Insieme n.2 - 2022

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AUTUNNO-INVERNO N. 2 2022 N. 401 Insieme

Libertà e bellezza

Editoriale

di Peter Schrembs del Circolo Carlo Vanza

REDAZIONE INSIEME

Valentino Garrafa Manolo Lacalamita Manuel Negri Valentina Poletti Consuelo Rigamonti Rossana Rosi Gregorio Speranza Rio Tonini

Contributi fotografici: © Club ‘74 Gregorio Speranza Valentino Garrafa

Immagine di copertina: opera di Antonio Garau Titolo: fuga (2009)

Stampa: Laboratorio Offset OSC-CARL

Redazione Insieme Club ‘74 c/o OSC Via Ag. Maspoli 6 Stabile Valletta 6850 Mendrisio Tel.: 091 816 57 93 E-mail: info@club74.ch www.club74.ch

© Club ‘74, novembre 2022

La pinacoteca Casa Rusca a Locarno espone attualmente le opere dell’artista siriano Allam Fakhour la cui esistenza è stata segnata da distruzione, tortura e repressione vissuta in prima persona. Per il suo impegno politico contro la dittatura e a favore della libertà d’espressione in una Siria insanguinata da più di un decennio di conflitto armato con oltre 500 000 morti, più di 5 milioni di rifugiati di cui quasi il 40 per cento bambini sotto i 12 anni, subisce cinque anni di prigionia. In carcere viene privato di ogni possibilità di espressione creativa, salvo per i materiali della propria sussistenza: il pane arabo e il sapone. Ecco che Allam affida il suo anelito di libertà alla concreta trasformazione della materia grezza, alla forza simbolica di un significato che matura nella condizione esistenziale segnata dalla più totale assenza di libertà plasmando piccole sculture. L’insurrezione creativa di Allam ha un suo corrispettivo nello struggimento del blues, questo genere musicale di una bellezza totale che nasce in una situazione di deprivazione totale. Perché bellezza totale? Perché il blues alla sua origine è assolutamente estraneo a considerazioni estetiche, è allo stesso tempo modulazione di sofferenza e, anche qui, anelito di libertà. La materia e il suono diventano articolazioni di una gioia di vivere negata e desiderata. Quando sento parlare di etica e di estetica mi scappa da ridere e il pensiero corre alla passione della distruzione come passione creativa di Bakunin. L’estetica è ignobile pacificazione con l’esistente, l’etica la giustificazione della sopraffazione. Cosa c’è di più ridicolo di una commissione di etica che pretende di statuire cos’è giusto e cosa non è giusto? Cosa c’è di più assurdo di una commissione di estetica che decide cos’è bello e cos’è brutto? I recenti attacchi a opere d’arte esposte nei musei per enfatizzare l’urgenza della protezione del clima esprimono bene l’ambivalenza del giudizio sul bello: possono essere belli i girasoli di Van Gogh se la forma suprema della libertà, la vita, è messa in pericolo? Sottolineo questo concetto, perché lo oppongo con forza a chi denigra gli “amanti della vita” (detto così sembra un po’ frivolo ma lo faccio apposta) in nome, per esempio, della libertà. Un concetto che vediamo prendere vita nella bellezza creativa di Allam o del blues, altroché, e che messo a confronto con l’orrore della guerra nel presente ha il suo corrispettivo nella affermazione del “disfattismo” antimilitarista nel nuovo Manifesto anarchico contro la guerra. Finalmente un ritorno alla prospettiva umana senza l’altisonanza dell’eroismo, dell’onore, dell’orgoglio o della libertà, quella libertà ormai invocata dai peggiori soggetti della politica mondiale. Questo Manifesto, nella sua bellezza, mi fa venire in mente un altro manifesto che rimanda a una sottrazione individuale

INDICE

2-4 di Peter Schrembs e Redazione

6 di M.Grazia Giorgis

Libertà è bellezza

7 di Valentina

EDITORIALE e editoriale digitale 8-9 di Beatrice

13 di Charles Libertà

20-21 di Valentino Collage 38-39 Redazione Arriva Natale 36-37 di Beatrice La mia esperienza al Club ‘74

31 di Valentino Trova le... 10 differenze 32 di Gregorio Cruci...Gro 33 di Manolo La satira 34 di Rosi Dal ricettario di Rosi: Torta di castagne

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Libertà di poter essere e sapere Film Festival dei Diritti Umani 10 di Muriel Film Festival dei Diritti Umani 11 di Miroslava La ricerca della Libertà 12 di Dejan Bellezza 14 Redazione Assemblea ordinaria del Club ‘74 16 di Alessia Festa campestre a Casvegno 17 di Michelle Sagra del Borgo 18-19 di Antonio Visita al LAC (Scoprire un grande artista: Paul Klee) 22-23 di Gregorio La triade di Gregorio 24-25 Redazione Favole esopiche nel Parco di Casvegno 26-27 Redazione Assemblea: Giardino Zen al Quadrifoglio 28-29 di Consuelo Librobus: La via della bellezza - Il coraggio di essere liberi 30 di Enrico Amarcord: Il grillo parlante ... continua a pagina 4

all’oppressione dei grandi valori: il Nuovo Manifesto Futurista del compianto pittore patafisico Enrico Baj. Desidero citarvene almeno l’inizio: “Noi disprezziamo il pericolo, lo spreco, la forza. Coraggio, audacia, esaltazione portano lotta e morte (…). Noi disprezziamo il volante, il cambio, l’acceleratore, il motore sprint e la fetente benzina (…). Non vi è bellezza se non nella quiete (…). Vogliamo glorificare la Donna, e disprezzare la guerra, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore e le “belle” idee per cui si muore. Unica morte accettabile è quella nel proprio letto.” Grande maestro Baj! Rimane da aggiungere soltanto che quiete non è quietismo, non è quieto vivere. Il quietismo lasciamolo alle commissioni di etica e di estetica. La quiete del Manifesto invece è manifesta nella vile (sì vile, perché all’insegna della gioia di vivere anziché del gesto eroico) rivolta della canaglia, nella bella rivolta cantata dai Nomadi con le parole di un altro maestro, Francesco Guccini: contro i miti eterni della patria o dell’eroe, la politica che è solo far carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto “io penso che questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senz’armi.”

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Per l’occasione abbiamo “sentito il polso” della Valletta sul tema libertà e bellezza.

Editoriale digitale

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Opera di Michela Pellegrino

Libertà è bellezza

Ho avuto modo nella mia, ormai lunga, carriera di pensare spesso al concetto di libertà, libertà declinata nei più svariati modi: dalla privazione legata all’incarcerazione, al ricovero coatto, alla scelta, alla decisione, e altro ancora.

Di tutto questo però il concetto di libertà che più mi è affine è, per parafrasare un grande cantautore, “la libertà è partecipazione”. Partecipare nel senso di esserci, del poter dire la propria opinione di trovare lo spazio per essere ascoltati ed a questo punto la libertà indossa altro abito diventa un concetto attivo, che permette movimento soprattutto movimento della mente.

Ho lavorato per una decina d’anni in carcere e mi ha sempre meravigliato, dove sembrerebbe per eccellenza essere assente la libertà, come le persone che avevano accettato la loro condizione, per motivi diversi e talvolta anche gravi, riuscivano comunque a sentirsi uomini liberi malgrado tutte le restrizioni che gli venivano imposte. Ad un’attenta osservazione sono giunta alla conclusione che le persone che riuscivano a partecipare, a far loro il sistema, si sentivano, alle volte loro malgrado, uomini e donne liberi.

