Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Giugno 2022

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RASSEGNA STAMPA GIUGNO 2022

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PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI GIUGNO: INCONTRI D’ALT(R)A QUOTA 2022 ..................................................................................................................... 3 PROGETTO PRUDENZA IN MONTAGNA ............................................................................................................. 3 PELMO D’ORO 2022: PREMIO SPECIALE DOLOMITI UNESCO ............................................................................ 4 TRE CIME DI LAVAREDO, LAGO DI BRAIES E VAL FISCALINA: ACCESSIBILITA’ .............................................. 6 PASSI DOLOMITICI: MOBILITA’ ........................................................................................................................ 12 COLLEGAMENTO SELLA RONDA – MARMOLADA ........................................................................................... 15 COLLEGAMENTO CORTINA – ARABBA ............................................................................................................ 16 OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI .................................................................................................................... 17 CRISI IDRICA .................................................................................................................................................... 20 NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 22 NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO ................................................................................................................... 33 NOTIZIE DAL CLUB ALPINO ITALIANO ............................................................................................................. 34 NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE E ACCOMPAGNATORI DI MEDIA MONTAGNA ........................... 35 NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................................ 36 EDITORIALI ...................................................................................................................................................... 37

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INCONTRI D’ALT(R)A QUOTA 2022 Alto Adige | 17 giugno 2022 p. 33 «Incontri d'Alt(r)a Quota» sullo Sciliar dolomiti. Parole, pietre, paesaggio. Gli "Incontri d'Alt(r)a Quota", organizzati anche quest'anno dalla Fondazione Dolomiti Unesco, consentiranno di camminare al cospetto dalla parete d'argento della Marmolada, ascoltando i racconti dello scrittore Matteo Righetto, di contemplare i pinnacoli della Dolomiti di Brenta comprendendone il valore geologico, di imparare a fotografare albe e tramonti tra Sciliar e Catinaccio. "Incontri d'Alt(r)a Quota" è la rassegna culturale organizzata dalla Fondazione Dolomiti Unesco in collaborazione con i rifugi del Patrimonio Mondiale. La sesta edizione ha ricevuto il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana Unesco ed è inserita nel programma delle celebrazioni per l'International Year of Sustainable Mountain Development istituto dalle Nazioni Unite. L'appuntamento altoatesino non è proprio dietro l'angolo. Quando le ombre inizieranno ad allungarsi sulla fine della stagione estiva, il 17-18 settembre, sarà invece il momento di mettere nella borsa la macchina fotografica, scegliere i giusti obiettivi e salire al rifugio Alpe di Tires / Tierser Alpl - Sciliar/Catinaccio, dove Stefan e Judith Perathoner ospiteranno un workshop fotografico curato da Moreno Geremetta, che illustrerà i segreti del tramonto e dell'alba dalle cime circostanti, in una intensa due giorni dedicata a coloro che vogliono immortalare (o meglio, far vivere per sempre) gli attimi di magia che solo le Dolomiti sanno regalare. Come sempre un ruolo importante sarà giocato dai rifugi, punti di approdo per i partecipanti: si inizierà il 16 luglio (il 23 in caso di maltempo), al Falier, sotto la parete Sud della Marmolada. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

PROGETTO PRUDENZA IN MONTAGNA L’Adige | 8 giugno 2022 p. 33 Progetto prudenza in montagna patrizia niccolini VAL DI FASSA «È importante parlare di prudenza nell'affrontare i vari ambienti a seconda delle condizioni, soprattutto ora, perché in questi ultimi anni l'approccio alla montagna è cambiato insieme agli utenti. Noi rifugisti saremo portavoce di questo richiamo alla prudenza, consigliando, informando, spiegando. Questo il nostro ruolo, storicamente primario». Così Roberta Silva, rifugista che gestisce il Roda di Vaèl in val di Fassa, e presidente dell'Associazione Rifugi del Trentino, tra i promotori della prima edizione di "Prudenza in Montagna", che si svolgerà domenica 12 giugno articolandosi in cinque uscite formative in altrettante località montane del Trentino. Scopo dell'iniziativa è sensibilizzare sui pericoli della montagna, su come evitarli, anticiparli ed affrontarli, oltre a far comprendere quando è necessaria la chiamata d'emergenza al 112.La lunga stagione dei rifugi del Trentino è partita facilitata dalla minore quantità di neve in quota, ma bisogna muoversi con attenzione e la Fondazione Dolomiti Unesco ha lanciato l'appello a informarsi prima di partire per un'escursione, rivolgendosi a chi - per professione - conosce bene la montagna: associazioni alpinistiche locali, associazioni di guide alpine e accompagnatori di media montagna, rifugisti, uffici turistici del territorio di riferimento. E proprio gli attori della montagna trentina hanno dato vita al progetto dedicato alla diffusione di una "Cultura della Prudenza", frutto del lavoro congiunto di Associazione Rifugi del Trentino, Sat, soccorso alpino Trentino, guide alpine, fondazione Dolomiti Unesco e Trentino Marketing, mirante a promuovere «un approccio consapevole e soprattutto prudente alla montagna. Parlare di sicurezza in montagna e di rischio zero è oggettivamente impossibile anche per i professionisti. Va creata, quindi, una cultura e un'attenzione incentrate sulla conoscenza dell'ambiente e sui modi con i quali affrontarlo in maniera consapevole». Le uscite formative sono aperte ad un numero massimo di 10 persone e sono previste varie attività: trekking al Rifugio Treviso (Pale di San Martino), ferrata del Monte Albano (Vallagarina), arrampicata nella zona del Rifugio Roda di Vaèl (Catinaccio) e sulla Corna Rossa (Dolomiti di Brenta-Madonna di Campiglio), e progressione su neve al passo del Tonale (Presena). Le uscite saranno coordinate dalle guide alpine e dagli uomini del soccorso alpino, con il supporto logistico dell'associazione Rifugi. In ogni località è previsto, infatti, un punto d'appoggio in un rifugio, per far comprendere l'importanza del ruolo di presidio che il rifugista esercita essendo l'unico ad avere informazioni aggiornate in tempo reale.«Con Mauro Mazzola, che seguiva

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già questi temi, è nata l'idea di mettere intorno ad un tavolo tutti i protagonisti della montagna trentina - ha detto Roberta Silva -. Verranno creati contenuti video per spiegare il concetto di prudenza e generare un richiamo forte sulla necessità di adottare comportamenti consapevoli che rendano possibile la diminuzione del rischio». «È cambiato il ruolo del rifugio che ora è diventato la meta - commenta Mauro Mazzola -, e i frequentatori della montagna si dividono in due grosse categorie: alpinisti/escursionisti e turisti. Occorre andare in montagna con prudenza, soprattutto ora con l'incidenza sempre più marcata di certi fenomeni meteorologici. Non vogliamo assolutamente limitarne la frequentazione, ma rendere gli utenti consapevoli: la montagna è un ambiente naturale di per sé rischioso per chiunque, che va affrontato con rispetto e, appunto, prudenza». Info e iscrizioni: associazione gestori rifugi del Trentino, 0461.923666- info@trentinorifugi.com.

PELMO D’ORO 2022: PREMIO SPECIALE DOLOMITI UNESCO Corriere delle Alpi | 12 giugno 2022 p. 31 Il Pelmo d'oro "Dolomiti Unesco" per la partecipazione ad alta quota CALALZO "Buongiorno, parlo col presidente? ". È iniziata così la telefonata che lo scorso anno ha sancito l'assegnazione del Pelmo d'Oro al rifugio Galassi. Dal presidente Padrin al presidente Bonaldo, accomunando idealmente centinaia, forse migliaia di volontari che dal 1970 ad oggi sono stati uniti dall'esperienza di gestione in modalità volontaria del rifugio Galassi a forcella Piccola sotto l'Antelao. Un momento di orgoglio ed emozione che ancora oggi rivive lucidamente tra i corridoi di un'ex caserma militare di proprietà del demanio. Del resto le motivazioni dell'assegnazione del Pelmo d'Oro rispecchiano fedelmente quanto portato avanti dal Cai di Mestre nel progetto Galassi. Il premio ha lo scopo di riconoscere particolari meriti acquisti da privati, enti pubblici, associazioni e sodalizi nell'ambito dell'alpinismo e della solidarietà alpina, della tutela e valorizzazione dell'ambiente e delle risorse montane, della conoscenza e promozione della cultura, della storia e delle tradizioni della comunità che abita le Dolomiti bellunesi. Specificatamente, nell'ambito del Pelmo d'Oro, alla sezione Cai di Mestre è stato assegnato il premio speciale Dolomiti Unesco 2021 con la seguente motivazione: "Una grande montagna, un grande rifugio ed un raro esempio di partecipazione. È iniziato il secondo mezzo secolo di autogestione del rifugio Galassi dove veterani e nuove leve, con opera totalmente gratuita, garantiscono ogni anno l'apertura e la complessa gestione di un rifugio con novanta posti letto e una sala multimediale destinata ad incontri, convegni e corsi". «Obiettivi futuri? Avere gestori sempre più giovani», risponde Francesco Abbruscato, membro della commissione di gestione. --Dierre© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 22 giugno 2022 p. 19 L'uomo del Pelmo e giovani atleti: sette volti della montagna più vera Marcella Corrà BELLUNO Pietro Sommavilla "l'uomo del Pelmo", l'esperto di neve e ghiacciai Anselmo Cagnati, due grandi scialpinisti come Francesco Vascellari e Loris De Barba. E poi uno scalatore tra i più rappresentativi delle Dolomiti, Mauro Valmassoi, e due atleti medagliati alle recenti Olimpiadi di Pechino, Stefania Constantini e Renè De Silvestro. Sono questi i vincitori del Premio Pelmo d'oro, giunto alla 24ª edizione, ed istituito dalla Provincia come riconoscimento per la valorizzazione alpina e alpinistica delle Dolomiti bellunesi. La consegna avverrà sabato 30 luglio nell'Arena di Laggio a Vigo di Cadore. Tre i premi principali, all'alpinismo in attività (Vascellari e De Barba), alla carriera alpinistica (Valmassoi), alla cultura alpina (Sommavilla). Infine sono stati assegnati un premio speciale Dolomiti Unesco (Cagnati) e due premi speciali della Provincia (Constantini e De Silvestro). Non c'è quest'anno il premio in memoria di Giuliano De Marchi per una scelta della giuria, presieduta dal presidente della Provincia Padrin, per non affollare la cerimonia di troppi riconoscimenti. Quasi per caso tutti i premiati sono bellunesi, mentre è una scelta precisa il riconoscimento a due scialpinisti, una specialità che ha ottenuto di essere inserita tra quelle delle prossime Olimpiadi Milano Cortina, anche se le gare si terranno in Valtellina. «Abbiamo fatto pressioni perché lo scialpinismo olimpico venisse assegnato al Bellunese, in Alpago o a Cortina. Ma non ci siamo riusciti», ha spiegato Federico

