Basilicata, il sociale in fuga

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BASILICATA IL SOCIALE IN FUGA

Se ne vanno i giovani, ma anche gli anziani e i migranti. Il Terzo settore non è mai stato così in difficoltà nel coinvolgere cittadini e comunità. La regione più ricca del Mezzogiorno si è fermata. Come farla ripartire?

GEOGRAFIE MERIDIANE f/b 03

BASILICATA IL SOCIALE IN FUGA

GEOGRAFIE MERIDIANE f/b 03

GEOGRAFIE MERIDIANE

Inchiesta sul welfare del Mezzogiorno

03. BASILICATA IL SOCIALE IN FUGA

a cura di Luca Iacovone

In collaborazione con

Editing e grafica:

Vita Società Editoriale S.p.A. impresa sociale www.vita.it

Via Giovanni Bovio, 6 – 20159 Milano (MI)

© 2023

direttore: Stefano Arduini

testi: Luca Iacovone (Luigi Alfonso a pag. 37 e Gabriella Debora Giorgione a pag. 29)

grafica e impaginazione: Antonio Mola e Matteo Riva

revisione: Antonietta Nembri

focus-book

GIÀ PUBBLICATI:

i book sono scaricabili gratuitamente da vita.it

01. SARDEGNA IL SOCIALE ISOLATO a cura di Luigi Alfonso
PUGLIA IL SOCIALE BIFRONTE a cura di Emiliano Moccia
02.

INDICE

Una regione in cerca di un nuovo orizzonte di Stefano Arduini

CAPITOLO 1.

Una regione ricca di risorse che ha perso se stessa

→ Una comunità a rischio desertificazione pag. 10

CAPITOLO 2.

Change makers: la Basilicata che scommette sul futuro

→ Casa Netural

La casa del vivere collaborativo pag. 25

→ Comune di Castelsaraceno

Così un paese diventa comunità pag. 29

→ Consorzio La Città Essenziale

L’innovazione sociale fuori dai luoghi comuni pag. 33

→ Moon — Museo Officina degli Oggetti Narranti

Benvenuti nel museo che parla da solo pag. 37

→ Il Sicomoro

Porte aperte alle nuove generazioni pag. 41

→ Syskrack

La community socialmente tech pag. 45

→ Universosud

Un ponte fra università e lavoro pag. 49

CAPITOLO 3.

Pensieri meridiani: riaccendere la fiamma del “fare sociale”

→ 1. Prima sfida: dare credito al sociale di Teresa Fiordelisi pag. 55

→ 2. Seconda sfida: il welfare culturale di Emmanuele Curti pag. 60

→ 3. Terza sfida: l’economia della pace di Valerio Giambersio pag. 67

5 GEOGRAFIE MERIDIANE

Una regione in cerca di un nuovo orizzonte

M’accompagna lo zirlio dei grilli e il suono del campano al collo d’un’inquieta capretta. Il vento mi fascia di sottilissimi nastri d’argento e là, nell’ombra delle nubi sperduto giace in frantumi un paesetto lucano.

da “Lucania” di Rocco Scotellaro (1940)

Con questi versi uno dei più importanti intellettuali lucani, Rocco Scotellaro, consegna ai lettori l’anima del suo territorio. A prendere la scena è l’immagine dello spaesamento, del disorientamento di un “paesetto” che per traslato incarna tutta la Lucania. Oggi, nel centesimo anno dalla sua nascita Scotellaro riscoprirebbe una regione ancora una volta “sperduta” e “in frantumi” con alle spalle il lutto di un’occasione che non ha saputo cogliere, quella di Matera Capitale Europea della Cultura, un presente svuotato della sua gente in fuga verso altri territori e orizzonti e un futuro da progettare su basi nuove, ma

6 BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA → EDITORIALE

ancora nebbiose. La terza pubblicazione della serie Geografie Meridiane nell’ambito del progetto Vita a Sud (dopo quelle dedicate a Sardegna e Puglia), curata Luca Iacovone, documenta con numeri e testimonianze il rinculo di una comunità che sta rischiando la desertificazione sociale, ma quasi non sembra rendersene conto, almeno a livello politico, credendo forse che le royalties petrolifere disseminate a pioggia possano di per se stesse costituire una traiettoria di sviluppo sensato. Ma proprio la mancanza di un senso e di una prospettiva sociale e civile che possa determinare un sentimento di “restanza” (ovvero il restare per costruire qualcosa d’altro, come spiega in un suo bellissimo libro uscito nel 2022 l’antropologo Vito Teti) spiegano perché nel solo 2020 oltre 2mila giovani lucani per la metà laureati hanno deciso di abbandonare la Basilicata. Ma non sono solo i giovani italiani a darsi alla fuga: la Basilicata ormai è terra di emigrazione anche per gli anziani e per i migranti. Eppure i numeri dicono che questa rimane la regione più ricca del Mezzogiorno. Niente a che vedere coi tassi di povertà che si registrano nella vicina Calabria, ma anche in alcune aree delle confinanti Campania e Puglia. Come riaccendere la spina allora? Come rimettere linfa dentro un corpaccione sociale all’apparenza annichilito su se stesso? Uno dei tratti caratterizzanti la collana “Geografie Meridiane” è proprio questo: trovare le risposte nell’azione e nel pensiero sociale. Iacovone insieme alla redazione di Vita ha se-

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lezionato sette esperienze di organizzazioni sociali che non si sono arrese allo status quo. Non solo esperienze di cooperative o imprese sociali che riescono a fare buona economia puntando sulla vocazione territoriale e l’inclusione sociale, ma anche sperimentazioni e hub di innovazione capaci di costruire welfare e comunità con strumenti tecnologici e pratiche sociali inedite immaginando e costruendo ambienti dove il mondo dell’università, del privato sociale e in taluni casi anche della pubblica amministrazione a trazione municipale diventano architetti di un modo nuovo a attrattivo di ricomporre a progetto comune i frantumi del paesetto di Scotellaro.

Ma poiché, come scrive il drammaturgo ungherese Theodor Herzl «il sogno e l’azione non sono così diversi come molti pensano. Tutte le azioni degli uomini sono sogni all’inizio», è cruciale valorizzare il pensiero meridiano che esprime questa regione. Nell’ultimo capitolo del volume ospitiamo i contributi di tre pensatori che in vesti diverse stanno cercando di costruire un nuovo immaginario. Cruciale in particolare un passaggio di Emmanuele Curti: «Dovremmo abbandonare pensieri di “resilienza” (termine che purtroppo in bocca alla politica diventa una scusa per lasciare al privato l’onore dell’iniziativa, dimenticando la responsabilità dell’azione pubblica), per ritessere un senso di cura “arcaico”, alimentando anche forme di residenza temporanea, in luoghi che attraggono persone che fuggono dai rumori e l’anonimato delle grandi città».

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Una regione ricca di risorse che ha perso se stessa

Se ne vanno i giovani, ma anche anziani e stranieri. Risultato? I soggetti sociali e il Terzo settore coinvolgono sempre meno persone. Malgrado il Pil pro capite più alto del Sud

9 → CAPITOLO 1

Una comunità a rischio desertificazione —

Rocco Scotellaro questo 19 aprile avrebbe compiuto cento anni. Poeta della lotta contadina e sindaco di Tricarico a 23 anni, è il simbolo di una generazione, quella dei ventenni, che ha segnato la storia lucana nelle sue pieghe più difficili. Aveva poco più di vent’anni anche Carmine Crocco, simbolo del brigantaggio postunitario, e ventenni erano gli insorti che liberarono Matera, prima città nel Mezzogiorno, dall’occupazione nazifascista. Ma ventenni sono anche i lucani che nel 2003 animarono le proteste che costrinsero il governo Berlusconi ad una clamorosa retromarcia sulla scelta di Scanzano come sede del deposito nazionale di rifiuti nucleari.

C’è da preoccuparsi, quindi, se oggi sono proprio i ventenni in Basilicata ad alzare bandiera bianca. A dare l’allarme è il Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2022: oltre 2mila giovani nel 2020 hanno abbandonato la Basilicata e di questi oltre la metà laureati. Per capire davvero questo dato ne occorrono altri due: nello stesso anno le nascite registrate in regione sono state 3.500, mentre i decessi 6.700. Sempli-

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ficando possiamo dire che ogni sei lucani che muoiono nascono tre bambini. Dei tre, una volta laureati, due abbandonano per sempre la Basilicata, mentre uno soltanto decide di restare a viverci. Neanche i migranti restano: la popolazione straniera in Basilicata nel 2020 è scesa a 22mila residenti, segnando una diminuzione del 2,5% rispetto all’anno precedente. Si assiste dunque ad un lento processo di desertificazione in una regione che siamo abituati a descrivere come piccola, ma che non lo è: in Basilicata può entrare due volte il territorio della Liguria, solo che in Liguria vive il triplo della popolazione residente in Basilicata. Una regione che è spesso descritta come povera, ma non lo è: il Pil pro capite lucano è il più alto delle regioni del Sud con un tasso di crescita del 7,7%, il maggiore in Italia, primato condiviso con la regione Lombardia (Istat 2022, dati 2021).

Verrebbe allora spontaneo immaginare la Basilicata come uno spazioso resort per le terze età, ma anche qui i numeri smentiscono le aspettative. Secondo l’Aire è in crescita anche il numero di over 60 che lasciano la Basilicata, per raggiungere i propri figli trasferitisi altrove, o alla ricerca di migliore assistenza sanitaria. La Basilicata si è classificata nel 2022 al penultimo posto tra le regioni italiane per efficacia e capacità di risposta del sistema di welfare e all’ultimo con riferimento agli indicatori di spesa. Penultimo posto per la Basilicata anche nel punteggio relativo ai Livelli essenziali di assisten-

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za (Gimbe 2020) e all’ultimo posto per assistenza in strutture residenziali (Agenas 2021): ogni mille over 65 in Basilicata c’è soltanto 1,4 posto letto equivalente, a fronte dei 6,4 pugliesi e dei 10,2 calabresi, senza considerare la media nazionale di 16 posti letto.