Liberi di spaziare con la mente, liberi di trovare un senso alla loro giornata, liberi di mantenere e coltivare relazioni, sia all’interno che all’esterno delle mura carcerarie, liberi di coltivare le loro passioni; insomma, uomini che a loro modo erano liberi! La stessa cosa la riscontro con chi incontro attualmente all’interno della mia pratica professionale, PMS, in cui le persone che sono riuscite e riescono ad accettare la loro malattia, il loro disagio affrontandolo di giorno in giorno, ed aggiungo, con coraggio, riescono a diventare attori attivi delle loro fragilità sostenendo un dialogo continuo con sé stessi e ciò che li circonda, professionisti, famigliari, compagni di cammino, partecipando attivamente alla loro continua evoluzione. Questa forma di partecipazione è in assoluto, per quanto mi riguarda, la maggior forma di libertà: l’essere con sé stessi ed essere attori attivi della propria vita.

E a questo punto è inevitabile parlare di bellezza, non la bellezza stereotipata che siamo abituati a vedere, la bellezza dell’immagine, dei cliché, ma la bellezza interiore di chi riappropriandosi della propria personalità, delle proprie idee, dei propri valori e delle proprie fragilità riesce a fare di tutto questo tesoro. Un tesoro dai mille punti di vista diversi, che necessariamente non piacerà a tutti ma che sempre prezioso e bello resta sia per chi lo detiene come per chi si avvicina e riesce a vederne le diverse sfaccettature accettandolo per quello che è.

Mi ritengo fortunata ad avere avuto la possibilità nella mia vita di avvicinarmi a tante persone diverse ognuna con la propria peculiarità e con la propria storia, ma sempre con il desiderio di essere liberi nell’accettazione di sé stessi e quindi nelle scelte per la propria vita.

Libertà di poter essere e sapere

“Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo”

Voltaire

Libertà vuol dire avere la possibilità di dubitare, di sbagliare, di cercare, di sperimentare e di dire no a una qualsivoglia autorità, che sia letteraria, artistica, filosofica, religiosa, sociale e politica, la libertà quindi è la condizione per cui un individuo può Decidere!

Per essere liberi ci vuole coraggio.

Coraggio di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, avvalendosi della volontà di concepire e di mettere in atto un’azione, mediante una libera scelta, fini e strumenti che si ritengono utili a realizzarla.

Il coraggio è l’atto fondamentale che abbraccia la libertà.

Coraggio di essere liberi, di poter essere quello che si è portando con sé il proprio essere, il proprio sapere, la propria storia, le proprie esperienze insomma la propria unicità. Unicità che a volte fatica ad essere accolta dalle rappresentazioni sociali.

Ogni essere umano è unico: rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà, quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi.

Le rappresentazioni collettive sono un elemento fondamentale della vita sociale in quanto attraverso esse percorrono diverse forme e molti contenuti che sono alla base degli atteggiamenti, delle propensioni, dei comportamenti e delle azioni degli individui nelle società.

Come ricorda Clarissa Pinkola Estes nel libro “Donne che corrono coi lupi” la natura selvaggia porta con sé tutto ciò di cui abbiamo bisogno per essere e sapere, porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni, parole e canzoni, segni e simboli.

Riunirsi alla natura istintuale cioè alle rappresentazioni collettive, non significa disfarsi di tutto e cambiare tutto, non vuol dire perdere le proprie socializzazioni primarie. Significa piuttosto il contrario. La natura selvaggia possiede una ricca integrità. Riunirsi significa fissare il proprio territorio, come scrive Clarissa, “trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo indipendentemente dai suoi doni e dai suoi limiti, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, essere consapevoli, vigili, rifarsi ai poteri innati dell’intuito e della percezione, scoprire a che cosa si appartiene, levarsi con dignità, conservare tutta la consapevolezza possibile.”

L’adeguata concezione della libertà dovrebbe essere sia positiva che negativa: ‘libertà di’ ma anche ‘libertà dà’. La piena libertà dell’individuo non può che raggiungersi attraverso un impegno collettivo, sociale. In uno stile limpido e trasparente.

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Film Festival dei Diritti Umani

di Beatrice

Il Film Festival dei Diritti Umani viene svolto dal 2014 a Lugano presso il cinema Corso ed il cinema Iride, con lo scopo di informare e sensibilizzare le problematiche legate al rispetto dei diritti umani attraverso un programma cinematografico, spazi di approfondimento e discussione con la presenza di ospiti.

Scoprii dell’esistenza del FFDUL nel 2019, quando partecipai per la prima volta come studentessa alla proiezione di un film intitolato “One Child Nation” (2019, Nanfu Wang, Jilianh Zhang). Il docu-film, diretto da Nanfu Wang e Jiliang Zhang, narra l’evento storico della politica del figlio unico, ovvero una politica estremamente rigida nell’ambito della pianificazione famigliare, attuata in Cina dal 1979 al 2015 sotto il governo di Deng Xiaoping, che inserì una legge che vietava alle donne di avere più di un figlio, con lo scopo di controllare le nascite al fine di contrastare il forte incremento demografico del paese. La pellicola racconta l’esperienza personale della regista e delle conseguenze del regime sul paese attraverso interviste a personaggi d’interesse come funzionari statali, giornalisti, ostetriche, ex capi di villaggio, ex trafficanti di esseri umani, ecc.

Ricordo ancora quanto fu d’impatto per me la visione di quel film e soprattutto quanto scaturisse il mio interesse nei confronti dei diritti umani, essendo un tema interculturale e in un modo o nell’altro, riguardante ciascuno di noi in quanto esseri umani. Da quel momento il festival divenne un evento atteso al quale partecipo ogni anno con entusiasmo, coinvolgendo i miei amici e la mia famiglia.

Lo apprezzo perché mi stimola nuove riflessioni facendomi scoprire realtà lontane del mondo in cui vivo, rendendomele in qualche modo più vicine.

Quando si parla di diritti umani si spazia tra un’infinità di argomenti e situazioni differenti che variano in base alla cultura, alla società, alla politica o al luogo in cui viviamo, dobbiamo però ricordare che in realtà essi sono validamente eguali ed inalienabili indipendente dal contesto culturale in cui ci troviamo, anche se purtroppo, al giorno d’oggi non è così. Pensiamo alle guerre, alle ingiustizie che vengono commesse quotidianamente sotto varie forme, ai paesi in cui il potere governa con autoritarismo e le persone non hanno la possibilità di opporsi, alle mancanze di rispetto nei confronti dell’identità personale, alle disuguaglianze di genere e d’identità o all’emancipazione personale. Gli esempi potrebbero essere infiniti ed esaustivi.

Nonostante ognuno di noi abbia un’idea più o meno approfondita in merito al che cosa siano i diritti umani in relazione all’attualità del mondo in cui viviamo, mi chiedo quanta reale comprensione e importanza si attribuisca al tema. Riflettendoci mi rendo conto di quanti dubbi e curiosità ho a riguardo; Siamo sufficientemente informati sui diritti umani? Abbiamo la consapevolezza di quanto siano importanti e fondamentali per il benessere del singolo individuo e più in generale della società e del mondo in cui viviamo?

Questi dubbi sono la motivazione che mi spinge a partecipare all’evento del Film Festival, perché mi permette di essere informata e di conseguenza essere cosciente sulla realtà del mondo in cui vivo, perché purtroppo il rispetto dei diritti umani non è per nulla scontato.