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Bressan, del consiglio nazionale del Cai, una delle organizzazioni che sono l'asse portante del premio. La «Casa comune» come l'ha chiamata Padrin, formata anche da guide alpine, soccorso alpino, Consorzio Bim e ovviamente la Provincia. Dopo Cesiomaggiore, tocca a Vigo ospitare la premiazione, e questo dà modo al Comune dell'Oltre Piave, come ha spiegato il sindaco Silvia Calligaro, di far ripartire le iniziative dell'estate dopo due anni di Covid. «Abbiamo ricominciato a fare squadra, tutte le associazioni si sono rimesse in gioco», ha detto, presentando un calendario di trenta eventi, dall'8 luglio al 17 settembre quando verrà celebrato il 50° della sezione del soccorso alpino del Centro Cadore e «verrà ricordato il decimo anniversario della morte di tre soccorritori del Cnsas sul Cridola», come ha sottolineato Alex Barattin, capo del soccorso alpino provinciale. I PREMIATII vincitori del premio sono alpinisti, scialpinisti, uomini di cultura, esperti del territorio che conoscono a fondo le Dolomiti bellunesi, le praticano fin da giovanissimi, ne scrutano ogni anfratto, hanno rapporti diretti con le genti delle Terre alte, nomi e figure di chi vive la montagna, come è il caso di Pietro Sommavilla. «È l'uomo del Pelmo», ha spiegato Bressan. «Era davvero tempo di dargli il Pelmo d'oro». È un premio alla cultura, perché ha saputo raccontare lo spirito delle montagna, attraverso un'opera precisa anche sotto il profilo antropico e scientifico, come si legge nella motivazione. Altrettanto intensa la vita di Anselmo Cagnati, sia quella alpinistica con spedizioni in Sudamerica e Himalaya che quella lavorativa, che lo ha portato in spedizioni scientifiche nelle zone polari, per studiare il cambiamento climatico quando non era ancora un argomento di moda. Adesso in pensione si dedica, come fa da una decina di anni, ad un'altra grande passione, i cani da slitta, i suoi amati husky con i quali partecipa alle più importanti gare di sleddog in giro per il mondo. Loris De Barba e Francesco Vascellari rappresentano il mondo dello scialpinismo, con la continua ricerca degli itinerari da percorrere in solitudine e molte prime discese compiute da entrambi dalle vette e dai canaloni più ripidi. Mauro Valmassoi è un vero fuoriclasse dell'arrampicata, con la capacità di individuare la via più logica e perfetta, l'"occhio" fondamentale per ogni rocciatore. Infine due giovani atleti che hanno portato in modo eccellente il nome di Belluno e delle sue montagne nel mondo, Constantini e De Silvestro. «Sono tutte persone», ha detto Renato Frigo, presidente del Cai Veneto, «che rappresentano il loro territorio, che ne sono strettamente legate, attori straordinari delle nostre montagne». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 22 giugno 2022 p. 19 Anselmo Cagnati grande alpinista ed esperto di neve Premio speciale Dolomiti Unesco: Anselmo Cagnati (Falcade 1956) è alpinista e scialpinista con oltre 500 salite sulle Dolomiti, una ventina di vie nuove e numerose discese alpinistiche. Ha lavorato dal 1981 al Centro Antinvalanghe di Arabba, occupandosi di variazioni climatiche, previsioni meteorologiche, valanghe e attività alpinistica. Ha scritto numerosi libri e manuali nazionali e internazionali. Da una decina di anni è conduttore di cani da slitta, partecipando a importanti gare di sleddog nel mondo.

Gazzettino | 22 giugno 2022 p. 7, edizione Belluno Pelmo d'Oro tutti i premiati della 24. Edizione Dino,Bridda L'EVENTO BELLUNO Un fiorire di eventi dall'8 luglio al 17 settembre - saranno ben 31 in zona - faranno da contorno alla 24a edizione del premio Pelmo d'Oro e avranno quale scenario il territorio di Vigo di Cadore, il Comune retto dal sindaco Silvia Calligaro. A Laggio, Lorenzago, Pelos, Casera Razzo e Vigo si alterneranno momenti artistici, letterari, storici, musicali e ludici che avrebbero suscitato anche l'interesse di Giosuè Carducci nella sua ode Cadore, ma richiamano pure alla memoria lo scultore Tomaso Da Rin, lo storico Antonio Ronzon e il patriarca di Venezia Adeodato Piazza, che diedero lustro a quell'angolo di territorio disteso all'ombra delle Dolomiti d'Oltrepiave, nonché la famosa Biblioteca storica cadorina. IL PREMIO L'evento principale, ovvero la consegna del Premio 2022, si svolgerà nell'arena di Laggio sabato 30 luglio e saranno sette i riconoscimenti nelle varie categorie del Premio, mentre quest'anno non è stato assegnato quello speciale intitolato a Giuliano De Marchi. Oltre alla consueta scultura del maestro Gianni Pezzei, recentemente scomparso, ci saranno anche due opere realizzate dallo scultore Roberto De Martin di Lozzo. La scelta dei premiati è stata operata da una giuria composta da Roberto Padrin, presidente della Provincia; Orietta Bonaldo del Club Alpino Accademico; Federico Bressan e Giorgio Brotto del Club Alpino Italiano; Paolo Conz del Soccorso Alpino; Giorgio Peretti delle Guide Alpine del Veneto e Mauro Staunovo Polacco, presidente del Consorzio Bim Piave di Belluno. Per l'alpinismo in attività il premio sarà consegnato al limanese Loris De Barba e al pievese Francesco Vascellari, una coppia

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di uomini della montagna alla costante ricerca di nuovi traguardi nel campo dello sci alpinismo, disciplina che debutterà alla prossima Olimpiade. CARRIERA Per la carriera alpinistica il riconoscimento è stato attribuito alla guida alpina di Domegge Mauro Valmassoi, membro dei Ragni di Pieve di Cadore e autentico fuoriclasse dell'arrampicata. Per la cultura alpina sarà premiato Pietro Sommavilla, l'Uomo del Pelmo per eccellenza, ingegnere edile di successo, autore di numerose pubblicazioni e guide escursionistiche, coautore di ricerche sui monti di Zoldo in coppia con Giovanni Angelini, nonché profondo conoscitore della storia delle Dolomiti orientali e delle loro comunità di villaggio. Per assegnare il premio speciale della Provincia ci si è rivolti al mondo dello sport con la campionessa olimpica di curling, l'ampezzana Stefania Constantini, e il plurimedagliato alle paralimpiadi René De Silvestro. Entrambi giovani esempi di tenacia tutta montanara nelle rispettive discipline ancora in grado di stupirci in futuro: insomma, questo del 2022 è un Pelmo d'Oro che, di marca interamente bellunese, sa guardare in avanti. Infine il premio speciale Dolomiti Unesco è andato al falcadino Anselmo Cagnati, alpinista e sci alpinista, uno dei massimi esperti mondiali della criosfera, già previsore al Centro Valanghe di Arabba. © RIPRODUZIONE RISERVATA

