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Capitolo sedicesimo: la Chiesa cattolica e il totalitarismo, il razzismo e l’antisemitismo

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Capitolo sedicesimo La posizione della Chiesa cattolica difronteal totalitarismo, al razzismo eall’antisemitismo

Per evitare di giudicare in modo superficiale quanto hanno scritto i giornali ticinesi nel 1938, in particolare quelli cattolici,non possiamo trascurare di considerare quale è stata la posizione della Chiesa di Roma.Essa costituiva,infatti,un granitico punto di riferimento non solo religioso,ma anche etico e culturale,al quale i redattori cattolici si attenevano rigorosamente.

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Il Vaticano e il nazifascismo Sui rapporti della Chiesa cattolica con il Nazifascismo molto è stato discusso sia in ambito storico che in altri ambiti,ma ancora oggi le opinioni divergono.C’è chi sostiene che vi sia stata accondiscendenza se non addirittura connivenza,e c’è chi ritiene al contrario che il Vaticano abbia svolto un ruolo antitetico,di contrapposizione. Coloro che propendono per l’accondiscendenza citano a sostegno della loro tesi il favore di cui il Fascismo italiano ha sempre goduto in Vaticano.Per le relazioni con il Nazismo tedesco vengono ricordate invece le reazioni contraddittorie della Santa Sede di fronte ai comportamenti sconcertanti dell’Episcopato austriaco all’epoca dell’Anschluss1 e, in seguito,i silenzi di Pio XII di fronte alla Shoah in atto. Chi invece sostiene la tesi della contrapposizione qualifica inequivocabilmente l’enciclica Mit brennender Sorge2 e il Sillabus3 come documenti antinazisti e assicura che,oltre a ciò,Pio XI avesse concepito un’altra enciclica4 quanto mai severa,mai pubblicata a causa della sua morte.5 Quanto a Pio XII,si dà per certo che,seppur silente,egli si sarebbe segretamente prodigato nella lotta contro il Nazismo e avrebbe condotto alla salvezza un considerevole numero di ebrei.

Nell’attesa che il Vaticano pubblichi i documenti più recenti,ossia quelli che fanno luce sul periodo successivo (dal 1939 in poi,anno dell’insediamento di Pio XII sul Soglio Pontificio),6 ci dobbiamo basare su dati di fatto noti e già verificati. Se risulta ormai assodato che al loro nascere i regimi totalitari autoritari sono stati guardati con occhio benevolo dalla Chiesa cattolica, che li riteneva validi strumenti nella lotta contro il bolscevismo ateo e comunista (entità che il Vaticano considerava,fuori da ogni dubbio, il ‘male assoluto’),è pur vero che questa iniziale propensione ha avuto evoluzioni diverse. Gli ottimi rapporti della Chiesa con il fascismo italiano,coronati con il Concordato siglato in Laterano nel 1929,e consolidati dalla circostanza di ritrovarsi insieme sulla barricata a sostegno del nazionalista Franco in occasione della guerra di Spagna,si sono negli anni costantemente mantenuti stretti e amichevoli nonostante qualche controversia marginale e qualche reciproco mugugno.7 In modo assai diverso sono nati e si sono sviluppati i rapporti con il nazismo tedesco.Le speranze suscitate dalla firma del Concordato del settembre 1933 sono state presto deluse:8 il nazismo si è rivelato sempre di più come un pericoloso concorrente,che stava ormai soppiantando con i propri miti totalizzanti il sentimento religioso nell’animo di molti cristiani. Oltre a ciò il Vaticano aveva altri motivi di scontento.L’egemonia totalitaria nazista si stava concretizzando anche nello scacciare la Chiesa dagli spazi tradizionalmente in mano religiosa:l’insegnamento,l’associazionismo giovanile ed ecclesiale,la stampa.L’una dopo l’altra le scuole private cattoliche dovevano chiudere e le associazioni venivano man mano scalzate dalle organizzazioni paramilitari e giovanili naziste,come la Hitler-Jugend. 9 Sempre maggiori restrizioni venivano imposte alla stampa cattolica e,con pretesti vari,sempre più giornali confessionali venivano chiusi.Molti religiosi finivano emarginati,ossia messi nell’impossibilità di svolgere il loro compito di evangelizzazione,se non addirittura imprigionati.10 A questa sgradevole involuzione la Chiesa ha risposto in un primo momento con l’enciclica Mit brennender Sorge, 11 nel 1937,e poi con il Sillabus, 12 pubblicato nel maggio del 1938.Nel primo documento si protesta in particolare contro le angherie e le limitazioni a cui viene sottoposta la Chiesa cattolica,nel secondo si contestano le basi teoriche su cui si fonda il razzismo nazista.