Quest’anno, in quanto sto svolgendo uno stage professionale formativo presso il Club ‘74, ho pensato di proporre un’attività didattica ed organizzare un’uscita con i membri del Club per poter coinvolgere delle persone nuove al festival ed integrare così un mio interesse personale in ambito professionale. Ho quindi proposto l’iniziativa che con grande piacere è stata accolta con interesse, così durante il mese di ottobre alcuni dei membri del Club ’74 hanno partecipato alla 9ª edizione del Film Festival dei Diritti Umani a Lugano. Abbiamo guardato un film intitolato “L’Étincelle” (2021, Valeria Mazzucchi e Antoine Harari), il quale racconta la realtà di una ZAD (Zone à Défendre), ovvero una sorta di società alternativa autogestita situata a Notre-Dames-des-Landes, in Francia. Il docu-film espone le difficoltà e le lotte contro lo Stato per la permanenza sul luogo, occupato per protesta ad un progetto aeroportuale. L’impegno, la collettività, la vicinanza delle persone e la scoperta di diverse storie rappresentano l’anima di questo luogo, che sopravvive in un mondo in cui ciò che è diverso difficilmente viene accolto con facilità. Gli abitanti di questa ZAD combattono quotidianamente per i loro diritti, affacciandosi su di una realtà che non da tregua alla loro battaglia.

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Film Festival dei Diritti Umani

di Muriel

DIRITTI UMANI / Commento libro «La tutela internazionale dei diritti umani», Salvatore Zappalà, 2011, Editore Il Mulino, Collana: Farsi un’idea

“Le soluzioni più adeguate per dare reale concretezza alla protezione dei diritti umani vanno trovate a livello nazionale.” Così si esprime Salvatore Zappalà, autore del libro “La tutela internazionale dei diritti umani” (2011, editore Il Mulino – collana: Farsi un’idea). Un’espressione che valorizza la nozione di sovranità responsabile. A quanto pare sono decisamente grandi le sfide del sistema internazionale di protezione dei diritti umani (il libro le illustra). Si potrà mai coronare il sogno dei diritti umani?

In uno dei passaggi di queste 142 pagine l’autore cita Antonio Cassese, docente universitario di diritto internazionale (Università degli Studi di Firenze)1 il quale ricorda che tutte le persone comuni possono dar vita a quelle “minuscole onde di speranza” di cui parlò Robert Kennedy in un discorso in Sudafrica durante l’apartheid (1966). Queste minuscole onde, che a me piace chiamarle scintille, portano negli anni ad un concreto cambiamento nel rendere più reale il rispetto dei diritti umani. Una realtà come ad esempio la ZAD (Zone à Défendre) può essere dunque un motore di questo cambiamento. Nel film documentario “L’étincelle”, visto durante il Film Festival dei Diritti Umani a Lugano, abbiamo potuto vedere uno dei

più grandi spazi autonomi d’Europa insediato in una foresta di Notre-Dames-des-Landes in Francia.

La ZAD riunisce anime che vogliono sperimentare uno stile di vita alternativo. Hanno posto il focus sul tema della vita in società, mettondone in discussione le regole considerate “normali” e di quotidianità in un contesto del genere. In una circostanza nata come protesta ambientalista, contro la costruzione di un progetto aeroportuale, una volta sciolta la questione, si sono ritrovati in una dimensione di loro piacere e hanno così continuato ad occupare lo spazio, ribellandosi (ritornare al bello) e r-esistendo ad ogni forzato sfratto. Sono persone comuni che hanno fiducia nella possibilità di fare altrimenti e mettersi in gioco per cambiare le cose facendo sentire la propria voce attraverso uno stile di vita considerato alternativo. Le autorità distruggono le loro case; loro ricostruiscono.

La maggior parte delle volte queste realtà sono viste come minacce perché il diverso mette paura, e tutto ciò che non si può controllare tendenzialmente incute timore perché semplicemente non è governabile. In un sistema la coesistenza di più realtà differenti che interagiscono tra loro, crea equilibrio, esattamente come la biodiversità. Ha dunque la sua importanza preservare queste realtà alternative, non permetterlo porta a grandi frustrazioni, che altro non possono che sfociare in variegate manifestazioni di malessere. Quelli del ZAD hanno uno slogan: “Non stiamo difendendo la natura, noi siamo la natura che si difende.” Stanno salvaguardando uno spazio di libertà individuale. E la sovranità solo se eserciterà in modo responsabile, eviterà un abuso di potere, mantenendo quell’equilibrio necessario per una pacifica esistenza. Allora, si potrà mai coronare il sogno dei diritti umani?

“Se si riuscirà a far diventare gli Stati realmente responsabili della propria sovranità allora forse si potrà riuscire a coronare il sogno dei diritti umani.”

La ricerca della Libertà

di Miroslava

Nel 1984, non ricordo il mese, ho deciso di abbandonare il mio paese, la Cecoslovacchia sommersa da un comunismo feroce. Avevo 23 anni e una pazza idea della Libertà. M. ed io abbiamo, come tanti, prenotato una vacanza al mare in Jugoslavia, con l’idea di scappare in Germania, credendo che i confini tra Jugoslavia e gli altri Paesi fossero aperti. Attraverso la Jugoslavia sparivano tante persone e perfino conoscenti, dei quali si avevano notizie da tutto il mondo: uno in America, l’altro in Italia e l’altro in Germania. Tutti erano stati in vacanza in Jugoslavia. Pensavamo che i confini non fossero vigilati come da noi, quindi ci siamo avventurati.

Fare le vacanze in Jugoslavia comportava aspettare un permesso speciale dal datore di lavoro e dalla polizia di stato. Nel mio caso avevo ricevuto risposta favorevole da entrambi e grazie a ciò ricevuto il passaporto speciale color grigio, esclusivamente valido per la Jugoslavia. Arrivati all’albergo in Jugoslavia i passaporti ci sono stati ritirati dalla guida e messi in cassaforte per evitare la nostra fuga. La nostra voglia di libertà era così grande che abbiamo preso coraggio e parlato con il personale dell’albergo, per ottenere i nostri passaporti prima del tempo e così poter varcare il confine. Abbiamo scoperto a Maribor, dove siamo stati bloccati per due volte, che i confini erano sorvegliati da guardie. La prima volta che ci hanno fermati sono rimasta bloccata e non riuscivo più a fare un passo, quando in piena luce del giorno ho avuto davanti a me i doganieri che ci facevano segno di avvicinarci alla dogana. Alla domanda cosa facevamo noi lì, noi rispondemmo che volevamo fare visita a uno zio in Germania. Allora i doganieri ci hanno raccomandato di ritornare in Cecoslovacchia.

Noi non potevamo più ritornare e così, aspettando la notte, abbiamo provato ad attraversare il confine attraverso i boschi, senza sapere che tra la Jugoslavia e l’Austria passa un fiume.

1 Fra i suoi incarichi pubblici vi sono stati quello di presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti e di primo presidente del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia.

