zarah, Anita. Abbiamo fatto tante belle cose assieme e continueremo a farle.”

“Mi chiamo Dimitri. Sono un esterno e un volontario, ho conosciuto Sergio allo SPAMM grazie al progetto radiofonico e devo essere sincero che piano piano mi sto affezionando, per me è una cosa bellissima.”

“Il mio cuore è aperto allo spazio multimediale. Ho avuto la fortuna di vederlo nascere dall’inizio. Ci siamo trovati in uno spazio vuoto pieno di carabattole, siamo partiti da zero. Poi questo progetto aveva ali per volare, l’ho visto fiorire, crescere. È sempre un piacere venire ogni settimana qui, incontrare gli amici poi ho aderito anch’io al progetto radiofonico come speaker. Mi piace molto scrivere e qui ho l’opportunità di farlo.” (Alessandra)

“Sono Claudia ed ho lavorato anch’io all’Agorà per anni. Poi ho fatto un’uscita e ho deciso di ritornare perché volevo lavorare poi naturalmente tutti mi hanno proposto di lavorare all’Agorà, ma ho detto che voglio lavorare allo SPAMM. Già prima di partire ero speaker di Radio Casvegno. Praticamente Sergio non mi ha fatto molte moine, mi ha mandata dentro e mi ha detto parla, io non mi sono tirata indietro, mi son detta allora: “Vai!” È stato un bellissimo ruolo. Un giorno Sergio mi abbia detto guarda che tutti possiamo essere speaker se vogliamo. Tutti siamo attori e possiamo diventare protagonisti, tutti siamo parte del progetto a modo proprio e possiamo portare qualcosa e dare un contributo che possa aiutare l’altro. Tutti siamo parte e tutti possiamo dare qualcosa a questo posto.. Poi sì è formato questo gruppo tanta umanità e amicizia. La cosa bella di quando vengo a lavorare è che vengo volentieri perché mi sento a mio agio.”

“La RADIO è espressione vitale, nel senso di voce diretta, la RADIO è anche scambio di opinioni. Un momento per stare assieme con tutti e parlare e cantare. Di radio ci sono molte varianti o varietà la RADIO e un modo anche per socializzare con altre persone o utenti. È un momento di ritrovo

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lavorativo e ricreativo, alla RADIO vanno dette storie o racconti e temi e o articoli scritti o dettati a voce.” (Dario)

“Rispetto al fare radio, a Radio Casvegno, quando ho iniziato non avevo pregiudizi, pretese o aspettative, ma semplicemente volevo esserci. La radio mi ha dato la possibilità di allargare le mie conoscenze, di frequentare e conoscere persone nuove, gente che mi aiuta a fare qualcosa di concreto e questo trovo che sia molto bello, anche perché io scrivo da tantissimo tempo e ho una raccolta di poesie da raccontare. Faccio la radio per interesse perché racconto le mie poesie che, magari, potrebbero interessare a qualcuno.” (Manlio)

“Sono Riccardo brevemente vi racconto il mio sviluppo professionale. Io sono impiegato di commercio tecnico della comunicazione e formatore per gli adulti. Quindi in ogni competenza in questo ambito posso dare il mio supporto. Io si dalla prima visita sono rimasto colpito perché ho vissuto quello che ho ricevuto da voi questa mattina. Sentivo che c’era questa energia, questa forza e rispettivamente dopo conoscendo Sergio ho realizzato che c’era una grossa componente professionale e di amore in questo spazio e voi siete i miei feedback che ritornano.“

“Un giorno arrivo qui allo SPAMM accompagnata dall’infermiera dell’ Adorna 4, Alexandra, su mia richiesta, ma è lei a sospingermi dolcemente, ma con fermezza, all’interno dell’edificio. Ed ecco che mi appaiono subito due occhi “scrutatori”, dietro a un paio di occhiali quadrati forse all’apparenza un po’ troppo severi: è Sergio Perdonati, emiliano romagnolo di Ferrara (città delle grandi nebbie), responsabile dello SPAMM (Spazio Aperto MultiMediale); alla sua destra si appalesa un “ circolo letterario” di persone ognuna delle quali con le proprie caratteristiche, che imparerò a conoscere, man mano, nei giorni seguenti.

E pian piano diventa una “febbre” che devo curare recandomi tutti i giorni allo SPAMM appunto, dove trovo vita e dal quale ritorno piena di vita e di voglia di vivere, con la sensazione profonda di non aver perso tempo, anzi di essermi arricchita.

