Mondo Arte #1

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mondoarte ECCELLENZE ITALIANE ESEMPI VIRTUOSI DI STORIE E PASSIONI ALL’INSEGNA DELL’ARTE

issue #1



mondoarte

Eccellenze italiane: esempi virtuosi di storie e passioni all’insegna dell’arte

I

n anni complessi, caratterizzati per molti di noi da impegno e lavoro di qualità, ho ritenuto importante raccogliere le testimonianze di alcune eccellenze italiane, pronte a

raccontare, con il loro esempio, che temperanza e serietà por-

tano sempre buoni frutti. Cultura, artigianalità, arte culinaria, bellezza e talento possono trovare il loro spazio e la loro espressione attraverso quella che per me è stata e sarà sempre una ragione di vita, ovvero l’arte. Arte è molte cose, può essere in tutto, sta proprio alla passione e alla creatività che muovono un progetto, che sia la realizzazione di un’opera o il perseguimento di un piano di lavoro, rendere il risultato degno di questo nome. Moltissimi i talenti italiani che fanno scuola nel mondo, molte le realtà nate dal nulla, o quelle che ancora non hanno trovato lo spazio giusto per potersi esprimere, suggestive le storie di chi ha realizzato grandi sogni grazie a passione e dedizione, quello che tentiamo di fare con la rivista Mondo Arte è proprio raccontare e dare spazio a esempi di eccellenze e business virtuosi. I personaggi che abbiamo scelto di intervistare e ascoltare hanno sempre qualcosa di speciale da trasmettere, ci piace l’idea di creare uno spazio in cui condividere le dinamiche che hanno messo in moto determinate macchine che si sono dimostrate capaci di portare ancora l’italianità in cima alla lista delle eccellenze. Ho creduto sempre nella necessità di scambiare e confrontarsi con culture differenti, ho viaggiato costantemente, aprendo gallerie in tutto il mondo, animato dalla voglia di far conoscere all’estero i nostri talentuosi artisti, ma allo stesso tempo ho capito quanto fosse importante imparare dagli altri, ecco che attraverso questa pubblicazione e le successive voglio condividere le splendide e preziose conoscenze che una vita improntata all’arte mi ha regalato l’occasione di vivere. Persone, soprattutto, perché è attraverso la conoscenza di chi si appassiona ad un’idea che si comprende e si evolve, e storie, le più diverse, ma anche lotte, sacrifici. Siamo un popolo capace di risorgere, capace di risorse ineguagliabili, abbiamo bisogno di poterci credere, anche attraverso l’esempio di chi ha



lottato, creduto e ce l’ha fatta. Sono convinto che sia necessario dare spazio agli esempi virtuosi per poter trasmettere ancora speranza alle nuove generazioni, sono loro che ora hanno bisogno di quel fuoco che ha acceso il nostro estro e che deve rimanere vivo. E allo stesso tempo ora siamo noi ad avere bisogno dei nostri figli, dei giovani che soli hanno la possibilità di incanalare le loro splendide energie e i loro talenti unici in modo costruttivo ed efficace. Non è attraverso il disfattismo che questa Italia può risorgere, ma attraverso la cultura, l’arte e l’amore per la vita. Sono arrivato a Milano nel 1968 e a questa città devo tutto, il mio vuole essere un ringraziamento a questa città per avermi accolto e permesso di realizzare i miei desideri. Qui ho ripreso gli studi, ho sognato passeggiando per le strade di Brera in quegli anni lontani quando questa splendida via era popolata di gallerie d’arte, che guardavo con ammirazione, immaginando un giorno di aprirne una mia. Ho incontrato la donna che mi ha supportato e messo nella condizione di aprirle, quelle 3 vetrine su via Brera, mia moglie. Inizia così la mia carriera, qui tra questi vicoli rinomati in tutto il mondo. È arrivato poi, purtroppo, il momento in cui le vetrine delle gallerie hanno iniziato a spegnersi, chiudevano una dopo l’altra, la via stava cambiando e il fermento di un tempo man mano lasciava spazio alla desolazione. Ho resistito, alcuni di noi hanno superato quel momento, affidandosi a quello che è il talento più prezioso del nostro popolo, la temperanza. Eccoci al 2018: finalmente la riapertura di Palazzo Citterio, proprio qui, in questi luoghi che attendevano di risorgere. Un segnale importante questo, dopo un complesso restauro iniziato nel 2015, angoli scomparsi si aprono alla cittadinanza, facendo bella mostra di antico e moderno, giardini e sale maestose, divenendo spazio museale, culla delle prestigiose collezioni del Novecento. Assistere a questo momento è per me motivo di felicità e soddisfazione; aver creduto nella rinascita di via Brera e aver lottato quotidianamente, nonostante le difficoltà, decidendo di rimanere con la mia galleria in questi luoghi, è stato il mio modo per sostenere, partecipare e condividere il percorso che oggi porta a questa grande gioia. Ecco è questo che possiamo insegnare alle nuove generazioni, la perseveranza! Oltre al valore del recupero, del restauro e della riqualificazione di ciò che di prezioso già esiste, paese dopo paese, dell’Italia tutta, con l’obiettivo di creare nuove opportunità a partire dalla bellezza e dall’eccellenza che caratterizzano da sempre il nostro splendido territorio. Antonio Miniaci

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La cover La fotografia ha la duplice funzione di conservare la memoria di un oggetto e di renderlo visibile anche in sua assenza. Questo vale ancora di più per l’arte, che cambia e si evolve. L’immagine di un’antica maschera romana ci ricorda l’intensità e la bellezza del nostro territorio, denso di cultura, creatività, saperi artigiani e tradizioni. Un invito a sfogliare le pagine per incontrare tutte queste ricchezze. Maschera dionisiaca di un sarcofago romano, 170-180 d C. (particolare).


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Intervista allo Chef stellato Heinz Beck

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Ricordando il grande maestro Dario Fo

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Portfolio Mare d’inverno Francesco Corti

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Intervista a Marco Vidal The Merchant of Venice

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Lo stile italiano e gli abiti, firmati Luisa Beccaria Lucilla Bonaccorsi

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Lo Scultore Kyoji Nagatani

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Portfolio No time, no space Jacopo Spilimbergo

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Una storia tutta italiana Gilmar

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A colloquio con il fotografo-artista Gaetano Alfano

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Un matrimonio tra arte e tecnologia Bizeta

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Intervista al Direttore di Palazzo Reale Milano Domenico Piraina

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Intervista al General Manager dell’Hotel Principe di Savoia Ezio Indiani

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Intervista al fondatore di Capri Watch Silvio Staiano


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Intervista allo Chef stellato

Heinz Beck di Giulia Rocco

Rinomato Chef stellato di uno dei più conosciuti ristoranti di Roma, La Pergola, appassionato d’arte e convinto promotore di quella che è riconosciuta come vera e propria corrente artistica: l’arte culinaria. I grandi Chef fanno ormai parte del mondo dell’arte, sono considerati maestri, impegnati quotidianamente ad esprimere il loro genio e la loro creatività. Quello dell’arte è un mondo in cui si comunica attraverso strumenti che parlano di sensibilità, talento, abilità espressiva e soprattutto tanta passione, attraverso la quale raccontare e suscitare emozione.

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Chef, ci racconta le suggestioni che legano questi due mondi, quello dell’arte visuale e quello dell’arte culinaria? Cosa nasce da questo incontro? In quale modo la sua creatività viene ispirata dalla pittura, per esempio, o dalla scultura? L’arte ha il potere di raccontare, anticipare i tempi, denunciare e certamente di far sognare. L’arte culinaria, il cibo, le abitudini alimentari di un popolo sono espressione diretta di ciò che muta nella società, questo è probabilmente il punto fondamentale. Sono sempre stato innamorato dell’arte: il disegno è stata una mia passione fin da bambino, così come la musica. Mostre d’arte e musei rappresentano per me luoghi dove recuperare energie; assistere ad una mostra significa regalarmi del tempo di qualità. Purtroppo, data la mole di impegni, ho sempre meno occasioni da dedicare a questa mia passione, ma sento che l’arte guida ogni mio passo, mi aiuta ad interpretare la realtà che mi circonda facendola divenire spunto per i miei piatti e rendendomi ricettivo nei confronti di stimoli sempre nuovi e diversi tra loro a seconda dei Paesi che visito per lavoro. Tra i suoi incontri sono presenti anche molti artisti e personaggi legati a questo mondo affascinante e stimolante? Grazie ai miei ristoranti ho la fortuna di conoscere moltissimi artisti, tra gli incontri più significativi per il mio avvicinamento al mondo dell’arte voglio però ricordare quello con il gallerista Antonio Miniaci, alcuni anni fa, in occasione della presentazione di un mio libro, nacque una splendida intesa. È stato lui a propormi di creare una nuova corrente artistica, proprio quella di arte culinaria, quale sintesi e occasione di scambio tra il mondo dell’arte intesa nel più tradizionale dei modi e quello nel quale ci muoviamo noi chef. Partendo da un concetto di cibo legato alla salute e al benessere si è voluto sviluppare un progetto che portasse avanti tematiche e obiettivi definiti. Di cosa si tratta e come si esplicita questa proposta, in cosa consistono le performance? So che ha lavorato con il maestro Antonio Tamburro proprio a questo progetto. Il progetto sfocia nella proposta di un particolare format, una performance durante la quale chef e artista lavorano insieme, a quattro mani. Qualcosa di unico, bellissimo devo dire, il cui primo esempio si è concretizzato proprio a Roma, con un evento che ha riscosso, mi dicono, un grande successo e particolare apprezzamento da parte del pubblico; molti gli appassionati d’arte che si sono lasciati incuriosire da una

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novità che li ha poi stupiti e conquistati. Lavorare con il maestro Antonio Tamburro è stato entusiasmante. Qual è il punto d’incontro tra arte pittorica e arte culinaria? Il punto di incontro sta nel non fermarsi alla pura tecnica, ma trascendere la stessa per portare avanti un concetto, un messaggio. Nella pittura, nelle arti figurative in generale, si può trovare tutto di un uomo, di una società, di una cultura insomma. Ecco questo, secondo me, è il punto d’incontro: l’interesse per l’umanità. Antonio Miniaci ed io, vorremmo dunque creare un locale che rifletta questa fusione tra i due mondi, dove declinare l’arte in tutte le sue forme: ci sarà una galleria, un ristorante e un caffè letterario. Un luogo che racconti i cambiamenti relativi all’amore per il cibo, che trasmetta bellezza, armonia e sia davvero nutrimento per l’anima.

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Dario

FO Ricordando il grande maestro: intervista del maggio 2016, in occasione della personale ispirata al testo Razza di zingaro, presso Miart Gallery via Brera 3 a Milano a cura di Claudia Notargiacomo

Avevo 5 anni quando i miei genitori mi portarono a Milano a visitare il museo di Brera, ricordo ancora le scale quando siamo saliti: i quadri, i dipinti, i ragazzi che andavano e venivano, mi incuriosii. Subito chiesi ai miei genitori cosa facessero questi ragazzi… “Dipingono, questa è l’Accademia di Brera! Studiano il disegno, la pittura, la scultura...”, mi dissero. Rimasi impressionato, sognando che anche io sarei venuto qui a studiare. Ed effettivamente a 14 anni iniziai i miei studi artistici presso l’Accademia di Brera. Da allora ho dipinto sempre e molto, ma ad un certo punto ho capito che il mercato dell’arte riservava sorprese e decisi di metterci una pietra sopra. Fu quello il momento in cui spostai l’attenzione sul teatro. Ho fatto nella vita l’attore: teatro vuole dire molte cose, scrittura, sceneggiatura, l’impostazione della compagnia e poi l’incontro con Franca Rame. Ma dipingevo sempre, prima di ogni lavoro facevo disegni, dipingevo scenografie, insomma io la pittura non l’ho mai lasciata!