M., io e la valigia, nella quale avevo tutto ciò che mi occorreva per cominciare una nuova vita altrove. Non potevo non prenderla con me nel bosco! Andavamo a passo lento senza sapere dove andare perché il bosco era buio. Non so quanto abbiamo camminato, i rametti, rompendosi sotto i piedi, facevano rumore. In certi punti sentivamo una voce acuta che gridava e spari che fischiavano vicino alle orecchie uno dopo l’altro. Non ho abbandonato la valigia neanche stavolta e ho corso e a un certo punto sono caduta. Ho sentito delle voci, ma non sono riuscita a fare uscire la voce dalla gola e il cuore mi batteva a mille. Era una guardia di confine che ci ha preso e portato in prigione. A tarda notte si apre la porta della cella ed entra una donna, una connazionale, urlando e vomitando. Il marito e il figlio di tre anni cercavano di attraversare il fiume che porta all’Austria. La donna ha perso le forze quando ha sentito urlare il figlioletto bagnarsi nell’acqua gelida del fiume alle tre di notte. Il bambino era con il padre mentre lei portava i sacchi con i vestiti che, a causa della corrente, la trascinarono di nuovo verso la Jugoslavia. Il marito e il figlio hanno raggiunto l’Austria. Io cercavo di consolarla e tranquillizzarla. Era una notte lunga e piena di emozioni. La mattina dopo il capo della prigione ci ha invitato tutti e tre a fare la colazione nel suo ufficio e in quella occasione ci ha dato le informazioni utili per attraversare il confine. Dopo aver pagato la multa per l’attraversata illegale e congedandoci dalla nostra paesana ci siamo diretti verso la capitale Belgrado. Qui un’associazione dotata dall’UNESCO, dove si esponevano i propri problemi politici, ciò che avevi subito nel tuo paese, siamo stati accolti e ci hanno dato la possibilità di scegliere qualsiasi paese del mondo dove andare, aspettando il visto di rifugiato politico. Oggi so che le parole magiche della libertà sono “Voglio chiedere asilo politico”, quello che ho chiesto ai doganieri per la Germania.

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Bellezza

di Dejan Libertà di

Tutti noi siamo attirati naturalmente da ciò che è bello. Al giorno d’oggi anche le macchine sono riuscite a codificare bene e replicare immagini che seguono tutti i canoni di bellezza come quelli di proporzionalità e di accostamento di colori e tonalità che ci portano ad ammirare con emozione ciò che viene raffigurato. Possiamo chiedere ai computer di crearci immagini stupende di ogni tipo. E questo porta a deprezzare ciò che troviamo naturalmente come bello o quello che riusciamo a creare alcuni di noi come artisti, che prima era visto come una rarità irreplicabile. Adesso possiamo avere su richiesta immagini, ma anche testi e suoni, mozzafiato in pochi clic. La bellezza prima seguiva un andamento che poteva essere concettualizzato con la curva di Bell, in cui si mostra che il più spesso delle volte troviamo qualcosa che sia nella media e sempre più raramente troviamo qualcosa che devia verso il molto brutto o il molto bello. Ecco, gli estremi ora sono facilmente riproducibili attraverso le tecniche di intelligenza artificiale che imparano da esempi e da canoni codificati che possono calibrare a piacere per sortire un effetto piuttosto che un altro. Viene quasi intuitivo chiedersi se a questo punto l’attività e la capacità umana della ricerca del bello è terminata oppure no. Secondo me non lo è dopotutto e dirò perché. Innanzitutto l’idea di ciò che è bello nasce da ciascun individuo, ciascuno con un’ideale di bellezza diverso dall’ideale di bellezza dell’altro, a seconda del suo vissuto, di ciò che gli è più familiare e dei suoi interessi. Pertanto, a parte se non ci impiantiamo un dispositivo avanzatissimo nel cervello che riesca a capire tutte le nostre peculiarità più viscerali, non troverà mai la nota esatta che colpisce dritto dritto nel cuore ma darà sempre una approssimazione subottimale di quello che ci aggrada per davvero quando torniamo alla estenuante ricerca senza ausili informatici che però torna a seguire l’andamento naturale della curva di Bell. E poi ricordiamoci anche che il bello si trova anche nel brutto. O meglio, nelle imperfezioni e nei dettagli. E l’accettazione delle imperfezioni e l’amore per i piccoli particolari speciali è qualcosa che si sviluppa in noi senza seguire regole ben specifiche, e quindi il modello automatico, allenato solo a distribuire risultati che piacciono indistintamente da chi li guarda, non riuscirà mai a catturare le nostre volontà del momento che appunto sono molto sfuggenti anche a noi stessi. Rimaniamo quindi piacevolmente imprigionati nella curva di Bell che ci attanaglia da sempre nella ricerca della bellezza autentica, che una volta arduamente trovata ci dà un immenso senso di liberazione, anch’essa, come è giusto che sia, duramente ricercata e ottenibile.

Charles

Libertà come male o forse accettazione della sua condizione di essere una polvere che la donna di pulizia pulisce con cattiveria o felicità. Se la donna di pulizia è carica allora la polvere avrà la consapevolezza della violenza. Avrà due vie possibili, o la spazzatura o l’aria della finestra. Basta crederci di uscire via nell’aria sia che sul mobile, sia sul davanzale della finestra o sia nella spazzatura. In qualsiasi posizione c’è la speranza.

Infatti non dipende dall’umore cattivo o felice della donna di pulizia, ma nella speranza della libertà che ci è data, cioè l’amore che anche lei ritornerà polvere e che per rispetto della sua condizione (donna di pulizia) nella sua vita ha spolverato dappertutto per pulire. La polvere che fu in speranza o è in speranza di riunirsi in altre per fare la terra, dove germoglia una pianta che ripossa dare con il pensiero di un fiore fatto di polvere.

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Assemblea ordinaria Club ‘74 (5 luglio 2022)

la Redazione

1.

Assegnazione scrutinatori e Valentino Garrafa Presidente del giorno.

2.

Lettura e approvazione dell’ordine del giorno. Breve saluto del presidente del Club ’74, Rio Tonini.

3.

Lettura dell’andamento finanziario e della Revisione dei conti conto annuale. Conti approvati ad unanimità.

4.

Comitato 2021

Presidente Rio Tonini Aldo Pellegrino

Vice presidente Luisella Nussbaumer Oliver Sargenti

Cassiera Laura Ferrari Rosi Ritter

Segretaria Consuelo Rigamonti Nicoletta Danzi

Proposta Comitato 2022

Presidente Rio Tonini Consuelo Rigamonti

Vice presidente Luisella Nussbaumer Aldo Pellegrino Cassiera Rosi Ritter

Segretari Oliver Sargenti Tobias Thalmann

Proposta accettata dall’Assemblea all’unanimità.

5. /6. Giro di parola tra i presenti sul 2021 e 2022.

Mauro: Nel 2021importante è stato potersi vedere e parlare. Durante la pandemia l’impatto relazionale con la clinica era più organizzato confronto ad adesso. Abbiamo imparato a lavorare in modo diverso. C’è stato un positivo riavvicinamento al CARL. Organizzando progetti riusciamo a fare gruppo e questo è interessante per la Clinica.

Il Club ’74 ha un ruolo importante sia dentro che fuori dalla Clinica. Ci saranno momenti importanti per il Club ’74.

Magda: aveva voglia che il 2021 finisse. Nei reparti ci sono infermieri nuovi che non conoscono la realtà del CLub ‘74. Importante far capire la potenzialità del Club. Sfruttare meglio e di più lo spazio davanti al Bar Sociale/ Prestin Vecc. Riuscire a fare passare il messaggio. Organizzare un’Assemblea generale sui problemi di Casvegno. Proposta di trasferire il Club ’74, che rimarrebbe chiuso, dalle parti del Bar Sociale un pomeriggio la settimana, venerdì, e animare il luogo con diverse attività. Proposta accettata a unanimità. Si comincerà venerdì 15 luglio. Vari interventi dei presenti.

Il Club ’74 sono le persone non la Valletta!

Chiusura dei lavori Assembleari.

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Opera di Michela Pellegrino

Festa campestre a Casvegno

di Alessia

Questa affermazione del famoso Doc di Ritorno al Futuro la trovo calzante per aprire il mio articolo sulla Festa Campestre, perché finalmente dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia da COVID-19, dove ci chiedevamo più volte quando saremmo ritornati alla normalità, ecco che finalmente ha avuto luogo nuovamente la famosa Festa Campestre al parco di Casvegno. Personalmente era la prima volta che partecipavo, ma, nonostante ciò, ho percepito la gioia della prima volta anche in molti che di feste campestri ne hanno vissute diverse. Infatti, credo che quella di quest’anno sia stata speciale, unica nel suo genere.

