MONDO ARTE 6

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ECCELLENZE ITALIANE ESEMPI VIRTUOSI DI STORIE E PASSIONI ALL’INSEGNA DELL’ARTE
#6
ISSUE
MONDOARTE
Antonio Miniaci

EVOLUZIONE E RINASCITA: LA VITA COME OPERA D’ARTE

MONDOARTE SYMBOL OF REBIRTH AND EVOLUTION

LIFE LIKE A WORK OF ART

Quanto è importante stare bene nel luogo di lavoromi chiedo osservando ciò che ho costruito - quanto è arricchente poter godere di quello spazio di vita segnato indubbiamente da impegni e scadenze, ma allo stesso tempo occasione per esprimerci e crescere? È possibile porsi l’obiettivo di trasformare un dovere e una responsabilità in un’occasione per creare, metterci alla prova e instaurare rapporti significativi, per noi, per la nostra anima e per chi ci ritroviamo accanto nel viaggio che è la vita, anche quella professionale? Mi ritengo fortunato, certamente: lavoro nel mondo dell’arte da più di quarant’anni e ho avuto la buona sorte fino ad oggi di fare il mestiere più bello del mondo. Ma non è stato sempre così. Ho sofferto, ho vissuto le delusioni e le sconfitte e tutt’oggi mi accade di scontrarmi con complessità e ostacoli che mi mettono alla prova. Ho creduto però nel cammino che stavo facendo, ho lottato e resistito, ho scoperto parti di me e strumenti che mi hanno permesso di trasformare i momenti più bui della mia vita in opportunità. Questo auguro alle nuove generazioni: di accettare la sfida e rendere la propria vita, anche quella professionale, un’opera d’arte vera e propria.

Sono partito dal nulla, senza aiuti né denaro, ho iniziato il mio viaggio sprovvisto di una buona cassetta degli attrezzi, ma avevo dalla mia buone scarpe e visioni improbabili. Ecco che dopo quasi cinquant’anni nel mondo dell’arte posso sorridere mentre mi giro e osservo ciò che mi è successo nella vita. Ho girato mezzo mondo, sempre in luoghi bellissimi, perché per vendere opere d’arte bisogna andare dove ci siano cultura e sensibilità. Ho incontrato persone speciali che mi hanno donato e insegnato. Sono riuscito ad aprire ben sette gallerie d’arte: da Bruxelles a Milano, da Positano a Capri e San Gimignano, per arrivare a Miami, New York e persino nei Caraibi ad Anguilla. Per tutto ciò devo dire grazie sempre e soltanto ai miei collaboratori, allo scambio che si è creato con loro e alla capacità di lavorare con lo stesso entusiasmo e per lo stesso obiettivo. Ho avuto la fortuna di conoscere molti giovani curiosi, coraggiosi e volenterosi. È stata la mia fortuna e la loro. Molti di loro nel corso del tempo hanno scelto di mettersi in proprio, diventando, in alcuni casi, grandi galleristi in Italia e nel mondo.

Whenever I look back at everything I’ve spent my whole life building, I wonder how significant and valuable the workplace environment is. Being it or not that corner of life surrounded by tasks and deadlines, or more easily that right “space” to give life and vent to our creativity, or even to challenge ourselves growing up. I cannot help but asking myself, to what extent that milieu could enrich ourselves. Here’s the truth: it is possible to pursue an aim, to turn duties and responsibilities into a real chance in terms of creating, trying ourselves and establishing meaningful connections, not only for ourselves and our soul and spirit, but also, and in particular for all those we have by our side, taking each other’s hands on a journey we like to call life, or even job. It is more than forty years since I have been working in the field of art and I can only feel blessed, I mean, I did have the chance and luck so far to do the greatest job in the world, and yet it hasn’t always been that easy. I entered a season of suffering, I had to cope with defeat, facing the agony of loss that sometimes made me feel truly disappointed. Today, as then, nothing has changed, there are still moments when I feel put to the test, surmounting similar obstacles or experiencing the same issues, and yet I have had the strength to take stock of what happened to me. I have always wanted to believe in my way, I’ve hung in there, struggling to resist. I found means and parts of me I didn’t know existed, but that have allowed me to turn the darkest and toughest times of my life into optimal outcomes. Here’s what I wish for future generations: whenever your going gets tough and whatever challenges may arise, never give up, stick to your path and go for it. Make your life, even the working life, a true work of art.

I wasn’t born with silver spoons in my mouth: no money or assistance. Actually, I did it on my own. At the beginning of my career, a good pair of shoes and unlikely visions were the only things I had. And so, fifty years in the field of art, all I do is smile while I take a look at things that have happened in my life. I have travelled around half the world, ending up in wonderful places. Needless to say, if you want to sell objets d’Art, you have to go to places steeped in culture and where there is a deeper sensitivity. It was just there, I had the

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Una vita felice prevede cura e attenzione per ogni aspetto del quotidiano. È essenziale vivere il tempo dedicato al lavoro con interesse, passione e audacia. Per me il lavoro è sacro, al primo posto accanto alla mia famiglia. È stato uno strumento essenziale per la crescita personale e per la realizzazione. I successi come gli insuccessi sono stati preziosi. La soddisfazione del lavoro dipende da molti fattori che vanno dalla remunerazione salariale, alla qualità delle relazioni con i colleghi, ma ancora all’approccio con il fruitore o il cliente. Il rapporto umano è fondamentale, l’incontro e lo scambio non sono sempre facili, come in ogni aspetto della vita, ma il bello sta proprio in quel tentativo di trovare la via, la possibilità di conoscersi meglio ed evolvere, anche e soprattutto attraverso l’altro.

Oggi è più complesso, il mondo è cambiato, ma allo stesso tempo nuove opportunità si sono affacciate all’orizzonte e sta a ognuno di noi raccogliere la sfida. Ho scelto a un certo punto della mia carriera di diventare editore, avevo bisogno di condividere ciò che avevo la fortuna di conoscere grazie al mio lavoro. Porto avanti da molti anni la rivista MondoArte, un progetto che mi dà soddisfazione enorme e mi permette di conoscere gente di tutto il mondo. Raccontiamo la storia di persone, imprese, realtà artistiche. Abbiamo scelto una formula che mette al centro dell’interesse l’umanità e i suoi talenti, virtuosismi e complessità, verità e bellezza. È questo un canale di comunicazione che si concentra sull’italianità, sui talenti e le risorse che il nostro splendido Paese custodisce. Con l’obiettivo di dare spazio a ciò che di unico ci caratterizza è nata circa venticinque anni fa la nostra rivista, e oggi continua in questo suo percorso attraverso modi e forme indubbiamente nuovi, ma sempre orientati a raccontare l’italianità nel mondo e la bellezza italiana. È di personaggi quali Dario Fo, Ottavia Piccolo e ancora Francis Ford Coppola che ho scelto di parlare in passato, ma anche di nomi meno altisonanti, ma di grande coraggio e audacia, esempi e testimonianze importanti e di grande significato. In questa edizione raccontiamo di realtà uniche nel loro genere, nelle quali passione e amore hanno portato alla creazione di vere e proprie perle, da conoscere e dalle quali rimanere incantati. E poi parliamo della ricerca di artisti capaci di lasciare segni indelebili, il cui processo creativo e la cui produzione artistica sono il frutto di un’esistenza improntata alla natura, frutto di integrità e verità. Parliamo in queste pagine del grande critico d’arte Raffaele De Grada, che è stato per me maestro ed esempio, oltre che amico sincero. E come sempre ci saranno voci imprescindibili del panorama artistico e culturale, per conoscere, scoprire e imparare. Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale, è come sempre presente sulle nostre pagine, per i nostri lettori. La sua è certamente una tra le più importanti testimonianze grazie alla sua indiscussa professionalità e a quella sua umanità tanto preziosa - oggi più che mai - che ho potuto apprezzare in occasione delle nostre conversazioni e durante la preparazione di alcune splendide mostre per cui abbiamo collaborato, come nel caso della mostra personale di Mimmo Rotella e Alda Merini.

chance to meet remarkable people who have taught me and gave me a lot. I could thus open seven art galleries in all - from Brussels to Milan, from Positano, Capri and San Gimignano up to Miami, New York and even the Caribbean. For all this I have to be grateful and thank my cooperators, for the exchanging of opinions, the constructive and healthy dialogues among us and to the enthusiasm in the air while working for and looking up at the same target. I have had the luck to meet curious, willing and courageous young people, I think my luck and also theirs. Many of my cooperators have chosen to split off on their own, on occasion, becoming great gallerists themselves in Italy and the world, by the passing time. A happy life isn’t something that just happens to you. To create it, you must have utmost care and pay attention to details of every aspect of your daily life. Moreover, I say, it is essential to live time spent in the working sphere with interest, passion and endeavour. For me, work comes first, and so does my family. It has been an essential means for my personal growth and my own fulfilment. And success, I found to be as precious as failures. Satisfaction as regards work depends on many things in terms of advantages. It is about salary, the quality of the relationship with our workmates, but it is mostly about the relationship with our users or customers. The viewer’s approach becomes an active part in the working sphere, as well. I think the human side is worth mentioning. Meeting and transactions are never a piece of cake, as in all aspects of life, but it is in all this trying to find the way that lies the possibility to get to know each other better and improve by being in touch with the others and sharing the others’ experiences.

Nowadays everything is more difficult: it’s a different world now, but in the meantime new opportunities have opened up and it is up to us how to face new challenges. At some point of my career, I decided to get into publishing, becoming a publisher myself. I was kind of feeling the need to share the things I have had the good fortune to experience thanks to my job. I have been running the “Mondo Arte” revue for many years. It is a project that, on the one hand, is a source of endless satisfaction and on the other hand, gives me the chance to meet people from all over the world. We tell stories about people, enterprises and artistic realities. We have opted for a formula that focuses on the interest of mankind and its talents, as well as outstanding skills and complexities: truth and beauty. This is a channel that is mostly focused on italianity, on the talents and resources that our marvellous country safeguards. The target of our revue, which was founded twenty-five years ago, is to leave room to what uniquely distinguishes us. It still follows the same principles even today, even if some ways and means undoubtedly have changed. Actually, the aim is always the same: to tell the world about italianity and its beauty. It is about people like Dario Fo, Ottavia Piccolo and Francis Ford Coppola that I have decided to talk of, but even about less famous personalities of great courage and nerve the same way. Working in the field of arts requires a great responsibility, even for

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Sempre in questa uscita dedichiamo alcune pagine a Franco Maria Ricci. Risale a molti anni fa il mio primo incontro con il prestigioso editore e quella sua rivista che ha fatto storia e ha rappresentato un vero e proprio riferimento ineguagliabile nel mondo dell’editoria. Ne rimasi folgorato e tenni sempre a mente quel prodotto frutto di amore e passione, conoscenza e bellezza, che ispirò molti dei miei progetti. Così come mi ispirò e rappresentò un riferimento senza pari l’uomo visionario che Franco Maria Ricci è stato. I progetti, le visioni, la tenacia e il coraggio di rendere vero ciò che immaginava. Penso poi a quanto amore per il nostro Paese e alla decisione presa, a un certo punto della vita, di investire ogni energia nella propria terra di origine per la realizzazione di quel Labirinto tanto potente per valore simbolico e contenitore di quelle forme d’arte che sono espressione del gusto infallibile del Franco Maria Ricci collezionista.

Noi operatori di settore abbiamo una grande responsabilità, sia in quanto galleristi d’arte sia in quanto editori; sosteniamo artisti di talento e raccontiamo il loro profondo e spesso celato messaggio. Rappresentiamo un canale tra un pubblico che ha urgenza di sapere e quell’universo incredibile che è il mondo dell’arte, capace di unire i popoli e promuovere crescita ed evoluzione. Un circolo virtuoso che porta verso un mondo migliore: perché l’arte fa questo, arriva a tutti ed è per tutti, basta solo cambiare approccio. Girando per il mondo ho sostenuto e ribadito, come potevo, quel concetto che chi mi conosce mi sente ripetere spesso: l’amore e la stima per gli italiani nel mondo, per le persone che vivono lontane dal nostro Paese, la cui anima è oggi frutto di commistioni culturali, ma che non possono prescindere da quell’italianità che in qualche modo li contraddistingue. Uomini e donne che si sono realizzati, che hanno lottato, riuscendo a ottenere grandi risultati senza mai dimenticare le proprie origini. Se questo popolo di italiani nel mondo tornasse qui da noi a investire e a portare la nuova mentalità conquistata assisteremmo a una profonda trasformazione e rinascita. In molti l’abbiamo fatto. Nel mio piccolo, ad Albanella nel salernitano, ho creato una realtà in cui arte e bellezza raccontano la nostra Italia. Ma ancora personaggi illustri hanno fatto cose grandi, come Francis Ford Coppola che ha dedicato energie e tempo nelle vicinanze di Matera, realizzando una dimora preziosa in cui bellezza e cultura accolgono turisti di ogni parte del mondo.

Quello che desidero oggi è riunire persone desiderose di credere in un progetto, accoglierle nelle mie realtà e dar loro la possibilità di crescere professionalmente e inserirsi in un mondo fatto di stimoli e opportunità continui. MondoArte è alla ricerca di chi sia in grado di raccontare e comunicare arte e cultura, che voglia condividere un viaggio sempre nuovo e stimolante. Pubblicare una rivista vuol dire accettare la sfida di seguire il proprio istinto, condividendo intuizioni e idee, comunicando con lettori di tutto il mondo, a partire dalla nostra amata Italia, per portare ovunque la bellezza e i talenti che la caratterizzano.

art gallerists or for publishers as well. We support artists of great talent and unveil the deep and hidden message of their works. Actually, we play a fundamental role in the art world, that is to say, we offer ourselves as a liaison between an audience that feels the urgent need to explore and this astonishing universe that the world of art represents. Art binds people, it has the power to build a community, as well as to foster and promote precious growth and development. It is this virtuous circuit that proposes as its target to enhance a better world, because, all in all, it is what art does: it reaches everybody and it is meant for anyone. You only need to change the way of approaching it. As I have said many times now, going places around the world, I supported and had the steadfast belief, as much as I could, in that concept and loving spirit for the Italians who live abroad, far from their homeland. They are the result of a knowledgeable mixture of italianity, as a feature that distinguishes them from the rest. A great people that can never forget its own roots, that has struggled and has emerged, succeeding in getting great results even by spending soul and spirit, a great people, that is able to rise from the ashes like a phoenix.

My most important desire, today, is to meet young people eager to believe in a project. Welcoming and receiving them in my life story and giving them the opportunity to thrive and improve, becoming part of a world that is made of endless and ongoing stimuli and chances. “Mondo Arte” is looking for all those who can tell about and communicate art and culture. Our revue wants persons concerned to share an ever-changing, as well as ever-stimulating voyage. Of course, intuition plays an important role in publishing a revue. It means to face the challenge to go with your gut, sharing insights and conveying ideas. It also means to communicate to readers from all over the world, beginning from our most beloved country, Italy, so as to take its beauty and talent to the four corners of the world.

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La bellezza dell’arte

La fotografia ha la duplice funzione di conservare la memoria di un oggetto e di renderlo visibile anche in sua assenza. Questo vale ancora di più per l’arte, che cambia e si evolve. L’immagine ci ricorda l’intensità e la bellezza del nostro territorio, denso di cultura, creatività, saperi artigiani e tradizioni. Un invito a sfogliare le pagine per incontrare tutte queste ricchezze.

The Beauty of Art

Photography has the double function of preserving the memory of an object and making it visible in its absence. This is even more important in art, which changes and evolves. A work of art conserves the beauty of our territory, rich with culture, creativity, craftsmanship and tradition. We invite you to look through these pages to discover all of this.

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Statua femminile acefala della fine del I secolo a. C. da Ferento. Viterbo, Museo Civico Luigi Rossi Danielli

11 Domenico Piraina direttore di Palazzo Reale Milano, Valorizzazione storica e programmazione culturale

Domenico Piraina - Director Of Royal Palace Of Milan For The Promotion Of Historical And Cultural Heritage

15 Milano: Palazzo Reale e le Sale degli Arazzi, racconto di Simone Percacciolo

Royal Palace And Tapestry Rooms Milan - Simone Percacciolo’s Story

25 Unknown Unknowns e Mondo Reale. La mostra di Fondation Cartier alla Triennale di Milano

Unknown Unknown And Mondo Reale - The Exhibition Of The Cartier Foundation At The Milan Triennale

35 Anna Lo Bianco, storica dell’arte italiana e riferimento indiscusso nel panorama culturale internazionale

Anna Lo Bianco: One Of The Undisputed Art Historian Excellence In The International Cultural Panorama

43 Labirinto della Masone Perdersi nel sogno borgesiano di Franco Maria Ricci

Labirinto della Masone: Getting Lost In Franco Maria Ricci’s Borgesian Rêverie

59 Museo del Profumo di Milano: Incontriamo il direttore Giorgio Dalla Villa

The Perfume Museum, Milan - The Voice Of Director Giorgio Dalla Villa

71 Sery Colombo, l’artista che vibra con la natura che dipinge, nella visione di Raffaele De Grada

Sery Colombo - The Artist, Who Vibrates With Life And Sprouts In Tune With The Nature She Portrays

86 Chef Gennaro Esposito

Chef Gennaro Esposito

89 “L’arte che cura” prende vita da settembre a Milano

The Countdown is on! “L’Arte Che Cura” September In Milan

93 Theo Soyez

Theo Soyez

100 Lana Del Rey: Violet e altre poesie

Lana Del Rey - “Violet e altre poesie”

103 Gli artisti della Miart Gallery

The Artists Of Miart Gallery

117 In viaggio con MondoArte per scoprire il mondo

MondoArte: A Journey Exploring The Wonders Of The World

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Domenico Piraina Direttore Palazzo Reale Milano

DOMENICO PIRAINA

DIRETTORE DI PALAZZO REALE MILANO

DOMENICO PIRAINA

DIRECTOR OF ROYAL PALACE OF MILAN

VALORIZZAZIONE STORICA E PROGRAMMAZIONE CULTURALE

FOR THE PROMOTION OF HISTORICAL AND CULTURAL HERITAGE

Ascoltiamo direttamente dal direttore di Palazzo Reale a Milano, Domenico Piraina, quelle che sono le attività e gli obiettivi su cui si basa la valorizzazione di una delle realtà culturali più importanti al mondo. Ecco i temi di importanza prioritaria: sono le grandi mostre, la programmazione sempre varia e ricca e la splendida rete di relazioni che Palazzo Reale ha sviluppato nel tempo con i più prestigiosi spazi, museali e non.

“Datempo l’attività di Palazzo Reale è indirizzata su due obiettivi paralleli: la realizzazione di grandi mostre e la valorizzazione della Reggia. Sul primo versante, il programma espositivo dei prossimi mesi sarà, come è ormai nella tradizione di Palazzo Reale, ricchissimo e vario: dagli Old Master come Bosch, Goya, El Greco, agli artisti moderni come Max Ernst, Edvard Munch, Giorgio Morandi, alla grande fotografia di Richard Avedon, Helmut Newton e Gabriele Basilico. Ma ancora ai maestri contemporanei come Bill Viola, a spettacolari e innovative installazioni come quella, veramente commovente, che vedremo tra poco nella Sala delle Cariatidi dedicata ai calchi delle tre Pietà di Michelangelo Buonarroti (Vaticana, Bardini e Rondanini): una grande iniziativa culturale che consiglio a tutti di venire ad ammirare.

Sul versante della valorizzazione di Palazzo Reale, proseguono intensamente le attività di restauro degli affreschi neoclassici e del meraviglioso centro tavola, le ricerche d’archivio sul Palazzo Reale in età viscontea e sforzesca i cui risultati saranno oggetto di due ponderose pubblicazioni in corso di stampa, oltre alla ricognizione degli arredi storici con l’obiettivo di riportarne un numero significativo a Palazzo Reale. Questa incessante ricerca ci ha permesso recentemente di essere accolti nell’Associazione delle Residenze Reali Europee, un’organizzazione internazionale nata nel 1995 che raggruppa i più importanti palazzi, castelli, regge e residenze reali che si trovano in Europa. Tra questi sono nostri eccellenti partners realtà quali la Reggia di Versailles e il Castello di Schonbrunn, la Collezione Reale danese, i Castelli di Chambord e di Compiegne e molti altri ancora.

We are listening to Domenico Piraina talking directly from the Royal Palace in Milan about the activities and purposes that are at the core of the historical and cultural promotion of one of the most important institutions in the world. We see that the great exhibitions and different kinds of rich uninterrupted programming and the marvellous partnership network that the Royal Palace has developed throughout the years with the most prestigious museum spaces and more are taking priority and are given great importance.

“Forseveral years already, the Royal Palace has been dealing with the fulfilment of two main simultaneous projects: the organising of great exhibitions and the historical and cultural promotion of the Royal Palace. On one side, according to the long time tradition at the Royal Palace, the exhibiting agenda for the months to come, will be rich and various, beginning in particular with the Old Masters, Goya, Bosch and El Greco, to the modern artists, Max Ernst, Eduard Munch, Giorgio Morandi, and the great photographic art of Richard Avedon, Helmut Newton and Gabriele Basilico, and even more, to the great contemporary pioneers like Bill Viola, to the really moving magnificent and original installations that we may soon admire in the Caryatid Room. The last of them is dedicated to the casts of Vaticana, Bardini and RondaniniMichelangelo Buonarroti’s three Pietà.

It is a great cultural venture that I suggest anyone should see and I advise anyone to come and admire it. On the other hand, regarding the promotion of the Royal Palace as an asset, there is a very intense work in progress. The neoclassical frescoes and the marvellous Center table are being restored. Apart the spotting out (reconnaissance) of the formal historical decor in order to take the most of it back to the Royal Palace, there will be also an archive research work about the Royal Palace during the Viscontis and the Sforzas, which will be written about in two very important works the publishing of which is being worked on. This continuous research has recently allowed us to become members of an international organisation, Association of European Royal Residences (ARRE) founded in 1995. These organisation deals with the supporting and maintenance work of a serious number of important palaces, castles, residences, and royal

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Tra le attività di valorizzazione di Palazzo Reale, mi permetto di citare l’ultima iniziativa consistente nell’intervento di light design dello Scalone d’Onore, grazie a una intelligente sponsorizzazione tecnica dell’azienda Panzeri e alla fattiva collaborazione della Soprintendenza.

Il monumentale scalone d’onore, per la cui costruzione si rese necessaria l’eliminazione della piazzetta della Chiesa di San Gottardo e, con essa, la liquidazione di una ulteriore traccia delle memorie trecentesche del palazzo visconteo, rappresenta uno degli esiti più riusciti del rinnovamento architettonico in senso neoclassico che interessò, sotto la regia di Giuseppe Piermarini, il Palazzo RegioDucale.

In esso sono sinteticamente leggibili i caratteri propri e fondativi del neoclassicismo: l’armonia, l’equilibrio, la compostezza, la proporzione, la razionalità, la sobrietà, la semplicità e la purezza. In questo contesto architettonico sono bandite le fantasie e le complessità barocche, gli effetti spettacolari e illusionistici. Vi si percepisce l’odore della pulizia e dell’austerità delle forme inserite, con rigore geometricamente sorvegliatissimo, in una dimensione monumentale. In altre parole, vi si ritrovano, plasticamente rappresentate, la “nobile semplicità” e “la quieta grandezza” di winckelmanniana memoria.

Il significato non solo fisico-estetico della luce, ma anche e soprattutto etico, era ben presente nell’illuminismo - movimento culturale che ebbe in Milano una delle sue più alte manifestazioni - che nel neoclassicismo individuò il suo proprio stile espressivo e che già nella denominazione si poneva l’obiettivo di illuminare le menti degli uomini per liberarli dalle catene dell’ignoranza, della superstizione e dell’oscurantismo.

In piena coerenza con questi presupposti, Giuliano Traballesi affrescò il soffitto del monumentale scalone con l’Aurora, il cui soggetto è la luce, rappresentata da una giovane donna alata portatrice di una fiaccola, che mette in fuga la notte e gli spiriti maligni delle ombre; è Aurora la dea romana che apre le porte del giorno, dopo aver attaccato i cavalli al carro del Sole, e che versa la rugiada sulla terra, annunciando al mondo il mattino.

È da queste considerazioni che è partito il dialogo con Panzeri per sviluppare un intervento illuminotecnico per lo scalone d’onore che si è poi concretizzato nel Piermarini Lighting Project, che ritengo pienamente rispettoso della storicità architettonica, della qualità formale e delle implicazioni estetiche dello scalone piermariniano, nel quale si inserisce senza forzatura alcuna, anzi, direi, con estrema naturalezza perché ne ha assorbito profondamente lo spirito”.

lodges spread all over Europe. Among our excellent partners we may mention institutions like The Versailles Residence, The Schonbrunn Castle, The Chambord and Compiegne Castles and many more.

As regards the Royal Palace promotion work agenda, I consider it important to talk about the latest initiative, the light design work of the Scalone D’Onore (Stairway of Honour), that could be achieved thanks to an intelligent technical sponsoring made by Panzeri and the concrete cooperation of Superintendence.

The monumental Stairway of Honour, for the building of which it had became necessary to destroy the square, a place in front of San Gottardo church, causing thus the cancelling of another trace about the Fourteenth Century Visconti historical heritage, has been one of the most successful architectural renewing work in terms of the neoclassical regarding Palazzo Reggio Ducale. This work has been achieved under the supervision of Giuseppe Piermarini. In the result of this work we can find out the obvious, fundamental, revolutionary features of the neoclassical: harmony, balance, moderation, proportion, rationality, sobriety, simplicity and purity. This architectural background doesn’t leave room to the complexity of baroque and its mind blowing illusionary fantasies. We can instead feel the smell of neatness and of the austerity of its severely geometrically well controlled forms, in a monumental dimension, in other words, we can find represented there “nobile semplicità e pacata grandezza”, that is to say “noble simplicity and quiet greatness” that remind us of the Winkelmann heritage.

During the Enlightenment period light had not only an exclusively aesthetic-physical interpretation but moreover it was supposed to have also an ethical one. This cultural event - that could find its way expression and the meaning of its own expressive style in the neoclassical and its purpose has been to enlighten the minds of people in order to get rid of the chains of ignorance, superstition and obscurantism, as suggested even by its name - has been greatly represented by the artists in Milan.

It is according to these laws that Giuliano Traballesi has created the Aurora frescoes on the ceiling of this monumental staircase. Its subject is light represented by a young, wing-bearing woman holding a torch, sending away the night and the malign ghosts of the shadows. It is Aurora, that Roman goddess who opens the doors to let the day in, after having harnessed the horses to the Sun’s chariot, and also the one who pours dew on the earth announcing to the whole world that the morning is coming.

It is by taking into consideration this, that the dialogue with Panzeri had started, having as subject the achievement of an illuminotecnica work inside the Staircase of Honour that in the end took shape and got fulfilled as a result of the Piermarini lighting project. I consider this project has respected all the principles of the architectural historical importance of the place, of its formal quality and of its aesthetic message as regards the Piermarinian stairway in which we can find it applied without any forcing, I should better say, extremely naturally because it has completely assimilated its essence”.

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Palazzo Reale Milano Foto di Andrea Matera Arazzi Palazzo Reale Milano

MILANO: PALAZZO REALE E LE SALE DEGLI ARAZZI

ROYAL PALACE AND TAPESTRY ROOMS - MILAN

STORIA E INTRIGHI NEL RACCONTO DI SIMONE PERCACCIOLO, RESPONSABILE VALORIZZAZIONE STORICA

HISTORY AND INTRIGUE IN THE STORY OF DIRECTOR OF THE HISTORICAL AND CULTURAL ENHANCEMENT SIMONE PERCACCIOLO

Le Sale degli Arazzi di Palazzo Reale ospitano dalla fine del Settecento una serie di sette arazzi di Claude Audran. Eseguiti dalla celebre manifattura dei Gobelins da cartoni di François de Troy, queste opere preziose illustrano il mito di Giasone e Medea nella versione tratta dalle Metamorfosi di Ovidio. La decorazione del bordo, color bronzo con lo stemma del re di Francia al centro e gigli agli angoli, porta in basso un’iscrizione francese che descrive il soggetto di ogni arazzo.

L’intera serie fu donata nel 1775 da Luigi XVI all’arciduca Massimiliano d’Austria, fratello di Maria Antonietta, che la destinò al Regio Ducal Palazzo di Milano nel quale è documentata la presenza dal 1788.