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Maestro, un’importante personale a maggio 2016, presso la storica galleria Miart Gallery di via Brera 3 a Milano. Prima volta dopo 70 anni una sua mostra in una galleria milanese: 40 le opere esposte tutte ispirate al testo “Razza di zingaro”, nel quale lei racconta la storia di un pugile sinti, Jhon Trallmann, dal talento eccezionale, la cui vita e carriera furono stroncate dal nazismo. È una storia del tutto particolare, tragedia descritta con il sentimento dell’indignazione, non con lacrime e lamento. Parliamo di un grande uomo, di talento e dalla grande umanità e generosità. Trallmann è un pugile sinti, che fin da bambino si esprime attraverso il pugilato, lo fa danzando. Si è inventato un suo linguaggio...fa ridere parlare di linguaggio per un pugile, ma il linguaggio è dappertutto! È il ritmo, il tempo, il vuoto e il pieno, la gestualità, la dinamica, la forza e l’eleganza, insomma l’arte. Era un fuori classe. Lui era un diverso, di un’altra razza, uno zingaro. Ha portato nel pugilato la propria cultura, una cultura rom, quella degli zingari appunto. Una lunga storia di tradizioni, arrivati in Europa nel 300 hanno portato la loro personalità che si esprimeva nel canto, nella danza, nel modo di agire e di essere: nel fare poesia! L’Europa tutta deve qualcosa a questi zingari. Relativamente all’attualità di questa mostra e alla necessità di proseguire in un percorso culturale che preservi la memoria, quanto ritiene interessante la presenza di queste sue opere in una galleria nel cuore di Brera? Giusto, questo è il concetto: quanto ha valore questa poesia, questa pittura, questo modo di essere? Questa cultura è qualcosa di importante da conoscere per tutte le realtà, per tutte le comunità. Alle volte, invece, accade il contrario: il rifiuto di ciò che non si conosce. È così che nasce il razzismo, dall’ignoranza e, in Italia, checché se ne dica, ce n’è eccome! I razzisti sono a priori ignoranti della forma, della storia, del linguaggio, dell’origine di ciò che non riescono a capire. Non accettano perché non conoscono, non riescono a capire quel qualcosa che non fa parte della loro incultura. Io mi sono preoccupato con questi quadri di raccontare la gestualità, il modo di respirare, i tempi, i ritmi, l’armonia, l’eleganza e la poesia. Se non si comprende la lezione che ci danno questi uomini e donne, non si comprende nulla di noi stessi. Maestro, dopo il premio Nobel ha costituito, con Franca Rame e Jacopo Fo, la Onlus “Il Nobel per i disabili” ed è a questa realtà che vengono devoluti i proventi che ricava dalla vendita delle opere. Se non ho capito male ci sono voluti 60 anni perché lei decidesse di venderle. Esatto, non accettavo il discorso del mercato, così come veniva impostato. Poi è accaduto che un giorno un gal-

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lerista molto importante mi disse che i miei quadri era-

diverso, improvvisamente fuori chiave, perché la gente

no proprio belli, più belli di quello che potevo pensare...

inizi ad ascoltarti. Se sei uno che usa mezzucci e usa la

Ma mi disse che avevano un grave difetto “I suoi quadri

voce come un bastone invece che farla diventare violino,

non valgono nulla!” Come non valgono nulla, in che

ebbene... sei un mediocre.

senso non valgono, mi sono detto. Si stava parlando di mercato, del mercato della pittura. Il fatto che non ci

Avrei mille domande da farle, ma per il momento un’ultima re-

fosse un mercato determinava un non valore delle opere

lativa alle opere che verranno presentate il 13 maggio: ce n’è una

nella logica e nella cultura odierna naturalmente. “Che

preferita che quasi spera non venga venduta?

abbiano valore per la gente intelligente è ovvio, ma solo quando fanno parte di un mercato la gente si interessa,

Oggi guardavo le opere per individuare i titoli esatti,

iniziano a chiedersi a quanto sia stato venduto”. È stato

prendendoli dal libro, e riflettevo. Già, ce ne sono 3 o 4

quello il momento in cui decisi di fare il passo. Bisogna

che spero non destino molta attenzione. Ma non posso

che faccia questo sforzo! Mi ripetevo. Mi ripugna, faccio

dire di più, sparirebbero subito...è già successo!

fatica, ma proviamo. Aveva ragione quel gallerista e la gente è solo allora che si è accorta che ero un pittore...

Maestro la ringrazio, è stato un onore e una gioia profonda po-

proprio perché c’è stato un mercato, e allora c’è stata

terla intervistare.

l’attenzione! Ci fu la famosa battuta d’asta, lo abbiamo voluto, quasi a livello provocatorio. Arrivammo con 20 quadri e andarono tutti venduti. C’è stata una rincorsa La video intervista completa su www.Miart Gallery.it

all’acquisto, aveva ragione quel gallerista, è il mercato quello che determina il peso, il valore e l’attenzione; non è come in teatro, dove tu sei qualcosa, qualcuno perché durante lo spettacolo sei riuscito a catturare l’attenzione, hai fatto pensare, ragionare, hai messo in crisi qualcuno, l’hai incantato magari, che è il meglio di tutto in teatro. Questo devo impararlo ancora nella pittura, in verità spero davvero che un pò di incantamento già ci sia in quello che dipingo... Poco fa ha nominato Franca Rame e non posso rinunciare, Maestro, ad ascoltare direttamente da lei qualche parola su questa donna unica. Cito una sua riflessione “Accade spesso che una cattiva sorte si traduca all’istante nel più formidabile colpo di fortuna, a me, grazie al teatro, è successo proprio così”. È quello il momento in cui incontra Franca e inizia il suo incredibile cammino? Quanto è importante ricordare questo concetto quando si sta vivendo una grande complessità? È stato proprio così, come avete accennato voi: io sono entrato in teatro da disperato, da uno che diceva ho sbagliato tutto, e quasi subito ho visto una ragazza, che era lì come attrice, e poi ho scoperto che era nata attrice, nel senso che questa donna era nata in una grande famiglia di attori. Madre attrice, padre attore, capo comico e poi zii e cugine, fratelli e sorelle, una grande famiglia i Rame, che proviene da lontano, qualcuno dice addirittura dal 600. Beh, lei mi ha insegnato che cosa sia il mestiere dell’attore, perché io sono arrivato così, come un dilettante. Avendo dipinto da sempre, avevo il senso dell’immagine e della gestualità. A 20 anni avevo già un mio bagaglio specifico, dovevo saperlo introdurre. Finalmente con Franca lo feci. Lei mi ha insegnato ad usare il minimo per raggiungere il massimo, troppo facile provocare il pubblico urlando: bisogna inventare qualcosa di

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Portfolio

mare d’inverno Francesco Corti

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Vidal nasce dalla nota azienda familiare, la “Vidal Profumi” ed è oggi rappresentata dalla terza e quarta generazione della famiglia Vidal che ha iniziato a operare nel mondo della cura della persona nel 1900. L’azienda è sempre stata molto legata a Venezia, che ha fatto da contorno alla sua attività e rappresenta un elemento di forte attrazione e ispirazione creativa. La relazione tra la famiglia Vidal e la sua città di appartenenza si è concretizzata nel restauro di Palazzo Mocenigo dove è stato creato il primo museo stabile del profumo in Italia. Il progetto, nato dalla collaborazione tra la Fondazione Musei Civici di Venezia e Mavive, ha permesso di riscoprire e valorizzare la millenaria vocazione che colloca l’Italia, e in particolare la città lagunare, tra i principali centri della tradizione profumiera mondiale. Mavive ha iniziato la sua attività con il marchio Pino Silvestre, al quale si sono aggiunti negli anni nuovi brand: in licenza (Police, Zippo, Replay, The Merchant of Venice, Ermanno Scervino), di proprietà (Monotheme) e in distribuzione esclusiva sul mercato italiano (4711, Tabac, Carven, Blauer USA e le linee di skincare Méthode Jeanne Piaubert e Stendhal) generando un portafoglio diversificato che spazia dal masstige alla nicchia. Oggi la Mavive Spa è una realtà con una forte presenza sia nel mercato italiano che in quello estero, dove opera in più di 90 Paesi in tutto il mondo. Nel 2017 l’azienda ha continuato il suo trend di crescita: il Bilancio prevede infatti di chiudere con un fatturato di 33,7 milioni di euro con una configurazione del volume d’affari complessivo Italia ed Estero a livello wholesale oltre 60 milioni di euro a +15% sul 2016.

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The Merchant of Venice Intervista a Marco Vidal, titolare e amministratore delegato dell’azienda. a cura di Margherita Martino

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Una lunga e affascinante storia quella della sua famiglia: quanto è importante non dimenticare le origini, quanto è importante la continuità in un’azienda che trae ispirazione dall’arte e dalla tradizione? La tradizione familiare è un valore distintivo, una guida importante per il futuro ma non è una garanzia di successo di per sé. La combinazione tra tradizione e innovazione è la miscela giusta per una formula di successo e in una famiglia imprenditoriale si traduce nella capacità di dialogo e collaborazione intergenerazionale. Un passaggio delicato e non sempre possibile. Quali sapori, odori in questo caso, attraversano le epoche e si esprimono oggi tramite le creazioni firmate The Merchant of Venice? Cosa racconta il marchio e quali suggestioni vuole suscitare? Odori di essenze, spezie, legni profumati, fiori e preziose resine, oltre agli olii provenienti dall’Oriente che arrivavano alla Dogana di Venezia nelle navi degli infaticabili mercanti veneziani. Il viaggio del profumo ha origini lontane, ha visto Venezia come porta tra Occidente e Oriente più di mille anni fa e per diversi secoli regina indiscussa nella bellezza delle donne europee. Una tradizione di cui The Merchant of Venice è interprete indiscusso. Parliamo del Museo del Profumo, fortemente voluto da Mavive e creato attraverso l’accordo tra la storica azienda di profumi e la Fondazione Musei Civici Veneziani: perché questo progetto è stato ed è tanto importante per lei? In cosa consiste la proposta per il visitatore, quali i percorsi proposti? È un primato perché è il primo Museo del Profumo in Italia, è il primo museo che racconta quanto importante sia stato il ruolo di Venezia e dell’Italia nello sviluppo della profumeria. Questo progetto ha vinto il primo premio di Federculture perché è un museo innovativo nel suo percorso multisensoriale, ha infatti ispirato altri casi museali ed espositivi che sono sorti nel mondo. Accoglie il visitatore con una esperienza totalizzante sublimata dal corso di composizione del profumo, eccellenza del dipartimento didattico del Museo. Il connubio con il mondo dell’arte si esprime in molteplici modi, per esempio di grande suggestione l’incontro con i maestri vetrai di Murano, che ha visto l’ideazione di una vera e propria collezione dedicata. Murano è una delle eccellenze assolute del nostro territorio, un’arte che si sposa perfettamente con il profumo. Il vetro è perfetto per racchiuderlo e renderlo visibile, la dimensione reale sarebbe quella eterea, quella dell’o-

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dore, invisibile. Con il vetro artistico di Murano il profumo viene valorizzato, diventa per l’appunto un’opera d’arte. L’arte che esprimete attraverso la vostra ricerca e la proposta di note sempre nuove quanto è racconto e quanto oggetto di desiderio? O meglio quanto conta nel successo di questo marchio la poetica? Differentemente da molti altri casi nella profumeria, The Merchant of Venice è nato da un progetto storico scientifico e da un progetto culturale prima ancora che da un pensiero legato al marketing. Alle sue basi c’è quindi una ricerca storica e si interessa delle formule, affascinante ma dalle basi scientifiche solidissime. È questo uno degli aspetti più importanti che ne denota l’unicità e lo distingue da tanti altri marchi. Le chiedo se ritiene siate riusciti a far sognare, in fondo sono i sogni che muovono il mondo… Il profumo è vicino al sogno, sono entrambi intangibili e immateriali. L’odore entra nella mente in modo inaspettato e non mediato e ti apre cassetti chiusi della memoria, ti fa pensare a universi lontani, evoca situazioni e persone non presenti. Agisce nella mente e sull’umore come un sogno. Nel mondo contemporaneo la nostra vita è sempre più regolata da dinamiche indotte, magari inconsapevolmente, ma pur sempre guidate e influenzate. Il profumo ancora in parte appartiene a un universo romantico ed è legato indissolubilmente all’olfatto che è regolato dal nostro istinto primordiale. Resiste e fugge dalle logiche prevalenti e si avvicina veramente al sogno e alla sensualità libera. Mi piacerebbe capire quanto dell’uomo Marco Vidal è presente nella creazione, mi spiego meglio… Al di là del talento imprenditoriale che la contraddistingue e l’intuito prezioso, quanto del suo animo è presente nelle creazioni? Non mi piace la personificazione e non credo rappresenti bene un’operazione così complessa come The Merchant of Venice, che vede e ha visto molti protagonisti dare il proprio contributo fondamentale, ecco voglio che si sentano sempre al centro del progetto. Certo in questo cammino c’è anche molto di mio, in particolare la passione per la storia che a mio parere è un vantaggio competitivo quasi in ogni ambito. Conoscere la storia ti permette di approcciarti al futuro con l’esperienza di diverse generazioni. La maggior parte delle situazioni che viviamo sono già accadute.

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litica attuale. Un cambiamento drastico è necessario a

Tornando all’azienda, quali altre collaborazioni avete in essere?

questo Paese per pensare ad un futuro degno del nostro potenziale e dei nostri antenati.

Svariate collaborazioni imprenditoriali perché noi abbiamo molti marchi in ambiti diversi e anche relazioni ottime con istituzioni culturali che ci fanno prevedere un

Se dovesse svelare un segreto del successo che contraddistingue

programma molto intenso per il futuro.

il suo percorso, cosa mi racconterebbe?

