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Terza sfida: l’economia della pace — di Valerio Giambersio

Occorre costruire nelle aree interne del Sud Italia luoghi dove tutti, sia i membri delle comunità locali, sia chi arriva da lontano fuggendo da guerre o da persecuzioni, possa vivere in pace e contribuire alla crescita economica e culturale dei luoghi in cui vivono. Questa è una chiave per il rilancio di un’intera regione
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Se penso al 2003, quando per la prima volta Betty Williams visitò la Basilicata durante la manifestazione contro il progetto di realizzare il deposito di scorie nucleari nazionale a Scanza-
L’attività di accoglienza non è sufficiente: servono azioni di informazione, educazione e integrazione che renda noi i migranti attori di sviluppo no Ionico, e lanciò la sua idea visionaria di realizzare una città per i bambini che fuggivano dai conflitti e dai disastri naturali, sembrano passati secoli e non solo venti anni. È come se il tempo avesse fatto una curva ed eventi epocali che pensavamo lontani, confinati alle frontiere dello scorso secolo, come le migrazioni di massa, la pandemia, la guerra, l’incubo nucleare sono diventati protagonisti delle nostre giornate. In tutto questo la visione del Premio Nobel si è dimostrata quasi profetica e i temi da lei indicati, le migrazioni, la sostenibilità ambientale e sociale hanno guadagnato progressivamente le prime pagine dei quotidiani ed hanno infiammato i dibattiti televisivi e sui nuovi canali social. Nonostante tutti i cambiamenti la Fondazione Cit- tà della Pace per i bambini ha saputo interpretare come sempre attuale la missione ricevuta da Betty Williams, scomparsa nel 2020 all’inizio della pandemia, basandosi su tre caposaldi: il rispetto per l’ambiente, per i diritti umani e dei bambini e lo sviluppo dei territori.
La Città della Pace per i bambini nasce infatti nel 2003 dall’idea che non bastasse dire “no” ma che fosse possibile e necessario tracciare una nuova prospettiva per un differente sviluppo sociale, umano ed economico, per gli abitanti della Basilicata trasformando la minaccia del progetto per il deposito nazionale di scorie nucleari in un’opportunità. L’idea centrale è stata quella di lasciarsi alle spalle la retorica, l’approccio ideologico e di mettere insieme le energie e le competenze delle associazioni non governative, le grandi potenzialità delle istituzioni regionali e comunali e le risorse economiche dei privati che hanno contribuito insieme, di volta in volta, a realizzare progetti
Grazie a questa impostazione la Fondazione ha lavorato costantemente dal 2011 per costruire nelle aree interne del Sud Italia luoghi dove tutti, sia i membri delle comunità locali, sia chi arriva da lontano fuggendo da guerre o da persecuzioni, possano vivere in pace e contribuire alla crescita economica e culturale dei luoghi in cui vivono. Fino oggi abbiamo accolto così oltre mille rifugiati, di cui moltissimi bambini con famiglie e minori stranieri non accompagnati, in 16 comuni della Basilicata ed abbiamo realizzato una campagna scuole per la diffusione dei diritti umani e della cultura di Pace che ha coinvolto negli anni oltre 12mila studenti dalle scuole primarie fino all’università in gran parte del territorio italiano.
I risultati che abbiamo ottenuto negli anni ci identificano infatti come un modello non solo per le azioni di accoglienza diffusa, ma anche per le attività di informazione, di educazione e di integrazione che realizziamo dando l’opportunità a chi costretto a fuggire di riscattarsi partecipando attivamente allo sviluppo della comunità locale e dell’intera società. Tutto questo insieme ai nostri partner Arci Basilicata, la cooperativa sociale Il Sicomoro ed a decine di altre associazioni ed enti che ormai costituiscono una rete stabile basata sulla fiducia reciproca, sulla competenza, sulla volontà di crescere insieme in una logica win-win dove tutti, sia chi accoglie sia chi è accolto, partecipano delle ricadute dei progetti. Soprattutto dopo la pandemia la Fondazione ha ritenuto di includere il concetto di sostenibilità in modo più ampio nei suoi progetti e nelle sue strategie. Infatti, gli studi degli enti internazionali e delle principali Ong riportano chiaramente che le disuguaglianze ed i cambiamenti climatici generano già oggi instabilità politiche e sociali e saranno sempre più le cause dei fenomeni migratori.