Diverse furono le serie realizzate con il medesimo tema: la prima serie completa, tessuta di lana e seta tra il 1750 e il 1754, fu richiesta ai Gobelins dal Garde-Meuble de la Couronne nel 1758 e, come sappiamo dalle cronache dell’epoca, fu utilizzata dodici anni più tardi, nel 1770, per la decorazione del padiglione eretto a Strasburgo per il ricevimento di Maria Antonietta al suo ingresso in Francia come sposa di Luigi XVI. Goethe, che in quell’anno studiava a Strasburgo, ebbe l’opportunità di visitare questo padiglione. Il suo stupore e la sua contrarietà al soggetto rappresentato ci giungono carichi di emozioni nella sua descrizione:

The majestic Tapestry Rooms in Royal Palace of Milan is the place of a very important exhibition. The building hosts an array of tapestries created by Claude Audran. We are talking about a collection of seven tapestries that have been displayed there since the end of the Eighteenth century. Produced in François de Troy’s renowned Gobelins carton manufacturer, these precious works of art illustrate the Myth of Jason and Medea inspired by Ovidius’ version in The Metamorphosis. The bronze colour decoration of the hem, representing the young King of France’s coat of arms in the middle and fleurs-de-lis at the corners, has at its bottom a French inscription that describes the subject of each tapestry like a caption.

The entire collection is donated to Marie-Antoinette’s brother, the archduke Maximilian of Austria by Louis XVl in 1775. The archduke, at his turn, sends it to the Regio Ducal Palace of Milan. The first written evidence about this dates back to 1788.

There are several sets produced that have as their subject the same theme. The first complete set woven of wool and silk from 1750 to 1754 is commissioned to the Gobelins by the Garde-Meuble de La Couronne in and as we are told by the chronicles of those times, it is used twelve years later to decorate the pavilion built in Strasbourg on the occasion of Marie-Antoinette’s first arrival in France as wife of Louis XVI in 1770. As a student in Strasbourg during the same year, Goethe has the opportunity to go and see the pavilion and the tapestries. In his description, his astonishment for and disapproval of the illustrated subject reach us carrying the writer’s excitement and most profound feelings:

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Testo Simone Percacciolo Foto Andrea Matera

«Ciò che m’interessava soprattutto, e che mi faceva allungare più d’una banconota al custode, affinché mi permettesse d’entrare più volte nel padiglione, erano gli arazzi con cui era stato decorato l’interno tutto. […] L’aspetto di queste piccole stanze era sorprendentemente di buon gusto e gradevole, mentre quello del soggiorno principale, impressionante, mi lasciò di stucco. Questo era tappezzato di alti arazzi, più grandi, più luminosi, più ricchi e circondati da abbondanti ornamenti, eseguiti sul modello dei dipinti francesi moderni. Senza dubbio avrei familiarizzato anche con essi, perché né i miei sentimenti né il mio giudizio erano esclusivi, ma l’argomento mi ha fatto molto indignare. Questi pezzi rappresentavano la storia di Giasone, Medea e Creusa: un esempio, quindi, della più sventurata delle unioni. A sinistra del trono la sposa, in punto di morte, circondata da figure lamentose; a destra il padre atterrito dall’assassinio dei suoi figli, che giacevano ai suoi piedi, mentre le Furie si libravano in aria s’un carro trainato da draghi. […] Ho pianto, senza preoccuparmi di chi mi stava intorno: è lecito mettere così alla leggera davanti agli occhi d’un giovane sovrano l’esempio dell’unione forse più terribile che vi sia mai stata? […] Non c’è quindi nessuno tra gli architetti, decoratori e arazzieri francesi che capisca che le immagini rappresentano qualcosa, che le immagini hanno un’azione sui sensi e sulle sensazioni, che creano pressioni e confidano presagi? Non era come se avessimo paventato a questa bella signora sulla soglia [Maria Antonietta, N.d.T.], così allegra, il più orribile dei fantasmi? ‒ Io non so cos’altro aggiungere, i miei compagni hanno cercato di trascinarmi fuori dal padiglione per non creare problemi. Mi assicurarono che nessuno cercava un significato negli arazzi, che loro stessi non l’avevano colto e che tutto ciò avrebbe poco tormentato la gente di Strasburgo e dei dintorni, non più che regina stessa e la sua corte»

“I was mostly interested in the tapestries which the whole interior was decorated with. They made me give the constable more than one bill just to be allowed to enter the pavilion several times to admire them. These little rooms were surprisingly stylish and pleasant, while the main livingroom was amazing and left me really breathless. The walls of this room were covered by larger, taller, brighter and lavisher tapestries, around which there were plenty of ornaments copying the pattern of the modern French paintings. I would have got to know, even them, better, no doubts, because none of my feelings nor my opinion were special, I’m sure, but l was really outraged by the subject. These works of art were showing the story of Jason, Medea and Creusa illustrating an example of the unluckiest unions of all. On the left of the throne there was the bride just about to die, surrounded by lamentous figures, the father on the right, terrified by the assassination of his sons that were lying at his feet while the Furies were balancing in the air in a dragon chariot [...] I started crying without minding who was standing near me. Is it legitimate to put it so carelessly? Showing a young king’s eyes the example of probably the most terrible unions that there have ever existed? So there hasn’t been anyone there among the French architects, decorators and tapestry weavers to realise that images illustrate something, that images do have an impact on our soul and mind, that they could provoke pressures and unveil presages? Wasn’t this as if we had dreaded this beautiful joyful young lady on the doorstep (Marie-Antoinette, TN) the most horrible of ghosts? - I have no idea about what else to add.. My friends were trying to drag me out of the pavilion so as not to cause problems. They were assuring me that nobody had been thinking about finding an omen in the subject of the tapestries and nor even they themselves had noticed any and that little would the people of Strasbourg and of the surroundings care about such a matter and even less would the Queen herself and her court...”

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Arazzi Palazzo Reale Milano Arazzi Palazzo Reale Milano

Nel 1789 in piena rivoluzione francese questa serie tornò a Parigi e venne successivamente riaffidata dal 1792 al Garde-Meuble de la Couronne.

Tornando alla serie milanese, l’infilata di stanze dell’appartamento reale è arricchita ancora oggi da questi preziosi arazzi che trovano la conclusione del ciclo nell’ultima sala caratterizzata da una grande ricchezza di decorazioni, a cominciare dalla sontuosa volta decorata in stucchi dorati, realizzata da Giocondo Albertolli, con al centro l’affresco raffigurante “Giove tonante”.

Nella seconda metà del Settecento tre saloni contigui dell’appartamento di rappresentanza al primo piano, detti prima, seconda e terza Sala degli Arazzi, furono ornati con decorazioni ad affresco, dipinti e concepiti espressamente per contenere gli arazzi francesi e accordarsi con quelli. La composizione delle decorazioni a tempera fu affidata a Giuseppe Levati, in collaborazione con un giovane Andrea Appiani, mentre gli affreschi dei soffitti furono eseguiti, su programma iconografico di Giuseppe Parini, da Martin Knoller e Giuliano Traballesi. Ugualmente finalizzate all’inquadramento degli arazzi erano le boiseries, anch’esse precisamente segnalate nell’inventario del 1788.

Sopravvissuti agli sconvolgimenti e saccheggi rivoluzionari, nel periodo della Restaurazione gli arazzi di Giasone ‒ tranne uno, “Giasone doma i tori” - furono temporaneamente spostati fino al 1908 nella Villa Reale di Monza, per lasciar spazio agli esemplari della serie con gli Atti degli Apostoli realizzati da cartoni di Raffaello. Mentre gli Atti degli Apostoli furono nel 1922 inviati al Palazzo di Ducale di Urbino, ove ancora oggi sono esposti, nel quadro di un riordino delle collezioni nazionali, come testimonianza dell’opera di Raffaello nella sua città natale, la serie della Storia di Giasone fece ritorno a Milano e rimase nelle Sale degli Arazzi di Palazzo Reale fino al 1943, quando fu messa al riparo a Villa Carlotta di Tremezzo, per tutelarla dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Lì sul Lago di Como restarono fino al 2000, anno in cui fecero ritorno a Palazzo Reale nell’ambito del progetto del Museo della Reggia che ha visto un primo riallestimento delle sale storiche.

In conclusione di questa intricata “girandole” di spostamenti dovuti a doni, rivoluzioni, successioni dinastiche e guerre è importante ricordare che complessivamente, tra il 1750 e il 1789, furono eseguite dodici edizioni della Storia di Giasone, oggi conservate in prestigiose sedi, dal Mobilier National di Parigi al Victoria and Albert Museum di Londra, dal Palazzo Reale di Milano all’Ermitage di San Pietroburgo, ed in diverse collezioni reali. Questo quasi a testimoniare le radici comuni europee che ancor’oggi possiamo percepire nel nostro grande patrimonio artistico, ereditato da comuni antenati, che ci fa sentire cittadini di una stessa grande Europa.

At the height of the French Revolution, in 1789, the collection returns to Paris and after, in 1792 it is given back in custody of the Garde-Meuble-de la Couronne.

Back to the Milanese collection, the chain of rooms inside the Royal apartment are still embellished even now by these precious tapestries that end their cycle in the last room. This room has a sumptuous vault which is richly decorated by the golden plastworks made by Giocondo Albertelli and then, the frescoes illustrating “Giove tonante” in the middle.

During the second half of the Eighteen century, three rooms that are contiguous to the representatives apartment on the first floor, get decorated by frescoes conceived and painted in order to host the French tapestries and to match them. They are called the First, The Second and The Third Tapestry Room. The composition of the tempera decoration is commissioned to Giuseppe Levati and his young cooperator Andrea Appiani, while the ceiling frescoes are made by Giuseppe Parini, Martin Knoller and Giuliano Traballesi according to an iconographic project. The same are the boiseries, conceived to complete the framing of the tapestries. They are precisely registered in the inventory made in 1788.

Survivors of the disturbance and the revolutionary robberies during the Restoration, in order to leave room to the examples of the collection about Atti degli Apostoli (The Act of Apostles) inspired by Raffaello’s cartons. All of these Giasone tapestries - but one, Giasone doma i tori - are temporarily moved to the Villa Reale of Monza, where they remain until 1908.

While Atti degli Apostoli are sent to Ducal Palace of Urbino where they are still displayed in the context of a reorganisation of the national collections project, as proof of Raffaello’s works in his native town, the collection about Storia di Giasone gets back to Milan and remains in the Tapestry Rooms until 1943. The same year it will be put in a safe place at Villa Carlotta of Tramezzano in order to defend it from the World War Second bombings. They will stay there, by the Como Lake until 2000 and after they move back to Royal Palace of Milan according to the project of della Reggia Museum that is undergoing a first rearrangement of the historical halls.

In conclusion to this intricate girandole and placing and travelling from place to place, due to donations, gifts, revolutions, dynastic succession and wars, it is important to keep in mind that on the whole, from 1750 to 1789 there have been created several versions about Storia di Giasone all of which are sheltered today in prestigious places beginning with Mobilier National of Paris to Victoria Museum in London, from Royal Palace in Milan to the Hermitage in Saint Petersburg or belonging to different royal collections. All this, to prove the European roots we share and that we can still perceive even today looking at our great artistic patrimony, inherited from our common ancestors, a patrimony that makes all of us feel part of the same unique, great Europe.

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Simone Percacciolo laureato in Scienze Politiche fra la Statale di Milano e la Sorbona di Parigi, ha conseguito un Master in Digital Humanities, approfondendo il ruolo delle risorse digitali per la valorizzazione dei beni culturali e, nello specifico, per la mappatura digitale del patrimonio di Palazzo Reale.

È responsabile della valorizzazione di Palazzo Reale e autore dello studio “La sponsorizzazione per la salvaguardia dei beni culturali” pubblicato all’interno del saggio “La valorizzazione dei beni culturali tra pubblico e privato. Studio dei modelli di gestione integrata”, a cura di Paola Bilancia, edito da Franco Angeli.

Sul tema della valorizzazione dei beni culturali ha ricevuto incarichi dalle università Cattolica e Bicocca di Milano e dalla Réunion des musées nationaux et du Grand Palais des Champs-Elysées, nell’ambito del catalogo della mostra «Le prince Eugène, un prince européen» (9 ottobre 2022/9 gennaio 2023 Castello di Malmaison, Francia).

Simone Percacciolo graduated in Political Science at the State University of Milan and completed his Master’s Degree in Digital Humanities from the Sorbonne in Paris, during which he investigated the role of digital resources in the field of cultural heritage enhancement, especially, their use for the digital mapping of the Royal Palace heritage. Head of the Promotion of the Artistic and Historical Heritage of the Royal Palace and author of the book “La sponsorizzazione per la salvaguardia dei beni culturali” published in the essay “La valorizzazione dei beni culturali tra pubblico e privato. Studio dei modelli di gestione integrata”, curated by Paola Bilancia and edited by Franco Angeli. Both from the University of Cattolica and from the University of Milan - Bicocca, he has been entrusted with special tasks relating to the promotion of cultural heritage, whereas for Réunion des musées nationaux et du Grand Palais des Champs-Elysées he deals with the exhibition catalogue on “Le prince Eugène, un prince européen” (from 9th October 2022 to 9th January 2023 at Castello di Malmaison, French)

Arazzi Palazzo Reale Milano
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Opera di Giuliano Grittini @andrea_rossetti

UNKNOWN UNKNOWNS E MONDO REALE. LA MOSTRA DI FONDATION CARTIER ALLA TRIENNALE DI MILANO

UNKNOWN UNKNOWNS AND MONDO REALETHE EXHIBITION OF THE CARTIER FOUNDATION AT THE MILAN TRIENNALE

Ignoto e realtà si incontrano fino all’11 dicembre 2022 negli spazi razionalisti del Palazzo dell’Arte Bernocchi, affacciato al Parco Sempione. La 23a Esposizione Internazionale di Triennale Milano è dedicata al mistero che abitiamo e che ci sovrasta, dal quale siamo compresi e che non giungiamo a comprendere. Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, curata dall’astrofisica e Chief Diversity Officer all’Agenzia Spaziale Europea Ersilia Vaudo, è la mostra tematica centro nevralgico dell’esposizione. Al suo interno trova spazio anche Mondo Reale, la grande mostra concepita da Hervé Chandès, Direttore Artistico Generale di Fondation Cartier, nell’ambito del partenariato tra Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain.

Quello che non sappiamo di non sapere

Unkown Unknows. È questo il tema sul quale insisteranno le riflessioni diverse e complementari degli oltre 400 artisti, designer e architetti internazionali chiamati a dare la propria interpretazione di ciò che non arriviamo a conoscere e della sua ineluttabilità. “La grande e plurale costellazione di mostre, installazioni ed eventi di Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries non ha l’ambizione di conquistare gradualmente il vasto territorio che sfugge alla nostra conoscenza”, afferma Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano. “Vuole piuttosto esplorarlo con l’attitudine di chi sceglie, in primo luogo, la sfida dell’empatia, capacità esclusivamente umana di mettersi negli occhi degli altri soggetti viventi e di mappare, da queste variegate angolature, i bordi dell’ignoto contemporaneo.

Quello che non sappiamo di non sapere non è la constatazione di un limite, ma la percezione di una forma di conoscenza che rispetta l’ignoto, a volte abbracciandolo, a volte attraversandolo, a volte eludendolo. Ma sempre accettandolo come presenza costante della nostra vita.”

Unknown and reality meet until the 11th of December 2022 in the rationalist spaces of the Palazzo dell’Arte Bernocchi facing Sempione Park. The 23rd International Exhibition of The Milan Triennale is dedicated to the mystery we live in and that dominates us, the mystery that holds us but which we cannot understand. Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries curated by Ersilia Vaudo, astrophysicist and Chief Diversity Officer at The European Spatial Agency, is the crucial centre theme of the exhibition. It is also room to Mondo Reale, the major exhibition conceived by Hervé Chandès, the General Artistic Director of the Cartier Foundation in the area of interest of the partnership between The Milan Triennale and The Cartier Foundation. That

Unknown Unknowns. It is this, the theme to be emphasised by many kinds of additional reflections of the over 400 international artists, designers and architects called to give their own definition and reading of what is out of reach for us to understand and its ineluctability. Stefano Boeri, the Milan Triennale President argues “The great and plural constellation of exhibitions, installations and events of Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries doesn’t aim at gradually conquering the vast area that our mind misses. Its target is mainly to explore it with the attitude of those who chose, the challenge of empathy for first, an exclusively human gift to see with the other living person’s eyes and plot out, from these many kinds of angles, the edges in favour of the contemporary unknown. That Which We Don’t Know We Don’t Know is not an authentication of a limit but the perception of a kind of knowledge that respects the unknown, sometimes embracing it, sometimes going through it and sometimes avoiding it. But always accepting it as a constant presence in our life.”

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Which We Don’t Know We Don’t Know.
Testo José Russello

Il tema dell’ignoto è comunemente affrontato attraverso il dualismo delle contrapposizioni: luce/buio, pieno/vuoto, scienza/arte. Qui invece il mistero è inteso come elemento di stupore che permea l’esistenza, le dà forma e funzione, che è limite e sfida al contempo per artisti e ricercatori, designer e architetti, come pure neuroscienziati, biologi e fisici teorici. La mostra tematica, che presenta più di cento tra opere, progetti e installazioni e affronta argomenti come la gravità, le mappe, le nuove e inedite sfide dell’architettura oltre i confini della Terra e i misteri dello spazio profondo, comprende quattro special commission che Triennale ha affidato al designer giapponese Yuri Suzuki, alla designer italiana Irene Stracuzzi, al collettivo di architetti statunitensi SOM, e all’artista turco-americano Refik Anadol. Include inoltre una serie di installazioni site-specific, tra cui quelle realizzate da Andrea Galvani, Bosco Sodi, Protey Temen, Julijonas Urbonas, Marie Velardi e l’adattamento di un’opera di Tomás Saraceno. Alternata a quelle dell’arte, nel percorso espositivo emerge la voce della scienza. Nelle quattro Listening Chambers il visitatore assiste alle narrazioni di grandi personalità del mondo scientifico: il neuroscienziato Antonio Damasio, che affronta il tema del sé e della coscienza, il fisico teorico Carlo Rovelli, che indaga il concetto di tempo, il filosofo della biologia Telmo Pievani, la cui riflessione verte sull’origine della vita, e la fisica teorica Lisa Randall, che affronta i misteri dell’Universo.

Le meraviglie del Mondo Reale

Dai misteri dell’Universo ai segreti del nostro pianeta. Concepita all’interno della 23a Esposizione Internazionale di Triennale Milano e realizzata dalla Fondation Cartier pour l’art contemporain, la grande mostra Mondo Reale volge lo sguardo all’imperscrutabile perfezione della nostra realtà, in un abbandono fantastico, un’esperienza estetica e contemplativa tra film, dipinti, fotografie, installazioni e sculture. Ideata da Hervé Chandès, Direttore Artistico Generale della Fondation Cartier, con la collaborazione per l’exhibition design dei designer italiani Formafantasma, la mostra ospita una serie di opere che esprimono la sensazione dell’ignoto visto e percepito dal mondo in cui viviamo, attraverso la lente dell’arte e della scienza. Mondo Reale accoglie diciassette artisti internazionali: Jean-Michel Alberola, Alex Cerveny, Alev Ebüzziya Siesbye, Jaider Esbell, Fabrice Hyber, Yann Kebbi, Guillermo Kuitca, Hu Liu, David Lynch, Ron Mueck, Virgil Ortiz, Artavazd Pelechian, Sho Shibuya, Patti Smith, Sarah Sze, Andrei Ujica, Jessica Wynne, nonché matematici, fisici e filosofi. La mostra include opere inedite, commissionate agli artisti, e lavori provenienti dalla collezione della Fondation Cartier, tratti da precedenti esposizioni come Unknown Quantity (Parigi, 2002), realizzata in collaborazione con il filosofo Paul Virilio, o Mathematics: a Beautiful Elsewhere (Parigi, 2011) e due progetti speciali di David Lynch e Sho Shibuya.

The theme of the unknown is usually dealt with by using the dualism of comparison/contrast, light/darkness, full/empty, science/art. Here instead, mystery is seen as an item of amazement that penetrates existence, gives it a shape and function, that is limit and at the same time provocation for artists and researchers, designers and architects as well as even neuroscientists, biologists and physics theorists. The thematic exhibition that shows more than one hundred works, projects and installations and deals with themes like gravity, maps, the new and previously unknown challenges of architecture beyond the borders of planet Earth and the mysteries of deep space, includes four special commissions that the Milan Triennale gave custody of to the Japanese designer Yuri Suzuki, the Italian designer Irene Stracuzzi, to the American SOM group of architects and to the Turkish and American artist Refik Anadol. It also includes a series of site-specific installations among which we may find those made by Andrea Galvani, Bosco Sodi, Protey Temen, Julijonas Urbonas, Marie Velardi and the adaptation of a work by Tomas Saraceno. In this exhibiting process, the voice of science emerges alternating with the voices of art. In the four Listening Chambers, the visitor may listen to the narrations of great personalities of the scientific world: the neuroscientist Antonio Damasio, who argues the theme of the self-awareness, the theoric physicist Carlo Rovelli, who examines the concept of time, the biology philosopher Telmo Pievani whose thinking focuses on the origin of life, and the physic theorist Lisa Randall that talks about the mysteries of the universe.

The Wonders Of The Real World

From the mysteries of the universe to the secrets of our planet. Conceived as part of the 23rd International Exhibition of The Milan Triennale and organised by the Cartier Foundation pour l’art contemporain, the great Mondo Reale exhibition turns its attention to the unfathomable perfection of our reality, in a fantastic flow, an esthetic and contemplative experience among movies, paintings, photographs, installations and sculptures. Invented and proposed by Hervé Chandès, General Artistic Director of the Cartier Foundation, with the cooperation design of the Italian designers of Formafantasma for l’exhibition design, the exhibition shelters a series of works that express the sense of the unknown seen and perceived in the world we live in through the lenses of art and science. Mondo Reale is host to seventeen international artists: Jean-Michel Alberola, Alex Cerveny, AlevEbuzziya Siesbye, Jaider Esbell, Fabrice Hyber, Yann Kebbi, Guillermo Kuitca, Hu Liu, David Lynch, Ron Mueck, Virgil Ortiz, Artavazd Pelechian, Sho Shibuya, Patti Smith, Sarah Sze, Andrei Ujica, Jessica Wynne, as well as mathematicians, physicists and philosophers.The exhibition includes previously unknown works commissioned to the artists and works belonging to the collection of the Cartier Foundation, brought from previous exhibitions like Unknown Quantity (Paris 2002), organised with the kind cooperation of Paul Virgilio the philosopher, or Mathematics:a Beautiful Elsewhere(Paris 2011)and two special projects by David Lynch and Sho Shibuya

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Weather Report di David Lynch verrà trasmesso ogni giorno in un’area della mostra. Alle ore 19.00 in punto, il regista annuncerà le previsioni del tempo dalla sua casa di Los Angeles, plasmando il presente e la sua interpretazione in un ossimoro di empirismo e immaginazione.

Sho Shibuya condividerà il suo rituale artistico quotidiano in un’ultima cornice digitale al termine dell’esposizione. Il cielo di Brooklyn osservato dalla sua finestra, dipinto sull’edizione giornaliera del New York Times e convertito in un’immagine digitale approda tra le sale della Triennale Milano. Un viaggio attraverso il tempo, da occidente a oriente, che ne enfatizza l’inesorabile scorrere, giorno dopo giorno, in una cronologia pittorica.

Uno spazio di dialogo e ricerca

La Triennale si conferma ancora una volta nella sua vocazione di luogo di scambio e incontro tra artisti, designer, architetti, curatori, scuole e collettivi, ma anche istituzioni culturali, musei e istituti di ricerca provenienti da tutto il mondo. Sotto i misteri della volta celeste della mostra tematica Unkown Unknows e accanto alla stupefazione del Mondo Reale della mostra di Fondation Cartier, la 23a Esposizione Internazionale di Triennale Milano è arricchita dall’altra grande mostra: La tradizione del nuovo, curata da Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano di Triennale, che raccoglie opere, installazioni, documenti, processi creativi e sperimentazioni che hanno contribuito allo sviluppo della società toccando aspetti sociologici, commerciali, ecologici, tecnologici e culturali tra il 1964 e il 1996. E poi ancora, parte integrante della manifestazione sono inoltre le installazioni e i progetti speciali che coinvolgono gli storici dell’arte Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, il musicista e scrittore Francesco Bianconi, il filosofo Emanuele Coccia, la ricercatrice e docente del Dipartimento ABC del Politecnico di Milano Ingrid Paoletti, l’artista e Grand Invité di Triennale 20212024 Romeo Castellucci, il maestro dell’architettura e del design Andrea Branzi, con l’architetto Lapo Lani.

David Lynch’s “Weather Report” will be shown in a place of the exhibition everyday. The director will tell the weather forecast from his home in Los Angeles at 7:00 p.m sharp, creating the present and its definition in an oxymoron of empiricism and imagination.

Sho Shibuya will share his daily artistic ritual in a final digital frame at the end of the show. The Brooklyn sky observed from his window, painted on the daily issue of The New York Times, converted into a digital image is shown to the audience at The Milan Triennial for the first time. A voyage through time, from the West to the East, that emphasises its passing in a pictorial order day by day.

The Milan Triennale, As A Place For Dialogue And Research

The Triennale proves its vocation once again as a room for the exchange and meeting for artists, designers, architects, curators, schools and groups as well as cultural institutions, museums and research institutes coming from all over the world. Under the mysteries of the celestial of the thematic exhibition Unknown Unknowns and together with the astonishment of Mondo Reale of the exhibition of the Cartier Foundation, the 23rd International Exhibition of The Milan Triennale is enriched and enhanced by another great exhibition: La tradizione del nuovo, curated by Marco Sammichele, director of the Italian Design Museum of Triennale that collects works, installations, documents, creative processes and experiments that helped the development of society, in terms of sociological, commercial, ecological, technological and cultural aspects/changes from 1964 to 1996. And more, in addition to it, the installations and the special projects that involve the art historians Giovanni Agosti and Jacopo Stoppa, the musician and writer Francesco Bianconi, the philosopher Emanuele Coccia, the researcher and professor of the ABC of the Milan Politecnico, Ingrid Paoletti, the artist and the Grand Invité of the Triennale 2021-2024 Romeo Castellucci, the Master of architecture and design Andrea Branzi together with architect Lapo Lani are also part of the event.

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TRIENNALE MILANO

Triennale Milano è un’istituzione culturale internazionale che riunisce diverse forme espressive legate alla cultura contemporanea: design, architettura, arti visive, performing arts. Un luogo di dialogo tra arte e progettazione, creatività e tecnologia, tradizione e innovazione. L’istituzione, presieduta da Stefano Boeri, espone opere di importanti architetti, designer e artisti italiani e internazionali. Mostre, incontri, conferenze e performance scandiscono la sua programmazione, proponendo nuovi punti di vista su temi centrali della nostra società e del dibattito pubblico. Triennale Milano presenta al proprio interno un’ampia sala teatrale, con una proposta internazionale e multidisciplinare, ha una collezione di design italiano, oltre a una biblioteca e un archivio storico, a completare una struttura di grande prestigio la presenza di un laboratorio di restauro specializzato sul contemporaneo.

Ogni tre anni Triennale Milano organizza Esposizione Internazionale, uno degli eventi di maggiore rilievo dedicato al design e all’architettura, la cui attuale edizione, dal titolo Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, si terrà fino all’11 dicembre 2022. Nel 2019, Triennale Milano ha aperto all’interno dei suoi spazi il Museo del Design Italiano, presentando così una parte della sua collezione permanente, che include 1600 pezzi tra i più iconici e rappresentativi del design italiano. Ha sede a Milano nel Palazzo dell’Arte, costruito nel 1933 dall’architetto milanese Giovanni Muzio e progettato come un edificio modulare e flessibile, concepito per accogliere importanti manifestazioni e attività museali e teatrali.

THE MILAN TRIENNALE

The Milan Triennale is an international cultural institution that holds together different expressive forms that are linked to contemporary culture: design, architecture, visual arts, performing arts. A place for dialogue between art and projecting, creativity and technology, tradition and innovation. The institution presided over by Stefano Boeri exhibits works of important Italian and international architects, designers and artists. Exhibitions, meetings, conferences and performance punctuate its programming, proposing new points of view about central themes of our society and of the public debate. Milan Triennale features and introduces a large theatre with an international and multidisciplinary program, it has a collection of Italian design besides a library and a history archive and finally to complete the building of highly quoted fame there is also a restoration laboratory that is specialised in the contemporary.

Every three years The Milan Triennale organises the International Exhibition, one of the major events dedicated to design and architecture, the present edition of which is called Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries will be held until the 11th of December 2022. In 2019,The Milan Triennale opened inside its space The Museum of Italian Design, showing thus a part of its permanent collection that holds 1600 pieces, part of the most iconic and representative Italian design. It has its headquarters in Palazzo D’Arte in Milan, built by the Milanese architect Giovanni Muzio in 1933, projected as a modular and flexible edifice, conceived to receive important events and museum and theatre activities.