Il Vaticano e il razzismo Nell’enciclica Mit brennerder Sorge e nel Sillabus la concezione razzista materialista e pagana del ‘mito del sangue’viene criticata con veemenza e deprecata perché in contrasto e in competizione con la dottrina cristiana. Tuttavia il razzismo,condannato ufficialmente,una volta scacciato platealmente dalla porta è spesso rientrato sommessamente dalla finestra nelle interpretazioni a vari livelli del mondo cattolico.Per esempio,rispetto ai matrimoni tra persone di ‘razza’diversa,l’Osservatore Romano afferma che:

la Chiesa, sempre madre amorosa, suole sconsigliare ai suoi figli di contrarre nozze che presentino il pericolo di prole minorata, ed in questo senso è disposta ad appoggiare, nei limiti del diritto divino, gli sforzi dell’autorità civile tendenti al raggiungimento di tale onestissimo scopo.13

Dal canto suo La Famiglia,settimanale cattolico molto vicino alla Curia di Lugano,sciorina ai suoi lettori il pensiero della Chiesa sul razzismo in questo modo:

Nessuno può infatti contestare la provvidenziale distinzione fra le stirpi, le genti, o come si suol dire: le razze. I vari popoli hanno le loro tendenze, la loro stirpe, e la loro civiltà. Tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio: ma non tutti i popoli hanno il medesimo livello di cultura e di progresso! Vorreste paragonare il popolo svizzero ai pellirosse della Patagonia, o il popolo italiano alle tribù abissine? […] Allora, scaturisce chiaramente il diritto – e quindi il dovere – per un governo di fare in modo che alla sua nazione siano conservate integre, e possibilmente migliorate, quelle condizioni spirituali, materiali e biologiche che fanno sana la mente, ricca la civiltà, e sani i corpi; come anche di impedire che la vita e il progresso di un popolo si arresti, si spezzi, si annienti a causa di debolezze proprie o di invadenze altrui.

Tuttavia la Chiesa non accetta il razzismo tedesco perché esso vuole andare oltre «a questi compiti e fondare sul materialismo un mito del sangue»14 e perché «dal campo politico è passato nel campo religioso!»15 Il Papa medesimo,a proposito del colonialismo,in un importante discorso afferma:

Ci sono razze più o meno dotate, come avviene tra i figli di una stessa famiglia: ma quando una razza più riccamente dotata dalla Divina Provvidenza viene in contatto con una razza

meno dotata, quando si tratta di Paesi che hanno o che vogliono avere colonie, è evidente che il Paese colonizzatore deve proporsi anzitutto lo scopo di civilizzare ossia di comunicare ai Paesi da colonizzare i benefici della sua civiltà [… perché] è questo il vanto, e insieme il dovere di tutti i Paesi civilizzatori. Ma tutto ciò evidentemente è una questione di educazione. Si tratta di educare delle razze meno civili, e di farle ridiventare gente.16

