MONDO ARTE 7

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MONDOARTE

ISSUE #7

STORIE
PASSIONI
DELL’ARTE
ECCELLENZE ITALIANE ESEMPI VIRTUOSI DI
E
ALL’INSEGNA
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RESPONSABILITÀ, PASSIONE E CORRETTEZZA.

RESPONSIBILITY, PASSION AND HONESTY ALL THAT YOU NEED TO LIVE A SATISFYING LIFE

Essere un gallerista d’arte e un editore di un magazine che si occupa di cultura vuol dire assumersi grandi responsabilità, divenendo strumento e canale di comunicazione per quei temi e valori che stanno alla base di una società sana, inclusiva ed evoluta. Aprire gli spazi delle mie gallerie e le pagine della mia rivista a coloro che hanno qualcosa da trasmettere attraverso il meraviglioso strumento dell’arte, della scrittura e del racconto per immagini è gioia, ma è anche occasione e delicato momento creativo, di partecipazione, costruzione e trasformazione.

Tratto opere di Grandi Maestri da sempre, di esordienti talentuosi che sostengo e seguo con costanza, mi circondo di collaboratori capaci e leali, prefiggendomi l’obiettivo di continuare a far crescere ed evolvere le mie realtà imprenditoriali, sostenendo la realizzazione personale di chi lavora con me. Sono consapevole del fatto che “opportunità” vuol dire “responsabilità”, ed ecco che dopo tanti anni di percorso ancora una volta voglio sottolineare che tutto ciò non sarebbe possibile e neanche immaginabile se non fosse per coloro che si sono presi un pezzo del mio lavoro, facendolo proprio e portandolo avanti con serietà e perseveranza. Collaboratori, donne e uomini di fiducia, capaci di ricoprire funzioni imprescindibili della mia azienda; una squadra di persone accomunate da valori quali l’onestà reciproca, ma ancora l’umiltà, la forza e il coraggio. Le aziende, piccole o grandi che siano, necessitano di gente capace di portare la propria umanità e la propria etica nella vita lavorativa, certamente all’interno di uno spazio imprenditoriale improntato al rispetto e alla valorizzazione delle risorse.

Being both an art gallery owner and a publisher of a revue is no easy matter. It’s not just about dealing with culture. It means assuming great responsibilities, becoming yourself a means and channel of communication of all those themes and values that lie at the heart and that are at the basis of a healthy, inclusive and civilised society. Thus, opening the spaces of my art-galleries, as well as giving room, on the pages of my revue, to all those who have something to convey by such marvellous means that art, writing and story told in pictures are, is a reason for great joy. Yet, it’s even a chance and delicate creative moment of participation, construction and transformation.

To tell the truth, I’ve dealt with works of the great masters’ from the very beginning, but even with those of talented debutants, supporting them financially and morally and constantly following them. I always surround myself with capable and loyal collaborators and colleagues, not only to pursue the aim of growing, developing and improving my entrepreneurial realities, but even in order to sustain the personal fulfilment of those working with me. I’m fully aware that “opportunity” translates into “responsibility”. Indeed, after so many years spent following my path, here I am, taking this opportunity now to highlight yet again that, today as it was then, all this would not be possible or even conceivable, if it weren’t for those who took a piece of my work, making it theirs and bringing it forward with seriousness and perseverance. I talk about colleagues, trusted women and men, capable of holding positions I consider essential within my company. A team of people bonded by values such honesty, humility, strength and courage. From the smaller to the larger ones, all companies require professionally prepared skilful people, who can share and bring their humanity and ethics to work life, certainly within an entrepreneurial space marked by respect and enhancement of resources.

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GLI INGREDIENTI PER UN FUTURO DI SODDISFAZIONI

Il Club Miniaci, che con passione ho creato tanti e tanti anni fa, continua a rappresentare uno spazio dedicato all’amore per l’arte, per la cultura, per la vita: amore per l’umanità che rimane il valore più prezioso, da preservare e custodire. Questo club è occasione di confronto e racconto, è quel contenitore che mi permette di condividere le esperienze più belle che la mia professione mi ha regalato e continua a regalarmi. L’arte e l’editoria trovano qui uno spazio libero, in cui collaboratori e artisti creano ogni giorno qualcosa di nuovo e sano. Viaggi, soggiorni e visite guidate per vivere insieme esperienze arricchenti. Il club e le gallerie sono sempre alla ricerca di risorse, professionisti talentuosi e persone di fiducia, che vogliano vivere una possibilità di crescita tra arte e cultura, in un ambiente caratterizzato da genuinità e scambio profondo.

Le doti fondamentali che immagino debbano caratterizzare un capo ideale, un responsabile a cui affidare la gestione di una parte della mia opera, sono quelle proprie di una persona di valore. Certamente competenze tecniche e capacità sono alla base di un grande professionista che deve essere valorizzato anche nella remunerazione. Ma ancora voglio sottolineare l’importanza di virtù quali: la sincerità – in antitesi a falsità, ipocrisia, intrigo e mistificazione –; la generosità e la capacità di condividere il proprio sapere; l’obiettività e l’indipendenza di pensiero; la forza d’animo che sostenga una serenità costante anche nei momenti difficili; l’umiltà e la capacità di confronto e ammissione dei propri errori; il coraggio necessario per l’assunzione delle proprie responsabilità. E, ultimo ma non ultimo, la giustizia e l’integrità nella valutazione di chi si ha intorno, per essere in grado di accogliere chi merita e allontanare coloro che si comportano in modo disonesto, falso e ipocrita, oltre a chi prevarica gli innocenti.

Invito chi abbia desiderio di vivere una realtà caratterizzata da tali valori di contattarci.

Tel. +39 348

4308257 - 02 8053943

Email info@miartgallery.it

Long time ago, when I first founded The Miniaci Club I was moved by an extraordinary passion. And after all those years, this club still represents a place devoted to the love for art, culture and life, that is to say for mankind, which is the most valuable and precious treasure to be guarded with and preserved. This Club is an opportunity for discussion, for dialogue and story-telling. It is that “room” that allows me to share the most beautiful experiences that my profession has given me and still gives me. Art and publishing find a free space here. A milieu where collaborators and artists create everyday something new and healthy. Trips, sojourns, and tours to enjoy rewarding and enriching experiences together. The Miniaci Club and the art-galleries are always looking for resources, talented professionals and trusted people who want to experience a chance of strong growth between art and culture, in an environment characterised by genuineness and deep exchange.

The essential qualities that I imagine should feature an ideal leader, a person in charge to whom I would entrust the management of a part of my work, in my humble opinion, are those peculiar to a person of value. Beyond doubt, technical skills and expertise are at the basis of a great professional, who must even be valued in compensation. But I want to stress once again the importance of virtues such as: sincerity - as opposed to falsehood, hypocrisy, intrigue and mystification -; generosity and the ability to share one’s knowledge; objectivity and independence of thought; the strength of mind that sustains a constant serenity even in hard times; humility and the capacity to confront and admit one’s mistakes; and the courage necessary for the assumption of one’s responsibilities. And, last but not least, justice and integrity in the evaluation of those around us, being able to welcome those who deserve it and turn away those who behave dishonestly, falsely and hypocritically, as well as those who prey on and oppress the innocent.

For those who have the desire to experience a reality characterised by such values.

Tel. +39 348 4308257 - 02 8053943

Email info@miartgallery.it

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The dreamer
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She is the one Opera di Luca MR Scultura in bronzo con base in acciaio corten Foto copertina di Giuliano Grittini

11 Palazzo Reale a Milano diventa reggia come Versailles

The Milan Royal Palace Comparable à Versailles

17 Un museo diffuso A “Scattered” Museum

27 MondoArte incontra Camilla Fiorin e le preziose edizioni di Colophonarte

MondoArte Meets Camilla Fiorino And Her Precious Editions Of Colophonarte

35 Luca MR, Poeta Punk!

The Poetry Of Punk - Luca MR

43 Roberto Capucci. Seriche armature

Seriche Armature On Display At The Labirinto Della Masone

53 Angelo Calculli. Un avvocato tra cinema, musica, premi e riconoscimenti

Angelo Calculli, The Lawyer Behind The Curtains Collecting Awards And Recognitions - His Cinema & Music

63 Riva GLDF

Riva GLDF

85 Nuovi ORIZZONTI, tra arte e letteratura

The New ORIZZONTI - About Art And Literature

89 L’imprenditore visionario Daniele Kihlgren. Missione: salvare i borghi

Businessman Daniele Kihlgren The Visionary. Saving The Mediaeval Boroughs

97 Gli Artisti di Miartgallery

Gallery Artists

115 Due chiacchiere con Antonio Miniaci

Catching Up With Antonio Miniaci

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Domenico Piraina Direttore Palazzo Reale Milano Foto di Gaetano Alfano

PALAZZO REALE A MILANO DIVENTA REGGIA COME VERSAILLES

THE MILAN ROYAL PALACE COMPARABLE À VERSAILLES

IL DIRETTORE DOMENICO

PIRAINA RACCONTA COME VERRÀ RAFFORZATA

L’IDENTITÀ DI UNA DELLE REALTÀ MUSEALI PIÙ IMPORTANTI AL MONDO

THE MILAN ROYAL PALACE DIRECTOR DOMENICO

PIRAINA HAS SAID ABOUT THE ONGOING PROJECT TO ENHANCE AND STRENGTHEN THE HISTORICAL IDENTITY OF ONE OF THE WORLD’S MOST PRESTIGIOUS

AND LEADING MUSEUMS

Come Versailles e i castelli della Baviera e della Polonia, come Schonbrunn e le altre prestigiose residenze reali riconosciute nell’Association des Résidences Royales Européennes (Arre). Ormai da quasi un anno, dal marzo del 2022, il Palazzo Reale di Milano è entrato a far parte con atto ufficiale dell’esclusiva associazione che raduna le assolute eccellenze dell’eredità regale europea. Il meritatissimo riconoscimento consentirà al palazzo milanese lo scambio alla pari con le altre magnifiche regge associate e l’accelerazione del progetto di valorizzazione della propria identità storica. Un’identità complessa e articolata che costituisce il valore aggiunto che rende unico questo esempio del nostro patrimonio storico-artistico. “I nostri colleghi all’estero sono affascinati proprio dalla stratificazione storica della nostra reggia”, commenta Domenico Piraina, direttore del Palazzo Reale di Milano. “Quando andiamo in trasferta e cominciamo a raccontare di Sforza, Francesi, Austriaci, loro impazziscono. Il nostro Palazzo Reale ha 900 anni di storia ed una complessa stratificazione storico-artistica». Un retaggio oggetto di ricerca continua, come conferma lo stesso Piraina rivelando che proprio a gennaio 2023 sarà presentato un ponderoso studio realizzato con l’Università Cattolica. «Abbiamo individuato dov’erano i laboratori di Leonardo in cui fu realizzato il cavallo monumentale per Francesco Sforza. All’epoca il Palazzo era una specie di insula che arrivava fino in piazza Missori».

For almost a year now, more precisely since March 2022, the Royal Palace of Milan has been recognized and honoured to join, by means of an official act, the circuit of the Association des Résidences Royales Européennes, better-known as ARRE. This exclusive association brings together the absolute excellences of European Royal Heritage - from Versailles and Bavarian Castles, to those placed throughout Poland and Austria, like Schönbrunn, just to mention some, along with all the other prestigious royal residences. The much-deserved recognition of which the Royal Palace of Milan has been awarded will enable the Milanese palace to exchange on an equal footing with the other magnificent member palaces as well as to speed-up the undergoing process of enhancing its historical identity. A complex and articulated historical identity that is the added-value, representing a unique example of our historical and artistic heritage. “It is indeed exactly this historical stratification, which fascinates our colleagues abroad”, remarks director of the Royal Palace of Milan Domenico Piraina. “When we go off-campus and we start telling them of the Sforzas, the French, the Austrians, they are mesmerised by these stories. Our Royal Palace bears witness to a nine hundred years of history and it is also the product of a very complex historical and artistic stratification”. A legacy which is subject to ongoing research, as Piraina itself confirms, who also reveals to us that a laborious study carried out with the Università

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Per il Palazzo Reale di Milano entrare a far parte dell’Arre è stato un grande motivo di orgoglio e un riconoscimento del valore come patrimonio e degli sforzi per la conservazione. Ma di certo la reggia meneghina aveva tutte le carte in regola per l’accesso all’esclusiva associazione nata nel 2001 con lo scopo di supportare i professionisti e gli esperti nella loro missione di conservazione, gestione e valorizzazione delle residenze reali, rafforzandone la collaborazione a livello europeo. «Per farne parte devi essere stata una residenza reale e devi avere delle sale storiche», racconta Piraina. Il nostro Palazzo Reale, in particolare sotto l’attuale direzione, è stato oggetto di un processo di recupero e ricerca del proprio patrimonio non solo architettonico, ma anche di arredi e decorazioni. «Da anni a Milano stiamo lavorando alla musealizzazione della parte sinistra del Palazzo con i mobili dei tempi di Napoleone, degli austriaci, dei Savoia. Ne abbiamo ritrovati molti negli uffici pubblici di Milano, altri a Monza, nei depositi dei musei e anche nelle ambasciate, fino in Brasile. Ovviamente non li faremo rientrare tutti, ma li stiamo studiando e catalogando».

L’Association des Résidences Royales Européennes ha sede legale nello Chateau de Versailles e i suoi membri si ritrovano tre volte all’anno per uno scambio sulle questioni museologiche. «Per esempio, siamo appena tornati da Versailles dopo un confronto sulla sala del trono di Napoleone», racconta Piraina. «Abbiamo avviato il progetto di ricostruzione di quella per l’incoronazione a Milano del 1805 e dobbiamo basarci sulla collaborazione con gli altri membri per i confronti di archivio. In particolare, avevamo dubbi sul disegno della tappezzeria che gli austriaci, subentrati a Napoleone, descrivevano verde a stelle d’argento”.

E proprio in relazione alla celebrazione del 26 maggio 1805, il Palazzo Reale di Milano ha in serbo una novità per il mese di marzo 2023: lo spettacolare Centrotavola del viceré, lungo 13 metri, che trionfava sulla tavola per il banchetto d’incoronazione di Napoleone, ritroverà il suo posto nella Sala delle Cariatidi. Collegandosi alla mostra organizzata dallo Château de Malmaison su Eugenio di Beauharnais, il percorso si pone come approfondimento degli aspetti legati all’esperienza milanese del figlio di Giuseppina, prima moglie di Napoleone, nella sua veste di Viceré d’Italia e, come tale, promotore delle arti e della produzione manufatturiera. Proprio Eugenio, che fissò la propria residenza principale nella Villa Reale di Monza, diede un grande impulso alla vita culturale, sociale ed economica del Lombardo-Veneto, influenzandone la moda e il gusto.

Cattolica of Milan will be presented in this very January 2023. “We have located Leonardo’s laboratories, wherein the monumental horse, in honour of Francesco Sforza, was created. The Milanese Palace was a kind of insula that went up to Piazza Missori, back then”.

It was a great reason for pride for the Milanese Palace becoming a member of the ARRE circuit and seeing recognized both its value as historical heritage and the work for its maintenance. Of course, the Meneghino Palace had all it took to enter the exclusive association founded in 2001 with the purpose of supporting the professionals and the experts in their mission to preserve, manage and enhance the value of royal residences, strengthening their cooperation at a European level. “To be a member, you are requested to be a royal residence and to have historical halls”, explains Piraina. Our Royal Palace, mainly under the current direction, has been the subject of a recovery process and research, not only in terms of architectural heritage, but also in terms of furnishings and decoration. “For many years, here in Milan, we have been working on the musealization of the left side of the Palace, with muebles from the days of Napoleon, the Austrians and the Savoy. We have found several of them in the public offices in Milan, others in Monza, in the storage of the museums as well as in the embassies, as far as Brazil. By all means, we are not going to return them all, but we are studying and cataloguing them”.

As regards the Association des Résidences Royales Européennes, it has its legal headquarters in Château de Versailles, wherein its members meet three times a year in order to have an exchange of views on museological issues. “We have just come back from Versailles, where we went for a comparison on the throne room of Napoleon ” as Piraina informs us. “We have launched a project of reconstruction that aims to recreate that of his coronation day in Milan, in 1805, and we must rely on the other members for archive comparisons. Truth be told, we had our doubts about the pattern of the tapestry, which the Austrians, who had taken over from Napoleon, had described as green with silver stars”.

And just on occasion of the celebration of Napoleon’s consecration and coronation on May 26, 1805, the Milan Royal Palace has in store for you great news for the month of March 2023: the spectacular Viceroy’s centrepiece, the 13 metres long one, that triumphed on Napoleon’s table for his coronation banquet will find its place, once again, in the Hall of Caryatids.

Linking up with the exhibition organised by the Château de Malmaison on Eugene de Beauharnais, the itinerary is intended as an in-depth study of those aspects related to the Milanese experience of the son of Josephine, Napoleon’s first wife, in his capacity as Viceroy of Italy and, as such, a commissioner of arts and a promoter of the manufacturing production. It must be said that it was Eugene himself, who made his last home and residence in the Royal Villa in Monza, giving a great impetus to the cultural, social and economic life of Lombardy and Venice, influencing its fashion and taste.

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Il percorso espositivo sarà costituito dal riallestimento di una parte dell’appartamento reale, residenza del Beauharnais, con arredi originali, opere d’arte, abiti e oggetti dell’epoca che fanno rivivere al visitatore l’atmosfera della vita di corte negli anni dell’epopea napoleonica. Arricchirà il percorso un filmato prodotto dal Grand Palais che documenta, tramite un’indagine storico-critica, la vicenda di Eugenio, appassionato collezionista e amante delle arti. Tra i capolavori esposti troneggerà il Centrotavola dell’incoronazione, commissionato dal Melzi per Beauharnais e Napoleone al mosaicista romano Giacomo Raffaelli, invitato a Milano dal Viceré per diffondere presso la gioventù milanese i rudimenti e la tecnica del suo mestiere. Il focus, curato da Domenico Piraina, con Bianca Girardi e Simone Percacciolo, sarà infine un’importante occasione per approfondire la storia del palazzo e restituire alle sale storiche parte degli arredi originali che andranno a completare il racconto dell’identità del Palazzo Reale e a costituire la prestigiosa cornice di rappresentanza che è tradizione e attualità di questa importante sede cittadina.

The exhibition itinerary will consist of the rearrangement of a part of the Royal apartment, that is to say the residence of Beauharnais, with original furnishings, artworks, clothes and objets of the period. Walking along this path, the visitor will be able to go back in time and experience the very atmosphere of court life at the time of Napoleon. What’s more, a footage directly produced by the Gran Palais will document, through a historical-critical survey, the life story of Eugene — a great lover of the arts and a passionate collector. Among the masterpieces on display, the Coronation Centrepiece will dominate the scene, commissioned by the Melzi for Beauharnais and Napoleon, from the Roman mosaicist Giacomo Raffaelli, who had been invited to Milan by the Viceroy to spread the rudiments and technique of his craft to Milanese youth. Last but not least, the focus, curated by Domenico Piraina, together with Bianca Girardi and Simone Percacciolo will be an important chance to delve into the history of the Milanese Palace, returning to the historical rooms some of the original furnishings meant to complement the narrative of the identity of the Royal Palace, while shaping, thus constituting a prestigious framework of representation, a mix of tradition and topicality that reflects exactly the importance of this city venue.

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UN MUSEO DIFFUSO A “SCATTERED” MUSEUM

MAPPATURA E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO DEL PALAZZO REALE DI MILANO

MAPPING AND ENHANCEMENT OF THE ARTISTIC PATRIMONY OF MILAN ROYAL PALACE

Aseguito dei diversi cambi dinastici, delle diverse fasi storiche, dei differenti allestimenti, delle rivoluzioni e conflitti, il Palazzo Reale di Milano ha visto la dispersione delle sue opere d’arte e degli arredi che vennero ricollocati in Italia e all’estero, in altri musei, uffici pubblici e ambasciate.

Nel 1919 Vittorio Emanuele III rinuncia al palazzo milanese, insieme a molti altri possedimenti, in favore del Demanio. Qualche anno più tardi, nel 1925, la parte posteriore del palazzo, che va dall’attuale via Pecorari a via Larga, viene demolita per far posto alla nuova sede del Comune. In seguito, nel 1936, demolito il lato occidentale del palazzo, la cosiddetta “manica lunga”, inizia la costruzione dell’Arengario. Sono interventi questi che riducono di quasi due terzi la superficie del palazzo e dai quali ne consegue lo spoglio di opere e arredi.

In questo quadro è di grande importanza il lavoro svolto dal prof. Roberto Papini incaricato, dopo la dismissione nel 1919 di parte delle residenze Reali, del riallestimento del palazzo che passava da sede istituzionale a museo di arti decorative. Allo stesso Papini viene inoltre affidato il compito di ricollocare molti degli arredi presso le ambasciate italiane all’estero.

After a succession of several dynasties, of different historical periods, of numerous styles and decorations, of revolutions and conflicts, the Royal Palace has undergone the scattering of its works of art and its former furnishings that have been moved to other museums, public offices and embassies all over Italy and abroad.

In 1919, Vittorio Emanuele lll gave away Palazzo Reale and many other properties in favour of the Demanio. A few years later, in 1925, the back of the Palace, the part of the building from today’s via Pecorari to via Larga, was demolished in order to leave room for the new City Hall offices to build.

After, in 1936, once the so-called “long sleeve”, the western side of the Palace, had been demolished, they began building the “Arengario”. These works reduced the surface of the Palace to almost one third of it and as a consequence it got deprived of the works of art and decoration contained there before.

In these circumstances, professor Roberto Papini’s work was of great importance. After the divestiture of some of the royal residences he was entrusted with the organising of the new decorations of the Palace that turns from an institutional building into a museum of decorative arts, in 1919. At the same time Papini was also entrusted with the task of transferring a great part of the former furniture and furnishings to some Italian embassies abroad.

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Testo Simone Percacciolo Foto Andrea Matera

Nel 1943 Palazzo Reale subisce i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che devastano in modo irreparabile buona parte del piano nobile. La Sala delle Cariatidi viene pesantemente danneggiata e questi bombardamenti segneranno ulteriormente il destino del palazzo.

A partire dagli anni ‘50 il palazzo viene utilizzato come spazio espositivo. Pablo Picasso lo sceglie per ambientare il grande quadro Guernica nella sala delle cariatidi per la drammaticità rappresentata dallo spazio che porta le ferite della guerra. Palazzo Reale acquista così centralità nella vita culturale e sociale della città e diventa sede di grandi mostre.

Ciò che ci si propone con il progetto di Mappatura e Valorizzazione è di analizzare le vicende storiche attraversate dal palazzo negli ultimi centosessanta anni - partendo dall’acquisizione al Regno d’Italiaper comprenderne le radici della dismissione, affondate in un clima culturale profondamente differente da quello attuale, e per arrivare sino ai giorni nostri con i progetti degli ultimi anni ancora in fase di definizione.

Si parte quindi dall’analisi della situazione ottocentesca, legata alle esigenze dell’Italia unitaria di fine secolo, passando per gli interventi “politico-urbanistici” del periodo fascista: nel 1925 e poi nel 1936 la demolizione di gran parte del palazzo per far posto, sul retro, agli uffici comunali e, sul fronte, all’Arengario, che doveva essere un avamposto del regime nella piazza principale, come in diverse città italiane.

Analizzeremo poi la svolta nell’identità del palazzo, in seguito ai devastanti effetti della seconda guerra mondiale, segnata dalla presa di coscienza dell’urgente necessità di intervento in soccorso dell’edificio provato dai bombardamenti.

Il lavoro si completa con l’ausilio dei moderni strumenti che vedono sempre più l’utilizzo di tecnologie digitali al servizio della tutela del patrimonio culturale. Strumenti che devono contemperare le esigenze e le problematiche di un polo espositivo che convive e dialoga con la sua parte museale.

Per comprendere la vicenda della disseminazione in tutta Europa, e non solo, delle opere d’arte e degli arredi che decoravano Palazzo Reale fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale è necessario fare qualche passo indietro nella storia.

Il palazzo di Milano entra a far parte del sistema delle residenze della famiglia reale italiana con la conquista da parte di Vittorio Emanuele II di Milano e della Lombardia nel 1859, seguita poi nel 1861 e 1870 da quella dei territori del Lombardo-Veneto, dei ducati di Parma e Piacenza, del Granducato di Toscana, del Regno delle due Sicilie, dello Stato della Chiesa con le relative regge.

Il formarsi di questo sistema di residenze reali nazionali permette la costituzione di un vastissimo patrimonio architettonico e artistico gestito trasversalmente dai Savoia, che già da allora iniziano a far migrare arredi e opere d’arte all’interno del nuovo sistema di regge per consentirne l’uso abitativo ed istituzionale adeguato al nascente Regno d’Italia.

In 1943, during World War 2nd, Palazzo Reale was bombed and damaged. These bombings irreparably destroyed and devastated an important part of the noble floor. The Room of The Caryatids got seriously damaged and the bombardement have had a really decisive impact on the destiny of the Palace.

Beginning with the 1950s the Palace began to be used as an exhibition space. Pablo Picasso chose it to set his large painting, The Guernica in the Room Of The Caryatids, for the tragedy it reminds us of, bearing the war wounds and scars.

Thus, The Palazzo Reale gained ever more importance in the city’s social and cultural life and became the location of great exhibitions.

By the mapping and enhancement project we are proposed the analysis of the historical events the Palace has gone through in the last 160 years - from the acquisition to the Kingdom of Italy, o better understand the reasons of the divestiture that are deeply rooted in a cultural climate which is so different from our days, up to today and the latest projects that are still to be defined.

We, thus, start from the examination of the situation of the 19th century regarding the unification dream of the whole Italy of the end of the century, taking into consideration the “political and urban planning” during the Fascist times: in 1925, and then in 1936 it was decided to demolish the greatest part of the Palace in order to leave space behind for the new city hall offices and to the Arengario in front of it, that was supposed to become an outpost of the regime in the main square like in many other Italian towns.

We shall therefore analyse the fundamental change of identity of the Palace after the serious effects of world war the Second, characterised by the obvious becoming aware of the urgent need of taking steps in order to save the edifice so seriously damaged by the bombings.

These works are completed in the end by the use of very advanced tools and means that are ever more frequently helped by digital technology for the safeguarding of the cultural heritage. These are ways and means, tools the use of which have to temper the needs, problems and difficulties of an exposition area that lives with and communicates with its museum side of the palace.

To better comprehend the story of the spreading all over Europe and even farther of the former works of art and decorations that used to embellish the Royal Palace, until the burst out of the World War Second, we need to talk about history and look back to some years earlier.

The Milan Palace became part of the residence system of the Italian royal family in the times of the conquering of Milan and Lombardy by Vittorio Emanuele II in 1859, followed after by the conquest of the Lombardo Veneto territory and of the Dukedoms of Parma and Piacenza, the Grand Dukedom of Tuscany, The Kingdom of the Two Sicilies and of The State of the Church and the related palaces in 1861 and 1870.

The setting up of this national residential system gave birth to a very vast artistic and architectural patrimony, entirely managed by the

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Si tratta di un patrimonio immenso che costituisce un unicum in Europa per la ricchezza e il pregio artistici. Per dare un’idea dell’importanza e della vastità del palazzo reale di Milano è utile citare Giuseppe Mongeri, che nella sua guida del palazzo del 1863 ci racconta con dovizia di particolari le meraviglie dell’edificio, all’epoca costituito da oltre cinquecento stanze, dodici delle quali dedicate a raccogliere solo le argenterie. Il palazzo all’epoca è abitato da duecento persone di servizio e destinato a ospitare un centinaio di membri della Corte, con rimesse adatte a ricoverare ottanta carrozze e scuderie per centosessanta cavalli. Mongeri continua nella descrizione della vastità della reggia scrivendo

[…] vi ha pure nel palazzo una grandiosa cavallerizza. […] Né qui sarebbe posto fine all’assegnazione dei diversi assegnamenti tra i quali è compartito lo spazio abitabile di esso. Abbiamo veduto che v’ha una chiesa; occorre soggiungere che vi sono annesse le abitazioni per tutto quanto vale al servizio parochiale [..].