Arricchimento che nasce dal potermi esprimere e aprire, dapprima verbalmente tramite una spigliatezza un po’ “osé”, che mi nasce spontanea, ma della quale ho un po’ paura, perchè in fondo, io, sono una timida!” (Vera)

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“Allo SPAMM mi trovo bene, mi sono sentito a mio agio. L’accoglienza è il punto forte, c’è spazio per tutti; puoi leggere, scrivere, parlare in radio, disegnare. Insomma, puoi esprimere le tue idee e ascoltare quelle degli altri. Lavoro da poco qui, ma mi dà soddisfazione. Per il momento lavoro all’Agorà, dove fanno il Settimanale. Ma sento il forte desiderio di rimanere al laboratorio dello SPAMM. Mi sento più libero, c’è più gente che va e viene. Qui ho trovato il vero Virgilio, la chiarezza che ne ricavo è molto forte, mi dà uno scopo, e riesco a vivere meglio la vita in Pineta. Mi dà sicurezza, mi ha reso più forte nei miei passi. La degenza la vivo in maniera più sicura, mi dà meno fastidio vivere la mia quotidianità. (Virgilio)“

“Lo SPAMM è uno spruzzo agrodolce d’amore.” (Guelfo)

“Lo SPAMM è uno spazio vivente, costruito con le storie di vita delle persone che lo attraversano. Luogo d’incontro, di espressione creativa e di passaggio, dove tutti possono guardare film, leggere, scrivere, “fare” radio”, disegnare, discutere, riflettere e crescere insieme, ma anche fare niente e andarsene.” (Sergio)

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Amarcord

Dall’edizione dell’Insieme di maggio del 1994

La primavera

Per Fermana la primavera è delle quattro stagioni la più bella, perché il clima è tiepido e limpido, il cielo è azzurro e le giornate a poco a poco si allungano. Circa 20-30 anni fa, quando Fermana era piccola, la Pasquetta si festeggiava molto, si usava uscire con gli amici passeggiando per la campagna e celebrando la festa con un pranzo. Fermana conclude affermando che la primavera è l’inizio della giovinezza di una donna.

Per Elvezio che proviene dalla Valle Maggia, la primavera è il mese di maggio, quando lui portava il bestiame al pascolo dal paese verso la montagna, l’alpe di Quadrello dove si producevano i formaggi. I prati erano verde chiaro e pieni di fiori, a differenza di questi che sono scuri.

Per Alessandro che viene da Firenze, la primavera non è la sua stagione preferita perché la neve si scioglie e diventa come acqua, ama l’inverno e l’estate.

Per Cristina la primavera è importante, le piace questa stagione perché vede sbocciare i fiori, sente gli uccellini che cantano, i bambini che corrono nei prati e tutto questo la rende felice, serena e spensierata. Il suo desiderio sarebbe, che le persone collaborassero con i pazienti perché questo deve essere un periodo di felicità e non di tristezza.

Per Giuseppe la primavera è delle quattro stagioni la più bella perché i prati sono pieni di fiori, il cielo è azzurro, gli uccellini sugli alberi cinguettano spensierati ed è come l’inizio di una nuova vita.

Flora afferma che la primavera non è bella perché le giornate sono troppo lunghe, ma in compenso le piace l’inverno. Sostiene che le giornate corte sono le più belle.

ADORNA

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Caro Peter

Ciao caro Peter, dovevamo vederci settimana scorsa, vincendo le tue ritrosie, finalmente c’era un appuntamento fissato poi ti sei improvvisamente aggravato e purtroppo ci hai lasciato in pochi giorni senza poterci rivedere.

So che non ti spaventava la morte e che eri pronto ad affrontare questo ultimo viaggio, anche perché la tua salute ultimamente era diventata un po’ un calvario.

L’unico tuo rammarico era di lasciare la tua amata Nicoletta con la quale avresti voluto passare ancora molti anni sereni e alla quale va un nostro amorevole pensiero.

Qualcun altro decide per noi quando è arrivata la nostra ora e non possiamo farci nulla se non cercare di lasciare un buon ricordo di noi a chi ci ha conosciuto e amato.

Ecco, voglio qui ricordare un po’, quello che sei stato per noi.

Non eri una persona facile caro Peter, e non hai sempre fatto le giuste scelte per te, ma in questa tua fragilità mi rispecchiavo e potevo così vedere e comprendere meglio anche le mie.

Così è nato un bel rapporto tra di noi.

Sai, ci parlavano continuamente della necessità di una distanza terapeutica per poter aiutare in modo professionale le persone da noi seguite. Non ci ho mai creduto e con te ho sperimentato la forza dell’amicizia, che non mi impediva di riprenderti anche duramente quando era necessario, ma che dava

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un peso e un valore diverso a questi interventi e, credo anche, ti aiutava a viverli ed accettarli meglio, perché di fondo sapevi che c’era un rapporto che andava al di là del formale e/o dell’istituzionale.

Per quanto ci è stato possibile so che ti abbiamo restituito una dignità ed un ruolo che fieramente avevi assunto occupandoti del TUO teatro. Avevi un ruolo centrale e non fittizio in quella funzione che ti ha permesso di mettere a frutto le tue conoscenze e capacità che erano comunque tante.