I temi conduttori di questo numero dell’Insieme sono “bellezza” e “libertà”, temi molto ampi e declinabili, volendo, a qualsiasi soggetto.

Scontato dirlo ma è stato bellissimo ritornare a vivere una giornata a stretto contatto con gli altri e con la libertà di sorridersi e di abbracciarsi dopo due anni passati rinchiusi in casa, distanziati gli uni dagli altri, mascherati e delle volte addirittura terrorizzati dalla vicinanza dell’altro. Siccome per me è stata la prima volta, vi racconterò la giornata dal punto di vista di una novellina. Dalla mia postazione, quella della Riffa è stato incredibile vedere tanta gente di diverse generazioni tutte riunite assieme a divertirsi. Ma personalmente posso dire che la conoscenza di una persona in particolare è stata veramente speciale. Sono pochi mesi che lavoro al Club ’74 come stagista, ma una cosa l’ho capita per certo, molte cose magari accadono perché l’ambiente è informale ed accogliente, ma non capitano mai per caso. Credo dunque che il destino volesse che incontrassi questa persona, che con molta genuinità e sincerità mi ha raccontato aneddoti della sua vita molto intimi e privati. Scrivo dunque anche questo articolo per lei, per ringraziarla, perché probabilmente è inconsapevole del regalo meraviglioso che mi ha fatto. Lei mi ha donato la sua fiducia e un abbraccio, di cui ricordo ancora il calore.

Forse attraverso queste parole sono riuscita a farvi tornare alla mente il ricordo di un incontro simile al mio che avete avuto la fortuna di fare anche voi. E chissà che

questo vostro incontro non sia proprio avvenuto in occasione di una delle numerose feste campestri organizzate nel parco di Casvegno. E sapete che la cosa non mi stupirebbe, perché credo che questo parco sia magico: ha il potere di far incontrare tante persone diverse ma di affascinarle tutte allo stesso modo con la sua meravigliosa bellezza naturale.

Sagra del borgo

di Michelle

Conosco da anni la “Sagra dell’uva” di Mendrisio, oggi chiamata “Sagra del borgo”. L’ho sempre vissuta con gli occhi di una ragazza che con la sua comitiva va alla scoperta del paese e delle sue corti a divertirsi allegramente. Molti bei ricordi sono nati nel borgo di Mendrisio con gli amici di una vita che senza una meta specifica si riuniscono semplicemente con l’unico scopo di vivere la propria regione e le sue tradizioni.

La cultura nostrana e quella della mia famiglia mi hanno sempre insegnato che il vino fa parte della storia del nostro cantone, e che il bere moderato e consapevole non fa male…anzi unisce le persone! Basta pensare al fatto che il Mendrisiotto e i suoi dintorni sono famosi per le sue vigne e il suo vino: grande orgoglio per ogni momò.

Il mio percorso formativo mi ha portata al Club ’74, il quale ha dato vita ad un progetto di animazione in una delle corti del borgo.

Mi sono ritrovata in o un contesto di festeggiamenti in cui il vino non era il re della festa, ma bensì una comunità che nonostante la pioggia si è riunita a giocare, ridere e mangiare. Insomma si è riunita per il semplice piacere di stare insieme a divertirsi. Lo spettacolo dei fantastici “Confabula” ha portato il sorriso sui volti di grandi e piccini.

La bancarella qui però analcolica, con Radix e Ingrado, hanno promosso un momento conviviale, un messaggio di sensibilizzazione contro le dipendenze. Pop-corn e giochi hanno rallegrato gli animi dei più piccoli e dato un tocco in più all’atmosfera.

In quel sabato pomeriggio piovoso il fuoco è stato un prezioso amico, attorno ad esso si è riunita una comunità che senza pregiudizi e discriminazioni è riuscita a condividere il vero senso delle feste paesane, ossia quello di godersi i piccoli momenti di felicità assieme.

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“Ho sempre sognato di vedere il futuro, di guardare oltre negli anni”
(Dottor Emmet Lathrop Brown, “Doc”, Ritorno al Futuro)

Visita al LAC

Scoprire un grande artista: PAUL KLEE

È la prima volta che vado a vedere con i miei occhi il lavoro di un grande autore dal vivo, un artista famoso, e già solo per questo motivo ho grande emozione. Le opere di Paul Klee hanno solcato e mutato l’arte in un momento storico difficile, Klee è tra i grandi.

di Antonio

Ha vissuto sin dall’infanzia circondato dall’arte, ha studiato quest’ultima e ha anche insegnato come professore presso l’accademia d’arte di Düsseldorf. Grafico e pittore espressionista.

Statuari sono gli artisti che lasciano un segno nella storia, e se parliamo di segni, sono addirittura disegni e grafici che sono esposti al LAC Lugano, e che ho avuto la possibilità di scoprire.

Mi stupisce come l’elementarità del tratto di Klee possa esprimere così tanto, cosa si cela dietro tanta espressività. Talvolta associo ad un grande artista anche una psiche turbata, ma forse è solo la vita che ti turba. Tra glorie e tempeste Paul Klee ha vissuto molto intensamente, due grandi guerre mondiali, l’emigrazione, la fama, ma anche la marginalizzazione, il nazismo, e amici come Kandinsky e Picasso. È con estrema cautela che mi affaccio ad osservare la grafica esposta, cercando di scoprirmi umanamente simile nell’animo a un grande, e constato una certa ovvietà, quasi io possa essere simile nei risvolti del mio vivere, della mia sofferenza, della mia espressione.

In fondo essere artisti è profondamente umano.

In particolare due disegni, dai titoli coraggiosi, fantasiosi o meno, mi danno di considerare la mia normalità di spettatore e nel contempo ciò che è in me un po’ pazzo, tra la fede e l’occulto.

Allo stesso tempo vedo un estro grafico e di pensiero molto equilibrato e magnetico.

Quest’ultimo quadro è descritto come Zimmerperspective mit Einwohner “Prospettiva della stanza con gli abitanti”. Mi lascio però trasportare dal titolo, “L’altra stanza dei fantasmi”, pensando che non esista limite all’arte, come nel proprio pensiero; e questa, è libertà.

19 18
GEISTER IN PURGATRIUM 1914 “Fantasmi in purgatorio” DAS ANDERE GEISTERZIMMER 1925 “L’altra stanza dei fantasmi”
21 20

La triade di Gregorio

A Papà

Ti ho vissuto un tipo assente Che lo sbircio dal balcone Con la bimba impenitente A me scendeva il lacrimone

Poi col tempo siam cresciuti Non che non ci sia il rispetto Ma meschini e dispiaciuti Ci scambiammo del dispetto

Cupa la vita or ci ha segnato Non più vera hai la libertà Su una sedia sei obbligato

E nel viale chi ci andrà Con le belle signorine A sfoggiar, pura, la vanità.