FONDATION CARTIER POUR L’ART CONTEMPORAIN

La Fondation Cartier pour l’art contemporain propone un programma di esposizioni d’arte contemporanea in un emblematico edificio parigino progettato dall’architetto Jean Nouvel. Gli artisti vengono invitati a concepire progetti specifici e a incontrare il pubblico. Le mostre proposte creano legami fra l’arte e altre forme di creatività contemporanea. Le opere che vengono commissionate per le esposizioni entrano poi ad arricchire la collezione.

Caratterizzata da uno spirito internazionale, la Fondation Cartier viaggia costantemente nel mondo intero, creando connessioni con istituzioni, artisti e pubblico di tutte le culture. Il partenariato con Triennale Milano, che ha preso avvio nel 2019, costituisce una parte importante della strategia internazionale della Fondation Cartier in Europa e nel mondo. Del programma fanno parte anche le Notti Nomadi (arti performative) e le Notti dell’Incertezza, durante le quali artisti e scienziati pensano e sognano insieme (la Notte del Miele, la Notte dei Pipistrelli, la Notte delle Nuvole…).

Fondation Cartier abbraccia i campi creativi più diversi: arti visive, scienze, architettura, design, moda, cinema. Si impegna in tematiche ambientali, antropologiche e scientifiche con mostre come: Unknown Quantity (2002), concepita con il filosofo e urbanista francese Paul Virilio; Native Land (2008), sulle migrazioni causate dal cambiamento climatico, sulla deforestazione e sulle lingue a rischio di estinzione; Mathematics: a Beautiful Elsewhere (2011), nata dall’ispirazione di un gruppo di matematici e artisti in collaborazione con istituzioni come il CERN e l’European Space Agency.

La fondazione parigina si pone come obiettivo quello di rivolgersi al pubblico più vasto. Ha fatto conoscere i fotografi africani Seydou Keita e Malick Sidibé, l’architettura di Junya Ishigami (Giappone) e di Freddy Mamani (Bolivia), l’artista giapponese Takashi Murakami, ma anche designers come Marc Newson, e aspetti sconosciuti dell’opera di Agnes Varda, Jean-Paul Gaultier, Patti Smith e David Lynch. Grande attenzione è stata rivolta anche all’arte e al design italiano con Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Formafantasma e Giuseppe Penone.

THE CARTIER FOUNDATION POUR L’ART CONTEMPORAIN

The Cartier Foundation pour l’art contemporain proposes a program of exhibitions of contemporary art in an emblematic parisian building, project of architect Jean Nouvel. The artists are invited to conceive specific projects and to meet the spectators. The proposed exhibitions set links between art and other ways of contemporary creativity. The works that are commissioned will enrich the collection. Distinguished by an international mindset, The Cartier Foundation is always voyaging all over the world creating connections with institutions, artists and the communities of all cultures. The partnership with Milano Triennale that started in 2019, represents an important part of the international strategy of Fondation Cartier in Europe and the world. Le Notti Nomadi (performative arts) are also part of the program and Le Notti dell’Incertezza as well, during which, artists and scientists think and dream together (La Notte del Miele, la Notte dei Pipistrelli, La Notte delle Nuvole…).

Cartier Foundation embraces the most different creative fields: visual arts, sciences, architecture, design, fashion, and cinema. It engages in environment, anthropology and scientific thematics with exhibitions like: Unknown Quantity (2011), conceived with the cooperation of the French urbanist and philosopher Paul Virgilio; Native Land (2008), about the migrations caused by the climatic changes, about deforestation and about languages that are at risk of extinction; Mathematics: A Beautiful Elsewhere (2011) born by the inspiration of a group of mathematicians and artist in cooperation with institutions like il CERN and The European Space Agency.

The target of the parisian foundations to address itself to the general more vast public. They introduced us the African photographers Seydou Keita and Malick Sidibe, the architecture of Junya Ishigami (Japan) and Freddy Mamani (Bolivia), the Japanese artist Takashi Murakami but also designers like Marc Newson and unknown features of the works of Agnes Varda, Jean - Paul Gaultier, Patti Smith and David Lynch. They showed an important consideration also to Italian art and design with Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Formafantasma and Giuseppe Penone.

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Anna Lo Bianco Storica dell’arte

ANNA LO BIANCO, STORICA DELL’ARTE ITALIANA E RIFERIMENTO INDISCUSSO NEL PANORAMA CULTURALE INTERNAZIONALE

ANNA LO BIANCO: ONE OF THE UNDISPUTED ART HISTORIAN EXCELLENCE IN THE INTERNATIONAL CULTURAL PANORAMA

Attraversando anni e passaggi fondamentali dell’universo artistico degli ultimi quarant’anni, Anna Lo Bianco racconta dinamiche e trasformazioni che hanno portato a quello che è lo scenario contemporaneo, illustrando origini e movimenti che hanno permesso cambiamenti e nuovi orizzonti. Perché senza il passato e la sua comprensione, non è possibile il presente. Testimone prezioso, la storica dell’arte ha collaborato con le maggiori realtà culturali italiane e non, proponendo sempre una propria visione, originale e capace di nuove prospettive.

Grandi mostre: a cosa serve una grande mostra, come si organizza, come ci si arriva e cosa si può aggiungere e ideare affinché giunga alla comprensione dei più?

Intorno agli anni Novanta si è assistito a un incremento dell’interesse da parte del pubblico per le mostre, una dinamica che ha comportato una nuova fertile vivacità, in grado di innescare fenomeni rilevanti. Non che non ci fossero già state iniziative del genere, ma la pubblicità e la grande comunicazione hanno fatto da traino permettendo che le informazioni circolassero e giungessero a un pubblico sempre più vasto. Ci sono mostre diverse: talune hanno un’organizzazione più semplice e costi contenuti, altre prevedono grande dispendio di energie e di fondi. Entrambe sono importanti ed è bene che coesistano, moltiplicando l’offerta e abituando il pubblico a inoltrarsi in territori differenti da comprendere. Spesso le mostre più piccole nascono all’interno del museo per valorizzare un’opera o un nucleo di opere, secondo nuove prospettive e diversi confronti. Le mostre più complesse prevedono anche l’impiego di notevoli fondi e ritengo debbano quindi essere rivolte al maggior numero di spettatori possibile e incontrare grande consenso. Una mostra del genere deve essere progettata in tempi lunghi e prevedere, oltre al curatore e ideatore, il contributo di altri studiosi, di partner, di energie molteplici.

Mi sono occupata di grandi mostre mettendo a fuoco soprattutto l’arte del Seicento e del Settecento: si parte da dati scientifici e si costruisce attorno la mostra. Questa realizza il progetto che porta il pubblico a comprendere e condividere le ragioni dell’esposizione e la sequenza delle opere, tutte tra loro dialoganti. Il progetto scientifico deve diventare seducente e accattivante. Non basta che siano in mostra dei capolavori se manca il filo che li lega tra loro e ne fa

Wading through different cultural movements as well as fundamental passages of the artistic universe of the past four decades, the art historian Anna Lo Bianco narrates the dynamics, the changes and the transformations that led to what is our contemporary scenario, illustrating the origins and the historical developments of art which enabled us to reach and discover new lights and new artistic horizons. For there’s no present without the past and its understanding. Anna Lo Bianco is undoubtedly a precious witness, who collaborated with the major Italian and foreign cultural realities and organizations, a historic woman who can open up new perspectives, always giving her own original and brilliant vision.

Major Exhibition: Why is it so important to hold a major exhibition? How do you organize it? How do you get there? And what should be done in order to better reach a wider and variegated audience?

Around the 90’s, we experienced a growing public interest towards exhibitions, a process which led to a renewed vitality, providing new stimuli that could trigger significant phenomena. I mean, there had indeed been such initiatives in the past, but the huge advertising industry combined with mass communication certainly acted as a driving force, allowing the information to spread and reach a wider audience. There are different kinds of exhibitions - some have a simpler organization and lower costs, others involve a great deal of energy and funds. Both are important and it is good that they coexist, multiplying the contents offered and accustoming the public to venture into varied landscapes to discover and experience. Minor exhibitions often arise within the museum to enhance a piece of work, or a collection of works according to new angles and perspectives and through various comparisons. More complex and comprehensive exhibitions involve considerable funds, indeed and I feel should therefore be meant for as many spectators as possible and should encounter a great approval. Such exhibitions should be planned over long periods and a cooperation should be offered by several scholars, other than that given by the curator and the project creator.

I have dealt with major exhibitions focusing mainly on Sixteenth and Seventeenth century works of art - you start with scientific evidence and build the exhibition around it. This way, you carry out and produce that kind of project that leads the audience to understand and share the reasons behind the exhibition and the sequence of its

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comprendere il significato. Quando una mostra si concentra su un artista diversi sono i parametri da mettere a fuoco affinché emerga la personalità dell’artista stesso, il rapporto con i suoi committenti, con gli altri pittori, il contesto culturale in cui lavora. Se ci si concentra su un periodo storico vasto la cura è più complessa per l’intersecarsi di fattori che connotano un momento della nostra storia artistica. Sarà sempre il curatore e ideatore che terrà le fila di un’organizzazione alla quale parteciperanno più partner, a vario titolo: dagli studiosi del comitato scientifico, agli editori, agli architetti che progettano l’allestimento, ai partner che offrono supporto economico con possibili sponsorizzazioni.

Tra le grandi mostre che ha realizzato quali, in modo particolare, le sono rimaste dentro e quali considera le più sfidanti e complesse?

Alla fine degli anni Novanta, quando ero curatore nella Soprintendenza di Roma, ho avuto l’opportunità di ideare e curare grandi mostre che suscitarono l’interesse di personaggi di rilievo, uno fra tutti, Sir Denis Mahon. In particolare ricordo la mostra su Pietro da Cortona per la quale riuscimmo a ottenere prestiti prestigiosi da tutto il mondo. Venne fuori un evento che ebbe grande successo. La più impegnativa fu probabilmente quella su Il Settecento a Roma, che seguiva quella conclusasi a Filadelfia. Una complessità notevole la connotava, perché affrontava l’analisi di un intero secolo, un secolo nel quale prende vita la modernità. Un secolo che inizia all’insegna della tradizione accademica e si conclude con la rivoluzione francese, alla base della nostra democrazia. Si decise di individuare delle sezioni cronologiche e tematiche che accompagnassero il visitatore in questo viaggio verso l’uomo moderno. Il volto della città di Roma, le Accademie come quella dell’Arcadia, l’Illuminismo, Il Gran Tour e la riscoperta del mondo classico con gli scavi di Pompei, fino a concludere con il Romanticismo. È stata un’esperienza importantissima e resa ancora più unica dal gruppo di colleghi internazionali che lavoravano al progetto, una tra tutti Jennifer Montagu, la più grande studiosa di scultura.

Altra mostra per me essenziale è stata quella su Rubens e la nascita del Barocco, realizzata prima a Palazzo Reale a Milano e successivamente a Tokyo al Western Art Museum. In questo caso ho cercato di suggerire una visione diversa del grande pittore, indagandone la personalità più intima, i rapporti con gli altri artisti, con la famiglia adorata, con i pittori più giovani, che ne seguono lo stile innovativo, mettendo a fuoco come il suo spirito di uomo moderno, attento al successo, conviva con l’essere protagonista della vita diplomatica, sempre animato da una grande umanità.

Cosa sta accadendo nell’universo dell’arte? E chi è oggi l’artista?

L’universo dell’arte, rispetto al passato recente, è molto più frequentato, elemento questo che aggiunge novità e stimolo, che raccoglie una gran quantità di persone che se ne occupano a tanti livelli differenti. Oggi l’artista è uno sperimentatore, può muoversi da un elemento all’altro, da un materiale all’altro o da un linguaggio all’altro, passando dalla pittura ad altre forme di espressione, per poi tornare indietro. Oggi la realtà in cui si muovono gli artisti è cambiata molto e per i più giovani ci sono opportunità che vengono anche dal mondo istituzionale, hanno maggiori occasioni

works all dialoguing with each other. The scientific project must become seductive and captivating. Absolutely, I believe that it’s not good enough for an exhibition to have on display masterpieces, if there is not a common thread, a fil rouge joining them all and making its meaning more deeply understood. In particular, when an exhibition is focused mainly on an artist there are different aspects and parameters to bring into focus. They enable his own personality as an artist, his relationship with his patrons or other painters as well as the cultural context in which he is working in order to emerge. Focusing on a broad historical period requires a greater attention and care, especially for the intrinsic factors connoting that moment of our artistic history. It will always be the curator and the project creator who will pull the strings on this organization which will involve more partners - in different ways: starting with the members of the scientific committee, passing through the publishers and the architects working at the display project and ending with the partners that offer their financial help through possible endorsements.

From among the major exhibitions you implemented, which of them do you hold in your heart? Which is the most challenging and tough for you?

In the late 90’s, when I was working as a curator at the Archaeological Superintendence of Rome, I had the opportunity to curate and devise great exhibitions that aroused a considerable interest of prominent and high profile figures such as Sir Densi Mahon. In particular I remember the exhibition on Pietro da Cortona, for whom we managed to get first-class loans from all over the world. We came up with an event that had great success. I say it, probably the most challenging one was that on Il Settecento a Roma, along the lines of the previous one concluded in Philadelphia. It was engaging in a specific analysis of an entire century, wherein Modernity took place, a very remarkably complex subject. A century that begins in the spirit of academic tradition and it ends under the sign of the French Revolution, which is at the root of our democracy. It was decided to identify chronological sections and a variety of subject areas that would accompany the visitor on this journey towards the Modern Man. From the authentic side of Rome to get to the Academies like that of Arcadia, crossing the Enlightenment and the Grand Tour, rediscovering the classical world walking through Pompeii ruins, before ending at Romanticism. A very important experience, enlivened with the presence of a group of international colleagues I was working with on the same project, one of them is Jennifer Montagu, the greatest sculpture scholar.

Another one, an equally essential and vital exhibition, was that on Rubens e la nascita del Barocco, first held at the Palazzo Reale in Milan and later in Tokyo at Western Art Museum. On this occasion, I tried evoking a different outlook on that great painter, investigating his most intimate and personal nature, his relationships with other artists, with his beloved family, as well as with the younger painters, who adopted his innovative style focusing on how in himself both live a success-conscious modern man and his quality of being the leader of diplomatic life, driven by great humanity.

What is going on in the art universe? And who is the artist today?

Compared to the more recent past, today’s art universe is much busier. A feature that offers an amazing novelty and new stimuli, gathering a great many people who deal with it on so many different levels. For sure, the artist today is an experimenter, a kind of researcher, as he goes

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di visibilità e maggiori possibilità. I mezzi poi sono tutti sdoganati. Per esempio quest’anno alla Biennale di Venezia, come pure nella precedente edizione, abbiamo visto l’oggetto della vita quotidiana divenire tramite per un sentimento diverso. La sua funzione di testimone del quotidiano è prioritaria, riporta le criticità di questa complicata era; l’artista vive e testimonia da sempre ciò che avviene, rimane interprete del mondo che lo circonda, deve far capire dove viviamo, le difficoltà, ma la sua ricerca è anche interpretazione del reale. Deve illuminarci come scintilla sul futuro. Per il pubblico è oggi più facile entrare in sintonia con questa nuova comunicazione. Le installazioni, per esempio, esprimono la mutevolezza e la velocità del nostro tempo; è molto importante che l’arte segua la sua strada perché riesca.

Assistiamo a cambiamenti epocali, scenari in profonda trasformazione e abbiamo la necessità di guardare il mondo con occhi nuovi. Quanto l’arte può essere strumento in questo processo? Le chiedo quanto sia importante trovare il giusto spazio all’interno della società per quello che potrebbe essere un elemento fondamentale di evoluzione comune.

L’arte è un mistero che nessuno riesce a definire in modo assoluto. L’arte è democratica, ma è anche elitaria a volte, si rapporta sempre con un linguaggio tutto suo, ogni artista ne ha uno proprio. Ci sono opere, inoltre, che si riallacciano a codici del passato: il rapporto con ciò che è stato è importantissimo. È necessario tener presente che oggi i grandi cambiamenti attraversano i più diversi aspetti della vita. Si tratta di cambiamenti civili, geofisici e politici che ci sono caduti addosso con una tale velocità e intensità da rendere inevitabile la contaminazione dell’arte. Arte è riflesso, può influenzare e migliorare, ma non condizionare! Può migliorare grazie alla ricerca della bellezza di cui l’arte stessa si nutre e per bellezza non intendiamo gradevolezza espressiva, ma va intesa come frutto di tante forme e linguaggi che toccano proprio componenti nuove del vivere. Vi sono artisti che la raggiungono guardando all’universo del mondo vegetale, dell’acqua, altri che invece indagano la sofferenza di tanti uomini e donne che non sono privilegiati. Una grande commistione che vede incontrarsi sociologia e naturalismo a creare infiniti rivoli, il cui concetto di base è sempre lo stesso: l’arte parte da un pensiero, il pensiero è un mistero e punta a realizzare qualcosa di unico. Chi si avvicina all’arte ha un canale privilegiato per capire il mondo e viverlo da protagonista del tuo tempo.

Ricerca artistica e universo femminile: perché storicamente sono state poche le donne artiste? È proprio così? Quali ritiene siano state le motivazioni?

La valorizzazione dell’universo femminile è arrivata con il femminismo, molti passi sono stati fatti anche se ancora ce ne sono da fare. Oggi assistiamo a una sorta di risarcimento: le iniziative dedicate alla creatività femminile e a essa riservate sono molteplici, questo è un fenomeno che nasce da un senso di inadeguatezza dell’uomo occidentale nei confronti della donna. Non ci deve meravigliare o stupire che si creino spazi riservati alle artiste e alla loro ricerca, tutto questo avviene per colmare una lacuna precedente: in passato non c’è stata alcuna attenzione verso la ricerca femminile. Anche di recente, vi sono state figure di donne che hanno prodotto o partecipato alla produzione di artisti uomini, e che per forza di

from one element to another one, from one material to another kind, who switches from one language to another and moves from paintings to other forms of artistic expressions and back again. Nowadays, the reality in which artists move has changed considerably, especially for the young. They have more opportunities for self-development, if we consider those coming directly from the institutional world, let alone their chance to have more visibility and possibilities. The media are all cleared through customs. Today at the Venice Biennale - just to give an example - but also in the previous edition, we have witnessed how l’objet de la vie quotidienne has become a medium for a different feeling. It has an overriding function as a witness of daily life. It proves the critical issues that come up from this difficult time. From the very beginning the artist has always lived and borne witness of what happens, he is above all the interpreter of the world around him, he acts in a paternalistic way for he has to make people understand the world they live in, as well the difficulties behind it. Yet, his research is also an interpretation of the dimension of reality. He makes it possible to glimpse a direction for the future, as a spark of genius that enlightens us. Today, it makes it easier to get in tune with the public into these new forms of communication. The fickleness and speed of our time are well expressed by installations, for instance. To succeed in his endeavors, it’s essential for art to follow its own path.

Everyday we are witness to epochal changes, scenarios that are subjected to constant and profound change that lead us to take a fresh look at the world. How far could art be a powerful tool in this arena? Therefore, my question is: How important is it to create enough space within society for what could be the key to a co-evolution?

Nobody has ever managed to define what art really is, in an absolute way. I mean, art is a mystery, isn’t it? It’s true that it is democratic, but it is also true that, at times, it becomes elitist - it has a language all of its own, even the artist has his own and speaks his own. Besides, there are works that harken back to codes of the past - the relationship with the past is extremely important. Although it is also necessary to bear in mind that the huge changes run through the different aspects of life, today. We are talking about civic, geophysical and political changes that have occurred so frighteningly fast, and assumed such a particular poignancy in the current historical moment, that the contamination of art was unavoidable. Art is a reflection, it can enhance quality, it can actually have an impact on you but never affecting you! It can improve by pursuing beauty, from which art itself takes its nourishment, where “beauty” here doesn’t mean “expressive pleasantness”, but it is the result of several forms and idioms that touch new components of living - it has to be interpreted that way. Some artists achieve it by looking at the plant universe, or at the world of water, others instead investigate the suffering of so many men and women who are not privileged. A great mixture where naturalism and sociology are intertwined and meet to create endless rivulets - the core concept is always the same - art springs from a thought, where thought is a mystery and aims to achieve something special and unique. Those who approach art travel through a privileged channel better understanding the world and experiencing it as the star of their time.

Artistic quest and feminine universe - Historically speaking, why have there been few women artists? Is it really so? And if so, why?

The enhancement of the feminine universe dates back to Feminism, it’s an issue that this movement has brought with itself. Much has

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Rubens e la nascita del Barocco Milano Palazzo Reale, Progetto dell’allestimento Corrado Anselmi

cose sono rimaste in ombra. Pensiamo ad alcune mogli di pittori o letterati che aiutavano o lavoravano al pari dei mariti, ma che non dovevano figurare. Noi siamo una società in progresso. Guardando al passato più vicino, pensiamo agli anni Cinquanta, quando le donne venivano costrette in un sistema che le penalizzava, e osserviamo il grande cambiamento che è stato ottenuto con i movimenti e le lotte a tutela delle donne. Storicamente poi, si pensi al Seicento o al Settecento, vi sono indubbiamente stati casi di artiste o letterate riconosciute, come per la poetessa e scrittrice Vittoria Colonna, per citarne una, ma si tratta di casi rarissimi. Non che non ci fossero artiste, ma queste non sapevano probabilmente neanche di esserlo, perché non potevano partecipare alla vita pubblica, ma erano relegate in casa. Erano condotte e guidate dal volere genitoriale, per poi passare a quello esercitato dal marito. I pochi casi di artiste che riuscirono ad avere successo erano figlie di artisti, come nel caso di Artemisia Gentileschi. Queste avevano la possibilità di lavorare con il padre, magari solo collaborando nello studio, ma comunque vivendo uno spazio adatto per scoprire ed esercitare il proprio talento. Quelle più audaci e autonome, come Artemisia, riuscirono ad avere un loro riconoscimento, ma furono vere e proprie mosche bianche. Le donne non potevano studiare né esercitare alcuna attività e, nel caso in cui avessero avuto un’intelligenza creativa, non avrebbero facilmente avuto il modo di scoprirlo. Ora si stanno cercando nel passato figure femminili che si sono distinte, anche senza avere successo, per rendere loro giustizia. Molte ne sono emerse e molte ne usciranno ancora.

Considera sufficienti le sinergie che nell’universo artistico si sono sviluppate tra istituzioni e privato? E quanto è auspicabile che queste trovino maggiore spazio? Ci sono esempi e testimonianze particolarmente significativi o in via di sviluppo?

Oggi non c’è persona che possa non essere d’accordo sull’importanza del rapporto tra istituzioni pubbliche e privato. Come in qualsiasi settore è necessario che si parta da una condizione di parità, in cui prestigio, serietà e interesse culturale procedano di pari passo. È un equilibrio indispensabile perché non ci sia sbilanciamento né verso il privato né verso il pubblico. Per l’Italia è un traguardo relativamente recente. Quando sono entrata nel Ministero dei Beni Culturali negli anni Ottanta, ricordo che non si potevano neanche mettere in commercio cartoline, cataloghi, altro ancora. Vi erano rari casi in cui la vendita delle pubblicazioni veniva delegata a pochi custodi e ciò non rappresentava certamente uno strumento sufficiente per sostenere il settore, si trattava solo di qualcosa di sporadico e non organizzato.

Alberto Ronchey, giornalista e saggista, fu Ministro per i Beni Culturali durante i primi anni Novanta, periodo in cui promosse una legge davvero innovativa che permise di creare quelli che oggi chiamiamo Bookshop e che possono offrire una ampia gamma di offerte. Da quel momento fu possibile lo sviluppo di un’organizzazione capace di innescare dinamiche preziose. Oggi si sono fatti importanti passi avanti e i musei e le mostre possono contare su partner e sponsorizzazioni, anche se ritengo sarebbe tempo di creare spazio anche per piccole realtà che non hanno sufficienti fondi per finanziamenti di tale portata. Un sistema più democratico utile ai piccoli come il crowdfunding, attraverso il quale è possibile partecipare alla sostenibilità di progetti anche con minor quantità di

been done since then, even though the road is still long. Today we are witnessing a sort of compensation - the initiatives dedicated to and reserved for feminine creativity stems from a sense of inadequacy of the Western man towards women. We shouldn’t be surprised by that, no wonder spaces reserved for women artists and their research are being created, all this happens to bridge the gap, since in the past no attention was paid to women’s research. Even recently, there have been figures of women who have produced or have collaborated with and taken part in the male artists’ production and who have inevitably remained in the shadows. We think of some painters’ or men of letters’ wives who helped and worked on a par with their husbands, but who didn’t have to appear and figure. Now looking back at the more recent past, to the Fifties, at all those women forced into a system that penalized them, and observe the profound change that took place and was achieved through feminist movements and their social struggles to protect the women. From an historic point of view, one thinks of the Seventeenth or the Eighteenth century, a time whereby undoubtedly there were praised and recognized artists and literary women, as with the poetess and writer Vittoria Colonna, just to mention one and yet it only comes along once in a blue moon. I mean, it’s not like there were no female artists at all, but I don’t think they even knew they were, for they didn’t have the ability to participate in public life and sphere, they were confined to the domestic sphere and were housebound. Women were usually beholden to their parents’ commands and will, to later submit to their husbands’ will. There are few cases of female artists who became successful and thrived, but they were all artists’ daughters, as in the case of Artemisia Gentileschi. These one had the opportunity to work alongside their fathers, even only collaborating with the studio. Nevertheless, they could experience a room of their own, a space tailored to discover their own talent. The bravest and more “selfemployed”, as Artemisia, managed to find their recognition, but we’re talking about all black swans. Women were allowed neither to study nor to engage in any occupation. Now, given that they had a creative intelligence, they wouldn’t likely have had a chance to figure it out. At the moment - to do them justice - they are looking for feminine figures of the past that were able to stand out, even without success. Many have already emerged and many more will come out.

Do you find sufficient synergies developed between institutions and private-sector in the art universe? And what is desirable - indeed, for them to find more room? Could you give us some concrete examples? Are there any significant or developing testimonies?

I think today there is no person who won’t agree over the importance of the relationship between public institutions and private-sector. Of course it is mandatory - just like in every other sector - to start on an equal footing, where prestige, reliability and cultural interest advance hand in hand. It’s necessary and essential to maintain the balance between the private and public sphere. As far as Italy is concerned, it is a relatively recent achievement. In the Eighties, after my entry in the Ministry of Cultural Heritage, I still remember how we weren’t allowed to market postcards, catalogs and lots more. In rare casesthere were some - they entrusted the sale of publications to just a few guardians and I would say it was certainly not a means which ensured sufficient support for the sector, it was all about unorganized “something, sometimes”.

Alberto Ronchey, journalist and essayist, who worked as minister for the Cultural Heritage throughout the early Nineties, a time when he launched a truly ground-breaking law which allowed for the

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denaro. La partecipazione dei privati è fondamentale per mantenere e valorizzare il nostro patrimonio. Penso, per esempio, al progetto più imponente degli ultimi tempi e di portata eccezionale come quello del restauro del Colosseo. In quel caso Diego della Valle, industriale dalle grandi visioni, si è riservato le sue porzioni di investimento, ma i progetti e le decisioni sono state prese sempre sotto l’occhio vigile della soprintendenza. La somma elargita dal privato fu altissima, ma nel totale rispetto delle scelte prese dalle istituzioni.

Nella mia carriera mi sono trovata più volte a collaborare con partner privati. Un altro esempio particolarmente significativo è quello della Galleria Nazionale di Palazzo Barberini nel periodo della mia direzione. In quei tempi era in corso il completo ripristino del museo che progettava il nuovo allestimento, finalmente su tutti i tre piani del palazzo, con un nucleo di opere che andava dai Primitivi al periodo neoclassico. Si trattò di un lavoro enorme che fece di Palazzo Barberini un museo moderno in grado di accogliere migliaia di visitatori. Tutto ciò fu reso possibile anche grazie al supporto di un privato come Lottomatica e altri ancora, con serate speciali e piccole mostre. Fu una partnership che entrò in sintonia con la realtà del museo, offrendo tutte quelle opportunità di crescita e di promozione che diversamente non sarebbe stato possibile realizzare.

Ci racconti alcune delle sue più significative collaborazioni con realtà prestigiose, come nel caso di Palazzo Reale a Milano. Alla luce della sua esperienza le chiedo poi se la profonda trasformazione nel tempo che ha riguardato i musei e la loro funzione rispetto al pubblico abbia davvero portato a una democrazia culturale e dell’arte. Le realtà artistiche istituzionali sempre più spesso si pongono l’obiettivo di creare con il pubblico scambio e occasioni di evoluzione: pensa che stia davvero avvenendo tutto ciò?