Quella che in assoluto mi appassiona maggiormente, anche per il legame che mi unisce al personaggio ispiratore,

Ho 36 anni, mi permetta di non considerare un successo

è la linea e il progetto culturale che stiamo presentando

il mio percorso, voglio avere ancora l’ambizione e l’e-

insieme al Vittoriale degli Italiani. Si tratta dei Profumi

nergia di chi ha tantissimi obiettivi da raggiungere. È

di d’Annunzio, una gamma di fragranze ispirate al Vate

così effimero il concetto di successo, oggigiorno, che si

e alla sua passione per il profumo che lo portò a creare

rischia di perdere di vista una dimensione concreta e re-

l’Aqua Nuntia, oltre a varie altre esperienze notevoli che

ale della vita. Io credo nelle idee che diventano azioni,

ebbe nell’ambito olfattivo. E ciò lo racconteremo in una

come insegna il poeta Ezra Pound, è questo il motore di

mostra che si terrà proprio al Vittoriale in aprile, gra-

ogni impresa.

zie al rapporto che ho instaurato con Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione del Vittoriale, stori-

In un momento di grande complessità nelle dinamiche economi-

co e persona che stimo moltissimo.

co-sociali del nostro Paese, come si spiega l’importante riscontro presso il consumatore, che sembra caratterizzare il mondo dei profumi?

Molti i punti vendita, tutti caratterizzati da eleganza e magia, che tipo di esperienza di acquisto proponete alla clientela?

In realtà la crescita della profumeria in Italia purtropEsperienza complessa, prima di tutto da un punto di vi-

po ha recentemente subito una frenata forse definitiva,

sta estetico, non troverete mai un nostro negozio banale

da settembre dell’anno scorso il mercato ha registrato

e scontato, si tratta di luoghi magici. L’allestimento è

per molti mesi consecutivi indici negativi in tutti i setto-

pensato poi per favorire l’interazione olfattiva del cliente

ri della distribuzione. Negli anni precedenti lo sviluppo

e il contesto è più alchimistico che di profumeria clas-

del canale drugstore aveva bilanciato il calo del canale

sica. Il personale poi è tutto formato alla perfezione e

della profumeria selettiva e della gdo, ma questo slancio

continuamente aggiornato sulla presentazione del profu-

probabilmente si sta esaurendo. Il consumatore italiano

mo, le tecniche di vendita, la composizione dei profumi

comunque ha un’ottima predisposizione verso il profu-

e le nozioni storiche, queste figure rappresentano per noi

mo, superiore alla maggior parte dei consumatori euro-

veri e propri ambasciatori.

pei, ci rinuncia difficilmente ed è molto ricettivo verso la profumeria di nicchia.

Quanto è importante e centrale il consumatore nella vostra ricerca? Come vi esprime i suoi desideri?

Le chiederei di mettermi in evidenza un lato nascosto, un particolare di questo affascinante mondo dei profumi, che normal-

È fondamentale avere un raffronto con il nostro cliente

mente non viene considerato dal fruitore finale o del quale lo

in tutti i progetti che sviluppiamo. Grazie ai nostri ne-

stesso non ha consapevolezza.

gozi e al museo abbiamo una possibilità in più, quella di avere un rapporto diretto che ci dà un riscontro sulle

Il segreto è nell’essenza del profumo e nel processo cre-

nostre creazioni e ci fa comprendere sempre di più i de-

ativo della stessa che è diretto dal maestro profumiere,

sideri dei nostri clienti. Nel processo di creazione di un

una figura a metà strada tra il chimico e l’alchimista. È

nuovo profumo coinvolgiamo i nostri clienti in blind test

una professione che necessita di diversi anni di scuola

con un raffronto fra più fragranze, la loro opinione è

e pratica finalizzata tutta all’allenamento dell’olfatto e

fondamentale per guidarci verso le scelte giuste.

soprattutto della memoria olfattiva. Un maestro profumiere è in grado di riconoscere centinaia di odori e di

L’Italia è un Paese ricco di eccellenze, crede che questo abbia

scomporre un profumo riconoscendo ogni singola nota

ancora un valore? Ritiene che esista la possibilità di far rifiorire

olfattiva o fare il processo contrario. Immaginarsi un

la nostra economia, magari attraverso l’arte e la bellezza?

profumo ancora prima di averlo composto.

Il potenziale dell’Italia è enorme ed è tuttora assolutamente inespresso oppure riposto nelle mani sbagliate, soprattutto quello relativo all’economia culturale. Ma non vedo grandi prospettive a causa della situazione po-

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Lo stile italiano e gli abiti, vere e proprie opere d’arte, firmate Luisa Beccaria

Lucilla Bonaccorsi A cura di Barbara Nicolini

Lucilla Bonaccorsi è figlia primogenita della nota stilista Luisa Beccaria e di Lucio Bonaccorsi di Reburdone, discendente di Lorenzo Borgia del Castelluccio, aristocratico siciliano. Lucilla, che ha respirato sin da bambina “aria di moda”, dal 2006 è co-designer, insieme alla madre Luisa, della linea ready-to-wear firmata Luisa Beccaria, ovviamente linea donna. La lettera L è predominante tra i nomi dei membri di questa famiglia ... Lucilla ha due sorelle e due fratelli: Lucrezia e Luna, Ludovico e Luchino. In questa famiglia non manca certo la creatività e un gusto raffinato, affiancato ad un senso innato del bello. Abbiamo conosciuto Ludovico al Pitti a Firenze e ci ha conquistato con i suoi modi da gentiluomo di altri tempi. Gli abiti di Luisa Beccaria sono indossati da VIP internazionali del calibro di Gwyneth Paltrow, Halle Berry, Julia Roberts e Jennifer Lopez. La Sicilia e la sicilianità ispirano questi abiti romantici, vere e proprie opere d’arte. Lucilla, con la famiglia, spesso si rifugia nella tenuta siciliana “Borgo di Castelluccio”, tra Modica e Noto, incantevole villaggio del XVIII secolo dominato da un suggestivo castello. Lucilla porta contemporaneità ai preziosi abiti di Luisa. Nel centro di Milano, infatti, dove si trova lo splendido showroom della casa Beccaria, è facile imbattersi in giovani donne che indossano le preziose gonne di Lucilla, accompagnate a semplici sneakers, durante una qualsiasi giornata di lavoro o per un aperitivo nella movida milanese. Lucilla e Luisa fanno tendenza, oggi vediamo, infatti, le passerelle piene di questi abiti da sogno, ma l’ispirazione di Luisa risale ad almeno 20 anni fa. Chi ha la fortuna di poter visitare l’azienda in zona Brera, nel cuore artistico di Milano, può vedere le mani di abili sarte cucire questi preziosi abiti, ricamare e impreziosire tessuti pregiati, dalle sfumature eteree. Ogni abito è un capolavoro di sartorialità e simbolo del vero Made in Italy. Nello showroom, accanto alla sartoria, gli abiti si susseguono, appesi uno vicino all’altro, lasciando il visitatore senza fiato.

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Lucilla raccontaci quando è nata la tua passione per la moda. Sono vicina al mondo della moda sin da bambina. Osservavo la mamma lavorare, drappeggiare i tessuti, preparare le sfilate. Ci ha sempre reso partecipi del suo mondo. Mi ricordo ancora la mia prima passerella a 7 anni durante l’alta moda a Parigi. Sono così cresciuta con un’educazione orientata alla ricerca del bello, ad un’estetica rispettosa dell’etica. Dopo gli studi classici, mi sono via via appassionata alla nostra attività, imparando a conoscere le svariate sfaccettature di questo lavoro, conquistandomi sempre più responsabilità. Sono arrivata, dopo un cammino fatto di esperienza e lavoro su tessuti e forme, ad essere co-designer delle collezioni Luisa Beccaria. Trovo molto interessante anche il mercato estero, che mi porta a viaggiare e a conoscerne le diverse esigenze e tendenze che nascono in altri luoghi. Quali sono le tue fonti di ispirazione? Le fonti d’ispirazione sono sempre tante, la pittura a volte, la natura spesso, la vita stessa, tutto quello che può contribuire a descrivere e dare corpo al sogno che stiamo raccontando. Com’è lavorare con Luisa? Lavorare con Luisa… è un’esperienza molto particolare quella di far evolvere un rapporto affettivo così profondo, come quello tra madre e figlia, in una complicità lavorativa e creativa. È molto bello lottare per un fine comune, nel nostro caso una ricerca di bellezza, armonia e grazia che sono da sempre i capisaldi dello stile Luisa Beccaria.

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Cosa immagini per il tuo futuro? I progetti futuri sono tanti e diversi. Dalle aperture di mono-brand nelle principali metropoli, che inglobino moda e lifestyle, all’ estensione ad una linea più quotidiana, ma anche la creazione di luoghi e situazioni che portino bellezza e benessere: sono convita che lavorare per il bello sia lavorare per il bene proprio e altrui. Il brand sta riscuotendo sempre più interesse a livello internazionale. Lavoriamo alle diverse richieste dei mercati che spaziano dall’America alla Russia, per arrivare fino al Medio Oriente. Sappiamo che sei un’appassionata di arte… Sì da sempre sono stata sensibile alle diverse espressioni artistiche. Amo Botticelli, Monet e Klimt per la visione onirica e grande senso del colore. Tra i contemporanei ho una grande amica, Sofia Cacciapaglia, giovane pittrice, mi piacciono le sue figure, sono poetiche.

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Lo Scultore

Kyoji Nagatani Intervista a cura di Claudia Notargiacomo

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Un mondo magico e misterioso, quello di Kyoji Nagatani, dove vita e arte si fondono, dove l’opera diviene qualcosa di più di un oggetto, frutto di un rapporto d’amore e passione, in cui l’artista si prende cura della materia durante tutte le fasi della lavorazione, fino a quelle finali della rifinitura, istanti in cui si crea un vero e proprio legame affettivo tra lo scultore e l’opera, che diviene contenitore di umanità, attraverso la cura e l’attenzione nel preservare la bellezza e il valore dell’opera stessa.

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Maestro Nagatani, come si è strutturato il suo percorso artistico? Ho studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Tokyo e già in quegli anni mi interessavo di scultura. Un momento che ha segnato profondamente la mia carriera di scultore è stato quello in cui ho avuto l’occasione di assistere ad una importante mostra organizzata dall’ambasciata italiana, relativamente ai grandi scultori classici. Era la prima volta che mi avvicinavo così tanto ad opere italiane di tale valore. A colpirmi fu la qualità artistica indubbiamente, ma rimasi particolarmente affascinato dalla tipica tecnica di fusione ‘a cera persa’, un’antichissima procedura impiegata nella realizzazione delle sculture rinascimentali, per esempio. Decisi allora di approfondire questo aspetto. Il momento della fusione del bronzo rappresenta un passaggio che mi piace definire divino, durante questa fase, come avviene anche per vetro, ceramica e porcellana, si ha una trasformazione che va oltre la materia e riguarda un livello differente, spirituale. In questo passaggio la trasformazione avviene grazie al calore elevatissimo e si configura come qualcosa di distante dall’artista e che prescinde da esso. In Giappone, durante questa fase, noi preghiamo presso un altare perché ogni oggetto ha la sua anima ed è proprio in quel momento, attraversando il fuoco, che esso riceve l’anima. L’atto artistico non è solamente una questione di lavorazione della materia, ma un vero e proprio momento divino. Dopo la specializzazione in Belle Arti a Tokyo, grazie ad una borsa di studio, ho frequentato l’Accademia di Brera. Mi hanno colpito le differenze nel modo di insegnare, ciò mi ha permesso di acquisire un nuovo modo di rapportarmi alla scultura. Fu l’incontro con un docente, che credeva molto nel mio lavoro, ad aprirmi le porte della Fonderia Maf, all’epoca la più importante del mondo, dove ho poi passato i successivi venticinque anni a lavorare. Per me la fusione significa occuparmi di tutto il processo,

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di ogni passaggio, fino alla rifinitura. Livellare e levigare: due momenti fondamentali che permettono all’artista di superare la distanza e la freddezza tra lui e l’opera. È questo il momento in cui si apre una via, un canale, tra artista e opera, momento in cui la comunicazione e il dialogo divengono passaggi preziosi e imprescindibili. È vivendo questa esperienza che ho compreso il senso delle parole di Donatello: “Più lavori il bronzo, più questo si avvicina all’artista”. Maestro, cosa indaga attraverso la sua ricerca artistica e perché ha scelto un linguaggio astratto/concettuale per esprimersi? Dopo circa trent’anni di figurativo, ho sentito l’esigenza PER INTERPRETARE CORRETTAMENTE

di esprimere il mio pensiero attraverso una mia forma:

L’OPERA SCULTOREA DI NAGATANI

sono passato all’astratto senza difficoltà, è stato per me

È INDISPENSABILE RICHIAMARE LA

un passaggio istintivo. Quando si parla di mondo e uni-

SENSIBILITÀ E LA PARTECIPAZIONE ATTIVA

verso si parla di qualcosa di astratto, che poi noi rappre-

DELL’OSSERVATORE. NELLA MAGGIOR

sentiamo attraverso il figurativo, ma in realtà il mondo è

PARTE DEI CASI, INFATTI, LE SUE OPERE

in continuo movimento.