Gro, 1 ottobre 2022

Per Eliana

1

Mi è tornata or la vena Solo ieri dopo un secolo È finita la mia pena Non è un vortice, ma un eolo Un tumulto di neuroni A scacciar i giorni in pregi Che son come i tuoi occhioni Veri e propri privilegi

Io ti penso come un sogno Che ritorna da lontano Salutare come un bagno Che risciacqua corpo e mente Ogni cellula risplende Vola in cielo soavemente. Gro, 8 ottobre 2022

Per Eliana 2

Dolce ti conobbi al mercatino

Galeotto il poema a Lampedusa

Ammiccasti giusto quel pochino Lampante, era solo una scusa Lessi versi più assai che audaci Era un luogo di cultura Sai bambina già tu mi piaci Che rischiai brutta figura

Il tuo cuor reso scalfitto Dall’audace mia autostima Or mi sa che sono fritto

Quel Simone tosto arriva Io comunque vado dritto Ti spedisco la missiva. Gro, 11 ottobre 2022

23 22

Favole esopiche nel Parco di Casvegno

Verbale Assemblea del 10 ottobre 2022

Il Soroptimist International club Mendrisiotto propone un progetto culturale che inviti a riflettere sui valori come: amicizia, non violenza, pace, rispetto, libertà, solidarietà, giustizia...

La sensibilizzazione ai temi viene fatta attraverso la creazione di un percorso puntuale, dove vi saranno dei luoghi di sosta dedicati alle favole esopiche.

La presentazione dei testi nei luoghi individuati sarà sostenuta da opere di natura evocativa che rappresentano e enfatizzano i pensieri.

Lettura di Alessia della fiaba “L’inverno e la primavera”.

Introduzione di Valentino: Valentino ringrazia Alessia e i presenti a questa Assemblea Club e afferma che le Assemblee generali riprenderanno con una certa regolarità.

Le favole di Esopo sono state scritte da Esopo nel VI secolo a.C. Le favole sono 358 e a partire da un nucleo primario nel corso dei secoli ne sono ste aggiunte altre. Le parole di Esopo possono essere definite archetipe. L’archetipo è definibile come principio primitivo che traduce la cultura e la trasforma in simboli. Karl Gustav Jung ne ha fatto una teoria che non posso certo sintetizzare stamattina in poco tempo. Sicuramente Jung affermava che, più che un aspetto simbolico, gli archetipi si nascondono ovunque e si manifestano nella nostra vita aiutandoci a costruirla nella coscienza individuale. Jung diceva che “Nessun archetipo è riconducibile a semplici formule. L’archetipo è come un vaso che non si può svuotare né riempire mai completamente. In sé, esiste solo in potenza, e quando prende forma in una determinata materia, non è più lo stesso di prima. Esso persiste attraverso i millenni ed esige tuttavia sempre nuove interpretazioni. Gli archetipi sono elementi incrollabili dell’inconscio, ma cambiano forma continuamente.”

Ringrazia Soroptimist per avere deciso di ubicare il percorso nel Parco di Casvegno. Questo dà un senso di apertura, libertà e democrazia al Parco di Casvegno, luogo frequentato da tutti, persone degenti, persone che vi abitano, che vi lavorano, che vi trascorrono il tempo libero. Si può allacciare questo discorso alle favole scelte, frutto di un percorso di confronto di Soroptimist.

Le favole scelte ci parlano infatti di bontà e sensibilità (L’inverno e la primavera), dell’importanza delle scelte (Il lupo e il cane), di rispetto (La lepre e la tartaruga), di solidarietà e gentilezza (Il leone e il topo) ed infine di onestà e dell’importanza di accettare la propria unicità (La cornacchia vanitosa).

Lettura di Gregorio della fiaba “Il lupo e il cane”.

Cristina Fasol, Presidentessa di Soroptimist del Mendrisiotto, presenta brevemente la Fondazione che ha origini statunitensi ed è formata solo da donne. In Svizzera sono

attive 40 Fondazioni, di cui 5 nella Svizzera Italiana. La sede del Mendrisiotto, che si auto finanzia, conta 30 socie impegnate in diverse professioni.

Lettura da parte di Valentina della fiaba “La lepre e la tartaruga”.

Licia e Alice, progettiste del progetto, presentano il programma. Casvegno è visto come una grande opportunità per le cinque postazioni da individuare. Si sono scelte delle lastre di acciaio inox per la qualità del materiale che è immutabile. L’inox è lucido e riflettente come uno specchio, adattabile (aspetto tattile). Le lastre sono molto sottili, leggere e allo stesso tempo molto resistenti e forti. Sulle placche sarà apposto il titolo, la favola, la morale, dei codici. Vengono mostrati i luoghi dove probabilmente saranno posizionate le placche e la forma delle placche. Le placche sono create ad hoc sul senso della favola. Il percorso sarà permanente.

Lettura da parte di Antonio della fiaba “Il leone e il topo”.

Interventi del pubblico:

Sarebbe stato meglio il marmo in quanto materiale più verde –> questione di prezzo. Idea bella e sensata. È prevista una lastra 0 che spieghi il percorso?

Magda -> d’accordo sul materiale più verde. Il progetto è molto rispettoso del contesto e degli aspetti morali.

Laurent -> l’idea piace perché si prende cura del parco animato dalle persone del Mendrisiotto. Arricchente e ringrazia i partecipanti.

Andrea -> molto contento del confronto. Ben vengano queste collaborazioni.

Mauro -> il progetto venendo da fuori, dall’esterno, porta un valore aggiunto, dando qualità al quartiere Casvegno.

La posa è prevista per la primavera 2023 (marzo – aprile).

Lettura da parte di Antonio della favola “La cornacchia vanitosa”.

E se invece che 5 fossero 6 postazioni, se ne potrebbe parlare? Soroptimist stanzia un budget per progetto, dal quale non si può uscire.

Come Assemblea prendiamo l’impegno di far rispettare la tempistica.

Ringraziamenti da parte degli oratori e dei presenti. Chiusura dei lavori assembleari.

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Giardino Zen al Quadrifoglio

Consuelo legge “Il Giardino Zen”, dopo di che Valentino introduce l’incontro leggendo la “Petizione” di cui si è parlato nelle RIMPP e nel Segretariato del Club. La petizione si sofferma sulla questione del Giardino Zen e degli spazi aperti del QF, aperto o chiuso? E perché? Oggi non desideriamo sentenziare verità, ma cercare stimoli per chiarire questa situazione.

Il Dr. De Peri ringrazia per l’organizzazione di questo momento maturato da un’istanza autentica di un’ospite. Occasione di partecipazione diretta tra ospiti e terapeuti, che è benvenuta.

L’atrio è anche uno spazio condiviso usato per riprendere incontri – assemblee tra QF e Club ’74.

Il Giardino Zen e l’atrio hanno una valenza associativa e logistica.

C. propone di introdurre la figura di un operatore 24h/24h che vegli sul Giardino Zen e che animi il luogo.

Dobbiamo stare meglio assieme senza dimenticare che siamo in una clinica.

1° interlocutore: Avere per il Giardino Zen regole chiare senza “poliziotto”. Giardino Zen come luogo terapeutico, cornice terapeutica e di cura.

2° interlocutore: Il Giardino Zen è brutto, non curato e sporco. Cominciare a pulire il luogo poi, a piccoli passi, decidere sul da farsi.

A.: La CPC è un luogo di cura o un luogo per il trattamento delle dipendenze? Sarebbe opportuno che le dipendenze fossero trattate in modo limitato o addirittura in un’altra sede.

De Peri: Il problema posto é importante e merita una riflessione.

3° interlocutore: Quando il Giardino Zen era aperto era un via vai. A causa della pandemia si è chiuso. Sarebbe auspicabile riaprire il Giardino Zen con la sorveglianza di una persona competente.

Il Giardino Zen è uno spazio non curato, quindi non bello. Prendersi quindi cura dello spazio specifico. Sul senso della chiusura sono state dette delle cose giuste, anche se in opposizione e complesse. Togliere al più presto le erbacce dal Giardino Zen poi decidere come andare avanti. Prima della pandemia al Giardino Zen sono successe cose poco piacevoli, tipo consumo di sostanze e aggressività.

