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Le “Fondamenta occidentali” di Giorgio Vicentini Un’ampia antologica, visibile a Maccagno fino al 10 gennaio 2021, ripercorre le tappe del lungo cammino dell’artista varesino, preoccupato e ammaliato dalla “fragilità sincera” del Vecchio Continente Luisa Negri
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l bel museo di Arte Contemporanea fondato da Vittorio Parisi sulle sponde del Verbano, a cavallo del torrente Giona, accoglie fino al 10 gennaio 2021 un’ampia antologica dell’artista varesino Giorgio Vicentini, curata da Clara Castaldo, dal titolo “Fondamenta occidentali”. Formatosi in ambito concettuale, ora interprete di un linguaggio autonomo basato sul colore, insegnante da anni, pittore e scultore vulcanico e poliedrico, lavora con i più disparati materiali: carta, legno, celluloide e altro. Si è meritato nel tempo l’attenzione di critici come Paolo Biscottini, Claudio Cerritelli, Flaminio Gualdoni, Guido Ballo, Martina Corgnati e molti altri. Guarda ad Anish Kapoor, artista indiano Maestro degli Opposti, con massima ammirazione. Suoi importanti lavori sono presenti in musei nazionali e internazionali. Non potrebbe esserci luogo più adatto del museo di Maccagno per ospitare le nitide opere di Vicentini, ora sinuose e ammiccanti, ora misticamente blindate agli sguardi curiosi di quanti vorrebbero rubarne il grumo di mistero che, racconta l’artista, ogni buona opera custodisce in sé. Ma, come in una cassaforte, la combinazione per entrare è nota solo a chi sa.
Perché questo curioso titolo: “Fondamenta occidentali”? Perché è una riflessione sulla mia persona ma soprattutto sulle mie radici, forti e deboli insieme. Sono un figlio dell’Europa e ne custodisco in me gli umori, i difetti e le qualità di uomo che in questo grande perimetro vive. Mi appartengono, per nascita, l’impronta della sua cultura ancestrale, la sua antica solidità, ma anche le fragilità e i dubbi. Questo titolo lascia intendere, accanto alla volitività e all’entusiasmo, le difficoltà del Continente in cui viviamo. Penso a Venezia, è l’esempio più calzante e luminoso della nostra fragilità, tanta cultura e imponente bellezza minacciate, sempre di più, dai capricci delle maree e dall’incuria umana. Eppure, la Serenissima, nonostante l’incertezza delle fondamenta deboli, si regge. Forte della sua fragilità sincera. Nel presentare la tua mostra il giorno dell’inaugurazione, nel gioco affabulatorio dell’Editto di Pino e Veddasca, hai detto “49 anni di pittura sono una infinità di tempo, ma vi assicuro che non mi sono mai e poi mai voltato indietro a cercarmi”. Cosa intendi? La mostra segue un itinerario che va dalle opere del 2013 del ciclo di Colore Crudo, alle recentissime di Atelier giungla, Arazzi volanti Giorgio Vicentini, Tempora, 2020. A destra, Andata e ritorno, 2001
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