Interessante notare come, a soli due anni dall’unità d’Italia, il palazzo sia già aperto al pubblico, non come un vero e proprio museo, ma come dimora istituzionale ricca di tesori d’arte. Questi sono in parte acquistati o commissionati dai Savoia anche con il fine di glorificare gli scontri risorgimentali che hanno portato all’unità d’Italia. Lo dimostrano le numerose opere dedicate alle vittorie del risorgimento, tra le quali le battaglie di Magenta e Solferino dell’Induno, acquistate in quegli anni per arredare numerosi ambienti del palazzo nel tentativo di alimentare il consenso alla nuova casa regnante attraverso l’arte e di forgiare una coscienza nazionale. Proprio a questo proposito si legge tra le righe nella parte introduttiva alla guida:

[…] in giorni poco remoti e già promettenti il nostro avventuroso mutamento politico, le sale di questo palazzo si dischiusero a feste che non poterono mai spogliarsi del gelido carattere ufficiale, e dove quanto era di meglio tra i nostri concittadini per natali, ingegno ed opere, facendo sempre atto di non intervento, mandò frustrate le seduzioni del signore straniero. Per contro, a feste veramente nazionali colla gioia espansiva di affetti quasi familiari qua ora convengono a migliaia i figli d’ogni parte d’Italia all’invito del loro re.

Da queste poche righe emerge chiaramente la presa di distanze degli italiani dal palazzo occupato dagli austriaci, a cui si contrappone la viva partecipazione e il senso di appartenenza che gli italiani dimostrano con l’avvento dei Savoia.

Il palazzo di Milano e la sua residenza di campagna, la Villa Reale di Monza, diventano quindi sedi della corona in Italia. La Villa Reale è particolarmente vissuta nel periodo estivo, quando la corte da Roma si trasferisce a Monza per la villeggiatura e con essa da maggio a ottobre il centro politico e istituzionale del Paese gravita intorno a Milano.

Questa fase di grande rilievo per il sistema milanese ha il suo termine con l’uccisione a Monza il 29 luglio 1900 di Umberto I, evento che farà cambiare le sorti del capoluogo lombardo, di Monza e del Paese intero. Dopo di ciò il Palazzo Reale e le ville milanesi non sono più abitate stabilmente dalla corona e inizia il loro parziale spoglio con la riduzione delle occasioni ufficiali e del suo ruolo di rappresentanza.

Savoy who since those times already start transferring works of art and furniture among the new residences of this system so as to make these fit for an adequate private life and institutions of the rising Kingdom of Italy.

We are talking about an immense patrimony that is considered unique in Europe due to its artistic value and wealth. To make the public understand the vastness and importance of the Palazzo Reale of Milan we need to quote Giuseppe Mongeri who, in his guide of 1863 for visiting the Palace tells us about the marvellous and amazing story of the edifice in full detail. In those times the Palace had five hundred rooms, twelve of which were simply used only to keep the silverware. It was inhabited by a personnel of two hundred people and it was supposed to receive and to be host for about one hundred members of the Court. It had suitable sheds to shelter eighty carriages and stables for one hundred sixty horses. Mongeri goes on describing the vastness of the residence writing:

“There is also a horsewoman at the Palace. There could always be room here for everybody who is assigned to, of every special grant, a living space shared by each of them. We have seen it holding a church within and also living space for anyone who belongs to the parochial life and service [...].”

It is interesting to find out how the Palace was opened to the public already only two years after the unification of Italy. But it is considered to be a rich institutional lodge not a real museum and it shelters lots of art treasures. These works of art were mainly bought or commissioned to be bought by the Savoy mostly in order to glorify the Risorgimento battles that lead to the unification of Italy. This fact is proved by countless works of art that are dedicated to the victories of the Risorgimento among which we should remind you about the battles of Magenta and Sulferino of Induno, works that were bought in those years in order to decorate several rooms of the Palace with the purpose of the reigning family of gaining the support of the people and of forging a national awareness by means of art. With this purpose we can read between the lines, in the introductory part of the guide

“Not very long ago but in hopeful and important times our adventurous political changes and the rooms of this Palace opened in feast after times when they couldn’t get rid of their cold official features and where to find the most of the best of our citizens as inheritors of brilliance, talent and works of art, proving not to disturb or censure the national and criticising and sending away the foreigner’s temptations by lashing. On the contrary, during the true national holidays expanding joyful affection is lingering on in the air, almost like in the family, thousands of the young “Sons of Italy” come together here from all the corners of Italy, now to respond to the invitation of their king.”

Reading these few lines we are clearly revealed how the Italians kept ever growing distance from the palace that was occupied by the Austrians. In opposition to this we are shown the sense of belonging together of the Italians and a real sincere taking part by receiving the rise of the Savoy.

The Milan Palace and his countryside residence The Villa Reale of Monza became, thus headquarters of the Crown of Italy. The Villa Reale was mostly used in the summertime when the Court of Rome used to move to Monza to spend the vacation. And together with it,

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I riflessi della Prima Guerra Mondiale, la nascita di una nuova società e il nuovo corso del Palazzo Reale… che non è più del re

28 giugno 1914. A Sarajevo la storia volta pagina. Da lì in poi non sarà più la vecchia Europa, non sarà più lo stesso mondo. I riflessi sulla società saranno avvertiti in tutto il continente. Con l’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale e i conseguenti sacrifici e sofferenze della popolazione, si vive un clima sociale in cui emergono tutti i problemi di fondo che caratterizzano la società italiana di inizio novecento. Esplodono agitazioni, scioperi, rimostranze, cui sono fortemente legati la questione dei contadini nelle campagne e la gravosa condizione di povertà dei ceti popolari. I sommovimenti scaturiranno nel cosiddetto biennio rosso con l’occupazione delle fabbriche, i grandi scioperi generali e le rivendicazioni dei reduci di guerra.

In questo clima politico e culturale, si inserisce la decisione di Vittorio Emanuele III di rinunciare a molti dei beni che erano in suo godimento personale in favore dello Stato. Il sovrano riduce il suo appannaggio, una delle rendite più alte d’Europa, da 14 milioni 250 mila lire a 11 milioni 250 mila lire.

Nel decreto del 3 ottobre 1919, che ufficializza la decisione del re, si leggono infatti tutte le motivazioni socio-politiche che spingono Vittorio Emanuele a tale provvedimento. In particolare, nella relazione del Ministro Segretario di Stato per gli Affari Interni, Presidente del Consiglio dei Ministri, si afferma che l’inizio dell’imminente annata agraria rende particolarmente opportuno e di grande utilità economica l’attribuzione immediata del possesso all’Opera Nazionale dei Combattenti del cospicuo patrimonio terriero compreso nella retrocessione allo Stato di parte del patrimonio della Corona.

Con questa cessione, Vittorio Emanuele III rinuncia ai castelli di Moncalieri e Stupinigi, con giardini e dipendenze, ai palazzi e ville reali di Genova, Milano, Monza, con parco e dipendenze, al Palazzo Reale di Venezia, a Palazzo Pitti col giardino di Boboli, alla villa di Poggio a Caiano e alla villa di Castello e di Petraia, con giardino, parchi e terreni dipendenti, alla tenuta di Coltano, al podere di Malaventre, al Palazzo Reale di Napoli, di Capo di Monte, con bosco e giardini annessi, al Palazzo Reale di Caserta, alle tenute di Carditiello e Calvi, al Palazzo Reale di Palermo e alla tenuta della Favorita.

Alcune di queste proprietà già nel corso della Prima Guerra Mondiale erano adibite a ospedali, convalescenziari e a ospitare orfani dei caduti ancora prima di essere retrocesse al demanio dello Stato. Sono compresi nella retrocessione “i mobili di arredamento, gli oggetti d’arte, le biblioteche, gli arredi sacri delle cappelle reali”.

Come è facile intuire, oltre all’opportunità storico-politica di cedere al demanio il patrimonio architettonico e terriero che genererà reddito a favore degli ex combattenti, vi è l’importante passaggio dei tesori artistici sotto l’amministrazione del Ministero dell’Istruzione. Lo stesso Vittorio Emanuele con sua nota alla Camera dei Deputati pone l’accento su questo aspetto proclamando tra l’altro che: “l’antico voto di sistemare nel modo più conveniente il patrimonio artistico nazionale, che è tanta gloria italiana, dovrebbe compiersi

there moved also the political and institutional heart of the country, gravitating around Milan from May to October.

This period of great importance for the Milanese system came to its end with the assassination of King Umberto ll in Monza on the 29th of July 1900. This event totally changed the destiny of the Lombard County seat of Monza and the whole country. Following this The Palazzo Reale and the Milanese villas were no more steadily inhabited by the Crown and there began their part emptying, with fewer official occasions and gradually losing its representational roles.

The Traces And Effects Of World War Second, The Rise Of A New Society And The New Life Of The Palazzo Reale… That Doesn’t Belong To The King Anymore

The 28th of June 1914. History turns the page at Sarajevo. From then on, the old Europe won’t be the same anymore. The world won’t be the same anymore. Effects on the human society will be felt everywhere on the continent. By Italy’s entrance into World War First and the forthcoming consequences, sacrifices and suffering of the population, people were living in a particular social climate in which all important problems that were related and specific to the early years of the Italian 20th century began emerging. There were turmoils bursting out, a lot of striking, events, remonstrations that had as main subject and at their heart the difficulties of the peasants in the countryside and the serious poverty among the social classes. During the so-called red biennial the turmoil led to the besieging and occupation of the factories, to the great general strikes and the requests of the survivors of the war.

In this political and cultural climate Vittorio Emanuele lll decision was to give away lots of properties he was used to benefit from, in favour of the State. The sovereign reduced his appanage which used to be one of the highest in Europe, from 14 million 250 thousand to 11 million 250 thousand liras.

In 1919 the decree of the 3rd of October got the King’s decision officially registered. There can be read the socio-political reasons that lead to this choice of Vittorio Emanuele. In the report of the State Secretary Minister of the Internal Affairs and President of the Ministers’ Council, it was particularly affirmed that the beginning of the forthcoming agricultural year renders the giving away, right away of the large land patrimony included in the demotion in favour of the State, and part of the patrimony of the Crown to the Opera Nazionale of the Combatants particularly suitable and economically useful.

By this transfer Vittorio Emanuele gave away the castles of Moncalieri and Stupinigi gardens, parks and dependances, included, the royal palaces and villas of Genova, Milan, Monza parks and dependances included, the Royal Palace of Venice, The Pitti Palace and the garden of Boboli, the villa of Poggio a Caiano and the Villas of Castello and Petralia. garden, parks and lands included, to the Coltano property and that of Malaventre, the Royal Palace in Naples, of Capo di Monte, woods and gardens included, the Royal Palace of Caserta, the properties in Carditello and Calvi, the Royal Palace in Palermo, and the lands possessed in Favorita.

Some of these properties are already assigned to be used as hospitals and orphanages for the children of the war heroes during World

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in questa occasione. I tesori delle arti nostre potrebbero essere degnamente raccolti in palazzi dei quali ha fin qui goduto la corona e che dovrebbero essere devoluti all’amministrazione delle Antichità e delle Belle Arti”.

Ugo Ojetti, nel libro edito nel 1921 I Palazzi e le ville che non sono più del Re, scrive nell’introduzione come la cessione di questo patrimonio allo Stato costituisca un avvenimento storico: “l’evento più importante e anche più clamoroso che la storia dei nostri monumenti sia capitato dal 1861 […]” a cui viene dedicato questo libro, che vuole essere un libro di “storia politica e storia d’arte”.

“Questi palazzi e queste ville dei Savoia e dei Medici, dei Borboni e dei Procuratori veneti, dei viceré austriaci e dei viceré francesi, ebbero […] il merito di ricordare ai più distratti italiani e ai visitatori stranieri di quante vite sia fatta la vita della nostra nazione, di rappresentar loro artisticamente cioè vivacemente la verità soda sotto la nobile superficie delle belle parole. […] capiva e sentiva come si era formata la civiltà e la coscienza nostra strato a strato […].”

I disastrosi bombardamenti del 1943

Il 13 agosto 1943, in piena notte, Palazzo Reale viene colpito seriamente per la prima volta. A quest’incursione ne seguirono altre due nelle notti del 15 e 16 agosto.

Il culmine dei terribili bombardamenti si ha nella notte del 16 agosto quando la violenza dell’attacco aereo sulla città di Milano non lascia scampo al palazzo e il sopraintendente nel suo toccante resoconto ne descrive dettagliatamente i nefandi effetti che causano la devastazione irrimediabile di uno degli emblematici monumenti cittadini:

“Nell’incursione della notte del 16, la più potente di quelle compiute dal nemico sulla città, furono lanciate ancora numerose bombe sul palazzo ed un incendio si manifestò con pronta violenza…...

Del palazzo sono andati completamente distrutti: l’appartamento di rappresentanza sui lati di levante, settentrione e ponente, il palazzo ora è per la maggior parte inabitabile.”

Quest’ultima incursione causa gravissimi danni all’apparato decorativo del palazzo, il solo rimasto dopo la spoliazione di tutti i materiali smontabili. L’affresco dell’Appiani nella sala della Rotonda risulta irrimediabilmente perso mentre l’Apoteosi di Napoleone nella sala del Trono e gli affreschi della sala delle Udienze Solenni sono riportati su tela attraverso operazioni di strappo.

Questi affreschi negli anni ‘50 furono trasferiti a Villa Carlotta di Tremezzo dove si trovano tutt’oggi.

I bombardamenti e la confusione conseguente danno nuovo adito alla spoliazione, questa volta in parte illecita, del palazzo. In questa situazione di ulteriore pericolo per il patrimonio del palazzo, minacciato anche dallo sciacallaggio, vengono smontati i lampadari ancora in opera e messi in salvo gli arredi rimasti. Successivamente i mobili e gli oggetti di maggior pregio sono trasferiti a Sondalo con autocarri militari, mentre altri arredi, compresi i lampadari, le biancherie e gli arredi sacri, vengono depositati alla Certosa di Pavia.

War First long time before being transferred in favour of the State. The transfer included “furniture, works of art, the libraries, the sacre decoration of the Royal chapels”.

As it is easy to realise, apart from the historical and political advantage to transfer the architectural patrimony and the lands to the public property expected to generate profit and wealth in favour of the ex soldiers, there was also the fact that part of the art treasures would get under control of The Ministry of Instruction. Vittorio Emanuele himself, in his letter to the Chamber of Congressmen, emphasised this fact proclaiming (among other facts) “the old way to promise to manage that which is the glorious Italian national artistic patrimony in the most convenient way must be achieved by this way here, now on this occasion. The treasures of our art could be gathered in palaces which have been uniquely a privilege of the Crown and they instead should be assigned to the administration of the Antiques and Belle Arti Department.”

In his book l Palazzi e le ville che non sono più del re published in 1921, Ugo Ojetti writes in the introduction about how this transfer of this patrimony to the State is a historical event. “The most important and at the same time clamorous event that has ever happened to our patrimony since 1861[...] This book is dedicated to it, and it is supposed to be a political history and art history study.”

“Thanks to these palaces and villas of The Savoia,and of the Medici, of the Bourbon and of the Veneto Prosecutors, of the Austrian and French viceroys [...] the most absent minded Italians and foreign visitors are reminded how many lives is our nation’s life made of. They artistically, lively show them the tough truth behind the nobel surface of the beautiful words [...]He could understand and feel how our civilization and our awareness is formed layer by layer [...]”.

The Devastating Bombardments Of 1943

The Palazzo Reale was heavily bombed for the first time during dreadful bombings on the 13th of August in 1943, in the middle of the night. This raid was followed by other two, during the nights of the 15th and the 16th of August.

It was an air attack over the city of Milan that did not spare the palace. The superintendent tells us about it, describing the event, in detail, in a very moving way. He talks about the serious effects and consequences, and the irreparable devastation of one of the most emblematic national monuments:

“During the raid on the night of the 16th of August, the strongest of all raids of the enemy over the city, there were several bombs launched over the palace and the building got violently burned. Many parts of the palace were destroyed. Among these we may mention: the representation apartments on the east side, north side and west side, now the palace can’t be inhabited anymore...”.

This last raid seriously and heavily damaged the decoration “equipment” of the palace, the only one to have been left there after the divestiture of all that could be dismantled. The Appiani fresco in the Round Room is irretrievably lost while the Apoteosi of Napoleon “in the room of the throne and the frescoes of the Udienze Solenni Room are copied on canvas by tearing method. In the 1950s these

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Il palazzo oggi e i prossimi orizzonti

Il progetto, diretto da Domenico Piraina, che ho la fortuna di seguire come responsabile della valorizzazione dell’identità storica, si pone l’obiettivo di ripercorrere tutte le epoche attraversate dal palazzo analizzando le diverse stratificazioni storico-artistiche.

La posizione e le vicende storiche del Palazzo Reale hanno consentito il fiorire e il sovrapporsi di molteplici stili architettonici e l’accumularsi di numerosi tesori d’arte.

La stratificazione di queste testimonianze storico-artistiche e culturali, anche rappresentative delle trasformazioni del paese sotto diversi profili, costituisce un patrimonio da tutelare e da tramandare quanto più possibile quale eredità culturale.

Parallelamente ci si è posti l’obiettivo di redigere un catalogo e una mappatura, corredata di fotografie e descrizioni, di tutte le opere d’arte presenti oggi nelle diverse sedi in Italia e all’estero. Ciò al fine di valorizzare il patrimonio storico artistico del palazzo, di costruire mostre tematiche e progetti condivisi con altre istituzioni facendo rete sulla base di queste importanti testimonianze artistiche presenti nelle diverse realtà. Con l’obiettivo di una precisa individuazione delle opere e degli arredi di rilievo storico artistico, del loro parziale recupero per un’ala del palazzo che è stata riallestita con i pezzi originali.

Una “caccia al tesoro” planetaria

Fra le sedi che oggi conservano molte delle opere e degli arredi di palazzo reale particolare rilievo rivestono in Italia le ville reali di Milano e Monza, i palazzi Litta, Marino, Cusani, Clerici e Diotti, la pinacoteca di Brera, il Castello Sforzesco, il museo del Duomo, i Palazzi reali di Torino, Roma, Firenze, Napoli e, all’estero, le ambasciate e palazzi di Parigi, Lisbona, Copenaghen, Monaco, Stoccolma, Tirana, Rio de Janeiro e Città del Messico.

Inoltre si è avviato lo studio per la presentazione multimediale di alcune delle opere d’arte, un tempo presenti nel palazzo e oggi conservate nelle diverse sedi in Italia e all’estero, sempre con lo scopo di valorizzare il patrimonio storico artistico, di costruire mostre tematiche e progetti condivisi con altre istituzioni facendo rete sulla base di queste importanti testimonianze. In questi ultimi tempi sono state gettate le basi per importanti collaborazioni con Versailles, Fontainebleau, Malmaison e con alcune ambasciate italiane.

In particolare nelle recenti missioni con l’assessore Tommaso Sacchi e il direttore Domenico Piraina abbiamo avuto l’occasione di illustrare, grazie alla squisita disponibilità delle Ambasciatrici d’Italia a Copenaghen S.E. Stefania Rosini e a Parigi S.E. Emanuela D’Alessandro, il nostro progetto legato anche al patrimonio un tempo delle residenze reali, oggi presente nelle sedi diplomatiche estere. Ciò contribuisce a dare lustro alle eccellenze artistiche e manifatturiere italiane nel mondo.

Negli stessi giorni a Versailles abbiamo incontrato il Presidente delle Residenze Reali Europee, Catherine Pegard, la quale, coadiuvata da Elena Alliaudi, Helene Legrand e Noemie Wansart, ha organizzato per noi una giornata di studio e approfondimento su temi che ci accomunano e che possono giovare del reciproco scambio di saperi

frescoes were transferred to Villa Carlotta of Tremezzo where they are still sheltered even today.

The bombings and the disorder that follow give new access to other divestitures of the palace, some of which are illegitimate and illegal.

In this situation of added danger for the patrimony of the Palace that is threatened even by looting, the lamps that were being right installed got taken down and the furniture that had been left got put away in a safe place. After, the more valuable furniture and works of art got moved to Sondalo by military means of transport, while other decorations, lamps, the bed sheets and the sacred decoration included were taken to and sheltered in Certosa di Pavia.

The Palace Today And The Next Targets.

The project of Domenico Piraina which I have the great opportunity to overlook as responsible for the evaluation of the historical identity aims to study and analyse all the epochs the palace has lived throughout, examining the various artistic and historical stratifications.

Its position and its historical happenings made possible the flourishing and the superimposing of multiple architectonic styles and the grouping together of countless art treasures. The layering of these historical-artistic and cultural proofs of very great importance and really representing the changes undergone by the country, from several points of view and in many fields, is a patrimony to be taken care of and to be passed on to the next generations for as long as possible as a cultural heritage.

At the same time we aim to write and edit a catalogue and a mapping that includes photographs and the descriptions of all the works of art that are sheltered, in several institutions in Italy and abroad, nowadays. This all for the purpose of evaluating the artistic and historical patrimony of the Palace, to organise thematic exhibitions and share projects together with other institutions setting a network taking into account these artistic evidences sheltered in several places. With the aim of spotting out of the historically important works of art and decorations and their bringing home for a wing of the Palace that has been decorated with the former original decoration.

A Worldwide Large “Treasure Hunt”

Among the locations that preserve today lots of decorations and works of art, belonging to the Palace, the most important ones are the Royal villas of Milan and Monza, The Litta, Marino, Cusani, Clerici and Diotti Palaces, The Brera Art Gallery, The Castello Sforzesco, The Museum of the Duomo, the Royal Palace of Turin, Rome, Florence and Naples and, abroad, the embassies and the palaces in Paris, Lisbon, Copenhagen, Munich, Stockholm, Tirana, Rio de Janeiro and Ciudad de Mexico.

Besides, we have started the study and preparing of a multimedia introduction to the public, of some of the former works of art that decorated the palace once that are now preserved in several buildings in Italy and abroad, having always in mind to enhance the historical and artistic patrimony, to build up thematic exhibitions and share projects with other institutions and setting up a network due to these assets. These last years foundations have been laid for a collaboration with Versailles, Fontainebleau, Malmaison and some Italian embassies.

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ed esperienze nel pieno spirito di questa importante rete europea che è sempre più legata da progetti e traguardi comuni.

Uno degli auspicati obiettivi della nostra “mappatura” è infine quello di costruire un itinerario che metta in rete le diverse sedi ed istituzioni che oggi conservano le opere. L’idea è quella di creare una sorta di Grand Tour digitale che si sviluppi a partire dall’Italia verso diversi Paesi europei fino a raggiungere il Sud America, attraverso una mappa geo-referenziata. Tale mappa indicherà le città e le relative sedi che ospitano le opere e consentirà di illustrare la loro distribuzione mondiale per rendere possibile l’accesso digitale ai dati del patrimonio conservato in ciascuna sede.

In our latest missions together with assessor Tommaso Sacchi and head Domenico Piraina we have had the opportunity to show — thanks to the great help of the Italian Embassy in Copenhagen, S.E. Stefania Rosini and in Paris, S.E. Emanuela D’Alessandro — our project that has as subject the former patrimony of all the royal residences, pieces that are today preserved in our diplomatic institutions abroad. This helps to emphasise and highlight the artistic excellence of the Italian manufacturers all over the world.

During the same journey we could meet Catherine Pegard, the President of the Royal Residences of Europe, who, assisted by Elena Alliaudi, Helene Legrand and Noemie Wansart has organised for us a one day deep study of subjects that we are very much interested in and that we can share and that can turn useful for a mutual sharing of knowledge and experience in the full spirit of this European network that is ever more united by common projects and targets.

One of the expected results of our “mapping” is building an itinerary that could link various seats and institutions that are preserving these masterpieces, today. The plan is to invent and create a digital Grand Tour to be developed starting from Italy towards several European countries and then arriving farther to South America on a georeferenced map. That map should indicate the towns and the related buildings that shelter the works of art and should make it possible to show their worldwide distribution to make their data digitally accessible and to learn about the patrimony they preserve everywhere.

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Arnaldo Pomodoro

MONDOARTE INCONTRA CAMILLA FIORIN E LE

PREZIOSE EDIZIONI DI COLOPHONARTE

MONDOARTE MEETS CAMILLA FIORINO AND HER PRECIOUS EDITIONS OF COLOPHONARTE

Attraverso le parole di Camilla Fiorin raccontiamo di questa splendida realtà editoriale che dal 1988 si occupa di incontro tra le arti. Ma anche di scambio e suggestioni, che sono frutto di commistione e ricerca. Libri d’Artista: sintesi affascinante e di grande contemporaneità tra arti e poesia, tra passato e presente.

We are going to tell you about this splendid editorial organisation founded in 1988 which has dealt, ever since, with the effects that could get generated when different kinds of art meet. And we are trying to tell you about it by quoting Camilla Fiorin, who shares with us her point of view. It also deals with suggestions and the exchanging of ideas that are the result of commingling and research. Libri d’Artista - an amazing synthesis and a great contemporaneity of art, poetry of the past and the present.

Camilla Fiorin, come nasce la casa editrice Colophonarte? Quale storia che sta dietro a una realtà tanto preziosa e portatrice di significati?

CF - La casa editrice nasce nel 1988-89. Mio padre, Egidio Fiorin, era socio di una stamperia d’arte di Varese, dove si realizzavano tirature molto piccole e pregiate, in collaborazione con artisti contemporanei selezionatissimi. Venivano associate opere e poesia, in un interessante connubio che però nascondeva qualcosa di nuovo e originale. Proprio durante una presentazione, uno dei critici d’arte con cui già lavoravano mio padre e il suo socio, intuì quanto quel tipo di proposta fosse unica e ne parlò con entrambi. Mio padre realizzò in quel momento che con i Libri d’Artista si stava muovendo in un territorio prezioso e di grande significato.

Agli occhi del critico le caratteristiche di mio padre, un lettore compulsivo, oltre che un fine intenditore d’arte, rappresentavano la carta vincente per trasformarlo nella persona giusta per riprendere in mano la grande tradizione francese del Libro d’Artista di stampo editoriale. Egidio iniziò dunque quella che diverrà la sua ricerca di una vita, ovvero iniziò ad approfondire, studiare e immergersi tra queste opere. Si rese conto di quanto quello fosse un mondo meraviglioso, inesplorato e incantato, e decise quindi di realizzare uno di questi intriganti Libri d’Artista. Trovò la cosa stimolante e divertente. Ne realizzò quindi un secondo e poi un terzo. Li portò quasi per gioco a una fiera d’arte e rimase profondamente stupito quando colpirono l’attenzione di uno stravagante visitatore. Questi gli comunicò di essere l’organizzatore di una mostra dell’editoria italiana al MoMA di New York e decise che a tutti i costi avrebbe inserito questi preziosi libri tra le edizioni esposte. Avrebbe dovuto rifare il catalogo, l’ordine alfabetico e riorganizzare alcuni spazi per poter presentare i nuovi lavori, ma non voleva lasciare queste opere fuori dalla mostra.

Camilla Fiorin, how was the Colophonarte publishing house founded? What is the story at the basis of such a precious and meaningful institution?

CF - The publishing house was founded in 1988-1989. In those times my father Egidio Fiorin was an associate in an art printing house business of Varese where they used to print very rare and valuable small print runs with the collaboration of very well selected contemporary artists. They would combine works of art and poetry, managing to obtain interesting mixtures and results which were classical. But they were also bringing forth something new and original. One day, one of the art critics with whom my father and his associate had been collaborating with, sensed how unique that kind of proposal was and went to talk to both of them. It happened right during a presentation. That moment my father realised that dealing with Libri d’Artista he was heading towards a precious and meaningful world.