Sono stata molto fortunata a collaborare con Palazzo Reale a Milano, una realtà di prestigio così radicata nel tessuto culturale italiano da essere garanzia di serietà in tutto il mondo. Ricordo negli anni Duemila la mostra di Flavio Caroli, che ebbe un enorme successo e che fu molto apprezzata per serietà e rigore, grazie al lavoro di collaborazione con il direttore Domenico Piraina, che da allora rende la realtà di Palazzo Reale inossidabile. Alla base di tutto c’era e c’è proprio la serietà dell’approccio a ogni singolo passaggio, dall’attenzione dell’impiego di opere non dubbie, alla scelta di professionisti esperti a condurre, affinché la mostra non costituisca solo uno spettacolo, ma sia sempre un’occasione di arricchimento profondo. Via ancora più difficile per Palazzo Reale che non è un Museo e che, quindi, non può contare sullo scambio intermuseale di opere. Perciò essere riusciti a divenire una delle più prestigiose e accattivanti realtà nel mondo è un grande merito del suo direttore, che si è dimostrato sempre preparato e deciso.

Quando concepimmo la mostra su Rubens secondo una visione particolare Domenico Piraina accolse con entusiasmo la proposta sollecitando risultati ottimali, senza troppi ostacoli. Il direttore era infatti convinto che questa interpretazione della figura di Rubens avrebbe raccolto consensi. Fu così e il merito fu anche della collaborazione della Società Civita. Nella trasferta di Tokyo l’esposizione raggiunse un numero di visitatori esorbitante: 330.000!

creation of what we now call Bookshop and which provides a wide range of offers; It made possible, henceforth, the development of an organization capable of triggering valuable dynamics. Today, we have already taken some steps in the right direction, in fact, museums and exhibitions can rely on partners as well as sponsorships, although I believe it would be time to make room even for small realities that have no sufficient funds for loans on such a scale. We should take into account “crowdfunding”, a more democratic system useful to the little ones, through which it’s possible to take part in the sustainability of projects, even investing less money. Private-sector participation is crucial to maintain and enhance our heritage. I mean, for instance, of the most impressive and outstanding project of recent times and of such exceptional proportions, that is to say the restoration of the Colosseum. Then, Diego della Valle, a visionary industrialist reserved his portions of the investment, though all projects and decisions were right under the watchful eye of the Superintendence. The private donated a considerable sum, a very high one, but always in full compliance with the decision of the institutions.

I found myself collaborating several times with private partners in my career, that of the National Gallery of Palazzo Barberini as director is yet another particularly significant example. At the time, the full restoration of the museum was underway. The project involved the new installations on all three floors of the palace, including a collection of works ranging from the primitive up to Neoclassical period. We are talking about a huge project that turned Palazzo Barbarini into a modern museum. where it is possible to welcome thousands of visitors. All this was possible thanks to the financial support of privates such as Lottomatica and many others, through special evening events, small exhibitions, and partnerships emphasized with the reality of the museum providing all those growth opportunities and advocacy that wouldn’t have been possible otherwise.

Why don’t you tell us about one of your broadest and most meaningful collaborations with prestigious institutions, as in the case of Palazzo Reale in Milan? In the light of her experience, has the far-reaching transformation of the museum and its role vis-à-vis the audience really led to a cultural and artistic democracy over time? The local art institutions are increasingly setting themselves the goal of creating with the audience a time of exchange and opportunities to develop: is this for real? What do you think about it?

I consider myself really lucky to have collaborated with Palazzo Reale in Milan. Not only is it a reality of great prestige, but it is also so deeply embedded in the Italian cultural fabric to be a guarantee of reliability worldwide. I remember Flavio Caroli’s exhibition, which took place in the two thousand. A huge success and a very appreciated one, due to his seriousness and his rigor provided by the spirit of cooperation of director Domenico Piraina. Since then, Palazzo Reale has become a stainless reality. Underlying all was and is exactly the seriousness of the approach to every single step: from the care to the use of the works that are indisputable, to the choice of professional experts to lead, so that the exhibition does not represent just a show, but a way, an opportunity for deep enrichment. This one, is an even more challenging level for Palazzo Reale, for it isn’t a museum and, therefore, can’t rely on the inter-museum exchange of works. Hence, all we can say is that Palazzo Reale having succeeded in becoming one of the most prestigious and captivating realities in the world is a great credit to its director, who has always proved to be prepared and determined.

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Altro momento particolarmente significativo fu certamente quello relativo alla mostra su Raffaello, al museo Reina Sofia di Madrid.

Il museo spagnolo chiese il prestito di uno dei capolavori della Galleria Nazionale di Arte Antica, la Fornarina di Raffaello. Fu concesso, ma venne chiesto uno scambio con un altro Raffaello del museo spagnolo, Il Ritratto di giovane. A quel punto riuscimmo a organizzare una mostra piccola ma preziosa, mettendo a confronto i due ritratti, il nostro e quello spagnolo, con risultati davvero innovativi. Fummo supportati da Lottomatica anche questa volta, la collaborazione fu splendida. Di recente alla Galleria Borghese, a Roma, si è creato un gruppo di sostenitori e mecenati che raccoglie i più grossi imprenditori della capitale, da Fendi a Bulgari per fare un paio di nomi, interessati a partecipare all’opera di valorizzazione e mantenimento del patrimonio culturale italiano.

La stessa riforma dei Musei voluta da Franceschini, talvolta all’inizio criticata, ha portato grandi vantaggi per l’organizzazione dei musei, liberi di fare scelte organizzative e culturali, innescando dinamiche virtuose e apprezzate dal pubblico. Passo dopo passo abbiamo assistito alla crescita del pubblico che si interessava alle mostre, la fruizione si è allargata anche grazie a queste domeniche di apertura eccezionale. L’utilizzo delle app è poi uno strumento che cattura l’attenzione di un pubblico giovane; viene chiesto ai visitatori di esprimere la propria preferenza rispetto alle opere esposte, ottenendo l’effetto di coinvolgere e rendere attivo il ruolo dei visitatori. Per i giovani questo tipo di attività è determinante, perché è il modo privilegiato per intercettare il loro interesse. Si pensi che il direttore degli Uffizi ha chiamato Chiara Ferragni come testimonial, ottenendo il risultato di moltiplicare fin da subito la presenza di giovani.

Progetti futuri?

Per chi ha sempre lavorato in questo campo, naturalmente, non si finisce mai di progettare! Al momento sto curando una mostra sulla pittura barocca, tra sacro e profano, per i Musei Americani, prevista per il 2024: un progetto complesso per il quale ci vuole molto tempo e stiamo procedendo alla selezione dei dipinti e alla definizione delle varie sezioni, tra loro dialoganti.

Altro argomento in particolare su cui sto lavorando e che mi ha sempre affascinato riguarda il carattere e la personalità degli artisti, al di là delle loro attività e della produzione di opere. Abbiamo a disposizione le biografie, ma raramente entra in gioco l’attitudine e la personalità. Sto studiando alcuni elementi del modo di essere, come il rapporto con l’amore oppure con il denaro e i committenti, per arrivare a capire quanto questi elementi siano legati al successo. Non escludo di dedicare a questi studi una pubblicazione. Resta poi sempre un mio progetto: quello di indagare la cultura tra Illuminismo e Romanticismo con opere di Goya, Hogarth e altri artisti italiani.

When we conceived the exhibition on a particular vision of the figure of Rubens, Domenico Piraina enthusiastically embraced the proposal with barely any obstacles and urged perfect, consistent results. Indeed, the director was quite confident about this idea. He thought this interpretation of Rubens would gather support. And it was just like that that it was also the merit of the Civita Society collaboration. At the away match in Tokyo the exhibition reached a staggering number of visitors: 330.000!

The exhibition on Raffaello at the Reina Sofia museum in Madrid is another memorable and significant moment in my career. The Spanish museum asked to borrow one of the masterpieces of the National Gallery of Ancient Art, Raffaello’s Fornarina. It was granted, but they asked the Spanish museum for an exchange, that is to say to lend out another Raffaello’s - Ritratto di giovane. At that point we could organize a small but valuable exhibition, comparing the two portraits, ours and the Spanish one - the results were truly innovative. Once again Lottomatica financially supported us and the collaboration was splendid. Recently at the Galleria Borghese, in Rome, a group of supporters and patrons took shape. A group that brings together the biggest entrepreneurs in Rome, from Fendi to Bulgari to name a couple of them, who are interested in participating in the work of enhancing and maintaining Italy’s cultural heritage.

The same museum reform sought by Franceschini, sometimes criticized at first, has brought great advantages for the organization of museums. They were free to make organizational and cultural choices, triggering virtuous and positive dynamics that were sincerely appreciated by the public. Little by little, we have witnessed the growth of public interest in exhibitions, and fruition has expanded also due these Special opening on Sunday. Then, the use of apps is a tool that catches the eye of the young audience; visitors are asked to express their preference compared to the works on display, achieving the effect of engaging and activating visitors’ role. This kind of activity is decisive for the young, because it is the preferred way of grabbing their attention. Consider that the director of the Uffizi called Chiara Ferragni as a testimonial, achieving the result of multiplying the presence of young people right from the start.

What about your future projects?

For those who have always worked in this field, there is always something to design! You can bet on it! I am currently curating an exhibition on Baroque painting, between the sacred and the profane, for the American Museums, planned for 2024 - a complex and very time consuming project, and we are in the process of selecting the paintings and defining the various sections, dialoguing with each other.

Another topic in particular, that I am working on and that has always fascinated me, concerns the character and nature of the artists, beyond their activities and production of works. We have biographies at our disposal, but we seldom deal with attitude and personality. I am studying some elements of the way of being, such as the relationship with love or with money and patrons, so as to get to grips with how much these elements are related to success. I do not rule out devoting a publication to these studies. A more accurate research work about culture between Enlightenment and Romanticism and works by Goia, Hogarth and also other Italian artists, has been and it’s still a project to investigate.

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Laura Casalis e Franco Maria Ricci nel 2018 di fronte alla maquette del Labirinto della Masone

LABIRINTO DELLA MASONE

PERDERSI NEL SOGNO BORGESIANO DI FRANCO MARIA RICCI

LABIRINTO DELLA MASONE: GETTING LOST IN FRANCO MARIA RICCI’S BORGESIAN RÊVERIE

“Illabirinto è un segno di magia. È il fantastico che prende forma nella linea. È perdersi e ritrovarsi. È il percorso della vita di ciascuno e la paura della morte”. Così mi disse Franco Maria Ricci seduto a un tavolino del cortile d’ingresso del dedalo più grande del mondo, mentre, pesando ogni parola con la tenerezza di chi ne conosce il valore, mi regalava il suo sguardo sulla vita. Sulla sua incredibile vita. Quelle ore passate nelle campagne di Fontanellato, vicino Parma, a chiacchierare con l’editore dei libri più belli del mondo, nonché creatore di questo luogo irreale, mi hanno dato, oltre che materiali affascinanti per il documentario a cui stavo lavorando, anche la chiave per vivere davvero il Labirinto della Masone. Grazie alle sue parole sono stata in grado di lasciare andare ogni pretesa di controllo per cercare di coglierne tutta la potenza simbolica: il perimetro a forma di stella, la piramide illuminista al suo interno, il disegno geometrico ispirato ai labirinti romani; e poi le pareti irregolari fatte di centinaia di migliaia di canne di bambù oscillanti al vento, indomabili, flessibili come fili d’erba e forti come l’acciaio. Eleganza e caos, ragione e illusione, gioco e timore si mescolano senza contraddizione in questo sogno borgesiano, promessa mantenuta e pura metafora della vita del genio eclettico di Ricci. Lui, che ha inventato un modo nuovo di intendere l’arte e di raccontarla con immagini e testi, ha saputo immaginare la materializzazione simbolica dell’Aleph, generarne il senso di smarrimento e completezza, per collocarvi una vita intera di imprese visionarie - la sua magnifica collezione e la sua casa editrice - condividendola con chiunque ami il bello e conferendole un senso (illusorio ed effimero) di eternità.

Ricci, Borges e la promessa del labirinto

Il Labirinto della Masone è l’ultima monumentale opera di Franco Maria Ricci, terminata nel 2015, dopo oltre sei anni di progettazione e quattro di realizzazione, in collaborazione con l’architetto Pier Carlo Bontempi, per gli spettacolari edifici, e l’architetto Davide Dutto, per la geometria del parco. Otto ettari di superficie e tre chilometri di percorsi interni ne fanno il labirinto più grande del mondo e la realizzazione dell’impegno preso dallo stesso Ricci nel 1977 con Jorge Luís Borges. Il grande scrittore argentino era per la prima volta in Italia, ospite del suo editore italiano e amico. Fu camminando per la campagna attorno alla sua casa di Fontanellato che Ricci confidò a Borges di voler costruire il labirinto più grande del mondo. “Era un’idea che avevo in mente da tanto tempo, dal 1963 quando, di ritorno da un viaggio a Londra, andai a visitare le grotte di Lascaux, in Francia, quindici giorni prima che chiudessero per sempre al pubblico. Lì, su quelle pareti di roccia dipinte 17mila

“Themaze is a sign of magic. The fantastic taking shape in the line. A place to get lost and find yourself again. Not only the life’s journey of all of us, but also our fear of death.”

That’s what Franco Maria Ricci told me, while sitting at a coffee-table in the entrance courtyard of the world’s largest daedalus, minding every single word with the utmost attention and tenderness, like those who recognize its value, he was sharing his vision of life with me, and what a life! Really unbelievable! I still remember how all those hours spent in the countryside of Fontanellato, close to Parma, chatting with the publisher of the world’s most beautiful books and creator of this almost unreal place, gave me, besides fascinating materials for the documentary I was working on, even the key to having a meaningful experience in the Labirinto della Masone. Listening to his words allowed me to let go of any pretence of control in order to perceive all its symbolic and metaphoric force and value: the star-shaped perimeter, the centre-piece pyramid standing inside the maze, which recalls the Enlightenment architecture imprint, the geometric design inspired by and modelled after the Roman labyrinths, not to mention the uneven walls made of thousands of bamboo canes that wave and bend as blades of grass in the wind, but stand strong as steel in the air. Here, where elegance and chaos, reason and illusion, joy and fear intermingle effortlessly in a Borgesian rêverie, the fulfilled promise as well as the purest and withering metaphor for life born from the genius of the eclectic designer Franco Maria Ricci, the man who achieved a new way of interpreting and understanding art, conveying and communicating it through images and texts. Not only was he capable of creating the symbolic materialisation of Borges’ The Aleph, but he also generated the sense of bewilderment and wholeness, so that he could place in it a lifetime of visionary endeavours - his magnificent art collection and his own publishing house - by sharing them with those who love Beauty and giving them, this illusory and ephemeral sense of eternity.

Ricci and Borges: the promise about the Labyrinth

From Franco Maria Ricci, Labirinto della Masone comes as the designer’s latest piece in an open-air monumental masterpiece. A mind-turning project completed in 2015 after six years of development and four years of construction, in cooperation with internationally renowned architects, such as Pier Carlo Bontempi, author of its spectacular buildings, and Davide Dutto who planned the geometry of the park. Labirinto della Masone is extended for a length of thirteen kilometres of internal paths on a total surface of eight hectares, which make it the largest maze in the world. It’s the ultimate expression of Ricci’s commitment made to Jorge Luis Borges in 1977. The great Argentinian writer, who was by then a guest for the first time in Italy, directly from his Italian friend and publisher. That day, as they were walking about the countryside, around his house in Fontanello, Ricci confided to Borges he was going to build

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Testo e foto Barbara Ainis La corte centrale del Labirinto della Masone, con le imponenti opere di Javier Marín (mostra temporanea 2017-2018)

anni fa, c’era tutto: la bellezza, il segno, la luce, l’ombra, il labirinto. Fu una sorta di folgorazione, anche se ancora non mi era tutto chiaro.

Poi l’incontro con Borges, le nostre passeggiate proprio qui, quando ancora non c’erano che prati, mi aiutarono a dar forma e ispirazione al labirinto nella mia mente. Per lui era una mossa letteraria, un emblema del fantastico. Per me era una magica rappresentazione del segno, disegnato dai suoi passi incerti di cieco. Glielo dissi fin da allora che volevo costruire un dedalo, il più grande del mondo. E lui, che aveva scritto di Asterione il Minotauro e aveva trovato l’Aleph in un sottoscala di Buenos Aires, mi disse: «non è possibile, il labirinto più grande del mondo è il deserto»”*.

Flessibile e forte come il bambù

Per realizzare quest’opera incredibile, che custodisce al suo interno il museo con la collezione d’arte, la biblioteca, l’archivio e gli spazi delle nuove imprese editoriali degli ultimi anni, Ricci scelse di lasciare andare tutto. All’apice del successo - «come Greta Garbo», gli piaceva dire - vendette la casa editrice, che portava il suo nome e che fino ad allora aveva pubblicato oltre 600 meravigliosi libri d’arte e 163 numeri della rivista FMR. Non lo fece senza dispiacere, ma con la saggezza di chi non si attacca alle cose, consapevole della loro natura effimera (dall’acronimo FMR, il termine francese éphémère). Con i soldi ricavati si gettò a capofitto in questa nuova avventura, dimostrando nuovamente la sua incredibile capacità visionaria e la volontà incrollabile di perseguire il bello, miste a un sano pragmatismo. Ne è esempio emblematico la scelta del bambù. La maggior parte dei labirinti che adornano i giardini delle ville patrizie sono realizzati con cespugli di bosso. Ma il bosso è un arbusto a crescita molto lenta e Ricci non aveva tempo da perdere (quando cominciò la realizzazione del Labirinto della Masone aveva già oltre 70 anni), così scelse qualcosa di totalmente inedito: il bambù. Ne fece arrivare dalla Cina circa 20mila esemplari di 20 specie differenti, da quelle nane a quelle giganti. Questa pianta straordinaria, che Ricci amava già molto fin dagli anni Ottanta, è sorprendentemente resistente, non si spoglia d’inverno, è capace di assorbire grandi quantità di anidride carbonica e cresce e si moltiplica molto rapidamente.

L’eredità di un visionario

Ancora una volta Ricci ha dimostrato di aver avuto ragione. Prima di lasciare, il 10 settembre 2020, questa esperienza di vita terrena (per chissà quali altre incredibili avventure) ha fatto in tempo a riavviare le attività della sua casa editrice, a riappropriarsi del proprio marchio e acronimo in vista anche della ripresa della pubblicazione della rivista FMR e, al contempo, a vedere la sua ultima creazione completamente realizzata in tutte le sue potenzialità. Il bambù, che nel frattempo si è imposto internazionalmente come emblema di sostenibilità, si è infittito fino a contare oltre 200mila piante ed è cresciuto superando in alcuni casi i 15 metri e raccogliendosi in alto in volte verdi che impediscono persino la visione del cielo, potenziando l’effetto di smarrimento di chi si avventura nel dedalo. Il Labirinto della Masone ha conquistato un pubblico vasto ed eterogeneo, dagli appassionati d’arte ai bibliofili, dai giovani ai bambini, tutti uniti nella comune fascinazione per il bello e l’inatteso. All’interno dei suoi spazi, proprio come aveva immaginato fin dall’inizio Ricci, brulica la vita, coniugando il piacere della cultura con l’amore per la natura e il gusto del buono. Il labirinto,, infatti, ospita mostre

the biggest maze in the world. “I had this idea swirling around in my head for a while, since 1963, when on my journey back to London, I had gone to see the Lascaux Caves, in France, a fortnight before they closed to the public for good. There, it was all right there on those rock paintings dating from up 17,000 years ago: the beauty, the sign, the light, the shadow, the labyrinth. I had a sort of epiphany, a brainwave, even though at that moment it didn’t look so sharp and clear to me. Then I met Borges, we walked right here, in this place where there was nothing but meadows. Our walks helped me a lot, they were a source of inspiration, a way to give shape to my visions, to the labyrinth stuck in my head. I realised that for me it was a magic representation of the sign drawn by his clumsy steps, the footsteps of a blind man. Even then, I told him I wanted to build a deadalus, the biggest in the world. And he, who had written about Asterion, the Minotaur and who had found the Aleph under a staircase in Buenos Aires, replied to me: “‘There’s no way, the biggest labyrinth in the world is the desert’.”

Resilient and Flexible like Bamboo

There was only a way to fulfil and achieve this incredible and engaging work, that is to say, letting go of everything. And that’s what Ricci did. Thus, he managed to create a project, which held, within it, the museum with its impressive array of art, a library, an historical archive and a space where to insert his newest and latest years publishing achievements. At the height of success - “in the vein of Greta Garbo” as he liked to sayRicci sold his publishing house bearing his name, which until then had published over 600 livres d’art and 163 copies of the revue FMR. It’s not a decision he made light-hearted and without sorrow, but he took it with the wisdom of someone who doesn’t hold onto things, aware of their ephemeral nature - hence the acronym FMR, ie éphémère. He rushed headlong into this new adventure, paid with the funds earned from the sale. He did it with the usual visionary ability and the strong eagerness to pursue the research of beauty combined with a cultured pragmatism. All qualities which characterised him to the end of his busy life. The choice of bamboo was a good example of this sort of attitude, considering that most of the labyrinths of the houses of Roman patricians were enriched by box bushes, a kind of slow growing dense shrub. Ricci, for his part, had no time to waste - he was almost over 70 when the making of Labirinto della Masone began - thus, he opted for something unique as well as never used: the bamboo. He had 20 thousands made to order in China, in all 20 different specimens from dwarf to giant plants. An extraordinary plant, which Ricci already loved since the 80’s, and which is exceptionally durable and ever-green. It actually absorbs a great deal of carbon dioxide and grows and multiplies extremely fast.

The legacy left behind by a great visionary

Before coming to the end of his earthly life experience, on September 10th 2022 - for who knows what new incredible adventures - he managed to relaunch his publishing house activity, to regain his own brand and acronym, with a view to the resumption of the publication of his revue FMR. He even succeeded in seeing his latest creation accomplished, which expressed its full potential. Once again, in hindsight we can say that the good Ricci had the right intuition. The bamboo became emblematic of sustainability, it has thickened to over 200 thousand plants, sticking about 15 metres out of the ground, in some cases and gathering high in the green vaults, so thick and narrow that even could keep any adventurer from seeing any kind of view around him, enhancing the bewildering effect of those who venture into the shaded twists and turns of the maze. Labirinto della Masone has won over a wide and diverse audience, from art lovers to bibliophiles, from young people to children, who share the same fascination for the beauty and

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temporanee di artisti internazionali, eventi culturali e performance musicali e multimediali, ma anche il ristorante bistrot Il Labirinto by 12 Monaci, gestito dallo Chef Andrea Nizzi, del vicino ristorante all’interno del Relais Fontevivo, una bottega di prodotti gastronomici tipici e persino due meravigliose ed esclusive suite nelle quali è possibile soggiornare.

L’eredità che ha lasciato Franco Maria Ricci è immensa, ma anche decisamente impegnativa per chi l’ha raccolta con amore e passione: innanzi tutto la moglie Laura Casalis, compagna e spalla di una vita, fine grafica e vera locomotiva di molte delle geniali iniziative ideate dal marito; e poi Edoardo Pepino, nipote, direttore editoriale della casa editrice, direttore del Labirinto della Masone e uomo di grande calma, sensibilità, cultura e professionalità. Dar seguito alla visione ricciana del mondo e dell’arte non è cosa da poco, ma in questi due anni il labirinto e la casa editrice hanno visto realizzarsi alcuni dei sogni che lui, Franco Maria Ricci, non ha fatto in tempo a completare. Prima fra tutte la ripresa delle pubblicazioni della rivista FMR, il cui primo numero è uscito a marzo di quest’anno, in occasione dell’equinozio di primavera, seguito dal secondo nel giorno del solstizio d’estate e così ancora per quattro pubblicazioni all’anno, in una elegante sincronia con il passaggio delle stagioni.

Non so di preciso cosa Ricci pensasse della morte. Credo non la temesse, vista la collezione di teschi e ossa tra libri e clessidre, teste in decomposizione e Memento Mori d’epoca barocca che si conserva nella sala delle Vanitas del museo del labirinto. Di certo, in apparente contrasto con il suo stile dandy, ha manifestato spesso la sua fede cattolica e le ha voluto rendere omaggio con la costruzione nel mezzo del Labirinto della Masone di una cappella, realizzata all’interno di una piramide. Non un elemento di ispirazione massonica, bensì un rimando esplicito all’architettura neoclassica francese prerivoluzionaria. La passione per quel periodo e per artisti come Boullée e Ledoux accomunava Ricci all’amico architetto Pier Carlo Bontempi che in quello stile ha realizzato anche tutti gli altri magnifici edifici che compongono il complesso del labirinto. È stato proprio Bontempi a raccontarmi l’aneddoto che forse dà risposta alla mia curiosità. “Penso che Franco Maria Ricci facendo questo grande intervento del labirinto e degli edifici che lo compongono abbia compiuto una sorta di grande gesto di generosità” mi disse l’architetto proprio all’interno della piramide durante un’intervista.

“Non lo vedo come un momento celebrativo, lo vedo piuttosto come un momento in cui un uomo, che ha avuto molto dalla vita, restituisce altrettanto alla comunità che lo ha cresciuto. Eppure Franco è stato anche estremamente tranquillo un giorno in cui io gli ho detto: «Ma tra due, trecento anni il mondo sarà cambiato completamente e nessuno si interesserà più a questi nostri dieci anni di sforzi per costruire il labirinto». E Franco, con un’aria molto candida, mi ha risposto: «sarà una splendida rovina»”*.

* dalle interviste realizzate per il documentario Éphémère. La bellezza inevitabile, (Catrina Producciones, 2018)

the inattendu. Its spaces teem with life, just as Ricci had imagined from the very beginning, places where the taste of the good, the natural as well as the cultural exploration go together hand in hand during this voyage. As a matter of fact, its places frequently turn into art spaces, hosting temporary exhibitions by international artists, cultural events and musical performances and multimedia projects. There, we can also find the bistro restaurant Il Labirinto by 12 Monks, run by Chef Andrea Nizzi, from the nearby restaurant inside the Relais Fontevivo, a shop of typical gastronomic delicacies and even two marvellous and exclusive suites in which you can stay.

The inheritance Franco Maria Ricci left us is an immense heritage being worth way more than gold, and what’s more, it is a really challenging collection for those who have put it together with love and passion over decades: I mention people like Laura Casalis, his beloved companion of a lifetime and his pillar of strength, a refined graphic designer and the real driving force of all Ricci’s conceived brilliant initiatives; Not to mention his grandson Edoardo Pepino, editorial director of Ricci’s publishing house and also director of Labirinto della Masone. A man of culture, of stunning professionalism and of great sensitivity, a very composed individual. Following Ricci’s vision of art and Weltanschauung up is no small thing, though in the past two years the publishing house and Labirinto della Masone have seen some of Ricci’s dreams come true. Dreams that, unfortunately, Ricci wasn’t there long enough to accomplish. The resumption of the publication of his revue FMR, just to name one, whose first issue was published in March of this year, on the occasion of the spring equinox, followed by the second issue on the summer solstice day and so on for another four publications per year, following the elegant rhythm of the seasons.