Nell’autunno 1938,proprio nel momento in cui il razzismo e l’antisemitismo si affacciano prepotentemente alla ribalta e richiederebbero dichiarazioni di univoca chiarezza,la confusione aumenta molto per il fatto che il Papa,forse a causa dell’età avanzata,nei suoi discorsi in occasione di varie udienze e incontri parla contemporaneamente di tre cose diverse.Per questo motivo risulta molto difficile stabilire quando un giudizio o una condanna sono rivolti all’uno o all’altro argomento, ed è facile per ognuno interpretare secondo i propri desideri,e secondo il proprio punto di vista le parole del Pontefice.Il primo dei tre temi è ‘il razzismo e l’universalità della Chiesa’,il secondo ‘il nazionalismo esagerato’,e il terzo è la difesa dell’Azione Cattolica.17 A proposito della definizione ‘nazionalismo esagerato’:sarebbe forse stato un po’troppo imbarazzante per Pio XI inveire contro il ‘nazionalismo’mentre tutto il cattolicesimo era mobilitato a sostegno dei ‘nazionalisti spagnoli’.L’aggiunta dell’aggettivo ‘esagerato’permette di delimitare il campo della discussione.E non a caso il Papa in una occasione spiega:«V’è posto per il nazionalismo giusto e moderato, associato a tutte le virtù,ma guardatevi dal nazionalismo esagerato come da una vera maledizione».18

La Chiesa e l’antisemitismo A tutt'oggi molti continuano a voler presentare l’enciclica Mit brennender Sorge e il Sillabus come una condanna da parte del Vaticano dell’antisemitismo e delle persecuzioni antiebraiche naziste.Bisogna dire però che questa interpretazione ci risulta una forzatura,poiché in questi due documenti l’antisemitismo in quanto tale non viene neppure citato,e men che mai stigmatizzato,e anche perché non vi è una sola parola di denuncia nei confronti delle persecuzioni contro gli ebrei in carne ed ossa.Il razzismo tedesco viene biasimato,certamente con grande passione e con vigore,ma non in quanto strumento aggressivo contro centinaia di migliaia di persone;19 esso viene disapprovato perché in contrasto con la religione.Anche in altre prese di posizione del Papa e di altissimi prelati non ci si è voluti spingere al di là di questo limite.20

Infatti,nell’anno sottoposto al nostro esame,non abbiamo trovato nessuna traccia di proteste dei vertici del cattolicesimo contro le gravi persecuzioni antisemite che hanno avuto luogo in Austria e in Germania.Non una parola neppure per il dramma dei profughi ebrei. In occasione della Conferenza di Évian,ultimo tentativo del mondo civile di soccorrere le vittime della persecuzione,il Papa non ha indirizzato all’assemblea né un messaggio di sostegno e neppure un’esortazione ai delegati per l’adozione di soluzioni generose.Un altro ‘atto mancato’,che ci concerne più da vicino,è costituito dalla lettera pastorale dei Vescovi svizzeri,21 nella quale viene del tutto ignorata la tragedia dei profughi ebrei che premevano alla frontiera della Confederazione.Nessun ammonimento si è alzato dalla Santa Sede neppure in occasione dei pogrom della ‘notte dei cristalli’. Le uniche censure22 e i soli atti di solidarietà tangibile23 di cui abbiamo trovato traccia si riferivano a persecuzioni o donazioni con oggetto ‘non ariani’cattolici,o comunque cristiani. In tutto il suo pontificato,durato 17 anni (dal 1922 al 1939),Pio XI ha accennato pubblicamente all’antisemitismo in una sola occasione,il 6 settembre del 1938,in un incontro con un gruppo di pellegrini belgi. E si espresse nel modo seguente:«No,non è possibile per un cristiano partecipare all’antisemitismo»,e «l’antisemitismo è inammissibile,noi siamo spiritualmente dei semiti».Tra queste due frasi ne ha però intercalata un’altra per rassicurare che si riconosceva a ogni Stato il «diritto di difendersi,di mettersi in condizione di proteggersi contro tutto ciò che minaccia i suoi legittimi interessi».24 Questa precisazione,che può essere intesa come una concessione alla politica antisemita messa in cantiere dall’Italia proprio in quelle stesse settimane,attenua il significato delle uniche nobili espressioni del Pontefice su questo argomento.