Mi ricordo ad esempio, per non citare che un episodio, quando siamo andati assieme da un medico, che alloggiava in un albergo a Mendrisio e arrivava dall’America, per un congresso. Aveva dei problemi con il suo PC per la relazione. Tu, perfettamente a tuo agio con l’informatica e con quel tuo inglese un po’ sgangherato da canadese, hai arrangiato tutta la situazione.

Quanto eri stato fiero in quell’occasione e anche io lo ero per te.

Eri anche a tuo modo generoso e le tue abilità le mettevi volentieri a disposizione di chi le sapeva apprezzare.

Con il Club hai quindi fatto un percorso che ha saputo ridarti quella dignità di cui dicevo prima, mettendo a frutto queste tue abilità.

Per me sei stato un assistente prezioso, per la tecnica e una testimonianza vivente delle idee che portavamo avanti; ricordo quando andavamo nelle scuole per operatori sociali a Losanna, Ginevra per tenere dei corsi post formazione parlando ed illustrando la metodologia e i principi del Club, e tu eri con noi come tecnico e testimonial.

Sei stato anche un cuoco molto apprezzato dove regolarmente ti mettevi ai fornelli per i pranzi che si organizzavano al giovedì e venerdì, ma anche per me, per noi, quando facevamo le nostre giornate di ritrovo con il team Teatro nella mia baita o nei week end di studio in Val Calanca per la mia banda, dove garantivi la sussistenza completa come capo cuoco per tutto il gruppo.

Che bei ricordi……………

Per terminare ti chiedo scusa, caro Peter, per avere un po’ forzato la tua volontà che era ….“nessuna cerimonia al mio funerale”.

Nessuno merita l’oblio e non mi sembrava giusto lasciarti andare così nell’anonimato senza poter fare sentire a te e alla tua cara Nico, l’affetto e la riconoscenza che ti sei meritato.

Ecco, è tutto Peter, ora rimarrai nei ricordi di chi ti ha conosciuto e come dicevamo tra di noi, “salut, au revoir”.

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Ho preparato poche righe che vorrei leggere per portare a nome di tutti gli amici della banda di Cavagnano (dal presidente agli allievi). Poche righe per salutare e ringraziare Peter, persona discreta ma sempre pronta a darci una mano nella preparazione dei nostri, talvolta bizzarri, progetti e per dare conforto e vicinanza a Nicoletta in questo triste momento.

In questi anni molti ci hanno aiutato ma il ricordo che ha lasciato Peter è unico. Tutti in banda lo conoscono e tutti si ricordano di lui. Persona discreta ma che sapeva prendere con estrema serietà e professionalità ogni compito che gli si affidava, che fosse di registrare un nostro concerto, piuttosto che fare il tecnico luci, fino a cimentarsi in cucina per preparare pranzo e cena per 50 musicisti affamati…, cosa che tra l’altro sapeva fare benissimo.

Ci mancherai Peter, ci mancheranno quei tuoi modi particolari di dimostrarci il tuo affetto e la tua amicizia come quando ci facevi trovare a fine prova dei budini al cioccolato tanto buoni quanto inattesi.

Grazie per tutto quello che hai fatto per noi e grazie per averci dato la possibilità di conoscerti.

Ciao Peter

Pensando alla vita complicata e tribolata di Peter, non possa fare a meno di ricordarlo con benevolenza e simpatia.

Come un eterno ragazzotto, un po’ discolo, imprigionato nel corpo di un omaccione sempre in bilico tra il desiderio irresistibile di trasgredire e la voglia di essere riconosciuto come membro dello staff e custode del rispetto di regole e regolamenti.

Ma non so, caro Peter, quando San Pietro ti consegnerà le chiavi del Paradiso, se di darà anche un modem e ti lascerà hakerare.

Ciao Caro Peter

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Caro Peter, eravamo presenti ad Abano Terme il giorno in cui Cupido, come lo hai descritto tu, è arrivato all’improvviso e con la sua freccia ha mirato dritto al tuo cuore e tu e Nico vi siete innamorati.

Caro Peter eravamo presenti il giorno in cui hai lasciato la tua moto accesa posteggiata sul marciapiede sotto il centro diurno di Mendrisio per salire di corsa e dichiararti a Nico.

Siamo così stati testimoni della nascita del vostro amore ed eravamo insieme la sera in cui, davanti ad una pizza, al ristorante Milano, abbiamo festeggiato il vostro fidanzamento. Quanti ricordi gioiosi caro Peter, per questo la nostra Patty a nome di tutti noi, ti ha dedicato queste parole.

L’amore ti guarda negli occhi, e non importa se per un momento o per sempre, all’amore basta il tempo di un respiro.

L’amore non ti chiede di cercare lontano, l’amore vive dentro di te.

L’amore ti accetta così come sei, l’amore non giudica.

Nicoletta… Peter… la vita vi ha separati... ma l’amore continuerà.

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Per Peter e Nicoletta Da parte di Pat, Vivi, Jo, Erna ed Elena

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