Terzo settore, fu primavera

«Il Terzo settore ha vissuto una bellissima primavera in Basilicata, che oggi evidentemente è in crisi», a certificarlo è

Giuseppe Salluce, portavoce del Forum del Terzo Settore in regione. «La Basilicata è stata la prima regione ad attuare la 328/00 sui servizi sociali, tra le prime a recepire la 381/91 sulla cooperazione sociale, così come la legge sul volontariato: in quegli anni la visione pubblica si integrava con la spinta che veniva dal basso, da quello che adesso chiamiamo Terzo settore. Siamo stati locomotiva del Sud. Oggi quell’intesa non esiste più: non c’è più neanche un dipartimento per il welfare in Basilicata, mancano gli interlocutori istituzionali. I giovani vanno via perché non vedono un progetto per la nostra terra: non possiamo chiedere ai nostri figli di fare gli eroi».

Esempio plastico della difficile interlocuzione tra ente pubblico e Terzo settore viene offerto da Sviluppo Basilicata, incaricata dalla Regione di gestire il Fondo Microcredito finanziato con risorse del Fondo Sociale Europeo 2014-2020. La misura destinata al sostegno del Terzo settore prevede una

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Siamo stati la locomotiva del Sud. Oggi invece non c’è più

neanche un dipartimento per il welfare. Mancano perfino gli interlocutori istituzionali

dotazione iniziale di dieci milioni di euro, ma al 31 dicembre 2022 erano stati erogati poco meno di 400mila euro. Le risorse non mancano e a confermarlo è lo stesso assessore regionale alla salute e alle politiche sociali, Francesco Fanelli. «Anche ad inizio 2023 abbiamo istituito bandi e avvisi pubblici in sostegno delle organizzazioni del Terzo settore, con il chiaro intento di sostenere, attraverso sostanziosi contributi economici le attività da questi svolte durante il difficile periodo della pandemia e allo stesso tempo, per incentivare nuovi progetti a rilevanza locale, consapevoli» dice Fanelli, «che il Terzo settore rappresenta un motore importante dell’economia lucana». Anche l’associazionismo in Basilicata restituisce l’idea di un passato glorioso, ma che fatica a ritrovare uno slancio: nel censimento delle istituzioni non profit, l’Istat mette la Basilicata in vetta alle regioni del Sud per numero di enti non profit in proporzione al numero di abitanti, ma ben sotto la media per numero di persone impegnate in ogni realtà; la Puglia, ad esempio, ha in proporzione il 20% di istituzioni in meno, ma che riescono a coinvolgere quasi il 25% di persone in più. Un associazionismo del piccolo è bello? «Ci sono tan-

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te associazioni in Basilicata, il numero è cresciuto considerevolmente almeno fino al 2017» a rispondere è Gianleo Iosca del Centro Servizi al Volontariato Basilicata «si costituiscono piccoli nuclei all’interno dei quali la fiducia e la reciprocità è elevata, mentre l’apertura verso l’esterno è difficile: dei microcosmi che diventano gelosi e a volte diffidenti verso il territorio».

La risacca di Matera 2019

Sono passati solo quattro anni dallo tsunami Matera Capitale Europea della Cultura 2019, un’onda che ha travolto la storia della regione e l’immagine della Basilicata nel mondo. Eppure, nel panorama del Terzo settore ne sopravvive a stento il ricordo. L’esperienza non è nata negli uffici di promozione turistica regionali, o da una cordata di imprenditori illuminati, ma ha trovato i suoi natali proprio in uno dei tanti volti del Terzo settore che sfugge a rappresentanze e federazioni: inizialmente un gruppo di giovani, poi un’associazione, infine una fondazione, ha incontrato subito il coraggio e l’intuizione di amministratori e istituzioni capaci di scommettere su quella visione.

Tra gli impatti di Matera 2019 sul territorio lucano, pubblicati sul sito ufficiale, manca una lettura sull’indotto “sociale” generato dal programma culturale europeo. Ci viene in aiuto l’Istat che nel 2016 (anno in cui partiva la macchina Mate -

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ra 2019) incoronava la Basilicata come la regione d’Italia con la più alta crescita in termini percentuali sia del numero di realtà non profit (+8,8%) sia di occupati nel settore (+9,5%). Di tutt’altro tenore la lettura che viene invece dall’ultimo censimento delle istituzioni non profit pubblicato ad ottobre 2022 (dati 2020). Il non profit in Basilicata è fermo, mentre diminuisce il numero degli operatori impiegati, in controtendenza con le altre regioni del Sud che invece registrano una crescita sia del numero delle istituzioni non profit (+1,7%) sia dei dipendenti impiegati nel settore (+2,1%).

Qual è l’eredità di Matera 2019 per la Basilicata? Il turismo, l’unico settore in crescita. Le presenze turistiche nel 2022

hanno infatti toccato di nuovo i numeri record del 2019: non soltanto la coda lunga di un evento che va consumando le sue ricadute, ma l’evidenza di un settore che ha saputo capitalizzare la spinta offerta da Matera 2019 e rispondere al violento stop imposto dalla pandemia.

Nel 2022 i flussi di turisti in regione sono cresciuti del 14,7% rispetto all’anno precedente e nel 2023 si stima un’ulteriore crescita del 4,6% (Demoskopika.it).

Non resta traccia, invece, delle preziose sperimentazioni che avevano coinvolto il Terzo settore sul binomio cultura e sociale. Terminati i fondi europei sembra essersi fermato tutto, e quel poco che con fatica resiste e continua a crescere nei territori (festival di arte pubblica, esperienze di teatro sociale,

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musei imprese sociali), non trova riconoscimento nelle rappresentanze classiche del Terzo settore.

Profezia Policoro dove sei finita?

Negli ultimi dieci anni il Progetto voluto dalla Chiesa

italiana ha generato solo piccolissime ditte individuali orientate all’auto-impiego

È nato in Basilicata nel 1996 ed è il principale progetto della chiesa italiana che tenta di dare una risposta concreta al problema della disoccupazione. Il Progetto Policoro tiene ancora oggi nel suo nome il ricordo della città lucana che ospitò la sua nascita, per ribadire la centralità del Sud e il coraggio di alcuni suoi vescovi che provarono a scommettere concretamente sui giovani, mettendo a loro disposizione beni immobili, borse di studio e reti professionali. A quelle importanti dosi di fiducia da parte dei vescovi, i giovani meridionali risposero con generosità e creatività.

È utile, a 27 anni dal primo Policoro, misurare l’impatto di questo progetto nella sua regione d’origine, perché (con le dovute scale) è rappresentativo di quello che è successo a tutto il mondo cooperativistico lucano. Nei primi dieci anni, tra il 1997 e il 2007, sono nate in Basilicata 8 cooperative sociali — Gesti Concreti del Progetto Policoro — che oggi generano un

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fatturato aggregato di 10 milioni di euro, impiegando 320 dipendenti. Nei cinque anni successivi il Progetto Policoro ha contribuito alla nascita di sole altre due cooperative sociali, che oggi faticano a raggiungere insieme i 100mila euro di fatturato, impiegando 13 persone. Negli ultimi dieci anni, invece, hanno visto la luce con il Policoro solo poche e piccolissime ditte individuali, per lo più esperienze di auto-impiego.

È già finita la spinta profetica della Chiesa che tanto ha contribuito alla crescita del Terzo settore? «La Chiesa continua a essere punto di riferimento in Basilicata, grazie ai suoi vescovi è voce libera, capace di abitare i “crocicchi della storia”, ma è innegabile che una spinta propulsiva si sia esaurita», commenta Michele Plati, presidente Federsolidarietà Basilicata e responsabile Alleanza Cooperative Sociali, l’esperienza più grande nata in Basilicata con il Progetto Policoro «il periodo degli “anni ruggenti” della cooperazione sociale è coinciso con il blocco del turn-over nelle pubbliche amministrazioni: parecchi profili professionali non avevano molte alternative. In quel contesto i vescovi sono stati attenti a creare le condizioni per far nascere nuove iniziative d’impresa».

«La situazione non è dissimile a quello che sta accadendo alla cooperazione sociale in Basilicata», aggiunge Plati «stiamo pagando il conto di una grande tendenza al fai-da-te nelle relazioni e nelle filiere». Per avere una misura della tendenza più ampia si guardi alla sola Federsolidarietà, che ha il mag-

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gior numero di cooperative, ben 91: solo 6 anni fa ne contava 118, che sviluppavano un fatturato di quasi 90 milioni di euro, a fronte degli attuali 43 milioni. «La pandemia da Covid-19 ha colpito duramente il Terzo settore», certifica l’assessore Fanelli «gli enti impegnati nella protezione civile, nella sanità o nel trasporto medico sono stati catapultati in prima linea, altri invece che hanno dovuto all’improvviso sospendere le proprie attività. Molte realtà hanno visto ridotto il proprio bilancio».

Uno sforzo importante quello della cooperazione sociale nelle aree interne, sopportato anche dai lavoratori. «Uno dei problemi più presenti in questo settore è la diffusione del tempo parziale involontario, i doveri sono full time, i diritti con part-time» dice con uno slogan efficace Vito Maragno della Cgil Funzione Pubblica «gli stipendi non sono sufficienti a superare lo stato di povertà e il lavoro per assurdo inchioda la famiglia in una situazione di povertà».