Entro il 2050 potrebbero essere costrette a spostarsi per questioni climatiche milioni di persone che vivono nei Paesi dell’Africa sub sahariana (86 milioni), dell’Asia meridionale (40 milioni) e dell’America Latina (17 milioni) secondo il rapporto della Wolrd Bank del 2018. Per questo la Fondazione, considerando le radici del fenomeno migratorio, ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu ed è sempre più coinvolta in progetti per fronteggiare queste sfide epocali per la sostenibilità ambientale ed economica che si integrano con le attività per la tutela dei diritti umani di chi è costretto a fuggire dal proprio Paese.
La sostenibilità ambientale è a esempio al centro del progetto dell’Abitazione per Pace donato dell’Architetto Mario Cucinella; l’edificio in legno è realizzato su suolo pubblico con risorse private degli imprenditori Pasquale Natuzzi e Nicola Benedetto, grazie al supporto di Sharon Stone, attrice ed attivista per i diritti umani. L’Abitazione per la Pace costituisce un modello unico di casa ecosostenibile, progettata per accogliere tre famiglie di rifugiati e per essere replicata in altri contesti e che è stata inaugurata nella primavera del 2022 dal Premio Nobel Jody Williams, il nuovo presidente della fondazione.
La riduzione delle diseguaglianze è il cuore del progetto per la realizzazione del primo Yunus Social Business Centre del Sud Italia
Così come l’ambiente è al centro del progetto “Gli alberi per la Pace” attraverso il quale abbiamo donato oltre 300 alberi da frutta agli istituti agrari della Basilicata e stiamo per donare oltre 2mila alberi al Comune di Matera per sviluppare progetti didattici in agricoltura per i giovani lucani ed i giovani migranti e per combattere i cambiamenti climatici.
La riduzione delle diseguaglianze è invece il cuore del progetto per la realizzazione del primo Yunus Social Business
Centre del Sud Italia, ideato con il premio Nobel per la Pace
Muhammad Yunus e finalizzato a creare le condizioni per trasformare i giovani, sia italiani sia stranieri, da “cercatori di lavoro” a “creatori di lavoro”. Per conseguire questo risultato è stata attivata la collaborazione con l’università della Basilicata al fine di promuovere la metodologia del Social Business applicata con successo dal professor Yunus in tutto il mondo.
L’ultimo progetto in cui stiamo confrontandoci con il Comune di Sant’Arcangelo e la Scuola di Ingegneria dell’università della Basilicata è la realizzazione delle comunità energetiche solidali che coniugano in modo esemplare il tema dell’ambiente e della giustizia sociale permettendo di generare energia pulita con il fotovoltaico e di condividerla nelle comunità locali a beneficio dei soggetti più deboli.
Queste azioni tracciano linee di sviluppo non consuete per il Terzo settore ma sono esperimenti utili, direi necessari, se si vuole tornare ad essere l’avanguardia propositiva per la società come è successo, ad esempio, negli anni in cui il Terso settore ha quasi imposto la riforma Basaglia che ha fatto compiere passi enormi alla società italiana. Oggi invece troppo spesso il Terzo settore è considerato una specie di “ruota di scorta” alla quale il pubblico ricorre quando non ha le energie o le risorse economiche per svolgere fino in fondo la sua missione sociale oppure, peggio, come una specie di marionetta da muovere con i fili degli avvisi pubblici per attuare politiche eterodirette.
Per questo la Fondazione in questi anni difficili, districan- dosi tra mille problematiche burocratiche, ha sempre cercato un equilibrio faticoso, spesso estenuante, tra il mondo reale e le istituzioni che permettesse di far crescere le nostre comunità insieme ai rifugiati. Se considero tutto questo e torno indietro al giorno in cui ho accompagnato Betty Williams al campo base, dove erano accampati i cittadini in rivolta e dove è stata lanciata l’idea della Città della Pace, se penso a tutte le enormi difficoltà che sono state superate ed ai periodi difficilissimi per tutti che abbiamo superato, mi sembra davvero incredibile che tutto questo sia stato possibile.