SI PRESENTANO COME FRAMMENTI DI

Fu negli anni Ottanta che realizzai la mia prima perso-

UNA REALTÀ PIÙ AMPIA E MISTERIOSA.

nale di opere astratte, a Milano. Proprio nella serie delle

COME APPARE TALVOLTA ANCHE NEI

‘Triadi’, realizzate sia in bronzo che in marmo, esprimo

TITOLI DELLE SUE OPERE, LE SCULTURE

quella che è la mia visione esistenziale che coincide con

SI PRESENTANO COME “SEMI”, ELEMENTI

la mia ricerca artistica. L’individuo è dotato di corpo e

PRIMORDIALI CON POTENZIALITÀ ANCORA

cuore fin dalla nascita, questi elementi fisici gli permetto-

INESPRESSE, CON REALTÀ NASCOSTE

no di compiere la sua ricerca per trovare il proprio spiri-

TUTTE DA SCOPRIRE. È POSSIBILE

to. Quest’ultimo, infatti, non viene concesso alla nascita,

TROVARE FORTI ANALOGIE FRA QUESTE

ma è responsabilità del singolo ricercare nella creazione

OPERE E LA NOZIONE DI FERTILITÀ: C’È

quotidiana e con profonda umiltà questo terzo elemento

UN SOFFIO LEGGERO DEL TEMPO DIETRO

che dona la stabilità.

LE OPERE DI NAGATANI; SUSSISTE UNA

Questo concetto è valido per tutti, è attraverso la vita e

PRESENZA DEL PASSATO CHE INTERROGA

l’esperienza che ogni individuo può mettersi alla ricerca

CON INSISTENZA L’OSSERVATORE.

di se stesso, chiedendosi il perché si trovi qui. Questa è

QUESTA È UNA AFFASCINANTE CHIAVE DI

una domanda che non abbandonerà mai l’uomo, conti-

LETTURA DEL LAVORO DELL’ARTISTA. IL

nuando a stimolare la sua ricerca.

“TEMPO” È EVIDENTEMENTE UNA REALTÀ ESTERNA ALLA SCULTURA, MA DIVIENE

Come si pone di fronte al problema dell’intelligibilità dell’arte

UNA NOZIONE DI RIFERIMENTO NEL

concettuale? E in che misura l’arte deve avere immediatezza e

MOMENTO IN CUI AVVIENE L’INCONTRO

valenza comunicativa?

CON L’OSSERVATORE. MARIO BOTTA

Egoisticamente non pretendo che il messaggio che esprimo arrivi nello stesso modo a tutti. Non è un dramma per me non essere compreso, perché se anche solo una parte degli osservatori comprende, ciò è motivo di grandissima soddisfazione. Ogni lavoro artistico ha il dovere di esprimere la propria valenza sociale, in qualità di artista voglio portare qualcosa alla società: serenità, speranza e gioia. Proprio all’interno di un mondo dove accadono cose orribili come la guerra, è necessario che ognuno prenda in carico la propria responsabilità di diffondere speranza.

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Portfolio

no time, no space Jacopo Spilimbergo Artista talentuoso, a partire dalla sua ricerca fotografica propone opere uniche capaci di andare al di là dello spazio e del tempo. di Angela Maselli

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Jacopo Spilimbergo, un percorso di ricerca nella fotografia e grande passione per l’arte, ha scelto di creare opere uniche a partire proprio dalla sua ricerca fotografica. Vere e proprie opere d’arte proposte con la prospettiva di raccontare il mondo di oggi. L’obiettivo di Spilimbergo è quello di immortalare l’istante che non tornerà più, attraverso una reinterpretazione del paesaggio metropolitano. In occasione della sua personale presso Miart Gallery a Milano, lo abbiamo incontrato e conosciuto. Milano è la città in cui hai scelto di vivere e che ti ha accolto come artista, è proprio qui che è stata presentata la tua personale No time no space. Quanto è importante per te il legame con questo luogo? Milano è tra quelle città nel mondo che è riuscita a rinascere dopo lungo periodo… Credo che si stia affiancando alle più grandi capitali europee. È interessante per me interagire e confrontarmi con il vissuto di questa città che ha rappresentato motivo di grande stimolo, trasmettendomi moltissimo a livello di strumenti, luoghi, riflessioni e riferimenti. È questa una realtà in costante movimento e per me di grande ispirazione. Posso dire, però, che il mio cammino professionale mi porta in molte e differenti metropoli, oltre a Milano. Mi sento, in questo senso, cittadino del mondo: è un aspetto, questo, che ha condizionato la mia formazione e il mio lavoro. Come nasce la tua passione per l’arte? Devo dire che la passione per l’arte è nata anche grazie alla mia famiglia, sono cresciuto circondato dai quadri di mio nonno che si alternavano sulle pareti di casa a opere di altri rinomati artisti italiani, non potevo rimanere indifferente! La mia è una famiglia da sempre sensibile all’arte e in questo senso mi ha messo nella condizione di iniziare il mio cammino verso l’espressione artistica. Jacopo rappresenti una nuova generazione di artisti. Italianità e internazionalità: due concetti opposti o complementari? Credo che la forza degli artisti italiani sia quella di trasmettere il gusto raffinato ed unico della propria cultura e delle proprie origini. Ritengo che viaggiare sia fondamentale per trovare nuovi stimoli, aprendo la mente a nuove percezioni. Il viaggio offre la possibilità di avvicinarsi a nuovi punti di vista, sensibilità e tradizioni differenti, capaci di arricchire l’anima e favorire l’evoluzione personale di un artista. Moda, architettura e still life. Tra i tre ambiti a cui dedichi il tuo lavoro qual è quello da cui sei partito e quale t’ispira maggiormente?

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Inizialmente ero intenzionato a fare il fotografo di moda perché credo che il lavoro di gruppo sia una cosa importante e stimolante. Poi però ho approfondito la fotografia di still life e d’architettura in particolar modo, mi affascina molto per le sue linee e geometrie a partire dalle quali riesco a creare un’inquadratura interessante, con giochi di diagonali e linee prospettiche. Si tratta di un’operazione spontanea e affascinante allo stesso tempo. No time no space è la personale presentata dalla storica galleria milanese Miart Gallery di via Brera, che ti ha visto protagonista e che ha riscosso molto interesse. Perché hai scelto come soggetto privilegiato della tua ricerca il paesaggio urbano? La mostra vuole essere specchio di una realtà troppo veloce, racconta della frenesia di una società contemporanea che non si ferma mai, troppo volatile per essere catturata e definita secondo schemi canonici. La città è metafora, racconta storie, suggerisce emozioni. Sono cresciuto in città e credo che sia il mondo in cui mi ritrovo di più: nelle sue complessità, nella dinamicità e nelle contraddizioni che la caratterizzano. Qualche parola sul concetto spazio-tempo: cosa intendi dire quando spieghi che quello scatto, originale e unico, permette di andare oltre, raggiungendo un’altra dimensione, non visibile? No time no space rispecchia sia la tecnica con cui ho realizzato le fotografie, che la filosofia che sottende a questa ricerca. Il risultato fotografico è uno scatto ‘originale’, non è un effetto della post produzione, affido il risultato a una combinazione di elementi, circostanze, luci e soprattutto movimenti, che combinati permettono la magia. Sono scatti unici, i cui risultati non sono del tutto controllabili; chi guarda e decide di far propria una delle mie fotografie, sa che è un’immagine unica e irripetibile, questo mi emoziona. Scelgo momenti della giornata ben precisi, come l’ora in cui il sole sta tramontando e arriva la notte. In quel poco tempo a disposizione, si crea un’ambientazione unica, l’effetto dell’opera finale rimanda a una nuova dimensione, quella del vissuto, della velocità e della frenesia contemporanea, comunicando l’incapacità di fermarsi a osservare e vivere il momento. Ciò che riesco a raggiungere in quel momento, ciò che mi arriva ha a che vedere dunque con il non visibile, in questo senso si va oltre tempo e spazio. Andare oltre vuol dire accogliere qualcosa di non visibile, né prevedibile, è una dimensione che prescinde dall’artista stesso. Voglio concludere con una citazione di Aristotele che mi aiuta a spiegarmi meglio “Per un verso esso è stato e non è più, per l’altro verso esso sarà e non è ancora”.

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Una storia tutta italiana

Gilmar Intervista a Paolo Gerani, amministratore delegato della società. a cura di Barbara Nicolini

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Una storia tutta italiana che vale la pena di raccontare dove la protagonista indiscussa è una donna: Giuliana Marchini. Negli anni Cinquanta una giovane donna, tenace e volitiva, decide di accettare un’importante sfida, quella di diventare imprenditrice. Il settore nel quale si esprimerà è quello tessile. Giuliana riesce ad acquistare la prima macchina da maglieria con la quale inizia a confezionare capi su misura che vengono immediatamente apprezzati per l’alta qualità e in breve tempo richiesti dai primi negozi. Inizia così la fase di espansione di quella che un giorno diventerà una grande azienda. La distribuzione raggiunge quasi subito gran parte del territorio della Romagna, poi l’Emilia e successivamente arriva in tutta l’Italia. Ecco che finalmente, nel 1959, nasce Gilmar: acronimo che comprende le iniziali della fondatrice. E circa dieci anni dopo, precisamente intorno agli anni Settanta, nasce il marchio Iceberg. Oggi Gilmar produce e distribuisce i marchi di proprietà Iceberg e Ice Play e ha la licenza di N 21, Paolo Pecora e Siviglia. Paolo Gerani, figlio di Giuliana, oggi ne è l’amministratore delegato. Paolo è un grande appassionato d’arte ed è proprio questo l’aspetto che vogliamo approfondire, per scoprire quale relazione esista per lui tra arte e moda, sapendo della sua predilezione per la pop art.

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Ci racconti della tua passione per la pop art?

Paolo ci racconti da dove nasce la tua passione per l’arte? La mia passione per l’arte nasce grazie a Jean Charles de

La pop art è il movimento artistico al quale sono mag-

Castelbajac, questi è per tanti aspetti l’uomo che, a sua

giormente legato. Andy Warhol, che io prediligo, nel

insaputa, ha formato e influenzato un periodo impor-

1984 ha posato per una campagna pubblicitaria di Ice-

tante della mia adolescenza. J.C. è la persona che mi ha

berg.

avvicinato al mondo dell’arte, alle gallerie e ai galleristi;

Iceberg prende ispirazione nel colore, nell’arte popolare

è la persona che mi ha insegnato ad amare l’architettura

americana e italiana.

e il bello, a vedere la vita sotto una prospettiva diffe-

Jean Michel Basquiat, Mel Ramos, Ronnie Cutrone,

rente, nella quale il colore non è solo una percezione

Tom Wesselmann,

visiva, una sensazione, ma anche uno stile di vita che ti

Franco Angeli, Tano Festa e Mario Schifano sono artisti

accompagna.

di grande talento, ai quali mi sento legato da un punto

Jean Charles de Castelbajac è stato inconsapevolmente il

di vista creativo: i loro lavori sono spesso fonte di ispi-

mio tutor, la mia guida, la mia ispirazione e il mio punto

razione per me, vi sono tracce nello stile e nelle stampe

di riferimento.

di Iceberg.

Roy Lichtenstein, Jasper

Johns,

Da dove trae oggi ispirazione la moda? E come sta cambiando?

Qual è il legame con l’azienda? Jean Charles è il designer che ha fondato Iceberg. Ma

La moda trova fonte di ispirazione certamente nell’arte,

soprattutto è l’uomo che ha “scoperto” per primo la

ma anche nella musica e nel cinema. Senza dimenticare

genialità di Andy Warhol e la sua straordinaria forza

che la cosiddetta esperienza del “marciapiede”, del vi-

innovativa, colui che ci ha fatto conoscere Jean Michel

vere quotidiano, l’eclettismo dei giovani, che meglio di

Basquiat, che “duettava” artisticamente con Keith Ha-

chiunque altro si adattano ai cambiamenti socio cultura-

ring in appassionate giornate passate insieme a dipingere

li, rappresentano il terreno su cui nascono idee, ispira-

e lavorare, come avviene in una sinfonia tra tenori.

zioni e soluzioni.

Jean Charles è la persona che più di ogni altra mi ha

La moda sta vivendo un periodo di transizione e grande

indirizzato, spiegato ed avvicinato all’arte contempora-

cambiamento. Questo è un periodo storico nel quale si

nea. Grazie a lui la pop art è divenuta il centro del mio

sono concentrati, nello stesso momento, tanti accadi-

interesse artistico.

menti: una crisi economica di portata mondiale (iniziata

L’altra importantissima figura che mi ha sensibilizzato

nel 2008 e ancora non terminata), l’avvento del mondo

all’arte è rappresentata da mia madre.

dei social (che ha cambiato profondamente il mondo del-

Lei, infatti, collezionista di arte moderna, mi ha fatto

la comunicazione e dei mercati) e le tensioni geopolitiche

“respirare “ fin da giovane la preziosa atmosfera spri-

inaspettate. Insomma la moda, come l’arte, risente di tut-

gionata dall’ arte italiana. Ho avuto la fortuna di avvici-

to ciò. Il cambiamento è necessario. Un diverso atteggia-

narmi a straordinari talenti come Severini, Carra’, Cam-

mento del consumatore e nuove abitudini legate ai con-

pigli, De Chirico, Pirandello, De Pisis, Rosai, Morandi,

sumi devono essere presi sul serio e considerati la base

Sironi e molti altri.

per comprendere da quale parte andare. Sono in crescita

L’arte moderna e l’arte contemporanea, nel mio imma-

gli acquisti etici, il fattore costo non può essere trascu-

ginario, si sono così fuse insieme in un miscuglio ap-

rato e allo stesso tempo la qualità e l’ecosostenibilità del

parentemente disordinato, di gusti e atmosfere, a volte

prodotto non devono risentire di scelte commerciali ben

tra loro contrastanti; in una visione di contrapposizione

precise. La moda più che mai dovrà tenere sempre più in

che oggi però è attuale e contemporanea più che mai,

considerazione questi cambiamenti e, benché il mondo

dove il sacro si mescola con il profano.

del lusso non scomparirà mai, dobbiamo tener presente che i giovani di oggi stanno crescendo con la giusta convinzione che la moda debba essere alla portata di tutti.