According to the critic, my father, who apart being a good fine art connoisseur was also a compulsive reader, was endowed with all the right qualities that were a winning card to help him become the right person who could continue the running of the Libro d’Artista, the great traditional French publishing with an editorial perspective. Egidio, thus, started up a business that was to become his lifetime long research. He began to learn more and more, getting lost among these works of art. He soon found out what a wonderful, unexplored and enchanted world that world was! He decided to produce one of these inspiring books called “Libri d’Artista”. He found that doing that work was fun and challenging. So he produced the second and then the third. Just to play, he took them to a work of art fair without having in mind any serious intention, and he got really astonished when he saw that those books captured the attention of an eccentric bloke. The visitor told him he was the organiser of an Italian publishing display at MoMa in New York and that he was going to exhibit these precious books together with the other ones that he was displaying. He would need to reprint the catalogue, the alphabetical order, and to arrange the stands and the books so as to

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Claudia Notargiacomo

Mio padre, dubbioso e perplesso, acconsentì quasi convinto che l’uomo volesse accaparrarsi i libri gratuitamente. Innamorato di New York da sempre, decise di cogliere l’occasione per recarvisi nuovamente proprio durante i giorni della mostra ed è così che si presentò all’inaugurazione al MoMA. Ancora perplesso, quasi sicuro di non trovare i libri esposti, dovette ricredersi! Non solo i suoi libri erano esposti, ma catalogati e addirittura due di questi destinati a restare nella collezione stabile del MoMa, che li avrebbe acquistati. Comprese allora che quello che stava vivendo come un gioco e un divertimento era oggetto di interesse per altri e quindi qualcosa da condividere. Iniziò così la sua storia. Smise di occuparsi di grafica d’autore per dedicarsi unicamente a fare l’editore.

Ma cos’è esattamente il Libro d’Artista di cui stiamo parlando?

Il Libro d’Artista è un dialogo tra linguaggi differenti, è un modo di guardare una medesima cosa attraverso sensibilità diverse. In questa visione si concepisce un’idea, un concetto o un oggetto grazie a un’interpretazione libera: il poeta e l’artista raccontano la stessa cosa con strumenti distinti. L’arte visiva, per esempio, è la via privilegiata, ma non meno potente è la musica che utilizza le note o la poesia che prende forma attraverso le parole. Questa commistione permette di guardare alla complessità e alla fragilità umana secondo prospettive molto diverse, possibilità questa preziosa e illuminante: il dialogo tra arti è dal mio punto di vista la cosa più bella e affascinante in cui possiamo imbatterci. Credo inoltre che il Libro d’Artista incarni in modo perfetto l’arte contemporanea, che è un’arte che racconta ciò che sente piuttosto che ciò che vede.

Con il passaggio alla sintesi propria dell’arte contemporanea, anche il concetto di Libro d’Artista ha beneficiato di una capacità comunicativa potente e impattante. Dal libro illustrato si passa a qualcosa di differente. Meno narrazione indubbiamente, ma un maggiore sviluppo e rielaborazione interiori direi, un lavoro più intimo e personale. Sono due i piani da considerare, il primo riguarda il Libro d’Artista che si auto produce: il libro diviene un pretesto per fare arte, un contenitore e un modo per sviluppare una narrazione, una narrativa artistica e molto altro, che l’artista utilizza per sua necessità di trasformare il libro in un oggetto contenitore di concetti. Questi sono libri in copia unica, esemplari non ripetibili e fanno parte di un patrimonio artistico molto particolare e peculiare.

Poi ci sono i Libri d’Artista di tradizione editoriale, che vedono la luce in Francia e che prevedono una mediazione, quella dell’editore appunto, che sceglie il tema, gli argomenti o propone un focus, chiedendo l’interpretazione di tale idea da parte dell’artista, del poeta, del musicista, o muovendosi nel territorio del teatro, per esempio, creando in questo modo un progetto il cui fil rouge è la ricerca, frutto dell’incontro tra le arti. Come nell’editoria tradizionale l’editore osserva e collega realizzando collane editoriali, per esempio, così in questo mondo di grande fascino il compito dell’editore è quello di creare lo scambio e il collegamento tra dimensioni e modi di espressione differenti. Anche questo non può essere un prodotto di facile replicazione, ma possono essere creati multipli che vedranno l’artista numerare le proprie opere e lavori. Non vi sono altissime tirature e la produzione in serie non sarebbe possibile.

have room for showing the new ones and that he really wanted to include even these books by any means.

My doubtful and perplexed father agreed, being almost convinced that the man was just trying to get the books for free, without spending a single cent. So, he decided to take the opportunity to go and see New York again, his forever love, during the fair days time and so he showed up at Moma on the occasion of the inauguration. Almost sure of not finding his books exhibited, he found out he was wrong, still being perplexed. Not only were his books exhibited but they were also catalogued and what’s more, two of them were chosen to be bought and kept in the permanent collection of MoMA. He realised then that what he once thought being a game and fun for him was attracting other people and therefore something to share. That’s where everything began. He stopped dealing with graphic artwork and started to devote his life completely to work as an editor.

But what is Libro d’Artista? And what is this all about?

Libro d’Artista is a multilingual talk happening among different kinds and ways of communication when observing one single thing with several different types of sensitivity. In this vision, ideas, concepts or work can be conceived by each poet’s and artist’s means of “telling” about the same subject their way during a free interpretation of it. Take for example visual art is the privileged means but we can’t consider music that uses notes or poetry that is produced by the use of words to be weaker means. This mix allows us to perceive human complexity and sensitivity from different angles. This is a precious and illuminating chance: from my point of view and for me, contact among the arts is the most beautiful and fascinating thing we can ever come across in our lifetime. I also think that Libro d’Artista embodies contemporary art in a perfect way. Contemporary art is an art that tells more about feelings than about images.

Taking the way of the synthesis of contemporary art, even the concept of Libro d’Artista has become the consumer of a more powerful and more influencing communicative ability. From the illustrated book we pass to something different. Undoubtedly less narration but I’d say, obviously a major inner development and elaboration, a more personal and heartfelt work. There are two levels to take into consideration, the first has to do with Libro d’Artista that selfproduces itself: the book is a pretext to produce art, a container and a way and a means to develop the narration, an artistic narration and much more, that the artist uses to express himself transforming the book into a container of concepts according to his needs. These are unrepeatable and unreproducible books in a single copy, which belong to a very original and special artistic patrimony.

Then, we have the traditional, original Libri d’Artista that was born in France. They need mediation, that of the editor who chooses the theme, the subject and proposes the kind of focus asking from the poet, from the musician or from the artist its interpretation, or moving in the world of performing arts, particularly theatre, creating this way a project, the fil rouge of which is research, the fruit of the contact among arts. Just like in the case of traditional publishing where the task of the editor is to make the exchange and connection between different dimensions and means of expression happen, and to do that he observes and connects, producing, this way, very fascinating publishing series. Also this is a hardly reproducible product, however there can be the possibility to publish several copies of it, copies to contain the works of the artist, counted and catalogued by the artist. They are limited edition and there can’t be a mass-production.

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Le carte dei Libri d’Artista sono particolari, specifiche e pensate per quel prodotto. C’è artigianalità e apporto creativo. Ogni Libro d’Artista di genere editoriale è un progetto a sé, che può anche essere inserito in una collana editoriale, pur vivendo una sua propria storia. Immaginate un coro. È come se questo coro fosse composto dagli artisti, dagli autori, dal poeta, dal drammaturgo o dagli artigiani che hanno stampato e realizzato il Libro d’Artista. E ancora da chi ha scelto i materiali, la carta e i modi della realizzazione. Direttore d’orchestra in questo caso è l’editore, che non interviene, ma, al contrario, sceglie una veste il più neutrale possibile lasciando la scena all’opera finale. Ecco come io vedo questo lavoro di ricerca.

Come lavorate con gli artisti, qual è la strada che percorrete?

Partiamo sempre dai testi o dai temi. Da lì sviluppiamo un concetto. Individuiamo l’artista che possa interpretare quel particolare testo in modo unico, grazie alla sua peculiare ricerca. Nulla è casuale. Cerchiamo lo strumento giusto dal nostro punto di vista per raccontare in un altro modo il testo scelto. Per fare un esempio concreto, penso alla raccolta di testimonianze “Caro Claudio” e alla lastra bellissima di Arnaldo Pomodoro che la interpreta: si tratta di uno dei momenti più bui della vita di Claudio Abbado, quando questi ricevette la brutta notizia della malattia che lo aveva colpito. Si decise di fare un libro a lui dedicato, di raccogliere una serie di testimonianze di importanti amici, eccellenze del mondo della cultura, del mondo dell’arte e della musica. Una volta raccolti tutti questi testi, la parte artistica venne affidata ad Arnaldo Pomodoro, altrimenti a chi? L’artista, molto amico di Claudio Abbado, con il quale aveva sviluppato e creato tanti progetti, era assolutamente la persona più indicata per vivere e interpretare un momento tanto doloroso della vita del grande Maestro. Pomodoro realizzò una lastra in bronzo splendida, che rappresentava un’orchestra e una sinfonia a fermare il delicato momento che si stava compiendo. Ma ancora penso a Debussy e gli Arabeschi, che solo Giorgio Griffa poteva interpretare in modo ideale, istintivo e naturale, per la parte visiva. Noi editori ci lasciamo suggestionare da questi accostamenti e li proponiamo agli artisti, agli autori o ai poeti. Nel momento in cui vengono accolti, ecco che parte il lavoro di interpretazione che porta alla realizzazione di progetti tanto intensi e affascinanti.

Quanta responsabilità c’è oggi nel fare cultura? Quali difficoltà e quali cambiamenti rispetto a quando è nato il progetto, sebbene fosse quello un mondo differente? Mi chiedo quante e quali conquiste, ma anche quali sconfitte si siano avute nell’universo artistico?

Domanda complessa. Oggi, ma come sempre, la difficoltà maggiore è il rischio di lasciarsi affascinare dalle mode. Il mercato è modaiolo! Lasciarsi sedurre è più facile e remunerativo, gratificante nell’immediato certamente, ma la sfida più grande è quella di rimanere coerenti, leali e sinceri a prescindere dalle seduzioni che provengono da situazioni più semplici. Bisogna avere tanto coraggio e anche tanta incoscienza! Il mercato è molto volubile e le aste stanno mettendo a dura prova anche chi lavora bene. Comprare in asta è diventata anche per i collezionisti una necessità. Durante certi ultimi periodi del Covid le aste sono dilagate e quando le cose dilagano perdono di qualità spesso. Il mercato fa fatica a difendersi, la seduzione del facile guadagno è dietro l’angolo e i modi della

The types of paper used by Libri d’Artista are special, conceived and made so as to be good for producing that kind of work of art. We are talking about a lot of craft and handwork. Each Libro d’Artista of the publishing kind is an independent project but it can also be included in a publishing series even preserving an independent story of its own. Imagine a chorus. Imagine a chorus that could be made of artists, poets, authors, the playwright and of the craftsmen that created and printed Libro d’Artista and add to this long list also those who selected the materials, the paper and the technique and means to be used to produce them. In this case, the maestro is the editor, who doesn’t have much impact on the work but he chooses a most neutral role possible, leaving the stage to the final product. That’s how I think this research is and how it goes on.

What way do you cooperate with the artists and which is the way to take ?

We always start from the texts or the themes. Then we conceive and develop a concept. We choose the right artist who, thanks to his experience and research, could interpret that particular test in an original, unique way. Everything is programmed and organised. Nothing happens by coincidence. We find the means which from our point of view could be the proper one to tell the chosen text in a different way. “Caro Claudio’’ is a perfect example that contains several stories told by different people, about the same subject and Arnaldo Pomodoro’s wonderful slab that interprets it. It is about the darkest moments in the life of Claudio Abbado, when he got the bad news about being very ill. He decided to make a book to dedicate to him, to gather a series of stories about this, told by important friends, celebrities of the world of culture, art and music. Once these texts were put together, the artistic part was commissioned to Arnaldo Pomodoro. Whom else to, otherwise?

The artist, a very good friend of Claudio Abbadio, with whom he had cooperated, conceived projects and produced so many works, was absolutely the right person who could feel and could interpret and represent such a painful moment of the Great Maestro. Pomodoro produced a very beautiful bronze slab: an orchestra and a symphony to immortalise this sensitive moment. But I think further, of Debussy and The Arabeschi, and of Giorgio Griffa, the only one to perform the visual part in the ideal, instinctive and natural way. We editors let ourselves easily be influenced by these combinations and we propose them to the artists, to the authors or to the poets’. The moment they take the job, the work starts and the interpretation leads to the fulfilment of very intense and fascinating projects.

How much responsibility can we find today in dealing with culture and in its production? Which are the difficulties today in comparison to the moment when the project was born taking into consideration that we are talking about a different world?

I’m wondering… How many conquests and artistic defaillances have we had in the artistic world?

Oh… That’s a difficult question! Today, as always, the biggest difficulty is the risk of getting fascinated by the trends. The market is a fashion enthusiast! Letting ourselves be seduced and tempted is easier and profitable and instantly gratifying. As a quick reaction, surely, but the greatest challenge is obviously that of staying coherent, loyal and sincere no matter the temptations that come from simpler circumstances. We need to be courageous and also a bit crazy. It is very hard. The market is unstable and auctions put to the test even the most competent. Buying at the auction turned into a need even for the collectors. Auctions spread rapidly during some latest Covid

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Vola alta parola, 30 anni di edizioni Colophon. Mostra antologica. CAMeC - La Spezia - 2018

comunicazione sono nuovi, diversi e velocissimi. Non è facile. È il mondo che cambia e bisogna tener presente che l’arte contemporanea ha bisogno di tempi di maturazione e studio diversi da quelli di oggi. Un click è troppo veloce ed effimero. Quando oggi un gallerista, per esempio, si lascia coinvolgere da vendite facili, tutto sommato posso anche comprenderlo, ma è un peccato questo sì, è sbagliato. Ma la situazione è molto complicata per la maggior parte. Se però le istituzioni si avvicinassero maggiormente e supportassero coloro che dedicano la propria vita alla cultura e alle iniziative di spessore, forse riusciremmo a essere più efficaci. La fatica più grande è quella di non cercare la strada facile e proprio per questo è importante una sinergia costante tra pubblico e privato, tra istituzioni e realtà in cui si fa cultura.

Nuovi progetti?

Ne abbiamo sempre. Adesso a Bologna ne presenteremo tre di nuovi progetti. Abbiamo realizzato una nuova collana, Uno più uno. Si tratta di un libricino quasi tascabile, concepito sempre nel rispetto dei nostri standard certamente, dalla scelta della carta fatta a mano, dalla legatura artigianale alle confezioni e alle stampe a mano di altissimo livello. È una collana di libelli piccoli e preziosi, rigorosamente vestiti di bianco, perché il bianco è il nostro colore istituzionale. Dicevo libelli in cui l’artista interviene sia nei testi sia nell’opera. Le opere a corredo di questi piccoli libri sono opere uniche o variazioni, non multipli di tipo tradizionale. Questi libelli sono piccoli oggetti di pregio, piccoli giochini con cui ci si può divertire. Ne abbiamo già realizzato uno con Roberto Barni, uno con Emilio Isgrò, il prossimo verrà presentato a Bologna, ma non svelo di chi sarà in modo che veniate a scoprirlo.

Nel frattempo abbiamo messo in cantiere un altro libro, bello, con un bel testo di un semiologo molto bravo, il professor Volli, in sinergia con un artista milanese che per linguaggio artistico e trasposizione nell’arte della lingua e del segno è riconosciuto come grande maestro, ma anche qui non vi dirò il nome… non si svelano i segreti. Stiamo inoltre lavorando a un trittico musicale e molto altro. I progetti sono davvero tantissimi.

A Bologna tra l’altro ci sarà anche l’aggiornamento del catalogo di ciò che abbiamo fatto e che comprende i lavori degli ultimi sette anni. E poi mostre naturalmente. Per esempio una collaborazione importante con il Comune di Pisa e l’Università di Pisa: presenteremo a fine gennaio un libro in occasione delle celebrazioni per la Memoria, con tavole di Mimmo Paladino. Abbiamo tantissimi progetti con i più significativi maestri. D’altra parte abbiamo lavorato e lavoriamo come Arnaldo Pomodoro, Enrico Castellani, Giulio Paolini, Giorgio Griffa, Mimmo Paladino e davvero tantissimi altri. Voglio concludere questa chiacchierata dicendo che questo è un lavoro di grandi passioni, ma anche di grande divertimento.

periods and when things take over they often become worse and, therefore, they lack quality and they are bas-de-gamme. The market strives to defend itself, the temptation of getting a bigger profit fast is around the corner and the means of communication are new, different and very fast. It’s not easy. It’s the effect of the changing world and we have to take into account and to be aware of the fact that compared to other times contemporary art takes a certain time and a different kind of studying and research to get achieved. A click is too fast and ephemeral. For example, today, when a gallerist gets involved in easy sales, I admit, all the things considered, I could even understand him, but it is a mistake and a loss to do so and it is the wrong way. But the situation is more complicated for most of them. If the institutions helped us more and supported us more I mean all of those who have devoted their life to culture and to important art projects, we would manage to become more efficient. The hardest and most difficult thing is to be able to keep off the easy way and, to do so, we need steady and constant synergy between the public and the private, between institutions and organisation’s that deal with culture.

What about new projects?

We always have projects. Now we are going to present three new projects in Bologna. We have published a new series. Uno più uno. It is about a pocket edition little book that has been conceived in full respect of our ideal standards, surely, beginning with the choice of the handmade paper and the haute-de-gamme craft binding to the handmade packages and prints. It is a series of little and precious pamphlets, absolutely white covers, because white is our institutional colour. I mean the kind of pamphlets in which the artist takes part even in the writing of the texts and also in the making of the work. The works that accompany these little books are traditional type single, unique works or their different variants. These pamphlets are small really valuable objects, small toys which to enjoy playing with. We have already produced one with the cooperation of Roberto Barni, one with Emilio Isgrò and the next will be presented in Bologna, but I don’t tell you the artist’s name so that you need to come to find it out yourself, personally.

In the meantime we have put in the pipeline the production of another beautiful book, an amazing text written by a very good semiotician, professor Volli, in synergy with a Milanese artist whose competence in using artistic language and in the transposition of the word and signs in art is very appreciated and widely recognized. He is considered to be a great master. But I won’t tell you his name, this time either. Secrets shouldn’t be unveiled. And we are working also on a musical triptych project and on a lot more. A lot of projects are in wait. Among other plans, in Bologna we shall update and upgrade the catalogue of the works of the last seven years. And then, exhibitions. Ça va sans dire! Take for example an important collaboration with the University of Pisa, we are launching a book at the end of January on the occasion of the celebration of the Memory, with plans by Mimmo Paladino. We have many important projects, cooperating with really great artists. On the other side, we cooperated with Arnaldo Pomodoro, Enrico Castellani, Giulio Paolini, Giorgio Griffa, Mimmo Paladino and many other artists. It is a pleasure for me to end this talk saying that doing this work is all about passion and devotion but also a great fun.

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Nella foto, Egidio Fiorin fondatore di Colophonarte con Cesare Mazzonis

LUCA MR, POETA PUNK!

THE POETRY OF PUNK - LUCA MR

LO STILE UNICO DI UN ARTISTA POLIEDRICO, DALL’ANIMO GENTILE

DISCOVERING THE STYLE OF A POLYHEDRIC ARTIST, OF A VERY GENTLE SOUL

Riservato ed estroverso, gentile e ribelle… Luca MR è un giovane pieno di contraddizioni... come tutti i ragazzi. Ma Luca è anche un artista, pittore, attore, cantautore. E quindi tutto diventa più accentuato, irrequieto. Da interpretare.

Luca MR gioca con il colore fin da bambino. Con l’adolescenza arrivano le passioni per il teatro, il cinema, la musica. Studia recitazione, calca i primi palcoscenici, si trasferisce presto a Londra dove fonda la sua prima rock band con la quale si esibisce come cantante. Tra Los Angeles e New York scopre la street art, lasciando il suo segno attraverso writing e tag, raccontando le sue poesie per le strade delle metropoli che attraversa. Torna in Italia e a Milano si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera.

Tutto questo prima di compiere vent’anni.

La pittura diviene ben presto per Luca imprescindibile necessità che lo porterà ad affermare un suo stile unico, personale, riconoscibile. Lavora con gallerie e musei in Italia e all’estero. Si susseguono una serie di eventi di prestigio, come quelli al Grand Palais di Parigi, alla Fondazione Stelline di Milano, al Museum and University of Hong Kong e ancora alla Back2Back to Biennale-Free Expression, evento ufficiale collaterale della Biennale di Venezia.

He can be kind and rebellious, both reserved and outgoing - Luca Mr is a young man full of contradictions… like all boys of his age. Yet, this guy is an artist, a painter, and even an actor and a songwriter. That’s why, everything around him never ceases to amaze and becomes increasingly intense, deeper and restless. A man of countless interpretations.

As a child, Luca MR plays with colours and explores them. During his teenage years, he begins to ride the roller coaster of passions and interests that comes with that period of a life. He shows and stretches his interests from theatre and cinema to the field of music. He takes acting classes and treads the boards of several theatres. Soon, he moves to London, where he starts his first rock band, in which he performs as a frontman. It’s right back and forth between L.A. and New York that he finally discovers street art, where he leaves his mark by means of writing and tag, and by reciting his poems walking around the streets of these huge metropolises. Back in Italy, he enrols at the Academy of Brera, in Milan.

All of that before turning twenty years of age.

Painting is an earlier love for Luca, and it soon becomes an unavoidable need, leading him to affirm and make a success of his style. A signature style that emerges as unique and distinctive. Up to now he has exhibited in several shows at art galleries and museums in Italy and abroad. At the same time, a string of prestigious events occur in turn - from that held in the Grand Palais in Paris, or that with Stelline di Milano Foundation and the Hong Kong Museum and University, not to mention the Back2Back, up to the BiennaleFree Expression, an official and collateral event of the Venice Biennale.

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La Redazione

Su Icon magazine nel 2021, diviso in tre pubblicazioni, esce “Maleducazione Sentimentale”, la sua prima graphic novel: un progetto tra arte e moda, dove i protagonisti vengono vestiti direttamente con i capi delle ultime passerelle.

Come cantautore Punk sta ultimando le canzoni che faranno parte del suo primo album, autobiografia in divenire di una gioventù inquieta. Questo stesso linguaggio lo ritroviamo anche nei suoi dipinti e nelle sculture in marmo, in onice e in bronzo. Un linguaggio il suo che ha un afflato sensuale, ingenuo e conturbante nello stesso tempo, sia quando tratta di giovani imberbi e lolite della porta accanto, sia quando si perde nei suoi giardini, nei suoi boschi incantanti, carichi di nostalgia.

Dice di lui il critico d’arte Luca Beatrice: «Luca sceglie la strada della figurazione che interpreta in maniera unica mischiando la freschezza dell’illustrazione con la pittura più colta. Al segno deciso eppure delicato impasta sfondi naturali sui quali galleggiano giovani uomini e donne, sensuali più che erotici…Radiografie di petali di carta di riso assemblati in un collage si arrampicano a formare una romantica e gotica rosa»

È un gioco…o forse solo una inconsapevole seduzione quella che Luca MR evoca su di noi.

In 2021, for Icon Magazine divided and published in three issues, his first graphic novel “Maleducazione Sentimentale” is out - a project that combines art and fashion, where the protagonists are outfitted with the latest garments coming straight from the catwalks.

As a punk songwriter he is completing the songs that will be released soon in his first album - the “work-in-progress” autobiography of an uneasy youth. The same language can even be found in his paintings and carved in his sculptures of marble, onyx and bronze. A singular and unique language, that of his. It has a sensual breath, but it is naive and provocative at the same time - when he’s telling about next-door Lolitas and callow youth, and also when he gets lost in his gardens, those enchanted woods full of nostalgia.

“Luca, the artist who chooses the path of figuration, which he interprets in a very unique way, mixing the freshness of the illustration and the highest erudite type of painting together. To the strong yet subtle mark, he kneads natural backgrounds, on which there are more sensual than erotic young men and women floating… A radiography of rice-paper petals that are all put together, one on another, climbing up so as to take the shape, in the end, of a romantic-gothic rose” as art critic Luca Beatrice says of him.

That of Luca’s is a game… or perhaps, just an unconscious and unwitting seduction he evokes upon us.

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Roberto Capucci, Variazioni nel verde, Autunno-Inverno 1982-83, Taffetà plissé verde smeraldo, rosso corallo e fucsia. Foto di Massimo Listri

ROBERTO CAPUCCI. SERICHE ARMATURE

SERICHE ARMATURE ON DISPLAY AT THE LABIRINTO DELLA MASONE

PROROGATA FINO AL 16 APRILE LA MOSTRA

DEDICATA AL MAESTRO COUTURIER PRESSO IL LABIRINTO DELLA MASONE

DI FRANCO MARIA RICCI

THE EXHIBITION DEDICATED TO

MASTER

COUTURIER ROBERTO CAPUCCI, HELD AT THE FRANCO MARIA RICCI’S LABIRINTO DELLA MASONE, HAS BEEN EXTENDED UNTIL THE 16TH OF APRIL

Doveva concludersi l’8 gennaio, ma il grande successo e gli oltre 20mila visitatori hanno convinto gli organizzatori a concedere altro tempo al pubblico per visitare la mostra temporanea ROBERTO CAPUCCI. Seriche armature. Il magnifico allestimento, che restituisce agli abiti del grande maestro della moda italiana il loro valore di vere e proprie opere d’arte, continuerà ad impreziosire fino al 16 aprile le sale del Museo del Labirinto della Masone, a Fontanellato in provincia di Parma.

Questa mostra imperdibile e decisamente originale, curata dalla Fondazione Roberto Capucci insieme alla Fondazione Franco Maria Ricci, con la collaborazione di Sylvia Ferino, è l’occasione di celebrare la carriera e il genio di Roberto Capucci, stilista, artista e creatore di abiti che sembrano scolpiti nella materia e nel colore. Ma è l’occasione anche di onorare il trentesimo anniversario del volume iconico che lo stesso Franco Maria Ricci dedicò a Capucci all’interno della collana Luxe, calme et volupté. Oggi, tra le eleganti sale del museo al centro del labirinto più grande del mondo, le creazioni dello stilista che ha vestito icone femminili come Marilyn Monroe, Gloria Swanson, Jacqueline Kennedy, Elsa Martinelli, Irene Brin, Rita Levi Montalcini e Silvana Mangano dialogano con le opere della collezione di FMR, generando suggestioni artistiche inattese e assolutamente inedite.

The exhibition of Roberto Capucci’s Seriche Armature should have come to its end on the 8th of January, but it has been extended thanks to the great success achieved during the opening period which has recorded a massive attendance with over 20,000 visitors, that have convinced, beyond their wild expectations, the organisers to give the public more time to visit this extraordinary temporary exhibition. The installation will further embellish the rooms inside the museum of Labirinto della Masone, in Fontanellato, in the province of Parma until the 16th of April. A magnificent installation that will finally return to the Italian fashion Grand-Maitre’s dresses their value, just as true works of art.

This outstanding exhibition, that is absolutely a must-see and a downright original one, is curated by Roberto Capucci Foundation and Franco Maria Ricci Foundation, together with Sylvia Ferino’s cooperation and it will be the occasion of a true celebration of a milestone career and a great genius — that of Roberto Capucci. We talk about a stylist, artist and creator of such beautiful dresses that seemed carved in matter and colours. This final event will also be the occasion to honour the thirtieth anniversary of Franco Maria Ricci’s iconic and timeless volume. The one he himself dedicated to Capucci and which is contained in the collection of Luxe, Calme et Volupté. Today, in the centre of the world’s largest daedalus, between the elegant interior areas of the museum, the creations of this great stylist — who once outfitted female celebrities of enormous stature, those icons such as Marilyn Monroe, Gloria Swanson, Jacqueline Kennedy, Elsa Martinelli, Irene Brin, Rita Levi Montalcini and Silvana Mangano to name but a few — converse with those works of art included in the FMR collection, giving birth to unexpected, unique and absolutely unprecedented artistic elements.