I don’t know what he believed about death. It’s not like death frightened him, given his ranks of bones and skulls collection neatly arranged among his books, his hourglasses, his rotting heads and his Memento Mori of Baroque age, preserved in the Vanitas hall of the Labirinto della Masone’s museum. It must be said that his Catholic faith was clearly not in line with his particular dandy style, but ran totally counter to it. Nevertheless, with Labirinto della Masone, Ricci wished to pay homage to his Catholic faith, thus he had a chapel built inside a pyramid. This chapel was not of the Masonic inspiration in that it carries forth both the ideals and was a reference to the pre-revolutionary French neoclassical architecture. Two things binded Ricci and his architect friend Pier Carlo Bontempi together: the passion for that historical period and the interest for artists like Boullée and Ledoux. Considering that all the magnificent buildings constructed by Pier Carlo Bontempi in Labirinto della Masone were entirely made out of that style. It was him, Pier Carlo Bontempi, who told me the anecdote, which probably satisfied my curiosity. “I believe that Franco Maria Ricci achieving this major maze and the buildings it is made of have made a great generous gesture” said the architect, right inside of the pyramid, during a recent interview. “I don’t see that as a celebratory moment, I see it rather as a moment when a man, who has obtained everything in lifetime, gives back to the community that raised him and gave so much to him.” Yet, Franco was also extremely quiet one day, when I told him “But.. in two, or even three hundred years, a lot in the world will be completely different and there will be no one interested in our ten years’ effort and hard work to build the maze.” Franco replied candidly: “It will be a magnificent ruin.” *

*quotes from the interviews made for the documentary Éphémère. La bellezza inevitabile, (by Catrina Producciones, 2018)

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LA COLLEZIONE DEL MUSEO DELLA MASONE

Circa 400 opere sono conservate negli spazi classici ed eleganti degli edifici del Labirinto della Masone. Eclettica, curiosa e sorprendente, la collezione d’arte di Franco Maria Ricci, raccolta in oltre 50 anni di lavoro come editore, è il riflesso del gusto infallibile e della genialità del suo collezionista. Dal Cinquecento al XX secolo, dalla grande scultura seicentesca a quella neoclassica e napoleonica, dai manieristi alla pittura dell’Ottocento, tra cui spicca un Hayez. E poi c’è il Novecento con le grandi scoperte del Ricci collezionista ed editore: Wildt, Ligabue, Chiparus, Serafini e molti altri. Nei cinquemila metri quadrati del museo, allestito per associazioni e non secondo un approccio tradizionale, c’è spazio anche per una sala delle Vanitas e per una selezione dei libri d’arte e delle riviste pubblicate da Franco Maria Ricci.

www.labirintodifrancomariaricci.it

LABIRINTO DELLA MASONE COLLECTION

In the classic as well as elegant spaces of Labirinto della Masone’s buildings there are preserved about 400 works of art. Eclectic, curious and surprising, Franco Maria Ricci’s art collection, gathered over more than 50 years as a publisher. It is a reflection of the unerring taste and genius of its collector. Starting from the 16th to the 20th century, passing by the great 17th-century sculptures, to stop in front of the neoclassical and Napoleonic ones, ending up in the Mannerists and the nineteenth-century painting, including a Hayez. Finally, there is the 20th century with the great discoveries of the Ricci collector and publisher: Wildt, Ligabue, Chiparus, Serafini and many others. In the five thousand square metres of the museum, set up by association and not according to a traditional approach, there is also room for a Vanitas room and a selection of livres d’art and magazines published by Franco Maria Ricci. www.labirintodifrancomariaricci.i

Cofanetto documentario+libro: Éphémère. La bellezza inevitabile

Un elegante cofanetto interamente dedicato a Franco Maria Ricci con il dvd del documentario Ephémère. La bellezza inevitabile, di Simone Marcelli, Barbara Ainis, Fabio Ferri, prodotto da Catrina Producciones e vincitore del Best Documentary Award del Salento International Film Festival 2018, e un volume di accompagnamento, a cura di Barbara Ainis, che raccoglie il testo “Franco Maria Ricci si racconta”, a firma di Ricci stesso, e la trascrizione delle testimonianze degli amici storici che intervengono nel video. shop.francomariaricci.com/ephemere.html

Slipcase packaging with documentary + book: Éphémère. La bellezza inevitabile. This edition features slipcase packaging entirely dedicated to Franco Maria Ricci and it comes with a DVD with a documentary movie on Ephémère. La bellezza inevitabile,by Simone Marcelli, Barbara Ainis, Fabio Ferri and produced by Catrina Producciones and winner of the Best Documentary Award at the Salento International Film Festival 2018, and an accompanying volume, edited by Barbara Ainis, which collects the text “Franco Maria Ricci si racconta” signed by Ricci himself, and a record of the testimonies of his historical friends who intervene in the video. shop.francomariaricci.com/ephemere.html

LAURA CASALIS RICCI

Direttore editoriale e artistico della nuova FMR

Per una vita intera sei stata l’insostituibile compagna e spalla di Franco Maria Ricci. La tua creatività e la tua caparbietà sono nelle pagine delle sue grandi e geniali creazioni e c’è molto di te e della tua vita nel labirinto. Come sono andate le cose in questi ultimi due anni?

La vita accanto a Franco non è stata noiosa un solo momento. Lui era divertente, mai scontato, mai prevedibile. Vivere insieme, essere sua moglie e collaboratrice ha avuto i suoi momenti di difficoltà, ma è sempre stato entusiasmante. Mi sono messa a lavorare con lui perché mi ero stancata di fare anticamera: era sempre al lavoro fino a tardi; io andavo in casa editrice a prenderlo, e lì aspettavo e aspettavo che finisse. A un certo punto, per riempire quei tempi morti, gli ho chiesto di seguire qualche progetto e, gradatamente, ho lasciato il mio studio dove facevo disegni per tessuti e sono passata senza rimpianti dai tessuti alla carta. Al di là della mia preparazione accademica, che con l’editoria centrava poco, stargli vicino, frequentare personaggi straordinari dell’arte e della cultura, partecipare all’ideazione dei libri e della rivista FMR è stata una scuola fantastica che mi ha aperto gli occhi sulla bellezza.

Ma Franco, che viveva di sogni (quasi tutti realizzati), negli ultimi anni aveva quello di recuperare il suo marchio, alienato tanti anni prima, e far rinascere l’amata rivista, il suo capolavoro. Dopo la sua scomparsa, nel settembre 2020, sono riuscita finalmente a rientrare in possesso delle tre cifre che costituivano il suo logo e a quel punto non mi restava che mantenere la promessa fattagli: far ripartire FMR e far sì che fosse ancora la rivista più bella del mondo. Oggi stiamo presentando il terzo numero (il lancio a Venezia, il giorno dell’equinozio d’autunno) e siamo al lavoro sul quarto. È una grande sfida; Franco Maria Ricci resta inimitabile, ma gli oltre quarant’anni che ho passato lavorando accanto a lui mi hanno insegnato molto.

FACE TO FACE WITH

LAURA CASALIS RICCI

Publishing and Art Director of the Exclusive New Revue ‘FMR’

You have been Franco Maria Ricci’s irreplaceable long life companion and beloved wingmate. Your creativity and stubbornness are all reflected through the pages of his works of genius and major projects. I would say that there is much of your life, I can see a lot of you in The Labyrinth. Could you tell us the way things have developed in the last two years?

I must say, spending my entire life with Franco, there was never a dull moment - he was fun, never banal, never predictable. Living together, being his wife and even cooperating together had its ups and downs… but I can’t tell you how exciting and amazing it was. By the way, I started working with him because I got tired of playing a waiting game - he was always burning the midnight oil. I would go up to his publishing house, and I would wait for him for hours and hours until he finished his work. Well, at some point I tried to fill those empty moments, thus, I suggested that he let me deal with some project, so I slowly gave up my studio as a graphic designer of textiles and I jumped from one job to another one, from working with textiles to working with paper - without any regret. Beyond my academic background, that had little to do with publishing, being close to him, hanging out with amazing and extraordinary personalities from the world of art and culture, taking part in the conception of the books and of FMR revue was a great school to me and it managed to open my eyes to the Beauty with a Capital letter. But Franco, who used to live on dreams - almost all fulfilled - had that last one will to regain his brand, which had dumped it long years before, in order to revive his beloved revue, his masterpiece. After Franco had left us in September 2020, I succeeded in regaining

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Ode al Mediterraneo Il sogno etrusco dei Savoia In villeggiatura con gli Dèi I cavalieri della tavola quadrata Il brusio delle spiagge Franco Maria Ricci

Cosa c’è di nuovo in questa FMR e cosa mantiene la rivista legata ai 163 numeri che l’hanno preceduta?

Tante cose si sono modificate negli anni nei quali non abbiamo pubblicato FMR. Franco l’aveva fondata nel 1982 e venduta nel 2003 insieme alla casa editrice, per finanziare il suo geniale e grandioso progetto del Labirinto più grande del mondo nella sua proprietà nei pressi di Parma. Sono passati quasi vent’anni, il mondo è cambiato, nel bene e nel male. Oggi, per pubblicare una rivista di carta, di grande qualità, le difficoltà non sono poche ma, allo stesso tempo, ci sono strumenti che semplificano enormemente il lavoro; la redazione della rivista è profondamente mutata: faccio quasi da sola molte cose che in passato richiedevano l’impegno di diverse persone, e posso contare su collaboratori molto bravi, chi per la letteratura, chi per la storia dell’arte, chi per la ricerca di curiosità e bizzarrie, e ho la grande fortuna di poter contare su penne colte e brillanti. Il progetto è ormai ben chiaro: ci muoviamo in continuità con il passato, confermando quei caratteri che hanno reso unica FMR: l’eleganza del nero; l’estrema cura dal punto di vista della qualità estetica e dei contenuti; la ricerca di argomenti di nicchia, inediti o che la gente ha dimenticato e la combinazione di testi importanti di storici, studiosi, con testi letterari.

Oggi cerchiamo di individuare temi affascinanti per un pubblico più giovane. Io sono più vicina ai fenomeni d’arte contemporanea di quanto non lo fosse Franco, che del XX secolo prendeva in considerazione quasi solo la prima metà. Non dico che mi dedicherò con passione alle avanguardie, ma ci sono fenomeni di oggi che mi affascinano. Certo la nostra è una rivista costosa e quindi forse non proprio per un pubblico giovanissimo, ma in questi mesi dall’uscita del primo numero nel marzo 2022 abbiamo visto che tra gli abbonati, oltre ai nostri lettori affezionati, ce ne sono parecchi sotto i quarant’anni. È incoraggiante perché queste generazioni non sono più abituate a comprare la carta né tantomeno a fare abbonamenti. Ma FMR è percepita come una rivista da collezione e sono in tanti

ownership of the three letters that featured his logo. Then, all that remained was to fulfil the promise given him - to revive FMR revue, and ensure that it was still the most beautiful revue in the world. Today, we are introducing you to the third issue (the launch in Venice, on the autumn equinox day) and we are already working on the fourth one. It’s a great big challenge. Franco is unique, singular and inimitable, but, I got to say: “after more than forty years, working shoulder-to-shoulder with him, I have learned a lot”.

So, Mrs Ricci, what lies behind this new FMR? What’s new? And, what is the fil rouge that ties and links this revue to its other previous 163 issues?

Much has changed here, in the nearly two decades in which we haven’t published FMR. Franco had founded his revue in 1982 and sold it in 2003 along with his publishing house to finance his brilliant and grand idea of Labirinto della Masone. He knew in the depths of his heart that it wasn’t a permanent goodbye. In the meantime, the world has changed for better and for worse. Challenges are there, there are many obstacles to overcome, but then again, there are new modern devices that greatly simplify our work. Hence, today, the editors of our revue have taken a radical turn. I can manage myself plenty of things that, in the past, required the efforts of a number of people, but I have very good collaborators who support and aid me, alongside with the backing of important intellectuals: some specialised in literature, some in art history, there is also those who deal with more curious things or even are capable of creating a more sophisticated language. The project is well clear and defined, by now. We move in continuity with the past, confirming those trait things that made FMR unique: the elegance of black, the extreme and meticulous care in terms of aesthetic quality and content, the research of niche subjects - the unpublished ones, or those that people have forgotten, along with the combination with important essays, texts of historians and academics, and even those literary ones. Today, we are seeking to identify fascinating themes for a younger audience. I feel closer to the contemporary art phenomena than Franco was, who reached back to the early 20th century and no further. I’m not saying I will deeply dedicate myself to the Avant-Garde, but there are current phenomena, today, that I am fascinated by. Yes, of course, ours is an expensive revue and therefore is not directed perhaps to a not-so-young audience, even though in these months since the release of the first issue in March 2022, we have seen that, among the subscribers, apart from our loyal readers there are quite a few young people. It’s incredibly encouraging, considering that these generations are not used to buying paper anymore, let alone subscribing for a revue. Anyway, FMR is perceived as a collectible

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a volerla. Fondamentale è essere agili e graffianti con la promozione per rafforzare l’audience, anche se di nicchia, in Italia e all’estero. Per il momento la rivista è pubblicata in italiano e in inglese e stiamo lavorando per trovare nuove soluzioni distributive per il Nord America, ma potrebbe esserci in futuro anche una coedizione per un’edizione francese, essendo la Francia sempre stata molto affezionata a Franco Maria Ricci.

Come si svolge il lavoro di redazione e quali nomi compaiono in questa nuova FMR?

Non cambia tanto rispetto al passato, se non che ora facciamo le riunioni via Web perché ognuno è in una città diversa. Si discute del numero da mettere in cantiere e si anticipano i temi per i successivi. Cerchiamo di proporre sempre qualcosa di inaspettato e articoli in dialogo fra di loro. Ci piace mettere a confronto Oriente e Occidente, con viaggi virtuali fra civiltà lontane nel tempo e nello spazio.

Oggi io mi occupo del lavoro di scouting insieme con ottimi collaboratori. Il pubblico, ora più che mai, ha talmente tanto sotto gli occhi che è contento se gli fai vedere qualcosa fuori dagli schemi, pur senza esagerare e mantenendo altissima la qualità della proposta. Abbiamo stretto amicizia con scrittori come Orhan Pamuk, conosciuto grazie a Stefano Salis, altro prezioso collaboratore della rivista, o Abad Faciolince, o Dacia Maraini, o Benedetta Craveri. E poi ci sono gli amici di lunga data, immancabili la penna di Vittorio Sgarbi, di Giovanni Mariotti, Giorgio Antei e Gabriele Reina, e le foto di Massimo Listri, Guido Mocafico, Rafael Vargas, Giovanni Ricci Novara, Luciano Romano, per nominarne solo alcuni.

Quattro numeri in giorni speciali dell’anno. Perché questa scelta?

L’idea delle stagioni è nata… perché più di quattro numeri all’anno non potevo farne! Poi, se vogliamo, dietro agli equinozi e ai solstizi possiamo trovare grandi simbolismi di rinascita. Certamente quello che credo e che vogliamo comunicare è che l’arte e la bellezza rappresentano un’ancora alla quale affidarsi, specie di questi tempi. Quanto raccontato da FMR ricorda a noi italiani in particolare quanto eravamo bravi, ci ricorda che siamo un’eccellenza nel mondo e che possiamo tornare ad esserlo. Questa rivista vuole essere qualcosa di più di un buon coffee table book: si propone come un momento di riflessione profonda, capace di scatenare una connessione col grande passato. Dobbiamo occuparci ogni giorno di temi seri, ma abbiamo bisogno di momenti di leggerezza (che non è certo superficialità). Momenti nei quali immergerci nella bellezza e riceverne stimoli e benefiche suggestioni.

journal and there are a lot of people wanting it. I believe that the issue of business promotion is really crucial, today, not only in Italy but also abroad. We have to be agile and incisive. At the moment, the revue is published in Italian and English and we are working to find new distribution solutions for North America, but in the immediate future of our revue, there might be even a French coedition, being French a country very fond of Franco Maria Ricci.

How is the publishing work carried out in practice? And what are the major names of this new FMR?

As concerns the new FMR, I have to say that it is arranged in the same way as the previous edition, except that now the meetings shall be held via Web, given that each one of us is living in a different city. We discuss issues to put in the pipeline and we anticipate the topics of the future ones. We are always trying to suggest something out of the blue and interacting with each other. We like to compare West with East, through virtual voyages among distant civilizations in place and time. Today, my excellent collaborators and I deal with scouting work. In my opinion, nowadays, the audience has so many things before their eyes, that if you show them something out-of-thebox, indeed without overdoing it while preserving the high quality of the offer, they are glad and pleased. We established friendship with the likes of Benedetta Craveri and above all Orhan Pamuk, whom I was introduced to by Stefano Salis, another exceptional collaborator of mine, at the revue, not to mention my long-time friends - the unmissable creations to spring forth from the pen of Vittorio Sgarbi, Massimo Listri with his photos, and even Giovanni Mariotti, Giorgio Antei and Gabriele Reina, not to mention the photographers Guido Mocafico, Rafael Vargas, Giovanni Ricci Novara among the many.

What about your choice to publish the four issues on very special days of the year?

Honestly, now that you mention it… the choice of the season came from the state of affairs, I mean - I couldn’t publish more than four issues per year! And then, if we want, behind equinoxes and solstices could lie a great symbolism of rebirth. Well, we want to convey that art and beauty represent an anchor of salvation, something to rely on, especially in these times, which is even what I myself believe. FMR is that kind of revue that reminds us Italians, in particular, how talented and great we were. It reminds us that we are an excellence in the world and we can get back to that. Reading this revue is meant to be more than a good “coffee-table book” - It offers itself as an opportunity for some profound reflections, it makes it possible to trigger a connection with the past. Everyday, we have to address difficult and heavy subjects, yet we also need moments of levity - it’s not about shallowness - through which we can immerse ourselves in beauty, encouraging us and helping us to improve.

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EDOARDO PEPINO

Entrare nel sogno di Franco Maria Ricci e poi trovarsi a condurlo, a continuare a dargli forma. Non è un compito facile il tuo, eppure il labirinto assomiglia sempre di più alla visione ricciana e la sua casa editrice non sbaglia un colpo. Cosa sta succedendo a Fontanellato?

Con la scusa di costruire il labirinto Ricci ha dato forma alle sue diverse esperienze di vita. Una più onirica: il sogno del labirinto dei suoi incontri con Borges, dei loro dialoghi fatti di simboli e fantastico. La seconda è la sua carriera di graphic designer e quindi di editore di libri: una professionalità e un savoir-faire portati al massimo, tanto da diventare scuola mondiale e opera d’arte in sé, che Ricci ha messo da parte per alcuni anni, durante la realizzazione del labirinto. E poi ancora c’è la rivista FMR: un’idea separata dal resto ma fortemente connessa, che oggi ritorna. Tutto questo è qui a Fontanellato e continua ad esserci anche ora che Ricci non c’è più. Io ho iniziato a collaborare con Laura Casalis e Franco Maria Ricci nel 2010, quando il labirinto era in costruzione e Ricci si era appena trasferito a Parma da Milano. La parte editoriale era stata sospesa, anche se mai del tutto, e la concentrazione massima di Ricci era sul suo nuovo grandioso progetto. Solo quando il labirinto è nato si è capito davvero il suo gioco: voleva raccogliere tutto ciò che aveva fatto ed è per questo che anche la sua collezione è andata a finire all’interno di questi magnifici edifici nel Museo della Masone. Si tratta di una collezione di circa 400 opere assolutamente eclettica, che lui ha raccolto in oltre 50 anni di vita e lavoro come editore, senza uno scopo definito. Eppure tutte insieme all’interno del labirinto danno l’idea di una direzione, della visione chiara e distinta che era da sempre nella testa di Ricci. Una volta avviato il labirinto era tornato a impegnarsi per far ripartire a pieno regime la casa editrice, anche riacquistando il marchio FMR per rilanciare la rivista. Tutto quello che doveva fare lo ha fatto. Non posso che ringraziarlo di un percorso tracciato. Io ho cercato il più possibile di raccogliere i suoi contributi.

Continuità con il passato ma anche apertura al nuovo. Questo labirinto di bambù si muove flessibile come le sue alte canne. In che direzione sta andando?

Il cammino è segnato, ma ora bisogna interpretarlo e rinnovarlo con i tempi. Per quanto riguarda i libri e la rivista noi abbiamo la capacità di mantenere l’editoria del marchio Franco Maria Ricci allo stesso livello altissimo che l’ha sempre caratterizzata e la gente ancora cerca, vuole possedere i nostri volumi e le nostre pubblicazioni per collezionarli. Il labirinto, invece, ha già subito delle trasformazioni da quando Ricci ci ha lasciato e le subirà ancora, per il fatto stesso che è di una sostanza diversa. È un luogo vivo e accanto ai patrimoni che definirei immutabili, quello botanico, quello artistico con la collezione e i libri esposti, ci sono le persone che lo popolano e alle quali vogliamo avvicinarci. Nel 2022 sono previsti 120 mila visitatori, un risultato straordinario dopo due anni di Covid. E poi ci sono gli eventi e le mostre temporanee che si aprono all’attualità. Già negli scorsi anni avevamo avuto delle esperienze con alcune forme d’arte ancora figurative ma contemporanee, come con la mostra temporanea dell’artista messicano Jarvier Marín che ha invaso

SITTING DOWN WITH EDOARDO PEPINO

Enter Franco Maria Ricci’s visionary dimension and dream, then finding oneself leading it to give it shape. It’s not an easy task, yours. Yet, I dare say the Labyrinth resembles more and more a Riccian vision and his publishing house doesn’t miss a beat. What’s going on at Fontanellato?

Ricci, under the pretense of creating Labirinto della Masone, gave shape to his various life experiences and backgrounds - one more oneiric than the others. Let’s think about his dream of the Labyrinth, his encounters with Borges, their dialogues made up of symbols and fantastic dimensions; then there is his career as graphic designer and thus as book publisher. We talk about a man of knowledge, bearer of a professionalism and a savoir-faire brought up in their highest potential, so as to become a worldwide school and even a work of art himself. Both jobs that Ricci put aside, for some years, to devote himself to the realisation of the Labyrinth. Not to mention FMR revue - separated from the rest, but strongly connected, and returning even today. We have all of that here, in Fontanellato. Something, which is still there, even now that he’s gone.

It was 2010 when Laura Casalis, Franco Maria Ricci and I started our collaboration.

A time when the Labyrinth was still under construction and Ricci had just moved to Parma from Milan. The editorial part had been suspended, though never completely, and Ricci’s utmost concentration was on his grand new project. Only once the Labyrinth was born we could see through his act - he wanted to collect everything all he had done, that’s the reason why his collection ended up inside these magnificent buildings in the Masone Museum. It comes down to a collection - an absolutely eclectic one - of about 400 works, which he had been collecting over more than 50 years of his life and while working as a publisher, without a clearly defined purpose. And yet, his collection, all his array of works together arranged within the Labyrinth offer a clear idea and a distinct vision that it has always been there, in Ricci’s mind. Once he had launched the Labyrinth, he returned to his publishing house, putting any efforts into it - with the purpose to revive it in full swing, even regaining his brand FMR in order to relaunch the revue. He did everything he was supposed to do. For the rest, I can only thank him and be grateful for having traced my path. For my part, I have tried as much as I could to collect his contributions.

His own recipe: continuity with the past and openness - a bamboo Labyrinth that waves and bends as blades of grass in the wind. Then, what direction is this bamboo Labyrinth headed in? Ricci’s gestures have marked the way, but we should interpret and try to innovate it, in tune with the times and forward-looking. As far as the books and the revue we have the power to keep Franco Maria Ricci’s brand publishing, maintaining its sky-high quality level that has always featured it, something that people are still looking for, since they want to own our volumes and publications to collect them. As for the Labyrinth, since Ricci passed away, it has already undergone changes, and it will undergo other ones, by the very fact it is of a different substance. It’s a lively place. The Labyrinth

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gli spazi interni ed esterni del labirinto. Ora ci siamo aperti alla musica elettronica con il Lost Music Festival, in una costellazione di eventi tra esibizioni di artisti internazionali, installazioni di luce e sperimentazioni digitali, che non solo riflettono attenzione al contemporaneo ma anche a diverse forme d’arte. Fino a fine settembre abbiamo la mostra fotografica dell’artista multidisciplinare e designer argentina di fama mondiale Mono Giraud, mentre, in orario serale per la prima volta, in alcune date si tiene all’interno del dedalo la performance site specific AQUANAE della musicista Sara Bertolucci e dell’attrice e cantante Valentina Donati. E ancora, a ottobre inauguriamo la grande mostra (8 ottobre 2022 - 8 gennaio 2023) di un artista straordinario e interprete di una forma d’arte inconsueta: il maestro della moda Roberto Capucci. Trent’anni fa Ricci gli dedicò un volume della collana Luxe, calme et volupté, e ora il Labirinto della Masone ne vuole celebrare la carriera: gli abiti, le creazioni e i bozzetti affiancheranno le opere d’arte della collezione di Franco Maria Ricci, dialogando con loro e creando suggestioni incredibili. Per il 2024 poi stiamo preparando un grosso progetto, per il quale stiamo contattando grandi musei internazionali. I capolavori esposti racconteranno di un tema inusuale e caro a Ricci: quello della Musca Depicta.

Sei direttore del Labirinto della Masone e anche della casa editrice. Cosa vuol dire oggi fare editoria d’arte?

La moltiplicazione delle possibilità data dal mondo del digitale sembra decretare il superamento del cartaceo. Noi ancora ci occupiamo di questa sartoria fuori moda della carta, ma riusciamo a sfruttare anche i vantaggi del cambiamento sociale e culturale. Il principale è che non ci sono più tanti pregiudizi nei confronti dei tipi di arte differenti. È una tendenza in atto e il pubblico è preparato: anche gli abbonati alla nostra rivista o chi compra tutti i nostri libri, tendenzialmente dei “nostalgici”, hanno compreso e accolto il cambiamento. Così si fa meno fatica a far accettare e assimilare proposte inconsuete. Nel nuovo numero di FMR ad esempio parliamo dell’arte del vetro. Ma il nostro segreto è ancora una volta mantenere l’insegnamento di Ricci anche sul modo in cui operiamo e lavoriamo. Io lo dico a chiunque inizia a collaborare con noi: il lavoro deve essere soddisfacente e piacevole per tutti. In altre case editrici, magari commercialmente più efficaci della nostra, è diverso, ci sono tanti contratti e clausole. Ogni nostro progetto, invece, è una questione di amicizia, con gli autori che vengono coinvolti e con chi lavora. Perché è così che faceva Ricci ed è così che il lavoro arricchisce.

alongside Ricci’s heritage that I myself would describe as “timeless”: the botanical one, the artistic one together with the collection and the books on display, not to mention people who inhabit it and to whom we aim to get closer. In 2022, 120 thousand visitors are expected to arrive - an extraordinary achievement after two years of Covid-19; and then, there are even the events and the temporary exhibitions that open up to current affairs. We have already experienced and dealt with some still figurative art-forms - even though contemporary - over the past few years, as it was with the Mexican artist Jarvier Marìn’s exhibition, who filled with his art the interior and exterior spaces of the Labyrinth. Now we are open to electronic music along with Lost Music Festival - a constellation of events among international artists’ performances, light installations and digital experiments, which put into the limelight of the public the contemporary and other different kinds of art, reflecting the attention paid to it. Then, until the end of September visitors will be able to access the photography exhibition of the Argentine Mono Giraud, held by us in the Labyrinth. We are talking about a multi-disciplinary and world-renowned Argentine artist and designer. Furthermore, for the very first time and on some dates during the opening evening, there will be held musician Sara Bartolucci with actress and singer Valentina Donati’s’ “performance site specific AQUANAE”, always inside the daedalus; yet again, from 8th October to 8th January 2023, we will open the major exhibition of an extraordinary artist and performer of unconventional art-form, that is to say: Couture Master Roberto Capucci, the one, to whom Ricci dedicated a volume of the series “Luxe, calme et volupté”. Labirinto della Masone, now, wants to celebrate his career: his clothes, creations and sketches will accompany the works of art in Franco Maria Ricci’s collection, interacting and breathing life into enlivening and incredible suggestions. There is one more goal driving the activity: we are preparing a big project in 2024, for which we are contacting major international museums. The masterpieces on display will tell about an unconventional theme dear to Ricci: that of Musca Depicta.

Mr. Pepino Director of Labirinto della Masone and also of the Publishing House. What does it mean to be an Éditeur d’Art and to make Livres d’Art?

The Digital Era allowed an increase of exchange possibilities. This multiplication seemed to decree the overcoming of the paper. As far as we are concerned, we still deal with this old-fashioned and dépassé tailoring of paper, but we manage to take advantage of the benefits directly coming from social and cultural change, as well. The main one is that there is no longer as much prejudice against different kinds of art - an ongoing trend and the public is prepared for it: even subscribers of our revue, or those who buy all our books, the “nostalgic” ones have fully grasped the change, embracing it. Thus, it takes less effort to accept and to assimilate uncommon proposals - for instance, we discuss the art of glass-making in the FMR new issue. Here, our secret: keep up Ricci’s lessons in the way we operate and work, as always. I’m always saying this to anyone who starts collaborating with us - the work must be satisfying as well as enjoyable for everyone. In other publishing houses, perhaps even more efficiently in terms of trade, they beg to differ, in fact, there are so many clauses and contracts. Each of our projects, on the other hand, is a matter of friendship with the authors involved and with those who work at it. That’s how the work enriches you, that’s how Ricci used to do and that’s also the way we want to do it.

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©Marco Beck Peccoz

MUSEO DEL PROFUMO DI MILANO: INCONTRIAMO

IL DIRETTORE GIORGIO DALLA VILLA

THE PERFUME MUSEUM, MILAN: THE VOICE OF DIRECTOR GIORGIO DALLA VILLA

STORIA, ARTE E VICISSITUDINI CHE HANNO LEGATO

GABRIELE D’ANNUNZIO

ALL’UNIVERSO DEL PROFUMO

Luogo di suggestioni, leggende e miti legati ai grandi essenzieri, questo spazio museale, unico nel suo genere, accoglie e conserva preziosi esemplari di essenze e flaconi prodotti in numero limitato dalle Vetrerie Venini di Murano. Percorrere gli spazi del museo e osservarne le opere diviene esperienza ancor più affascinante, in quanto arricchita dalle parole del direttore Giorgio Dalla Villa, che ama raccontare e condividere con i visitatori segreti e vicende, fatti storici e conoscenze frutto di lunga e approfondita ricerca.

HISTORY, ART AND VICISSITUDES THAT HAVE TIED GABRIELE

D’ANNUNZIO TO THE UNIVERSE OF PERFUME

A place of inspiration, legends and myths from the world of essence experts and fragrance researchers. This museum space that is so particular and unique in terms of genre hosts and preserves precious samples of essences and also a limited edition perfume bottle collection produced by the glassmakers at the Venini glass making factory in Murano. Walking about the museum and seeing its array of works becomes even more pleasant especially when we are accompanied by Giorgio Dalla Villa. He can turn the visit into a more fascinating, exciting and interesting one, as he really loves talking to the visitors, revealing secrets and incidents, telling about historical relationships, sharing a knowledge that he has acquired and developed, as a fruit of a long and important research.

