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7-06-2005
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1938: ANNO INFAME
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Capitolo quindicesimo
La politica dell’Autorità cantonale ticinese verso i profughi
Riprendiamo il discorso da dove lo abbiamo appena lasciato, ossia dalle affermazioni dell’onorevole Enrico Celio espresse in Gran Consiglio il 14 luglio 1938. In quest’occasione egli si presentava nella veste di Capo Dicastero di Polizia del Canton Ticino per sottoporre al Parlamento, per l’approvazione, il rendiconto dell’attività del suo Dipartimento per l’anno 1937. Alle critiche avanzate al suo rapporto (ossia che vi si leggessero delle considerazioni razziste), egli replica affermando che non si tratta di ‘farina del suo sacco’ ma delle parole d’ordine giunte da Berna, e precisa che la politica cantonale verso i profughi non è altro che la realizzazione pratica della politica federale, sulla definizione della quale il Cantone non ha voce in capitolo. Proseguendo nel suo intervento però, non si riesce a capire bene se a nome proprio o come portavoce delle autorità bernesi, o in ambedue le vesti, rincara la dose, aggiungendo considerazioni senz’altro catalogabili come stereotipi e pregiudizi: «tutti sanno che da secoli gli ebrei dominano il mondo politico, spirituale, economico e scientifico», e che «essi esercitano, specie nei piccoli paesi, un dominio pericoloso», per questo «dobbiamo impedire che questa razza dominatrice nel campo economico metta radici nel nostro Paese».1 Se è vero che ad alcuni deputati presenti in Gran Consiglio il discorso non è risultato gradito, come pure la politica praticata nei confronti dei profughi ebrei, è vero anche che essi sono stati messi nella condizione di essere impossibilitati a muovere una qualsiasi contestazione, essendo il tutto presentato come una direttiva superiore giunta dal Governo di Berna. E su una direttiva governativa ad essi non era riconosciuto nessun diritto di intervento, in quanto membri di un orga-