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Testo Giulia Rocco Courtesy of Labirinto della Masone

Gli abiti di Roberto Capucci emergono così come strutture architettoniche ambiziose, animate nella loro forza espressiva senza pari dal colore, vero protagonista della magia dello stilista romano. Sono interpretazioni uniche dei miti delle Metamorfosi di Ovidio, ne raccolgono le metafore e danno loro vita attraverso i tessuti, le stoffe e i colori, fino a generare quelle “seriche armature” che sembrano prescindere dalla forma del corpo. Al di là delle mode e del tempo, gli abiti di Capucci restano interpretazioni artistiche della realtà. “Roberto Capucci è un trasformista, è un Houdini, è un mago, un inventore, ma soprattutto un giardiniere, il principe della natura”, commenta lo stilista Antonio Marras. “Lui non disegna abiti, li plasma, come se fossero preziosa porcellana. Roberto Capucci è un matematico e un botanico, è ingegnere aereospaziale e il piccolo principe di Saint-Exupéry che chiede di disegnare una pecora per mangiare il baobab. Roberto Capucci esplora e narra di un mondo di abiti animati. Un mondo fatto di miti divenuti materia vivente, un universo in continua trasformazione, come una natura viva e mutante”.

E d’altronde concordano con questa visione ammirata storici della moda e creativi di ogni provenienza, riconoscendo nel processo creativo e nel lavoro di Capucci, le cui opere sono esposte nei più importanti musei del mondo, l’espressione di un artista a tutto tondo. Dalla sua inesauribile fantasia sono nate le memorabili creazioni degli anni ’80, come Farfalle e Cerchi, che ricordano forme del mondo animale, o Variazioni nel Verde e Colore, in cui il colore, appunto, si impone come protagonista di audaci combinazioni cromatiche.

“Chi indossa una creazione di Capucci diventa immediatamente protagonista di una scena di cui è egli stesso regista: una scena che rassomiglia ai cortei trionfali e alle feste allestite nel Rinascimento e nell’età barocca in onore di principi Famosi”, ribadisce Sylvia Ferino, curatrice della mostra. “Capucci è più che un creatore di moda: è regista, architetto e fors’anche drammaturgo, poiché i suoi abiti dettano in certo qual modo il cerimoniale e l’etichetta di corte, dando perciò forma all’avvenimento, così come fissano i diversi caratteri e i ruoli delle donne che li portano.”

This way, Roberto Capucci’s dresses emerge like ambitious architectonic structures enlivened by the expressive force of its unrivalled and spectacular colour, that turns to be the very protagonist of this Roman couturier’s magic. His creations are unique interpretations of Ovidio’s Metamorphoses myths. Gathering its metaphors, the fashion designer brings them to life through his textiles, fabrics and colours, to the point of generating those “seriche armature”, that seem to be irrespective of the shape of the body. Capucci’s clothing remains a vivid artistic expression of reality, collections that transcend time and fashion. “When we talk about Roberto Capucci, we talk about a quick-change artist, an Houdini, a magician, a creator, but above all, a gardener - the prince of Nature”, as stylist Antonio Marras explains. “He doesn’t just design clothing, he forges and sculpts them, as if they were precious china. Roberto Capucci is a mathematician, a botanist. He is a rocket scientist, he’s Saint-Exupéry’s Petit Prince, the little child who asks to draw a ship to eat the baobab. Roberto Capucci the one, who explores and recounts a world of animated clothing. A world made up of myths became living matter. His, an ever-changing universe, like a living and mutant nature.

It goes without saying that many a fashion historians and designers of every kind and from everywhere share such a vision about Roberto Capucci: they see in his work and artistic process the expression of an all-round artist. Indeed, his masterpieces are exhibited in the world’s most prestigious museums. His never-ending imagination gave life to those unforgettable creations of the 80’s, such as: Farfalle e Cerchi, shapes reminiscent of the animal kingdom, or even Variazioni nel Verde e Colore, in which the colour stands as the main protagonist of so different daring chromatic combinations.

“Wearing Capucci’s creations means to become the protagonist of a scene, in which you are the film-director yourself. A scene that resembles a triumphal procession and those ballads held in honour of famous princes in the days of Renaissance and in the Baroque age” as Sylvia Ferino, curator of the exhibition, urges “Capucci is more than just a fashion designer: he’s a film-director, an architect and, perhaps, even a playwright, since his dresses dictate, somehow, the etiquette of the court and its customs, giving shape to the event and defining the different characters and the roles of women wearing them.”

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Courtesy of Archivio Fondazione Roberto Capucci Courtesy of Archivio Fondazione Roberto Capucci

INGRESSO E ORARI

La mostra è aperta tutti i giorni, tranne il martedì, dalle 09.30 alle 18.00 fino al 31 marzo 2023 e dalle 10.30 alle 19.00 dal 1° aprile 2023.

A partire da lunedì 9 gennaio e fino a venerdì 10 febbraio il Labirinto della Masone resterà chiuso al pubblico. Il complesso riaprirà sabato 11 febbraio.

L’accesso alla mostra è incluso nel biglietto d’ingresso del Labirinto della Masone, che comprende anche la visita al labirinto di bambù e alla collezione permanente di Franco Maria Ricci.

In occasione della mostra è stato pubblicato un nuovo volume dedicato al geniale couturier per Franco Maria Ricci Editore, con testi dello stesso Roberto Capucci, di Antonio Marras e Sylvia Ferino, fotografie di Massimo Listri.

DOVE

Labirinto della Masone

Strada Masone 121, Fontanellato (PR)

Telefono: 0521827081

www.labirintodifrancomariaricci.it

ENTRANCE TICKETS AND OPENING HOURS:

The exhibition is open every day, except on Tuesday, from 9.30 to 18.00 until the 31st March 2023, then from 1st April 2023, from 10.30 to 19.00.

From Monday 9th January until Friday 10th February Labirinto della Masone will be closed to the public. The complex will reopen on 11st February.

Entrance to the exhibition is included in the ticket to the Labirinto della Masone, which also gives access to the bamboo labyrinth and to Franco Maria Ricci’s permanent collection.

A new volume for the publisher Franco Maria Ricci Editore will be published in conjunction with the exhibition. A volume entirely dedicated to the genius of couturier Roberto Capucci, and containing his writings, along with those of Antonio Marras and Sylvia Ferino and illustrated with photographs by Massimo Listri.

WHERE:

Labirinto della Masone

Strada Masone 121, Fontanellato (PR)

Tel: 0521827081

www.labirintofrancomariaricci.it

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Courtesy of Labirinto della Masone Angelo Calculli Foto di Luca D’Amelio

ANGELO CALCULLI. UN AVVOCATO TRA CINEMA, MUSICA, PREMI E RICONOSCIMENTI

ANGELO CALCULLI, THE LAWYER BEHIND

THE CURTAINS COLLECTING AWARDS AND RECOGNITIONS - HIS CINEMA & MUSIC

Per la prima volta, scegliendo MondoArte come canale di comunicazione, Calculli, produttore discografico e manager di grandi artisti e talentuosi emergenti, racconta come è divenuto manager di Achille Lauro, parla della fine del loro rapporto di collaborazione, dei suoi progetti attuali, visionari e di grande spessore, e della sua visione dell’universo musicale, al quale si è avvicinato grazie a passione e talento.

Incontriamo Angelo Calculli, professionista del mondo della musica e del cinema, un uomo che, attraverso un percorso intenso e ricco di successi, è passato da una carriera di avvocato a diventare protagonista del dietro le quinte dello star system musicale italiano. Ci racconta la sua storia, il cammino diversificato e complesso che lo ha portato al successo. Ci spiega quanto gli anni dedicati alla professione legale con aziende di alto profilo gli hanno regalato, anche in funzione degli sviluppi successivi nel lavoro. Ci parla della casa discografica MK3 e di un modo di lavorare differente rispetto ai trend contemporanei dell’universo musicale. E poi ci rivela com’è andata la storia che lo vede protagonista con Achille Lauro di un percorso di bellezza e successo, concluso, però, con scelte ormai tanto, troppo differenti.

AC - Dichiaro subito la mia età: ne ho sessanta di anni e ho iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia a quindici. Mio padre aveva una concessionaria di auto, ha voluto che ci occupassimo di ogni aspetto dell’azienda, sono cresciuto studiando mentre procedevo attraverso lavori che mi stavano formando da ogni punto di vista. Certamente le tipologie di esperienze sono varie e allo stesso tempo significative.

Quando ho intrapreso la carriera di avvocato, mi sentivo un privilegiato: l’avvocato aziendalista ovvero l’avvocatura di impresa era al tempo di pochi. Per me rappresentava il modo per comprendere cosa accadeva dietro le quinte e soprattutto amavo stare in azienda: nonostante avessi il mio studio ho sempre preferito guardare cosa c’è dietro alla realizzazione di un prodotto.

Anche quando ho a che fare con la musica avviene questo. Al di là della produzione di un brano (non sono né musicista né compositore), intesa come produzione di un disco, di un progetto, la musica è un prodotto di grande complessità e fascino. Ecco che le esperienze fatte in tanti altri settori come avvocato qui diventano preziose. La musica è infatti realizzazione di un prodotto, cosa che prevede passaggi importantissimi, serietà, ricerca, ma anche visioni e metodo perché poi il mercato possa recepirlo e fruirne. Quando ho iniziato a lavorare

For the very first time, here he is record producer Calculli, choosing MondoArte as the favoured channel of communication. The manager of great artists and also of emerging talented tells us about how he became Achille Lauro’s manager, speaking about the end of their working relationship, and about his current visionary projects of great depth, about his vision regarding the musical universe, to which he approaches thanks to passion and talent.

There we meet Angelo Calculli, a professional in the world of music and that of the cinema. A man, who, through an intense and successful journey, has jumped from being a lawyer to be the behind-the-scenes protagonist of the Italian musical star system. He’s telling us about his story, the complex and diverse path that has led him to his success and he’s explaining how much the years he had been working as a lawyer, devoting himself to law practice, have given to him. He’s telling us about the MK3 recording house and about the old ways he is used to working, compared to the current and contemporary trends of the musical universe. Then, he’s revealing to us how things with Achille Lauro have gone. A story about Achille Lauro and he himself, as protagonists. A story that was also a path of beauty and success, but that ended, anyway, given the fact that they made very different choices.

AC: I immediately plead my age: I’m sixty years old, and I started to work for my family’s business when I was fifteen. My dad had a car dealership, and wanted us to learn to deal with every single aspect of our business. I grew up studying, while I was walking through several jobs that helped me to improve, I mean those kinds of jobs that forge you, from any point of view. Surely, these experiences are as countless as significant.

When I embarked upon the legal career, I felt as a very privileged man. As a matter of fact, the lawyer working for companies was that kind of job only for a few, back then. To me, it even represented the way to understand what was happening behind the curtains, but, to tell the truth, being in the company, spending time there, was even something I did profoundly loved - even though I had my own studio, I have always been so that curious that I’ve preferred to see what hides and lies behind the construction of a product.

This happens and works even when I deal with music. Beyond the realisation of a track - I’m neither a professional musician, nor a composer - here meant as the production of a record, of a project, music, to my mind, is a product of great complexity and fascination. That is where the experiences I’ve gained in so many other fields and

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nella musica mi sono ritrovato ad applicare lo stesso approccio metodologico che impiegavo con le grandi aziende. Le visioni e la creatività, doti naturali, poi fanno il resto, ovvero tutto!

L’incontro con Achille Lauro

Senza visione non si va da nessuna parte, per me questo è importantissimo. Achille Lauro stesso in un’intervista a Il Sole 24 Ore di un anno fa ha dichiarato:“Angelo, che se non ci fosse oggi probabilmente non staremmo facendo questa strada, [è] un grande visionario che ha messo tanta della sua esperienza non solo nella mia musica ma nella mia vita e mi ha permesso di osare”. Quella visione la ebbi quando lo incontrai la prima volta su un set cinematografico. Conobbi Lauro per ragioni recitative, non avevo intenzione di avviarmi in un percorso di questo tipo. Dopo pochissimo tempo, però, per strane coincidenze della vita, dal fare qualche semplice consulenza legale passammo ad un rapporto più collaborativo e manageriale. Non avevo mai sentito parlare di lui, né avevo alcuna idea di chi fosse o che genere musicale facesse. Le mie conoscenze musicali di quel settore si limitavano, per così dire, agli artisti americani (Tupac, Big Notorius, 50 cent, Snoop Dog e altri) e pochi italiani che ritengo leader di settore come Marracash e Gue Pequeno.

Mi invitò ad assistere a un suo live a Roma: vidi qualcosa molto lontano dalla mia idea di universo musicale. Un’organizzazione lontana dal mio modo di lavorare e dal mio essere meticoloso e forse troppo puntiglioso. Allora però la trap era così. Mi stupii, ma guardando Lauro mi veniva in mente il protagonista di un film, Velvet Goldmine del 1998, con Meyers e Bale; io sono un grande appassionato di cinema. La pellicola è, diciamo così, una biografia non autorizzata di David Bowie. Ecco, il protagonista di questo film, il cantante Brian Slade, mi ricordava Achille Lauro, così mi si aprì una visione incredibile, seguii questo viaggio, comprendendo che qualcosa di interessante poteva accadere. Lo dissi subito e a giugno 2018 Lauro presentò “Pour l’amour” e il caso, o diciamo pure il destino, volle che durante la conferenza un giornalista gli chiese se aveva visto proprio quel film!

Pensai che se volevamo raggiungere un mercato molto ampio con il prodotto musicale di Lauro avremmo dovuto cercare un “Mega Store”, un Wall Mart della musica, e così mi venne subito in mente l’idea di portare il brano a Sanremo. Era l’anno di Baglioni direttore artistico, non conoscevo nessuno, non avevo canali da utilizzare, né esperienza specifica. Ma feci ricerca, come ho sempre fatto nella mia vita davanti a una nuova realtà: casi, situazioni precedenti, dinamiche... la ricerca! “Copia chi ha fatto bene e sforzati di fare un po’ meglio”, non potrò mai dimenticare le parole di un professore della Luiss a Roma: sono divenute per me faro, guida, modus operandi. Studiai come funzionava Sanremo in ogni dettaglio, studiai Baglioni e in quale modo si approcciava alla gestione artistica del festival e, aiutato da uno studio legale di Roma, riuscii a contattare un’importante società di Milano per proporre l’idea. Mi presentai presso gli uffici milanesi sapendo esattamente chi fosse il leader aziendale e con quale grandissimo professionista mi dovessi incontrare.

Facemmo ascoltare il pezzo cercando di fare una cosa importante: proporre qualcosa di diverso e originale: un artista punk rock! Molti attribuiscono ad Amadeus e a il suo Festival la scoperta di Achille Lauro: in realtà chi ha azzardato e osato nel portare un artista così eclettico sul palco di Sanremo fu Claudio Baglioni.

areas as a lawyer, turned out to be precious, even here. Music is in fact the making of a product, which involves very important steps, as well as seriousness and research, but also visions and methods so that, tthe market can receive it and can benefit from it. When I started to work in the music industry and show business, I found myself applying the same methodological approach that I used to employ with large companies. Visions and creativity, my natural gifts, then, did the rest, that is to say: all!

The Meeting with Achille Lauro

Where there is no vision, the people go nowhere. And that - that means the world to me. It’s extremely important. Achille Lauro himself, in an interview with Il Sole 24 Ore, one year ago said, “Angelo, if he weren’t around today we probably wouldn’t be going down this road, [he’s] a great visionary, who put so much of his experience, not only in my music but even in my life. The one who allowed me to dare.” I had that kind of vision when I first met him on a movie set. I met Lauro for acting reasons; I had no intention of setting out on such a path. After a very short time, anyway, it was one of those odd twists of fate in my life, we went from doing simple legal advice to a more collaborative and managerial relationship. I had never heard of him, nor did I have any idea who he was or what kind of music he did. My musical knowledge of that industry was limited to American artists (Tupac, Big Notorious, 50 cent, Snoop Dog, and others) and a few Italians that I consider industry leaders, like Marracash and Gue Pequeno, so to speak.

He invited me to attend one of his live shows in Rome: I saw something very far from my vision of a musical universe. An organisation far from my way of working, far from my being meticulous and, perhaps, too fussy. At the time, trap music was like that, though. I was amazed, but looking at Lauro reminded me of the protagonist of a movie: 1998’s Velvet Goldmine, with Mayers and Bale; I am a big movie buff. The film is, shall we say, an unauthorised biography of David Bowie. Here, the protagonist of this film, the singer Brian Slade, reminded me of Achille Lauro, so an incredible vision opened up for me. I followed this journey, understanding that something interesting could happen. I said it right away, and in June 2018 Lauro presented “Pour l’amour,” and chance, or let’s say fate, wanted that during the conference a journalist asked him if he had seen that very film!

Thus, I thought that if we wanted to reach with Lauro’s music product, a very large market, we should have to look for a “Mega Store”, a kind of Wal Mart of music, and so the idea of bringing the song to Sanremo came to my mind immediately. It was the year of Baglioni, as artistic director. And, there I didn’t know anyone, I had no channels to use, no specific experience. But I did research, as I have always done in my life when faced with a new reality: cases, previous situations, dynamics… Research! “Copy those who have done well and strive to do a little better,” those are the words pronounced by a professor of mine at Luiss in Rome. Words which I can always remember and never forget! They became and represent, even today, a lighthouse, a guide, a modus operandi. I studied Baglioni and how he approached the artistic management of the festival, and, helped by a law firm in Milan to propose the idea. I showed up at the Milan offices knowing exactly who the corporate leader was and what a great professional I was going to meet. We played the piece trying to do one important work here, that is to say: proposing something different and original - a punk rock artist! Many attribute the discovery of Achille Lauro to Amadeus and his Festival: actually, the one who rang the bell, gambling and daring to bring such an eclectic artist to the

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Angelo Calculli Foto di Luca D’Amelio

Da quel momento sono passati poco più di 4 anni di successi insieme, il cui racconto è sotto gli occhi di tutti. Sono stati anni in cui ho vissuto in una commistione full time di creatività e visione con la pragmaticità della gestione aziendale, della organizzazione e della strutturazione societaria, legale e finanziaria, che poi in realtà sono componenti essenziali della mia professione. Una crescita artistica, è vero, ma soprattutto economica e credo anche umana e formativa per l’artista. Poi purtroppo ci sta che ad un certo punto le visioni e le strategie non convergano più e ci si separi. Accade per tante ragioni: pressioni, invidie e gelosie esterne, divergenze, ma anche un po’ quella strana competizione che ad un certo punto genera conflitti di competenza e mischia l’irrazionalità artistica a quella imprenditoriale.

E sfocia in una prova di forza nel dimostrare chi è più capace. Diciamo simile, giusto per rendere semplice l’idea, a quel tipo di conflitto che quelli come me, figli di imprenditori, spesso hanno nei confronti del proprio genitore: dimostrare di essere più capaci e più “cazzuti”. Ci sta. È il ciclo della vita. Tanto poi alla fine quel che resta, spero, sono gli insegnamenti che magari oggi possono essere gestiti anche da soli.

Di tutta questa avventura il più bel ricordo che conserverò sempre è legato ad una canzone che ancora oggi è il brano di punta di Achille Lauro e che tanto faticai per far uscire. E che poi ha aperto la strada ad un genere riportato in auge anche da altri artisti: il twist di Bam Bam Twist. Sono quasi certo che resterà ancora per molto tempo il brano più streemmato nella classifica personale dell’artista.

Che cos’è il successo Successo è per me essere soddisfatti di quello che si fa, del proprio percorso: nell’arte, nel lavoro, in famiglia. Sono in molti oggi, in ambito musicale, a non considerare la soddisfazione creativa ed artistica quale priorità. Purtroppo la fama, il denaro e l’apparire diventano ossessioni che spesso portano a perdere la rotta.

Mi pongo tante volte una domanda che ora voglio rivolgere al lettore di MondoArte. Sei soddisfatto? Stai vivendo con soddisfazione il presente? Sei consapevole che il tuo bene più grande è e resterà per sempre “il vivere” la quotidianità? Troppi giovani vorrebbero vivere già subito il futuro e la certezza del successo, senza focalizzarsi sulla bellezza del viaggio. Il successo è oggi come vivi, ogni aspetto, il successo lo senti maggiormente nei piccoli traguardi, nelle quotidiane conquiste. La musica, visto che di questa arte parliamo, per come è intesa oggi è un banale consumo veloce di “prodotto”, un’abbuffata che genera indigestione. L’artista è quasi “un calciatore” prestato alla musica. Il suo percorso è fatto di coincidente: inizi a giocare a 16/18 anni e a 35 sei un fine carriera. Certo ci sono eccezioni, specie del passato, ma pensate un attimo: ogni venerdì esce una New Friday Music su Spotify! Quanta musica esce? Quanti over 50 sanno scrivere “Spotify”? Quanto dura un brano su Tik Tok o su un Reel? Quanto mix generazionale vediamo partecipare ai live al netto di Vasco Rossi, Ligabue e pochi altri? Non è che forse oggi la musica al posto di unire le generazioni le divide? E sapete questo cosa è alla fine? Marcato!

Ma per me successo è anche riuscire a condividere e a insegnare ciò che ho imparato durante gli anni di lavoro. Fondamentale è nella mia vita il rapporto con l’altro e la possibilità di vivere una comunicazione e uno scambio profondi. Sono a volte accusato di essere individualista, assolutista: è vero! Mi hanno insegnato che solo quando hai una assoluta sicurezza e sei concentrato sulle tue capacità ottieni risultati.

Sanremo stage was Claudio Baglioni.

We have enjoyed four successful years together since then. As regards Achille Lauro and me, All I can say: all eyes on us! So, there have been years in which I have lived in a full-time blend of creativity and vision with the pragmatics of business management, organisation and corporate, legal and financial structuring, which then in reality are essential components of my profession. That’s true, there has been artistic growth, but above all economic and I do believe also human and formative growth for the artist. Then, unfortunately, you know how things go… It happens that the visions and strategies no longer converge, at some stage, and you separate. That’s what happened to us and there are a thousand reasons for it: external pressures, envies and jealousies, divergences, but also a bit of that strange competition that at a certain point generates conflicts of competence and mixes artistic irrationality with entrepreneurial irrationality. And it results in a trial of strength, in proving who is more capable. Let’s say something similar, just to give an idea, to the kind of conflict that those like me, sons of entrepreneurs, often have vis-à-vis with their parents: proving that they are more capable and more “bad-ass”. Well.. It’s ordinary. It’s the cycle of life. In the end, anyway, what remains, I hope, are the lessons that perhaps can be handled on one’s own today.

Of this whole adventure, the most beautiful memory I will always keep is tied to a song that is still Achille Lauro’s top song and that I struggled so hard to get out. And which then paved the way for a genre also brought back by other artists: the Bam Bam Twist. I’m pretty sure that it will remain the most streamed track on the artist’s personal chart for a long time to come.

Mr. Calculli, what is success for you? Success, to my mind, is about being satisfied with what you do and how you do it, with your path: in art, in your work, in your family. Nowadays, there are many working in the music field, who don’t consider creative and artistic satisfaction as a priority. Sad to say, but fame, money, appearances, the need to be seen become obsessions that often lead and throw you off course.

I ask myself the very same question all the time. A question that I now want to ask even the reader of MondoArte: Are you satisfied? Are you living the present with satisfaction? Are you aware that your greatest asset is and will forever remain “living” the everyday life? I believe there are too many young fellows that would like to live and experience their future and the certainty of success already today, without focusing on the beauty of the journey. Today, success is about how you live, and any circumstance. You can feel success mostly in the small goals, in the daily achievements. Since we are talking about this kind of art, music as it is meant nowadays, it is a trivial fast consumption of “product”, a binge that generates and turns into indigestion. The artist is almost “a footballer” loaned to music. His path is coincidental: you start playing at the age of 16/18 and at 35 you are at the end of your career. Of course, there are exceptions, especially from the past; but stop and think for a moment: every Friday a New Friday Music comes out on Spotify! How much music is released? How many people over 50 can spell “Spotify”? How long does a track last on Tik Tok or Reel? How much generational mix do we see attending live shows net of Vasco Rossi, Ligabue and a few others? Isn’t it, that maybe, today, music instead of uniting generations divides them? And do you know what this is in the end, what’s the name of it? Market.

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La condivisione va bene, per l’amor del cielo, ma io condivido solo con chi ritengo abbia giuste competenze e qualifiche. Credo tanto nell’istruzione e nella formazione e sono “integralista” sul punto: non puoi trasformare un mulo in un cavallo da salto ad ostacoli. È da questa urgenza che nasce il libro che presento nel 2023, Da 100 a 10, edito da 24 ORE Cultura. Ho voluto raccontare l’esperienza di manager affinché ciò che ho fatto e che faccio possa essere utile ai più giovani. È una case history di particolare significato, ricca di momenti di successo, ma anche di complessità. È un progetto che amo molto questo, una pubblicazione attraverso la quale non voglio presentarmi come scrittore, ma che diviene canale per condividere le mie esperienze e ciò che ho conosciuto, occasione di esporre le mie prospettive e la mia visione dell’universo musicale e non solo, portando come esempio ciò che mi è realmente accaduto.

MilanoK3, un modo diverso di lavorare nella musica Osservo i numeri, sono abituato a farlo, ho due lauree e una tesi in statistica. Analisi e numeri ti danno un quadro prezioso di ciò che accade. In questo caso i numeri di cui parlo hanno a che fare con i tempi di permanenza di un brano musicale, meglio ancora di un autore, nella vita e nell’immaginario comune di chi ne fruisce: i cantautori storici italiani, da Vasco a De Gregori per esempio, ma ancora Battisti e molti altri, hanno attraversato le generazioni e continuano a farlo. Ciò che li posiziona al di là di spazio e tempo è la capacità di arrivare a toccare temi esistenziali che non hanno tempo, che parlano all’anima: è il repertorio, il catalogo che fa la differenza, ovvero i contenuti! Alcuni brani sono vere e proprie opere d’arte, sempre attuali e capaci di arrivare nel profondo, proprio perché frutto di spunti di vita, politica, di domande e riflessione.

E, invece, al netto di pochissimi casi davvero cantautorali, molta musica italiana, specie post anni Novanta, ha una fruibilità da Karaoke. Oggi la costruzione di hit è frutto solo di una strategia di marketing che dà poco valore al contenuto, ma molto alla forma e al periodo: i ritornelli killer, le canzoni a stampino per l’estate e spesso il continuo mirare ad artisti stranieri. “Voglio un brano che suoni come Harry Styles, ne voglio uno simil The Weeknd, uno alla Post Malone”, dimenticando che siamo Italiani e che la nostra musica è famosa per la sua autenticità, non per essere copia di qualcosa altro.

Vi immaginate la soppressata americana ispirata a quella calabrese? Noi italiani diremmo che è uno schifo; e la stessa cosa dicono della nostra musica gli stranieri, eccezion fatta per artisti come il Volo, Bocelli, eccetera…. A quel punto meglio la strategia dei Måneskin: una cover ben fatta CHE FUNZIONA perché già di gusto estero. D’altronde anche negli anni Sessanta e Settanta artisti come Celentano, Morandi, Dik Dik, Caselli hanno riprodotto in italiano brani stranieri. La strategia e l’assemblaggio per mettere in piedi hit non producono brani che durano nel tempo. È come se entrassimo in una galleria d’arte e trovassimo lavori realizzati con stesse tecniche e sviluppati su stesse tematiche da molteplici figure. Ci sono produttori che generano delle economie di gran lunga superiori a quelle degli artisti per cui lavorano, si tratta di una vera e propria catena industriale. Inoltre anche il concetto di cantautore oggi è storpiato e deformato: può un cantautore definirsi tale se il suo brano è scritto da 4 o 5 autori? Il mondo è cambiato, il digitale ha generato questo nuovo modo di produrre. Assistiamo a un continuo buttar fuori nuova musica, hit destinate a breve vita, capaci di generare velocemente reddito estemporaneo.