Direttore, le chiedo di raccontarci come e quando nasce il Museo del Profumo, preziosa realtà aperta al pubblico e ancora non abbastanza conosciuta.

Il Museo nasce circa venti anni fa come risposta a un’esigenza del pubblico che seguiva “Profumeria da Collezione”, la rivista che pubblicavamo. Inizialmente abbiamo aperto lo spazio senza troppo clamore, prendendoci il tempo di fare le cose per bene e dare ai lettori la possibilità di vedere e conoscere dal vivo gli elementi di profumeria di cui raccontavamo origini e storia. Allora il Museo era fruibile solo dagli abbonati della rivista, poi, visto le insistenze da parte di enti e associazioni, abbiamo deciso di ‘aprire’ con conferenze per tutti gli interessati a questo settore della nostra storia. È la passione che ci spinge in questo lavoro meticoloso e non sempre facile. Nel nostro museo sono in mostra esemplari di profumo emblematici, rappresentativi di vari periodi sociali, spesso prodotti in pochissimi modelli da fonderie del vetro. Le nostre indagini si sono spinte ovunque, sia in Europa sia in America, in una ricerca spesso emozionante, come nel caso del ritrovamento in Sud America di alcuni flaconi dei ‘Profumi del Carnaro’, sette fragranze della Casa di Profumo Lepit alle quali Gabriele D’annunzio aveva assegnato il nome durante il periodo della presa di Fiume.

Tra gli artisti che hanno operato per la profumeria, da René Lalique a Julien Viard, da Leonor Fini a Salvador Dali, Carlo Scarpa è stato

Mr Director, please tell us about The Perfume Museum and when and how this project was born. We know it is a precious institution that had opened to the public years ago but only few people know about it.

The Museum had begun to be active twenty years ago in reply to the requirement of the readers of “Profumeria da Collezione”, the revue we had used to publish. In the beginning, we opened to the public without too much fuss nor clamour, taking our time in order to do things properly and to allow the readers to see and learn about perfumery elements, their origin and story personally. In those times only subscribers of the revue had been allowed and given the opportunity to enter and see it. But after, given the insistence of corporations and associations, we decided to open and start organising conferences for all those who were willing to learn more about this branch of our history. It is passion that impels us to do this sorrough and not always easy work. Our museum holds an array of symbolic perfume examples that are representatives of several social periods. We are talking about limited edition models that are more often produced in glass factories in very small quantities.Our researchers have reached everywhere and have developed their exciting studies and investigations here in Europe and even in far away places like America. For example, the discovery of some of the ‘Profumi del Carnaro’ bottles in South America is really worth mentioning. We are talking about the seven Lepit Perfume House fragrances dating back to the times of the storming of Fiume. It had

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Testo Ilaria Miniaci

colui che negli anni Trenta del Novecento ha realizzato da Venini vere e proprie opere d’arte per le Case di Profumo Giviemme, Paglieri, Roger & Gallet. Sono esemplari divenuti in questi anni protagonisti di esposizioni nazionali ed estere, e fanno bella mostra si sé al nostro Museo del Profumo.

Un’altra interpretazione del vetro senza pari è stata anche quella di Fulvio Bianconi. L’artista, che per la prima volta si trovava a operare nell’industria vetraria, realizzò nel 1947 i flaconi della linea ‘Le Quattro Stagioni’, esemplari di straordinaria bellezza per la Casa di Profumo Giviemme, in grado di rendere giustizia al profumo sublime che contenevano. Le copie prodotte da Venini furono solo cinquecento e il Museo del Profumo pone in evidenza la linea completa evidenziando ciò che quegli esemplari rappresentano dal punto di vista artistico.

Siamo un team affiatato e appassionato, proveniamo da studi di storia contemporanea e fare ricerca è stato per noi naturale, posso dire che abbia rappresentato una vera e propria urgenza fin dal principio.

Ci interessa la profumeria prodotta dall’inizio dell’Ottocento fino agli anni Settanta del Novecento e, poiché non esisteva alcuna documentazione su quel periodo, abbiamo intervistato persone che avevano operato, o comunque avevano avuto notizie di quel mondo. Da qui è iniziato tutto, dalla ricerca. Il passo successivo è stato altrettanto naturale e ci ha visto realizzare la rivista quale mezzo di condivisione e comunicazione di ciò che via via scoprivamo. Quando è nato il museo, piccolo e prezioso, venne apprezzato da subito. Eravamo gli unici in Italia ad aver studiato la profumeria italiana e straniera! Milano è sempre stata la capitale del profumo, città borghese e ricca, ed è a Milano che nascono le grandi case, ancora oggi tra le più conosciute dagli amanti dell’arte profumiera, come Giviemme, Bertelli nata nella seconda metà dell’Ottocento, Sirio, Colli Fioriti e tante altre.

Quale obiettivo vi siete posti e in quale modo sviluppate la comunicazione e il rapporto con il pubblico?

Ci interessa far conoscere dal punto di vista culturale questo grande talento italiano, l’arte del profumo è arte a tutti gli effetti e in sé racchiude mille conoscenze e motivazioni, è testimonianza dei tempi come qualsiasi altra forma artistica. Purtroppo per lungo tempo è rimasta celata tra le pieghe della storia e sino a qualche decennio fa era considerata un affare prettamente femminile, “roba da donne” e in quanto tale relegata a qualcosa di meno interessante e certamente superfluo.

Quando abbiamo iniziato a fare ricerca, invece, abbiamo scoperto cose incredibili, storie e vicende che raccontavano un’arte affascinante. È davvero possibile testimoniare la storia attraverso il profumo! Chanel N°5, per esempio, con il suo titolo anonimo e freddo, può rivelare un passaggio epocale nelle dinamiche sociali. Prima del N°5 i profumi si chiamavano Notte di Passione, Ore d’amore o titoli simili, nomi attraverso cui la donna si proponeva all’uomo sperando si avverasse ciò che il profumo prometteva. Il N°5 è un nome apatico e distaccato, la donna che lo indossa non seduce più unicamente con il proprio corpo e la propria bellezza, ma attraverso la personalità evidenziata dal profumo. Con Chanel N°5 anche una donna senza avvenenza può divenire affascinante e seducente. Lei vuole essere e quindi è.

been Gabriele D’Annunzio, the person who had assigned each one a name.

Among the artists who have worked for the perfume companies, from René Lalique to Julien Viard, from Leonor Fini to Salvador Dalì, Carlo Scarpa was the only one who has created true works of art at Venini, for Paglieri, Giviemme, Roger & Gallet Perfume Houses during the Thirties. These have been models that have become protagonists of national and foreign exhibitions of the running time and they show off really wonderfully even in our Perfume Museum.

Another case of unrivalled and unique artistic use of glass has been that of Fulvio Bianconi’s. Working for the first time in the glassmaking sector, the author has created the bottles of “Le Quattro Stagioni’’ collection for The Giviemme in 1947. We are talking about extremely beautiful pieces that could render justice to the sublime perfumes they were containing. Venini has produced only five hundred copies of them and The Perfume Museum highlights the line emphasising its importance from the artistic point of view.

We are a team that works well together and is very much into it. All of us have studied contemporary history and for us, doing research work turned out to be very necessary, ever since the beginning. We are interested in discovering and learning more about perfumery produced from the beginning of the Nineteenth century until the Seventies of the Twentieth century and, as there isn’t any evidence about that period we started interviewing people who had worked in that field or at least could provide information about that world. It was research work where everything began. The second step came as natural as the first and we have founded the revue, as means to connect with people to communicate with them and to share with them all that we have been little by little getting to know. The little and precious museum got appreciated right from the first time it opened. We were the only ones in Italy to have studied Italian and foreign perfumery! Milan, a rich, bourgeois city has always been the Capital of Perfumes and it is Milan the place where all of the famous and great houses are. They are houses that every perfumery art enthusiast knows even today. For example we may mention Giviemme Bertelli who started working in this sector during the second half of the Nineteenth century, Sirio, Colli Fioriti and many others.

What is your purpose and what do you do so as to improve and develop communication and connection with the public?

Our purpose is to introduce the public to this great Italian talent from a cultural point of view. It is a story about thousands of skills and reasons and we may consider it an evidence about and proof of the passing ages, the same as we do with any other art. Unfortunately, this art has got hidden in the turns of the historical events and until just some decades ago it had been considered a exclusively womanly “mundus muliebris” affair, in other words “women’s staff” and, for this reason, sent to Coventry as if it had been something not very interesting and surely unnecessary. Things turned out to be different when we started doing research. We have discovered incredible things, facts, incidents, vicissitudes and stories that have told us about a fascinating art. It is really possible to “record” and witness history with the help of perfumes! Let’s take for example Chanel No°5 and its anonymous and cold name. It might reveal an epochal change in terms of social dynamics. Before No°5, the perfumes had names like Notte di Passioni, Ore d’Amore, names that women used to choose and propose in order to approach men. They were hoping that their meaning would turn into reality, that perfumes really would make things happen. As promised. No°5 is an apathetic

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Carla Erba moglie di Visconti

Molte le vicende e i collegamenti storici e non che stanno dietro all’universo dei profumi: un primo racconto per i nostri lettori?

Gabriele D’Annunzio: direi di partire da qui. Possiamo infatti evidenziare alcuni aspetti sinora poco indagati della figura del Vate attraverso vicissitudini, passioni e i profumi da lui indossati, come pure quelli con cui profumava le stanze del Vittoriale e le sue alcove. Piero Chiara, biografo di D’Annunzio, ha raccontato episodi interessanti, approfondimenti di alto valore su colui che è stato non solo un poeta d’eccezione, ma anche un uomo fuori dalla norma. D’Annunzio ha intensamente rappresentato la malia della morte, la follia che attraversa l’essere umano, come pure l’amore nelle sue più diverse sfaccettature. Pochi hanno vissuto vite tanto frenetiche e al limite del possibile: protagonista di avventure straordinarie, di amori appassionati e di grandi successi letterari, amato dal pubblico e odiato dai mariti ai quali seduceva le mogli, con una vita sociale dispendiosissima, sempre alla ricerca di denaro presso gli usurai e i suoi editori (cui prometteva opere che non avrebbe mai scritto), per soddisfare i capricci delle proprie amanti, per mantenere moglie e figli. La vita lussuosa ed esibizionistica che conduceva è sempre stata cadenzata da debiti e sequestri da parte dei creditori e da cambiali che non era in grado di onorare. L’attrice Eleonora Duse, sua amante, una volta lo salvò dall’ennesimo sequestro vendendo i propri gioielli per pagare i creditori.

Piero Chiara racconta che D’Annunzio, per risolvere i propri problemi economici, aveva in un certo momento pensato di creare un’industria profumiera. Non credo che questo fosse veramente nelle intenzioni del poeta. D’Annunzio aveva seri problemi di gestione del denaro: grande artista (lui stesso si definiva Vate), non avrebbe mai avuto la capacità di gestire un’impresa. È altro quello che accadde. Piero Chiara, maestro di penna ma non certo conoscitore della profumeria, afferma che facendosi aiutare da un ‘commesso di farmacia’ D’Annunzio creò una porcheria, che in seguito cercò di vendere alle case di profumo Migone e Bertelli. I nostri studi rivelano una storia ben diversa. Nel 1906 D’Annunzio rimase affascinato dalla contessa Mancini, sposata per volere dei genitori al conte Mancini, più anziano di lei. La donna, religiosa, bigotta e molto rigida alle convenzioni sociali, divenne ben presto poco interessante per il marito che dopo poco tempo dal matrimonio si trasferì in un’altra camera dove incontrava le sue amanti. La contessa Mancini continuava la sua vita pregando e leggendo, finché durante una serata mondana conobbe D’Annunzio. Lui, affascinato dalla personalità della donna, le scrisse una lettera appassionata, e lei, lusingata dall’aver suscitato l’interesse di tanto poeta, ingenuamente la fece leggere al marito. Questi, comprendendo che la presenza in casa di D’Annunzio poteva giocare a suo favore poiché il poeta era anche famoso come uomo dalla grande capacità di intrattenimento, iniziò a invitarlo alle sue serate, affinché le rendesse più intriganti e coinvolgenti.

Iniziò così una corrispondenza epistolare. D’Annunzio voleva quella donna nonostante i tanti dinieghi. La reticenza della contessa dovuta a questioni morali e religiose lo intrigava e seguitava a inviarle lettere, questa volta consegnate personalmente da una cameriera compiacente con l’avvertenza di non farle leggere al marito. Intanto, tra una missiva e l’altra, D’Annunzio conobbe a Milano la contessa Casati, personaggio estroverso e originale, regina dei salotti milanesi,

and detached name, the woman who is wearing it doesn’t seduce only by using her body, body talk and her beauty but also by showing her unique personality that is in this case defined by the perfume. Using No°5 even a less charming and less attractive woman can become fascinating and seducing. She wants to exist and to get noticed and she does exist. She wants to be present and there she is, present. She wants to be and she is.

I see... There are many happenings and historical relationships or other that are at the core of the universe of perfumes… A first story to begin with to tell our readers?What do you suggest?

Gabriele D’Annunzio, I would like to start from him.We can especially point out and tell about some particular facts about and incidents of the Prophet that have been unknown and missed so far. We may examine his life, his vicissitudes, what he was passionate of, the perfumes he used to put on and also the perfumes he would use for scenting the rooms of The Vittoriale and his love nests Pietro Chiara, D’Annunzio’s biographer, told us about some interesting episodes in this exceptional poet’s life, precious deeper studies about this unique person who has also been considered by many an out of the ordinary, original man. D’Annunzio strongly represented the spell of death, the madness that people sometimes are victims of and the countless shades of love that love has. He was all of that. Few people have lived such a delirious life, always on the edge as protagonists of extraordinary adventures, of passionate love affairs or having such a great literary success! He has been adored by the readers and hated by the husbands whose wives he liked to seduce! He was leading an extremely extravagant and expensive social life, always in search of wealth and money that he would ask from loan sharks or publishers - who were often promised to receive works they never received - just to spoil his mistresses and satisfy their whims, and to support wife and sons. His luxurious and exhibitionist way to live his life has always been marked by the rhythm of debts and appropriations imposed by the creditors and the promissory notes he couldn’t honour. Rumour says that Eleonora Duse, his mistress saved him once from the umpteenth appropriation, selling her own jewellery in order to pay his creditors. Pietro Chiara says that willing to pay his debts, at a certain moment, D’Annunzio thought about founding a perfumery company. To my opinion the poet didn’t really mean it. D’Annunzio wasn’t good at managing money and as a great artist as he was and as Prophet as he liked to call himself, he wouldn’t have been able to cope with company management problems. But the story is another one. Piero Chiara, a talented writer but not a good perfumery expert goes on telling that D’Annunzio has actually created a parfume kind of product with the help of a chemist’s shop assistant. This product, according to what he says, turned out to be “trash” which D’Annunzio, then, was trying to sell Bertelli e Migone Perfume Houses. But during our research we have discovered something else instead. In 1906 the poet gets fascinated by Countess Mancini, a lady married to Count Mancini, a much older man according to her parents’ wishes. This sober, severe, formal, religious and churchy woman gets in a short time boring and uninteresting to the eyes of her husband who, for this reason, moves to another room where he begins receiving his mistresses soon after the wedding. Countess Mancini goes on living, praying and reading books. Until a day when she meets D’Annunzio at a social event. Fascinated by the lady’s personality, he writes her a passionate letter. Flattered by having sparked the interest of such a famous poet the countess naively shows this letter to her husband. Given the fact that apart from being a great poet D’Annunzio is also famous for his great entertainer skills. The Count soon realises that the presence of this man in their house could be an advantage and he begins inviting him to the events he organises, in order to have the heart and soul of the party and so to turn the events into more intriguing and more engaging.

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Giuseppe Visconti di Modrone

che si occupava di occultismo. Nelle notti di luna piena usciva di casa completamente nuda, avvolta in un mantello, per incontrare il suo ‘spirito guida’, e per questo in città era conosciuta come ‘Donna vampiro’. La contessa introdusse il poeta nel mondo dell’occulto e il Vate scriverà testi sulla liaison che li univa. Ma nonostante fossero amanti appassionati D’Annunzio continuava a volere in modo quasi ossessivo l’unica donna che non gli si concedeva: la religiosa contessa Mancini.

In quel periodo, in uno dei suoi viaggi a Parigi, al poeta era capitato di annusare nel laboratorio dell’essenziere Coty l’essenza di sandalo, un aroma dal potere irresistibile, sensuale, afrodisiaco che dona a chi lo aspira benessere, non solo al corpo ma anche allo spirito, e agendo sul lobo sinistro del nostro cervello aumenta l’audacia e la creatività. In India l’essenza viene donata agli sposi la prima notte di nozze per aumentare l’eccitazione sessuale. Incuriosito e sedotto dalle teorie della contessa Casati, D’Annunzio decise di creare un ‘elisir d’amore’ che avrebbe dovuto immancabilmente sedurre la Mancini. Si trasferì quindi a Milano, all’Hotel Cavour, e iniziò la ricerca di quell’essenza di non facile reperibilità. Inizialmente si rivolse alle Case di Profumo Migone e Bertelli (non voleva vendere un profumo a quei profumieri, come scrive Piero Chiara, ma era alla ricerca dell’essenza), ma queste possedevano una essenza di Sandalo prodotta chimicamente, ben diversa da quella naturale. Finché finalmente gli venne proposto ciò che cercava. Ora aveva l’ingrediente principale, ma questo non bastava, doveva trovare un laboratorio con fuochi, bilancini, provette, storte, dove produrre il suo profumo con chimici e essenzieri competenti. L’anno prima, nel 1905, D’Annunzio era stato contattato dai fratelli Visconti che avevano intenzione di creare una casa editrice per pubblicare l’opera completa del poeta. In quell’occasione D’Annunzio aveva stretto amicizia con uno di loro, Giuseppe Visconti di Modrone, artista a tutto tondo, pittore, scrittore, architetto, che aveva sposato la nipote di Carlo Erba, proprietaria con la sorella degli stabilimenti Erba.

Il progetto della casa editrice non era andato in porto, ma era continuata l’amicizia con Giuseppe che prontamente mise a disposizione dell’amico uno dei laboratori Erba con personale specializzato. Dietro indicazione del poeta, dopo innumerevoli tentativi per raggiungere la perfezione, finalmente nacque il profumo tanto misterioso che venne subito battezzato ‘Acqua Nunzia’ (non fu quindi un ‘commesso di farmacia’ ad aiutare D’Annunzio nella creazione di Acqua Nunzia, ma Giuseppe Visconti di Modrone).

Il poeta inviò la sua creatura alla contessa Mancini e lei, dopo aver odorato la sublime essenza, cedette. S’incontrarono e il sapiente corteggiamento di D’Annunzio raggiunse il suo fine. La relazione non fu priva di dolore e sofferenza, la donna perse la testa per quell’uomo dal fascino irresistibile; la gelosia la divorava, capitava nel pieno della notte nella residenza del poeta per scoprire se la tradiva, lo condusse addirittura ad Assisi affinché il miscredente si convertisse, tra l’altro senza alcun risultato. La storia terminò con la contessa Mancini che venne rinchiusa per un lungo periodo in una casa di cura.

Ecco l’inizio della storia dell’Acqua Nunzia, la cui produzione procedette solo per piccole quantità custodite in preziosi flaconi in vetro di Murano che il Poeta regalava solo a intimi amici. Quando nel 1921 la Casa di Profumo Lepit di Bologna chiese a D’Annunzio

Despite all her rejections, D’Annunzio does desire the woman. Her silence, the result of morality and religious convictions is intriguing and is pushing him to write to her even more. The letters are taken and delivered personally by a complaisant maid who has been kindly asked not to show them to her husband. During this period, from one epistle to another, the poet meets Countess Casati in Milan, a very extroverted and eccentric character, queen of the Milanese lounge rooms who is mainly interested in dealing with occultism. This woman has very strange habits. Every full moon night, only to meet her guiding spirit, she uses to go out wearing just a cloak under which she is completely naked. For this reason all the people of the town nickname her - Donna Vampiro - that is to say, The Vampiress. The Countess will teach him about the occult world and, he, the Prophet, as his turn, will write about their liaison. In spite of their passionate love life D’Annunzio is still desiring Countess Mancini, the only woman that he hasn’t been able to have at his feet.

During this period, he travels to Paris on a journey. There, the poet has the opportunity to smell Sandalwood essence in the laboratory of an essence expert, Monsieur Coly. It is known that this substance has a strong, irresistible, and a sensual scent and that it is an efficient aphrodisiac. It gives people who smell and feel it a sense of wellness and health not only for the body but also for the soul and mind and its impact on the left lobe of the brain makes its users become more courageous, bolder and more creative. There is a custume in India, people use to give this substance to the just wedded as a gift, for their first night together in order to improve sexual excitement. The theories of Countess Casati arouse D’Annunzio’s curiosity and attract him so he decides to create a “love elixir” that should be strong enough to unfailingly help him seduce Mancini. So, with this in mind, he moves to Hotel Cavour in Milan and starts doing research in order to find out more about this rare and not easily procurable essence. First he asks about it at the Migone è Bertelli Perfume Houses (so we learn that his purpose wasn’t actually to sell them a perfume as Piero Chiara likes to tell but he was in search of this essence) but these houses have only a chemically produced artificial Sandalwood essence which isn’t like the original and natural one. In the end he is provided with the original right one. He finally has the main ingredient! But this is not enough. He needs to find an equipped laboratory where he has at disposal, fire, little scales, twisted test tubes, in order to produce his perfumes with the help of chemists and professional essence experts.. We must mention that one year sooner, in 1905 D’Annunzio meets the Visconti Brothers. They want to found a publishing house where to print and publish the entire work of the poet. D’Annunzio makes friends with Giuseppe Visconti di Modrone, one of the brothers, an artist, painter, writer and architect, all in one, whose wife is Carlo Erba’s granddaughter, the owner - together with her sister - of Erba Works. The story says that the publishing house project doesn’t get fulfilled but the two keep in touch going on being friends to the point that Giuseppe readily puts at his friend’s disposal one of the Erba laboratories, professionals included. At last, the mysterious perfume is born, after countless attempts to reach perfection. The process of its production is taking place under the supervision and according to the indications of the poet. They baptise it. They name it “Acqua Nunzia”. Subito (So it hasn’t been the chemist’s shop assistant to help D’Annunzio but Giuseppe Visconti di Modrone).

D’Annunzio sends Mancini his sublime “new-born” and after smelling it she finally gives. They meet and the skillful and wise savoir-faire expert ends his courting successfully. The relationship is neither painless nor happy. The lady loses her mind for this irresistible and fascinating man and jealousy is eating her. So she takes on the habit of unexpectedly calling on the poet’s residence, just to find out whether he is cheating on

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di mettere in produzione il profumo tanto seducente, egli si rifiutò di cedere la formula. Le ultime notizie su Acqua Nunzia sono del 1926, quando D’Annunzio organizzò una spettacolare manifestazione in cui tennero il palco quattro rudi pastori-cantori sardi. Il successo per un canto tanto irrituale, selvaggio e primitivo fu grande e il Poeta si entusiasmò. Donò loro cinquecento lire ciascuno nonché una sciarpa per proteggere la preziosa ugola e una boccetta di Acqua Nunzia che i pastori, tornati in albergo, stapparono: deliziati dal profumo che il liquido sprigionava, bevvero tutto il contenuto delle ampolle.

Sempre alla ricerca del Profumo perfetto, D’Annunzio collaborerà per molto tempo, secondo la nostra ricostruzione storica, con Giuseppe Visconti di Modrone, destinato a divenire un profumiere di grande successo. D’Annunzio ideò i nomi dei profumi che verranno: Contessa Azzurra, prodotto nel 1911, per contrastare l’invadenza dei profumi francesi, proporre al grande pubblico una fragranza italiana e mettere in evidenza la centralità della donna che conquistava l’uomo; Dimmi di sì, realizzato in occasione della venuta di Mata Hari alla scala di Milano e che fece scoppiare un grande scandalo al quale il profumo protagonista rimase legato; ci fu poi Subdola, racchiuso in un flacone di terracotta, perché il profumo doveva uscire appunto dalla terra e subdolamente invadere lo spazio. Molte le storie e gli intrighi intorno a questo universo che ci ha rapiti e rapisce ogni giorno, per il suo fascino e per la capacità di testimoniare la vita civile nella storia.

Quali progetti per il futuro?

Prima della pandemia organizzavamo corsi per realizzare un proprio personale profumo, questo è ciò che vogliamo riprendere al più presto poiché è un lavoro interessante, strutturato, che prevede una supervisione psicologica, l’analisi dei colori e degli odori preferiti da parte di ogni partecipante, quindi la selezione delle essenze e gli accostamenti del caso. Ne esce un prodotto prezioso perché unico e personalizzato, riflesso di identità e piacere. Il progetto ha goduto di un ottimo successo e ha avuto risonanza nazionale. Abbiamo inoltre organizzato numerose iniziative e presentazioni per far conoscere il museo e le nostre proposte.

C’è poi un’utopia: creare l’Università del Profumo! Essere essenziere non è facile, ci vuole talento, particolari capacità artistiche e una grande memoria olfattiva. Quello che immaginiamo è una università dove imparare a creare profumi, ma al tempo stesso immergersi nella storia per conoscere le antiche Case di Profumo e i capolavori creati da artisti ed essenzieri protagonisti di questo universo incredibile. Sarebbe splendido realizzarla qui a Milano, proprio perché la città meneghina può essere ormai considerata la capitale del profumo. È qui che vorremmo trovare lo spazio più idoneo e offrire al più vasto pubblico questa occasione.

her or not. She even takes him to Assisi in order to convert the unbeliever into a believing person... By the way... Obviously, no successful result. The story ends with Countess Mancini closed in a care-house for a long period. Here you are at the beginning of “Acqua Nunzia” ‘s story.

But this is only the beginning not the end. So they will go on producing it, in small quantities, preserving it in precious Murano glass bottles which The Poet will occasionally give as a present only to his closest friends. In 1921, The Lepit Perfume House asks him to produce the perfume on a larger scale. D’Annunzio refuses to give them the formula. The last thing we know about “Acqua Nunzia” is that in 1926 when D’Annunzio organised an extraordinary event where he invited to sing on the stage four Sardinian rudi-pastori-cantori (rough shephard singers). The success of this unusual, uncommon, savage and primitive singing was great and the Poet got particularly excited and enthusiastic about it. He gave each shepherd five hundred liras, a shawl to keep their uvula warm and an ampoule of “Acqua Nunzia”. When the shepherds got back at the hotel, they could feel the scent the perfume was giving off. So they opened the bottles and drank up all their content.

Still in search of the perfect perfume, D’Annunzio cooperated for a longer time even after, as found out during our studies, with Giuseppe Visconti di Modrone who has been destined to become a great and successful perfumer. D’Annunzio has invented the names for every perfume to come. Contessa Azzurra, which was produced in 1911. In order to go against the French intrusiveness he was proposing the general Italian public an Italian fragrance Dimmi di Si that emphasises the importance of the women who take the first steps themselves in order to seduce a man, a perfume that has been dedicated to Mata Hari on the occasion of her first time at the Scala in Milan, an event that has caused a big scandal and clamour. Then there came Subdola. They bottled it in terracotta because the scent was expected to come from under the land and sneakily invade the air and space. There have been really numerous stories and intrigues about this world that has always been charming and enchanting us and that is still attracting us everyday due to its charm and its way of giving proofs about civilised life and emancipation throughout ages.

Projects for the future?

Before the pandemic we used to organise courses in order to compose a professional perfume expert personnel and this is what we want to do further on the soonest possible. It is an interesting structured work that calls for a psicologica supervision, the analysis of the colours and scents preferred by any student, and so the selection of the essences and their matching according to the circumstances. We get precious products as they are unique and personalised, a reflection of identity and pleasure. This project has been successfully welcomed and has had a loud resonance nationwide. We have also organised numerous activities and advertising in order to introduce the people to the Museum and our proposals. And there’s also a utopy: to someday found a University of Perfumery Science. It is not easy to be an essence expert, it needs talent, particular artistic abilities and a good smelling memory. What we mean and have in mind is a University where you can learn to create perfumes, but also for studying history and about the great and famous antique perfume houses and the masterpieces created by the artists and essence experts, characters of this incredible universe. It would be wonderful to do it here in Milan, especially because this meneghina city may be legitimately called the Capital of Perfumes. It is here that we wish to find the proper location and space and offer the public this unique chance.