TRE CIME DI LAVAREDO, LAGO DI BRAIES E VAL FISCALINA: ACCESSIBILITA’ Corriere delle Alpi | 1 giugno 2022 p. 17 Tre Cime, la strada torna agibile Casello ricostruito dopo 4 anni AURONZO La notizia tanto attesa dai turisti è arrivata: riapre oggi la strada di accesso alle Tre Cime di Lavaredo. A renderlo noto è stata la sindaca Tatiana Pais Becher con una comunicazione scarna, utile comunque a mettere la parola "fine" sulle polemiche dei giorni scorsi. Perché il protrarsi della chiusura della strada che conduce al monumento naturale simbolo delle Dolomiti patrimonio Unesco, nonostante il meteo favorevole che ha da tempo sgomberato l'asfalto dalla neve, ha generato negli ultimi quindici giorni non poche rimostranze da parte di ignari utenti che, una volta giunti al lago Antorno, si sono ritrovati a sorpresa la strada sbarrata da un cartello posizionato peraltro alla buona.Non solo autovetture off limits: il divieto ha interessato anche le biciclette scatenando un clima di crescente protesta collettiva (ed altrettanta ilarità in modalità social). Fino alla comunicazione giunta nella tarda mattinata di ieri che, se da un lato contribuirà a rimettere velocemente le cose a posto dall'altro non basterà a placare del tutto gli animi. «Nell'ultimo mese abbiamo ricevuto decine di mail di protesta da parte dei turisti che, una volta giunti a Misurina, sono dovuti tornare indietro impossibilitati dal raggiungere le Tre Cime nonostante la strada regolarmente percorribile», ha raccontato il presidente del consorzio turistico Tre Cime Dolomiti Paolo Pais De Libera, «siamo molto dispiaciuti dell'accaduto, soprattutto perché lo scorso anno ci siamo trovati in una situazione identica. Un anno dopo, le cose non sono cambiate di una virgola a tutto svantaggio dell'appeal turistico del nostro territorio. Stavolta senza neanche l'attenuante della pandemia che pure tante difficoltà aveva creato (la strada delle Tre Cime lo scorso anno venne aperta il 30 giugno)». «Le Tre Cime», prosegue il presidente, «per i nostri amministratori dovrebbero rappresentare una priorità. Capiamo la presenza di neve al suolo come già successo in passato, ma tenere chiusa la strada quando in tutta Italia si parla di forte ripresa del turismo è autolesionistico». Le motivazioni del protrarsi della chiusura della strada sembrerebbero da rimandare alle difficoltà burocratiche che da tempo attanagliano la macchina amministrativa auronzana.Nel frattempo sono stati portati a termine i tanto attesi lavori di riqualificazione del casello stradale delle Tre Cime, a quasi quattro anni dall'incidente che lo vide suo malgrado protagonista quando un camion adibito al trasporto di bestiame diretto alla vicina malga Rin Bianco lo travolse incautamente, provando a passarvi sotto pur vantando un'altezza superiore alla struttura.Storia di ieri. Quanto ad oggi, il casello stradale delle Tre Cime è stato riaffidato attraverso apposito bando con incarico diretto alla Cooperativa Cadore. Riapre i battenti con lo stesso tariffario dello scorso anno, anche se a tal proposito manca ancora una comunicazione ufficiale. --Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 2 giugno 2022 p. 34

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Braies e Tre Cime, shuttle e limite agli accessi braies/tre cime Nelle prossime settimane verrà avviato nuovamente il progetto di mobilità sostenibile all'interno del territorio del patrimonio Dolomiti Unesco della valle di Braies e delle Tre Cime, che prende le mosse dall'esperienza del "Piano Braies" portato avanti negli anni passati.Bus navetta per le Tre Cime e Val FiscalinaPer salvaguardare il sensibile ecosistema delle Tre Cime e della zona che le circonda, dal 4 giugno al 9 ottobre da Dobbiaco verso il Rifugio Auronzo è disponibile un servizio navetta, in alternativa alla strada a pedaggio. Per tutto il periodo la prenotazione e il pagamento della navetta vanno effettuati online. Una novità per il progetto mobilità 2022 è la collaborazione con il Comune di Sesto per la Val Fiscalina che potrà dal 26 giugno al 2 ottobre essere raggiungibile solo con il servizio bus navetta 440 Sesto-Val Fiscalina, a piedi, in bicicletta o in auto (dal 10 luglio al 10 settembre) con apposito permesso di transito.Braies, le regole.Dal 10 luglio al 10 settembre 2022, dalle 9.30 alle 16, la Valle di Braies sarà raggiungibile solo coi mezzi pubblici, a piedi, in bici o su presentazione di una prenotazione di parcheggio o di un permesso di transito valido. La linea bus 443 da Monguelfo a Prato Piazza è stata prolungata fino a Villabassa e Dobbiaco. Da metà giugno a metà luglio Prato Piazza è raggiungibile prima delle 10 di mattina e dopo le 15 con la propria auto. Sul portale online https://www.tre-cime.bz/it è possibile prenotare anche il parcheggio.

Corriere delle Alpi | 2 giugno 2022 p. 29 Strada delle Tre Cime: biglietteria subito in tilt e lunga coda di auto Gianluca De Rosa AURONZO Pronti, via ed è subito caos sulla strada che conduce alle Tre Cime di Lavaredo. Quella di ieri è stata una mattinata di passione per i tanti turisti che si sono messi in coda per inaugurare la stagione estiva all'ombra del monumento simbolo delle Dolomiti patrimonio Unesco. L'apertura del casello stradale all'imbocco del tracciato verso le Tre Cime, in programma ieri peraltro con una nuova veste architettonica, ha fatto subito registrare un inghippo non preventivato. Il sistema informatico, infatti, è andato in panne e l'emissione dei biglietti del pedaggio per salire è rimasta bloccata.È così che, in pochi minuti, si è creata una lunga colonna di veicoli. Diversi chilometri, tanto che la coda, dal casello, ha raggiunto velocemente il lago Antorno. Le proteste degli ignari turisti hanno contribuito solo a creare ulteriori difficoltà al personale incaricato di gestire il casello, a cui peraltro non era ascrivibile alcuna colpa della situazione venutasi a creare senza preavviso.Fatto sta che le cose sono andate via via peggiorando, complici anche i lavori di sistemazione dei parcheggi in corso d'opera nell'area del lago Antorno. Il tutto con i cartelli stradali di divieto di transito, anche alle biciclette, ancora posizionati in mezzo alla carreggiata proprio in concomitanza con l'inizio della salita che dal lago Antorno conduce al casello. Minuti interminabili, in cui nel frattempo i tecnici intervenuti prontamente da remoto, hanno provveduto a rimettere in funzione il servizio di ticketing, permettendo così l'apertura effettiva del casello.Il traffico a metà mattina è tornato a defluire anche se molto lentamente. Ci sono volute diverse ore per permette al traffico di snellirsi anche se le code hanno interessato per quasi tutta la giornata il tratto di strada tra il casello ed il lago Antorno.«Ci aspettavamo l'intervento dei vigili urbani che però non c'è stato», hanno sottolineato alcuni dei presenti in coda.Detto del battesimo di fuoco di ieri, oggi si replica, nella speranza che tutto funzioni in modo corretto. Alle Tre Cime è atteso un numero elevato di turisti, in concomitanza con il lungo ponte del 2 giugno. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere dell’Alto Adige | 2 giugno 2022 p. 2 Modello Braies esteso anche alla val Fiscalina Riparte il progetto di mobilità sostenibile nella valle di Braies e delle Tre Cime, che prende le mosse dall’esperienza del “Piano Braies” portato avanti negli anni passati. «Abbiamo adeguato la rete stradale, ampliato i mezzi sostenibili e rivisto il regolamento dei parcheggi» spiega l’assessore alla mobilità, Daniel Alfreider. Dal 4 giugno al 9 ottobre da Dobbiaco verso il Rifugio Auronzo è disponibile un servizio navetta, in alternativa alla strada a pedaggio. Dal 26 giugno al 2 ottobre la val Fiscalina è raggiungibile solo con i bus navetta, in bici o a piedi. per Braies invece invece il divieto di arrivare in auto sarà in vigore dalle 9.30 alle 16 dal 10 luglio al 10 settembre. A Prato Piazza stop alle auto da metà giugno a metà luglio.