Yet, for me success is and means also being able to share and teach what I have learned during my years working in this field. The relationship with the other has been essential in my life. I mean, the opportunity to experience deep communication and exchange is so vital to me. Sometimes they accuse me of being individualistic, absolutist: it is true! I was taught that you can get results, only when you have absolute confidence and are focused on your abilities. Sharing is fine, for God’s sake, but I only share with those I believe have the right skills and qualifications. I believe so much in education and training and I am a “fundamentalist” on the point: you cannot turn a mule into a show jumping horse. It is from this urgency that the book I’m presenting in 2023, Da 100 a 10, published by 24 ORE Cultura, was born. I wanted to talk about my experience as a manager, so that what I have done and what I do can be useful to younger people. It is a history “case” of particular significance, full of successful moments, yet even of complexities. This is a project I love very much, a publication through which I don’t want to introduce myself as a writer, but which becomes a channel to share my experiences and what I have learned. An opportunity to expose my perspectives and convey my vision around the musical universe and beyond, bringing as an example what really happened to me.

MilanoK3 - A Different Way To Work In The Music Field

I’m always observing numbers, I’ve always done that and I’m used to doing that. I gave two degrees and a thesis in statistics. Numbers and analysis can give you valuable insight into what is going on. To tell the truth, in this case, numbers I am talking about have to do with the length of time, a piece of music, better still an author, stays in the life and common imagination of those who enjoy it: Italian historic songwriters and singers - beginning with Vasco Rossi, until we arrive at De Gregori, for instance, but again Battisti and many others, have spanned many generations and continue to do so. What places them beyond space and time is their ability to reach out, to touch on existential themes that are timeless and that speak to the soul: it is the repertoire, the catalogue that makes the difference, that is, the content! Some of the songs are true works of art, always relevant and capable of reaching deep inside, for the very reason that they are the result of insights into life, politics, questions and reflection.

And, on the other hand, apart from very few truly singer-songwriter cases, a lot of Italian music, especially post-1990s, has a Karaoke usability. Today, the construction of hits is only the result of a marketing strategy that places little value on content, but much on form and period: killer refrains, stencil songs for the summer, and often the constant targeting of foreign artists. “I want a song that sounds like Harry Styles, I want one like The Weekend, one like Post Malone,” forgetting that we are Italian and that our music is famous for its authenticity, not for being a copy of something else.

Could you imagine America soppressata inspired by the Calabrian one? We Italians would say that it sucks; And, that’s what foreigners are saying about our music, except for those artists like Il Volo, Bocelli, and so on. At that point, I think, better the Maneskin strategy: a welldone cover song THAT WORKS because it is already of foreign taste, that they already know, overseas. After all, even in the 1960s and 1970s artists like Celentano, Morandi, Dik Dik, Caselli reproduced foreign songs in Italian language. You have to know that this strategy and assemblage to put up hits don’t produce songs that are going to last over time. It is as if we enter an art-gallery and find works made with the same themes by multiple figures. There are kinds of producers who generate far greater economies than the artists they

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Angelo Calculli Foto di Luca D’Amelio

Ho scelto di lavorare in un altro modo perché credo in altri valori. La nostra società MK3, casa produttrice, lavora con artisti emergenti e con una prospettiva effettivamente controcorrente. Ovvero ci poniamo l’obiettivo di sostenere artisti destinati a durare nel tempo. È certamente una sfida importante, valorizziamo l’artista e un prodotto musicale che sia trasversale. Oggi tutti tendono a dividere in generazioni, etichettare. Ma pensiamo a Vasco, per esempio, che attraversa generazioni di fruitori che non possono essere etichettati per età, né per classi o categorie. Un quadro deve arrivare e punto. La generazione Z di oggi domani sarà altro! Hanno voluto classificarci: non c’è libertà e i ragazzi subiscono tutto ciò, perché vengono indirizzati in questo modo, gestiti e manipolati. Il successo di alcuni social e il modo “usa e getta” utilizzato dalla maggior parte di essi ha fatto credere ai giovani che si possa comprendere tutto in 20 secondi, ma non è così! La musica dei cantanti storici è capace di regalare nuovi significati anche dopo anni, proprio come accade con un’opera d’arte. La storia ci insegna che ciò che appiattisce non dura, ciò che viene costruito per marketing finisce presto: personalmente mi auguro che si torni a fare arte.

Com’è finita con Achille Lauro Tengo a dire che MondoArte magazine è stata la prima testata a cui ho rilasciato dichiarazioni relativamente a ciò che è accaduto tra Lauro e me: siete una rivista che nasce in una galleria d’arte e avete quella capacità di accogliere e comprendere sfumature significative che in questa storia sono molto importanti. Vi è tutta una parte legata all’umanità e al rapporto personale che va valorizzata e rispettata anche quando due persone scelgono strade differenti.

Lauro mi ha insegnato tanto e io spero di aver insegnato qualcosa a lui. Mi rimprovero sicuramente di aver spinto troppo sull’acceleratore: personalmente ritengo che l’aver fatto quattro volte di seguito Sanremo sia stato un errore, per esempio. Mi rimprovero inoltre di aver consumato in quattro anni e mezzo quello che si sarebbe dovuto fare nel doppio degli anni. Penso poi all’Eurovision. Aver forzato la mano per esserci attraverso la partecipazione a San Marino, il rischio che mi sono assunto se per assurdo non avesse superato quella prova. Poi la preparazione e la partecipazione all’evento a Torino. Quell’esperienza mi ha fatto capire alcune cose, quanto probabilmente fossimo già orientati verso strade diverse: per esempio la scelta del brano e il progetto stesso che nel suo insieme non mi lasciava tranquillo in quel momento. Non condividevo né credevo più in quell’impostazione così improntata all’estetica, eccessiva e troppo costruita. Ed è così che mi è stato tutto molto chiaro improvvisamente: ho capito che forse non ero più utile per Lauro. Non sentivo più che la mia visione lo riguardasse, probabilmente perché non riuscivo più a distinguere il personaggio dal cantautore.

Il rapporto con i fan per esempio: io do molto valore alla fan base, ma per opportunità è stato fatto arrivare un messaggio diverso, quasi che fossi responsabile di una gestione così non omogenea della fan base. Oggi vedo che per fortuna è stata invertita, quasi a voler generare un convincimento nei confronti dei fan che una gestione così disorganizzata fosse decisa dal management. Ma va bene così, anche questo è un modo per rendersi utile. In sostanza non condividevo più le scelte per il futuro e comprendere questo mi ha fatto capire che non ero più funzionale per il percorso che Lauro aveva in mente per se stesso. La sera dell’ultimo live di Lecce avevo maturato l’idea di non

work for; it is a real industrial chain. Moreover, even the concept of a songwriter is crippled and deformed, nowadays, for instance: Can a songwriter call himself as such, if his song is written by 4 or 5 authors? The world has changed, Digitalisation has generated this new way of production. We are all witness to a constant throwing out new music, hits destined for a short life, capable of quickly generating extemporaneous income.

My decision to work in a different way, depends on my belief in other values. Our MK3 company, a production company, works with emerging artists and with effectively counter-cultural perspectives. That is, we pursue to support artists who are destined to last. It’s certainly a major challenge; we value the artist and a musical product that is cross-generational. Today, everyone tends to divide and to split generations, labelling them. But think about Vasco, for example, which crosses generations of users, who cannot be labelled by age, nor by classes or categories. A framework must reach you, and forget. Generation Z of today will be something else tomorrow! They have wanted to categorise and to classify us: there is no freedom and the kids suffer from this, because they are being directed in this way, managed and manipulated. The success of some socials and the “single-use/throwaway” mode, used by most of them, has made young people believe that they can get everything in just 20 seconds, but that is not the case! The music of historical singers succeeds in giving new meanings even after years, just as happens with a work of art. History teaches us that what flattens doesn’t last forever, what is built for marketing soon comes to its end: personally, I hope that we will return to do “art for art’s sake”.

How did it end with Achille Lauro?

What I really want to say is that MondoArte has been the first media to which I gave my statements regarding what happened between Lauro and me: you are a magazine that was born in an art-gallery, and so, you do have that ability to grasp, welcome and understand those significant nuances and shades that are very important in this story. There is a whole part related to humanity and personal relationship that must be valued and respected even when two people choose different paths.

Lauro taught me a lot, and well, I hope I’ve taught him something too, in return. I definitely reproach myself for having pushed too hard on the accelerator, for instance, I personally think that having done Sanremo, four times in a row, was a mistake. I further reproach myself for consuming in four and a half years, what should have been done in twice as many years. Then, I think about Eurovision - having forced my hand in order to be there, through participation in San Marino. The risk I would have taken, if it had absurdly failed that test. Then the preparation and participation in the event in Turin. An experience that made me realise a few things, that is to say, how much we were, probably, already headed down different paths: for example, the choice of the song and the project itself, which as a whole, didn’t allow me to be tranquil at all, at that time. I no longer shared or believed in that approach that was so aesthetically driven, excessive and too much constructed. And, that’s how I have suddenly been aware of it in such an obvious way: I realised that maybe I was no longer useful for Lauro. I no longer felt that my vision was about him, probably because I could no longer distinguish the character from the songwriter.

The relationship with the fans for example: I value the fan base very much, but by opportunity a different message was sent out, as if I was

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proseguire questa collaborazione e sono andato via prima dell’inizio della esibizione. Per il dolore ho avuto un grave malessere che mi ha visto in un letto per molti giorni e poi costretto a ricorrere a cure mediche neuro-psicologiche e all’assunzione di farmaci per provare a stare meglio.

Ho iniziato ad allontanarmi dalla gestione dell’artista e di comune accordo abbiamo deciso di interrompere il cammino insieme. Non abbiamo mai litigato né alzato i toni: tutte le nostre discussioni sono avvenute tramite una chat telefonica. Lauro mi ha lasciato una grande eredità manageriale che racconterò nel mio libro, un importante insegnamento (vivere con distacco e tenere ben distinti il rapporto di lavoro da quello umano), ma grazie a questa avventura ho scoperto quanto mi piace lavorare con gli emergenti, creare progetti, realizzare le mie visioni e sostenerne la crescita e lo sviluppo. Il progetto di Lauro mi assorbiva a tempo pieno certamente, ma ora i tempi sono maturi per lavorare con i ragazzi. Adoro l’attività di talent scout e il creare progetti nuovi!

Nuovi progetti

La casa di produzione sforna progetti. Seguo i miei artisti, li sostengo, realizzo visioni e provo ad aiutarli a realizzare il loro sogno. C’è qualcuno tra loro che sta per fare il grande salto, qualcosa di davvero unico e originale, ma al tempo stesso di grande contenuto e spessore, ci saranno novità. Mi rende felice l’idea di vedere realizzati i sogni di questi giovani ai quali cerco di dare opportunità. Sono tornato a lavorare negli studi di registrazione e a vivere il contesto nel quale lavoro in modo più familiare ed è grazie a questi ragazzi che sto scoprendo quante complessità caratterizzano oggi la socialità, ma anche i rapporti con la famiglia, con gli amici.

Mi confronto poi con il dramma delle problematiche razziali, attraverso le esperienze di due ragazzi con cui lavoro, ma ancora mi confronto con le difficoltà di persone con un passato di tossicodipendenza e che nella musica trovano la loro opportunità di riscatto. Il rapporto umano è ciò che continua a interessarmi maggiormente. Sono attirato da ciò che sta sotto allo scambio professionale e che dà senso a ciò che faccio.

Ci sono continue novità, ma vorrei accennare a qualcosa che mi sta molto a cuore e che finalmente sembra aver trovato modi e spazi per manifestarsi. Si tratta di un progetto del quale non posso dire nulla se non che si sviluppa attraverso la fotografia e non solo, ha a che fare con MiartGallery e si lega alla rivista MondoArte, sia per il livello dei lavori realizzati, sia per la sensibilità e le tematiche sociali che vengono affrontate.

Inoltre, proprio in questi giorni, sto lavorando a un progetto rivoluzionario che unirà le arti musicali a quelle visive, alla robotica, alla biomedica e alle installazioni immersive. Per ragioni di riservatezza non rivelo il nome di questo grande e straordinario giovane artista laureato al Santa Cecilia di Roma. Ma sarà un’esperienza che potrebbe seriamente diventare una forma d’arte unica al mondo e che vorremmo presentare in anteprima mondiale all’Alexanderplatz di Berlino, per poi fare il giro del mondo.

responsible for such uneven management of the fan base. Today, I see that fortunately it has almost reversed as if it were generating a belief towards the fans that such disorganised management was decided by management. But that’s okay, that’s also a way of making yourself useful. Basically, I no longer shared the choices for the future and understanding this, made me realise that I was no longer functional for the path Lauro had in mind for himself. On the night of the last live show in Lecce I had matured the idea of not continuing this collaboration and left before the performance began. Because of the pain I had a serious disease that saw me in a bed for many days and then forced to resort to NeuroPsychological medical treatment and taking pills to try to get better. I began to distance myself from the artist’s management and by mutual agreement we decided to stop walking together. We never quarrelled or raised our voices; all our discussions took place over a phone chat. Lauro left me a great managerial legacy that I will recount in my book, an important lesson (living with detachment and keeping the working relationship distinct from the human one), but thanks to this adventure I found out how much I enjoy working with emerging artists, creating projects, achieving my goals and supporting their growth and development. Lauro’s project absorbed me full-time certainly, but now the time is ripe to work with the young. I love talent scouting and creating new projects!

New projects

The production house rolls out projects. I follow my artists, support them, achieve goals and try to help them make their dreams come true. There is someone among them, who is about to take the big leap, something really unique and original, but at the same time with great content and depth. There will be news. Seeing young people’s dreams come true makes me really happy. I have returned to work in recording studios and to experience the context in which I work in a more familiar way, and it is thanks to these young people that I am discovering how many complexities characterise sociality today, but also relationships with family, and with friends.

I then cope with the drama of racial issues, through the experiences of two boys I work with, but still I am faced with the difficulties of people with a past of drug addiction and who in music find their opportunity for redemption. The human relationship is what continues to interest me the most. I am drawn to what lies beneath the professional exchange and what gives a meaning to what I do.

There is constant news, but I would like to mention something that is very close to my heart and that finally seems to have found ways and spaces to manifest itself. It is a project about which I cannot say anything except that it is being developed through photography and beyond, it has to do with MiartGallery, and it is linked to MondoArte magazine, both in terms of the level of the work produced and the sensitivity and social issues that are being addressed.

In addition, just these days, I am working on a revolutionary project that will unite musical and visual arts with robotics, biomedical and immersive installations. For reasons of confidentiality, I am not revealing the name of this great and extraordinary young artist who graduated from Santa Cecilia in Rome. But it will be an experience that could seriously become a unique form of art in the world and one that we would like to introduce to you as a world premiere at the Alexanderplatz in Berlin and then in a tourné around the world.

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Foto di Carlo De Ceglie

UN ARTISTA TRA OCCIDENTE E ORIENTE, TRA MEMORIA, INFANZIA E ILLUSIONE

ABOUT MEMORY, CHILDHOOD AND ILLUSIONS - AN ARTIST’S LIFE IN WESTERN EUROPE AND THE FAR EAST

Magnetico e poliedrico; profondamente legato all’eredità artistica occidentale, ma libero dagli stereotipi eurocentrici; influenzato dall’Oriente, dal Giappone in particolare, e capace di trasformare le contaminazioni in una sintesi profonda e originale di forma, colore e gesto artistico. Il lavoro di Riva GLDF, acronimo di Giuseppe Lorenzo Di Fede, è ossessione che attinge nello spazio della memoria, è dialogo tra i diversi riferimenti culturali, nell’immediatezza dell’elemento ludico e nella negazione del gesto pittorico, in favore di un “colore non creato ma determinato dall’accostamento delle cromie per generare immagini e sfumature […] sintesi mentale per esprimersi in campo figurativo”, dalle parole dello stesso Di Fede, riportate nel catalogo dedicato alla sua produzione.

La dimensione ludica dell’arte

Una cosa è subito evidente: le opere di GLDF non sono dipinti, ma immagini ricreate attraverso l’accumulazione e l’accostamento di oggetti apparentemente contrastanti con l’intensità del messaggio. E gli oggetti che l’artista sceglie e con i quali dà vita alle suggestioni delle sue opere sono le macchinine giocattolo dei bambini, elementi all’apparenza banali e ad uno sguardo distratto caotici. Ma nel lavoro artistico di GLDF nulla è casuale, nulla, di certo, è banale. I colorati modellini di automobili sono utilizzati per manifestare, al contrario, il valore profondamente archetipico dell’oggetto e suggerire all’osservatore attento i rimandi alla memoria individuale e collettiva, emotiva e artistica. “La filosofia che sottende all’immagine che in un primo momento appare cromaticamente confusa è il pensiero di un bambino che gioca con le sue macchinine”, spiega ancora GLDF. “Cresce, diventa adulto e, allontanandosi nel tempo e nello spazio dal suo disordine, voltandosi fa chiarezza. Per sintesi visiva il disordine lasciatosi alle spalle si compone in immagini sacre, alcune molto famose ed impresse sulla retina della sua infanzia”.

Mesmerising and polyhedric: deeply tied to the artistic heritage of Western Europe but so far from the eurocentric clichés, influenced by Asia, particularly Japan, he can get contaminations turn into a profound and original synthesis of the shape, of the colour and of the artistical act all put together. The art of Riva GLDF, aka Giuseppe Lorenzo Di Fede is, as said by Lorenzo Riva himself and written in the catalogue that is dedicated to his work, an obsession that he sources from the field of memory, it is a dialogue among several cultural references, from the spontaneity of the ludic element and from the awkwardness of the pictorial act to the advantage of “a colour that is not created but defined by the putting of shades together one next to the other, combining them so as to produce images and nuances [...] it means a mental synthesis, a way to express himself in the field of figurative arts”.

The Ludic Dimension Of Art

One fact is obvious right from the beginning - GLDF’s works are not paintings. They are images that are composed by gathering together of objects that are placed in a way so as to seem at first glance, contradicting the intensity of the message. And the objects that the artist chose to use to achieve the awesomeness of his works are the little toy cars for children. They are apparently banal elements and more, if we don ‘t pay the right attention we might find their display chaotic. But nothing is a coincidence in GLDF’ s works of art and nothing is prosaic. On the contrary, the colourful little automobile models are used to express the intensely archetypal value of the object and to suggest the keen observer to think about or notice its resemblance to the emotional and artistic collective and individual memory.

“The principle on which the image that seems chromatically confused, depends on, is the mind of a kid who is playing with his

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RIVA GLDF RIVA GLDF
Testo Luna Fedi

Bisogna fare un passo indietro per comprendere i frammenti dell’opera di questo artista che sta suscitando l’interesse di una élite incantata dalla sua visione, dal suo mondo e dalla sua capacità di raccontarlo. Riva GLDF vive la contemporaneità interpretandola con un registro apparentemente Pop, benché la sua negazione dell’atto pittorico lo riporti piuttosto al pensiero concettuale di Marcel Duchamp, al ready-made, mentre l’uso sapiente dell’illusione ottica che dà forma all’immagine richiami, quale rimando culturale più alto, le opere di Giuseppe Arcimboldo. Di Fede è stato paragonato al francese Fernandez Arman, ma la sua ricerca è, secondo l’artista Emanuele Gregolin, il cui commento apre il catalogo, “totalmente diversa: l’ossessivo utilizzo delle auto in miniatura vuole riaffermare continuamente il ricordo sensibile dell’infanzia, momento prezioso per tutti noi, strada sulla quale inizia l’incontro con il mondo delle scoperte, delle emozioni e della cultura sulle quali l’uomo edificherà se stesso, nella consapevolezza dei valori della propria storia e memoria.

Nella realtà dei fatti, quindi, questo collante della memoria diventa la parte più importante di ogni opera, il momento mimetizzato perfettamente che fa avanzare l’immagine in una nuova direzione con la nuova sensibilità”.

Memoria dell’infanzia

Nel lavoro di Riva GLDF si ritrova forte e immediato il ricordo sensibile dell’infanzia. È una connessione diretta quella che avviene e richiama, senza la mediazione della razionalità, il momento più prezioso per tutti, quello del primo incontro con il mondo delle scoperte, delle emozioni e della cultura. Per ognuno è in quel periodo della vita che affondano le fondamenta di ciò che siamo e nel guardare indietro, stimolati dall’incontro con quel piccolo, semplice oggetto che è la macchinina giocattolo, ritroviamo la consapevolezza dei valori della nostra storia e della nostra memoria. Il coinvolgimento prodotto dall’osservazione diretta di queste opere è immediato, dunque, come immediata è l’attivazione della memoria. E proprio in questo scambio avviene il completamento dell’opera stessa, nelle intenzioni dell’artista. “Osservando le opere è come se alla fine dovesse mancare un pezzo, esattamente come succede alla memoria... e il cervello “resetta” l’intera figura ricreandola alla sua maniera, aggiungendo porzioni funzionali alla prosecuzione del ricordo: il sistema di autodifesa della mente per giustificare con logica le immagini passate. Spesso il risultato è composto dalla parte che è stata realmente osservata e inserti supposti che certamente rivelano emozioni e rappresentano le sfumature personali”.

Forma, colore e spazio interagiscono ossessivamente fra di loro in una contaminazione continua e nei riferimenti colti capaci di sorprendere d’un tratto l’osservatore: ritroviamo richiami ad Antonello da Messina, al Masaccio e a Michelangelo, ai mosaici bizantini e all’arte spazialista di Bonalumi, fino alla Pop Art di Wharol. Quella di GLDF è una riflessione sulle icone di ieri e di oggi che prendono forma nell’elemento cromatico del modellino di auto. Madonne o icone Pop, “...la sacralità non si esaurisce con la sua ortodossia ma continua e si arricchisce e gioca con se stessa” dice ancora Di Fede.

little toy cars”. GLDF explains “he grows up, he becomes an adult, and getting away from his disorder in space and time, he makes things clear by looking back. For a visual synthesis, all the mess he left behind become religious images, some of which are very famous and also printed on the retina of his childhood”.

We need to take a step backwards if we want to understand well the pieces of the work of this artist who has started sparking interest among an èlite that is mesmerised by his vision, by his world and his ability to tell about it. Riva GLDF experiences and translates to us the running time in a seemingly Pop art language against the fact that the awkwardness of his painting act reminds us of the readymade, Marcel Duhamp’s conceptual philosophy while his expert use of the optical illusion when giving a shape to the image resemble in a way the works of Giuseppe Arcimboldo enriching and giving them a higher cultural value. Di Fede has been considered to be like Fernandez Arman, but to the opinion of Emanuele Gregolin by whose introduction the catalogue begins, his research is “totally different - the obsessive use of little car models aims at constantly emphasising the importance of the sensitive memories about childhood that is a precious period for all of us, the way on which we start to to get on board the world of discovery, of the emotions and of the culture upon which the man will “build up” himself completely aware of the true living principles that lie at the basis of his own history and memory. In fact, as it usually happens all along our lifetime, this impact of the memory becomes the fundamental part of each work, the situation that perfectly camouflages itself making the image go forward, in a new direction with a new sensitivity”.

Childhood Memory

In Riva GLDF’s work we may find the instant and strong presence of the sensitive memory of childhood. It is a direct connection that is happening and that reminds us, of the most precious time of all of us, that of the first encountering the world of the discoveries, of the emotions and of culture, without any mediation of rationality. It is in that period of life, for all of us, that the foundations of our existence and what we are are deeply rooted. And looking back, excited by encountering that simple little object that a small toy car is, we can find our awareness of the principles of our history and of our memory. The involvement going on by the direct attentive watching these works starts instantly, therefore, it is as instant as the trigger for memory. It is right during this exchange that the fulfilment of the very “work” happens, according to the artist’s and expectations. “Analysing the works, it is as if, a piece were missing at the end of it, just like as it happens with memory... and the brains reset the whole figure, recreating it his way, adding functional parts to the continuation of the memory: the self defence system of the mind to logically justify the old images. More often the result is composed by the part that has been really observed and supposed insertions that surely reveal emotions and may represent personal shades”.

Shape, colour and space obsessively interact together in a continuous contamination, and influenced by the cultural reference that reminds us of, and that can in a certain moment, instantly surprise the observer: we can find the work to be one that reminds us those of Antonello Messina, of Masaccio and of Michelangelo, to the

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Spazio e colore

Lo spazio assume una centralità assoluta nella ricerca artistica di GLDF. La lettura piena e completa delle sue opere si ha unicamente in rapporto ad una precisa distanza (calcolata metodicamente dall’artista) che consente la piena riconoscibilità delle forme che si compongono e si svelano. Spazio che è anche colore e nel colore, ossia nell’elemento immateriale che ci porta a vivere e sentire le cose, l’artista vive profondamente. Il suo è un mondo di diverse cromie, ma afferma che è il giallo il suo colore, il suo corpo. C’è un’opera di GLDF in particolare che fa di questo colore il protagonista e che ha per titolo Senso dello spazio, realizzata nel 2022. “La velocità, l’assenza, l’illusione, la forza centrifuga del giallo...e tutto quello che non si può dire!... Tutto scorre al di sotto, da adulti è spesso così. Non manifestiamo volentieri l’emozione, cerchiamo l’occasione per giustificarla. E corriamo...al di sotto una gara di Formula 1...”. L’opera Senso dello Spazio, nel suo presentarsi quale manifesto luminoso e puro della sua visione, si pone in contrasto con un altro lavoro dal titolo Distruzione dell’Infanzia, nel quale la riflessione sulla contemporaneità si fa amara e bruciante, come leggiamo ancora nel commento di Emanuele Gregolin, nel catalogo di GLDF.

La combinazione di materiali e colori si fa riflesso dell’identità e dell’educazione dell’artista. Nell’opera di GLDF il suo lavoro di ricerca diventa percezione e memoria. Quella di Di Fede è una riflessione che ritrova l’arte nell’arte e così la definisce, come suggerisce l’artista Pengpeng Wang sempre a commento del catalogo di GLDF. “Che cos’è l’arte? La maggior parte degli artisti si sforza di rispondere a questa domanda attraverso la rappresentazione del proprio lavoro e produce decine di migliaia di immagini che chiariscono la questione. GLDF, invece, porta la questione su un piano filosofico: l’arte è arte. L’artista non rifugge dal riutilizzo dell’immagine artistica, non si preoccupa del materiale usato per rappresentare l’opera, perché nelle immagini di GLDF vediamo qualcosa al di sopra dell’essenza dell’arte: non porta solo i suoi ricordi personali dell’infanzia nel quadro, ma mobilita la memoria di tutta la cultura e dell’arte umana”.

byzantine mosaics and the specialist works of Bonalumi, ending with Warhol’s Pop Art. That of GLDF’s is a reflection about the icons of the past and of the present that take shape in the chromatic element of the miniature car. Madonna or Pop icons, “...sacrality doesn’t end with its orthodoxy but continues and gets richer and plays with itself” as Di Fede goes on saying.

Space And Colour

With the work of GLDF the space gains absolute centrality. Their full and complete reading requires a precise distance (methodically calculated by the artist) that can allow the recognition of the shapes that get formed and unveiled. Here the space is also colour, and the artist lives in this colour, in other words in the immaterial element that shows us the way and sees us to feel and experience things. That of his is a world of different shades but he affirms that its colour and its body is yellow. There is a work of GLDF produced in 2022, in which the artist makes this colour its main protagonist. Its title is Senso dello spazio. “Speed, absence, illusion, the centrifugal force of yellow... and all that we can’t and choose not to say out loud. Everything is running underneath. It often happens in adulthood. We don’t really like showing our feelings and we are looking for the right time to justify them. So underneath… We are racing in F1”. The Senso dello spazio work while showing us that it is a bright and clear manifesto of his vision contrasts Distruzione dell’infanzia another work in which reflection about the present time turns bitter and burning, as Emanuele Gregolin writes in his commentary in GLDF’s catalogue.

The combination of the materials and colours becomes a reflection of the education received by the artist and of his artist identity. With GLDF’s art research work becomes perception and memory. Di Fede’s reflection is a reflection that meets art inside art and thus he defines it, as artist Pengpeng Wang comments in the text in the same catalogue.