La Santa Sede e il razzismo italiano La svolta razzista dell’Italia fascista è stata accolta dalla Chiesa,in un primo momento,con una certa preoccupazione.Si temeva che ci si avviasse verso una ideologia e una pratica analoghe a quelle applicate nella Germania nazista.Non a caso la critica principale sollevata dopo la pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti25 del 14 luglio 1938 è stata quella espressa da Pio XI con le parole:«Si può quindi chiedere come mai disgraziatamente l’Italia abbia avuto bisogno di andare ad imitare la Germania».26 In un secondo momento,però,la Chiesa mostra di apprezzare le differenze tra il razzismo italiano e

quello tedesco.A questo proposito va ricordata una positiva recensione del libro di Giacomo Acerbo, I fondamenti della dottrina fascista della razza, 27 edito dal Ministero della Cultura Popolare,apparsa in Civiltà Cattolica, 28 nella quale si esprime compiacimento nel constatare che nel caso italiano «siamo così di fronte a un concetto di razza che anche il più meticoloso assertore dei valori spirituali e trascendenti potrà accettare senza riserve» perché viene rispettata «l’essenza spirituale dell’idea di razza,che non poteva essere confinata,secondo la concezione del Fascismo,unicamente alla bio-antropologia». Quando,in occasione della sua campagna a sostegno della svolta razzista,la stampa fascista afferma che la nuova politica discende dall’insegnamento religioso cattolico,e cita a sostegno un articolo pesantemente antigiudaico di Civiltà Cattolica del 1890, 29 gli ambienti vaticani mostrano un certo fastidio:un conto è dare un consenso più o meno convinto a ciò che il Regime decide,un altro è vedersi attribuito il ruolo di ispiratore.30 Ciò nonostante,quando con la legislazione razzista varata in autunno si è passati all’attuazione concreta,il Vaticano non ha avuto nulla da eccepire su nessuno dei provvedimenti antisemiti:31 espulsione degli ebrei stranieri,revoca della cittadinanza a coloro che l’avevano acquisita dopo il 1919,cacciata dalla scuola dei docenti e degli allievi,esclusione dalle cariche pubbliche e dall’amministrazione,limitazioni nella proprietà e nel commercio.La Santa Sede è insorta unicamente quando le leggi dello Stato si sono trovate in contrasto con il Diritto Canonico e le misure antisemite andavano a ostacolare la Chiesa nella celebrazione dei sacramenti (in particolare matrimoni),impedendole di impartirli a persone di origine ebraica,ma religiosamente non più tali,perché convertite al cattolicesimo.

Uno scambio di lettere ad altissimo livello La reazione vaticana a quella che viene definita una lesione (un vulnus) al Concordato non si limita certamente alle rimostranze espresse in un lungo articolo pubblicato sull’Osservatore Romano nel quale le ragioni della Chiesa vengono esaurientemente spiegate.32 Per difendere le proprie rivendicazioni vengono messe in campo le ‘artiglierie pesanti’e la Santa Sede si accinge a un intenso lavoro diplomatico nel quale sono coinvolti alti prelati vaticani e alte personalità dello stato italiano.Constatato che questi contatti non portavano ai risultati sperati,il Pontefice,Pio XI,nella settimana che prece-

de l’approvazione delle ‘leggi razziali’,prende carta e penna e stila due lettere,l’una indirizzata a Mussolini (datata 4 novembre) e l’altra al Re (datata 5 novembre). Dal contenuto e dal tono della lettera al Duce33 si deduce che i rapporti tra i due uomini sono improntati da sentimenti amichevoli e affettuosamente confidenziali.Pio XI si rivolge a Mussolini usando il pronome ‘tu’e con l’appellativo ‘diletto figlio’e ricorda con gratitudine la «non mai dimenticata» parte avuta dal Duce nella «difficile elaborazione ed auspicata conclusione del Concordato fra la Santa Sede e l’Italia».Nella lettera chiede poi al suo interlocutore di comprendere la sua «legittima e doverosa sollecitudine» e di adoperarsi a sollevargli l’animo «gravato da penosissima cura».Nella fattispecie si tratta dell’articolo 7 del disegno di legge che sta per essere sottoscritto e approvato, che lede «quel solenne patto».Pio XI annuncia un allegato contenente le modifiche al testo della legge richieste dalla Santa Sede (modifiche già in precedenza suggerite ad ‘alti collaboratori’di Mussolini,i quali non ne hanno tenuto conto).Si appella poi alla saggezza di Mussolini,«colla quale già sapesti scorgere quanto sarebbe riuscito importante e proficuo al bene dell’Italia regolare l’istituto del matrimonio secondo le leggi della Religione,che è pure la religione ufficiale dello Stato». Nella seconda lettera,diretta a Vittorio Emanuele III,34 il Papa esorta il Sovrano a intervenire energicamente presso Mussolini affinché accetti integralmente gli emendamenti all’articolo 7 (eccezioni al divieto di matrimoni) che gli sono stati proposti dal Vaticano,e questo perché essi sono stati accolti solo parzialmente e più precisamente fino alle parole «per legittimazione di prole»,mentre è stata stralciata la frase «o anche nel caso in cui ambedue i contraenti,sebbene di razza diversa,professano la religione cattolica». In risposta,il 7 novembre,il Papa riceverà da Vittorio Emanuele III una breve lettera35 nella quale il Re accenna vagamente che delle richieste di sua Santità «sarà tenuto il massimo conto ai fini di una soluzione conciliativa dei due punti di vista». Si deve ora riferire di un fatto che non è stato diffuso dai giornali del 1938, per il solo motivo che non ne sapevano nulla,ma venuto alla luce in ricerche successive.Oltre alle tre lettere segnalate innanzi ve ne è stata una quarta.Si tratta di una lettera di Mussolini indirizzata al Re.36 In questa lettera il Duce autorizza Sua Maestà a rispondere al Papa che si cercherà «una soluzione conciliativa dei due punti di vista»,puntua-

