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sull’impresa Sulle orme di Jules Verne

Sulle orme di Jules Verne

Un team di ricerca Bicocca-Insubria studia da 15 anni l’Islanda, una delle aree più remote e geologicamente attive del pianeta, perlustrandola dal cielo grazie all’utilizzo di droni. Lo scopo? Creare modelli tridimensionali navigabili in realtà virtuale

Sergio Redaelli

Non è il viaggio al centro della Terra di cui Jules Verne fantasticava nel 1864, ma gli somiglia. Nel cratere del vulcano Sneffels in Islanda, Verne immaginò la via che lo scienziato Arne Saknussemm e il suo epigono professor Lidenbrock imboccarono per scendere nelle viscere del pianeta. E intorno a quei luoghi, a nord-ovest dell’isola, un’equipe di docenti e ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Università Degli Studi dell’Insubria sta compiendo importanti rilievi fotografici grazie all’utilizzo di droni. L’obiettivo è riprodurre il paesaggio geologico in tre dimensioni, un lavoro prezioso perché, navigando nella realtà virtuale, si possono studiare vulcani e terremoti. Partecipa a queste ricerche Federico Pasquaré Mariotto, 53 anni, geologo e docente di Comunicazione delle Emergenze Ambientali nel corso di laurea in Scienze della Comunicazione all’Università dell’Insubria. Una materia avvincente. Il professor Mariotto prepara i futuri giornalisti a dare l’informazione scientifica in modo corretto e professionale, a trattare con cognizione di causa i rischi e i grandi disastri climatici, geologici e ambientali. “L’uso dei droni in Islanda – spiega Mariotto – può essere replicato altrove, dall’Etna al Vesuvio all’isola greca di Santorini, per non dire delle Prealpi varesine che ospitano aree di interesse geologico e naturalistico. Le cave di porfido di Cuasso al Monte contengono roccia magmatica del Paleozoico. E il Campo dei Fiori risale al meno remoto Mesozoico, l’era dei dinosauri. Purtroppo, la copertura boschiva rende difficile visualizzare con continuità la successione stratigrafica”.

L’Etna è tra i vulcani più studiati al mondo. Il team lombardo ci è andato dopo il terremoto del 25-26 dicembre 2018, di magnitudo 4.9, osservando con i droni la deformazione superficiale sul fianco del vulcano. “L’Etna è materia d’insegnamento per i futuri geologi – spiega Mariotto – e nel laboratorio di Realtà Virtuale dell’ateneo di Milano-Bicocca (https://geovires.unimib.it) si può fare un viaggio ai confini della realtà. Con il caschetto apposito, il cosiddetto Oculus e con la guida dello staff del laboratorio ci si muove in alto e in basso come fa il drone, si vola, si cammina. È come trovarsi sulla bocca del vulcano”. Anche il Vesuvio è oggetto di ricerca. La parte più antica, quella di Somma, si disintegrò parzialmente nel 79 d.C. con l’eruzione che uccise Plinio Il Vecchio, ammiraglio romano e celebre naturalista. Al suo posto è cresciuto il Gran Cono del Vesuvio, responsabile delle eruzioni successive: “Ora intendiamo studiare le pareti interne del monte Somma. Se è pericoloso? Ci si muove con i permessi, accompagnati dalle guide e collegati all’Osservatorio Vesuviano. L’Etna e il Vesuvio sono molto diversi come modalità eruttive. Il primo è effusivo, l’altro esplosivo. Il Vesuvio sprigiona colonne di ceneri e pomici, l’Etna fontane di lava che cola sui fianchi. I droni consentono di riconoscere i fenomeni di fagliazione attiva, rivelano il movimento lungo le fratture che si allargano, misurano la divaricazione della crosta terrestre. Se è impossibile prevedere i terremoti, si può individuare l’inizio di una crisi vulcanica”. La parte settentrionale dell’Islanda è una terra arida e desolata, percorsa da paurose fessure di origine sismica. Una “Terra senza tregua”, come dice il titolo dell’ultimo libro di Mariotto (edito da Mimesis e scritto in collaborazione con Alessandro Tibaldi, ordinario di geologia strutturale a Milano-Bicocca). Si trova sopra il punto di contatto, in continua attività, tra la placca euroasiatica e quella nordamericana. “È il posto ideale per studiare la nuova crosta terrestre che si forma attraverso la continua uscita di magma. Con i colleghi Alessandro Tibaldi e Fabio Luca Bonali, ricercatore alla Bicocca, ci andiamo dal 2005. Ci sono frequenti eruzioni, 2 o 3 al decennio. La crosta è sottoposta a forze divergenti ed opposte e soggetta a trazione. Il sud-ovest dell’isola è zona turistica, ricca di geyser, ci si arriva coi pullman. Il nord estremo invece è freddo, impervio e ricco di fratture profonde, insidiose come i crepacci di un ghiacciaio ricoperti dal muschio. Dal 2013 utilizziamo i droni che catturano dall’alto immagini spettacolari ad altissima definizione”. Federico Pasquaré Mariotto: “Nel laboratorio di Realtà Virtuale dell’ateneo di Milano-Bicocca si può fare un viaggio ai confini della realtà. Con il caschetto e la guida dello staff del laboratorio ci si muove in alto e in basso come fa il drone, si vola, si cammina. È come trovarsi sulla bocca del vulcano”

Pilotati dagli scienziati, i droni volano su traiettorie parallele in zone impossibili da raggiungere a piedi, come una parete di basalto alta 300 metri erosa dal ghiaccio. Lo scopo è unire migliaia di immagini e creare modelli tridimensionali navigabili in realtà virtuale, con un software, sfruttando tecniche di fotogrammetria che permettono di riprodurre il paesaggio geologico in 3D: “Così misuriamo lo spessore, l’ampiezza, gli strati e le inclinazioni dei filoni magmatici verticali – dice Mariotto –. Possiamo ricostruire l’orientamento delle faglie sul terreno e come il magma risale in superficie. Una panoramica di 25 siti geologici islandesi è stata pubblicata, in collaborazione con Fabio Luca Bonali e Corrado Venturini dell’Università di Bologna, in un’edizione speciale della rivista scientifica Geoheritage and Geotourism Resources”. Il corso di laurea in Scienze della Comunicazione presieduto dal professor Giulio Facchetti è frequentatissimo, quasi 500 immatricolati nel 2019. Nel corso di Comunicazione delle Emergenze Ambientali, al primo anno del programma di 3, gli studenti imparano ad interpretare i dati scientifici in modo corretto, a comunicarli semplificando ma senza banalizzare. “Nei Paesi anglosassoni è la regola – osserva il docente –. La scienza va divulgata e resa accessibile in modo che sia utile alla società. È il segno che le giovani generazioni ritengono estremamente attuali i temi geologico-climatico-ambientali”. ■

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