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Dossier La pandemia dimenticata
L’”influenza spagnola” falcidiò la popolazione: ospedali da campo (nella foto, quelli allestiti in Massachusetts nel 1919), immagini di feretri ammassati in depositi di fortuna, mancanza di generi alimentari, alta incidenza di mortalità anche fra i giovani per una febbre che aveva ormai invaso il nostro Paese.
L’influenza detta “spagnola” capitò in un momento decisamente critico ovvero al termine della Prima guerra mondiale, quando cioè i Paesi belligeranti avevan ben altro di cui occuparsi e le popolazioni inermi ben altro di cui preoccuparsi. Così il morbo si diffuse rapidamente nel mondo, causando nuove vittime. La Chiesa fu sempre al fianco dei moribondi, accompagnandoli con l’Estrema Unzione, dei malati, curandoli nelle proprie strutture, dei fedeli, tenendo aperti i luoghi di culto, mentre i sacerdoti celebravano ogni giorno l’Eucarestia.
di Lorenzo Benedetti
E
uropa, 1918: mentre il sipario sta lentamente calando sul teatro della Prima guerra mondiale, una nuova, violenta minaccia invade il Vecchio Continente; una minaccia non armata, né tantomeno fratricida, bensì un nemico esterno, invisibile eppure altamente letale, che moltiplicherà i caduti del conflitto. Benché l’origine geografica del morbo rimane ancora oggi oggetto di controversie, esso è passato alla storia con il nome di “influenza
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spagnola”: la stampa dei Paesi belligeranti minimizzò la portata dei contagi e questo fece sembrare che solo la Spagna, Paese neutrale, ne fosse fortemente colpito; non essendo coinvolto nelle operazioni di guerra, il Paese iberico, dove lo stesso sovrano, Alfonso XIII, cadde malato, era in effetti dotato di sistemi d’informazione non sottoposti alla censura, il che rafforzò l’apparenza di un fenomeno limitato e circoscritto. R A D I C I
C R I S T I A N E