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Comune più grande

Numeri sotto la lente La crisi demografica

Comune più giovane (età media)

Comune con maggior incremento/ decremento di residenti italiani rispetto al 2019 (per 100 residenti)

Comune più vecchio (età media)

65.420 ab.

Comune con maggior incremento/ decremento della popolazione rispetto al 2019 (per 100 residenti)

+2,2% -4,9%

Comune con maggior incremento/ decremento di residenti stranieri rispetto al 2019 (per 100 residenti)

Per determinare il comune con il maggior incremento o decremento di popolazione straniera è stato considerato l’insieme dei comuni con almeno 10 stranieri residenti

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DEMOGRAFIA Numero di abitanti per anno al 1° gennaio 580.000 570.000 560.000 550.000 540.000 530.000 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 578.391 576.619 573.694 570.365 567.118 558.587 553.254 545.130 541.168 539.999 Focus
San Paolo Albanese (Pz) 226 ab. Comune più piccolo
Potenza
Scanzano Jonico (Mt) Roccanova (Pz) 41,8 anni Marsicovetere (Pz) 57,9 anni Carbone (Pz)
+1,1% +40% -62,5% -5%
Bernalda (Mt) Castelgrande (Pz) San Mauro Forte (Mt) Chiaromonte (Pz)

Numeri sotto la lente Socio-sanitario

SPESA SANITARIA PRIVATA PRO-CAPITE NELLE REGIONI (IN EURO)

SCORE REGIONALE RELATIVO AGLI INDICATORI DI SPESA DEL WELFARE ITALIA INDEX 2022*

Elaborazione The European House–Ambrosetti su dati Ragioneria Generale dello Stato, 2022

*Punteggio da 0 a 100 su una serie di indicatori. Elaborazione TheEuropean House-Ambrosetti, 2022

VALUTAZIONE ADEMPIMENTI LEA* (2020) EMIGRAZIONE OSPEDALIERA EXTRA REGIONE IN AUMENTO (VALORI %)

*Valutazione per tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica; assistenza distrettuale; assistenza ospedaliera. Ogni area ha un punteggio da 1 a 100. La Basilicata ha ottenuto 57,1 in prevenzione, 62,8 per assistenza distrettuale e 51,9 per quella ospedaliera Elaborazione Gimbe su dati del ministero della Salute

20 BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA Istat
LE PRIME PUNTEGGI MIGLIORI LE ULTIME PUNTEGGI
Lombardia 709 P.A. Trento 78,4 Veneto 646 Sardegna 74,6 Emilia Romagna 656 Friuli VG 75,5 P.A. Trento 614 Liguria 73,4 Lazio 605 V. d’Aosta 73,3 Molise 314 Veneto 65,5 Sicilia 301 Abruzzo 63,7 Campania 298 Calabria 61,7 Calabria 281 Molise 60,8 Basilicata 274 Basilicata 56,9 LE SEI PEGGIORI REGIONI IN ITALIA Potenza Matera Campania 177,8 1999 22,6 % 1999 27,5 % 2020 22,8% 2020 28,9 % Prov. Auton. Bolzano 176,2 Sicilia 174,8 Molise 173,3 Basilicata 171,8 Calabria 129,4
PEGGIORI

Numeri sotto la lente Ricchezza, povertà e Terzo settore

Cooperative sociali A 88

Cooperative sociali B 506

Associazioni di volontariato 105

Associazioni di promozione sociale

Cooperative sociali Federsolidarietà

91 cooperative, 1332 occupati

Legacoop

28 cooperative, 980 occupati

Agci

13 cooperative, 1027 occupati

Enti lucani iscritti al Runts Provincia di Potenza

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Istat Istat PIL PRO CAPITE (2017) INCIDENZA DI POVERTÀ FAMILIARE PER 100 FAMIGLIE CON LE STESSE CARATTERISTICHE (2017) TERZO SETTORE 15 K 30 25 20 15 10 5 2014 2014 2015 2015 2016 2016 2017 2017 17,5 K 22,5 K 20 K 25 K 27,5 K 30 K Italia Italia Basilicata Mezzogiorno Mezzogiorno Basilicata
165
Matera 249
428 Provincia di

Change makers: la Basilicata che scommette sul futuro

Sette esperienze diverse, ma unite da un comune sentire: costruire luoghi di senso e attivazione civile per non arrendersi alla deriva

23 → CAPITOLO 2

La casa del vivere collaborativo

Casa Netural. Ha il nome di una casa, ma oggi si potrebbe parlare di ecosistema Netural. Nata in un monolocale nei rioni Sassi, Casa Netural ha dato vita a Matera al primo coworking rurale con coliving in Italia e a due spin-off, Wonder Grottole e Netural Coop, aggregando oltre 800 innovatori sociali —

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Mariella Stella e Andrea Paoletti, fondatori di Casa Netural

Dal monolocale nei Sassi ai quattro piani dell’attuale headquarter dell’associazione, la casa continua ad essere dimensione e forma dell’innovazione targata Netural. «La casa rappresenta il luogo per antonomasia, nucleo fondante di socialità», spiega Andrea Paoletti, presidente di Casa Netural «dove è possibile coniugare il lavoro collaborativo al vivere collaborativo».

Il riferimento è ai due progetti di punta di Casa Netural, il coworking e il coliving, che vivono e si alimentano reciprocamente. «Ogni ospite del Coliving è diventato un’opportunità per la comunità locale» continua Paoletti «poiché gli abitanti temporanei della Casa vengono invitati a condividere i loro saperi, le loro competenze con i membri dell’associazione, con gli abitanti del quartiere e con la community locale che frequenta lo spazio. Negli anni il cortocircuito nato dall’incontro tra queste dimensioni ha dato vita a progetti di innovazione sociale di grande impatto».

Così nasce la Scuola dei Saperi di comunità, un luogo di formazione peer to peer in cui chi sa fare qualcosa la insegna agli altri, al di là di titoli formali o delle certificazioni, solo come momento di scambio e trasmissione di un saper fare che da individuale diventa collettivo. La Scuola è stata finanziata nella fase di startup da un partecipatissimo crowdfunding per il quale sono stati organizzati oltre 60 momenti formativi. Sulla stessa scia è nato anche l’Incubatore Netural per

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imprese culturali e creative, finanziato con il bando Funder 35, a cui hanno avuto accesso 40 progetti, alcuni diventati associazioni e imprese autonome. Dalle competenze sviluppate e sperimentate nei primi sette anni di attività associativa, è nata una cooperativa impresa sociale — Netural Coop — che oggi sviluppa strategie per valorizzare imprese, territori e comunità.

«Abbiamo capito che la forza di questo modello poteva coinvolgere un’intera regione e ci siamo messi in cammino con la Netural walk per incontrare da vicino le comunità che vivono nelle aree più rurali della Basilicata. Abbiamo percorso mille chilometri a piedi in 50 paesi lucani». È nata così l’idea di provare a declinare questo modello in un piccolo borgo dando vita a Wonder Grottole. Oggi abitano a Grottole solo 300 abitanti (più del 60% è over 70), ci sono oltre 600 edifici abbandonati, e con il progetto The Italian Sabbatical di Airbnb e Wonder Grottole più di 280mila persone da tutto il mondo si sono candidate a vivere alcuni mesi nel comune lucano. Dal successo di Wonder Grottole nasce l’idea della prima Scuola europea per village host, che coinvolge oggi sei

Con la Netural walk abbiamo percorso mille chilometri a piedi per tutta la regione, andando a conoscere le comunità di 50 paesi lucani

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Stati europei: Italia, Spagna, Serbia, Lettonia, Polonia e Ungheria.

Casa Netural è stata infine tra i project leader di Matera 2019; nel 2016 ha vinto il premio Adi per il Design Sociale, nel 2019 il Premio Minimum Prize di CittadellArte, Fondazione Pistoletto. In dieci anni l’associazione è stata riconosciuta come luogo di cambiamento da moltissimi cittadini, innovatori e imprenditori sociali. «Tutto questo non è scontato», conclude Paoletti «in un contesto che crede poco nell’impresa e aspetta che sia il pubblico a risolvere i principali problemi economici, sociali e occupazionali di una comunità. Un luogo in cui l’assistenzialismo ha definito i ruoli di ognuno distinguendo chi ha il potere da chi lo subisce».

Casa Netural

Via Galileo Galilei 1, Matera

Tel. 0835 388276

Sito: www.benetural.com

Mail: casa@benetural.com

Settore d’intervento: Coworking, coliving, incubatore d’impresa, formazione

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Così un paese diventa comunità —

Comune di Castelsaraceno. Il ponte tibetano più lungo del mondo, una mappatura di comunità, una progettazione partecipata per la rigenerazione del comune potentino guidato dal sindaco Rocco Rosano. E una fondazione di comunità che curerà e svilupperà “l’ecosistema Castelsaraceno” —

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Alcuni dei partecipanti all’iniziativa “Street Workout Extreme”

«L’impegno per la politica è molto più grande del ruolo che si riveste»: Rocco Rosano ha 45 anni, è un ingegnere, ha un dottorato di ricerca in “Metodi e tecniche per il monitoraggio ambientale” ed è il sindaco dei 1.197 abitanti (rilevazione al 2022) di Castelsaraceno, piccolo comune in provincia di Potenza. Che il suo impegno politico sia più grande del ruolo di sindaco che riveste dal 2012 lo si vede dalle 1.160 traversine calpestabili del ponte tibetano pedonale più lungo del mondo che ha voluto costruire a Castelsaraceno collegando il Parco Nazionale del Pollino e quello dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

Un’opera ingegneristica straordinaria che ha impiegato 24 tonnellate di acciaio e 5.500 metri lineari di funi e cavi di ancoraggio per reggere il ponte per 586 metri di lunghezza ad 80 metri di altezza. Inaugurato ad agosto del 2021, il ponte, costruito in tre anni (lockdown compreso) e costato 1,5 milioni e al 28 febbraio 2023 ha registrato oltre 35mila ingressi con un indotto di 23 contratti di lavoro attivati, 25 nuove imprese nate nel territorio, oltre 460mila visite al sito web ed 11 giovani impegnati nel servizio civile.