Paolo, un esempio per aiutarci a capire meglio.

Citando Keith Haring “Mi è sempre più chiaro che l’arte Immagino come se ci fosse un filo creativo che possa uni-

non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di

re il periodo metafisico di De Chirico o il futurismo di

pochi. L’arte è per tutti, e questo è il fine a cui voglio

Severini e Balla con la pop art di Andy Warhol, di Jasper

lavorare”.

Johns o il graffitismo di Keith Haring. Un po’ come nella moda e nell’architettura, una visione contemporanea si basa spesso sulla contrapposizione di gusti e stili differenti.

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A colloquio con il fotografo-artista

gaetano ALFANO per scoprire cosa c’è dietro un’arte meticolosa e sincera di Alessandra Notargiacomo

Milano, Brera. Una mattina di inizio giugno dall’aria fresca, quella che si ha solo quando la pioggia lieve decide di lasciare spazio ad un sole giovane e pallido. Un giardino che regala tutte le sfumature del verde. Una quiete rara. Una panchina di legno. Questa, la scena nella quale si svolge il mio incontro con Gaetano Alfano, ricercatore, fotografo, artista di grande talento. “Ecco siamo in un quadro di Corot” mi dice subito Alfano con un sorriso gentile ed un fare schietto e colorato. Nelle due ore successive il nostro confronto è serrato e lo scambio intenso e ricchissimo. Scopro una sensibilità eccezionalmente sviluppata, la delicatezza della capacità di osservazione, il rigore della ricerca e della restituzione. Ecco, dunque il percorso e le fondamenta teorico-filosofiche di un artista davvero molto meticoloso e attento, che non lascia nulla al caso.

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Raccontami di te, qual è il tuo percorso? Quale il bagaglio

In che modo avviene questa conoscenza? E qual è la restitu-

culturale che ti porti con te?

zione? Quando la realtà mi si pone davanti, come soggetto di un

Fin da piccolo ho frequentato la bottega di mio padre

mio progetto personale o come spunto dato da un com-

scenografo, che si è formato all’Accademia di Belle Arti

mittente, cerco di capire innanzitutto cosa ho di fronte e

di Napoli e ha studiato e lavorato con Mimmo Iodice,

parto da ciò che mi viene chiesto. A livello metodologico,

sono cresciuto affianco a lui, in un laboratorio dove si

cerco di scoprire cosa è già stato fatto su quel soggetto e

produceva design e fotografia, quindi dove si lavora-

in che modo altri vi hanno lavorato. Ne scopro, perciò,

va sull’immagine e sulla composizione. Questo mi ha

la storia, ma anche la grammatica dei linguaggi che vi

permesso di sviluppare una professionalità poliedrica,

si sono dedicati. Insomma, mi confronto con gli artisti

anche perché la cultura visiva si è intersecata con la di-

che hanno già affrontato la tematica. Conoscere punti di

mensione letteraria derivante dagli insegnamenti di mia

vista e di riferimento di altri è importante per orientarsi

madre, professoressa di storia e lettere, appunto, che mi

verso ciò che si vuole creare, per dire la propria e non

ha dato fin da subito una particolare attitudine all’inter-

realizzare un percorso visivo banale, ma svilupparne di

pretazione delle cose e mi ha portato a saper leggere e

articolati e complessi. Di fatto, per me non basta una

capire la realtà in maniera complessa.

restituzione estetica per quanto emotiva, a mio parere

Mi sono poi formato presso la Facoltà di Beni di Conser-

occorre avere anche un approccio conoscitivo e una so-

vazione di Viterbo ed ho approfondito la mia passione

lida base teorica che permetta di conoscere il contesto

per la fotografia. Nel gruppo di ricerca specializzato in

culturale da cui si parte. Per esempio, nel caso delle ar-

storia dell’arte bizantina, medievale e nei cantieri di re-

chitetture antiche, mi calo profondamente nel soggetto,

stauro, del quale faccio parte da anni, ho potuto sfrutta-

ritornando alla fruizione originaria ed al punto di vista

re e sviluppare le mie competenze fotografiche. In questo

di chi quei luoghi li ha vissuti. Per capirci, il mosaico del-

tipo di ricerca di documentazione applicata ai Beni Cul-

la chiesa visto dall’officiante, quindi con un particolare

turali che svolgo per l’Università, la cosa fondamentale,

sguardo verso l’abside. Tutti questi piani e questi aspetti

a mio avviso, è quella di strutturare conoscenze adegua-

vanno riversati in un lavoro puntuale e completo.

te per leggere gli spazi e i soggetti: i luoghi, le pitture, le scene iconografiche, il rapporto tra architetture e spazio,

Secondo te, la fotografia è un linguaggio intimo, solitario,

la stratigrafia. Ho così sviluppato una conoscenza det-

come lo è la scrittura per esempio?

tagliata della storia dell’arte e delle dinamiche artistiche nell’evoluzione storica. Ho sviluppato diversi linguaggi

Assolutamente sì, è intima e solitaria e la concentrazione

per ‘raccontare’ e restituire, attraverso la documentazio-

è quasi mistica, porta ad una dimensione meditativa che

ne fotografica, i lavori di restauro alla collettività. Pro-

a volte esclude il frastuono del contesto e permette di

fessionalmente sono, quindi, cresciuto con un approccio

astrarsi completamente.

scientifico molto rigoroso, tentando con l’attività foto-

Arrivo ad un punto in cui sono solo con il soggetto, sono

grafica di abbracciare tutte le esigenze del mio gruppo

a nudo, in una concentrazione assoluta e perfetta. Quel-

di ricerca.

lo è un momento raffinato perché non vedo niente se non le immagini che devo cercare e individuare. Sono

Qual è, dunque, il rapporto con il soggetto fotografico? Come

solo con me stesso e con quello che cerco. Posso impie-

entri in relazione con esso?

gare anche molti giorni per trovare il giusto mood fotografico. Ciò avviene anche in contesti in cui ho a che fare

Questo bagaglio culturale e professionale mi condiziona

con le persone ed uso un approccio che si avvicina all’os-

nel modo in cui affronto i vari soggetti. Il rapporto con

servazione partecipata dell’antropologia. Mi immergo

i processi e le dinamiche storiche e storico-artistiche è

profondamente e ‘silenziosamente’ nella realtà del mio

fondamentale. Sono abituato ad indagare e cercare di

interlocutore e faccio in modo che quasi non percepisca

capire i soggetti a livello profondo. Questo modello di

la mia presenza. Così ho avuto il privilegio di fermare

analisi lo riporto in tutti gli ambiti, in cui opero e che

quegli istanti tanto veri e profondi, proprio attraverso

sono i più svariati, dalla moda alle macchine, alle azien-

un’operazione simbiotica con il soggetto, ho congelato

de agricole, per esempio. I committenti mi chiamano

momenti incredibili, come lo slancio del pittore verso

per avere un’interpretazione del soggetto e sanno che io

la tela un secondo dopo la folgorazione! L’istante che

posso leggere la realtà in maniera profonda e personale,

intercorre tra costituzione d’oggetto e la sua traduzio-

dando un punto di vista originale. Io racconto storie e

ne concreta in opera, il momento dell’urgenza creativa

costruisco progetti che mirano a far emergere le qualità

che porta la mano del pittore alla tela, il pensiero che

intrinseche delle cose.

diventa forma. Un gesto unico che precede l’opera e ne è origine: il flusso braccio-pennello-tela.

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Quali sono i tuoi soggetti? Quali gli elementi del tuo

Per concludere, Gaetano, quando secondo te la fotografia

linguaggio fotografico?

smette di essere una descrizione della realtà e diventa processo artistico?

Sono uscito dalla categorizzazione classica e un po’ accademica mutuata dalla pittura, che distingue tra archi-

A mio parere, sussiste una sostanziale differenza, che dal

tetture, ritratto, natura e still life. Le ho abbandonate.

mio duplice lavoro sulla fotografia emerge particolar-

Il mio background basa sull’interpretazione degli spazi

mente bene. La mia dicotomia distingue tra fotografia

e delle architetture, lo studio del rapporto tra pieni e

come documentazione e fotografia artistica: la prima è

vuoti. Tutto ciò mi ha portato a sviluppare la mia con-

una lettura oggettiva della realtà in funzione di ciò che

cezione ed interpretazione del mondo sulla quale fonda

la committenza richiede, altro è l’interpretazione attra-

il mio linguaggio artistico: io vedo la realtà del mondo

verso un determinato linguaggio artistico che, nel mio

come uno spazio in cui i soggetti agiscono e si muovono

caso, avviene dopo il momento conoscitivo. Allora se

o stanno. Leggo spazi e luci. Il movimento, la dinami-

devo fotografare un busto per una documentazione ac-

cità, la dinamica delle linee è qualcosa di fondamentale

cademica farò un’operazione di un certo tipo, cercando

per la fotografia.

di restituire l’oggetto in maniera globale e completa, per

Nelle mie fotografie arrivo ad un’analisi quasi molecola-

quello che oggettivamente è. Se, invece, mi è richiesta

re. Indago proprio la materia, i materiali, le texture, nel-

un’interpretazione dell’opera, allora mostrerò dettagli

la natura, negli oggetti e nei volti: la borsa di una stilista

spingendo molto su specifici elementi o potrei concen-

diventa un’occasione per far parlare il materiale di cui è

trarmi sulla porzione non finita che esprime il processo

fatta o le fantasie che la caratterizzano, di un volto con-

dell’artista.

trito dalla stanchezza possono parlare le rughe d’espres-

Si tratta di diversi livelli conoscitivi. Io insegno cultura

sione. In progetti come ‘Colori e forme della natura’ o

visiva, per me tutto è immagine. E l’immagine costituisce

anche in ‘2kg di pane’ il lavoro è sottile e interroga il

la modalità fondamentale attraverso cui sperimentiamo

rapporto tra significato e significante, come si direbbe in

l’esistenza.

semiotica: la componente esplicita lascia spazio a quella implicita, intrinseca e, necessariamente, soggettiva. La soggettività è quella che mi porta ad imprimere la mia estetica ai lavori: per me una foto è ‘buona’ quando riesce ad esprimere quella matericità che stimola addirittura il senso del gusto. Quelle foto non si guardano, si assaporano. L’astrazione è importantissima per me, nello studio di certe nature ne ho indagato l’elemento puro, la componente formale ed essenziale non visibile ad occhio nudo Nella tua poetica hai introdotto anche il concetto di Iperluoghi: cosa sono? ‘Iperluoghi’ è anche il titolo di un mio lavoro che si è sviluppato nell’arco di sette anni. Si tratta di luoghi che vanno oltre la realtà e la travalicano: sono scomposizioni e ricomposizioni attraverso le quali ho espresso quella sensazione universale per cui la memoria è una sovrapposizione di immagini, ricordi, sensazioni, sfumature, poco distinti, che si affastellano. Con questa tecnica ho potuto mostrare le città nei diversi livelli che le caratterizzano, nelle molteplici stratificazioni e dimensioni, quasi a comporre una tavola sinottica. In questo mio lavoro ho dato voce alla contemporaneità di spazio, tempo e luoghi, tipica del processo intellettuale di conoscenza, arrivando a comporre un’immagine verosimile ma di fatto irreale e soggettiva.

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Un matrimonio tra arte e tecnologia

bizeta intervista ad Andrea Preite, Amministratore Delegato di Bizeta Retail Solutions, società del Gruppo Custom. di Angela Maselli

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La tecnologia è da sempre uno strumento che aiuta l’informazione e l’interazione tra diverse realtà. Negli ultimi anni si è sviluppato il concetto di ‘Arte Tecnologicamente Creativa’ attraverso il quale il mondo dell’arte si rivolge al mondo informatico per proporre un’altra faccia delle opere. Si scoprono così aspetti peculiari e inaspettati dell’arte che, ad uno sguardo distratto, non si sarebbero mai rivelati. Ecco che la tecnologia, da supporto spesso contestato, interviene in aiuto all’arte. Bizeta Retail Solutions, società del gruppo Custom, è un’azienda dotata di questa sensibilità e che ha come obiettivo quello di creare soluzioni su misura per il mondo contemporaneo; è presente in oltre 51 Paesi e in tutti i continenti. Andrea Preite, Amministratore Delegato di Bizeta Retail Solutions, racconta come il concetto di matrimonio tra arte e tecnologia incida nella filosofia lavorativa del gruppo.