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Corriere delle Alpi | 3 giugno 2022 p. 31 Data di apertura e code di auto è polemica sotto le Tre Cime AURONZO La strada delle Tre Cime di Lavaredo è stata aperta in ritardo? Lo sostiene il presidente del Consorzio turistico Tre Cime Dolomiti, Paolo Pais De Libera. Il sindaco Tatiana Pais Becher sostiene di no. «Dal 2012 ad oggi la data di apertura della strada, dati ufficiali alla mano, è sempre stata compresa tra il 27 maggio e il primo giugno», sottolinea la prima cittadina uscente (e in corsa per un nuovo mandato), «ad esclusione dell'anno scorso in cui le nevicate eccezionali della primavera e i lavori di rifacimento del nuovo casello non hanno permesso di aprirla prima della fine di giugno».Il sindaco Pais Becher rammenta, tra l'altro, che la strada, di proprietà comunale, può essere aperta solamente in assoluta sicurezza, cioè quando le condizioni meteorologiche lo permettono, quando la neve al suolo si è sciolta e non vi è più ghiaccio sull'asfalto. Pais Becher ricorda quindi che la giunta comunale, ancora ad aprile, aveva chiesto agli uffici di attivarsi per prevedere l'apertura della strada già dall'ultimo weekend di maggio: gli operai da oltre un mese avevano iniziato lo sgombero neve della stessa strada e dei piazzali in prossimità del Rifugio Auronzo.Il casello per il pagamento del pedaggio della strada delle Tre Cime, dopo la stagione invernale, è stato ripristinato con le dotazioni informatiche e la gestione affidata alla Cooperativa Cadore. Inoltre l'ufficio tecnico comunale a ottobre scorso aveva incaricato, su indicazione della giunta, un professionista per esaminare le varie problematiche presenti a Misurina, proprio per rendere migliore il sistema parcheggi.Ma alla prima giornata di apertura della strada, quella di mercoledì, è corrisposta la prima coda di automobili. E il fatto ha creato disagio.«Non enfatizziamo», consiglia il sindaco. «La coda non ha superato il lago Antorno ed è durata forse mezz'ora, inoltre non vi è stato alcun intasamento di auto a Misurina. La polizia municipale, presente alle Tre Cime, e il professionista incaricato dal Comune hanno riferito che il formarsi della breve coda è stato dovuto ad uno spostamento delle transenne al lago Antorno effettuato da ignoti, al mattino presto prima dell'apertura del casello».A questo punto il primo cittadino di Auronzo invita il presidente del Consorzio, che «dovrebbe promuovere l'immagine di Auronzo e Misurina», ad informarsi preventivamente presso gli uffici comunali e, in ogni caso, ad evitare di paragonare «il nostro paese in un post su Facebook a due stati africani, denotando una scarsa sensibilità oltre alla carente conoscenza del continente africano». --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 7 giugno 2022 p. 32 Tre Cime, estate già "calda" L'afflusso massiccio di turisti ha colto tutti impreparati LA PROTESTA È un'estate calda sulle Tre Cime di Lavaredo. Prima la strada chiusa, poi la riapertura e subito le code, infine i parcheggi selvaggi ed i rifugi chiusi. Risultato? Un susseguirsi di lamentele ed una certezza che mette tutti d'accordo: l'assalto dei turisti al monumento naturale simbolo delle Dolomiti patrimonio Unesco quest'anno è iniziato presto, trovando tutti o quasi tutti impreparati.«Insieme a mia moglie, abbiamo deciso di portare nostra nipote di nove anni a fare il giro delle Tre Cime», racconta Raffaello Meneghet, un passato da amministratore comunale a Longarone, «per fortuna mia moglie è stata previdente portando con sé alcune bottiglie d'acqua. Abbiamo trovato tutto chiuso, nonostante la presenza di centinaia di turisti, la gran parte stranieri e dopo aver pagato 30 euro di parcheggio».Versione confermata da altri "incauti". I rifugi che insistono attorno alle Tre Cime, sia in territorio bellunese e sia altoatesino, sono ancora chiusi. L'unica struttura ieri aperta era malga Langalm. Unica nota positiva, l'apertura dei bagni pubblici situati nelle vicinanze del rifugio Auronzo. Nonostante le file chilometriche, un servizio apprezzato dalla gente.«Pur volendo, non saremmo stati in grado di aprire prima il rifugio Auronzo perché sono in corso alcuni lavori al suo interno», ha spiegato il presidente della sezione Cai di Auronzo, proprietaria della struttura, Stefano Muzzi, «sono in via di completamento e interessano l'area notte dove stiamo sostituendo parti di pavimento oltre ad infissi e serrature. Il rifugio Auronzo aprirà regolarmente il 12 giugno, in ritardo per quelli che sono gli attuali ed inattesi flussi turistici alle Tre Cime ma in anticipo rispetto alla tradizionale tabella stilata dal Cai per quanto riguarda la fruibilità dei rifugi durante l'estate».Strade aperte e rifugi chiusi. Qualcosa non quadra. «Fino a quando la strada è starta chiusa, ossia fino al 1º giugno», dice Muzzi, «per tutti i rifugisti non era stato possibile arrivare in quota . E dunque non era stato possibile preparare e rifornire i rifugi per l'accoglienza dei turisti. Siamo costantemente in contatto con l'Amministrazione di Auronzo, personalmente ho sentito spesso il sindaco Pais Becher. C'è condivisione, quello che ha colto tutti impreparati è stato il gran numero di turisti già in questo periodo. Ci sono delle situazioni straordinarie di cui tenere conto. Abbiamo già tantissime prenotazioni per l'estate da turisti provenienti da ogni angolo del mondo». --dierre© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Alto Adige | 18 giugno 2022 p. 33 «Occorre arrivare a una gestione digitale del traffico» "L'obiettivo della Provincia di Bolzano, d'accordo con Trento e con Belluno, è quello di garantire la massima sicurezza per chi transita sulle strade dei passi dolomitici. È un obiettivo ambizioso che passa attraverso piccole ma importanti innovazioni. A cominciare da quella del guard rail sistemato a passo Sella per impedire la sosta selvaggia che era un fenomeno di rilievo fino all'estate scorsa. Sono 700 metri circa, un po' poco si dirà, ma è già qualcosa. Se non altro perché non dovrebbe essere più necessario il sistematico intervento della polizia municipale per far rispettare il codice della strada. In più ci sono quattro fonometri sui Passi dolomitici, in modo da riuscire ad avere un quadro completo anche sui rumori. Ma la vera sfida per il medio periodo è quella di arrivare a una gestione digitale del traffico. Per quest'estate sono stati previsti bus aggiuntivi e un pacchetto di misure per invogliare tutti a lasciare l'auto in garage". Parla l'assessore alla mobilità della Provincia di Bolzano Daniel Alfreider, che si vuol togliere qualche sassolino dalla scarpa. Intente così rispondere a critiche sollevate nei suoi confronti dalle pagine del nostro giornale. A cominciare da passo Gardena che qualcuno vorrebbe chiudere al traffico almeno per qualche ora delle giornate estive. "La chiusura della strada di passo Gardena è improponibile - dice Alfreider - Non sta a me né alle istituzioni altoatesine prendere l'eventuale provvedimento, L'ho anche detto agli ambientalisti che ho incontrato di recente. Sono sorpreso che ora si parli di un'auspicata chiusura. La proposta arriva da una rappresentante dei Verdi, gli stessi che hanno osteggiato a lungo la galleria ferroviaria del Brennero". C'è bisogno di altro per frenare il traffico sui passi dolomitici? "C'è bisogno soprattutto di una maggiore collaborazione fra Comuni, categorie economiche interessate. Ognuno deve fare la sua parte per soddisfare le varie richieste di ridurre il traffico. Ecco che sarebbe utile che già in albergo, prima che l'ospite decida di fare una visita ai passi e allo splendido panorama che li circonda, fosse informato sulle varie alternative del percorso, che può essere fatto anche con i mezzi di trasporto pubblico a cominciare dai bus di linea e dagli impianti a fune. L'obiettivo che ci siamo proposti è quello dì arrivare ad una gestione digitale del traffico passando per il necessario passo di fornire ai Ministeri delle Infrastrutture e dell'Ambiente dati oggettivi. Anche sui flussi. Nei periodi di punta si oscilla da 6 a 10 mila mezzi che per le strade di montagna sono davvero molti". A Braies si è deciso di chiudere anche quest'anno. C'è un motivo? "Perché c'è un'alternativa alla strada chiusa, rappresentata da shuttle e bici, ma anche per una questione di sicurezza. Anche i giudici hanno concordato sul fatto che quindici mila mezzi al giorno per quel tratto rappresentano un problema oggettivo". Invece per Sella e Gardena il problema di chiudere al traffico non si pone, neppure in brevi periodi del giorno....."La libera circolazione dei mezzi va garantita. Se poi grazie agli esperti riusciremo a fornire nel medio lungo periodo numeri e dati per arrivare a soluzioni diverse ben venga. Per adesso dobbiamo lavorare su più piani. Per Selva e Corvara abbiamo previsto corse aggiuntive con gli autobus oltre a Citybus interni. Le linee sono state potenziate da giugno a settembre". Merita una citazione particolare ciò che è stato previsto a Corvara. "È vero. C'è un servizio di pullman che collega le frazioni fra di loro. E poi, servendosi dell'impianto a fune che parte da Selva, è possibile con l'impianto a fune che parte da Selva arrivare comodamente fino nel cuore del parco naturale. Il servizio di trasporto pubblico consente di risparmiare tempo rispetto al tragitto con l'auto privata". In val Gardena chi arriva in auto dove potrà lasciarla?" Al massimo a Plan de Gralba dove è stato attrezzato un parcheggio sufficientemente grande. Da lì si potrà proseguire con i mezzi pubblici e con gli impianti". Già i parcheggi. Prima di fare un giro sui passi dove potranno essere realizzati?" Prima di entrare nelle nostre valli. All'imbocco, in modo tale da evitare gli attuali picchi di traffico. Il turista, ripeto, dovrà abituarsi a partire dalla seconda casa o dall'hotel a piedi. Tocca a noi garantire un'offerta adeguata di mezzi e servizi in modo tale che lo faccia davvero". Sarà a disposizione una App per verificare in tempo reale quanti saranno i mezzi che circoleranno sui passi e quanti saranno i posti a disposizione nei parcheggi?" È uno dei passi che faremo al più presto. Fa parte del concetto di gestione digitale del traffico. Abbiamo un team di esperti al lavoro e i sindaci delle valli interessate sono d'accordo".

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Limiti ai mezzi privati: gli esempi di Braies e Tre Cime DOLOMITI Le Tre Cime di Lavaredo sono già raggiungibili, dalla Pusteria, solo con uno shuttle bus: è stato il primo provvedimento assunto nelle scorse settimane per una mobilità sostenibile sulle Dolomiti. Altri ne seguiranno in diverse località, come la valle di Braies, dove sarà riproposto il provvedimento anti traffico delle scorse estati. Ne ha parlato ieri l'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider, che ha annunciato che in estate verranno rafforzati i controlli sulle moto sui passi in collaborazione con carabinieri, polizia stradale e Questura. A tal proposito sono stati organizzati corsi di formazione per 47 agenti della Polstrada. Sono poi stati potenziati ulteriori