Il ponte, anzi «l’ecosistema turistico partecipato di Castelsaraceno», come lo definisce il sindaco, arriva dopo un lungo lavoro di “progettazione partecipata” che parte da un’idea avuta da Rosano negli anni prima del mandato e prende forma tra il 2015-2016. A Castelsaraceno viene, infatti, elaborata una “mappa di comunità” grazie all’ascolto di tutti i cittadini, dagli anzia-

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ni ai più giovani, dalle imprese alle famiglie, dalla scuola alla chiesa, per capire quali fossero i punti di forza, di debolezza, le minacce e le opportunità percepiti dalla comunità stessa. E la risposta proattiva al “qua non si può fare niente” è stata l’idea di fare qualcosa che fosse unica al mondo: un ponte che peraltro reca in sé anche il messaggio importante di unire due luoghi, due punti lontani.

«I piccoli comuni secondo me possono essere laboratori di innovazione sociale e di rigenerazione che possono anche rappresentare un nuovo punto di vista nel vedere lo sviluppo dell’Italia, invertendo il paradigma che lo stato tante volte mette nelle politiche dicendo che c’è un divario tra Nord e Sud, che per me invece è un divario tra ciò che viene considerato centro o periferia», ci dice ancora il sindaco Rosano.

L’idea del ponte tibetano pedonale più lungo del mondo nasce da un esperimento di progettazione partecipata del piano di sviluppo della comunità

E di innovazione e rigenerazione per il riequilibrio tra centro e periferia Castelsaraceno ne attiva parecchia. A partire dall’accoglienza di persone migranti con il Sistema accoglienza integrazione: nel centro storico sono ospitate 20 famiglie e il sindaco ha già chiesto un ampliamento del Sai con arrivo di altre 20 famiglie. Coraggiosa anche la scelta urbanistica del

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BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA

“consumo di suolo zero” che porta al divieto di costruire e impone di rigenerare le tante case abbandonate. E poi le progettazioni e gli investimenti con risorse del Pnrr e con i Programmi europei di sviluppo regionale: quasi 14 milioni di euro complessivi sono destinati a Castelsaraceno per l’efficientamento energetico della pubblica illuminazione, la mobilità sostenibile, la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, le opere per consolidamento del dissesto idrogeologico, la riqualificazione del centro storico, il recupero di un mulino ad acqua, il restauro della torre saracena. «Tutto quello che guadagniamo noi lo reinvestiamo: un’economia di comunità che si autosostiene. Stiamo avviando anche un progetto di fondazione di comunità che gestirà tutto il nostro ecosistema. Nella fondazione pubblico e privato si metteranno insieme su questo grande progetto economico e sociale, ma con una visione etica, di responsabilità sociale e di innovazione anche attraverso la creazione di un centro di eccellenza per la ricerca nazionale e internazionale. Castelsaraceno deve diventare un modello perché i piccoli comuni possono essere il vero laboratorio di sviluppo italiano».

Comune di Castelsaraceno

piazza Piano della Corte, n. 1, Castelsaraceno (PZ)

Tel. 0973 832013

Sito: www.comune.castelsaraceno.pz.it

Email: comune.castelsaraceno@gmail.com

Settore d’intervento: Amministrazione pubblica

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L’innovazione sociale fuori dai luoghi comuni

Consorzio La Città Essenziale. Un birrificio, un hub di artigianato sociale, i primi poli infanzia per bambini fra gli 0 e i 6 anni in Basilicata: questo network di cooperative è un esempio nel Sud di un sociale capace di fare sistema e moltiplicare i propri impatti sulle comunità —

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Birrificio Mest del Progetto Gruyt, finanziato da Fondazione Con il Sud

Il Consorzio La Città Essenziale è composto da 23 cooperative sociali che occupano circa 800 persone sviluppando un fatturato aggregato di oltre 23 milioni di euro, con 30 tipologie diverse di servizi socio-assistenziali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo.

«Oggi il Consorzio ha una grande responsabilità: essere agente di orientamento per le cooperative, ma soprattutto per il territorio» riconosce il presidente Giuseppe Bruno «basti pensare alla direzione che stanno prendendo i Gal (Gruppi di Azione Locale) e alla centralità che rivestiranno sempre di più nelle aree interne le cooperative di comunità. Ma le nostre cooperative che con fatica operano nei piccoli paesi dell’entroterra, già sono cooperative di comunità. Fino a qualche anno fa era diverso, le cooperative spesso manifestavano maggiore difficoltà nel lavorare insieme, fare sistema per rispondere meglio ai bisogni dei territori. Oggi invece possiamo contribuire ad orientare le politiche di sviluppo dei nostri territori, senza dover per forza attendere il bando o il finanziamento».

Tra le più recenti esperienze di innovazione sociale c’è Gruyt, il birrificio che inserisce al lavoro persone accolte negli Sprar ma anche MateriaViva, hub di artigianato sociale che inserisce al lavoro persone con sindrome di Down e, ancora, i primi poli infanzia per bambini fra zero e sei anni in Basilicata. Ma una delle frontiere cui il Consorzio e le sue co -

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operative guardano con maggiore interesse è il settore turistico. L’esperienza del bistrot etico Panecotto nei Sassi di Matera, primo esperimento di successo di Città Essenziale in questo senso, ora diventa modello e innesco per nuove sperimentazioni nel turismo. «Pensa a quello che stiamo per realizzare a Metaponto» continua Bruno. «La perla della Basilicata sta vivendo anni di ripensamento e difficoltà, mentre altrove in regione le presenze turistiche stanno esplodendo. Da lì vogliamo ripartire con una sfida lanciata in coprogettazione, la prima in Basilicata di questa portata, dall’amministrazione comunale di Bernalda (Mt).

La prossima sfida sarà il rilancio di Metaponto. Lo faremo in una logica di coprogettazione in partnership con l’amministrazione di Bernalda

Vogliamo provare a fare di Metaponto una meta di un turismo inclusivo e accessibile grazie anche alla prossima gestione di un lido balneare»

Il Consorzio rappresenta oggi una specie di grande camera di compensazione per le cooperative sociali della provincia di Matera, con uno sguardo che va allargandosi a tutta la Basilicata e ad alcune aree della vicina Puglia. Accade infatti che le cooperative più piccole e giovani, nel confronto con quelle più grandi, riescano a nutrirsi di una visione più strutturata sui bisogni del territorio; allo stesso modo le più gran-

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BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA

di hanno modo di contaminarsi con la forte dinamicità tipica delle cooperative più giovani. È così che è stato conquistato il secondo importante riconoscimento ricevuto in questi primi mesi di un ricco 2023: La Città Essenziale è la prima impresa sociale in Basilicata a ottenere la certificazione per la parità di genere, con la quota del 91% di donne all’interno del consorzio. «Ora vogliamo puntare a diventare modello di orientamento e inserimento lavorativo per i giovani in situazione di svantaggio», conclude con un’altra visione sul prossimo futuro Bruno «e grazie alla collaborazione con Consorzio Mestieri Puglia e la rete Mestieri territoriali, vogliamo mettere a sistema l’incredibile esperienza che alcune nostre cooperative hanno maturato in questo campo».

Consorzio la Città Essenziale

Via dei Pesci 50, Matera

Tel. 0835 333118

Sito: www.lacittaessenziale.it

Mail: info@lacittaessenziale.it

Settore d’intervento: Progettazione e gestione di servizi sociali, politiche di sviluppo

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Benvenuti nel museo che parla da solo

Moon Museo Officina degli Oggetti Narranti. Nella periferia potentina c’è un museo che non propone soltanto mostre, ma è aperto alla comunità come Centro di educazione alla sostenibilità.

Vi lavorano associazioni culturali e cooperative sociali che danno spazio anche alla creatività di persone con disabilità —

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La facciata principale del museo Moon di Potenza, abbellita dopo i lavori di ristrutturazione

Un’officina creativa nata dalla rigenerazione dei locali di un ex magazzino all’ingrosso di giocattoli nella periferia di Potenza, alle porte del quartiere Bucaletto, sorto dopo il terremoto del 1980 per ospitare 3.500 persone, le cui abitazioni risultavano inagibili. Oggi vi risiedono alcuni nuclei familiari multiproblematici con fenomeni di emarginazione: in tale ottica, la valenza sociale del museo Moon è molto forte. Si tratta di una delle realtà più interessanti della Basilicata, sorta nei locali dismessi che sono stati concessi da un’azienda privata, adeguati e persino abbelliti grazie anche ai contributi della Regione Basilicata e della Chiesa Valdese. Nato nel 2016, il Moon si regge sulla creatività degli operatori dell’associazione La Luna al guinzaglio (capofila) e della cooperativa sociale Il Salone dei Rifiutati, che hanno una comune matrice di associati. C’è in tutti loro una naturale vocazione alla sperimentazione dei linguaggi artistici, nel rispetto della sostenibilità e dell’accessibilità.

«La nostra attività è partita nel 2003 ma in altri locali della città, anche se la prima mostra è datata 2009», spiega Sara Stolfi, presidente della cooperativa Il Salone dei Rifiutati. Dal nome attribuito all’esposizione, Le Patamacchine, si intuisce che la fantasia già allora non mancava di certo agli animatori di uno spazio culturale in continuo movimento. Nella fattispecie, era stato creato un luogo di allestimento interattivo per stimolare l’utilizzo delle piattaforme ecologiche per il conferi-

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mento di Raee che nascevano in quegli anni. «Sulla scia di Matera 2019 è nata la seconda mostra, La Tavola Celeste, che racconta 400 anni di scoperte scientifiche attraverso gli oggetti della cucina», sottolinea Stolfi.