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Per matrimonio tra arte e tecnologia s’intende l’incontro tra

Quanto conta l’apporto tecnologico affinché resti vivo l’interes-

due mondi diversi, incontro che permette la nascita di nuovi

se verso l’arte e i suoi protagonisti?

strumenti innovativi a supporto di entrambe le materie. Andrea La tecnologia è uno strumento fondamentale, proprio

Preite, qual è la filosofia lavorativa di Bizeta?

perché restituisce un materiale artistico ad alta definizioSpesso sento dire che la tecnologia ci porta via un po’ di

ne. Attraverso connessioni veloci è possibile raggiungere

ricchezza umana, in quanto la crescita e l’avanzamento

facilmente tutte le informazioni necessarie di un ambito

di questa concorrono a determinare uno stile di vita in

artistico e dei suoi protagonisti. Riconoscere l’importan-

cui si perde il contatto diretto, si è sempre troppo con-

za di questi aspetti permette che l’apporto tecnologico

nessi! La nostra è una sfida che va in un’altra direzione.

non sia invasivo, ma utile per gli aspetti più pratici legati

Ammetto che è difficile per aziende come la nostra re-

alla comunicazione e alla partecipazione ad un evento

stare vigili nel proporre idee in cui si mantenga un equi-

culturale: la possibilità di conoscere orari, programmi

librio tra l’arte e la tecnologia. Il nostro progetto, però,

ed eventi nella maniera più immediata possibile. Nasce

esprime l’ambizione di dare ancora più voce allo splen-

così una tecnologia proattiva, capace di facilitare una

dido mondo dell’arte con l’obiettivo di semplificare e

prenotazione e stringere il legame con il pubblico.

migliorare ancora di più l’incontro umano. Bizeta, concretamente, mette a disposizione una serie di soluzioni

Quanto è importante che si mantenga un buon equilibrio tra

dedicate, affinché ogni singolo dettaglio venga messo in

arte e tecnologia per una riuscita vincente di questo originale

evidenza: le novità saranno aggiornate attraverso una

matrimonio?

gallery, con l’invio di notifiche “push” e di brevi informazioni testuali, in tempo reale si permetterà la crea-

Ritengo questo equilibrio fondamentale; l’innovazione

zione di un canale diretto di comunicazione con gli uti-

tecnologica che le nostre soluzioni offrono, deve esse-

lizzatori dell’APP, consentendo aggiornamenti istantanei

re al servizio dell’arte e mai ambire ad essere qualcosa

legati a orari, programmi, eventi etc.

in più. Tutto questo è possibile cercando di sviluppare

L’APP si adatta anche alla gestione di informazioni e at-

soluzioni interessanti, ma allo stesso tempo facili da uti-

tività più complesse. Per facilitarne l’utilizzo, i materiali

lizzare. Il valore principale a cui fare riferimento è la

saranno suddivisi in categorie generali che guidino l’u-

semplicità: ci si avvicina con meno timore alle cose sem-

tente nel raggiungere obiettivi specifici. Ogni prodotto

plici riuscendo quindi ad arrivare anche a utenti lontani

avrà la propria scheda di approfondimento, con la pos-

attraverso soluzioni tecnologiche. Semplicità e buon sen-

sibilità di caricare dei file nei diversi formati, schede in

so sono i valori che hanno permesso al nostro Gruppo

formato pdf, video e contributi audio.

di diventare leader di mercato a livello internazionale, senza mai tralasciare l’obiettivo: soddisfare necessità e bisogni dei clienti offrendo soluzioni ad hoc.

Questa nuova tecnologia consentirà l’aggiornamento sugli eventi e attività artistiche affinché sia più facile entrare in contatto con diverse realtà che promuovono la cultura. Sarà possibile

Quali sono gli altri campi in cui l’utilizzo di questo tipo di tec-

accorciare le distanze tra le persone e le opere d’arte. Da dove

nologia può risultare prezioso?

nasce l’ispirazione per la nascita di questa nuova App? In diversi ambiti e per differenti esigenze. Dalla sicurezza Viviamo in un mondo sempre più dinamico, dominato

ai trasporti passando dal retail e arrivando all’hospita-

dai dispositivi mobili. Il modo in cui consumatori e ope-

lity, tutti questi settori richiedono funzionalità avanzate

ratori del settore si connettono, si informano e interagi-

per rispondere costantemente alle necessità del cliente.

scono è una realtà in continuo cambiamento. Per noi la

Bizeta è in grado di sviluppare e gestire la comunica-

complessità di questo scenario rappresenta una sfida e al

zione digitale con soluzioni su misura, pensate in modo

contempo un’opportunità.

che l’applicazione possa continuamente migliorare. La

Non trascurabile il valore di questo strumento in un

costituzione di APP dedicate, costantemente aggiornate,

cammino che vuole sensibilizzare e avvicinare sempre

migliorano la quotidianità e rispondono al target a cui

più al mondo dell’arte, un risvolto sociale questo non di

si rivolgono. Questa tecnologia può tornare molto utile

poca importanza.

per tutte quelle strutture che lavorano su prenotazione

Il Gruppo Custom da sempre realizza prodotti e svilup-

per garantire un servizio o la disponibilità di uno spazio,

pa soluzioni per rispondere alle esigenze del mercato e

la scelta del professionista o l’iscrizione ad un evento.

per migliorare le attività che s’incontrano nel quotidiano, dall’informazione relativa ad una mostra alle operazioni più frequenti e pratiche.

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Quali sono le maggiori soddisfazioni e il riscontro in questo cammino che vi vede connettere il mondo dell’arte a quello della tecnologia? La tecnologia al servizio dell’arte è stato l’obiettivo che abbiamo perseguito e la soddisfazione è stato vedere tutto questo realizzato. Ciò che maggiormente ci ha entusiasmato è come il concetto d’immediatezza, senza che la qualità venisse sacrificata, abbia costituito il cuore della nostra APP. Provate ad immaginare di ricevere sul vostro smartphone, in qualsiasi momento della vostra giornata, una notifica come per esempio la proposta di un itinerario affascinante. Questa riesce a catturare la vostra attenzione perché suscita delle emozioni, ecco che sentite la necessità di condividerlo con altri. Ecco il perfetto connubio tra arte e tecnologia. Quanto è importante per un’azienda storica decidere di utilizzare strumenti contemporanei per comunicare i propri valori di sempre proprio al fine di preservare un mondo che diversamente rischierebbe di rimanere per pochi? La condivisione e la comunicazione sono azioni specifiche, oggi più che mai fondamentali per il business. Per noi tutto ciò che crea dialogo e interazione è importante per “divulgare” il più possibile contenuti artistici di ieri, di oggi e di domani secondo le più moderne teorie di info-tainment proprie del mondo dell’informazione e dell’intrattenimento. Soluzioni di questo tipo, possono essere un primo passo per facilitare non solo l’ingresso dell’arte nel mondo tecnologico ma anche accrescere l’interesse da parte del mondo contemporaneo verso l’espressività artistica.

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Intervista al Direttore di Palazzo Reale Milano

Domenico Piraina di Claudia Notargiacomo Una carriera iniziata grazie alla curiosità: Domenico Piraina rappresenta una di quelle figure eccezionali e rare che nonostante ricopra una carica di enorme importanza nel panorama culturale italiano e non solo, vive le continue conquiste con umiltà e passione, condividendo i valori dell’italianità e della bellezza attraverso gli strumenti della conoscenza e dell’ascolto. Infinite le mostre da lui realizzate, tantissime le iniziative portate avanti per promuovere e valorizzare un “mare che deve essere pulito e sano”, quello dell’arte, mondo che deve diventare sempre più fruibile e comprensibile.

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Dottor Piraina, inizierei questo incontro chiedendole chi è Do-

Sono tante… quella però più laboriosa, complicata da

menico Piraina, qualche parola sulla sua storia, cosa l’appassio-

realizzare, ma che ha rappresentato il sogno di una vita,

na, qual è il cammino che l’ha portata fin qui.

direi che è indubbiamente quella su Leonardo concretizzata qualche tempo fa. Ha richiesto sei anni di lavoro,

Guardi io sono arrivato fin qui direi per caso, perché

con relazioni con musei di tutto il mondo, problemi re-

nella vita non basta il talento, bisogna saper cogliere

lativi alla sicurezza e al trasporto da gestire con enorme

l’occasione. Vede, io sono nell’amministrazione comu-

attenzione: si trattava di ben 3-4 miliardi di valore assi-

nale di Milano dal lontanissimo 1984, entrai dopo aver

curativo. Le responsabilità sono immense e tutto deve

vinto un concorso. Allora ero ancora studente di lettere

funzionare perfettamente. Sa, quando tu e la tua struttu-

presso l’Università Cattolica. La svolta vera arrivò nel

ra riuscite a fare una mostra di quella portata (Leonardo

1993, quando incontrai Philippe Daverio, era Assessore

di quelle dimensioni intendo), tutto il resto è relativo…

alla cultura, di lui sapevo questo, non lo conoscevo di-

quella è stata davvero la grande prova! Successivamente

rettamente. Mi propose di entrare nel mondo dell’arte e

ci fu anche la mostra su Giotto, meno difficile come mo-

delle mostre, non nascondo che ebbi qualche titubanza

stra per via del numero di opere di gran lunga inferiore

al principio, mi ero immaginato una carriera di tipo ge-

(14 e non 200), ma anche lì con problemi di tipo conser-

neralista. Decisi in ogni caso di accettare e fu da allora

vativo notevoli. Pensi a trasportare il Polittico Stefane-

che iniziai il mio cammino. Mi venne affidata la direzio-

schi che non si spostava dai Musei Vaticani da quando

ne di Palazzo Reale, poi nel corso degli anni, attraverso

Giotto lo aveva fatto… ben settecento anni. Un’altra

diversi concorsi interni, arrivarono altre responsabilità,

bella soddisfazione, più a livello personale, è quella che

come per esempio la direzione del

fino ad arriva-

riguarda la nostra richiesta, in occasione della mostra su

re al 2012, anno in cui l’amministrazione mi diede la

Leonardo, di pezzi appartenenti alla collezione reale di

responsabilità anche dei musei scientifici di Milano.

Windsor, la cui responsabile finale era proprio la Regina

L’intenzione era quella di superare la barriera esistente

d’Inghilterra. Insomma per farla breve, negli uffici della

tra sapere umanistico e sapere scientifico, missione che

Regina d’Inghilterra si trova un contratto per il prestito

sto cercando di portare avanti anche oggi nel migliore

delle opere che, dopo il nome della Regina con tutti i

dei modi. Una casa costruita mattone su mattone, senza

suoi titoli, riporta un “end Domenico Piraina”, imma-

perdere ciò che avevo imparato fino al momento prece-

ginate firmare un contratto con la Regina d’Inghilterra,

dente. A latere, alcune esperienze che mi sono poi ser-

ovviamente ne ho una copia incorniciata a casa mia!

vite in quello che oggi è un lavoro di tipo, direi, spesso

Questi sono passaggi importanti prima di tutto da un

manageriale, quali seguire la direzione della promozio-

punto di vista umano, perché in quei momenti davanti

ne culturale nella città di Milano e la partecipazione al

agli occhi ti passa tutta la tua vita… Mentre fai le cose

gruppo di lavoro del marketing territoriale del comune

non hai consapevolezza, sei concentrato sul quotidiano,

di Milano. Ho avuto la fortuna di fare un’esperienza a

ma quando ti fermi a pensare, ecco che ti rendi conto di

360°, sono uno dei pochi in Italia, ritengo, ad avere una

aver fatto cose che da ragazzino non avresti mai neanche

competenza così vasta. La scelta dell’amministrazione

sognato. Venivo da un paesino della Calabria, incurio-

di riunire in una sola figura competenze che solitamente

sito da sempre da questo affascinante mondo dell’arte.

vengono percepite in modo contrastante, ovvero quel-

Ero ancora giovanissimo quando partivo alla volta di

la propria di direttore di Musei e quella relativa alla

cittadine vicine, alla ricerca di approfondimenti su Van

direzione di mostre, è a mio parere molto importante,

Gogh, per esempio: i miei amici mi guardavano come

proprio perché, pur essendoci diversità, permette una

fossi un alieno… ma io non demordevo.

pac,

visione completa e profonda del mondo che quotidiaQuante opere, quante mostre ha visto e realizzato?

namente sondiamo. Si tratta di un notevole passo in avanti, in Italia questo prima non avveniva, soprattutto a livello di mentalità si sta compiendo un avanzamento

Infinite opere viste da vicino, a pochi centimetri di di-

non indifferente.

stanza e tantissime mostre, dovrei ricostruire… più di

Per fare questo lavoro è fondamentale avere una men-

millecinquecento mostre ritengo!

talità aperta, essere curiosi, pronti a cogliere gli stimoli che arrivano, importante è poi amare la lettura, andare a

Ha realizzato tutto questo attraverso un cammino fatto di tappe

vedere le cose. Ogni giorno si scopre qualcosa di nuovo.

e fasi in cui si è preparato sul campo si può dire, oltre certamente ad una preparazione culturale che toccava tanti campi differenti?