lizzando però che codesti «punti di vista sono molto antitetici». Mussolini non manca poi di recriminare che il Vaticano «tiri alquanto la corda» quando sono in questione fatti italiani,mentre «molli completamente in altri casi».Entrando nei particolari,il Duce asserisce di aver «già accettato due delle richieste pontificie» e che con l’accettazione della terza «ne verrebbe vulnerata la legge». Da questo epistolario si evince chiaramente un fatto inquietante.Di fronte alla redazione delle ‘leggi razziali’italiane il Vaticano non si è né dissociato né si è tenuto prudentemente lontano per non esserne coinvolto e macchiato.Viceversa,e al più alto livello,ossia nella persona stessa del Pontefice,ha collaborato alla loro stesura,addirittura formulando le frasi degli emendamenti al testo,dando così in concreto il nulla osta per tutto il contenuto delle leggi,ad eccezione dei punti controversi,rendendosi in questo modo oggettivamente compartecipe del misfatto. Non si può quindi affermare che vi sia stata una opposizione della Chiesa cattolica alla legislazione razzista.Le obiezioni sollevate riguardavano solo aspetti marginali concernenti la Chiesa come istituzione. Al contrario si hanno fondati motivi per ritenere che queste leggi fossero almeno in parte gradite.Questo,oltre che dalla carenza di obiezioni al momento della loro stesura,si evince anche da un documento ufficiale vaticano che risale al periodo nel quale Badoglio si accingeva, sotto la pressione degli Alleati,ad abrogare la legislazione razzista di Mussolini.Si tratta di un rapporto inviato il 29 agosto 1943 da Padre Tacchi Venturi al Segretario di Stato della Santa Sede,Cardinale Maglione.37 In esso Padre Tacchi Venturi conferma d’aver comunicato al Ministro dell’Interno del Governo Badoglio il pensiero della Santa Sede,nel senso che la legislazione,che in quel momento si voleva abolire,«secondo i principi della Chiesa cattolica,ha bensì disposizioni che vanno abrogate,ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma».38

L’antigiudaismo della Chiesa È innegabile che vi sia stata una latitanza della Chiesa Cattolica,a dispetto del suo potere e del suo prestigio,nel fronteggiare il male alla radice.Il Vaticano non ha ritenuto opportuno denunciare e condannare alla fonte le politiche antisemite attuate nei diversi paesi dell’Europa Orientale e soprattutto le persecuzioni del nazifascismo che hanno avuto luogo nel periodo che stiamo esaminando,né quelle ancora più terribili avvenute in seguito quando informazioni sullo