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collegamenti del trasporto pubblico locale. Ad esempio, un servizio di autobus conduce i visitatori da Piccolino a passo delle Erbe. Nuova linea anche in val Fiscalina in collaborazione con il Comune di Sesto: prenderà il via il 26 giugno. E c' un collegamento con gli impianti di risalita da Corvara a Colfosco e alla valle Stella Alpina. "La situazione del traffico sulle Dolomiti non dev'essere risolta episodicamente, ma a livello complessivo e sovra-provinciale - ha detto Alfreider - Il nostro obiettivo è istituire sulle Dolomiti una zona a basse emissioni. Per la prima volta quest'anno, assieme al già introdotto Piano Braies, in collaborazione con Comune, Idm e Federazione provinciale delle organizzazioni turistiche dell'Alto Adige Lts, studiamo il contingentamento digitale dei visitatori, come quello sperimentato a Braies: potrebbe essere adottato in varie località, non appena ci saranno i presupposti legali". Oltre a questo, si punta a offrire parcheggi di attestamento e mezzi di trasporto alternativi. Ma prima di tutto, ripete Alfreider, "ci vogliono un'intesa a livello provinciale e dati scientifici, come base per ottenere l'approvazione dei provvedimenti speciali da parte dei Ministeri". L'attenzione è rivolta anche alla sicurezza, soprattutto a favore di coloro che si spostano con mezzi di mobilità sostenibile, come i ciclisti, e ora è possibile prevedere corsie ciclabili, per realizzare le quali è sufficiente una segnaletica orizzontale colorata. Sono in corso anche i lavori per una piattaforma digitale nella quale saranno disponibili tutti i dati sulla mobilità, soprattutto informazioni per i ciclisti e sui parcheggi (Sella, Erbe, Funes), anche attraverso la app e il sito altoadigemobilità. Secondo uno studio di Idm, più di tre quarti dei vacanzieri vorrebbero lasciare ferma l'auto durante la loro vacanza in Alto Adige, motivo per cui i visitatori dovrebbero ricevere un pacchetto di informazioni sull'accessibilità. E.D.©RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere dell'alto Adige | 18 giugno 2022 p. 2 Limite dei 60, guard rail e controlli Dolomiti, scatta il giro di vite sui passi Argentino Serraino BOLZANO Maggiori controlli, lotta ai parcheggi selvaggi, potenziamento del trasporto pubblico e le grandi novità di una strada «su prenotazione» e della prima pista ciclabile su un passo di montagna. Sono queste le principali misure presentate ieri dalla Provincia per ridurre il traffico sui passi delle Dolomiti e spingere verso un turismo sostenibile. «Sono tutte iniziative che servono per alleggerire le nostre valli dal traffico che pesa sulla popolazione nei mesi estivi» spiega l’assessore alla Mobilità Daniel Alfreider. Il primo passo è impedire che si parcheggi fuori dalle aree consentite. «Non è solo un problema di immagine — afferma Alfreider — è ciò che aumenta il numero di macchine perché si dice “tanto se non trovo parcheggio mi infilo in qualche prato”. Questo è il primo messaggio che vogliamo lanciare: non si trova un parcheggio alternativo a quelli previsti». Concretamente verranno usati dei paracarri e soprattutto dei guard rail per impedire il passaggio delle auto: «Ne abbiamo già installati lungo 2 km e ne metteremo molti altri» chiarisce Alfreider. Inoltre il limite di velocità scende da 90 a 60 km/h e sono stati disposti maggiori controlli delle forze dell’ordine, con una cinquantina di agenti della Polizia Municipale formati per la verifica del rumore. «Servirà per evitare situazioni inaccettabili, penso alle moto e soprattutto alle gare con le auto da corsa. Verso di loro ci sarà tolleranza zero» promette l’assessore alla Mobilità. Le azioni più incisive sono però altre e rappresentano una novità per l’Alto Adige. In primo luogo la creazione di piste ciclabili nella corsia di salita: «Tra un mese sarà pronta una piccola parte sul passo Gardena e un tratto più lungo sul passo Sella. Mentre alla fine dell’estate partiranno i lavori per una scia di 2,5 km sul passo Valparola». A questo si aggiunge un progetto pilota, che partirà questa estate, a Braies: la prima strada contingentata in Alto Adige. Vuol dire che per passare con il proprio mezzo sarà necessario prenotarsi anticipatamente. Ciò consentirà di limitare e tenere sotto controllo il traffico: «Dico subito che ci saranno sicuramente dei problemi — mette le mani avanti Alfreider — però tutti i partner stanno lavorando per far si che funzioni». Se tutto andrà bene dal 2024 il progetto verrà poi riproposto anche in altri passi dolomitici. Per poter agire è però necessario garantire i presupposti legali: «Oggi non è normativamente possibile un contingentamento o una chiusura della strada. Per questo siamo intervenuti a Roma ed è passata una norma che consente di intervenire sulla viabilità non solo per ragioni di sicurezza stradale ma anche per la tutela dell’ambiente. È una prima base ma bisogna continuare a lavorare, anche insieme ad altre regioni». Per informare e sensibilizzare la popolazione è attiva una collaborazione con l’agenzia Idm, che metterà in campo una campagna di comunicazione, e ci saranno iniziative di altri comuni. Come nella valle di Funes, dove il sindaco ha annunciato che dalla prossima estate sarà attivo un sistema di controllo che permetterà l’arrivo di massimo 2700 persone al giorno. Tutti strumenti che serviranno per raggiungere un obiettivo ambizioso: istituire una «low emission zone» che porterà a ridurre le emissioni del 50% entro il 2030 e azzerarle entro il 2050. Nella convinzione che questo incentiverà anche il turismo: «Siamo una destinazione di montagna, di natura evidenzia Alfreider - oggi più che mai il turista ha voglia di potersi muovere senza macchina». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Corriere dell'alto Adige | 18 giugno 2022 p. 2 Verdi e Avs chiedono più coraggio Le nuove misure annunciate dalla Provincia per contrastare il traffico sui passi dolomitici non convincono gli ambientalisti che chiedono provvedimenti più rigorosi. «Mi sembrano interventi molto timidi, mi domando perché si ha così tanta paura di portare avanti azioni coraggiose» commenta la consigliera provinciale dei Verdi Brigitte Foppa. «Ci rendiamo conto che ci sono dei limiti e che non si può arrivare improvvisamente a una chiusura totale ma — prosegue—a siamo un patrimonio Unesco, il lavoro è tanto ma va fatto». A farle eco interviene Georg Simeoni, presidente del club alpino Alpenverein Südtirol: «Sono disposizioni che non risolveranno il problema e mi sembra anche difficile che alcune, come il contingentamento del numero delle auto, possano essere messe in pratica in modo efficace». Per Simeoni la lotta al traffico si può fare solo in un modo: «Bisogna stabilire delle fasce orarie in cui i passi vengono chiusi, ovviamente con dei permessi speciali per i residenti o per chi deve lavorare». E all’assessore Alfreider che invita alla cooperazione replica: «Collaborare vuol dire venirsi incontro da entrambe le parti. Noi siamo partiti da una chiusura totale e siamo arrivati a una soluzione di compromesso, ma non veniamo ascoltati». Sulla stessa scia anche i Verdi, che evidenziano un malessere generale in costante aumento: «Un tempo sembrava un destino inesorabile - sottolinea Foppa - mentre ora questa situazione viene contestata dalla popolazione che chiede interventi forti». (A. S.)

Corriere dell’Alto Adige | 19 Giugno 2022 p. 2 «Giro di vite sui passi? Così non basta» Argentino Serraino, Enzo Coco BOLZANO Si va nella direzione giusta, ma in modo troppo timido. Non ci sono mezze misure per Reinhold Messner quando si tratta di preservare la montagna. Lo scalatore evoca la chiusura dei passi nei giorni e chiede più coraggio alla Provincia. Misure troppo soft, quelle annunciate, anche secondo il sindaco di Ortisei Tobia Moroder. E intanto ieri lunghe code in A22. Lo scalatore «Quello che serve sono decisioni coraggiose e chiare da parte della politica» è in sintesi il pensiero del Re degli Ottonila. «Io credo che la gente sia pronta e preparata — argomenta Messner — per accettare limitazioni al traffico, perché nei miei incontri con il pubblico vedo che la consapevolezza e il desiderio di una natura pura e incontaminata siano prevalenti. Nella percezione comune le montagne non sono più come quelle di una volta — aggiunge lo scalatore — e molta più gente ha accesso alle scalate, alle ferrate anche perché vengono preparati percorsi accessibili e meno rischiosi di una volta. È però diventato un business e c’è chi è disposto a pagare molto per essere accompagnata in cima alle vette più alte». Secondo Messner il fenomeno è mondiale, ma le nostre montagne non fanno certo eccezione: «Da noi c’è il grave problema del traffico — commenta Messner — fatto da coloro che vogliono arrivare più vicini possibile alle vette con le loro auto. La politica in questo caso non ha il coraggio di introdurre dure regole che arrivino alla chiusura dei passi. Non si parla di togliere la macchina alla gente — puntualizza lo scalatore — ma di far si che arrivi da noi e la lasci nel garage dell’hotel per poi andare in montagna con i mezzi pubblici, shuttle e funivie. Ne abbiamo abbastanza di questa situazione con code di macchine fino ai punti estremi dove si può arrivare sui passi: quello che propongo sarebbe molto facile da organizzare coinvolgendo necessariamente anche le vicine provincie di Trento e Belluno per arrivare ad una regolamentazione comune». Quella di Messner non è una battaglia contro il turismo in sé, motore trainante dell’economia locale: «Sono a favore del turismo — precisa infatti — ma dobbiamo rallentarlo. Dobbiamo far in modo che i turisti si rendano conto che continuando così distruggiamo proprio quello che vanno cercando, la pace, la tranquillità e la salubrità dell’aria in un sistema sostenibile». La responsabilità di creare questa mentalità è della politica ma anche degli operatori turistici. «La consapevolezza di un approccio sostenibile alla montagna — dice Messner sferzando gli albergatori — è forse più nel cuore del turista che non in quello degli albergatori. Abbiamo il problema che chi fa turismo non ha capito che la gente vuole esattamente il contrario di quello che oggi le viene proposto. La gente viene per l’aria pulita, il silenzio la tranquillità, la lentezza». Anche sul tema del tetto ai posti letto Messner chiama in causa la politica: «Non ha senso una regola generale per tutti sul numero dei posti letto. Ci sono località minori e valli dove è necessario sviluppo e i posti letto si possono aumentare ed altre dove invece bisogna intervenire per calmierare. Anche in questo caso ci vuole il coraggio di decidere in modo selettivo». Il sindaco