Le mostre più importanti, quelle che hanno lasciato il ricordo più bello, l’emozione più grande da un punto di vista professio-

Già, nessun amico, nessuna conoscenza che mi abbia in-

nale e umano?

stradato tengo a dire. L’incontro della persona giusta al

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momento giusto, Daverio come dicevo, che mi ha dato

del contemporaneo, visto che siamo qui in occasione di

credito, evidentemente reputandomi all’altezza di un

un’intervista per una rivista che parla di contemporanei-

compito importante. Poi siamo diventati amici, ma allo-

tà, sono molti i progetti da creare e in cui credere, in Ita-

ra per me era solo l’Assessore alla cultura.

lia ci sono ancora molte cose da fare sul contemporaneo.

Un messaggio per i giovani, per chi lavora seriamente e vorrebbe

La didattica, la scuola: quanto è importante aiutare i giovani

aiutare il proprio Paese.

ad avvicinarsi al contemporaneo? Ad un linguaggio differente? La funzione del curatore quanto è importante in questo senso?

Un messaggio che tengo a condividere è quello di lavorare con leggerezza, come diceva Italo Calvino “Leggerez-

Fondamentale direi, il ruolo dell’istruzione, insegnare

za non è superficialità”, ma guardare alle cose dall’alto

ai ragazzi come avvicinarsi a un’opera, metterli nella

senza pesi sulla coscienza. Fare, lavorare, cercare di por-

condizione di capire, conoscere, appassionarsi. Il cura-

tare a casa i risultati… è solo dopo che si realizza di aver

tore, poi, dovrebbe comprendere quale sia realmente la

fatto una cosa importante. Senza troppe strategie!

sua funzione, e non è altro che quella del mediatore, far conoscere e comprendere, attraverso gli strumenti più

Parliamo di Milano, abbiamo ricordato mostre molto impor-

idonei al fruitore. L’utilizzo delle didascalie per esempio,

tanti, si percepisce un forte fermento, una realtà culturale in di-

molti curatori inorridiscono, ma al contrario quello è

venire: è proprio così? E rispetto alle altre città, italiane e non?

uno strumento interessante. Le opere bisogna spiegarle, dico spesso ai curatori che le opere contemporanee van-

Su questo non c’è dubbio, è sotto gli occhi di tutti l’e-

no trattate come fossero opere d’arte antica, spiegate.

voluzione della città. Milano è cresciuta notevolmente

Testi chiari, semplici. Amministrare la cosa pubblica,

anche da un punto di vista culturale. Si pensi al turismo,

vuol dire scegliere un approccio didattico, di insegna-

al tipo di turismo, alla ricerca di una proposta culturale

mento alla gente. Noi dobbiamo avvicinare l’opera d’ar-

importante. Noi stessi facciamo programmazioni e uti-

te e il visitatore, molto spesso nell’arte contemporanea

lizziamo strumenti che possano mettere il turista nella

questo aspetto non viene affrontato in maniera adegua-

condizione di godere della bellezza e dell’arte italiana. I

ta. Imprescindibile la preparazione del curatore, affinché

musei portano numeri in continua crescita rispetto alle

sia in grado di cogliere e trasmettere i riferimenti, i luo-

visite. Quando c’è stato Expo, per esempio, l’ammini-

ghi da cui arriva una determinata scelta dell’artista che

strazione ha fatto un cartello, un palinsesto “Expo in cit-

si esprime attraverso il contemporaneo.

tà”, mi sono dovuto occupare dei contenuti: guardi che c’è una ricchezza di situazioni e proposte a Milano enor-

La programmazione è sempre di altissimo livello. Come vi state

me, vivacità, dinamismo…io stesso non immaginavo. E

orientando, cosa state proponendo?

non è stata una fiammata, questa fiammata continua: gli anni successivi non hanno riportato cadute, questa

In generale è importante sottolineare che è proprio

è la città della creatività. Ci sono ben sette Università,

grazie ad una programmazione a lunga scadenza che

ricordiamocelo! Un sistema museale incredibile: civico,

si riescono ad ottenere risultati importanti, a livello di

statale, privato, splendide gallerie d’arte… siamo noti in

riscontro del pubblico. Già ora stiamo lavorando per si-

tutto il mondo. Milano deve essere locomotiva per l’Ita-

tuazioni che si realizzeranno nel 2020, per esempio. Nel

lia intera, come dicevano gli anziani tanti anni fa.

mondo si ragiona così, ritengo importante programmare le cose con i tempi giusti, non credo nelle cose improvvi-

Dottor Piraina, le chiedo cosa pensa riguardo alle sinergie tra

sate dalla sera alla mattina. La mostra di Keith Haring,

pubblico e privato. La funzione dei privati nel fare cultura?

per esempio, è stata studiata e impostata in un modo particolare, è stato messo in evidenza l’aspetto di for-

Molte sono le sinergie già in essere, la collaborazione

midabile conoscitore di storia dell’arte di questo artista.

virtuosa tra pubblico e privato già consente la realizza-

Un’impostazione che è piaciuta molto sia ai collezionisti

zione di tante belle iniziative: questo tipo di collabora-

che alla fondazione, si tratta di un aspetto che non era

zione funziona se i paletti sono belli chiari, il pubblico

ancora stato sondato in modo specifico: Keith Haring

deve fare il pubblico e il privato deve fare il privato.

artista e grande conoscitore della storia dell’arte mon-

Viviamo in un mondo talmente complesso che da soli

diale. Non posso non citare l’importantissima mostra su

non si può andare avanti, il contributo può venire da

Caravaggio, anche questa con un taglio d’eccezione, in

tutti, dal pubblico, dal privato, dal privato no profit.

questo caso si dà conto di un decennio di studi e indagini

L’importante è che sia chiara la distinzione. Il compito

diagnostiche, scientifiche che sono state fatte sulle opere

dell’amministrazione pubblica è quello di creare e pre-

di Caravaggio, emergono con questo lavoro notizie di

servare la salute del complesso mare dell’arte. Parlando

grande rilevanza.

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La tecnologia al servizio dell’arte: cosa ne pensa? Siamo in un’epoca in cui le nuove generazioni sono nate in mezzo alle nuove tecnologie, per cui è fondamentale considerare questi strumenti quali facilitatori per avvicinarsi all’arte. È un problema che ci stiamo ponendo, ma non è un problema di facile risoluzione. Fondamentale è il rapporto con l’originale, ricordarsi sempre che non è possibile sostituire il reale con il virtuale. Lo strumento tecnologico può nell’immaginario trasformare, far travisare: l’opera d’arte deve essere vista dal vero, il virtuale può aiutare. L’utilizzo del virtuale, senza l’incontro reale, fa perdere tutta la poesia di ciò che desideriamo conoscere. Il coinvolgimento emotivo è insostituibile, di emozioni stiamo parlando…

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Ezio

indiani Intervista al General Manager dell’Hotel Principe di Savoia

a cura di Claudia Notargiacomo

È attraverso il racconto di una storia di passione per la vita e per l’arte che comprendiamo il successo di un luogo apprezzato e rinomato da businessman e turisti di tutto il mondo. Quando a capo di un progetto c’è un uomo interessato alla soddisfazione dell’altro ecco che il risultato è un’eccellenza! È il 1927 l’anno in cui il Principe di Savoia viene aperto e si propone come il grande albergo singolo di Milano. La sua storia è particolare, si trattava della riunione di 3 realtà differenti, Il Principe, il Savoia e un piccolo altro albergo unito alle prime due realtà. Vi fu un’importante ristrutturazione nel 1990 voluta dall’Aga Khan ed è allora che il prestigioso hotel assume le sembianze odierne. Oggi alla guida di questa splendida realtà, e precisamente dal 2005, Ezio Indiani, un riferimento prezioso per tutti coloro che sono entrati a far parte di questa macchina dal cuore pulsante.

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Dottor Indiani, vorrei partire proprio da Lei, mi piacerebbe capire da dove arriva questa sua passione per ciò che fa. Chi è Ezio Indiani? Da piccolo, avevo circa 10/12 anni, al bar del paese, 2 camerieri raccontavano le loro esperienze all’Excelsior e al Des Bains di Venezia. Luci, musica, balli, abiti da sera, personaggi famosi, storie incredibili, tanta voglia di indipendenza. Sono rimasto incantato e non ho mai considerato altro lavoro se non quello legato all’albergo. Cameriere, cuoco, segretario di ricevimento, analista, via via sino alla direzione generale. Sin dagli inizi sono stato pervaso da una forte passione per questo lavoro, passione per poter vivere a contatto con i clienti e la voglia di affrontare sfide nuove ogni giorno. Questo è un percorso professionale che impegna molto e richiede sacrifici, che se sono vissuti come rinunce non portano da nessuna parte, se invece vissuti come opportunità e possibilità per uno stile di vita differente da quello tradizionale, possono formare e aiutano nell’evoluzione professionale. È importante, sin dagli inizi, farsi carico delle proprie responsabilità, avere fiducia in se stessi e non cercare capri espiatori per i propri insuccessi. Essere sempre positivi, guardare con ottimismo verso il futuro, cercare sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno. Essere corretti, sia con i clienti, sia con i colleghi e conoscere e rispettare le tante persone di differenti nazionalità e di differenti culture con le quali ci si interfaccia in continuazione. Essere sempre di esempio per il gruppo che si guida e determinati a raggiungere gli obiettivi prefissati, in modo particolare quelli qualitativi. Amo le cose belle e mi piace viaggiare. La cosa che amo di più è passare il tempo libero con amici nelle attività sportive più disparate, la buona cucina e i buoni vini. Dottor Indiani, da dove nasce la scelta di esporre arte e a quando risale? In quale modo avete deciso di percorrere questo cammino? È un’avventura questa entusiasmante e carica di significati, partita in modo strutturato nel marzo del 2017, quando abbiamo deciso di iniziare a collaborare con alcune gallerie e artisti per valorizzare l’arte contemporanea. In realtà nel nostro hotel abbiamo sempre avuto quadri importanti, che campeggiavano sulle pareti, imponendosi e rendendo gli spazi preziosi, ma allo stesso tempo impegnativi. Ho pensato che sarebbe stato bello fare un passaggio verso la contemporaneità per il piacere della nostra clientela e per sostenere artisti emergenti e innovativi, immaginavo un ambiente più contemporaneo sia da un punto di vista estetico che per quanto concerne la proposta culturale artistica. L’obiettivo è quello di sostenere il mondo dell’arte, in particolare vogliamo sostenere giovani talentuosi artisti con questa

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scelta, sicuramente coerente con la nostra volontà di so-

i desiderata degli ospiti, da ogni punto di vista, poniamo

stenere i giovani in generale, anche da un punto di vista

molta attenzione alla persona e al particolare. Gli ospiti

professionale. In questo senso siamo precursori di for-

non sono per noi numeri, ma persone con una storia e

mazione ad altissimo livello per i nostri dipendenti, che

un mondo proprio. Stabilire un rapporto esclusivo con

qui trovano il cammino per poter svolgere un lavoro in

ognuno di loro è l’obiettivo primo per tutti noi, ed è

albergo secondo standard e modi impeccabili. Il target

solo attraverso la passione e l’amore per ciò che si fa

di questo albergo, Claudia, è molto esigente e nulla può

che si può trasmettere ad ogni dipendente questo tipo

essere lasciato al caso.

di approccio. Sono ben 450 le persone che lavorano con noi, pronte a occuparsi di 100.000 visitatori l’anno per

Quali sono state le prime proposte artistiche e cosa c’è in cantie-

quanto riguarda l’alloggio e tra i 35 e i 40.000 per ciò

re in questo momento?

che concerne ristorante, bar e banchetti. Possiamo dire che circa il 65% della clientela si reca da noi per affari, il

I primi artisti che hanno esposto presso il Principe di

restante 35% è qui per turismo. Ecco noi vogliamo che

Savoia sono stati Antonio Nocera con il suo Pinocchio

ognuna di quelle persone desideri tornare.