sterminio giungevano a Roma.Per contro,vi è stato in molti casi uno sforzo non indifferente per lenire gli effetti delle persecuzioni aiutando molti ebrei a nascondersi nel momento in cui erano braccati dai loro carnefici.Quest’ultima incombenza è stata svolta da religiosi e da istituzioni sul territorio.Non è ancora chiaro in quale misura queste azioni di carità siano state dovute all’iniziativa e alla generosità di singoli religiosi e fino a che punto invece rappresentino l’attuazione di direttive impartite dalla Santa Sede.Ancora oggi è grande lo sforzo di molti ambienti per accreditare la tesi secondo la quale i silenzi ufficiali della Chiesa avrebbero avuto lo scopo di non ostacolare l’opera umanitaria attuata sul territorio.39 Resta comunque il fatto che il mancato ergersi della Chiesa cattolica a difesa degli ebrei,in quanto popolo minacciato di sterminio,è una questione sulla quale a tutt’oggi non si è trovata una risposta chiara ed esaustiva. L’agnosia di fronte al destino della comunità umana che,qualche generazione più tardi,un Papa chiamerà «i nostri fratelli maggiori»,40 si può spiegare solo se si considera il pensiero della Chiesa prima di Giovanni XXIII,del Consiglio Vaticano II,e del riconoscimento degli errori da parte di Giovanni Paolo II. Alla base stava l’assioma secondo cui la missione della Chiesa consisteva nel convertire tutti i popoli del mondo alla vera religione (la cattolica),l’unica in grado di fornire la salvezza eterna.Quindi tutto ciò che, sia pure con mezzi costrittivi,favoriva l’evangelizzazione era considerata ‘cosa buona’.Ogni elemento che si frapponesse al raggiungimento di questo obiettivo universalista era,per contro,‘cosa cattiva’. Gli Ebrei che,come veniva sempre recriminato,per secoli hanno ‘ostinatamente’resistito all’impellente richiamo alla conversione perché volevano restare fedeli a se stessi e alla loro religione,erano evidentemente il prototipo di ciò che si riteneva ‘cosa cattiva’. E come ‘cosa cattiva’sono stati trattati.Sono stati demonizzati con l’accusa di deicidio e di omicidio rituale,sono stati loro attribuiti tutti i difetti immaginabili ed è stata costruita su di loro un’aneddotica e un’iconografia nella quale apparivano colpevoli e in qualche caso disgustosi e bestiali.Strascichi di questo modo di concepire la religione talvolta riaffiora persino ai nostri giorni (anche in Ticino) in celebrazioni e sfilate del Giovedì Santo41 e in Vie Crucis.42 Nel corso dei secoli gli Ebrei sono stati perseguitati e isolati nei ghetti,sono diventati bersaglio dell’Inquisizione,hanno dovuto subire

umiliazioni e predicazioni coatte.Fortissime pressioni venivano fatte per ottenere conversioni.In certi casi,come nella storia del piccolo Mortara,sono stati sottratti alle famiglie bambini battezzati contro il volere dei genitori.43 Alla fine dell’Ottocento,come reazione alla perdita del potere temporale del Vaticano (imputato agli Ebrei in combutta coi massoni),al tradizionale antigiudaismo di matrice religiosa si è affiancato anche un antisemitismo politico che ha assorbito le idee allora in voga,che volevano gli Ebrei pericolosi sfruttatori della cristianità e aspiranti dominatori del mondo.44 Nel 1938,quando non era ancora passato un secolo dall’apertura dei cancelli del ghetto di Roma,avvenuta nel 1870 non per concessione del Vaticano ma,anzi,contro la sua volontà,un vasto e tradizionale armamentario di giudizi e pregiudizi antigiudaici ingombrava ancora l’ideologia cattolica.Sfogliando i numeri del 1938 di Civiltà Cattolica, 45 autorevole portavoce delle opinioni del Vaticano,ci si può fare un’idea del tipo di disprezzo e ostilità di cui gli Ebrei erano oggetto.La prosa che si può leggere in questa prestigiosa rivista dei Gesuiti è del seguente tenore:

Il Giudaismo è una nazione equivoca e insieme, una religione equivoca […] [I suoi sforzi sono volti] al sopravvento e dominio della nazione giudaica, detentrice dell’alta finanza e per mezzo di essa del dominio, più o meno larvato, del mondo […] Il Giudaismo è una religione profondamente corrotta in quanto è una nazione che si presume eletta, ed è una nazione in quanto è la religione del messianismo corrotto. Il messianismo, latente e operante anche nei giudei increduli e perfino atei, è essenziale al Giudaismo. […] La questione giudaica rimarrà insoluta, perché, come tutti consentono, anche i più benevoli ai giudei, il messianismo corrotto, e cioè la fatale smania di dominio finanziario e temporalistico nel mondo, è la vera e profonda causa che rende il Giudaismo un fomite di disordini ed un pericolo permanente per il mondo. […] [Al problema] non si può dare perciò se non una soluzione relativa e provvisoria, e questa non altra da quella tradizionale, adoperata dai Papi: la carità, senza persecuzioni, e insieme la prudenza con opportuni provvedimenti, quale una forma di segregazione o distinzione conveniente ai nostri tempi.

In un altro articolo Civiltà Cattolica46 ritiene lodevole l’antisemitismo magiaro e loda le soluzioni discriminatorie che appaiono nel ‘Programma ungherese per il movimento sociale’propugnato dall’Azione Cattolica che,al IX punto,a proposito della «soluzione

della questione ebraica secondo gli interessi della nazione ungherese», afferma che:

i giudei, che non hanno accettata sinora la concezione ideale storica della nazione ungherese, non hanno il diritto di influire sulla vita intellettuale del paese, né nella stampa, né nella letteratura, né nella vita artistica. Questo medesimo principio deve essere applicato contro tutti quegli ungheresi che solidarizzano con i giudei.

Se si considera che,come conferma Padre Sale in un lungo articolo apparso recentemente (2002) nella rivista dei Gesuiti,gli articoli di Civiltà Cattolica negli anni trenta «prima di essere pubblicati» venivano «personalmente revisionati» da Pio XI,47 si può comprendere quanto l’antigiudaismo non fosse prerogativa di qualche settore più o meno marginale della Chiesa,ma al contrario rappresentasse un sentimento centrale,parte integrante dell’identità di tutta l’istituzione. Per questo motivo non era allora per nulla malvista la possibilità di ‘ridimensionare’l’invadenza degli Ebrei,se ciò veniva attuato in modo non cruento – «con certe norme di giustizia e di carità cristiana»48 –e soprattutto senza l’implicazione di una teorizzazione razzista materialista.Una tale repressione dell’elemento ebraico corrispondeva ad aspirazioni assai diffuse all’interno del mondo cattolico.Se il problema «viene posto sotto l’aspetto della necessità di difesa contro un’eccessiva e sproporzionata influenza degli israeliti in certi campi d’attività», non si contesta allo Stato «il diritto di prendere delle misure restrittive in caso di bisogno».49 Una cosa che sembrava a tutti scontata era che sulla sorte degli Ebrei –l’essere costantemente perseguitati e scacciati – non fosse il caso di recriminare e interferire.Era diffuso il convincimento che,in fondo,queste loro sofferenze fossero parte di un ‘disegno’che stava al di sopra:«La maledizione di Dio oggi ancora persegue gli Ebrei […] coloro stessi che odiano Cristo e lo vorrebbero cacciare dalla società,servono a Lui,ne adempiono le profezie».50 «il cui avveramento oggi si può constatare».51 Di fronte a questo modo di pensare vien da chiedersi se l’immagine sostanzialmente negativa del ‘giudeo’,che veniva propinata dai pulpiti,abbia o meno contribuito a inibire il sorgere,nell’animo dei popoli europei,di quei sentimenti di fraterna umanità che avrebbero potuto costituire un forte antidoto contro Hitler e il suo antisemitismo mortifero. Il modo in cui la Chiesa ha percepito gli Ebrei e gestito il problema

dell’antisemitismo non poteva non ripercuotersi sull'atteggiamento della stampa cattolica e sul modo di pensare della gente.Cercheremo di tenerne conto,e di capire in quale modo ciò è avvenuto,quando affronteremo l’analisi della stampa e quando indagheremo per scoprire se,e in quale forma,l’antisemitismo allignasse tra la popolazione svizzera,e in particolare tra quella ticinese.

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