“What is art? Most of the artists try hard to answer this question by means of what they are trying to represent and produce tens of thousands of images that make facts clear and answer. GLDF takes this question to a higher, philosophical level:”Art is art”. The artist doesn’t escape, doesn’t try to refuge from the re-use of the artistic image, doesn’t bother to care about the matter that has been used to represent the work because in GLDF’s images we see something that stays above the essence of art:not only does it take his private childhood memories into the “painting” but it mobilises the memory of all the culture and art of the mankind.”

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Foto di Carlo De Ceglie

CHI È GLDF WHO IS GLDF?

Riva GLDF, al secolo Giuseppe Lorenzo Di Fede, nasce a Bari, in Puglia, nel 1977. Gli anni della formazione li passa a Venezia, dove frequenta l’Università Ca’ Foscari laureandosi in Lingue e Letterature Orientali e alla scuola di Interpreti e Traduttori. Si trasferisce in Giappone e qui si diploma alla Nagano Gaigo Art Academy. Il lungo periodo di vita e lavoro nel Paese del Sol Levante, prima di far rientro in Italia e frequentare assiduamente l’Accademia di Belle Arti di Venezia, lo spende ad evolvere il consueto punto di vista eurocentrico tipico dell’educazione occidentale e a lavorare sulla significazione della memoria.

Proprio questo tema diventa centrale nella produzione artistica di GLDF. Le sue opere si compongono, infatti, di veri e propri frammenti di infanzia: le macchinine. Attraverso questi oggetti familiari e rassicuranti, che richiamano immediatamente la fanciullezza, l’artista coinvolge il pubblico in modo naturale e immediato, invitando gli spettatori nella sua narrazione. Il vero racconto dell’artista si addentra nei meandri del ricordo, attingendo alla sua formazione dall’infanzia (immagini sacre), all’esperienza orientale (Onda) fino alle riflessioni più contemporanee sulla Genesi.

L’apparente semplificazione della realtà, restituita anche dall’utilizzo quasi esclusivo dei colori primari, porta chi osserva a fare un passo indietro, per avere una visione complessiva del messaggio, e ad abbandonare il particolare per contemplare l’interezza dell’opera, per lasciare che siano cervello e retina a ri-comporre l’immagine che nasce dall’’accostamento di macchinine e colori. Una simile idea attinge al retaggio linguistico dell’infanzia di Giuseppe Lorenzo, cresciuto in una famiglia di neurologi per i quali i meccanismi della mente umana erano oggetto di riflessione quotidiana.

Ma GLDF utilizza l’illusione ottica per chiedere ancora allo spettatore una compartecipazione emotiva e intellettuale: chi osserva le sue opere deve farsi parte attiva nello story telling dell’artista. E deve farlo d’elezione in presenza fisica, perché solo nella fruizione diretta può aver luogo davvero quella ricomposizione nello sguardo osservatore del senso dell’opera, del ricordo che porta con sé e di quella significazione della memoria che, nelle intenzioni e nell’auspicio di GLDF, potrà essere portata a compimento solo con l’attivazione dei ricordi dello spettatore.

Memoria privata e collettiva ricorrono e si rincorrono. Le opere di Riva GLDF parlano insieme di lui e del nostro tempo.

Riva GLDF, whose real name is Giuseppe Lorenzo Di Fede is born in Bari, Puglia region, in 1977. He spends the years of his education period in Venice where he gets graduated at the Ca Foscari University obtaining a BA in Oriental Languages and Literature, attending after also a Translator and Interpreter School. He moves to Japan and gets a degree at the Nagano Gaigo Art Academy. He spends the long period of work and life in the Country Of The Rising Sun before returning to Italy and before Attending the Academy of Fine Arts in Venice, developing his usual eurocentric point of view that is so common with the western education and working on finding the signification of the memory that comes together with.

It is exactly this theme that will stay at the heart of the artistic product of GLDF. His works are actually made right of true childhood pieces: little toy cars. Using these familiar and comforting objects that remind us of childhood, the artist gets the public involved in an instant, natural way, inviting the audience to enter his narration. The true story of the artist enters the maze of the memory, sourcing from childhood (religious images), from the oriental experience (Onda) and even from the contemporary reflections regarding the Genesis.

The apparent simplifying of reality, given back by the almost exclusive use of the primary colours, takes the observer one step backwards to have an overall view of the whole message and ignore the particular so as to behold the entireness of the work to allow the brains and the retina to re-compose the image that takes shape by the juxtaposition of little toy cars and colours. A similar idea sources from the childhood linguistic inheritance of Giuseppe Lorenzo brought up in a family of neurologists for whom the study of the mechanisms of the human mind was always on the daily schedule.

But GLDF uses the optical illusion to further ask from the observer an emotional and intellectual co participation: he who observes his works has to become an active part of the artist’s “story telling”. And it has to be his choice, being present there, because that recomposition of the meaning of the work in the observing sight can happen only by watching the work personally, and it is the same even for the memory it reminds us of, and of that signification of the memory which, as meant and wished by GLDF, can be achieved only by activating the memories of the spectator.

The individual memory and the collective memory use means to run and run one after the other again and again. The works of GLDF tell us together about him and our time.

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Foto di Carlo De Ceglie
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TRE DOMANDE PER RIVA GLDF

WE HAVE THREE QUESTIONS FOR RIVA GLDF

Arte e Mente. Come le neuroscienze entrano nella fruizione dell’opera d’arte e in particolare in quella del suo lavoro artistico?

Direi che il valore delle neuroscienze, cioè l’insieme degli studi condotti sul sistema nervoso e sul cervello, entra a far parte dell’arte in maniera corposa ed esplicita in vari momenti; ad esempio nell’espressionismo astratto dove forma, spazio e colore (non più figurativi) tendono a creare delle sensazioni da trasferire al fruitore dell’opera che ne interpreta il contenuto secondo la propria sensibilità ed esperienza. Effettivamente l’utilizzo delle neuroscienze è più palese in arte astratta, dove spesso il contenuto e l’esperienza visiva potrebbero non essere univoci e i processi mentali dell’osservatore sono molto diversi. Si parla pertanto di interpretazione, quindi, se il compito delle neuroscienze è di spiegare il comportamento in termini di attività cerebrale, di fronte all’arte, il pensiero si muoverà in una certa direzione.

La prima informazione che verrà processata dal cervello sarà una percezione superficiale e rapida delle caratteristiche dell’opera d’arte: la forma, il colore, lo sfondo…ciò che in linguistica si direbbe la denotazione di una parola, in altri termini ciò che è. Il secondo livello, detto “attenzionale” è collegato alle funzioni mentali di ordine superiore e, integrando informazioni provenienti da più regioni del cervello, dà un senso a ciò che si vede. In linguistica è la “connotazione della parola”, o il significato metaforico del termine, tutto il complesso di collegamenti che si porta con sé.

Personalmente utilizzo i diversi livelli di percezione per generare ricordo: una reazione, un effetto sonoro e le figure iconiche delle auto diventano “confort zone”, universalmente riconosciute come elementi del proprio tempo. La disposizione è sempre attenta, mai casuale e anche la luminanza (la quantità di luce che arriva sulla retina) risulta avere un grande rilievo. La ragione per la quale l’intensità e la lunghezza d’onda percepite dalla retina determinano un’esperienza interiore differente a seconda di chi osserva. Il riverbero di tutti questi elementi ha effetto sull’empatia e spesso sul gusto del fruitore.

Cosa capita invece al contenuto? La mia sfida è quella di far assurgere una visione personale del mondo, portandola a un livello universalmente condivisibile e comprensibile, fare in modo che l’occhio dello spettatore entri in risonanza col mio modo di scrutare l’anima e il mondo. È un processo affettivo e psicologico che

Art And Mind. What way does neuroscience take part in the access to and the process of enjoying the work of art? To be more specific, in your artistic work?

I would say that the importance of neuroscience, particularly all the branches of science that have as object the study of the nervous system and the brain becomes part of the art consistently and explicitly in several different circumstances: take for example Expressionism, where space and colour (no more figurative) tend to create sensations to be transferred to the watcher of the work. He, who enjoys observing the work, interprets and understands the message of the content following his own sensitivity and his experience.

Actually, the use of neuroscience is obvious in the case of abstract art, where the content and visual experience are seldom exact and precise and the mental process of the observer is very different. It is all about translating and interpreting. Thus, while the subject of neuroscience is the “exploring and explaining” the behaviour in terms of cerebral activity, meeting art, the mind will move in a particular direction.

The first information first processed by the brain will be a rough and quick perception of the features of the work of art: the shape, the colour, the background... What in linguistics, we would call denotation of the word, in other words, what it really means. The second level called “attention centred” is linked to and has to do with the upper level mental functions and finds a meaning in what the observer sees integrating informations that arrive from different areas of the brains, in linguistics is the “connotation of a word”, or the metaphorical meaning of the term, the entire system of links that come with it.

As regards me, I use different perception levels to stimulate memory and produce memories: a feedback, a reaction, a sound effect and the iconic figures of the cars become all “a comfort zone”, universally considered elements of our personal time. Their display is always done paying attention and never a coincidence and also its light (the quantity of light that gets to the retina) is of great relevance. The reason for which the received intensity and the wavelength perceived by the retina make possible a different inner experience depending on who the observer is. The reverberation and reflection of all these elements has an impact on empathy and often also on the taste of the consumer.

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scaturisce dall’incontro dei materiali (macchinine) e dalla scelta dei colori. Ed è molto esplicito nelle ultime opere nelle quali la natura del colore indica già la direzione del pensiero e il messaggio che porta con sé.

L’azzurro della “detonazione N.1” del cervello è un’esplosione di neuroni, la velocità della trasmissione degli impulsi, la connessione col cielo, l’ariositá della mente libera. Il blu e l’azzurro, però, sono anche uno sfondo che ispira tranquillità, meditazione, dietro una Madonna o una Marilyn. Nella scultura dello “Squalo” invece, portata a compimento col mio amico e collega architetto/artista Roberto Scalingi, questa figura primitiva mostra esplicitamente la dualità del fascino e della nostra paura stereotipata nei confronti dell’animale. Paura e bellezza sono i due elementi registrati dal cervello che a volte marciano nella stessa direzione sia a livello conscio che inconscio.

In questo senso ecco che le neuroscienze avrebbero da spiegare molte cose anche in campo figurativo, soprattutto se si fa un’opera con l’intenzione di risvegliare qualcosa di recondito e nascosto dentro di noi.

Per quale motivo ha scelto di non essere presente sui social?

Inizialmente per pigrizia. Ma in realtà più passava il tempo e più mi rendevo conto di quello risparmiato da dedicare alle mie letture, alle mie osservazioni, allo sport e banalmente ai miei interessi.

Nella sostanza però adesso non essere social mi permette di rimanere autentico e quindi scevro dai giudizi che orienterebbero il mio gusto ogni momento. La velocità con cui si muove il web non è la profondità a cui aspiro, sono abituato alle biblioteche e ai musei piuttosto che ai “post”. Ritengo con ciò che il processo creativo abbia più consistenza e sia più evidente la mia intenzione e quindi il feedback dei miei fruitori. D’altro canto sono consapevole che la forza dei miei lavori sia più efficace dal vivo.

In foto si perdono troppi dettagli. Ed alcuni sono simpaticamente imperdibili!

Nonostante questo ammetto di amare molto alcuni NFT. Ma non essere social sul web non significa automaticamente non essere social dal vivo: parlatene coi miei interlocutori!

Quando ero molto più giovane, in Giappone, già mi battevo per uscire e stanare i miei amici orientali dalle loro timide stanzette, per costringerli a mollare le prime “chat” e fare qualcosa insieme dal vero.

Quanto del Giappone e dell’Oriente c’è nella sua produzione artistica e nel suo percorso di ricerca?

Come spesso ripeto la mia cultura ha radici cristiane, essendo nato in Italia, ma la mia formazione, subisce ad un certo punto molte influenze orientali. E concretamente ci sono due elementi più evidenti che fisiologicamente riconosco nel mio percorso. Il primo, più immateriale, è nel metodo, difficile da spiegare ma facile da riconoscere. Si tratta di una dedizione e una pragmaticità che prima di essere una visione è fatta da mille piccoli dettagli. Il risultato finale spesso è un momento di contemplazione, un momento in cui tutto

What about the content? My dare is to make a personal vision of the world rise, taking it to a universally shareable and understandable level, so as to make it easier for the eye of the spectator to inspect the world and the soul. It is an affective and psychological process that is caused by encountering the matter (little toy cars) and the choice of colours. It is clear, explicit in the latest works of art in which colour already shows the direction of the thought and of the message he has on.

The light-blue of “Detonation number 1”of the brain is an explosion of neurons, the impulse transmission speed, the connection with the sky, the draughtiness of the free mind. But blue and light blue are also a calming, meditation inspiring background, hiding behind a Madonna or a Marilyn. In the sculpture of “Squalo” (shark) that I achieved with the collaboration of my friend Roberto Scalingi this primitive figure explicitly shows us the duality of charm and our stereotyped fear of this animal. Fear and beauty are two elements that are recorded by the brains and that sometimes go together in the same direction, both at the conscious and the unconscious level.

From this point of view, we find neuroscience could explain a lot even in the figurative arts, moreover when a work of art is made, meant to awaken something secret we hide in our soul.

Why did you choose not to be present on the social network?

First because in the beginning I was lazy... But actually, the more the time passed the more easily I got aware of it and of the “spared” that I could spend reading my favourite books, my inspections, doing sport and doing my usual commonplace activities.

But in substance, now, not being social allows me to stay authentic and therefore immune to the critique that would condition my taste each moment. The speed we move on the web is not the intensity I am striving for, I am used to the libraries and the museums and less to just “places”. Admitting this I am emphasising that the creative process is more solid and that my purpose is more obvious and thus also the feedback of my public. On the other hand, I am aware that the force of my works is more efficient if live.

Pictures lack of and miss too many details. And some of the details are sympathetically unmissable!

All the same I admit I love a lot some of the NFT. But not being social on the web does not absolutely mean that I am not social in person: try to ask my chat partners. When I was much younger, in Japan, I used to fight to be let out and flush my oriental friends out of their faint little rooms to get them to abandon the first chat and do something together, meeting.

How much of Japan and of the East can we find in your artistic production and in your research process?

I have always said my culture and cultural knowledge have Christian roots as I was born in Italy but my education underwent, to some point, the effect of many oriental influences. And in reality there are two more obvious elements that I physiologically recognize on my way. The first, less material, is that in the method, difficult to explain but easily perceivable and recognizable. It is about a commitment, dedication and a pragmatic which before being a vision, is made up of thousand little details. The final result is often a situation of contemplation, a circumstance in which everything takes shape

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si ricompone all’improvviso sulla retina, come una rivelazione, se si presta attenzione. Una volta distolto lo sguardo l’immagine decade lasciando un senso di impermanenza.

Il dettaglio più stilistico invece, è l’accostamento delle cromie. Tipico delle stampe e della tradizione giapponese, la vicinanza forte dei colori, le macchie cromatiche che si incontrano anche a livello figurativo, fondendosi pochissimo, senza troppe sfumature una sull’altra.

Esiste anche una tecnica nella ricomposizione delle ceramiche, chiamata “KINTSUGI”, nella quale è possibile rivedere ricomposti i frammenti di vasi e piatti con l’oro come collante. Le fratture in oro non sono per nulla nascoste con l’intenzione forse di dimostrare la fragilità dell’esperienza della vita e la dignità di ricomporsi e risorgere come se la morte non fosse la fine di tutto, ma solo una trasformazione. Ecco, i frammenti d’infanzia dei bambini, i miei ricordi, i ricordi di tutti, si ricompongono nel mio lavoro dando corpo a una nuova esperienza fatta di nuove sensazioni personali.

Lo sfondo sfumato e quasi impercettibile, per certi versi quasi metafisico, nelle tre opere “In memoria di me”, ad esempio, è esattamente un mondo creato e offuscato come il monte Fuji dietro la nebbia. In primo piano invece campeggia il vino versato da un calice tipico del momento dell’eucarestia che si compone come cordone ombelicale e dà nutrimento all’embrione che nascerà a livello del cuore, fegato e cervello. È il mio sincretismo fra oriente e occidente.

on the retina suddenly like a revelation, if you pay the proper attention. Once you look away the image falls, leaving in us the sense of something that is ephemeral and provoking a sensation of unsteadiness.

The most stylistic detail is instead the juxtaposition of shades. It is a typical feature of the Japanese print and tradition, the strong link between colours, the shadespots of the colours that “meet” even metaphorically speaking, mixing just a bit, not too many shades one on the other.

There is also a technique when rebuilding ceramic, called “KINTSUGI”, in which it is possible to see the vase and plate pieces rebuilt with glued and gold. The gold “scars” aren’t hidden, maybe with the purpose to prove the frail experience of living and the dignity we find in resilience, reacting and rising as if death were not the end of everything, but only a transformation. That’s it. The childhood pieces of the kids, my memories, everybody’s memories react and recompose themselves in my work, giving shape to a new experience made of new personal sensations.

The blurred background is almost unperceivable, metaphysical in some way, take for example my three works “In memoria di me” (In the Memory Of Myself) in which the blurred background is exactly a world which is created and covered by fog like Fuji San. In foreground instead stays the wine spilt from a chalice so typical of the Eucharist, that takes the shape of the umbilical cord and feeds the heart, the liver and the brains of the embryo who is to get born. This is my syncretism between The East and The West.

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WEBIDOO

Tra i partner che hanno sostenuto fin da subito GLDF merita una menzione Webidoo, azienda specializzata nella digital transformation di imprese e PMI. Webidoo è una delle realtà più dinamiche nel panorama italiano dell’innovazione, che si muove nel contesto multiforme delle tecnologie digitali con uno spirito di ricerca e di fascinazione per la novità.

Con attività su tutti i fronti del contesto web, dai servizi di digital marketing per le imprese, al mondo della blockchain e degli NFT, fino allo sviluppo di applicazioni innovative per agevolare la transizione digitale dei propri clienti. Con sedi in Italia, Spagna e USA, Webidoo cerca e trova soluzioni per proporre cambiamenti reali, duraturi e profittevoli per aziende e professionisti che sentono il bisogno di affacciarsi sul panorama digitale, proprio come GLDF.

In quest’ottica Webidoo ha realizzato www.avanguardiagldf.com, il sito con cui Giuseppe racconta la sua arte online. Webidoo sviluppa tutti i giorni servizi per la piccola, media e grande impresa: assiste le aziende nell’export digitale e nei nuovi approcci per l’internazionalizzazione, cura la presenza e la reputazione dei professionisti nei contesti on line, fornisce servizi di digital marketing rapidi ed efficaci per la piccola impresa.

Un’azienda in rapida espansione, che già ha guadagnato la fiducia di investitori di livello come TIM e Banca Generali in un round d’investimento di Serie A, a dimostrazione che l’approccio di ricerca, quando associato a concretezza e vero desiderio di produrre un cambiamento, conduce sempre a risultati importanti.

Nel Webidoo Store di Porta Nuova, l’avamposto di Webidoo dedicato al retail, e il primo tech experience store d’Europa, l’arte di Giuseppe Di Fede ha trovato spazio in varie occasioni, accanto alle più innovative tecnologie sul mercato; qui le opere dialogano con dispositivi dedicati alla creatività, veicoli per la smart mobility, oggetti di design sostenibile, visori VR, strumenti per la realtà aumentata, avveniristiche postazioni per il gaming e per lo smart fitness, in uno spazio che anticipa il futuro senza mai perdere il suo sguardo curioso sul mondo. Un format, quello di Webidoo Store, destinato a diventare un franchising in tutta Italia nei prossimi anni, riproponendo il gusto per la ricerca del nuovo e del bello nelle città più importanti del Paese.

WEBIDOO

Since the beginning of his artistic research, GDLF has received the enthusiastic support of different partners. Among them a special mention goes to Webidoo, a company specialized in the digital transformation of companies and SMEs. Webidoo is one of the most dynamic players in the Italian digital transformation scenario, and thrives in the ever changing context of digital technologies with a spirit of research and fascination for novelty.

Webidoo acts on all the playgrounds of the web, from digital marketing services for businesses, to the world of blockchain and NFT, all the way down to the development of innovative applications to facilitate the digital transition of small business. With offices in Italy, Spain and USA, Webidoo constantly seeks and finds solutions to bring tangible and profitable changes to companies and professionals who feel the need to address the challenges of the digital landscape.

This approach guided Webidoo in creating www.avanguardiagldf. com, the website in which GLDF shows and tells his art; With the same approach the company operates every day, assisting companies in digitally exporting their products worldwide and finding new approaches to internationalization; taking care of protecting and enhancing the digital presence and reputation for high level professionals in the online contexts, or providing fast and effective digital marketing services to small businesses.

With its fast paced growth, Webidoo has already gained the trust of high-level investors such as TIM and Banca Generali, which invested in the Company in a Series A investment round; a sign that great things can happen when the love for research meets with concreteness and desire to bring about a real change.

The art of Giuseppe Di Fede has found in various occasions its place in the Webidoo Store of Porta Nuova, Milan, the Webidoo outpost dedicated to retail, and the first tech experience store in Europe; here the works of Di Fede set up a dialogue with tech devices dedicated to creativity, sustainable design items, VR headsets and tools for augmented reality, futuristic workstations for gaming and smart fitness, and vehicles for smart mobility in a space that anticipates the future by looking at the world with curiosity and a taste for research. Webidoo Store is up to become a Franchise throughout Italy in the coming years, bringing its search for new and beautiful in the most important cities of the country.

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ORIZZONTI, TRA ARTE E LETTERATURA

THE NEW ORIZZONTI - ABOUT ART AND LITERATURE

Ècon orgoglio e ammirazione che MondoArte vuole raccontarvi di un nuovo progetto editoriale indipendente e inclusivo, la collana ORIZZONTI di Incipit23, che vede tra i protagonisti la nostra caporedattrice Claudia Notargiacomo e i suoi dipinti.

Investire nella cultura, lo sappiamo bene, è opera che richiede follia visionaria e coraggio. Bisogna gettare il cuore e la mente oltre i limiti del già visto e del già sentito per poter sperare di sorprendere un pubblico sempre più esigente, sempre più sollecitato da una molteplicità di stimoli e proposte. Questo vale per ogni forma di espressione artistica e certamente anche per il settore editoriale. Difficile in questo caso distinguersi dalla pletora di pubblicazioni che invade ogni anno il mercato, in particolare se parliamo non di grandi gruppi editoriali, ma di case editrici indipendenti. Eppure le sfide più belle sono proprio quelle più ambiziose, come nel caso di Incipit23, della collana ORIZZONTI e delle sue suggestive copertine d’artista.

Alla fine del 2022, infatti, è stato pubblicato in Italia “Sposa del mare”, romanzo d’esordio pluripremiato dell’autrice saudita-statunitense Eman Quotah e primo titolo di questa nuova collana editoriale della piccola e coraggiosa casa editrice milanese. Si tratta di un libro di grandissimo valore narrativo, capace di presentare al lettore la complessità di una storia di incontro tra culture diverse da un originale punto di vista interno. Già solo tenendo in mano questo volume si ha subito la sensazione di essere di fronte a qualcosa di unico. Ce ne parla proprio la nostra caporedattrice Claudia Notargiacomo, per una volta nell’inedita posizione dell’intervistata anziché dell’intervistatrice. E ci spiega il senso della trasmutazione di un’idea. Dalla carta alla tela. Collana ORIZZONTI. Ogni libro una copertina d’artista

Claudia, tu sei l’artista che ha creato il dipinto che compare in copertina nel libro Sposa del mare, di Eman Quotah. E tuoi saranno anche i dipinti che impreziosiranno i prossimi titoli della collana ORIZZONTI di Incipit23. Parlaci di questa collaborazione e del suo significato.

CN - La collaborazione con la collana ORIZZONTI nasce per dare la possibilità a queste copertine di essere uniche. La casa editrice Incipit23, una piccola e preziosa realtà indipendente di Milano, mi ha proposto di realizzare opere su commissione ispirate alle storie di romanzi meravigliosi. Sono libri di narrativa e letteratura, inediti in Italia, ma già apprezzati dalla critica internazionale, selezionati con grandissima cura e sensibilità tra le opere che affrontano le tematiche del discorso postcoloniale, della multiculturalità, del femminile e dei femminismi, dell’inclusività più in generale.

E tu hai accettato, dunque.

Ho accettato con entusiasmo, senza sapere bene quello che sarebbe successo. E quello che succede è l’incontro del segno, della pittura ad olio, con il racconto. Partendo dalla lettura del romanzo, dentro di me si creano delle visioni, delle suggestioni che hanno a che fare col colore che in questo caso è proprio il manifestarsi di scene: le scene

It is with great pleasure that MondoArte proudly invites you to experience and discover the ORIZZONTI series, the new independent and ‘all inclusive’ editorial project issued by Incipit23, which sees our chief editor Claudia Notargiacomo and her paintings among the protagonists.

We are all well aware - investing in culture is a task, a mission that requires great visionary madness and courage. You have to push your body, your mind and even your soul beyond their limits, beyond the fog of the “already seen and heard”, hoping to surprise an ever more demanding audience, who is constantly and increasingly solicited by a multitude of stimuli and proposals. And, this applies to all forms of artistic expression, obviously, even to that of the publishing industry and world. In this case, the most difficult challenge is to stand out from the plethora of publications that are invading the market every single day. Moreover, when we talk about the independent publishing houses and not about the major publishing groups. And yet, the most challenging and the best projects are the most ambitious ones. This is right the case of Incipit23 with its ORIZZONTI series and its suggestive cover artists.

As a matter of fact, at the end of 2022 Sposa del mare , a multipleaward-winning and debut novel, written by the Saudi-American author Eman Quotah was published. This will also be the first title of the new editorial series of the little, but courageous Milanese publishing house. This is a book, a fiction of a very precious narrative value, offering and introducing the reader the intricate story about the encounter between two opposing cultures, from a very original internal perspective. You feel as if you were finding yourself in front of something so unique and precious, just by holding this book in your hands. Here you are, Claudia Notargiacomo also known as our chief editor, who, today, for the very first time, is not the interviewer but the interviewed. We are told about this book by Claudia herself, who will illustrate and explain to us the reason and the meaning, hiding behind this project. The transformation of an idea, of its coming true - from papers to canvas.

ORIZZONTI series - A cover artist work for each book

Claudia, the artist is you yourself and yours is the painting appearing on the cover of Eman Quotah’s novel Sposa del Mare, as yours are the paintings that will enrich and embellish the next titles of Incipit23’s ORIZZONTI series. Please, tell us more about this cooperation and what it is meant for.

The cooperation with the ORIZZONTI series was born and founded in order to give these covers the chance to be unique. Incipit23 publishing house, a little and precious independent reality in Milan, has proposed and commissioned me to make these pieces inspired by the stories of these wonderful novels. Literary novels and fictions that have already been appreciated by the critics internationally, but that haven’t been published in Italy yet. In broad lines, these novels have been selected with great care and sensitivity, from among those works which explored and faced the theme of the post-colonial discourse and multiculturality, as well as the feminine and feminisms, and of inclusivity.

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che vengono lette e arrivano nel profondo, nelle quali mi sento di essere, di partecipare. Quindi è il sentire, che diventa una visione: i colori si materializzano nella testa e poi nel fare avviene il resto. Col pennello, con la tela, con l’azione inizia un processo vero e proprio in cui la pittura e l’olio sono parti del racconto stesso. In questo modo, ciò che avviene sulla tela è quasi un trasferimento di quello che il romanzo mi ha suscitato, nella sua bellezza, ma allo stesso tempo nel suo suscitare grandi dubbi. Questa forse è la cosa più importante. Quello che accade durante la fase della pittura è qualcosa di molto vicino alla rielaborazione, è ricerca rispetto alle domande che interiormente la lettura in questo caso ha mosso. La tela diventa essa stessa quindi lettura e il fatto che questo avvenga in parallelo rende particolarmente interessante l’esperienza immersiva, sia per chi si avvicina al testo, ma sicuramente anche per me che vivo i diversi momenti.