C.: far firmare un “contratto” agli utenti.

Le ipotesi di una soluzione sono diverse e distanti tra loro. Il paziente si aspetta di poter condividere gli spazi in sicurezza. Questo è un tema che interessa tutto OSC; il paziente desidera essere tutelato e protetto durante il suo percorso di guarigione.

A.: propone di riaprire il Giardino Zen.

Il numero di incidenti come l’esposizione a sostanze illecite è lo stesso sia prima che dopo la pandemia.

G.: cominciare a pulire. Il Giardino Zen è centrale e quindi ben sorvegliabile. G. ribadisce che gli infermieri sono oberati di lavoro.

R.: al Quadrifoglio si nota mancanza di professionisti e personale.

A.: propone un’autogestione del Giardino Zen.

Valentino: Siamo in un luogo di cura, come gestire i luoghi è importante, terapeutico con interventi individuali. Cosa si può fare? Aprire il Giardino Zen per pulirlo. Intraprendiamo un percorso, che comincia con le cose che possiamo fare, anche con il nostro coinvolgimento.

4° interlocutore: Vedo il giardino Zen come un luogo da non utilizzare, luogo d’abuso, quindi tenerlo chiuso per evitare problemi.

A.: aprire a degli orari prestabiliti o in caso di troppa gente chiudere.

Ci si lamenta ancora del poco personale. Magda spiega che il personale assunto è sufficiente, ma attualmente molte persone sono in malattia, infortunio o maternità.

M.: l’uso di sostanze c’è! Securino per Giardino Zen e Quadrifoglio 1.

De Peri: si può rendere il Giardino Zen un luogo bello e accogliente lavorando tutti insieme.

Mauro: Cambiare il paradigma: da terra di nessuno a terra di cui ci si deve occupare.

Valentino: concludendo si ringrazia il Quadrifoglio per la possibilità data. Dopo diverso tempo si è potuto riorganizzato un’Assemblea. Esiste la volontà di dare seguito a questa iniziativa ogni 2/3 mesi e alternala con Assemblee in Adorna e in Edera.

Il Dr. De Peri e Valentino stabiliranno una data per ridare dignità al Giardino Zen.

Conclusione dei lavori assembleari.

27 26
Verbale Assemblea: 17 novembre 2022

di Consuelo

Titolo: La via della bellezza

Autore: Vito Mancuso

Editore: Garzanti Libri

Anno: 2018

Pagine: 200

Perché rimaniamo affascinanti davanti a un volto umano o ammiriamo incantati un dipinto, perché avvertiamo un’inesprimibile emozione ascoltando musica, o quando ci soffermiamo a contemplare un tramonto? Vito Mancuso cerca di dare una risposta a questi interrogativi e propone, come via della salvezza, la via della bellezza. Un libro intelligente dove Mancuso declina la bellezza sotto ogni aspetto, inquadrandola nella storia della natura, in quella dell’uomo e dell’arte, ne interpreta le profondità per spingersi fino alla ricerca della verità. Quali sono, innanzitutto, le fonti della bellezza? Secondo Mancuso sono principalmente tre: la natura, l’essere umano, l’arte. La natura è

sempre bella: per quanto a volte possa essere tremendamente nociva per l’essere umano, non è mai ambigua dal punto di vista estetico. Il sentimento di bellezza che trasmette è semplice, unitario e universale: è percepito da tutti gli esseri umani, a qualunque epoca, luogo, formazione, ceto sociale, religione, ideologia appartengano. All’essere umano, che pur può essere raccontato in termini puramente estetici, compete anche un altro tipo di bellezza: è la bellezza che scaturisce dalla coscienza, dal cuore, dall’anima, dal coraggio, dalla generosità, dalla lealtà, dalla giustizia, dall’intelligenza e dalla libertà. E dal momento che, a differenza del resto del mondo animale, gli esseri umani hanno scopi e bisogni che vanno al di là di quelli biologici; dal momento che si stupiscono della condizione del mondo, la indagano, ne restano affascinati; dal momento che celebrano l’essere ben oltre il calcolo dei vantaggi e degli svantaggi di tipo biologico, ben oltre i termini di utilità, essi producono la terza sorgente di bellezza: l’arte. Mancuso, infatti, approfondisce il senso dell’interiorità della nostra anima fatta di armonia e fascino, eleganza e grazia, in tal modo la riflessione diventa un percorso alla ricerca delle sorgenti della bellezza. Il libro è ricco di notazioni e rimandi teologici, filosofici, fisici, letterari, ma non si tratta di un libro erudito, ma di piacevole lettura. Il libro in effetti è dedicato ad ognuno di noi, al nostro percorso di arricchimento interioreIl libro termina con un elenco di Pratiche per camminare sulla via della bellezza e con il monito a «ricordarsi sempre che via della bellezza è la via della salvezza» (p. 173).

Vito Mancuso è un teologo italiano. Nato il 9 dicembre 1962 a Carate Brianza da genitori siciliani, è dottore in teologia sistematica. Si è sposato in una parrocchia milanese con Jadranka Korlat, ingegnere civile. Dal matrimonio sono nati Stefano nel 1995 e Caterina nel 1999. Attualmente insegna al master di Meditazione e neuroscienze dell’Università di Udine. I suoi scritti hanno suscitato notevole attenzione da parte del pubblico, in particolare “L’anima e il suo destino” (Raffaello Cortina, 2007),”Io e Dio Una guida dei perplessi” (Garzanti, 2011), “Il principio passione La forza che ci spinge ad amare” (Garzanti 2013), “Dio e il suo destino” (Garzanti 2015), quattro bestseller da oltre centomila copie con traduzioni in altre lingue e una poderosa rassegna stampa, radiofonica e televisiva.

Titolo: Il coraggio di essere liberi

Autore: Vito Mancuso

Editore: Garzanti Libri

Anno: 2016

Pagine: 152

Esiste veramente la libertà? E, se esiste, dov’è? Com’è? Come definirla? Se invece non esiste, perché tutti ne parlano, la ricercano, la pretendono? «Tu ti ritieni libero? E se non ti ritieni tale, lo vuoi diventare? Hai, vuoi avere, il coraggio di essere libero?».

Sono queste le domande che l’autore si pone all’inizio del libro e che in 4 capitoli e 28 paragrafi spiega. Bisogna liberare il pensiero da tre prigioni di cui, generalmente, non abbiamo consapevolezza: il rumore (ossia quel continuo rimuginare della mente), l’ego (cioè la proiezione di noi sul mondo, di quello che pensiamo di essere, dell’eccessiva importanza che ci attribuiamo), l’ideologia (la dipendenza dalle dottrine altrui che costituiscono il comodo approdo alla difficoltà di pensare). Aperte queste gabbie, l’uomo può dirsi libero quando ha maturato verso sé stesso e il mondo un atteggiamento creativo, responsabile e consapevole. Solo allora la vita avrà la leggerezza del respiro.

Cosa sono per me bellezza e libertà dopo aver letto questi due libri: La via della bellezza; Il coraggio di essere liberi.

Per quanto riguarda la bellezza condivido il saggio di Mancuso e credo che la via della bellezza conduca alla verità.

La libertà, nelle sue molteplici accezioni, è per me più difficile da definire. Comunque posso dire di non essere libera in quanto tabagista accanita e longeva. Altro ostacolo alla mia libertà è la malattia che coglie la vita portandola da buona a pessima. Quando colpisce i sembra di indossare una corazza e non riesco quasi a respirare. Passato un tempo variabile tutto ritorna come prima e io posso cercare di essere me stessa, senza maschere, senza pregiudizi, consapevole. Questa condizione porta a essere liberi e con coraggio anelare alla verità.