e Alastair Gibson con le sue sculture nate a partire da pezzi meccanici provenienti da vetture di Formula 1. Si è trattato di esperienze splendide, con grande riscontro e interesse da parte dei nostri fruitori, riscontro che ha confermato la nostra volontà di proseguire in questo senso, con entusiasmo e soddisfazione per tutti. Il 2018 è iniziato con una collaborazione interessante e di valore con la galleria di Antonio Miniaci di via Brera 3 a Milano. La proposta artistica di questa galleria è preziosa e di lunga storia, le opere proposte in questi primi mesi sono quelle del maestro Antonio Tamburro, con i suoi pezzi di grande formato e le forme, i colori che rapiscono il visitatore, regalando suggestioni uniche attraverso una poetica che arriva a toccare profondità che solo l’arte raggiunge. Sempre con Miniaci abbiamo in programma un evento in cui l’arte culinaria diventa protagonista: si incontreranno opere, piatti e performance in un gioco di parti che vuole parlare di eccellenza, attraverso strumenti differenti, ma quanto mai vicini. Artisti provenienti da mondi diversi, un pittore e uno chef capaci di interagire e scambiare ruoli e modi per un fine comune ovvero la realizzazione di opere uniche. Anche del grande chef Heinz Beck abbiamo avuto il piacere di esporre un’opera, egli è un appassionato d’arte e pittore lui stesso. A questo proposito, Dottor Indiani, quanto è importante per la vostra realtà curare la proposta culinaria? Un target così vario ed esigente immagino non sia disposto a trascurare questo aspetto, ormai prioritario nella vita delle persone. Certo, le esigenze sono le più diverse, a partire dalla considerazione che la nostra clientela proviene da tutto il mondo, quindi cerca cucine differenti per tipologia, gusto e ingredienti, siamo pronti a rispondere ad ogni esigenza in modo personalizzato. Chi sceglie il Principe si aspetta il meglio e noi siamo pronti a soddisfare i nostri clienti a seconda della cultura e del gusto, proponendo sempre l’eccellenza. La formazione è per la nostra realtà fondamentale, per ciò che concerne i modi, la sensibilità, la dedizione. La nostra mission è quella di comprendere

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Silvio

Staiano Nell’isola tra le più struggenti del mondo: intervista al fondatore di Capri Watch di Giulia Rocco

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Capri e le sue bellezze, è qui che nasce Capri Watch ed è qui che incontriamo il fondatore di questa bella realtà imprenditoriale, Silvio Staiano al quale chiediamo una suggestione relativa a ciò che di splendido ci circonda… qui non si può non lasciare spazio al sogno. Capri è un luogo dell’anima, ognuno la vive e la sogna alla sua maniera e per me è un sogno che non finisce all’alba, ma continua all’infinito e quando ritorni da un viaggio intercontinentale e vedi queste rocce, la vegetazione e i colori ti ritrovi a sospirare, pensando che questo è il posto più bello del mondo! Silvio Staiano, tra le pagine della nostra rivista vogliamo raccontare storie di virtuosismo e talento, il nostro obiettivo è quello di condividere con i lettori e il nostro pubblico spunti e riflessioni che parlino del sapore di un’Italia capace di creare bellezza. Storie che hanno a che fare con il mondo dell’arte e dell’artigianato italiano, storie capaci di mettere in evidenza il positivo e le risorse intellettuali e manageriali dei nostri connazionali. Le chiederei quindi quale sia stato l’inizio di questa bella avventura, da dove parte l’idea di realizzare il marchio Capri Watch. La ringrazio per questa bellissima premessa: l’idea di far parte dell’Italia “positiva” e che “crea bellezza” è un onore che già mi ripaga di tanta fatica e di tutti i sacrifici. Per Capri Watch lavoro ininterrottamente da oltre 20 anni con mia moglie Valeria e mia sorella Alba direttamente coinvolte nella gestione quotidiana e poi i miei bimbi, Alessandro di 9 anni e Paola 7, che ogni tanto vedo “comparire” quando fanno capolino in ufficio per salutarmi. È per me importante sapere che i miei figli godano della preziosa libertà di entrare e uscire da qui quando vogliono, certi di trovarmi. Capri Watch nasce senza una reale progettazione, in modo spontaneo, come un fiore che sboccia tra le rocce. Si tratta di un vero e proprio sogno ad occhi aperti, così amo dire, una passione antica per gli orologi che si è trasformata in un lavoro a tempo pieno, sempre più ricco di responsabilità sia verso i Clienti estimatori sia verso i collaboratori. Ricordo bene, come fosse ora, il primo esemplare di Capri Watch esposto nella vetrina del negozio di mio padre in via Camerelle, la strada più glamour dello shopping caprese: era il 1 Agosto 1995. Un orologio semplice, ispirato agli Swatch dell’epoca, ma che riproduceva su quadrante e cinturino alcuni simboli di Capri, dall’orologio del campanile della piazzetta, ai faraglioni e ancora i limoni capresi. Fu un successo immediato. Ho seguito il mio cuore, senza esitare, come quasi sempre ho fatto nella mia vita e oggi sono orgoglioso dei risultati ottenuti che consapevolmente condivido con i miei familiari ed il nostro team. Il marchio Capri Watch, grazie al lavoro fin qui svolto, nell’immaginario collettivo evoca eleganza, stile, design, eccentricità ed esclusività. Capri

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Watch nasce a Capri, dall’estro di un caprese doc, che evidentemente custodisce questi valori nel suo dna! Il suo amore per Capri quanto è stato determinante nel percorso che ha portato Capri Watch al grande successo che conosciamo tutti, in Italia e in tutto il mondo? Il mio amore per l’isola è racchiuso nelle cinque lettere che compongono il nome Capri, questo è il fil rouge che lega il successo del brand ai nostri appassionati clienti. Un sentimento forte che ho cercato di trasferire nel concept di ogni modello di orologio. Capri con le sue bellezze, frequentata da un’élite internazionale abituata al bello, è per noi fonte d’ispirazione privilegiata. L’essere “caprese” è un plus valore che aggiunge smalto imprenditoriale alle nostre iniziative. In quali Paesi è presente Capri Watch? Siamo presenti in tutto il mondo. Infatti tramite il sito internet raggiungiamo i nostri Clienti in ogni angolo del globo. Infinite sono le richieste di distribuzione provenienti da tutto il mondo ma, al momento, non amiamo “massificare” il prodotto che preserviamo e proteggiamo gelosamente in pochissimi ed esclusivi punti vendita, custodi di un’esperienza d’acquisto raffinata. Quanto ritiene siano importanti gli incontri, le persone in un cammino così complesso? Il suo incontro con Antonio Miniaci, per esempio, imprenditore nel mondo dell’arte da oltre 40 anni e uomo innamorato del proprio Paese, risale a molti anni fa, ed è proprio qui a Capri che vi siete conosciuti e che avete condiviso entusiasmo e passione: entrambi avete portato l’Italia in giro per il mondo, ma ogni anno vi ritrovate in questo splendido luogo a raccontarvi riflessioni e sogni… Gli incontri contano nella vita, eccome se contano. E come i sogni, vanno interpretati e decodificati. L’incontro con Antonio Miniaci? Nonostante la differenza d’età siamo entrati subito in sintonia. Eravamo nei primi anni ’90, ricordo la sua galleria in piazzetta, un vero e proprio salotto nel salotto del mondo. Ricordo artisti allora emergenti e grandi maestri, che con le loro opere esaltavano le bellezze tipiche delle nostre terre baciate dagli dei. Di Antonio mi colpì il modo in cui si affidava e si fidava dei suoi collaboratori. Questo modo di fare gli consentiva di gestire numerose gallerie d’Arte contemporanea nei luoghi più prestigiosi: Capri, Positano, S.Gimignano, Venezia, Milano, New York, ma anche Miami, Bruxelles e ancora nei Caraibi, insomma un vero e proprio “Orient Express” dell’arte. Imprenditore vulcanico e illuminato. Eravamo diversi nel concepire i tempi di permanenza con la propria attività in determinate location. Trovavo impegnativo e stressante il suo

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continuo aprire nuove sedi, ma allo stesso tempo questo

Ci si può trovare nei luoghi più belli del mondo, ma senza un’i-

dimostrava la sua capacità di rinnovarsi e rimettersi in

dea vincente non si va da nessuna parte: cosa ha ispirato il suo

gioco. Anche oggi che potrebbe scegliere una maggiore

progetto?

tranquillità e riposo, anche solo durante una telefonata di saluti puoi percepire immediatamente il fuoco che ha

La vita! Devo quasi tutto alla mia vita, all’esperienza,

dentro. In più occasioni abbiamo pensato di collaborare

al vissuto: i viaggi, gli incontri l’emozione… Ho sem-

ad un progetto espositivo comune, ma i mille impegni

pre amato ascoltare le persone anziane con tutto quello

di entrambi ci hanno fatto sempre rimandare, almeno

che avevano da raccontare. Faccio di tutto per ricorda-

fino ad ora!

re, conservare e trasferire la saggezza di un tempo. Una volta, un uomo a cui devo molto, mi insegnò una cosa

Quali ritiene siano le chiavi del successo di un’azienda come la

incredibile: mi vide preoccupato per quanto avessi speso

sua? Cosa è importante, per un businessman, ricordare e non

per un viaggio di lavoro, con scarsi profitti, e mi disse:

perdere di vista nei momenti più complessi?

“non aver paura… quando si “gira” (si viaggia) si guadagna sempre!” Non ho quasi mai più sentito parole,

Il riferimento al passato, alle radici; riconoscenza per

apparentemente assurde, più vere di quelle: sto ancora

chi ci ha preceduto e chi ci ha aiutato sin dalle prime

guadagnando per tutto ciò che ho visto, imparato e ri-

ore; l’attenzione ai dettagli, concepire ed ideare pro-

cordato.

dotti che per qualità e design devono resistere ai successivi vent’anni. Non ultimo è fondamentale mettere

Umiltà, discrezione e professionalità sono caratteristiche che la

insieme un team, una squadra, come avviene in una

contraddistinguono: quanto ritiene importante mantenere vivi

grande orchestra dove la bravura e l’amore per quello

questi valori quando si raggiunge un successo come il suo?

che si fa riescono all’unisono a creare una magica armonia. Anche se in questo non sono molto bravo, sono

Io voglio credere che i valori presenti in un uomo sia-

un accentratore, troppo spesso gestisco personalmente

no gli stessi di quelli che si avevano da bambino, certo

e direttamente le attività che più amo, poi in realtà ci

la vita mette a dura prova, alcune esperienze tendono a

pensano loro, le persone che compongono il mio team

contaminare la purezza, ma l’indole primeggia sul resto.

a colmare questa lacuna, autogestendosi e contribuendo

Sono istrionico, un sognatore, un visionario, ma con i

attivamente al successo di tutti. Bisogna sempre tener

piedi ben ficcati nel terreno! Faccio della professionalità

presente gli obiettivi e i traguardi che ci siamo prefis-

un’arma di difesa contro l’approssimazione che dilaga

si, creare un mix di cose simili e disuguali allo stesso

in tantissimi ambiti della società. Ritengo di essere una

tempo, un pizzico di ambizione, tanta modestia e mol-

persona umile e rispettosa degli altri, credo che un va-

to coraggio senza mai fermarsi davanti agli ostacoli.

lore che ogni uomo deve ricordare sia quello della rico-

Capri Watch è un’attività molto singolare: era un nego-

noscenza! Non dimentico, non dimentico mai chi ci ha

zio, diventato poi azienda e oggi brand affermato, pre-

aiutati nei momenti più bui. Ho una memoria elefantia-

sente oramai in tutto il mondo.

ca. Non amo chi dimentica…

Qual è il momento che ricorda di maggior gioia e soddisfazione

La curiosità mi porta a chiederle quali siano i progetti per il

durante la crescita e il cammino verso il successo dell’azienda?

futuro? La prossima avventura?

Certamente un momento unico e forse anche magico che

Già, la prossima sfida? Rendere elegante e fortemente

non dimenticherò mai è stato il giorno in cui Capri Wa-

fashion modelli di orologi e gioielli dedicati al Tennis.

tch ha festeggiato i 20 anni di attività. Un traguardo rag-

Uscire dal concept che il Tennis rimanda allo sport e ba-

giunto in un momento di grande successo che ho potuto

sta. Intendo rendere questa collezione un richiamo alla

condividere con chi ha contribuito negli anni a questo

raffinata eleganza che, per storicità e tradizione, carat-

risultato, dai miei familiari e amici, ai miei collaboratori

terizza questo sport. E poi l’altra sfida che raccolgo è

e tutti i partner. Ricordo un party d’eccezione, un even-

quella di lottare contro l’inerzia di politiche inadeguate

to indimenticabile nel Parco del Grand Hotel Quisisana

e insensibili, che trascurano e non si occupano a dovere

con Veronica Maya, madrina della serata di gala, e un

delle esigenze dei più deboli, dei bambini e degli anziani

grande Peppino di Capri che entusiasmò gli ospiti con

di Capri, per esempio, finanziando progetti che tutelino

un concerto memorabile. Tutti per sempre ricorderemo

queste fasce più fragili, perché vengano individuate aree

Peppino che iniziò a cantare “Luna Caprese” nel preciso

e strutture da dedicare loro, degne della loro dignità.

istante in cui la luna sbucò dalla collina di Tragara. Momento unico per emozioni e sensazioni provate.

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mondoarte issue #1

Direttore Chief Editor Redazione

Antonio Miniaci Claudia Notargiacomo Giulia Rocco Margherita Martino Alessandra Notargiacomo Barbara Nicolini Angela Maselli Gianluca Miniaci Ilaria Miniaci

Visual

Gaetano Alfano Francesco Corti Riccardo Muzzi

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