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«È sicuramente un primo passo ma l’obiettivo a lungo termine dev’essere un altro». Con queste parole Tobia Moroder, sindaco di Ortisei, commenta le misure annunciate ieri dalla giunta provinciale di Bolzano per ridurre il traffico sui passi delle Dolomiti. Moroder si dice consapevole del fatto che «la questione è complessa» ma sostiene che in futuro, sulla scia di quanto proposto anche dalle associazioni ambientaliste, bisognerà puntare su una chiusura almeno parziale: «Sono del parere che si debba arrivare a chiudere i passi in certe fasce orarie. Penso un po’ al modello dei parchi nazionali americani — afferma — in cui si entra solo con i mezzi pubblici. Naturalmente è necessario che ci sia intorno un sistema di infrastrutture, ma spero che l’assessore abbia la forza di andare avanti su questa via». Il primo cittadino tiene a sottolineare: «Il punto non è che non vogliamo i turisti, semplicemente li vogliamo portare qui in modo diverso. Stiamo parlando di luoghi di una bellezza disarmante che possono essere un prodotto turistico eccezionale». E offre un parallelismo con quanto accaduto nel suo comune: «Secondo me si riproporrebbe quello che è successo con la zona pedonale di Ortisei. All’inizio la gente aveva paura — ricorda — e non la voleva. Adesso tutti ammettono che è stata una salvezza». I provvedimenti della Provincia sono dunque un buon inizio ma, secondo Moroder, non bisogna perdere di vista l’obiettivo. «So che ci vuole tempo, che non si può fare dall’oggi al domani. Però — ribadisce — dobbiamo tenere a mente che il traguardo a cui arrivare è quello della chiusura parziale». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 25 giugno 2022 p. 34 In Val Fiscalina da domani usando il bus navetta sesto pusteria Una novità per il progetto mobilità 2022 della Provincia è la collaborazione con il Comune di Sesto per la Val Fiscalina che da domani, domenica 26 giugno, al 2 ottobre sarà raggiungibile esclusivamente con il servizio bus navetta 440 Sesto-Val Fiscalina, a piedi, in bicicletta oppure in automobile (dal 10 luglio al 10 settembre) solamente con apposito permesso di transito."L'obiettivo è preservare la Val Fiscalina attraverso misure di semplificazione del traffico e di gestione dei visitatori" , ha affermato il sindaco di Sesto Thomas Summerer. Per il bus navetta Sesto-Val Fiscalina non è necessaria la prenotazione. A chi proviene da fuori Sesto si consiglia di arrivare da Dobbiaco-San Candido utilizzando il bus di linea 446. Dalla stazione a valle della cabinovia Monte Elmo, a Sesto, si prosegue con il bus navetta per la Val Fiscalina. Il permesso di transito in Val Fischalina può essere prenotato sul sito drei-zinnen.bz. Per valle di Braies e Tre Cime. Per salvaguardare l'ecosistema delle Tre Cime e della zona che le circonda, dal 4 giugno al 9 ottobre da Dobbiaco verso il Rifugio Auronzo è disponibile un servizio navetta, in alternativa alla strada a pedaggio. Per tutto il periodo la prenotazione e il pagamento della navetta vanno effettuati online.Dal 10 luglio al 10 settembre 2022, dalle ore 9.30 alle 16, la Valle di Braies sarà raggiungibile solo mediante mezzi pubblici, a piedi, in bici o su presentazione di una prenotazione di parcheggio o di un permesso di transito valido. La linea bus 443 da Monguelfo a Prato Piazza è stata inoltre prolungata fino a Villabassa e Dobbiaco. La strada per Prato Piazza è raggiungibile, prima delle ore 10 e dopo le 15 con la propria auto.Prenotare i parcheggi. Sul portale online https://www.tre-cime.bz/it è possibile prenotare anche il parcheggio (se si viaggia con l'auto privata), il ristorante e il bus navetta. Per la prima volta quest'anno, assieme al già introdotto "Piano Braies", in collaborazione con Comune, Idm e Federazione provinciale delle organizzazioni turistiche dell'Alto Adige Lts è stato adottato il contingentamento digitale dei visitatori.Mobilità sostenibile. "Quest'estate vogliamo puntare a una combinazione di misure sin qui adottate come l'adeguamento della rete stradale, l'ampliamento del parco mezzi a propulsione sostenibile come autobus, treni, biciclette e mobilità a piedi, il regolamento per l'accesso ai parcheggi. Inoltre, sfruttiamo l'esperienza del Piano Braies anche per altre aree, come la Val Fiscalina", ha detto l'assessore provinciale Daniel Alfreider.

PASSI DOLOMITICI: MOBILITA’ Alto Adige | 5 giugno 2022 p. 34 Lavori a passo Gardena: pronta a giorni la ciclabile Ezio danieli passo Gardena

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Sulla strada del passo Gardena sono iniziati i lavori per realizzare una corsia per i ciclisti lunga 600 metri. Ha mantenuto l'impegno che si era preso l'assessore provinciale Daniel Alfreider, che conta che l'intervento sia finito prima di metà giugno, in concomitanza con l'arrivo dei primi turisti e in vista delle manifestazioni ciclistiche che culmineranno con la Maratona dles Dolomites all'inizio di luglio. "Il tratto sarà lungo 600 metri - conferma Alfreider - in corrispondenza dei due tornanti che abbiamo iniziato a sistemare dopo la frana dell'inverno scorso. Purtroppo l'intervento per bloccare la frana non si è ancora concluso: il versante da cui è precipitata è ancora a rischio e c'è bisogno di ulteriori lavori che non impediscono di tracciare intanto la ciclabile. L'intervento di bonifica del costone, compresa la pista per i ciclisti, ha costi nell'ordine degli 800 mila euro. Stiamo poi pensando di estendere la corsia per ciclisti a tutta l'arteria da Corvara fino al passo, come annunciato dal presidente Kompatscher". Lo smottamento dell'inverno scorso sta costringendo il Servizio strade della Provincia e il Comune di Corvara a una serie di interventi a monte di Colfosco. Ci sono da sistemare due tornanti a rischio e bisogna spostare due piloni della seggiovia che da Colfosco porta nei pressi del rifugio Jimmy a passo Gardena. Il sindaco di Corvara Robert Rottonara spiega che "è compito del Comune controllare e monitorare lo smottamento. Il movimento franoso, evidenziatosi l'inverno scorso, purtroppo non s'è fermato".Resta, a proposito di passo Gardena, il rischio frane in estate e valanghe in inverno sul versante gardenese. "I tecnici del mio assessorato e quelli idrogeologici hanno perfezionato una serie di sopralluoghi e di rilievi - ha detto Alfreider - e tra poco dovrebbero fornire l'esito del loro lavoro e formulare una proposta di intervento che possa essere realizzata in breve tempo e nel rispetto dell'ambiente". La Provincia ha individuato da tempo una soluzione prevedendo l'allargamento della carreggiata e la sistemazione di muri, banchetti e del guardrail che sono in condizioni critiche. Pare tramontata invece l'ipotesi di spostare più a sud un tratto della strada di circa 500 metri per evitare così il tratto soggetto a caduta di massi in estate e di valanghe nei mesi invernali.A proposito delle strade che portano ai passi, intanto stanno per concludersi sulla strada di passo Sella i lavori di posa dei guardrail per impedire i parcheggi irregolari che tanti problemi e proteste hanno provocato nelle scorse estati.

