Radici Cristiane n. 155

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Editoriale

Leggi fuorilegge Sono ben cinque le proposte sull’«identità di genere» in Commissione Giustizia della Camera. E tutte rappresentano una minaccia contro la libertà e contro l’ordine naturale cristiano. Ecco perché…

di Roberto de Mattei

L

a legge contro l’omofobia, presentata per la prima volta nel 1999 dal presidente del Consiglio D’Alema e poi riemersa senza successo sotto i governi Prodi, Berlusconi e Letta, sarà approvata sotto il governo Conte? Sono ben cinque le proposte in commissione Giustizia della Camera, che – con diverse sfumature – puntano ad allargare all’«identità di genere» e all’«orientamento sessuale» le sanzioni previste dall’infelice legge Mancino del 25 giugno 1993. Una di queste proposte, il disegno di legge Boldrini-Speranza, dopo aver definito all’art. 1, come meritevoli di tutela giuridica, l’«identità di genere», il «ruolo di genere» e l’«orientamento sessuale», all’art. 2 interviene sul delitto di apologia e istigazione alla discriminazione previsto dalla legge Mancino, stabilendo «la reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque,

in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima». Chiunque critichi la teoria del gender può essere accusato di istigare alla violenza, che non è solo la violenza fisica, ma ogni atto di discriminazione, anche intellettuale, nei confronti dell’identità di genere o dell’orientamento sessuale. La categoria giuridica di “non discriminazione”, introdotta in Europa dall’art. 21 del Trattato di Nizza, recepito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, si è ormai rivelata come uno dei sofismi più perniciosi del nostro tempo. Il cosiddetto principio di non-discriminazione, infatti, non è altro che il vecchio concetto giacobino di uguaglianza assoluta, riproposto con nuovo linguaggio. In base a questo

dogma viene soppressa, con un tratto di penna, ogni disuguaglianza naturale, bollata come “discriminazione”. L’“identità di genere”, a cui ci richiama, è però una non-identità, perché nella prospettiva relativista ed evoluzionista della nuova sinistra, non esiste identità umana stabile e permanente. L’uomo, secondo questa deforme visione antropologica, è materia in evoluzione e la distinzione tra il sesso maschile e quello femminile non viene dalla natura, ma dalla cultura dominante che crea e attribuisce i “ruoli” del maschio e della femmina. L’«identità di genere» è definita, all’art. 1 del disegno di legge BoldriniSperanza, come «la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico». L’essere umano, privo di un’identità definitiva e irrevocabile, deve essere libero di scegliere l’identità che di volta in volta preferisce. Tutto è permesso, perché tutto nasce dalla libera scelta dell’uomo, che non può essere limitata da norme assolute esterne alla sua volontà. I fautori dell’ideologia del gender tenLa categoria giuridica di “non discriminazione”, introdotta in Europa dall’art. 21 del Trattato di Nizza, recepito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, si è ormai rivelata come uno dei sofismi più perniciosi del nostro tempo (nella foto, su licenza Creative Commons, la firma del Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001).

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C R I S T I A N E


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