Che cosa lega il tuo lavoro artistico alla collana ORIZZONTI?

Punto d’incontro sicuramente sono i temi trattati nei romanzi e quelli che attraverso la mia ricerca o le mie ricerche hanno sempre rappresentato un focus fondamentale per me. Quindi parliamo del femminile, dell’incontro tra culture differenti e del rispetto per l’altro. In questo senso è venuto semplice potermi esprimere e soprattutto fare questo tipo di lavoro, di ricerca, di produzione con passione. Perché sono temi che mi legano all’autrice in questo caso, a Incipit23 e a questa collana in particolar modo. Per me è stata un’occasione per ribadire, esprimere e condividere dei concetti che sento imprescindibili e priorità assoluta nella mia vita.

Quali sono gli elementi fondamentali nei tuoi dipinti?

Utilizzo il corpo, parti di esso, i segni, la figura, le curve, ma ancora la linea che cambia divenendo cerchio, rettangolo, rombo ecc. Sono i dettagli che uso per raccontare la carne, l’amore, la ferita, il viaggio dell’anima insomma. Attraverso il colore si esprimono i corpi o queste forme geometriche, ma anche le “non forme” ovvero i fondi, le macchie, i vuoti. Il colore è la chiave di volta, come lo è l’assenza del colore. Il corpo è nella mia ricerca sempre e comunque metafora di un viaggio prezioso, che è appunto quello dell’anima. Lo stesso avviene per le forme geometriche che si susseguono, rincorrono, sfuggono o si avvicinano, a creare un assemblaggio che è sintesi di parallelismi e incontri tra dimensioni e universi.

La collana editoriale ha appena preso avvio, ma ci sono già in programma nuove uscite e nuove suggestive copertine nel corso del 2023. Cosa ci puoi dire a questo proposito?

Sì, ORIZZONTI non può che guardare lontano! La curatrice della collana Valeria Paolini mi ha già coinvolta nella realizzazione di due opere ispirate ad altrettanti meravigliosi romanzi che ha selezionato e che dovrebbero essere pubblicati tra la fine della primavera e l’autunno di quest’anno. Ma questa è occasione di una grande sfida. Sfida di pubblicare, di comunicare, di parlare di alcuni argomenti. ORIZZONTI, voluta e creata dalla casa editrice Incipit23, potrà andare avanti grazie a una sfida che ha a che fare con il crowdfunding e il coinvolgimento di tutti. La piattaforma scelta è Produzionidalbasso. com, dedicata proprio a campagne di raccolta fondi per la cultura. Sono invitati a sostenere questo progetto tutti coloro che hanno voglia di vederne il seguito, che credono negli stessi valori, nelle stesse idee e che vogliono in qualche modo partecipare alla realizzazione di un sogno.

L’invito è proprio quello di sostenere la collana ORIZZONTI, di raccontarla, di parlarne con gli amici e di fare qualcosa, ognuno secondo la propria possibilità, perché si possa continuare a parlare di determinati argomenti, in piena libertà.

Thus, you’ve agreed, therefore. Yes, I have. I’ve agreed with great enthusiasm and excitement without knowing why, or what would happen next. And what happened is right the encounter of the sign, of the oil colours with the story-telling. Starting from the reading of the novel, visions and suggestions arise and become part of my inner self. Visions and suggestions that have to do with colour - the right manifestation of the scenes. Those scenes that are read by and come from the depth of my soul, in which I feel to be part of. Thus, it’s the “feeling” itself, that here becomes a vision: colours come to my mind and in doing so, the rest happens, it takes place by itself.

Using the paintbrush and the canvas, and by the act of painting a fully-fledged process starts; a process, in which the paint and the oil themselves become and are parts of the story itself. This way, what is happening on the canvas is almost a transfer, a moving of the emotions and feelings the novel has caused me, a transfer of its beauty but at the same time even of its way and power to open doubts and ask for answers. That’s probably the most valuable thing. Since, it is something very close to “reworking”, what is happening during the painting phase. It’s a research driven by the questions that the reading of the novel aroused in my inner-self. Thus, canvas develops itself into reading and interpretation. Besides, the fact that painting and reading happen at the same time is right what makes that immersive experience such a very interesting and particular one. Both for the reader himself, and even for me experiencing these different moments.

So, what’s your artistic work connection to the ORIZZONTI series?

I would say, the themes addressed in the novels and even those topics I’ve carried out with my research during my career. Topics that have meant a fundamental focus to me. And hence, we’re talking about the feminine, the encounter between two different cultures and the respect for the other. In this regard, it was easy for me to do this kind of work and production, to do this research myself, and to express myself and my art. Because, as a matter of fact, they are all themes that bind me to the author, to Incipit23 and to its marvellous series, in a very particular way. And, hence I have to say that the encounter with this magazine offered me the opportunity to emphasise, convey and share those essential concepts that I do feel imperative and of absolute importance for my life.

What are the key elements of your paintings?

I use the body, part of it, its signs and traces, its figure, its curves, but in my paintings, the line is also present. A line that is always changing, becoming first a circle, then a rectangle and a rhombus… These are the details I use as a means of expression, to tell about flesh, love, woundsin short, about the soul’s journey. These bodies or geometric shapes are expressed on the painting, by means of colour. But the colour expresses even the bottoms, the stains, the gaps, I mean: the “non-shapes”. The colour. That’s my keystone, and that is also the lack of colour. The body represents and becomes in my research, always and in any case, the metaphor of a great precious journey, that of the soul. So it is with the geometric shapes that follow and pursue one another, coming closer, or instead eluding one another. They just can’t be controlled until to create an assemblage that is a synthesis and result of parallelisms and encounters between dimensions and universes.

The publishing series has just started, but there are already plans for new releases and striking new covers during 2023. What could you tell us about this?

Exactly! ORIZZONTI can only look far and well ahead! The curator of this series Valeria Paolini has already involved me in the creation of two works inspired by just as wonderful novels that she has selected, and that should be published between this year late spring and autumn.

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SPOSA DEL MARE

Vincitore dell’Arab American Book Award 2022 - Finalista al William Saroyan International Prize for Literature 2022 - Miglior

“Un affascinante debutto su culture in conflitto, immigrazione, religione e famiglia: un ritratto intimo della perdita e della guarigione; e, infine, un testamento ai modi in cui ritroviamo noi stessi dentro l’amore, la distanza e le fratture nel nostro cuore.” Bookreporter Esordio letterario acclamato in tutto il mondo, Sposa del mare di Eman Quotah è un romanzo corale che si districa tra immigrazione, culture, religione e famiglia. È un ritratto intimo e personale di sofferenza e guarigione, che affronta temi di grande attualità. Primo fra tutti la libertà della donna nella cultura araba. E lo fa da un punto di vista interno, carico di quel rispetto per l’autodeterminazione che spesso si perde nel giudizio, spesso inevitabilmente superficiale. La Sposa del mare è la città di Jedda, ma la storia si svolge per buona parte a Cleveland, Ohio. Qui Saīda e Munīr, giovane coppia di studenti sauditi, aspettano la loro prima figlia, ma ben presto si rendono conto che il loro matrimonio è arrivato alla sua inevitabile conclusione. Quando Munīr torna in Arabia Saudita, lasciando Saīda negli Stati Uniti con la piccola Hanadi, dà per scontato che la ex moglie rispetterà le convenzioni della fede: crescere la bambina fino ai sette anni, per poi consegnarla al padre. Ma Saīda, decisa a restare negli Stati Uniti e terrorizzata all’idea di perdere la figlia, rapisce Hanadi, sparendo dalla circolazione insieme a lei. È l’inizio di una ricerca disperata per Munīr, tra investigatori privati e false piste che sembrano non portare da nessuna parte. Finché, dieci anni dopo, Hanadi scopre la verità. Non solo suo padre non è morto, ma c’è un’intera famiglia che la aspetta al di là dell’oceano: una famiglia saudita, custode di un pezzo della sua identità che credeva smarrito per sempre.

Sposa del mare, di Eman Quotah, in libreria, online e direttamente dal sito della casa editrice indipendente www.incipit23.it

Sostieni la campagna di crowdfunding www.produzionidalbasso.com/project/sostieni-la-collana-orizzontimulticulturale-femminile-libera

That’s an opportunity for a great challenge! A challenge of publishing, conveying and addressing some subjects and topics. ORIZZONTI, strongly wanted and created by Incipit23 publishing house, will manage to move forward thanks to a challenge that has to do with crowdfunding and everyone’s involvement. The platform chosen is Produzionidalbasso.com, dedicated to fundraising campaigns in favour of culture. Therefore, this invitation is open to all those who are eager to see its continuation, those who believe and share the same values, the same ideas, and who want in some way to take part in making a dream come true.

The invitation is specifically to support the ORIZZONTI series, to explain it, to talk about it with friends, and to do something, each according to his or her own economic abilities, so that we can continue to address specific subjects, in complete freedom.

Support the ORIZZONTI series

SPOSA DEL MAREBRIDE OF THE SEA

Winner of the Arab American Book Awards 20220 - finalist of the William Saroyan International Prize for Literature 2022 - The best literary debut of the year according to BookPage - The New Arab Book of the year

“Eman Quotah’s BRIDE OF THE SEA is a spellbinding debut of colliding cultures, immigration, religion and family; an intimate portrait of loss and healing; and, ultimately, a testament to the ways we find ourselves inside love, distance and heartbreak.” quoted in Bookreporter

Acclaimed worldwide, this literary dèbut by Eman Quotah’s Sposa del mare, is a choral novel that untangles immigration, cultures, religion and family. It is an intimate as personal portrait of suffering and healing that deals with several topical issues. First of all, the freedom of women in Arabian culture. And she achieves all this by employing an internal perspective, soaked of that respect and visceral attachment to self-determinism, that often gets lost in judgement and that is often inevitably superficial. Sposa del mare, is the town of Jeddah, but the plot takes place, mostly, in Cleveland, Ohio. Here Saida and Munir, the young couple of Saudi students, are waiting for their first child, but suddenly they realise that their marriage is coming to an end. Once Munir is back to Saudi Arabia, leaving Saīda in the United States with the little Hanadi, he takes for granted that his ex-wife would respect her traditional religion conventions: raising their daughter until she is seven years old, and then give her back to his husband. But, Saida, who decides to remain in the States, and thus frightened by the idea of losing her daughter, kidnaps Hanadi, both of them dropping off the map. Since then, for Munir it’s the beginning of a desperately search, between private investigators and wild goose chases, that seem to lead to nowhere, until ten years later, when, Hanadi finds out the truth: not only isn’t her father dead, but there is also an entire family, that is waiting for her, overseas. A Saudi family, guardian of a part of identity, who she thought lost forever.

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Foto di Barbara Ainis

L’IMPRENDITORE VISIONARIO DANIELE KIHLGREN

MISSIONE: SALVARE I BORGHI

BUSINESSMAN DANIELE KIHLGREN THE VISIONARY SAVING THE MEDIAEVAL BOROUGHS

Sono ormai vent’anni che l’italo-svedese Daniele Kihlgren conduce la sua personale e pacifica battaglia per recuperare e conservare il patrimonio storico minore. E restituirlo a chi non vuole essere un turista, ma un viaggiatore. Dall’Italia fino in Africa.

Il primo progetto è stato quello, ormai famoso in tutto il mondo, che ha visto rinascere il paesino abruzzese di Santo Stefano di Sessanio. Era la fine degli anni Novanta quando Daniele Kihlgren, allora giovane rampollo ribelle di una ricca famiglia di imprenditori del cemento, percorreva con la sua moto le scenografiche strade sulle montagne dell’Abruzzo. In una di quelle incursioni si imbatté in questo borgo medievale in rovina e praticamente abbandonato. Antico, intatto perché dimenticato da tutti, immerso in un paesaggio altrettanto preservato dall’oblio. Fu allora che Kihlgren si convinse che Santo Stefano era il luogo perfetto per dar vita ad un’idea che già abitava la sua mente: restaurare un intero centro storico, farlo in modo filologicamente impeccabile, per trasformarlo in un solo, affascinante e inedito albergo diffuso, Sextantio. Inedito sì, perché allora di alberghi diffusi non se ne parlava ed esistevano solo due o tre altre esperienze pilota di ospitalità diffusa tra il Friuli, la Sardegna e poi la Puglia. Ma nulla di così complesso, visionario, articolato e antropologicamente fondato si era mai visto. L’idea di conservare il paesaggio e il patrimonio architettonico e storico minore anziché stravolgerli ha funzionato, anche turisticamente. E l’italianissimo imprenditore di origine italo-svedese ha continuato a comprare case diroccate e borghi dimenticati nel centro-sud del Bel Paese. Ecco la sua storia.

“La mia idea è semplice: non c’è bisogno di costruire. La tutela del paesaggio insieme al restauro sono gli elementi fondamentali per salvare i moltissimi luoghi dal grande valore culturale e a rischio di abbandono che si trovano in tutta la nostra penisola”, ci ha detto Kihlgren nell’ultima delle diverse chiacchierate che abbiamo fatto in questi vent’anni. “Questi borghi se sono rimasti integri non è per volontà politica, ma per l’emigrazione e l’abbandono che hanno subito. Generalmente si sente dire che la ripresa nasce dal mattone, dal costruito. E, invece, la mia storia è un esempio dell’esatto contrario: dall’impedire il costruito può nascere un’economia. A Santo Stefano di Sessanio all’inizio del Novecento vivevano oltre 1.200 abitanti. Quando sono arrivato io la prima volta erano rimasti solo pochi anziani e c’era una sola attività turistica. Oggi ci sono 114 residenti e ben 23 strutture ricettive oltre la mia, che offrono ospitalità per tutte le tasche. Lo stesso dicasi delle botteghe e in una certa misura dei ristoranti. Il recupero conservativo del borgo e della sua identità, che

The italo-Swedish Daniele Kihlgren has carried on his peaceful private battle for the getting back and the preserving of the minor historical patrimony for twenty years already. This he did having in mind to give it back to those who don’t want to be only simple tourists but more, they want to be travellers. From Europe down to the far Africa.

The first achieved project has been that of the rebirth of Santo Stefano di Sessanio, the small Abruzzese middle ages mediaeval borough. The last years of the 90’s were running already when then young Daniele Kihlgren, the rebel “shoot”of a rich family in the cement business, went voyaging across Abruzzo riding his motorbike on the spectacular roads in its mountains. During one of his raids he bumped into the remains of this mediaeval borough and almost really abandoned town. So antique and perfect as forgotten by everybody so deeply into this landscape and panorama that are preserved by the oblivion the same way. It has been then that Kihlgren realised that Santo Stefano was the perfect place where to make come true an idea that had already kept alive in his mind from long before: restoring the whole historical heart of a mediaeval borough, doing it in the philologically proper way with the aim of turning it into Sextantio, a scattered auberge (hotel) in a fascinating unique location never ever seen before in the world.

Yes, right, never ever seen before, because in those times there was no way to talk and hear about scattered hotels. And there were only few of the kind there, maybe two or three other scattered pilot hosting attempts, only in Friuli, Sardegna and then in Puglia regions. None of them however are so complex, visionary, well designed and anthropologically motivated. People have never ever seen the like of it before. The idea of preserving the landscapes and the minor historical and architectural patrimony instead of modifying them has worked even from the tourist point of view. So the very Italian businessman of Italian- Swedish origin started and went on buying old ruined houses and forgotten mediaeval boroughs in the central and southern part of Bel Paese. Here you are his story:

“My idea is very simple. No building up is needed. The safeguarding of the landscape and restoring are the fundamental actions in order to save many places of great cultural value that are at risk of abandonment, all over our Peninsula,” said Kihlgren during the last of the many chats we have had during these twenty years”. “Still having these towns hasn’t been the result of a political choice but that caused by emigration and abandonment they have been subject to. It is usually said that the bringing to life of these places begins with the brick and comes together with building, but my story puts it in a different way promoting the contrary: There can be an economy born and developed by forbidding building. There were more than one thousand two

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ho condotto in collaborazione con l’università e con il Museo delle Genti d’Abruzzo, ha generato uno sviluppo economico virtuoso che si unisce al valore culturale della tutela”.

Sextantio

L’esempio emblematico di Santo Stefano di Sessanio ha dimostrato che questo inedito approccio di Restauro Conservativo del Patrimonio Storico Minore può rappresentare un elemento trainante per l’economia dell’intero territorio. L’albergo diffuso Sextantio ha aperto le proprie porte nel 2004 e proprio negli anni successivi, in piena crisi globale e in concomitanza con il terremoto devastante che ha colpito L’Aquila nel 2009, è stato capace di risvegliare il borgo dal torpore dell’abbandono, invertendone le sorti senza costruire neppure un metro quadrato ex-novo.

Considerato come uno dei più interessanti ed esclusivi hotel al mondo, Sextantio ha trasformato le case medievali e rinascimentali del borgo in una trentina di suggestive stanze e suite, botteghe e laboratori artigianali, il ristorante, la cantina e la tisaneria, tutti sparsi per il paesino, secondo la filosofia degli alberghi diffusi, e collegati da un intrico di vicoli lastricati, portici romantici, piccole e suggestive piazze e terrazze naturali affacciate alle montagne e alla valle. Tra le pareti dipinte a stucco si trovano antichi mobili intagliati dalle mani dei pastori, tessuti artigianali di lana locale, realizzati appositamente da donne esperte su antichi telai ottocenteschi e decorati con i disegni tradizionali delle famiglie di Santo Stefano, caminetti e grandi tavoli in legno. I letti in ferro battuto sostengono su tavolacci in legno i pesanti e tradizionali materassi di lana, mentre candele colate a mano conferiscono all’ambiente ulteriore suggestione. Tutto qui è frutto di cura e attenzione nel rispetto dell’identità più vera. Basti pensare che gli interni sono ispirati alle fotografie scattate intorno al 1920 dal linguista svizzero Paul Scheuermeier in Abruzzo. Unica eccezione alla tradizione è rappresentata, naturalmente, dalla presenza del bagno, realizzato con disegno minimalista, per non violentare la coerenza architettonica. Anche qui, comunque la ricerca dell’anima più antica di questi luoghi si manifesta, nei saponi artigianali non profumati, prodotti con metodi tradizionali e ottenuti da olio di oliva, e nel sapone per capelli all’olio di lupini, realizzato seguendo una ricerca sulla medicina popolare.

“L’aspetto fondamentale di questo e degli altri miei progetti è il discorso identitario”, ci ha spiegato ancora Daniele Kihlgren. “Tutelare il patrimonio storico minore, povero, vernacolare vuol dire conservare e recuperare la storia del vissuto che è parte integrante di questi luoghi. Sono borghi lontani dai fasti dei palazzi rinascimentali, luoghi dove l’elemento identitario è più forte, in cui è massima l’espressione del rapporto tra il costruito e il territorio. Un gruppo di ingegneri di Perugia che si è occupato dell’aspetto strutturale e impiantistico, mentre il discorso identitario è stato indagato attraverso il materiale iconografico del Museo delle Genti d’Abruzzo e grazie alla ricerca dell’antropologa Nunzia Taraschi, oggi direttrice dell’albergo abruzzese e socia al 10% di tutto il progetto (per meriti sul campo). Abbiamo cercato così i materiali originali, i mobili che non sono costati quasi niente, ma che hanno richiesto grandissimo impegno per poterli trovare, talvolta persino in discarica. Abbiamo evitato la tentazione, che è propria degli architetti, di dare una nostra interpretazione per mantenerci il più possibile coerenti col passato, fatta eccezione per l’integrazione contemporanea dei i sanitari”.

hundred people living in Santo Stefano di Sessanio at the beginning of the XX century. When I arrived there for the first time, there were only few, aged inhabitants left and there was only one tourist business run in town. Today, there are one hundred fourteen residents and 23 hosting buildings apart from mine. They provide hosting at all prices from convenience to expensive. We may say the same about the little shops and also about restaurants in some way. The work of preserving salvage of the town that I have carried on in collaboration with the university and the Museo delle Genti d’Abruzzo has brought about a fast economical development that comes added to the cultural value of the tutelage.”

Sextantio

The emblematic example that Santo Stefano is, has proved that this first time approach of Preservation work of the Minor historical Patrimony restauring may become the driving engine for the economical development of the whole territory. The Sextantio scattered hotel has opened his doors in 2004 and right in the middle of the global crisis and in the times of the 2009 devastating earthquake of Aquila in course, therefore the years soon after it could give a move to the town and wake it up as resilient of the torpidity of the abandoning, converting its destiny even without placing a single brick and without building anything ex-nuovo.

Considered to be one of the most interesting end exclusive hotel of the world, Sextantio has converted the Mediaeval and Renaissance houses of the boroughs into about thirty interesting and suggestive rooms and suites, shops and workshops, the restaurant, the cellar and the tearoom, scattered all around the little town in tune with the scattered hotel philosophy, and all linked by tortuous little streets, romantic covered walkways, small and fascinating squares and natural terraces overlooking to the mountains and the valley. Among the plaster painted walls we can find antique furniture carved by the hands of the shepherds, local wool handmade tissues woven for them by expert women on special antique looms dating back to the 19th century and decorated by traditional patterns of the families living in Santo Stefano, fireplaces (stoves) and large wooden tables. The forged iron beds support the old heavy woollen traditional mattresses on wooden planks, while handmade melted candles enrich the atmosphere of the ambience. Everything here is the fruit of the care and concern in full respect of the truest identity. It is enough to know that the decoration of the interiors is inspired from pictures taken by the Swiss linguist Paul Scheuermeier in Abruzzo around the 20’s. The only exception to the tradition is certainly the added bathroom, built in according to a minimalist design project, so as not to violate the architectural coherence of the place. Even here,however the search for the most antique soul of these places is achieved by the house made simple not too flavoury, plain tastes of the products, made in the traditional way and obtained from olive oil, and in the lupin oil hair soap produced according to a discovery during a research work on the folk medical science.

“The fundamental matter about this and my other projects is the identity discourse” as Daniele Kihlgren added. “Protecting the minor historical patrimony, the poor and the vernacular means preserving and getting back the history of life and ages that are part of these lands. These are little mediaeval boroughs so remote, far off the grandeur of the Renaissance palaces, places where the identity matter gets stronger and where the relation between the place and its buildings has its most concrete expression. A group of engineers of Perugia worked at the structural part of work and at the installations while the identity research work has been done examining the iconographic evidence of

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Il lusso dell’autentico

L’idea di Daniele Kihlgren funziona. L’albergo diffuso di Santo Stefano di Sessanio, il suo originalissimo concetto di lusso, scomodo, vero, esclusivo e identitario ha conquistato rapidamente il pubblico internazionale dei viaggiatori più esigenti e curiosi, disposti a spendere cifre importanti per dormire su un letto di lana, mangiare su tavolacci di legno grezzo, incontrare la gente del posto, osservarne la vita e immergersi nella storia autentica di luoghi assolutamente unici. “Quando nel 2005 la stampa italiana (dopo quella estera) ha cominciato a parlare di Sextantio, mi hanno chiamato un sacco di persone che volevano vendermi e affidarmi borghi da salvare”, ci ha spiegato ancora Kihlgren. “Così ho avviato il secondo progetto, quello nei Sassi di Matera e ho acquisito e messo in sicurezza altri quattro borghi nell’Appennino meridionale”.

L’albergo diffuso Le Grotte della Civita, nella parte più antica del centro storico di Matera a strapiombo sul torrente Gravina, rappresenta l’espressione paradigmatica del recupero del patrimonio storico minore, anzi addirittura miserabile: grotte e chiese rupestri, abitate fino ai primi anni Cinquanta da famiglie poverissime, nonostante la malaria e le precarie condizioni igieniche che fecero definire da Togliatti questi luoghi come la “vergogna dell’Italia”, sono state trasformate in uno spazio di accoglienza unico al mondo. La storia millenaria di queste grotte, scavate nella roccia della Murgia materana in epoca preistorica, vide tra il 1952 e il 1990 la dolorosa, sebbene necessaria, vicenda dell’abbandono forzato dei molti cittadini che vi vivevano in condizioni insostenibili. Trasferiti gli abitanti in nuovi quartieri progettati da grandi architetti del calibro di Ludovico Quaroni, Carlo Aymonino e Luigi Piccinato, i Sassi di Matera furono oggetto di un profondo recupero per trasformare la vergogna in orgoglio. Prima la candidatura a Patrimonio UNESCO, ad opera dell’architetto lucano Pietro Laureano, e l’ottenimento della nomina nel 1993, poi i lavori di recupero e ristrutturazione conservativa ad opera di grandi nomi tra i quali quelli di Renzo Piano e Mattia Antonio Acito e i film che ne hanno fatto uno tra i set cinematografici più famosi (uno tra tutti La passione di Cristo).

Il secondo albergo diffuso Sextantio, Le grotte della Civita, si articola in 18 grotte, camere e suite in alcuni casi davvero impressionanti per dimensioni, e in uno spazio per colazioni e per cene esclusive in una stupenda e antica chiesa rupestre. Inaugurato nel 2009 ha richiesto tre anni di lavoro per un recupero conservativo senza precedenti e per un hotel che ha inventato un nuovo concetto di lusso, assolutamente unico e indimenticabile. Al centro è stata messa l’idea di rendere giustizia alla primordiale essenza materica della pietra e della caverna. Per far questo sono state fatte scelte, anche estreme, di conservazione integrale degli spazi originari e delle tracce del loro uso promiscuo nella successione dei tempi, dall’uso religioso e rituale alle tracce della sussistenza agricola e pastorale.

Anche in questo caso, come per Santo Stefano, il lusso è quello di vivere l’autentica esperienza della storia. Gli invisibili interventi di messa in sicurezza e degli impianti elettrici e idraulici, consentono un soggiorno privo, naturalmente, delle scomodità di un tempo, ma per il resto le stanze e le suite (fino a 160 metri quadrati e soffitti alti 7 metri) incantano per la loro essenzialità: niente televisione, né cassaforte, ma solo pareti di pietra nuda illuminate da scenografici punti luce e da candele fatte a mano. Nessun confort hi-tech, ma

the Museo delle Genti d’Abruzzo thanks to anthropologist Nunzia Taraschi, today head of the Abruzzese hotel and and 10% shareholder of the project (due to her research contribution). We have, thus, looked for the original materials, the furniture that we could buy at really low prices, almost for free. But it took very great effort to find them in unimaginable places, sometimes even at the dump. We tried to resist the temptation to change things (that is so common among architects) without any newer interpretation, in order to keep true to the past, except of course the building of the toilets and bidets - the bathroom. “

The Luxury Of The Authentic Daniele Kihlgren’s idea does work. The scattered hotel of Santo Stefano of Sessanio and its luxury concept of the uncomfortable, of the original, exclusive and so identitarian got soon appreciated by the most curious and choosy great international travelling public, ready to spend any amount of money, just to have the chance to sleep on a woollen bed and to eat on large rough wood tables, to meet the natives, to learn about their lifestyle and do full immersion in the very history of such unique places. In 2005 when the Italian press (after the foreigner one) began writing about Sextantio I started to be called by a lot of people who wanted to meet me and entrust me with the work of preservation of mediaeval boroughs to save” as Kihlgren said. “So I started up the second project, that of Sassi di Matera and I bought and saved other four little mediaeval boroughs in the meridional Appennini.”

The Grotte della Civita scattered hotel located in the most antique side of the historical heart of Matera overhanging the Gravina torrent is the absolute paradigmatic expression of the saving of a minor, better said poor patrimony. Rock grottos and churches inhabited by people up to the 50’s. Very poor families lived there against all odds, malaria and the miserable hygienical conditions that made these places be called by Togliatti “the shame of Italy”. They got converted into wonderful hosting spaces that are unique in the world. The millennial history of these grottos dug in the rocks of the Matera a Murgia in the prehistoric period, underwent the so necessary and painful forced abandoning of the place from 1952 to 1990 by lots of citizens that used to live there in miserable and unbearable conditions. Once the inhabitants moved to the new districts designed by the great architects of the fame of Ludovico Quaroni, Carlo Aymonino and Luigi Piccinato, Sassi di Matera underwent a deep salvage work in order to turn shame into pride. First qualifying for being proposed as UNESCO patrimony for the work of the Lucano architect Pietro Laureano and awarded as so in 1993, due to the renewing preservation works and saving work done by famous people like Renzo Piano and Mattia Antonio Acito, and the movies shot there that made of the place one of the most famous movie locations (one of all worth mentioning is “La Passione di Cristo”).