Alto Adige | 14 giugno 2022 p. 33 Guardrail e fonometri non bastano per salvare i passi dolomitici Massimiliano Bona SELVA In questo momento sul Sella, di nuovo, c'è solo un guardrail - 700 metri di lunghezza per un costo intorno ai 35 mila euro - che dovrebbe frenare i parcheggi selvaggi dei turisti in quota. Poi, questo è vero, sono stati intensificati i controlli su rumori e velocità ma la task force Comuni-Provincia che si occupa di "gestire" l'arrivo di migliaia di auto in estate sui Passi si è trovata una sola volta nel 2022. «Dai turisti - commenta il sindaco di Selva Roland Demetz - ci aspettiamo buon senso ma per adesso mancano anche le tabelle informative sul numero di posti auto disponibili. Andrebbero messe a Selva, in paese, ma anche a Plan de Gralba, dove la sosta per le auto è gratuita, nella speranza che gli ospiti proseguano poi con gli impianti di risalita, in bici o a piedi». La previsione: almeno un mese di caos in quota. Demetz ritiene che la situazione, sul Sella, sarà tutto sommato gestibile, ma per un mesetto almeno tutti i nodi verranno al pettine, sempre che i turisti siano quelli dell'estate 2021, la migliore di sempre in Gardena (1,291 milioni di pernottamenti). «Il periodo più critico è sempre quello compreso tra la fine di luglio, dall'ultima decade, fino al 20 agosto. Un mese in cui, quando splende il sole, si mettono tutti lo zaino in spalla per salire sul Sella o il Gardena». Il problema è che lo zaino, in molti, lo mettono solo nel bagagliaio e non in spalla, se non quando sono in quota. Provincia mobilitata per evitare il parcheggio selvaggio. L'obiettivo prioritario della Provincia è quello di impedire il parcheggio selvaggio che tanti problemi ha causato nelle scorse estati. L'assessore provinciale Daniel Alfreider, a riguardo, è fiducioso. «Un passo alla volta è necessario. La sistemazione del guardrail nei punti più frequentati di Passo Sella impedirà, di fatto, la ricerca spesso affannosa di un posto dove lasciare in sosta l'auto. La polizia locale dei vari Comuni era spesso impegnata a liberare parte della strada da un numero molto elevato di automezzi e questo non era e non è un compito specifico degli agenti. Speriamo di poterlo risolvere con la sistemazione del guardrail che contribuirà anche a rendere più scorrevole la circolazione». Bocciata (per ora) l'idea di chiudere Passo Sella a fasce orarie. Uno dei problemi, vista l'impossibilità oggettiva di chiudere la strada a fasce orarie, è la scarsità di parcheggi in quota: 2-300 a Passo Sella e 350 più in basso, a Plan de Gralba. «Sappiamo bene - continua il sindaco di Selva - che non possiamo obbligare i turisti a lasciare l'auto in garage. A Plan de Gralba i posti sono gratuiti anche per incentivare gli ospiti a non andare oltre con l'auto. Ma sappiamo che non tutti la pensano così. Senza il via libera del Ministero la strada non si può chiudere». Il numero di bus diretti al Passo è già elevato. «Siamo quasi al limite per il tipo di strada», assicura il primo cittadino. Per Selva e Corvara sono state previste già nel 2021 corse aggiuntive con gli autobus, oltre a Citybus interni. Le linee sono state potenziate da giugno a settembre. Il punto d'arrivo: parcheggi prenotabili online. L'obiettivo prioritario di Alfreider e degli altri esponenti del Trentino e del Bellunese, è quello di puntare a una regolamentazione soddisfacente dei flussi di traffico sui Passi dolomitici stilando un piano complessivo della mobilità a cui si sta ancora lavorando. Il piano potrebbe beneficiare dei fondi del Pnrr e prevede la messa a disposizione di alternative al mezzo privato, da attivare prima di introdurre eventuali limitazioni, come un servizio di navette dedicato o il potenziamento dell'intermodalità con il sistema degli impianti a fune. Fra le ipotesi illustrate dall'assessore Alfreider, anche la realizzazione di parcheggi prenotabili digitalmente in modo da informare preventivamente

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chi si mette in viaggio in merito all'affollamento del sito. Questa misura, oltre ad evitare l'eccessivo affollamento sui Passi, potrebbe indirizzare i flussi verso altre località meno congestionate, sempre delle Dolomiti. Nei periodi di punta si oscilla da 6 a 10 mila auto. La Provincia, come riportato dall'Alto Adige, ha installato quattro fonometri sui Passi dolomitici, in modo tale da monitorare anche i rumori, ma la vera sfida per il medio periodo è quella di arrivare a una gestione digitale del traffico. Sui Passi controlli delle forze dell'ordine anche più volte a settimana. Su una cosa, rispetto al recente passato, è stato fatto un oggettivo scatto in avanti: i controlli. «Ci sono almeno due o tre volte a settimana: e chi sgarra paga», assicura il sindaco Roland Demetz. Che fa appello al buon senso per arginare il solito (prevedibile) assalto estivo di auto. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 15 giugno 2022 p. 33 «Iniziamo a chiudere Passo Gardena dalle 10 alle 16» Massimiliano Bona GARDENA/BADIA Madeleine Rohrer, direttrice del Dachverband, ritiene sia tempo di attivarsi con misure concrete, come la chiusura a fasce orarie dei Passi, partendo dal Gardena, che si trova interamente su territorio provinciale. La valli ladine, lo scorso anno, hanno fatto il nuovo record di pernottamenti estivi. Non si poteva fare di più per frenare l'assalto estivo sui Passi? Certamente. Bisogna avere il coraggio di chiudere i passi alle auto private per lo meno per alcune ore al giorno, per esempio dalle 10 alle 16. Per esempio, la strada che porta all'Alpe di Siusi è chiusa al traffico privato dalle 9 fino in tardo pomeriggio e ci si va con la cabinovia oppure con il bus. La Provincia dovrebbe iniziare con un passo, per esempio il Gardena perché è completamente su territorio provinciale. C'è anche da dire, che l'importante traffico di auto private è dovuto alla grande pubblicità per l'intera che è Patrimonio mondiale Unesco. Un contingentamento dei mezzi che salgono in quota potrebbe essere la soluzione giusta? Io sono per la chiusura temporanea. Il contingentamento risolve poco perché nascerebbero discussioni infinite sulla quantità di macchine ammesse ed è molto probabile che il numero sarebbe piuttosto alto. Basta vedere la discussione sul piano provinciale del turismo in cui sono sempre i numeri record dei pernottamenti che vengono usati come metro di misura. Il nostro obiettivo è quello di portare tranquillità e silenzio sui Passi e questo é possibile solo se chiudiamo alcune ore del giorno per il traffico privato. E un pedaggio? È un'ottima misura per incassare soldi ma è una pessima misura per ridurre il traffico. Per salire ai parcheggi ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo nei pressi del Rifugio Auronzo c'è da pagare 30 euro di pedaggio per una auto. Si formano lunghissime code, perché anche se c'è il pedaggio, le persone vanno comunque in macchina. Un altro buon esempio è la strada del passo Rombo dove il traffico è sensibilmente aumentato da quando è stato introdotto il pedaggio. L'attrattività viene aumentata nel momento in cui si paga e questo comporta un aumento del traffico. Da almeno 20 anni si parla di chiusure a fasce orarie a titolo sperimentale. Manca la volontà di farlo davvero? A quanto pare è proprio così ed è un comportamento piuttosto incomprensibile visto che è sempre più diffuso un atteggiamento critico nel confronto del traffico sui passi dolomitici. Pare che sia un problema diffuso nella nostra provincia poiché anche il passo dello Stelvio sta per essere valorizzato come strada alpina di alta quota invece di pensare a misure di riduzione del traffico. Albergatori e ristoratori ritengono che chiudere sia un errore. Come potrebbero essere coinvolti gli esercenti in questo processo? Sono contrari soprattutto gli esercizi turistici situati lungo le strade dei Passi. Penso che con questi si debba sviluppare un progetto perché sono convinta che sul lungo periodo possano essere i veri vincitori di un progetto ecologico lungo i passi dolomitici. Come ogni zona pedonale inizialmente c'è una grossa opposizione degli operatori economici interessati dalla pedonalizzazione, oggi questi sarebbero i primi a salire sulle barricate se si volesse aprire la zona pedonali al traffico delle auto. Siamo talmente indietro che a Selva mancano le insegne luminosi sui parcheggi disponibili a Passo Sella...A riguardo ne sono poco. Non è riduttivo affermare, come fanno molti, che il problema dell'intasamento delle strade di montagna (6-10 mila veicoli) riguarda solo luglio e agosto? È senz'altro vero che le punte di maggior traffico si riscontrano nei mesi di alta stagione estiva. Tuttavia, con la crescente popolarità legata al marchio Unesco anche negli altri mesi dell'anno il traffico sta sensibilmente aumentando. Il tutto per raggiungere i siti famosi per fare le foto. Motociclisti e automobilisti che viaggiano in giornata su tutti i passi dolomitici per fare un selfie senza passare neanche per bar, ristoranti e alberghi: sono questi gli ospiti che vogliamo? Non è un caso che siano sempre più frequenti le voci che chiedono l'abolizione del riconoscimento Unesco perché sta creando un impatto ambientale quantomai gravoso. Potrebbe essere utile proporre le varie carte di mobilità (con i bus e gli impianti di risalita) a prezzi scontati? La recente introduzione in Germania di un biglietto mensile a 9 euro per tutto il trasporto pubblico in tutto il paese sta avendo un successo inaspettato. Sottolineo che il facile accesso ai sistemi di trasporto pubblico li rende molto più attrattivi per cui ritengo che ogni semplificazione sia benvenuta. In Val Gardena c'è chi è a favore della chiusura dei Passi a fasce orarie, in Badia frenano (quasi) tutti. Perché? Il motivo principale è che l'Alta Val Badia viene raggiunta soprattutto passando dal passo Gardena evitando di passare in val Pusteria cronicamente intasata - per cui i badioti temono di essere penalizzati. In realtà sono sicura che una chiusura a fasce orarie sarebbe senz'altro gestibile senza particolari problemi anche per gli abitanti e i turisti della Val Badia. C'è chi parla di "Overtourism" in quota. Qual è la soluzione per tutelare l'ambiente senza penalizzare gli esercenti? La percezione dell'overtourism è molto spesso legata al troppo traffico che a sua volta è ovviamente legato alla quantità di turisti che visitano la nostra