I gestori del museo hanno preso la buona abitudine di coinvolgere la comunità locale con focus specifici che aiutano a fare un adeguato allestimento per ciascuna iniziativa, utilizzando soprattutto oggetti dimenticati o dismessi. La contaminazione di festival e musei di tutta l’Italia ha permesso di acquisire nuove idee. Così è arrivata una terza mostra, che si chiama Da un Capo all’Altro.

Il museo viene gestito attraverso meccanismi di coinvolgimento della comunità locale che determinano

Oltre allo spazio museale, troviamo un “atelier dello scarto” dedicato alla didattica e un’officina per la costruzione di manufatti e installazioni che partono dal recupero: l’Officina del Rifare, curata in sinergia con la cooperativa La Mimosa e il contributo di una banca e una fondazione privata, è un laboratorio di welfare culturale che promuove la sostenibilità ambientale e sociale con pratiche artistiche, dedicato in particolare alle persone con disabilità. «L’Officina del Rifare punta a costruire percorsi di autonomia quotidiana e di empowerment delle competenze

l’allestimento di ogni mostra

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BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA

trasversali e specifiche, dando spazio al piacere creativo con la sperimentazione di formule laboratoriali», racconta Francesco Ritrovato, presidente della cooperativa La Mimosa.

L’associazione La Luna al guinzaglio è un Ceas decisamente atipico perché lavora in un contesto sub-industriale e non in mezzo alla natura, puntando sul riutilizzo di materiali di scarto della lavorazione che vengono impiegati nei laboratori sperimentali. Nel corso del 2023 saranno aperti alle scuole del territorio.

I progetti prevedono anche la possibilità di accogliere artisti da tutto il mondo per residenze creative. Con alcuni di loro è stato portato avanti un progetto che è stato poi presentato in diversi Paesi del Mediterraneo: Memori, Museo itinerante degli oggetti “ri-fiutati” delle città mediterranee, dunque “ri-pensati” per essere utilizzati in maniera diversa.

Moon Museo Officina degli Oggetti Narranti

via Macchia San Luca, 68, Potenza

Sito: www.museomoon.it

Email: prenotazioni@museomoon.eu

Settore d’intervento: culturale, educazione alla sostenibilità ambientale e sociale

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Porte aperte alle nuove generazioni —

Il Sicomoro. «Un albero da solo è bello, ma è più bello quando diventa foresta»: è questa la sintesi dell’approccio generativo maturato da il Sicomoro negli ultimi anni. È proprio da un albero che prende il suo nome la cooperativa materana punto di riferimento in Basilicata per migranti, anziani e persone con disabilità

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BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA FOTO: MARCO LONGARI
Opera di Eloi Sessou, progetto Silent Academy di Matera 2019 e il Sicomoro

Nel Vangelo il sicomoro è l’albero su cui sale Zaccheo per incontrare lo sguardo di Gesù. Allo stesso modo la cooperativa cerca di essere l’albero su cui anche i più fragili possono salire per abbracciare orizzonti più larghi. Il Sicomoro, cooperativa sociale nata nel 2002, oggi impiega 143 dipendenti (di cui 106 donne), con un fatturato di 6 milioni di euro. Gestisce tre residenze per anziani: la Brancaccio a Matera, con 116 posti; Casa Acerenza a Potenza con 100 posti; Santa Maria a San Chirico Raparo con 20 posti. Accoglie inoltre 112 persone migrate in diversi progetti Sai — Servizi di Accoglienza e Integrazione diffusa, di cui 37 nelle tre comunità per minori stranieri non accompagnati a San Chirico Raparo, Missanello e Irsina. Ultimo nato il centro di accoglienza straordinario a Ferrandina con 50 posti e numerosi progetti a sostegno dell’integrazione socio-lavorativa delle persone migrate.

«Riteniamo che il tema dei giovani sia cruciale per la città di Matera, per le aree interne della Basilicata, per il futuro della cooperativa», dice Serena Vigoriti, vicepresidente de il Sicomoro « e stiamo immaginando nuovi percorsi di empowerment su due fasce di età, quella dell’adolescenza e quella post-universitaria, ovvero quelle cruciali per le scelte e il futuro». Così l’esperienza maturata dalla cooperativa nei progetti di inserimento sociale e lavorativo a favore dei migranti oggi il Sicomoro punta a diventare patrimonio comune da mettere a servizio di tutti i giovani della città. Le numerose attività commerciali, so -

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stenute a diverso titolo dalla cooperativa con i suoi progetti, diventano testimonianza concreta per tutti di uno sviluppo locale capace di ripartire proprio dalle competenze dei più fragili. Basti pensare al ristorante Enjoy, aperto nel centro di Matera da Said, egiziano arrivato in Italia a 13 anni o alla profumeria artigianale di Mohammad, rifugiato politico siriano; non meno significativo, poi, il birrificio agricolo e artigianale Matarè in cui lavorano Ehis e Kingsley.

«Vogliamo portare sul nostro territorio la metodologia partecipata Yepp», continua Vigoriti «che è un modo di intendere le politiche giovanili che pone al centro i temi dell’assunzione di responsabilità, della partecipazione, dell’autonomia, del passaggio di competenze». Ma l’attenzione della cooperativa per i giovani parte ancora prima. «Stiamo lavorando sulle attività riabilitative dei più piccoli che, quando non raggiungono le aspettative di apprendimento, rischiano di innescare un circolo vizioso di fallimento scolastico, perdita di autostima e rinuncia». Il metodo che qui si sta sperimentando è il Fit-to-Learn, un programma di integrazione multisensoriale che prevede la stimolazione uditiva, attraverso il metodo Tomatis.

La nostra cooperativa sociale ha ben presente che il futuro ce lo si guadagna attraverso il coinvolgimento delle nuove generazioni

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BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA

Ultimo nato in cooperativa è il progetto Custodi del bello, di cui il Sicomoro è capofila in Italia di un ampio partenariato che coinvolge altre cooperative del Consorzio Communitas. Grazie al finanziamento di Fondazione Con il Sud, a Matera, Bari, Caltanissetta e Cagliari stanno nascendo tantissimi cantieri a tutela della bellezza, in un’ottica di contrasto alla povertà. Saranno infatti persone in condizioni di fragilità a prendersi cura di luoghi significativi del nostro territorio in situazione di degrado, in collaborazione con le amministrazioni comunali. Per costruire città — al contempo — più belle e più solidali.

Il Sicomoro Cooperativa Sociale

Via Ridola 22, Matera

Tel. 0835 1852902

Sito: www.ilsicomoro.net

Email: www.ilsicomoro.net

Settore Intervento: cultura, istruzione, ricerca

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La community socialmente tech —

Syskrack. La prematura scomparsa di un giovane ha dato l’impulso per la costituzione di questa realtà che pone tecnologia e ambiente al centro. In un piccolo centro materano la condivisione del sapere ha messo insieme 300 persone, in prevalenza giovani. Evitando a molti di loro di andare all’estero alla ricerca di lavoro —

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Giuseppe Liuzzi (in primo piano) con il gruppo di lavoro di Syskrack nella sede di Grassano

“Naturalmente tecnologici”. Non è un ossimoro, bensì il motto di Syskrack, un’associazione senza scopo di lucro che ha l’obiettivo di creare un mondo migliore attraverso l’uso consapevole della tecnologia e la condivisione di conoscenze. L’idea è partita da Grassano, 4mila abitanti e un progressivo spopolamento in provincia di Matera. Coloro che hanno colto la sfida di Giuseppe “Peps” Porsia, morto a 29 anni nel 2013, si stanno moltiplicando e guardano a un futuro sostenibile, tecnologicamente avanzato, socialmente sviluppato e inclusivo. Amici e parenti di Peps hanno trasformato il dolore in un’iniziativa che conta 300 soci sparsi in tutto il mondo e si sostiene al 95% su volontariato e crowdfunding. La community ha già avviato una serie di progetti per combattere la povertà educativa, sostenere la tutela del patrimonio culturale e rurale, diffondere le buone pratiche di aggregazione sociale. Un Fablab testa idee e opportunità, sviluppando competenze tecnologiche, sociali, imprenditoriali, didattiche ed educative. Naturalmente tecnologici è il titolo di un’iniziativa lanciata quest’anno per diffondere la cultura della cittadinanza attiva e partecipativa per la tutela e la salvaguardia del territorio, cercando un punto di equilibrio tra tecnologia e natura, come nomadi digitali che inseguono la sostenibilità ambientale.

Un confronto continuo, anche a migliaia di chilometri di distanza, che permette a tanti giovani di non partire in cerca di fortuna. Commesse e proposte di lavoro arrivano anche dall’e -

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stero. «Il modo di ragionare di Peps ha cambiato la vita a tanta gente», spiega suo cugino Giuseppe Liuzzi, anima dell’associazione Syskrack. «Il primo progetto, denominato Reprap, era dedicato alle stampanti 3D open source e replicanti (in grado di realizzare altre stampanti, ndr). La sede dell’associazione si trova in pieno centro ed è diventata un punto di riferimento per studenti, professionisti o semplici curiosi. Ognuno dà un contributo di idee. C’è chi è venuto a trascorrere tre mesi in un luogo a dimensione d’uomo, e chi ha fatto o sta per fare la scelta di tornare a Grassano perché la qualità della vita è più elevata».