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Ringraziamenti di Giuseppe Visconti a Gabriele D’Annunzio del 23 aprile 1912
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Contessa Azzurra
Sery Colombo

SERY

COLOMBO,

L’ARTISTA CHE VIBRA CON LA NATURA CHE DIPINGE

SERY COLOMBO - THE ARTIST, WHO VIBRATES WITH LIFE AND SPROUTS IN TUNE WITH THE NATURE SHE PORTRAYS

UNA VOCE PER TUTTE: IL CRITICO RAFFAELE DE GRADA

Tra acquerello e olio, pittura e scultura, Sery Colombo può essere definita l’artista della natura, immersa in un suo mondo fatto di distese verdi, campi di grano, papaveri, lavande e stoppie. Sery coglie la poesia propria della natura e vi trasporta chiunque si fermi a osservare i suoi lavori. Inizia da giovanissima la sua ricerca spinta dall’urgenza di conoscere ciò che la circonda attraverso il segno: è al carboncino e alla sanguigna che affida i suoi primi passi, tra le strade o in campagna, en plein air, ascoltando il suono del mondo che le scorre intorno.

Il passaggio alla china è fondamentale nella sua ricerca, in quanto le garantisce molto presto riconoscimenti e premi, ma ancora è la materia che ad un certo punto diviene il suo punto di forza. I suoi oli di grandi dimensioni escono dalle tele quasi a raggiungere il fruitore, grazie alla commistione tra olio e sabbia che l’artista stende con l’utilizzo di sole spatole di ogni dimensione. Le sue sculture hanno i colori della terra e il profumo della natura, trasmettono un sapore unico ed originale, sembrano vivere di vita propria e raccontano dell’amore di Sery per l’argilla.

A VOICE FOR

ALL: ART CRITIC RAFFAELE DE GRADA

Sery Colombo is a nature inspired artist. Her works of art stretch from painting and sculpture to oil paints and watercolours. Immersed in her own unique world made up of endless green meadows, immense fields of wheat with high red poppy flowers, lavender and stubble, Sery is that kind of artist, who captures all the soul of nature, revealing us all its poetry and beauty. Her works of art are like portals, transporting us into other worlds on a journey made while staying still and observing. She started her research in the field of art, at a very young age. An art like her found its raison d’être in her need for knowledge, moved by the urge to get to know the world surrounding us and describing it through the sign: she took her first steps, en plein air, between the roads or in the middle of the countryside, drawing on the technique of sanguine and charcoal, listening to the gentle sound of the world flowing around.

The transition to India ink is fundamental in her research, as it guarantees recognition and awards very early, but still it is the “matter”, that at some stage, becomes her greatest strength. Her large-size oil paintings come out from canvases almost reaching those who enjoy her art, thanks to the mixture of oil and sand that the artist spreads with the use of only spatulas of every dimension. Her sculptures reflect the colours of the earth and the scents of nature, conveying a unique and original taste. We are talking about wonderful pieces of art that seem to live a life of their own, narrating at the very same moment, Sery’s real passion for the clay.

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Testo Claudia Notargiacomo Foto Andrea Matera
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Il rapporto di questo artista con il territorio, quello lombardo per la precisione, in cui vive è da sempre prezioso e fertile: si tratta di un vero e proprio scambio in cui da entrambe le parti si manifesta amore e confidenza. È tra le campagne che dividono Milano da Arluno che Sery Colombo si muove, assaporando ogni angolo e ogni sfumatura. Sono le piante e i fiori i suoi primi interlocutori del mattino, al risveglio, non solo quelli che popolano la sua casa, ma anche e soprattutto quelli che incontra ai lati delle strade del suo territorio, e ancora la nebbia che tanto ama e con la quale ha un dialogo privilegiato, uno scambio prezioso che le scalda l’animo.

Gli occhi di Sery Colombo parlano di un universo fatto di delicatezza e gentilezza, ma anche di quella forza impressionante che proviene dal vero, dall’urgenza di conoscenza e riconoscenza per una terra che accoglie e ama ogni suo figlio, sia esso animale, pianta o persona. È un continuo “grazie” che traspare dai suoi sguardi e dalle sue tele, frutto di amore e rispetto. È omaggio la sua ricerca, è gioia e coraggio, di un’artista senza paura e donna rara.

“Sento la natura, mi attraversa e mi accoglie da sempre, e ho preservato questo aspetto nel tempo, con tutte le mie forze. Penso che sia importante essere autentici, io sono natura!” ci ha confermato Sery Colombo, per poi ricordare il suo estimatore più affezionato “Raffaele De Grada mi ha radiografata e compresa, senza che io me ne accorgessi aveva da subito capito me e la mia ricerca. Lui era una persona molto cortese, una persona meravigliosa, capace di arrivare all’essenziale. C’è una critica tra quelle che scrisse per me che ancora oggi mi commuove, nella quale è racchiuso ciò che provavo e cercavo attraverso i miei lavori fin da quando ero ragazza, quando con carboncino e sanguigna, cercavo di conoscere ed entrare nello spirito di ciò che incontravo sul mio tragitto” Sery Colombo

She has always nurtured a precious, valuable and fruitful relationship with her land - Lombardy - a land where she has always lived. Her relationship with that land is a very genuine one, representing a special exchange built on love and trust, from both sides. Sery Colombo’s art runs back and forth between the countryside of Milan and Arluno, a place where she can savour every characteristic corner, experiencing its wonderful hues and amazing colours. In Sery’s home plants and flowers become lifelong companions, the voice of nature is a dear friend she likes to talk to and listen to, at the first light of the day. Even those plants growing out of her house, those that come across her way, in her homeland are good companions. Not to mention the fog she loves so much, with which she has a privileged dialogue, an exchange of ideas that warm her heart up.

Sery Colombo’s eyes speak of a universe made up of sensitivity and kindness, but they even reveal her impressive strength, that arises from the truth, from her feeling the urge, the need, to know and to be grateful to that land. That land that welcomes and loves each of his children, be it an animal, a plant or even a person. A “thank you” that stays forever shining through her gaze and that she cultivates in her canvases, fruit of love and respect. Her research is a tribute, a way to honour it, it is joy and courage. We have to do with a fearless artist, but even with a rare woman.

Sery Colombo: “I have always been able to feel nature. It has been flowing through my veins and it has been embracing me ever since. I have preserved this aspect over the years, as hard as I could, ‘cause I do believe it’s important to be genuine. I am Nature! Raffaele De Grada had x-rayed me and had understood me, without me even realising it, he had completely figured out my way of being, right from the beginning, grasping even my research. De Grada was a very polite man, a wonderful person capable of reaching the essential. There is a critique, among those he had written about me, that it has been moving me and still is even today. A critique which enclosed what I had felt and I had been trying to communicate through my works of art since I was a girl, when with charcoal and sanguine I had been trying to get to know and get into the spirit of what I had been used to encounter on my way.”

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Originale critica di Raffaele De Grada

Il grande critico Raffaele De Grada, estimatore e sostenitore nel tempo di Sery Colombo, si è espresso in molte occasioni sulla ricerca dell’artista e ne ha messo in evidenza la preziosa poetica e la raffinatezza e delicatezza del segno. Estratti da testi originali, battuti a macchina o scritti a mano, riportiamo alcune righe a testimonianza della stima di De Grada per l’artista della natura, come la definì.

(…) Gli acquerelli di Sery mi davano l’impressione che l’autrice, trovandosi in mezzo a un deserto, quello dell’arte contemporanea, si fosse riempita la mano di una manciata di sabbia e l’avesse trasportata oltre per modificare un poco il deserto, secondo quanto disse al ritorno da una visita alle Piramidi d’Egitto il grande scrittore Borges. Certamente, anche lo spostamento di una manciata di sabbia può spostare in qualche modo un deserto.

(…) Questi acquerelli di Sery ci permettono di verificare che “l’informale” delle sue tele non è affatto teorico e tanto meno astratto. Nella tecnica dell’acquerello Sery ha raggiunto una vera perizia tanto da poter essere considerata un’acquarellista sul piano nazionale.

Raffaele De Grada, giugno 1991

Raffaele De Grada, docente, scrittore e critico d’arte, ma anche politico rivoluzionario e partigiano, è stato attivista e militante. Nel 1935 ha iniziato la sua attività di critico e pochi anni dopo, insieme a un gruppo di intellettuali d’opposizione tra i quali Ernesto Treccani, ha dato vita alla rivista Corrente, organo del movimento artistico e culturale omonimo, il cui lavoro proseguì idealmente, dopo il 1940, nella Galleria della Spiga e di Corrente. Figura di rilievo tra le più importanti, del panorama intellettuale di quegli anni De Grada è stato anche uomo di rilievo per valori morali e umanità.

Figlio del pittore Raffaele De Grada, e perciò detto Raffaellino, è stato riferimento prezioso nell’universo artistico e culturale: professore di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano per lunghi anni; membro della commissione artistica della Biennale di Venezia; consigliere del Teatro alla Scala e del Museo Poldi Pezzoli e infine direttore dell’Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como. De Grada ha vissuto la funzione di critico d’arte distinguendosi da altre figure del tempo, ribadendo spesso la sua alterità rispetto ai “critici critici” e sottolineando la propria individualità e unicità sia a livello professionale che politico. In qualità di storico e critico d’arte ha diretto le riviste Il ’45 e Realismo, ma ha anche firmato molti importanti saggi, tra i quali quelli su Boccioni, Boldini e i Macchiaioli, ed è stato autore di un noto manuale per licei. Come politico, dopo l’impegno giovanile d’opposizione al regime, pagato anche con il carcere, è stato deputato del PCI e consigliere comunale a Milano, prima con il PCI e poi con Democrazia Proletaria.

The great art critic Raffaele De Grada - admirer and supporter of Sery Colombo, over years - had stated his position on Colombo’s research, on several occasions, emphasising the elegance, the finesse and the precious poetical subtleties of her sign. We provide some examples, some extracts of his original texts. Be they type-written or hand-written, we quote here some of his lines bearing witness to De Grada’s highest consideration for “the nature inspired artist” - as he described her.

[...] Sery’s watercolours gave me the kind of impression, as if the artist, finding herself in the middle of a desert - that of contemporary art - grabbed a handful of sand, and carried it over, so as to change the desert, just a little. Just like what Borges had written about on his way back home from Egypt’s Pyramids. Of course, even moving a handful of sand could move the desert, somehow.

[...] Sery’s watercolours prove to us that the “informal” of her canvases is not theoretical at all, much less abstract. Through her technique of watercolour, she has reached a true know-how, so that she may be considered a talented water-colorist on a national level.

Raffaele

De Grada, giugno 1991

When we talk about Raffaele De Grada we talk about a famous Italian university professor, writer and art critic, but also a revolutionary politician, a partisan and militant activist. He began his career as a critic in 1935 and within a few years he founded the Corrente revue, working together with a group of opposition intellectuals among which we may mention his future brother-in-law, Ernesto Treccani. Corrente was the power of the artistic and cultural movement of the same name. After 1940 his work developed successfully in the Galleria della Spiga and of Corrente. De Grada, one of the most outstanding famous personalities of the intellectual panorama of this period. He is important and well-known also thanks to his moral convictions and the humanity of his acts.

As son of the painter Raffaele De Grada, and for this reason called Raffaellino (little Raffaele) is a precious reference point of the artistic and cultural world: he was History of Art professor at the Academy of Fine Arts of Brera and of Milan, for several years, then, member of the artistic commission of the Biennale of Venice and counsellor at La Scala Theatre and at Poldi Pezzoli Museums and in the end President of the Aldo Galli Academy of Fine Arts in Como. De Grada experienced the function of art critic and he distinguished himself for his always emphasising his being different from the others when compared to the “scathing critics” and underlining his own being unique and original in terms of both professional competence and as a politician. As an art historian and art critic he supervised Il ‘45 and Realismo revues. He is also the author of several important essays among which we may mention those about Bocconi, Boldi and The Macchiaioli movement. He has also written a famous high school textbook. As a politician, after his youth activity in the opposition to the regime, ending by being imprisoned, he became a member of parliament, representing ICP (Italian Comunist Party) and City Hall Councilor in Milan, first in the ICP and in Proletarian Democracy after.

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L’AMORE PER LA LOMBARDIA: PROFUMI E SAPORI DIVENGONO MATERIA

Sono i luoghi che Sery Colombo ha visitato nella vita che popolano le sue tele, sono i dettagli, le prospettive più inedite che divengono materia capace di avvolgere e coinvolgere, smuovendo l’intimo di chi osservi, anche per pochi istanti, un suo quadro.

A volte a regalare pace, altre a movimentare sensazioni profonde o riposte nel fondo del proprio animo.

È quella capacità di arrivare all’altro che rende la produzione dell’artista tanto coinvolgente e stimolante. Non vi è finzione, né mistificazione, ogni soggetto scelto è prima vissuto, sentito, amato. Poi restituito attraverso gli splendidi oli e acquerelli che hanno rapito un pubblico sempre vario per età, cultura e radici. Molte le mostre in cui Sery Colombo ha esposto per anni le sue tele e i suoi fogli di carta, capaci di trasmettere magiche atmosfere, regalando sempre nuove prospettive e visioni.

Stoppie, campi di grano e suggestive distese osservate durante gli inverni lombardi, sono i soggetti che da sempre Sery Colombo predilige; è questo amore per il suo territorio che si fa tela, ma che si fa anche scultura, argilla e materia tutta. “L’amore grande che sento per la Lombardia comprende pregi e difetti che rendono il territorio così speciale. Ovunque io vada, anche quando mi trovo in luoghi di rara bellezza, non posso non rivolgere il mio pensiero ai campi invernali, coperti di brina, che circondano la mia casa”.

È questa autenticità di prospettiva che rende la produzione dell’artista unica, quel talento nel rappresentare, attraverso l’attenzione ai dettagli, uno sguardo sempre originale.

LOVE FOR HER HOMELAND - LOMBARDY - SCENTS AND FLAVOURS BECOME MATTER

It is the places Sery Colombo has visited that come to life and invade her canvases, it is the details, the most unexpected perspective, that become “matter” capable of tangling and involving, as well as stirring the soul, and the intimacy of those who observe her paintings - even if just for a few moments. Sometimes to give inner peace, sometimes to enliven deep feelings, even those tucked away in the depths of one’s own soul. It is that ability to reach out the other, that makes the artist’s production so engaging and stimulating. There is no pretence, no mystification - each subject chosen is first experienced, felt and loved, then returned through the splendid oils and watercolours that have enraptured and deeply moved a more and more diverse audience, in terms of age, culture and roots. Several exhibitions, in which Sery Colombo has displayed for years her canvases and her sheets of paper capable of transmitting magical atmosphere, always giving new perspectives and visions.

Stubble, fields of wheat and picturesque and impressive green fields observed during the Lombard winters, are that Sery Colombo has always favoured. It is this love for her land that becomes canvas, sculpture or even clay. It becomes all matter. “The passionate and great love I feel for Lombardy grasps flaws and virtues, that makes my land so special, whenever I go, even when I find myself in places of rare beauty, I cannot help but turn my thoughts to those winter fields, covered with frost surrounding my home.” It is this authenticity in terms of perspective that makes the artist’s production unique, her talent for depicting, her paying the utmost attention to the detail, a look that is always original.

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Rassegna Nazionale “Acquarello A. Durini Accademia Nova Milanese 1993 - Premio Medaglia d’Oro” Sery Colombo con il critico d’arte Raffaele De Grada
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Torre del Saracino è il suo ristorante, stellato e dai moltissimi riconoscimenti, unico per atmosfere e posizione

His Michelin-starred and broadly recognized restaurant - Torre del Saracino - is the ultimate venue for eating, the perfect ambience and location.

Ènato a Vico Equense e in questo antico borgo dagli scenari mozzafiato, che apre la penisola sorrentina, è tornato ormai da oltre trent’anni per portarvi i suoi piatti stellati. Gennaro Esposito è lo chef e proprietario del ristorante Torre del Saracino, vero tempio gastronomico e luogo di pellegrinaggio per ogni estimatore dell’alta cucina. “Vico è la terra che mi ha permesso di diventare ciò che sono, che mi ha dato la forza e la motivazione di non mollare mai, costringendomi a tenere i piedi ben saldati a terra, ma stando sempre proteso verso il mare!”. Così si legge nelle pagine del suo sito. E questo amore, questa riconoscenza verso le proprie origini traspaiono in tutti i profumi e i sapori inediti che regala agli ospiti di Torre del Saracino.

We are in the hills of Sorrento Peninsula, Vico Equense, an exceptional old Mediaeval borough, with its breathtaking scenery and stunning views, but also place of birth of Chef Gennaro Esposito, one of the most important chefs in Italy and who finally returned home to serve his guests his haute cuisine and starred dishes, after having been away for over thirty years.

Gennaro Esposito, chef and owner of the distinguished restaurant “Torre del Saracino” - a true gourmet temple and pilgrimage site for the most demanding gourmands and every connoisseur of haute cuisine. “I am who I am thanks to that land - Vico. That land gave me the strength and motivation for my life, the reason to never give up. A land that made me plant my feet firmly on the ground, but always with an eye toward the sea!” - This is what is written on his website pages. All his love and his gratefulness to his own origins shine through all the unusual and tantalising scents, flavours and aromas offered to his guests at Torre del Saracino.

CHEF GENNARO ESPOSITO
Testo Barbara Ainis

Il rispetto e la sensibilità per i prodotti naturali che connotano la cucina di Gennaro Esposito trovano fondamento nelle tradizioni familiari. I sapori dell’infanzia, le ricette della mamma, i terreni a mezzadria del nonno hanno segnato in profondità il suo cammino e il suo destino. Da Vico, il giovane Esposito è partito finita la scuola alberghiera per aprirsi al mondo e imparare dai grandi artisti dei fornelli: da Gianfranco Vissani ad Alain Ducasse, grazie al quale si è trasferito in Francia. Così a Parigi e poi a Montecarlo è maturata la consapevolezza del suo talento, tra le cucine del Plaza Athénée e del Le Louis XV, al fianco di Franck Cerutti, al quale deve l’attenzione assoluta ai dettagli e l’impeccabile organizzazione del lavoro.

Forte delle esperienze internazionali, Gennaro Esposito nel 1991 è ritornato a casa e proprio nella sua Vico Equense, in particolare nella frazione di Seiano, ha aperto un ristorante unico, ancora oggi punto di riferimento e vanto dell’italianità a tavola. Non c’è voluto molto tempo perché l’elegante Torre del Saracino, ospitato, come suggerisce il nome, in una fortificazione antica di 1300 anni che domina il mare, conquistasse il favore della critica oltre quello degli ospiti: nel 2001 ottiene la prima stella Michelin; nel 2003 le Tre Forchette del Gambero Rosso; nel 2008 la seconda stella Michelin che tutt’ora detiene. E poi molti altri grandi riconoscimenti tra i quali il titolo di “Migliore Chef italiano dell’anno” per Identità Golose nel 2011 e nel 2020 quello di “Chef Mentor” dalla guida Michelin.

La cucina di Gennaro Esposito è fatta di armoniosi contrasti. Stagionalità e territorio si sposano con la fantasia e la ricerca dello chef. Sapori sapidi e freschi come il mare incontrano il carattere forte della terra. La manualità e le tradizioni materne sono declinate alla più raffinata abilità tecnica. Il risultato è un’esaltante esperienza di gusto, una cucina se vogliamo schietta e semplice ma sempre sorprendente grazie alla cura e all’attenzione che sanno trasformare gli ingredienti in piatti unici e indimenticabili. Come la battuta di scamone podolico con crema di pistacchi, caprino e tartufo bianco: materia prima di assoluta qualità esaltata dalla tecnica manuale, dall’equilibrio del condimento, dai contrasti sapienti e dal gioco delle consistenze e dei sapori.

www.torredelsaracino.it www.gennaroespositochef.com

Respect and a strong sense of natural products. These two elements, indeed, that deeply define Gennaro Esposito’s haute cuisine. Elements that are very rooted in his family cultural traditions. His nostalgia of childhood flavours, his mother’s recipes, his grandfather’s sharecropping lands are all ingredients that have deeply marked his path and destiny. His journey begins at Vico, from which young Esposito left, after taking his diploma at the local hotel school, to open himself up to the world, having the will to learn from the great artists of the stove: from Gianfranco Vissani, passing to Chef Alain Ducasse, thanks to whom he moved to France. Thus, first in Paris and then in Montecarlo, among the Plaza Athénée and Louis XV kitchens, he consolidated the awareness of his own talent. Working by the side of Franck Cerrutti he could learn a lot and he inherited from him, his absolute attention to and eye for details, as well as his impeccable work organisation.

Strong from his international experiences, Gennaro Esposito returned back home in 1991, right here in his hometown Vico Equense - in the district of Seiano, where he opened his distinguished and unique restaurant, landmark and source of pride for the Italian cuisine, still today. It didn’t take long for the fine and elegant restaurant - Torre del Saracino - to gain the favour of the guests. A thousand and three hundred years old restaurant housed in an ancient fortress, as its name suggests, overlooking the sea. Torre del Saracino has received many awards and recognitions: In 2001 won the first Michelin star; three years later, in 2003 was awarded with the Gambero Rosso Three Forks and in 2008 it succeeded in getting the second Michelin star, a position it still holds even today. And then, several more awards including the title as “Migliore Chef Italiano dell’anno” from Identità Golose in 2011 and the last one in 2020 as “Chef Mentor” according to Michelin Guide.

Gennaro Esposito’s cuisine is made up of harmonious contrasts, where the seasonality and territory goes hand by hand with the careful research and imagination of this brilliant chef. Its flavours are sapid and fresh like the sea, and meet the strong character of the land. Combining refined technical skills with manual dexterity and maternal traditions Chef Gennaro Esposito creates his haute cuisine. The result is an exhilarating taste experience, a cuisine that is, if you will, genuine and simple but always always surprising, thanks to the care and attention that actually turn ingredients into unique and unforgettable dishes. Let’s start from the delicious battuta di scamone podolico with pistachio cream, goat cheese and white truffle. They are an absolute quality precious main ingredient enhanced by his manual technique, his balance of the seasoning, in skilful contrasts and in a combination of different consistencies and flavours.

Opera di Claudia Notargiacomo

THE COUNTDOWN IS ON! “L’ARTE CHE CURA” SEPTEMBER IN MILAN

PROGETTO RIVOLTO AL BENESSERE E ALLA CURA DI SÉ ATTRAVERSO ARTE E PSICOLOGIA

“L’ARTE CHE CURA” è un progetto di formazione, arteterapia e valorizzazione del territorio, ideato da Marco Bernardi, psicologo e psicoterapeuta esperto di età evolutiva, in collaborazione con MiartGallery. Da due anni a questa parte assistiamo alle inevitabili conseguenze della pandemia sulle persone e sulle comunità. In risposta proprio all’attuale delicata situazione nasce questa iniziativa che si pone l’obiettivo del prendersi cura del benessere psicologico di giovani, giovanissimi e delle loro famiglie, ma anche di adulti e anziani le cui vite sono state messe a dura prova e lo saranno ancora nel prossimo futuro. Arte e psicologia sono gli strumenti scelti per supportare e aiutare chi ne ha bisogno, in un percorso che vede al centro la persona e il suo equilibrio. Ma allo stesso tempo “L’arte che cura” intende formare riferimenti adatti a portare avanti simili iniziative in autonomia, valorizzare il territorio da un punto di vista artistico e realizzare incontri e attività per una sempre maggiore fruibilità dell’arte. Un progetto ambizioso indubbiamente quello che stiamo presentando, che partirà nel mese di settembre a Milano, per raggiungere nell’arco di un anno diverse località in tutta Italia. Ce ne parla lo psicologo Marco Bernardi.

L’arte che cura. Progetto di formazione, arteterapia e valorizzazione del territorio. di Marco

“Creatività è permettersi di fare degli sbagli. Arte è sapere quali sono da tenere.” (Henry

Immaginate la vostra opera d’arte preferita. Che si tratti di pittura, scultura, musica, danza, teatro poco importa. Immaginate di essere lì, guardatela, ascoltatela, vivetela. Forse vi starete immaginando soli, quasi in contemplazione, come in pausa dal mondo e dalla quotidianità. Non so quanto tempo potremmo stare così, ma sono certo che prima o poi i pensieri, per così dire, terreni torneranno ad affollare la nostra mente e ci sembrerà che l’idillio svanisca, che il benessere tanto desiderato altro non sia che qualcosa di raggiungibile solo a certe condizioni, quasi ascetiche e quindi difficilmente quotidiane. Il benessere: tutti lo cerchiamo ma tutti, in fondo, sappiamo che è tanto difficile da raggiungere da finire per considerarlo una bella utopia.

In questi tempi così complicati tentiamo in tanti modi di ridurre il benessere ad assenza: di malattie, di problemi, di preoccupazioni,

A JOURNEY BENT ON THE WELL-BEING OF THE BODY AND MIND, AS WELL AS ON SELF-CARE THROUGH ART AND PSYCHOLOGY.

In partnership with MiartGallery, the psychologist and therapist Marco Bernardi conceived “L’ARTE CHE CURA” - an educational project which deals with art-therapy and pays close attention to the enhancement of the territory. Well, we all have witnessed the unavoidable impacts of the pandemic on the community and other people’s lives, for the last two years. It is with this in mind that this inventive initiative to give a response to this tricky situation came to light. An initiative that not only aims at taking care of the psychological wellness of the young and very young people and their families, but also of those grown-ups and elderly people whose lives have seriously come under strain and that will have in the immediate future. Art and psychology are the established methods by means of which those in need are supported and assisted. The key of this project is to put people and their balance at the centre, yet at the same, “L’ARTE CHE CURA” wishes to set a suitable benchmark, so as to carry out independently similar initiatives, enhancing the territory from an artistic point of view and holding meetings and activities for an everincreasing dissemination and accessibility of art. We are introducing you to a very ambitious project, indeed, which starts from the month of September, reaching within a year, different locations of the Italian territory. Our expert in psychology, Marco Bernardi, explains it in this article.

“L’ARTE CHE CURA” - an educational project which deals with art-therapy and pays close attention to the enhancement of the territory.

Creativity is allowing yourself to make mistakes. Art is knowing which ones to keep.

Close your eyes and picture your favourite work of art. Be it a work of painting, sculpture, music, dance or even theatre - never mindfor a moment, imagine being there, look at it, hear it, experience it, imagine what it felt like to live it. You might likewise imagine yourself being there alone, almost in contemplation, as if you took a break from the world and everyday life. Look, I don’t know how long we could feel so or stay like this, but I am confident that everything earthly will be back, sooner or later, cluttering up our minds and we will seem as if the idyll had faded away. You will find the wellness you have longed for is nothing more than something achievable only

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“L’ARTE CHE CURA” PRENDE VITA DA SETTEMBRE A MILANO

di complicazioni, di imprevisti. Inseguendo il benessere finiamo per inseguire l’assenza e questo non ci porta grandi vantaggi, né sul piano personale né su quello sociale. Rischiamo di finire per credere che la strada per stare bene sia quella che porta a togliere tutto ciò che ci ostacola, tutto ciò che ci appare negativo, tutto ciò che ci fa soffrire, tutto ciò che va al di là delle nostre previsioni, tutto ciò che abbiamo sbagliato, tutto ciò che è doloroso e ci fa soffrire. Insomma, una bella fetta della realtà, non credete? Ma è davvero questo il benessere?

Torniamo un attimo alla nostra opera d’arte preferita e chiediamoci: davvero quello che ce la fa amare è la sua capacità di portarci lontano dalla nostra vita? O forse è proprio la sua capacità di parlare della e alla nostra vita - tutta la vita - che la rende tanto speciale per noi?

Potremmo essere portati, così, a pensare che benessere sia uguale ad assenza di malessere e che bellezza sia uguale ad assenza di bruttezza. Oppure potremmo fare onore al nostro essere umani e non ridurre tutto a due soli concetti in antitesi tra loro. Le macchine digitali lavorano per dicotomia (1/0, acceso/spento), noi umani viviamo di sfumature, di integrazioni, di complessità. Potremmo cominciare a pensare al benessere come si fa con l’arte: la bellezza dell’arte non è incellofanare il mondo per mostrare quello che non è, ma mostrare quello che è in tutta la sua complessità, toccando nel profondo chi la guarda, ascolta o vive, creando quella sensazione di appagamento e insieme di inquietudine, di calma e insieme di tensione, di risposta e insieme di domanda. Il benessere non è cercare di impacchettare l’uomo e la donna perché siano al riparo dalle intemperie della vita, ma far sì che l’uomo e la donna possano navigare in qualsiasi mare e in qualsiasi condizione. Benessere è includere, non escludere; è costruire, non eliminare; è integrare, non separare.