Quindi bellezza e libertà conducono alla nostra verità.

Consuelo

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Amarcord

Dall’edizione dell’Insieme n°1 del 2008

Il grillo parlante

C’era una volta in una valle incantata un’immensa radura tutta popolata da grilli che cantavano a squarciagola tutto l’anno. Un bel giorno Camillo, il più saggio dei grilli, si mise in testa di fare il giro del mondo. Fece fagotto e partì. Cammina cammina arrivò nel bel mezzo di una folta foresta e li si perse. Per caso (ma un caso non era!) giunse al castello della maga Babagaia. Appena lo vide la maga gli disse: “Caro Camillo, come vedi sei arrivato da me spinto dal fato. Devi sapere che tu hai un grande destino. Sei il più saggio di tutta la tua stirpe e io con la mia magia ti darò il dono della parola affinché tu possa accompagnare un burattino di legno, chiamato Pinocchio, a diventare un ragazzo vero. Sei pronto Camillo?”. E in men che non si dica con la sua bacchetta magica la maga fece un incantesimo e il grillo cominciò a parlare e disse: “Ambarabà cicci coccò... caspita ma io parlo! E adesso cosa devo fare?” “Devi recarti da mia cugina la fata turchina e lei ti dirà cosa fare” disse la maga. Così detto fatto il grillo si rimise in cammino e in quattro balzi attraversò montagne e deserti e arrivò alla casetta della fata turchina. “Aprite, aprite” gridò a squarciagola. Rispose una vecchia lumaca: “Calma caro, calma, arrivo subito!” e dopo un anno arrivò all’uscio dove aspettava il grillo parlante che nel frattempo era quasi morto di fame e di sete: “Finalmente sei arrivata cara lumachina, non ne potevo più, quando si mangia?” “Subito caro, subito” e lo accompagnò in cucina. Ci misero un altro anno ad arrivare in cucina e quando fu giunto il grillo si divorò la credenza. Quando venne notte fu accompagnato nella stanza della fata turchina da uno scarafaggio che abitava la cucina. Quando arrivò nella stanza vide un burattino di legno con il naso lungo lungo, ma talmente lungo che c’erano sopra tre nidi di rondine. Il burattino era legato al letto strillava a squarciagola e diceva: “Non sono malato, non voglio prendere la medicina, non sono malato!” “Se non prenderai il Risperdal” disse la fata turchina “finirai al neuro in tre giorni! Guarda è arrivato il grillo parlante che d’ora in poi sarà la voce della tua coscienza”. Camillo si avvicinò al burattino parlante e lo apostrofò: “Su via, piccolino, prendi la medicina altrimenti dovremo chiamare la gattoambulanza con gli infermieri coniglietti per portarti in ospedale! E se farai il bravo la fata turchina ti regalerà un bel scooter per andare a scuola” “Va bene prenderò la medicina, ma non voglio uno scooter, voglio una Vespa rossa fiammante!”. Il burattino prese la medicina e come per incanto guarì e divenne un ragazzo vero. Così a Natale Pinocchio ricevette la Vespa rossa nuova fiammante e ringraziò il grillo parlante perché d’ora in poi poteva andare alla scuola (la SUPSI!) in Vespa senza più prendere l’autobus! E così … tutti vissero felici e contenti!

Trova le... 10 differenze

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Enrico O. Prima Dopo

La satira di

Manolo

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Dal ricettario di Rosi

Torta di castagne

Ingredienti:

125 gr di burro morbido 175 gr di zucchero 100 gr di mandorle 4 uova

una bustina di zucchero vanigliato 2 panetti di purea di castagne

Preparazione:

Amalgamare lo zucchero con i tuorli poi aggiungere lo zucchero vanigliato, la purea di castagne e le mandorle, montare a neve gli albumi e aggiungere all’impasto.

Cuocere nel forno preriscaldato a 200 gradi per 40 minuti. Decorare con zucchero a velo o della glassa.

La satira di Manolo

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La mia esperienza al Club ‘74

Ogni giorno passato al Club ‘74 lo vivo come un’immersione in una realtà unica e preziosa nel suo genere. Una realtà che sinceramente mi piacerebbe ci fosse anche all’esterno di questo luogo.

Vorrei raccontare la mia esperienza come stagista al Club ‘74.

Mi chiamo Beatrice, ho 24 anni e sto frequentando la SUPSI per ottenere un Bachelor in lavoro sociale, in futuro vorrei essere un’educatrice. Mi trovo al Club ‘74 perché durante il percorso formativo gli allievi sono tenuti a fare delle esperienze professionali, quindi eccomi qua.

Premetto che questa è la mia prima esperienza nell’ambito del disagio psichico, prima di iniziare lo stage avevo diversi dubbi sul che cosa mi aspettasse. I primi giorni confesso che sono stati strani, dovevo ambientarmi per conoscere il luogo e i suoi spazi, soprattutto chi li frequenta, tra colleghi e pazienti; c’è un continuo via vai da queste parti.

Dopo poco tempo mi sono subito sentita a mio agio. Come dice Antonio “il Club ’74 è una finestra all’interno del quartiere di Casvegno”. Una finestra che è una sicurezza e che permette di affacciarsi ad un luogo terapeutico, di socializzazione e costruzione condivisa; un luogo in cui ci si cura e si sta bene insieme.

Sicuramente ognuno di voi ha una propria idea di cos’è la salute mentale ed il disagio psichico, io credo che ci sia una linea molto sottile a dividere questi due concetti. Forse siamo abituati al pregiudizio della follia che ci viene radicato dalla società in cui viviamo, forse anche dal timore della non conoscenza che abbiamo in merito,

perché il giudizio si forma sull’ignoranza. Vorrei però che sappiate che quelle persone che vengono chiamate “pazzi” o “matti”, non rappresentano sempre quello scenario che ci immaginiamo.

A tutti noi potrebbe capitare di trovarsi in un momento di difficoltà, di crisi e doversi anche confrontare con il disagio psichico, dunque non abbiate pregiudizi, sradicarli contribuirà a cambiare lo stigma e soprattutto ad aiutare ed aiutarsi nella cura, ma questo non avverrà se si inciampa in una mentalità poco aperta.

Personalmente mi trovo molto bene al Club ‘74, sto facendo un percorso formativo molto denso a livello professionale e sicuramente anche a livello personale; questi spazi sollecitano anche interiormente.

In questi mesi ho avuto modo di conoscere diverse persone e fare nuove esperienze, imparando a conoscere meglio anche me stessa mettendo in gioco le mie insicurezze ed i miei limiti personali. Grazie a questo stage ho l’occasione di sperimentarmi ogni giorno in una quotidianità semplice ma decisamente molto intensa e speciale.

Ogni giorno passato al Club ‘74 lo vivo come un’immersione in una realtà unica e preziosa nel suo genere. Una realtà che sinceramente mi piacerebbe ci fosse anche all’esterno di questo luogo.

“sto facendo un percorso formativo molto denso a livello professionale e sicuramente anche a livello personale; questi spazi sollecitano anche interiormente”

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Poesia di Natale 2022

Natale è invitare un clochard al cenone della Vigilia.

Natale è fare un regalo ad un profugo.

Natale è fare pace con i parenti se non lo si è.

Natale è ascoltare e meditare il suono delle campane la notte del 24 dicembre.

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di Fabio Ceriani Mosaico rinvenuto nella Necropoli Vaticana. Fonte: it.wikipedia.org

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