“Naturalmente tecnologici” è il titolo di un’iniziativa lanciata quest’anno per diffondere la cultura della cittadinanza attiva

«Stiamo concludendo il progetto Classi fuori classe, nell’ambito di un bando vinto con la Fondazione Con i Bambini, in partnership con associazioni e cooperative del territorio, sul contrasto alla povertà educativa nelle scuole. La metodologia è quella del learning by doing, imparare facendo: risolviamo un problema sviluppando skills specifiche, utilizzandole sul campo in una proposta formativa interdisciplinare Steam (Science Technology Engineering Art and Mathematics). Per 3 anni abbiamo erogato percorsi formativi di 30 ore circa per un totale di un centinaio di ragazzi».

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Dopo un primo meetup a Bologna, a maggio 2023 il secondo ad Accettura (Mt) per vivere il contesto rurale e approfondire le tematiche antropologiche. «Vogliamo innescare ovunque opportunità di crescita, dialogo e confronto. E risolvere problemi della vita quotidiana: non so più quanti tostapane, asciugatrici, fornetti e frigoriferi abbiamo salvato stampando manopole introvabili o fuori commercio. Tra poco parte un progetto di monitoraggio delle frane in tempo reale, con il meteorologo Paolo Bonelli, con cui abbiamo sviluppato una stazione meteo che vogliamo presentare al World Landslide Forum di Firenze».

Aps Syskrack Giuseppe Porsia Ets

via Meridionale, 21 - Grassano (MT)

Sito: syskrack.org | syskracklab.cc

Email: direttivo@syskrack.org

Settore d’intervento: innovazione tecnologica e sociale

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Un ponte fra università e lavoro

Universosud. Unica realtà d’impresa in Basilicata ad essere consorziata all’ateneo lucano, Universosud si occupa di innovazione sociale e digitale con un occhio particolare all’orientamento dei giovani. Il progetto chiave è il Comincenter, che coinvolge una rete di oltre 5mila ragazzi —

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Il Comincenter nel Campus Macchia Romana

Il Comincenter nasce nel 2014 con Universosud e in poco tempo riesce ad aggregare una larga comunità di giovani che vogliono mettersi in gioco e affrontare con fiducia la transizione digitale per realizzare i propri sogni e desideri professionali. «Oggi il Comincenter è parte importante dell’offerta Unibas», racconta il presidente Antonio Candela. «Abbiamo partecipato ad una gara ad evidenza pubblica per la costituzione di un consorzio con l’università che si occupasse di vari servizi, tra cui proprio quelli che in buona parte già stavamo sperimentando con il nostro Comincenter. Il progetto si occupa di placement in uscita e sostegno a startup e spin-off in fase pre-seed».

Il progetto viene avviato con l’obiettivo di provare a sperimentare un nuovo modello di politiche attive per il lavoro, connettendo il mondo dei giovani universitari con il mondo delle imprese. Sono stati realizzati circa 70 corsi di formazione per tecnici informatici che hanno coinvolto circa 700 persone, 88 eventi nel settore It, startup, marketing e lavoro, decine di careerday con imprese del territorio che hanno potuto incontrare quasi 300 giovani lucani: solo nel 2022, ad esempio, 16 aziende hanno utilizzato i careerday del Camincenter, riuscendo a chiudere la ricerca per 34 profili. Ma il progetto che ha raccolto maggiore interesse e conta i risultati più sorprendenti è il CareerTools, un percorso di analisi e sviluppo di competenze trasversali e consapevolezza personale che aiu-

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ta i giovani a fare una buona ricerca attiva del lavoro, sia attraverso gli strumenti classici che utilizzando strumenti digitali e piattaforme innovative. Oggi questo percorso vanta l’88,4% di successo sulla ricerca attiva del lavoro e rientra stabilmente nell’offerta formativa dell’università di Basilicata.

«Noi incubiamo persone», continua Candela «e molti dei giovani e meno giovani che frequentano i nostri centri arrivano per curiosità, dato il luogo in cui ci troviamo. Il 78% dei giovani che entrano nei nostri Comincenter non proviene da famiglie di imprenditori, tanto che spesso tra i nostri giovani manca una cultura d’impresa: è essenziale lavorare su questo, non perché tutti vadano avviati ad un progetto di autoimpiego, ma perché questo mindset ormai è fondamentale anche quando si cerca lavoro. L’educazione all’imprenditorialità, la costruzione di competenze trasversali e l’accesso alle opportunità sono i tre capisaldi del nostro lavoro e la collaborazione con l’università della Basilicata è determinante in questo.

Il progetto CareerTools vanta l’84% di successo nella ricerca di lavoro: un percorso di analisi e sviluppo di competenze trasversali

Ci consente di intercettare e dare risposte ai giovani lucani, anche per spingerli a scoprire le tante opportunità che il nostro territorio offre, a dispetto di quello che troppo spesso si dà

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per scontato». I progetti di Universosud sono tantissimi e oltre alla gestione del Comincenter la cooperativa è editrice di diverse pubblicazioni nell’ambito della comunicazione. Ha conquistato inoltre il secondo premio nell’edizione 2023 del Social Innovation Campus con il progetto “A casa coi nonni”, una casa dello studente diffusa che prevede la coabitazione tra un pensionato autosufficiente con spazio in casa e un giovane residente in cerca di una sistemazione: un modo per farsi compagnia e abitare la città.

Universosud Società Cooperativa via dell’Ateneo Lucano 10, Potenza

Tel. 0971 205002

Sito: www.universosud.it

Email: info@universosud.it

Settore d’intervento: progettazione culturale e sociale

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Pensieri meridiani: riaccendere la fiamma del “fare sociale”

La presidente della Bcc Basilicata

Teresa Fiordelisi, l’imprenditore culturale Emmanuele Curti e il direttore della Fondazione Città della Pace per i Bambini Valerio Giambersio tracciano un nuovo orizzonte

→ CAPITOLO 3

Prima sfida: dare credito al sociale —

Ci sono alcune azioni che potrebbero essere utili per affrontare l’attuale incertezza e che rappresentano favorevoli circostanze di rilancio per lo sviluppo e la crescita del Terzo settore nella nostra regione. A vantaggio in primis delle giovani generazioni —

Viviamo una complessa serie di fattori che stanno influendo sulla crescita e lo sviluppo del Terzo settore in Basilicata. La nuova riforma prova a dare finalmente un quadro più stabile e di ampio respiro sul settore prima parcellizzato e disperso in

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tanti rivoli. Tuttavia, ci sono alcune azioni che potrebbero essere utili per affrontare l’attuale incertezza e che rappresentano favorevoli circostanze di rilancio. Vediamole.

1) La collaborazione con il settore pubblico, le imprese e le istituzioni locali, può essere un’opportunità per sviluppare progetti innovativi e trovare nuove fonti di finanziamento. Inoltre, lo sviluppo di iniziative sinergiche può aiutare ad aumentare la visibilità del Terzo settore e rafforzare la sua capacità di incidere sulle politiche locali.

2) La Basilicata ha un patrimonio culturale, naturale e artistico notevole. Il Terzo settore potrebbe trovare nuove opportunità di sviluppo valorizzando queste risorse, ad esempio attraverso progetti di turismo sostenibile, agricoltura sociale e valorizzazione del patrimonio culturale. Su questo l’azione realizzata dai cluster regionali sta provando a dare una lettura e un’attuazione nuova, innovativa, che fa emergere peculiarità nella gestione del patrimonio, da un lato, e nuova impresa in ambiti legati alla transizione digitale ancora inesplorati, dall’altro.

3) Il Terzo settore ha bisogno di persone motivate, formate e in grado di innovare per affrontare le sfide future. Investire nella formazione e nella capacità di innovazione può dare nuova linfa alla ricerca di nuove soluzioni e alla capacità di adattarsi ai cambiamenti.

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4) Il Terzo Settore deve essere basato sulla partecipazione attiva dei suoi membri e sulla democrazia interna. In questo modo, le organizzazioni possono diventare più responsabili, trasparenti e coinvolgere le comunità locali nei loro progetti.

6) Diversificare le fonti di finanziamento. Su questo ambito le banche di Credito Cooperativo da sempre lavorano vicine alle organizzazioni e alle imprese delle proprie comunità, che provano a reggere un mercato sempre più glocale. È fondamentale cercare di ottenere finanziamenti da fonti diverse, al fine di ridurre la dipendenza da una sola fonte e garantire una maggiore stabilità finanziaria.

7) Le organizzazioni del Terzo settore possono cercare di innovare e sperimentare nuovi approcci e modelli di business per rispondere alle sfide attuali e future. Su questo, l’accompagnamento da un lato, e l’assessment dall’altro, possono essere la chiave di volta in cui proprio le Bcc possono rappresentare un ruolo decisivo, come nel passato anche verso il futuro.

Ciò detto è importante sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sui benefici che le organizzazioni non profit possono portare alla società e all’economia locale. In questo modo, si può contribuire a creare un ambiente favorevole per lo sviluppo del Terzo settore. Non bisogna guardare solo ai fattori sociali della cooperazione ma, nel suo complesso, a vari ambiti che anche qui in Basilicata leggiamo con ottimismo. Il ruolo

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Lo sviluppo della cultura di impresa e la promozione dell’educazione finanziaria sono due chiavi di volta cruciali

delle giovani generazioni e la nuova cooperazione di imprese giovanili stanno gemmando nuove opportunità a cui noi guardiamo con interesse. È chiaro che bisogna lavorare sulla cultura d’impresa e sull’educazione finanziaria dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Ogni anno ottobre, ad esempio, è il mese dell’educazione finanziaria, un’iniziativa promossa in Italia dal ministero dell’Economia e delle Finanze che accende i riflettori sul tema a livello internazionale. L’obiettivo principale è quello di promuovere la consapevolezza delle finanze personali e migliorare l’autonomia finanziaria delle persone. In quest’occasione, prendono vita diverse attività e iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica intorno al discorso sull’educazione finanziaria: seminari, workshop, conferenze, incontri con esperti del settore, attività per le scuole e per i giovani, campagne informative.