Da tutto questo nasce la nostra idea di poter fare dell’arte uno strumento di benessere psicologico ed educativo, e perché no anche medico e sociale. Numerosi sono gli studi scientifici che mostrano come arte e cultura abbiano una forte efficacia terapeutica: che sia fruizione o creazione, osservazione o partecipazione attiva, l’arte è in grado di influire positivamente sullo stress, sull’ansia, sulla depressione ma anche su molte patologie organiche specifiche. Del resto, molte delle condizioni di malessere psicologico hanno alla base una mancanza di integrazione, un tentativo inconscio di curare la propria sofferenza attraverso la dissociazione e il conseguente allontanamento delle parti negative, sbagliate o sofferenti. L’arte non si limita ad essere intrattenimento, ma diventa possibilità di cura e di educazione, diventa strumento di riflessione, di condivisione, di incontro e di co-creazione di nuovi modi di stare con gli altri e con se stessi.

on certain conditions, almost ascetic, which means barely visible in everyday life. Wellness - something we’re all pursuing, but deep down, we are perfectly aware it is so hard to achieve that it comes to be regarded as a “fine utopia”. In these hard times, we attempt in so many ways to reduce wellness to absence, that is to say, absence of disease, issues, worry, complications and unforeseen events. Pursuing wellness we end up chasing after absence, which can’t be considered as a great advantage for us, neither on the personal domain nor on the social one. And, we may come to believe that the right path to feel well is that, that allows us to overcome any barrier or obstacle, to remove all that gets in our way, all that sounds negative, all that goes behind all our expectations, even all that we did wrong, all that is painful and makes us suffer. Well, it’s about a nice slice of reality, isn’t it? But is this really “wellness”?

Let us return for a moment to our favourite work of art and ask ourselves: Is it actually its power to take us out of our life which makes us love it? Or is it that faculty of telling about and to our life - the whole life - which makes it so special to our eyes?

We could be persuaded, then, to believe that wellness is equal to the lack of malaise and that beauty is equal to the lack of ugliness; or we could even magnify our human “being”, without making everything boil down to two concepts at odds with each other. Digital machines work on a dichotomy (I/O, ON/OFF), whereas we - as human beings - live on nuances, integration and intricacies. We could start thinking of “wellness” as we do with “art”: beauty of art doesn’t mean to shrink-wrap the world to show what it is not; Rather, it means to show what the world actually is - in its full complexity - pulling at those heartstrings, those who look at it, hear it or even experience it, generating that feeling of fulfilment and restlessness, of peace along with tension, or even of question and response together. Wellness doesn’t mean to wrap up women and men as to protect them, providing a shelter for the weather, but ensuring that they could safely navigate in any sea and with any weather. Wellness means inclusion, it’s about constructing something; it isn’t related to exclusion or even removal; it deals with integration not with separation.

Everything stems from an idea, ours, to make of art a means of psychological and educational well-being, and - why not even a medical e social one: be it about fruition or creation, observation or active participation, art could positively affect the stress, anxiety, depression but even on many specific organic pathologies. Besides, most states of psychological malaise and uneasiness, at their core, have a lack of integration, an unconscious attempt to heal their own suffering through dissociation and the consequent removal of the negative, wrong and afflicted parts.

Art is more than entertainment and becomes a chance of therapy and education, a means of reflection, of sharing, of encounter and co-creation. It opens up new ways of being with others and with ourselves.

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Il progetto “L’arte che cura” si inserisce in questa cornice e mira a promuovere il benessere individuale e sociale attraverso l’integrazione di arte, psicologia ed educazione. L’arte è intesa è sì come pratiche artistiche (pittura, scultura, danza, musica e teatro) e partecipazione culturale (mostre, esposizioni, visite ed eventi) ma anche come dispositivo pedagogico: attraverso l’opera risultante dall’atto creativo o attraverso la fruizione attiva, permette di appropriarsi di una prospettiva significativa dell’esperienza comunitaria e cioè la partecipazione al processo di co-costruzione. L’opera d’arte raffigura un mondo possibile, una realtà simbolica che va all’essenza e che ha significato all’interno di un percorso di condivisione tra individui. Educare al possibile, alla creatività, all’immaginazione, al senso di comunità: ecco la pedagogia dell’arte.

Attraverso percorsi di formazione educativa per genitori ed educatori sulle problematiche di giovani e giovanissimi, percorsi di arteterapia per genitori e figli, ragazzi adolescenti, bambini e ragazzi con disabilità e i loro fratelli e sorelle, organizzazione di mostre ed eventi site-specific, formazione e supervisione dei volontari del territorio perché diventino a loro volta capaci di gestire gruppi, vogliamo integrare in modo armonico arte, psicologia ed educazione per permettere a ognuno e alla comunità di prendersi cura del benessere dei singoli e dei gruppi. E di costruire spazi e luoghi di incontro e di cultura.

The project “L’ARTE CHE CURA” falls within this framework and seeks to promote individual and social wellness by integrating art, psychology and education. It’s true that, art is here read as artistic practices (painting, sculpture, dance, music and theatre) and cultural participation (exhibitions, expositions, guided tours as well as events), but it’s also true that it is meant as pedagogical device: through the work as result of the creative work and active fruition, art allows us to find a significant and meaningful perspective as regards the community experience, that is to say, a participation in the process of building. The work of art features a possible world, a symbolic reality that goes straight to the essence and that makes sense within a journey of sharing among individuals. Educating people in matters of the possibility, creativity, imagination, and sense of community: That’s what pedagogy of art really means.

Via educational training on problems of the young and the very young for parents and educators, art-therapy courses for parents and their children, teenagers, kids and adolescents with disabilities and their brothers and sisters, the organisation of exhibitions and site-specific events, training and supervision of local and community volunteers - so that they become in their turn capable of handling groupswe wish to integrate, harmoniously and coherently, psychology and education so as to enable everyone and the community to take care of the well-being of individuals and groups. Building spaces and places of encounter and culture.

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Editoriale per Arcosanti

THEO SOYEZ

ATTRAVERSO CONTESTI URBANI, CON IL GIOVANE FOTOGRAFO

ITALO-FRANCESE, PER RACCONTARE UN MONDO SEDUTTIVO, FATTO DI PERSONE E RITUALI EDONISTICI

Quella con Theo Soyez è un’intervista sui generis. Ci confrontiamo durante la torrida estate milanese in più occasioni. Il primo incontro è telefonico, Theo sta attraversando la città per recarsi a ritirare alcune pellicole negli spazi dello storico laboratorio fotografico Parolini. Mi è subito chiaro che l’intervista non si limiterà a un racconto di fatti ed esperienze: Theo riesce dal primo istante a trascinarmi in un mondo fatto di suggestioni ed emozioni, quelle che egli stesso vive ogni volta che scatta. È un artista completo e complesso capace di profonda empatia. L’universo in cui ci conduce è vivo e intrigante, fatto di verità, umanità e colori, ma ancora di sfumature, contrasti e umori. Fotografo della metropoli capace di fermare con il suo obiettivo decadenza urbana e alienazione.

A VOYAGE THROUGH THE SHAPES AND COLOURS OF METROPOLIS AND ITS HEDONISTIC RITUALS WITH THE YOUNG ITALIANFRENCH PHOTOGRAPHER REVEALING US ALL ABOUT A WORLD OF SEDUCTIVE PEOPLE

Theo Soyez ranges far and wide in an exclusive interview sui generis with Mondo Arte. In the scorching Milanese summer I discuss with him on several occasions - the first contact is by phone. Theo is walking across the city, with the intention to take some films kept inside the Parolini photographic lab, his destination. It quickly occured to me that the interview will not be about only listening to a story, talking about facts, vicissitudes, incidents and events. Theo manages dragging me into a world made of suggestions, inspiration and feelings, right from the beginning. They are those he is feeling every time he takes a picture. He is an extraordinary and well off artist, very much into it. In fact, he is able to feel and show a deep empathy. The universe he is introducing us is lively and intriguing, made of truth, reality, humanity and colours and then shades, colours and of moods. As the city’s photographer he is good at catching urban decay and alienation just in a shutterclick of his camera.

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THEO SOYEZ
Testo Claudia Notargiacomo Autoritratto dell’artista Portrait dei mnnqns

Theo, lei nasce a Parigi e vive tra Italia e Francia, incontra culture e mondi diversi. Dove e quando inizia la sua ricerca?

La fotografia fa parte del mio ambiente familiare fin da quando ero piccolo. A Parigi mio padre scattava per riviste di architettura e design, lavorava insieme a fotografi come Franco Fontana o Luigi Ghirri e si dilettava in esperimenti personali in cui mia madre spesso posava. Sono cresciuto a Roma fra le sue stampe, i suoi libri e la sua attrezzatura. Il mio percorso è iniziato più tardi a Milano dove mi sono trasferito per studiare ingegneria al Politecnico. Mi sono laureato in corrispondenza dell’inizio del primo lockdown, all’epoca vivevo in un ex complesso industriale che contava più di 1200 abitanti, una ex fabbrica in cui coesistevano abitazioni, studi e laboratori artistici. Ci siamo ritrovati isolati come tutti, ma in un condominio “alternativo” molto popolato. Tutto quel tempo libero e tutto quello spazio erano diventati motivo di feste e pomeriggi acidi. È durante questo periodo che ho iniziato a scattare i miei primi esperimenti fotografici e a maturare il mio interesse e la mia vocazione.

Qual è l’urgenza che muove la sua ricerca? Il racconto, la testimonianza o cosa? In quale modo “la città” partecipa a nutrire, stimolare e cullare le sue visioni?

Scattare fotografie è sia la mia forma di espressione estetica, sia il modo in cui mi immergo nel mondo. La città rappresenta il mio luogo principale di immersione, dove mi ispiro e dove mi esprimo. Non ho un’urgenza particolare, quando scatto non ho necessariamente l’obiettivo di rappresentare fedelmente le persone che incontro nei contesti urbani. Quello che mi interessa è generare un fascino attorno a una figura e congelarlo. Non è necessario che sia realmente il suo, può anche essere una finzione, l’importante è che funzioni.

Mi racconti della musica: cosa accade quando la ricerca fotografica incontra la musica?

La musica è una forma d’arte a cui sono molto devoto. Quello musicale è un mondo fatto di personalità suggestive, con le quali è molto interessante lavorare. Mi piace fotografare i musicisti perché spesso hanno quello che serve per fare dei bei ritratti: personalità forti, disposte a sentirsi a proprio agio anche nelle più teatrali delle situazioni. Quando con una band o un musicista si crea un rapporto di stima reciproca, iniziamo a lavorare insieme ai loro progetti. Concepiamo le cover dei singoli, degli album, i booklet e i press kit, ma non finisce qui, mi piace anche seguirli nelle loro avventure, andare in studio di registrazione, in sala prove, ai concerti e ai festival. Quando il mio percorso incontra quello di un musicista o di una band si crea un cantiere creativo, fucina di idee e immagini che hanno il potere di raccontare la musica, il musicista o la band.

Theo, you were born in Paris, you live in France and Italy. An artist who encounters different worlds and cultures. Where and When has your research begun?

I have been fond of photography since a young age - taking photos is part of my family milieu. When we were in Paris, my father used to shoot stills for architecture and design magazines. He worked handin-hand with photographers like Franco Fontana and Luigi Ghirri; he enjoyed his work dabbling in personal experimentation, during which he used to take pictures of my mother posing as his model. Well, actually, I had grown up in Rome with my father’s stuff all everywhere around the house - looking at his prints, reading his books, and using his equipment; yet my career started later, in Milan. I moved there to study engineering at the Polytechnic. I graduated during the first lockdown. In that period, I was living in a former industrial complex inhabited by more than 1200 people; the whole thing was a former factory where there were co-existing flats, offices, and laboratories. Thus, we found ourselves isolated, living alone, exactly as many others, but our place was different, a kind of “alternative” one and a bit crowded. So, we had a different lockdown experience, and all that free time and large spaces became an excuse and even a reason to revel, throwing parties as well as “hallucinatory” afternoons . It was then that I began to find my vocation - my first attempts at taking my first pictures, and enhancing my interest in photography art.

What is concealed behind the urgency of your research? What moves it, what’s the object? Storytelling, witnessing or what else? To what extent is “the city” taking part in nourishing you, stimulating you and cradling your visions?

Taking pictures is a means to communicate my esthetic expression and my way to “plunge”into the world. The city is the main immersion place. There I can get inspiration and there l can express myself. I don’t have a particular priority. When I shoot I don’t necessarily do it with the purpose to perfectly illustrate and record the people that I meet in the urban backgrounds. I am more interested in causing fascination around a figure and “freezing” it. So that the charm can be preserved and it may last longer. Then charm doesn’t necessarily have to be really of that figure. It may very well be fiction. It is only important that it works.

Tell me about music: what happens when photographic research and music come together?

I myself am very devoted to music as an art. The music world is full of inspiring, suggestive personalities with whom it is very exciting and interesting to work. I like taking pictures of musicians because they are endowed with all that is necessary to shoot portraits. They have all the right things in the right places. They are strong personalities, ready to feel at ease even in the most theatrical of situations. When there is mutual respect between me and a band or a musician we begin to work together and take part in fulfilling their project. We conceive the cover of their singles, of the albums, the booklets and the press kits. But all is about more than this. I like to ‘’follow” them on their adventures, to go to the recording studios, in the rehearsal studio, to the concerts and events. Whenever my way crosses that of a musician’s or that of a band’s, a creative company gets set up, a hotbed of ideas and images that have the power to tell about music, about the musician or about the band

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Ecco poi l’esperienza nel mondo della moda: quali sono stati i momenti più significativi, quelli che più l’hanno coinvolta, ma anche meravigliata. Alcuni nomi con cui ha lavorato?

Sicuramente una collaborazione molto importante, che ha rappresentato per me un momento di meraviglia, è stata quella per la campagna di Paciotti FW 21/22, realizzata in una produzione di Villa Eugenie, insieme a Etienne Russo, Vincenzo Viscione e Thibault Della Gaspera. Mi sono trovato proiettato in un mondo surreale e decadente, a scattare delle foto per raccontare l’incubo/ bad trip di un’affascinante donna elettrica e sensuale, interpretata da Kennah Lau, all’interno di una casa infestata. Un altro momento particolarmente significativo è certamente rappresentato dalla mia prima pubblicazione, l’editoriale per Arcosanti uscito su Vogue Italia, realizzato con Ramona Tabita, Giulio Martinelli e Valeria Semushina. Sono molto affezionato a questo progetto in quanto rappresenta il mio esordio come fotografo.

Immagini e scatti che spesso parlano di sensualità e seduzione. Quanto sono importanti questi elementi nel suo lavoro e come riesce a giocarci all’interno delle sue produzioni?

Le mie fotografie non hanno come argomento la sensualità o la seduzione, questi sono piuttosto elementi con cui spesso valorizzo e rendo affascinanti i personaggi che fotografo. Penso sia una conseguenza del fatto che vivendo il mondo notturno delle città incontro spesso personaggi e contesti seduttivi. Quando ritraggo una persona non cerco di fermare il suo lato sensuale, ma il suo fascino; a volte capita che la sensualità emerga in quanto canale di fascino.

Ha scelto l’analogico per i suoi scatti: perché?

Non potendo vedere le immagini mentre scatto e non potendone scattare molte, sono obbligato ad avere un approccio d’autore: nulla è casuale, devo pensare bene ogni immagine prima di fotografarla. Un altro motivo è puramente estetico: per ottenere certe immagini è necessario usare certi strumenti. Un po’ come un chitarrista sceglie la propria chitarra in base al suono che emette o a chi l’ha usata, io scelgo la mia macchina fotografica in base al tipo di foto che fa e in base ai fotografi che la usavano.

Oggi la sua produzione su quali binari si muove? Verso dove si sta dirigendo? Progetti futuri?

Oggi ho uno studio a Milano e uno studio a Parigi, in queste città proseguo le mie sperimentazioni fotografiche e lavoro con Studio Olympia, la mia agenzia creativa e di produzione. Parallelamente sto finendo di scattare le ultime immagini di una mia esposizione e sto ipotizzando e valutando la collaborazione con alcune gallerie per esporla in Europa nel 2023.

Then we have your experience in the fashion industry: Which have been the most significant moments, the ones to mostly engage and also amaze you? Some famous names to mention that you have worked with?

A definitely very important cooperation has been on the occasion of the Paciotti Campaign FW 21/22. It represents for me a moment of amazement. It happened during a production at Villa Eugenia, together with Etienne Russo, Vincenzo Viscione and Thibault Della Gaspera. I got launched into a surreal decadent world, to take pictures to tell about the nightmare/bad trip of a charming and sensual electric woman acting Kennah Lau, inside an infested house. Another particularly significant moment has been my first time publishing something. The editorial for Acrosanti published in Vogue Italia, a work made in cooperation with Ramona Tabitha, Giulio Martinelli, and Valeria Semushina. I love this project really very much. It represents my debut as a photographer.

Images and shots often tell about sensuality and seduction. How important are these two elements for your work and how good are you at playing with them during your productions?

I can’t say my pictures have as their subjects sensuality and seduction. Actually these are elements that help me highlight or make the characters I am taking pictures of, become more charming. I think this is a consequence of the fact that living the nightlife in the city I often meet seductive characters in a seductive background. When I take a picture I don’t record her or his sensual side but his charm. Sometimes sensuality emerges as a stream to express charm itself.

You have chosen to use the analogue for taking your pictures. Why?

Not being able to see the images when I take a picture and not having the possibility to take many I am obliged to have an artistic approach - nothing happens by chance - I have to conceive well of any idea that helps me take a beautiful picture before taking one. Another reason is one that regards only the aesthetic side. You need to use the right instruments or equipment in order to get certain images. It is the same reason why a guitar player always chooses the guitar to use, paying careful attention and weighing the sound it makes or the personage it has been played by. It is whom it has already been used by, the reason why I choose to use a certain camera.

What is the direction of your production today? Where is it heading to? What about your future projects?

Today, I own a studio in Milan and another one in Paris, these are two cities where I go on doing my photographic experimentation and where I cooperate with Studio Olympia, my creating and production agency. At the same time I am to finish taking the pictures to complete my exhibition and I am expecting and considering a possible cooperation with some art galleries to display it in Europe in 2023.

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THB cover album

LIBRI E DINTORNI BOOKS AND SURROUNDINGS

LANA DEL REY

Un libro di poesie capace di suggestione e coinvolgimento, poesie intense e armoniose, pubblicate da Mondadori nel 2022 per dare spazio e luce all’attività letteraria di una giovane e stupefacente cantautrice. Lana Del Rey pubblica “Violet e altre poesie” in una raccolta di trenta componimenti autentici, sinceri e intrisi di forza e coraggio. A volte si tratta di qualche riga, a volte di qualche pagina, certamente scatti pronti a raccontare turbamenti e ferite, ma anche gioia e amore: questo è il debutto poetico di Lana, una magnifica espressione di verità, quella verità che conquista e attraversa l’animo, a prescindere da età, sesso o ideologia. La prima raccolta di Lana Del Rey racconta di una scrittrice del suo tempo, che vive e rielabora e sente l’urgenza di testimoniare un viaggio interiore comune a molti. C’è dolore e malinconia, ma c’è anche speranza e consapevolezza, ingredienti imprescindibili nel compiere un cammino complesso e meraviglioso che è quello della vita.

Immergersi tra le pagine di questa raccolta è come lasciarsi rapire dallo scorrere di fotogrammi, uno dopo l’altro, testimoni di quel quotidiano che si cela nell’intima azione dello scrivere, dell’assaporare, segno dopo segno, il vissuto. Perdita e solitudine accompagnano le coinvolgenti immagini che compongono la pagina, ma allo stesso tempo sono l’amore e la necessità di appartenenza che la rendono tanto ricca, tanto potente. Ecco che l’urgenza, il bisogno di verità e di condivisione divengono benzina perché avvenga la catarsi, il passaggio tra stadi, unico movimento salvifico capace di dare senso al gioco di luci e ombre che è vivere.

LANA DEL REY

Singer-Songwriter, Poetess And Model

A book of poetry that can hypnotise and engage the reader, intense and harmonious poems published by Mondadori in 2022 in order to allow room to and highlight the literary activity of an astonishing young singer-songwriter. Lana Del Rey undersigns “Violet E Altre Poesie”, a collection of thirty original and sincere compositions that are imbued with force and courage. Sometimes we talk about only a few lines, sometimes about a few pages, but they are surely always ways of expression ready to tell about suffering, turmoil and wounds and also about love and joy. It is this what Lana’s collection is all about - a magnificent means to express that truth that conquers and engages our souls that forgets about our age, sex or ideology. Lana Del Rey’s book of poetry tells about a woman writer so much belonging to the age she is living in, that feels, processes and has as its priority, as a witness, to leave a record about an inner “voyage” that some of us are feeling and have in common. There is melancholy and sadness in her verses, but also hope and awareness, essential ingredients to help us go forward on this wonderful complex and wonderful way called life.

Full immersion in reading this collection is like letting ourselves be fascinated by the passing photograms, one after another, witnesses of the daily routine that hides deep down in the writer’s action of writing, of savouring, the experienced things sign by sign. Loss and loneliness go together with the engaging images on the pages of the book, but at the same time they are the love of and the need to be able to feel a sense of belonging that make it so rich and powerful. Then, there is the priority coming, the need of truth and of sharing that turn into fuel for katarsi to happen. The passage through phases, the unique redeeming event capable of giving a sense to the play of light and shadows. And all of this means: to live.

Cantautrice, poetessa e modella 2020 © 2022 Mondadori Libri S.p.A., Milano

In fuga da te direzione lago Arrowhead

Non ti dissi dove andavo

Avevo 24 ore di grazia prima che terminassi il tuo film Entrai in un raduno di alcolisti

Io il ritratto di una casalinga maltrattata

(…)

Mi dicesti Sposami

Tua madre era in fin di vita, dicevi, e non potevi immaginarti senza accanto una donna.

(…)

Ma c’è sempre stato un minuscolo pezzo di me grande quanto una piccola fetta di torta paradiso che sapeva di meritare qualcuno meglio di te.

(…)

Chiudere la porta sul passato e fare un passo a occhi chiusi nell’abisso senza meta

l’unica bussola rimasta:andare avanti.

Così guidai avanti e indietro sulla Rim of the World e la bellezza di quel nome mi ricordò

Che ero bella anch’io

Che ci sono cose belle senza un perché.

Thanks to the Locals

I ran away from you to Lake Arrowhead

I didn’t tell you where I was going

I knew I had a 24 hour grace period before you were done making your film

I went to an aa meeting

Andmy share read like a tale of a battered housewife

(…)

You asked me to marry you

You said your mother was dying and you couldn’t fathom your life without a woman in it

(…)

But there’s always been just a littletiny piece of me inside the size of a small slice of angel cake that knew somewhere somehow

That I deserved better than someone like you.

(…)

To shut the door on the past and step blindly into the abyss no destination intact the only direction set in the Compass - to move forward.

So I drove back and forth on the Rim of the World Hwy and the beauty of its name reminded me

Versi tratti da Grazie alla Gente di qui (Lana Del Rey)
Sculture di Luca MR

GLI ARTISTI DI MIARTGALLERY

GALLERY ARTISTS

Storicizzati, esordienti e maestri apprezzati a livello internazionale, molteplici e di grande talento sono gli artisti che fanno parte della scuderia di MiartGallery. Attraverso la sede storica di Milano, ma anche grazie alle moltissime collaborazioni sviluppate nel mondo con spazi d’arte istituzionali e privati, MiartGallery promuove la significativa e preziosa produzione di opere d’arte, frutto della ricerca, seria e originale, degli artisti che segue. Inizia proprio in questi mesi un nuovo viaggio durante il quale l’intera scuderia ripercorrerà i territori e i luoghi conosciuti e vissuti dai galleristi, a livello imprenditoriale e umano, in tutto il mondo in quasi cinquant’anni di attività nell’universo dell’arte. Mostre, convegni, incontri per raccontare attraverso l’arte, la funzione di testimone dei tempi che questa rappresenta, il mondo che sta cambiando.

Historicized, debutants and internationally recognized maîtres. Countless and of great talent are the artists who are part of MiartGallery’s écurie. Via its historic residence in Milan, but even thanks to the several collaborations established around the world with institutional and private art spaces, MiartGallery fosters and promotes the significant and valuable production of works of art, the result of the serious and original research of the artists it deals with. These months, a new journey is beginning, during which the entire écurie will revisit the territories and places known and experienced by gallerists, on an entrepreneurial and human level, around the world in almost fifty years of activity in the universe of art. Exhibitions, conferences, meetings to convey by means of art and its function as witness, about the changing world.

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Scultura di Luca MR
Opera di Bert Stern Opera di Fabio Giampietro Opera di Gianmaria Potenza Scultura di Luca MR Opera di Antonio Tamburro Opera di Marco Tamburro Opera di Arnaldo Pomodoro

IN VIAGGIO CON MONDOARTE PER SCOPRIRE IL MONDO MONDOARTE: A JOURNEY EXPLORING THE WONDERS OF THE WORLD

MondoArte vi invita a scoprire il mondo, i luoghi più suggestivi e affascinanti che in Italia e all’estero riservano sorprese e occasioni di rigenerazione e meraviglia. Attraverso un viaggio iniziato ben venticinque anni fa, la nostra rivista è stata occasione e canale per incontrare persone eccezionali, conoscere posti unici e scovare splendori nascosti. Ecco che attraverso questa nostra rubrica ci poniamo l’obiettivo di condividere con i nostri lettori ciò che abbiamo conosciuto, non solo attraverso i nostri racconti, ma anche attraverso una proposta turistica d’eccezione.

Partiamo dalla Costiera Amalfitana, soffermandoci sui colori e il gusto che la caratterizzano, incontrando la storia e la cultura che appartengono alle splendide aree archeologiche di Paestum e Pompei, per poi giungere a Positano e Amalfi, ma ancora Ravello e Capri e molto altro.

Saranno le bellissime ville e i giardini nascosti in questi luoghi ad accoglierci, grazie alla guida di esperti nel campo del turismo, della cultura e dell’arte, che non ci faranno mancare l’incontro con l’alta gastronomia, i ristoranti stellati e la cucina tipici di questa terra unica e senza pari.

Proponiamo tour guidati con partenza in treno e spostamenti in barca, pernottamenti in accoglienti alberghi, attraverso la formula brevi viaggi: un format turistico fruibile facilmente e accessibile. Perché la bellezza e l’arte siano strumenti di rinascita per tutti, sempre.

Per info e prenotazioni contattaci subito

Email: info@miartgallery.it

Mob: +39 348 4308247

“MondoArte” invites you on a journey to experience the natural spectacle of our territory - Italy and abroad. The most suggestive and fascinating places that offer surprises around every corner, becoming a moment of exchange, to savour the pleasure, to be together creating culture, a great opportunity for regeneration.

“MondoArte” is the tale of this journey that began twenty-five years ago. Since then, our revue has been a chance to engage with outstanding people from all over the world. A chance to discover unique and incomparable places, but even a chance to explore hidden marvels and secrets of such splendours spread across the country.

Sharing with our readers what we have experienced and encountered: that’s what we pursue with our revue. Through our monthly “MondoArte”, not only do we tell stories about people and places, but we also offer you a touristic proposal beyond exceptional: dynamic, innovative and in step with the time.

Get lost in the flavours, tastes and colours along the Amalfi Coast, the hues of blues and rainbow shades of its towns and cities. Discover the rows of houses along the Amalfitan hillsides that stand like pastels and shine like diamonds. Encounter the history and culture of stunning archaeological sites like Paestum and Pompei, walking down from Positano and Amalfi up to Ravello and Capri.

Meet us in the hidden gardens or in the extraordinary and marvellous villas down to the alleyways of these towns, scattered on the seaside like jewels. Here, you will find our touristic guides waiting for you, a group of experts in the field of art and culture, who will take you on a journey through landscapes that will take your breath away and places which bear the imprint of centuries of history. There will also be the chance to eat delicious food, in exclusive and multi-starred restaurants where the Italian culinary art meets the culture and traditions of our unrivalled and unique land.

“MondoArte” offers you short-guided tours, with departure by train and fast as well as organised trip by boat, granting you overnights in cosy hotels, through the formula “short journeys” designed so that they are easily affordable by anyone, because we firmly believe that art and beauty are a means of renewal and rebirth for all of us.

For more informations about prices or reservations please contact us: Email:

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MONDOARTE

Direttore Antonio Miniaci

Chief Editor Claudia Notargiacomo

Redazione Giulia Rocco

Margherita Martino

Barbara Ainis

Luna Fedi

Ilaria Miniaci

Gianluca Miniaci

José Russello

Traduzioni April-May Maria Magni

Fotografie Andrea Matera @andrea.ph

Visual Gaetano Alfano

Stampa La Serigrafica Arti Grafiche srl Buccinasco (MI)

Un ringraziamento speciale a Giuliano Grittini

© luglio 2022 - all rights reserved

Testata registrata Tribunale di Milano n. 307 del 04/06/94

Per informazioni commerciali e comunicazione d’impresa scrivere a: Nina Giambra - redazione@miartgallery.it

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