Le Grotte della Civita, the second Sextantio scattered hotel is made up of 18 grottos, rooms and suites, some of which are really impressively large and some meant to be a space for having unforgettable breakfasts and exclusive dinners in an amazing rockside church. Inaugurated in 2009, it took three years’ work in order to achieve its saving for the preservation worth to be called a record and for an absolutely unique and unforgettable hotel that embodied a new luxury concept. The impulse for the action was the purpose of rendering justice to the primordial material essence of the rocks and caves. In order to achieve this, there have been made both internal and external choices of a preservation of the entire original spaces and of their former promiscuous use in the course of ages, from the ritual and religious purpose to the agricultural and sheep raising. Even in this case as in that of Santo Stefano’s, luxury consists of living the original experience of the history of the place. The imperceivable work for saving the electrical and water system

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solo mobili della tradizione: un grande letto con tessuti e lenzuola artigianali di lino grezzo, tavolacci di legno e semplici sedie, docce, vasche e lavabi in pietra o dal design moderno ed essenziale, ricavati nelle cavità naturali. Non ci sono terrazze, né grandi vetrate, ma solo la tenue luce che entra da una piccola finestra che illumina appena l’interno, regalando ai locali un fascino ineguagliabile.

A Pasqua 2023 sarà inaugurato il secondo step de Le grotte della Civita: accanto alla prima concessione Kihlgren ha rilevato un palazzo borghese (non una serie di grotte in questo caso) che sta restaurando e recuperando dall’abbandono per farne un nuovo luogo di accoglienza, non diffusa, ma sempre orientata alla centralità del discorso identitario.

Dall’Italia al Ruanda

Mentre gli ulteriori quattro borghi acquisiti e messi in sicurezza da Daniele Kihlgren – Frattura Vecchia (L’Aquila), Rocchetta al Volturno (Isernia), Montebello sul Sangro (Chieti), Martese (Teramo) – aspettano di poter procedere nel loro percorso di recupero (sono non poche le difficoltà economiche e progettuali da risolvere) lo spirito visionario dell’imprenditore si è rivolto a una realtà ben più lontana: il Ruanda, in Africa. Il legame di Kihlgren con questa terra è ormai in essere da molti anni. Dal 2008 è stata fondata la ONG Sextantio Onlus per fornire l’assicurazione sanitaria alla popolazione ruandese più povera, mentre nei passati tre anni è stato portato avanti il progetto Capanne, inaugurato nel 2022. “È ancora una volta un progetto identitario, che interessa l’isola di Nkombo sul lago Kivu, al confine tra il Ruanda e il Congo”, ci ha detto ancora Daniele Kihlgren. “È stato possibile grazie alla presenza di Roberto Santavenere [amico e collaboratore della ONG, ndr.] e a sua moglie Serena. Grazie a loro abbiamo portato avanti le ricerche con il Museo Etnografico di Butare e abbiamo potuto realizzare due capanne e gli spazi comuni con materiali deperibili della zona e secondo le tecniche tradizionali. Per poterle costruire queste abitazioni abbiamo trovato alcune tra le pochissime persone ancora in grado di farlo. L’isola è un luogo non solo molto sicuro, ma anche e soprattutto assolutamente autentico e non turistico. Visitando un altro resort africano, bellissimo senza dubbio, non potrai mai sperimentare davvero i rapporti con la gente. Qui, invece, il turismo e i turisti non sono mai esistiti e ancora una volta l’elemento antropologico e umano è fondamentale e l’esperienza che si può vivere è assolutamente unica”. Si tratta evidentemente di una scelta molto particolare: si dorme in queste affascinanti capanne tradizionali, dotate di un letto tipico con il materasso su stuoie di paglia, ma anche di un bagno completo con acqua calda, wifi, cassaforte e servizio di pulizia giornaliero, affacciate sul lago, le isole circostanti e il territorio ruandese e congolese; si vive la natura incontaminata, da percorrere in bicicletta o in canoa, si osservano i pescatori cucinare la zuppa di pesce o una famiglia locale preparare la rituale birra di banana e, naturalmente, si gustano questi cibi e bevande su una grande tavola comune, di fronte al tramonto sul lago con il fuoco acceso e, in sottofondo, il suono dei tamburi.

L’obiettivo del progetto Capanne, che prevede la realizzazione di una terza abitazione per gli ospiti, è evitare la distruzione da parte del turismo del precario equilibrio di questa zona del Ruanda e della sua identità più vera. Il ricavato è destinato integralmente alla ONG per continuare ad offrire l’assicurazione sanitaria alla popolazione.

installation and for the preservation makes it possible to live a more comfortable journey as the difficulties of other times are a closed book matter. As regards the rooms and the suites (up to 160 metres square and 7 metres tall ceilings) amaze us with their essential nature: no televisions, no safes, only bare rock walls lit by the spot lighting of handmade candles. Any hi-tech facility, only traditional furniture, a king-size bed and folk tissues and raw linen bed sheets, large wooden tables, and simple chairs, rock shower rooms, rock bathtubs and rock sinks or sometimes of modern minimalist essential design dug in the natural carves. There are no terraces, nor large windows, and as lighting only a dim light that comes from a small window that fills the interior lightly and in a feeble way giving the place a unique fascinating air. On the occasion of Easter 2023 the second step of Le Grotte della Civita: beside the first concession, Kihlgren spotted out a more modern middle class palace (in this case, not a series of caves) that he is having restored and saved from the abandoning, in order to turn it into a hosting place, not scattered but still based on the importance of identity matter.

From Italy to Ruanda

While the four little mediaeval boroughs bought and saved after by Daniele Kihlgren-FratturaVecchia(L’Aquila), Rocchetta al Volturno (Isermia), Montebello sul Sangro(Chieti), Martese (Teramo) - are waiting for their turn of starting up the restoration works (financial and project difficulties to solve) the visionary motivation and feeling of the businessman turned his eyes onto much farther realities and lands: Rwanda, Africa. Kihlgren has been bonded to these lands for a long time now. In 2008 he founded the ONS Sextantio ONLUS with the purpose to make possible the providing of Healthcare for the poorer Rwandese people while the years before the Capanna project gets started up in 2022 for a period of three years. We are again talking about a project regarding identity matters that involves Nkombo Island on Kivu lake on the borders between Rwanda and Congo.” as says again Daniele Kihlgren. It was Roberto Santavenere and his wife Serena to make this project possible (a friend of his and collaborator of the ONG ed.). Thanks to them we have carried on some research with the Ethnographic Museum of Butare and we could build two huts of perishable materials of the land around in the traditional way of the natives and their means, and the land in common. For being able to build these shelters we had the help of a few natives of the island who still preserved their knowledge and skills of making them. Not only is the island a safe place but moreover it is also absolutely authentic, original and definitely not at all touristy. Going to see another African resort, a really beautiful one, no doubt, you will never live the experience of meeting the natives. Here instead there have never been tourists and again the anthropological and humane side of it is fundamental and this kind of experience is absolutely unique. We are talking about a very queer choice, you may sleep in one of these traditional huts (cabins) where you can find a traditional mattresses on a hay wicker, but you can find a hot water bath and Wifi, a safe and a daily clean up service, overlooking the lake, the surrounding islands, the Rwandan and Congolese territory, you may feel the uncontaminated nature where you could ride a bike around or go by canoe, you may watch the fishermen cook a fish soup or a native family prepare the traditional banana beer and naturally tasting this food and drink at a large common table in front of the sunset on the lake near the burning fire and listening in the background the sound of the drums.

The aim of the Capanna project to build a third hosting cabin includes the condition of not destroying the feeble balance of this land of Rwanda and of its most real identity that a heavy tourism could erase. All profits will be destined on the whole to the ONG in order to provide the people healthcare.

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Sextantio

Via Principe Umberto

Santo Stefano di Sassanio, L’Aquila

T. +39 (0862) 899 112

www.sextantio.it

Un intero borgo rinato grazie a un prezioso recupero conservativo. Uno dei primi alberghi diffusi in assoluto.

Ricette millenarie

Parte integrante del progetto di Daniele Kihlgren a Santo Stefano

è il recupero della tradizione gastronomica locale. Le ricette, gli ingredienti e il vasellame del ristorante Locanda Sotto gli Archi si ispirano alla storia del borgo. Recuperare la memoria culinaria non è stato facile, dal momento in cui questa tradizione era andata praticamente persa e le coltivazioni originali erano state convertite in altre più produttive. Per raggiungere questo obiettivo Nunzia Taraschi, allora responsabile del Museo delle Genti d’Abruzzo, oggi direttrice dell’albergo diffuso, ha intervistato gli anziani recuperando gli antichi saperi e sapori.

Sextantio

Via Principe Umberto

Santo Stefano di Sessanio, l’Aquila. Tel. + 0039 (0862) 899112 www.sextantio.it

A whole reborn town thanks to a precious preservation work. One of the ultimate scattered hotels.

Millennial Recipes

One branch of the salvage Preservation work project of Daniele Kihlgren is rediscovering the traditional cuisine of those places. The recipes, the ingredients, and the crockery and China of the Locanda Sotto gli Archi restaurant are inspired by the history of the town. Looking for and finding the culinary memory of this land hasn’t been easy work given the fact that this tradition had disappeared for a long time already and the place of the original traditional cultivation has been taken by newer more efficient ones. To achieve his project Nunzia Tara’s hi, then head of the Genti’s Museum of Abruzzo, today head of the scattered hotel, interviewed the old people and has learned about the antique cooking science, secrets and flavours of the place.

Courtesy of Sextantio

Le Grotte della Civita

Via Civita 28, Matera

T. +39 (0835) 332 744

www.legrottedellacivita.com

Diciotto indimenticabili stanze e suite sparse per le case-grotte dei Sassi di Matera. Una impressionante chiesa rupestre ospita il momento della colazione ed esclusive cene romantiche.

Gerusalemme? No, Matera

Molti registi cinematografici hanno scelto questo luogo come location per le loro pellicole. In particolare, i Sassi abbandonati hanno saputo rappresentare il fascino mistico della Gerusalemme del tempo di Gesù: per primo, l’italiano Pier Paolo Pasolini ha filmato qui il suo Il Vangelo secondo Matteo (1964); poi è stato Bruce Beresford ad ambientare qui il film King David (1985), interpretato da Richard Gere; Mel Gibson, infine, ha girato tra le grotte di Matera La Passione di Cristo (2002).

Le Grotte della Civita

Via Civita 28,Matera

Tel 0039(0835)332744

www.legrottedellacivita.com

Eighteen unforgettable rooms and suites scattered about the cavehouses of Sassi di Matera. An impressive rockside church hosts the ultimate breakfast and the exclusive romantic dinners.

Jerusalem? No, Matera.

Many movie directors have chosen these places as locations for shooting their pictures. Particularly the abandoned Sassi could embody the mystical fascinating Jerusalem of Jesus’ times:first the Italian Pier Paolo Pasolini got shot his Il Vangelo secondo Matteo (1964),then Bruce Beresford chose it as set for the movie King David (1985)starring Richard Gere, Mel Gibson and then directed “La Passione di Cristo” (2002) around the caves of Matera

Foto di Barbara Ainis

Sextantio Rwanda

Progetto Capanne

Kivu Lake – Nkombo Island

T. +39 (0862) 899 112

www.sextantiorwanda.com

Due capanne tradizionali su di un’isola di confine in territorio Ruandese, abitata per lo più da popolazioni congolesi dedite alla pesca, agricoltura e pastorizia, con un’economia di pura sussistenza.

I servizi sull’isola

Per gli ospiti del Progetto Capanne sono inclusi i servizi di: pick-up dall’aeroporto di Kamembe e transfer di circa 45 minuti con canoa all’isola di Nkombo. Kamembe dista soli 40 minuti di aereo dalla capitale del Ruanda Kigali. Al momento sono attivi cinque voli settimanali effettuati da Rwanda Air che collegato Kigali a Kamembe.

Sextantio Rwanda

The Capanne Project

Kivu Lake-Nkombo Island

Tel. 0939(0862)899112

www.sextantiorwanda.com

Two traditional cabins on an island on the border of Rwanda mostly inhabited by Congolese people, mostly fishermen, peasants and sheep raising with an economy of just subsistence.

Facilities on the island

For the guests of the Capanne project we provide pick-up service from the airport to Kamembe And a 45 minutes transfer by canoe to the Nkombo isle. Kamemba is only a 40 minutes flight far from Kigali, the capital of Rwanda. Today there are five flights from Kigali to Kamembe per week by Rwanda Air.

Picasso

GLI ARTISTI DI MIARTGALLERY

GALLERY ARTISTS

Storicizzati, esordienti e maestri apprezzati a livello internazionale, molteplici e di grande talento sono gli artisti che fanno parte della scuderia di MiartGallery. Attraverso la sede storica di Milano, ma anche grazie alle moltissime collaborazioni sviluppate nel mondo con spazi d’arte istituzionali e privati, MiartGallery promuove la significativa e preziosa produzione di opere d’arte, frutto della ricerca, seria e originale, degli artisti che segue. Inizia proprio in questi mesi un nuovo viaggio durante il quale l’intera scuderia ripercorrerà i territori e i luoghi conosciuti e vissuti dai galleristi, a livello imprenditoriale e umano, in tutto il mondo in quasi cinquant’anni di attività nell’universo dell’arte. Mostre, convegni, incontri per raccontare attraverso l’arte, la funzione di testimone dei tempi che questa rappresenta, il mondo che sta cambiando.

Historicized, debutants and internationally recognized maîtres. Countless and of great talent are the artists who are part of MiartGallery’s écurie. Via its historic residence in Milan, but even thanks to the several collaborations established around the world with institutional and private art spaces, MiartGallery fosters and promotes the significant and valuable production of works of art, the result of the serious and original research of the artists it deals with. These months, a new journey is beginning, during which the entire écurie will revisit the territories and places known and experienced by gallerists, on an entrepreneurial and human level, around the world in almost fifty years of activity in the universe of art. Exhibitions, conferences, meetings to convey by means of art and its function as witness, about the changing world.

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Nando Stevoli KayOne
Arman
Rabarama Domenico Marranchino
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Omar Galliani
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Tamburro
Antonio
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Giuliano Grittini
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Antonio Tamburro
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Domenico Marranchino
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Domenico Marranchino
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Fabio Giampietro Mimmo Rotella Arnaldo Pomodoro

CATCHING UP WITH ANTONIO MINIACI

Quando l’amore per l’arte non lo tiene in viaggio per il mondo, vive e lavora tra Positano e Milano, dove le sue splendide gallerie accolgono ogni anno moltissimi collezionisti, curiosi e artisti di fama internazionale. Il gallerista parla del suo mondo con la giornalista Claudia Notargiacomo, che da molti anni collabora con le sue realtà.

Eccomi, dopo anni dalla prima chiacchierata con il gallerista visionario, come mi piace chiamarlo. Sono seduta tra le mura dell’elegante salotto che si affaccia su via Brera 3 a Milano, con le sue tre splendide vetrine su strada. Questo luogo è prezioso per me, è qui che ho avuto la gioia di incontrare grandi artisti ed è qui che ho goduto di bellezza e poesia, in occasione di splendide mostre o durante semplici, ma allo stesso tempo sempre stupefacenti pomeriggi di ascolto e confronto. Davanti a me, Antonio Miniaci. Tra noi il tavolino di ferro antico con il mosaico dai colori della terra, come tanti anni fa. Alle sue spalle un’opera di medie dimensioni di Arnaldo Pomodoro. Dietro di me Andy Warhol. Il pavimento di marmo chiaro, lucente come sempre, regala eleganti certezze nonostante le profonde rivoluzioni che anni di complessità hanno determinato. Ed è proprio con queste consapevolezze che Antonio ed io ci avviciniamo a questa nuova intervista, che vuole rappresentare una riflessione sul passato recente, ma allo stesso tempo un nuovo inizio.

Antonio, arriviamo subito al punto: in cosa consiste oggi la bellezza di un quadro e a cosa serve? Cosa è accaduto alla pittura durante questi anni di stravolgimenti epocali, che hanno visto il susseguirsi di avvenimenti drammatici come pandemia, lockdown, distanziamento sociale, ma ancora guerra e distruzione?

Durante questi anni il pittore ha dato il meglio di sé. Sullo sfondo di una condizione disumana, egli ha cercato la strada nell’espressione, come è abituato a fare. Gli artisti hanno lavorato molto: grandi produzioni, bisogno e urgenza di esprimersi, e poi percezioni e visioni. Questo è accaduto e sta accadendo. Tele, fogli, pareti, spazi insomma da riempire, ecco cosa sta accadendo. Mi chiedi cosa sia un quadro. Sì a volte me lo chiedo anche io. Se pronuncio queste parole ad alta voce i miei collaboratori appaiono preoccupati, ma conoscono le mie stravaganze e sanno che il mio pensiero si muove libero costantemente, sfiorando abissi, ma anche cime innevate.

Tornando a noi, cos’è un quadro e perché? Contenuto, significato, messaggio culturale, profondità e spiritualità: a tutto questo penso

His love of Art takes him travelling and drives him to discover new things around the world. But once back, he spends his life and works between Positano and Milan, where, every year, his marvellous art galleries host a lot of world famous artists, collectors and curios. In an interview with journalist Claudia Notargiacomo, a longtime collaborator of his, the gallerist will lead us through his world

It seems ages ago since my first chat with our visionary gallerist, as I like to call him. And here I am, once again, this place is precious to me… as I sit inside the walls of this elegant lounge overlooking Via Brera, at number 3 in Milan, with its three windows on the street. This is where I have the joy to meet greatest and famous artists and, it’s right here that I’ve enjoyed beauty and poetry at wonderful exhibitions, or during simple yet impressive afternoons devoted to listening and reflection. Antonio Miniaci sitting in front of me. Between us is the antique iron coffeetable with the earth-coloured mosaic, like so many years ago. Over his shoulder a medium-sized piece by Arnaldo Pomodoro. Behind me Andy Warhol. The clear marble floor, as shiny as ever, gives elegant certainties despite the profound revolutions that years of complexity have brought about. And it is with these very certainties that Antonio and I approach this new interview. An interview that is meant to be a reflection on the recent past, but even a new beginning.

Well, Let’s get right to it, Antonio: what does the beauty of a painting consist of, today? And what is meant for? What has happened to the painting throughout these years of momentous upheaval, which have seen the succession of dramatic events such as the pandemic, lockdown and social distancing? Yet, still war and destruction?

Well, all over these years, the painter has given the best of itselft. Against the backdrop of an inhuman condition, he has sought his own way in expression, just as he would do. I mean, artists have worked hard and they did a lot: large productions, their urgent need to express themselves, not to say perceptions and visions. That’s what happened and what is happening at the present time. Canvases, sheets, walls, in short - spaces to be filled. So, this is going on. You ask me what a painting is. Look, sometimes I wonder that too. Whenever I say these words out loud my collaborators start looking worried, but they are used to my eccentricities, as they know that my thinking is always on the loose, touching fairly snowy peaks, but even grazing the chasms and plumbing the depths of human soul.

115 DUE CHIACCHIERE CON ANTONIO MINIACI

quando pronuncio la parola quadro. Al di là di regole e del rigore, ritengo che il grande potere, oltre che fascino, della pittura stia nella possibilità di esprimere messaggi culturali atti a parlare, raccontare o semplicemente capaci di smuovere le emozioni e il pensiero critico.

La pittura, quella che amo, è frutto di istinto e urgenza, “ragione di vita” sono solito dire. Non è figlia di strategia, ma al contrario proviene dal caos e ne esce per bisogno, come un urlo, a volte disperato a volte discreto, dai mille colori o nessuno, ma sempre capace di toccare e muovere, parlare senza artificio, né inganno.

Semplicità e ricerca: in quale modo questi due concetti si incontrano quando si parla di pittura? Quanto un’opera deve essere intellegibile e in quale modo deve, dal tuo punto di vista, raggiungere chi la osserva?

Opera è restituzione. Ecco che allora ci si chiede “restituzione di cosa?”. Restituzione di quella che è la ricerca. La vita è ricerca: di risposte, di dubbi, di strade o solo di luci. La restituzione di tutto ciò per l’artista è creazione, è proprio l’opera d’arte che, attraverso i più diversi strumenti e la più nobile libertà, prende forma divenendo semplice materia, capace di racchiudere in sé voli, sofferenza e audacia. L’opera arriva al fruitore grazie alla lealtà e all’onestà di chi la crea. Solo in questo modo muove e smuove, raggiunge e parla. È la verità che si manifesta ed è sempre la verità che colpisce.

Pittura e sogno. Tu ripeti spesso quanto sia importante sognare, quanto sia stato fondamentale per il tuo successo essere un sognatore. Parliamo di chi oggi ha bisogno di ritrovare uno stimolo, la forza di ricominciare e rinascere, dopo anni duri e colpi che hanno messo alla prova la maggior parte delle persone. Cosa vogliamo raccontare loro? Intendo, cosa possiamo raccontare che non sia una storiella inutile?

Ciò che posso e sento di fare è ricordare che arrivo da un mondo semplice, fatto di fatica e rinuncia. È un mondo contadino quello da cui provengo, che mi ha insegnato a non soccombere proprio grazie a quella magica e potente facoltà di cui è provvisto ogni uomo, ovvero la possibilità di sognare. Da ragazzo osservavo, mi avvicinavo alle grandi opere monumentali che mi circondavano in quelle città in cui mi recavo per qualche lavoro stagionale mentre studiavo, ne restavo meravigliato e allo stesso tempo spesso turbato. Ma anche quando non potevo studiare, né approfondire, riuscivo comunque a trovare ritagli di tempo per avvicinarmi all’arte. Unica vera fonte di forza e speranza per uno come me che aveva tanti entusiasmi e desideri e la voglia di farcela. La storia dell’arte e l’archeologia stessa ci insegnano quanto sia insito nell’uomo rappresentare mondi e quanto sia urgente al tempo stesso cercare visioni e risposte in questi mondi. La grande pittura è proprio questo che fa, senza parole o spiegazioni: fa sognare e regala speranza e stimoli.

Ordine e caos, razionalità e libertà, analisi e ascolto. Andare oltre la dualità è forse uno dei compiti più complessi che ci troviamo ad affrontare ogni giorno, ma cosa accade quando si parla di arte? O meglio di espressione artistica?

Non credo siano l’ordine e la regola gli strumenti dell’arte. Credo piuttosto nell’ascolto, nel sentire e nella libertà necessaria al fluire

Anyway, back to us, what’s a painting and its reason? Content, meaning, cultural message, depth and spirituality: that’s what is about and all that I think of when I say the word “painting”. Beyond rules and rigour, I do believe that the great power of painting, apart from fascination, lies in its force to express and carry cultural messages, which allows them to speak and tell, or simply to stress and to arouse strong emotions in you, as well as to stir up your critical thinking.

I’m fond of saying that painting, the kind I love, is the outcome of instinct and urgency: a “reason for living”, I mean Art for art’s sake. It’s not the result of a strategy, but rather it stems from chaos and it comes out of need, like a scream, sometimes desperate, sometimes discreet, with a thousand colours or none at all, yet always capable of touching and moving you in depth. Talking without artifice or deceit.

Simplicity and research: when talking about painting, how do these two concepts come together? How intelligible must a piece of art be and to what extent? And in what way should it reach the observer? From your standpoint, I mean.

Opera is restitution. Here, then is the question “restitution of what?” Restitution of what the search is. Life is about seeking: for answers, for doubts, for roads or just for lights. The restitution of all that for the artist means creation: it is the work of art itself that, by means of many different tools and the noblest of freedom, takes shape becoming simple matter, which embodies flyings, suffering and audacity. The work of art reaches the viewer through the loyalty and the honesty of those who create it. Only then will it move and stir, reach and speak. It is the truth that reveals itself and it is always the truth that affects and hit us.

Painting and dreaming. You are always saying how important it is for us to dream, of the huge role of being a dreamer to get your success. Let’s talk about those who must get back the old motivation, finding the strength to start again, be reborn, and reinvent. Moreover after so many years that have put most of the people to challenge. What do we want to tell them? I mean, what could we tell them, that isn’t irrelevant?

You know, all I can do and feel is to remind them that I do come from a humble background, a modest world, I would say. I had a life of sacrifices, fatigue and privation. Well, it’s a rural world which I am from. A world that has taught me not to perish, thanks to the powerful and magical faculty of dreaming, that we all have. As a young man I used to observe, to get closer to those great monumental works that surrounded me in those cities, which I went to for some seasonal job I had, while I was studying. I was impressed by those places and works, but somehow I got even unsettled by them. But also when I couldn’t afford to study or deepen some cultural aspects, I could still find spare time to approach myself to Art. Art, the only true source of strength and hope, to a guy like me, with such immense enthusiasm, wishes and a strong desire to make it, despite everything. It is the history of art and archaeology itself that teach us how inherent in each human being “representation” is. And how urgent it is, at the same time, to look for answers and visions in these worlds. Great painting does just that, without words or explanations - it makes one dream and gives him hope and stimuli.

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dell’emozione che diviene materia, forma e colore. A chi importa di una rappresentazione fedele della realtà fine a se stessa? Certamente non a me. La pittura in alcuni casi fa paura perché non può essere governata, controllata o ingabbiata. Può non essere compresa, evidentemente. Credo che la profondità spirituale che alcuni artisti riescono ad esprimere verrebbe distrutta da un approccio razionale. Ritengo che si possano imparare alcune cose, ma il talento, la capacità e la forza espressiva restano elementi di cui si è dotati oppure no. Usare strumenti e insegnamenti con saggezza e amore è prezioso. Al contrario quando gli stessi divengono meri esercizi stilistici si tratta di inutile espressione dell’ego. La pittura, quella vera, è capace di muovere montagne, come una sinfonia o una lettura azzeccata. In questo credo: nella cultura che sia frutto di verità e passione, incapace di mistificazione o strumentalizzazioni. Vedi, la cultura non mente, un po’ come la natura. Deturpata, violata, abusata oggi si ribella dimostrando tutta la devastazione inflittale, e a noi non resta che guardare con grande tristezza a ciò che abbiamo fatto nei confronti della madre terra. Un nuovo inizio credo possa essere trovare nuove consapevolezze, comprendere e accettare di rimettersi in discussione, ripartendo da qui: dal rispetto per ciò che ci circonda e per chi ci circonda, prima di ogni altra cosa.

Order and chaos, rationality and freedom, analysis and listening. Going beyond two-ness is perhaps one of the most difficult tasks we have to face, in a lifetime. But, what happens when we talk about Art? Or better, artistic expression?

Let me tell you, I don’t think that order and rule are the means that Art employs. Rather, I do believe in listening, feeling and in the necessary freedom of emotion that could turn into matter, shape and colour. Who cares about a faithful representation of reality for its own sake? As far as I’m concerned, I don’t. Painting in some cases is scary because it cannot be governed, controlled or caged. It may not be understood, evidently. I think the spiritual depth that some artists can express would be destroyed by a rational approach. I am convinced that some things can be learned, but talent, ability and expressive power remain elements with which one is gifted or not. Drawing out lessons and using them with wisdom and love is a valuable thing. On the contrary when the same turn into mere stylistic exercises it is a useless ego expression. Painting, the real kind, is capable of moving mountains, like a symphony or an apt reading. I believe in this: a culture that is the fruit of truth and passion, incapable of mystification or instrumentalization. You see, culture doesn’t lie, neither does nature. Defaced, violated and abused, today it rebels demonstrating all the devastation inflicted on it, and all we have left is to look with great sadness at what we have done to mother earth. A new beginning, I believe, can be finding new awareness, understanding and agreeing to question ourselves again, starting from here: respect for what surrounds us and for those around us, before anything else.

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