Questi percorsi di educazione sono fondamentali in un’Italia che si caratterizza fra le migliori a livello di risparmio delle famiglie, ma che è carente in quanto a pianificazione finanziaria. Promuovere una cultura economica che aiuti a comprendere meglio come funziona il sistema finanziario, come gestire il proprio denaro, come prendere decisioni finanziarie più con-

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sapevoli, come risparmiare e investire in modo efficace, come proteggere i propri risparmi e come evitare le trappole finanziarie, è un’urgenza del nostro Paese.

Inoltre, aumentare questa consapevolezza, può contribuire a migliorare la stabilità finanziaria delle persone e delle famiglie, ridurre il debito e l’indebitamento e promuovere la crescita economica e lo sviluppo sostenibile. Gruppo Bcc Iccrea e Bcc Basilicata sono, da tempo, impegnate su questo fronte.

A monte di tutto, bisogna lavorare e programmare con “coraggio” le azioni che la nostra contemporaneità ci chiede: coraggio nelle scelte, nella visione, nel costruire le nostre comunità. Non è solo una questione di forza fisica o di rischio, il coraggio è resistenza emotiva, è perseveranza.

Il coraggio è “restanza”, “la crescente tribù di quelli che restano” (Pino Aprile, Giù al Sud. Perché i terroni salveranno l’Italia), la posizione di chi decide di restare, rinunciando a recidere il legame con la propria terra e comunità d’origine non per rassegnazione, ma con un atteggiamento propositivo. Come scriveva monsignor Domenico Pompili «nelle congiunture problematiche, resta ciò che regge all’urto del cambiamento. Il che non ha un valore minimale, ma esprime appunto la linea di forza su cui stare, per non essere sopraffatti» (Comunicazionisociali.chiesacattolica.it, 7 aprile 2013). Il coraggio richiede di non arrendersi alle difficoltà e continuare a cercare soluzioni anche quando sembra che non ci sia speranza.

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BASILICATA. IL SOCIALE IN FUGA

Seconda sfida: il welfare culturale

Abbiamo bisogno di un nuovo welfare culturale, capace di agire come “legante’” come elemento immaginifico di un nuovo concetto di cittadinanza che se si piega sui modelli esterni (della rigenerazione dei grandi centri urbani) è destinato invece ad accompagnare il lento ed inesorabile spopolamento della regione —

Quando mi è chiesto di descrivere la Basilicata, spesso ricorro ad un’immagine, quella della cartina dei ceppi dialettali italiani: scorrendo le geografie nazionali, si scopre che in re -

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gioni densamente popolate (il nord ovest per esempio), i ceppi sommano a poche decine. Poi improvvisamente lo sguardo si concentra sulla nostra regione dove, per i ceppi lucani, il conto improvvisante sale a ben 92, su di un’area che linguisticamente va anche oltre i confini istituzionali, ma che corrisponde ad una popolazione all’incirca di 500mila abitanti. Una storia di profondo isolamento, dove evidentemente c’era difficoltà non solo nel comunicare (e muoversi) fra paese e paese, ma anche nel relazionarsi verso gli altri sud: la Basilicata è anche l’unica regione che si affaccia sul mare e che, a parte il suo sbocco tirrenico, non ha porti naturali e non ha avuto, fin dalle colonie greche, uno sbocco verso l’esterno, sempre mediato dalle regioni circostanti. Questa suo essere “riserva” ha fatto sì che proprio in queste terre si sua sviluppata l’antropologia italiana, a partire dai famosi lavori di Ernesto De Martino, così come è stata oggetto della nuova sociologia degli anni ’50, con il famoso lavoro di Edward C. Banfield nel suo libro The Moral Basis of a Backward Society.

E poi i tentativi, come in altre aree italiane, di sradicare completamente questo quadro, e trasformare questa società arcaico contadino nel nuovo mito del cittadino operaio, in particolare con il nuovo progetto della Val Basento di Enrico Mattei. E in tutto questo, rimanere l’unica regione del Sud non interessata da un suo fenomeno mafioso — sebbene circondata e interessata da fenomeni di infiltrazione di ‘ndrangheta, camorra e

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Sacra Corona Unita —, proprio forse per la difficoltà stessa di una realtà organizzata criminale a “conquistare” una regione così povera e frammentata. Una veloce premessa per capire lo sforzo immane che questo pezzo d’Italia ha fatto a partire dalla seconda metà del 900 per adeguarsi non solo al boom economico della nuova Italia post bellica, partendo da una situazione “altra” per rispondere anche alle nuove sfide che l’Italia repubblicana si poneva nell’affrontare la questione meridionale.

La storia stessa di Matera, dall’essere vergogna nazionale negli anni 50 a divenire con gli stessi Sassi spopolati prima sito Unesco e poi meta per eccellenza di un nuovo turismo, racconta in breve la corsa accelerata, spesso non armonica, a cui questa terra è stata costretta.

Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione non facile, in cui dobbiamo prendere atto, nel discutere della questione sociale e di nuovo possibili modelli di welfare culturale, che siamo di fronte ad una dimensione sociale scossa, frammentata, incapace spesso di offrire visioni in particolare alle generazioni più giovani.

L’impresa di Matera-Basilicata Capitale europea della cultura per il 2019 era partita proprio da questa consapevolezza: essere una terra non particolarmente famosa per essere luogo di produzione culturale, proprio per la sua configurazione abitativa di piccoli centri, spesso nati negli alvei del latifondo, in cui forte si sentiva l’assenza di una classe borghese, enzima for-

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te delle trasformazioni culturali.

Il lavoro pressante che la fondazione ha fatto nel lavorare sulle comunità — non solo materana, ma distribuite sul territorio — partiva proprio dal postulare che un’azione di welfare culturale fosse necessaria per rigenerare un senso di sé in relazione con lo spazio abitato: si doveva ripartire da un nuovo vocabolario, dalla co-costruzione di nuove parole per reinventarsi, se vogliamo, non solo un senso di appartenenza, ma una vera e propria rideclinazione della dimensione sociale

L’esperienza di Matera

Capitale europea della cultura si basata su processi di produzione comunitari purtroppo ben presto purtroppo si è esaurita

Il merito di quella operazione, che nel 2013, al momento della candidatura, molte e molti pensavano impossibile, era proprio quello di affermare l’importanza del processo di lavoro culturale, prima ancora della produzione culturale; non importava portare in scena opera teatrali, musicali, ecc., ma far sì che il processo di produzione diventasse elemento di crescita della comunità stessa, trasformando improbabili spettatori in attori invece di cambiamento.

La corsa nell’anno 2019 si è poi spenta purtroppo subito dopo, per una serie di ragioni: il Covid sicuramente ha influito, ma forse poi è diventata una scusa, in particolare per una

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classe politica — unica “comunità” in cui il processo culturale non era riuscito a lavorare — che non aveva colto le visioni, le scosse, le possibilità che erano emerse. La vera grande scommessa era di trasformare quel processo oltre la sua dimensione limitata dell’anno (il 2019) e lavorare fin da subito, nel “silenzio” del Covid, a co-progettare il futuro in una dimensione diversa. Ripensarsi in quel prosieguo significava trovare nuovi modelli che potessero rispondere alle sollecitazione espresse, ri-immaginandosi ad esempio come fondazione di comunità, secondo modelli nuovi, dando linfa alle dinamiche accese, ai corti circuiti generati, generando nuove relazioni del mondo delle imprese sociali con quello della scena creativa. Voleva dire investire su modelli di ricerca che si interrogassero profondamente, dopo la sperimentazione messa in atto, di come perfezionare nuovi modelli rispetto proprio alla peculiarità di questa Basilicata, con nuove forme dell’abitare, del costruire insieme, del sentirsi comunità. Abbiamo bisogno oggi di un nuovo welfare culturale, capace di agire come “legante” come elemento immaginifico di un nuovo concetto di cittadinanza — che se si piega sui modelli esterni (della rigenerazione dei grandi centri urbani) è

Dobbiamo uscire da un’idea vecchia di welfare sociale che soffoca quei pochi tentativi di sviluppare coop e imprese sociali culturali

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destinato invece ad accompagnare il lento ed inesorabile spopolamento della regione,

Per fare questo dobbiamo agire secondo modelli di governance orizzontale, dove una fondazione di comunità a base culturale (bella sfida per la Fondazione Con il Sud) permetterebbe di essere laboratorio dinamico anche nelle relazioni fra aree diverse del Terzo settore (ancora oggi fortemente sbilanciati su di un’idea vecchia di welfare sociale che ancora soffoca i pochi tentativi di imprese/cooperative sociali che lavorano nel settore culturale), per un welfare sociale e culturale che sappia sfidare anche il tema del lavoro, ponendolo al centro di temi quali quelli dei legami comunitari, dei processi partecipativi.

La cultura, lasciando le nicchie del passato, deve saper riaffermarsi come strumento indispensabile di ridefinizione di sé, di nuova relazione con i luoghi che abitiamo, di esercizio quotidiano di ricerca di benessere; di spazio di riflessione perché non si sia più “spettatori”, ma co-autori del cambiamento.

In questo un ruolo fondamentale lo ha anche l’università della Basilicata, presenza preziosa in queste terre, in particolare perché si è sempre contraddistinta per essere la prima università italiana nel dare prime lauree in famiglia, a sottolineare il suo ruolo cruciale nel trasformare la società. Ma di fronte alla crisi generale del sistema accademico — che nei tempi dell’internet non sa forse adeguatamente rispondere ai nuovi mec-

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canismi di accesso al sapere — dovremmo, proprio in Basilicata, capire come riformulare una presenza che faccia della terza missione (dopo ricerca e formazione) il vero e proprio elemento trasversale di azione sociale: promuoverla a prima missione con l’esigenza di essere parimenti, oltre che luogo di eccellenza di ricerca, laboratorio al servizio di modelli sociali come quelli lucani (e non solo). Dovremmo dunque fare di questa terra un nuovo laboratorio per andare oltre un “pensiero meridiano” che si è ossidato, e che ha bisogno di nuove linfe, anche secondo le spinte immaginative e generative che Guglielmo Minervini ci ha lasciato in eredità.

Dovremmo abbandonare pensieri di “resilienza” (termine che purtroppo in bocca alla politica diventa una scusa per lasciare al privato l’onore dell’iniziativa, dimenticando la responsabilità dell’azione pubblica), per ritessere un senso di cura “arcaico”, alimentando anche forme di residenza temporanea, in luoghi che attraggono persone che fuggono dai rumori e l’anonimato delle grandi città.

L’essere piccoli diverrebbe elemento di forza rispetto ad una nuova idea di welfare sociale/culturale — dove la cultura ti allena a nuove parole, codici, relazioni — per parlare una lingua, rispettosa delle sue declinazioni in ceppi diversi, ma capace di rifondare una relazione con la terra che abitiamo.

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Terza sfida: l’economia della pace — di Valerio Giambersio

Occorre costruire nelle aree interne del Sud Italia luoghi dove tutti, sia i membri delle comunità locali, sia chi arriva da lontano fuggendo da guerre o da persecuzioni, possa vivere in pace e contribuire alla crescita economica e culturale dei luoghi in cui vivono. Questa è una chiave per il rilancio di un’intera regione

Se penso al 2003, quando per la prima volta Betty Williams

visitò la Basilicata durante la manifestazione contro il progetto di realizzare il deposito di scorie nucleari nazionale a Scanza-

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direttore della Fondazione Città della Pace per i Bambini
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L’attività di accoglienza non è sufficiente: servono azioni di informazione, educazione e integrazione che renda noi i migranti attori di sviluppo

no Ionico, e lanciò la sua idea visionaria di realizzare una città per i bambini che fuggivano dai conflitti e dai disastri naturali, sembrano passati secoli e non solo venti anni. È come se il tempo avesse fatto una curva ed eventi epocali che pensavamo lontani, confinati alle frontiere dello scorso secolo, come le migrazioni di massa, la pandemia, la guerra, l’incubo nucleare sono diventati protagonisti delle nostre giornate. In tutto questo la visione del Premio Nobel si è dimostrata quasi profetica e i temi da lei indicati, le migrazioni, la sostenibilità ambientale e sociale hanno guadagnato progressivamente le prime pagine dei quotidiani ed hanno infiammato i dibattiti televisivi e sui nuovi canali social. Nonostante tutti i cambiamenti la Fondazione Cit-

tà della Pace per i bambini ha saputo interpretare come sempre attuale la missione ricevuta da Betty Williams, scomparsa nel 2020 all’inizio della pandemia, basandosi su tre caposaldi: il rispetto per l’ambiente, per i diritti umani e dei bambini e lo sviluppo dei territori.

La Città della Pace per i bambini nasce infatti nel 2003

dall’idea che non bastasse dire “no” ma che fosse possibile e necessario tracciare una nuova prospettiva per un differente

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sviluppo sociale, umano ed economico, per gli abitanti della Basilicata trasformando la minaccia del progetto per il deposito nazionale di scorie nucleari in un’opportunità. L’idea centrale è stata quella di lasciarsi alle spalle la retorica, l’approccio ideologico e di mettere insieme le energie e le competenze delle associazioni non governative, le grandi potenzialità delle istituzioni regionali e comunali e le risorse economiche dei privati che hanno contribuito insieme, di volta in volta, a realizzare progetti

Grazie a questa impostazione la Fondazione ha lavorato costantemente dal 2011 per costruire nelle aree interne del Sud Italia luoghi dove tutti, sia i membri delle comunità locali, sia chi arriva da lontano fuggendo da guerre o da persecuzioni, possano vivere in pace e contribuire alla crescita economica e culturale dei luoghi in cui vivono. Fino oggi abbiamo accolto così oltre mille rifugiati, di cui moltissimi bambini con famiglie e minori stranieri non accompagnati, in 16 comuni della Basilicata ed abbiamo realizzato una campagna scuole per la diffusione dei diritti umani e della cultura di Pace che ha coinvolto negli anni oltre 12mila studenti dalle scuole primarie fino all’università in gran parte del territorio italiano.

I risultati che abbiamo ottenuto negli anni ci identificano infatti come un modello non solo per le azioni di accoglienza diffusa, ma anche per le attività di informazione, di educazione e di integrazione che realizziamo dando l’opportunità a chi

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costretto a fuggire di riscattarsi partecipando attivamente allo sviluppo della comunità locale e dell’intera società. Tutto questo insieme ai nostri partner Arci Basilicata, la cooperativa sociale Il Sicomoro ed a decine di altre associazioni ed enti che ormai costituiscono una rete stabile basata sulla fiducia reciproca, sulla competenza, sulla volontà di crescere insieme in una logica win-win dove tutti, sia chi accoglie sia chi è accolto, partecipano delle ricadute dei progetti. Soprattutto dopo la pandemia la Fondazione ha ritenuto di includere il concetto di sostenibilità in modo più ampio nei suoi progetti e nelle sue strategie. Infatti, gli studi degli enti internazionali e delle principali Ong riportano chiaramente che le disuguaglianze ed i cambiamenti climatici generano già oggi instabilità politiche e sociali e saranno sempre più le cause dei fenomeni migratori.

Entro il 2050 potrebbero essere costrette a spostarsi per questioni climatiche milioni di persone che vivono nei Paesi dell’Africa sub sahariana (86 milioni), dell’Asia meridionale (40 milioni) e dell’America Latina (17 milioni) secondo il rapporto della Wolrd Bank del 2018. Per questo la Fondazione, considerando le radici del fenomeno migratorio, ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu ed è sempre più coinvolta in progetti per fronteggiare queste sfide epocali per la sostenibilità ambientale ed economica che si integrano con le attività per la tutela dei diritti umani di chi è costretto

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a fuggire dal proprio Paese.

La sostenibilità ambientale è a esempio al centro del progetto dell’Abitazione per Pace donato dell’Architetto Mario Cucinella; l’edificio in legno è realizzato su suolo pubblico con risorse private degli imprenditori Pasquale Natuzzi e Nicola Benedetto, grazie al supporto di Sharon Stone, attrice ed attivista per i diritti umani. L’Abitazione per la Pace costituisce un modello unico di casa ecosostenibile, progettata per accogliere tre famiglie di rifugiati e per essere replicata in altri contesti e che è stata inaugurata nella primavera del 2022 dal Premio Nobel Jody Williams, il nuovo presidente della fondazione.

La riduzione delle diseguaglianze è il cuore del progetto per la realizzazione del primo Yunus Social Business Centre del Sud Italia

Così come l’ambiente è al centro del progetto “Gli alberi per la Pace” attraverso il quale abbiamo donato oltre 300 alberi da frutta agli istituti agrari della Basilicata e stiamo per donare oltre 2mila alberi al Comune di Matera per sviluppare progetti didattici in agricoltura per i giovani lucani ed i giovani migranti e per combattere i cambiamenti climatici.

La riduzione delle diseguaglianze è invece il cuore del progetto per la realizzazione del primo Yunus Social Business

Centre del Sud Italia, ideato con il premio Nobel per la Pace

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Muhammad Yunus e finalizzato a creare le condizioni per trasformare i giovani, sia italiani sia stranieri, da “cercatori di lavoro” a “creatori di lavoro”. Per conseguire questo risultato è stata attivata la collaborazione con l’università della Basilicata al fine di promuovere la metodologia del Social Business applicata con successo dal professor Yunus in tutto il mondo.

L’ultimo progetto in cui stiamo confrontandoci con il Comune di Sant’Arcangelo e la Scuola di Ingegneria dell’università della Basilicata è la realizzazione delle comunità energetiche solidali che coniugano in modo esemplare il tema dell’ambiente e della giustizia sociale permettendo di generare energia pulita con il fotovoltaico e di condividerla nelle comunità locali a beneficio dei soggetti più deboli.

Queste azioni tracciano linee di sviluppo non consuete per il Terzo settore ma sono esperimenti utili, direi necessari, se si vuole tornare ad essere l’avanguardia propositiva per la società come è successo, ad esempio, negli anni in cui il Terso settore ha quasi imposto la riforma Basaglia che ha fatto compiere passi enormi alla società italiana. Oggi invece troppo spesso il Terzo settore è considerato una specie di “ruota di scorta” alla quale il pubblico ricorre quando non ha le energie o le risorse economiche per svolgere fino in fondo la sua missione sociale oppure, peggio, come una specie di marionetta da muovere con i fili degli avvisi pubblici per attuare politiche eterodirette.

Per questo la Fondazione in questi anni difficili, districan-

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dosi tra mille problematiche burocratiche, ha sempre cercato un equilibrio faticoso, spesso estenuante, tra il mondo reale e le istituzioni che permettesse di far crescere le nostre comunità insieme ai rifugiati. Se considero tutto questo e torno indietro al giorno in cui ho accompagnato Betty Williams al campo base, dove erano accampati i cittadini in rivolta e dove è stata lanciata l’idea della Città della Pace, se penso a tutte le enormi difficoltà che sono state superate ed ai periodi difficilissimi per tutti che abbiamo superato, mi sembra davvero incredibile che tutto questo sia stato possibile.

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