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provincia. A mio avviso il turismo deve avere 2 obiettivi forti: non dobbiamo aumentare i posti letto ma forse è ancora più importante aumentare la permanenza media dei turisti. Oggi è pari a 4,4 giorni per turista ed è diminuita del 31% negli ultimi 30 anni. Il piano del turismo provinciale dovrebbe prevedere di aumentare ad almeno 7 giorni la permanenza media entro il 2030. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 15 giugno 2022 p. 33 L'appello ad Alfreider di nove associazioni ambientaliste DAL CAI ALL'AVS Anche quest'anno le associazioni ambientaliste della provincia di Bolzano hanno chiesto formalmente all'assessore provinciale alla mobilità, Daniel Alfreider, azioni concrete per ridurre il traffico sulle strade dei passi delle Dolomiti per l'estate del 2022. La richiesta è avvenuta nel corso di un incontro con l'esponente dell'esecutivo provinciale. Erano presenti i rappresentanti delle associazioni ambientaliste Avs, Cai, Lia da Mont, Federazione protezionisti sudtirolesi, Heimatpflegeverband, Mountain wilderness, Wwf, Lia per natura y usanzes, Italia Nostra e Nosc Cunfin. Le associazioni hanno chiesto una riduzione del traffico sui passi dolomitici, il potenziamento del trasporto pubblico e controlli severi sui transiti. Sul potenziamento del trasporto pubblico è stato fatto oggettivamente molto sia da Corvara che da Selva - sia a livello di bus che di impianti di risalita (i prezzi sono ancora troppo cari secondo molti ospiti e residenti)- così come sono stati aumentati in modo significativo i controlli. Il vero tallone d'achille era e resta la riduzione del traffico di moto e auto. Da parte sua l'assessore Daniel Alfreider ha presentato una proposta per trasformare le Dolomiti in una zona a emissioni ridotte, assumendosi l'impegno di intensificare i controlli sulla velocità e sul rumore sulle strade dei passi, con una specifica campagna di sensibilizzazione in Italia e all'estero. Un impegno lodevole ma che dalla seconda metà di luglio al 20 agosto rischia di essere davvero troppo poco per risolvere davvero il problema. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

COLLEGAMENTO SELLA RONDA – MARMOLADA Corriere delle Alpi | 10 giugno 2022 p. 29 Il Sella Ronda "sposa" la Marmolada ad unirli sarà una nuova cabinovia ROCCA PIETORE Il SellaRonda si prolunga fino alla Marmolada. Semplicemente affascinante: dalla Val Gardena o dalla Val Badia, fino ai 3 mila metri di Punta Rocca, attraverso il Padon. È tutto pronto. Manca solo l'ultimo chilometro, per il quale è atteso il benestare della società Marmolada: la pista per malga Ciapela deve infatti attraversare sue proprietà. Non appena arriverà l'autorizzazione, si partirà.Il via libera, infatti, è stato dato lo scorso 31 maggio, durante la conferenza dei servizi in Provincia, a Belluno; in quella sede non sono state rilevate criticità al nulla osta per la costruzione della cabinovia "Malga Ciapela - Capanna Bill". I dettagli da chiarire riguardano solo le piste di raccordo con la società Marmolada srl, proprietaria dell'omonima funivia che permette di raggiungere la cima più alta delle Dolomiti.«Problematica che ci si augura tuttavia di risolvere in tempi molto brevi, considerata la disponibilità delle parti coinvolte nel condurre a buon fine questo importante intervento che risulta fondamentale per l'intera comunità di Rocca Pietore», si afferma da parte della società Funivie Arabba che investe nell'opera non bruscolini, ma 10 milioni di euro. Da anni nell'aria, soltanto nel 2019 - con l'arrivo di Funivie Arabba in posizione di controllo della società Padon Marmolada srl - l'intervento si è finalmente concretizzato grazie alla collaborazione dell'Amministrazione di Rocca Pietore, della Provincia e della Regione, che ha stanziato un importante contributo per la realizzazione dell'opera. Si tratta infatti di una moderna cabinovia ad ammorsamento automatico con veicoli da 10 posti che Funivie Arabba è disposta a finanziare sia per dare alla zona un accesso più veloce al giro del Sella, ma soprattutto per favorire il rilancio di un territorio già provato negli anni e segnato definitivamente dalla tempesta Vaia del 2018.«Non è stato facile raggiungere questo primo obiettivo ed anche se al momento non siamo ancora al traguardo finale, sono certo ci arriveremo a breve», dichiara soddisfatto del lavoro svolto finora Diego De Battista, presidente di Funivie Arabba, «stiamo lavorando e investendo molte risorse ed energie per poter iniziare i lavori il prima possibile, in quanto crediamo molto nella realizzazione di questo nuovo impianto sia per

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l'economicità generale di Funivie Arabba e sia per la ricaduta positiva che avrà sull'intera zona. Abbiamo sempre dimostrato che la nostra visione mette al primo posto lo sviluppo del territorio e questa cabinovia, assieme agli investimenti che il Comune di Rocca Pietore sta attuando all'interno del progetto Marmolada Unesco, sarà una bella boccata d'aria. Rimane ancora aperta la questione sulla disponibilità della società Marmolada srl a consentire la realizzazione della pista di raccordo prima della stagione invernale 2023/2024 senza ritardare l'avvio dei lavori; ma, come detto, ritengo si tratti soltanto di una questione di giorni per trovare la quadra. Del resto, questo investimento - seppur sostenuto esclusivamente da Funivie Arabba al netto dei contributi pubblici - è nell'interesse di tutta la comunità, ed anche di Funivia Marmolada».L'opera è molto attesa da tutta la popolazione della Val Pettorina, e in particolare dagli operatori turistici, come attesta Lucia Farenzena, presidente del Consorzio Turistico Marmolada Val Pettorina. «Non saranno dettagli di poco conto a ritardare un progetto che appartiene ai nostri sogni di sviluppo». --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

COLLEGAMENTO CORTINA – ARABBA Gazzettino | 17 giugno 2022 p. 11, edizione Belluno «Impianti Cortina-Arabba: i sindaci devono esprimersi» SELVA DI CADORE Leopoldo Lezuo consigliere di minoranza di Selva di Cadore interviene stizzito sulla manifestazione organizzata dagli ambientalisti al passo Giau contro il progetto di collegamento sciistico Cortina-Arabba (attraverso il passo Giau e l'area del castello di Andraz) che include anche il collegamento tra il comprensorio alleghese del Civetta e il passo Giau. Un progetto che fino a poco tempo fa sembrava inserito nel libro dei sogni e che ora ha agganciato le Olimpiadi 2026 di Cortina, con la Regione Veneto che ha già commissionato un progetto. Lezue striglia i sindaci, chiedendo loro di prendere una posizione su un tema così importante. GLI AMBIENTALISTI «Mi sono recato il giorno della manifestazione al passo Giau - spiega Lezuo - e mi sono permesso di chiedere chi rappresentassero questi signori, peraltro presenti in pochi, una trentina di persone. Non entro nel merito delle opere strettamente legate ai Giochi olimpici del 2026 ma mi limito a considerare la zona del passo Giau e l'opera di collegamento tra Arabba e Cortina che non significa certo creare nuovi centri sciistici, come proclamano le associazioni ambientaliste, ma delle sinergie per migliorare l'offerta già esistente, e soprattutto per dare al passo Giau quello che si aspetta da almeno trent'anni. Ricordo - continua il consigliere - che alla metà degli anni novanta è stato creato il giro della Grande Guerra apprezzato dagli utenti, con collegamenti a mezzo bus, nella zona di Pocol e passo Falzarego, ora mancherebbe appunto il passo Giau per completare il collegamento». «QUI SERVE SVILUPPO» «Mi chiedo - prosegue Lezuo - dove sono gli amministratori, i sindaci dei Comuni interessati a fronte di queste manifestazioni; sono loro il riferimento politico a livello locale. Ma, a quanto pare, c'è solo il governatore Zaia che ha più volte ribadito la necessità e la volontà di portare avanti questo progetto». Lezuo ritiene necessario un confronto su questi temi, perché in ballo c'è lo sviluppo dell'area grazie al quale evitare lo spopolamento delle terre alte. «Si continua a parlare dello spopolamento delle terre alte - afferma il consigliere -, ma se continuiamo a comportarci in questo modo che ne sarà delle future generazioni? Serve creare occupazione per mantenere la gente sul territorio, altrimenti il calo non si fermerà. Credo sia arrivato il momento di fare delle scelte indipendentemente dagli egoismi che continuano a manifestare i nostri vicini di casa dell'Alto Adige: dove sono le relazioni tra le vallate ladine quando si parla di economia? Perché va bene rispettare cultura e tradizioni, ma non solo di questo di si vive. Inoltre la Provincia di Belluno è completamente assente alle esigenze delle terre alte; sarebbe opportuno che si esprimesse a tal proposito così come gli altri enti rappresentativi del territorio come le Unioni montane. In buona sostanza la politica dov'è in queste occasioni? Mi auguro solamente di sentire quantomeno il pensiero dei sindaci a tal proposito». Dario Fontanive © riproduzione riservata

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OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI Corriere delle Alpi | 5 giugno 2022 p. 28 Rifacimento della pista da bob giovedì la conferenza di servizi Francesco Dal Mas CORTINA Avanti, senza indugi, sulla pista di bob. Così il sindaco Gianpietro Ghedina che annuncia per il 9 giugno la prima conferenza di servizi relativamente al progetto predisposto. Non solo: anticipa che ha tutti gli elementi per assicurare che la bonifica del vecchio, storico sito, ormai abbandonato, verrà realizzata dal prossimo autunno, in modo da partire con i lavori del nuovo impianto nella primavera del 2023. Proprio l'impianto per il bob, lo skeleton e lo slittino sarà il tiro al bersaglio delle organizzazioni ambientaliste che oggi saliranno al Passo Giau; a piedi dal Falzarego. La manifestazione rilancerà il tema delle autorizzazioni che ancora mancherebbero, sia la Via che la Vas. O meglio, le procedure non sarebbero state perfezionate. «Non ne so assolutamente nulla. Mi è stato assicurato da tutte le componenti in campo», assicura Ghedina, «che si procedecon la massima attenzione al rispetto delle norme sia procedurali che relative alla compatibilità ambientale e sociale. So, però, che il 9 arriverà la sospirata conferenza dei servizi». E dopo? «E dopo si parte. Col forcing di lavori dalla fine dell'estate. In autunno ripuliremo l'area di quanto resta della vecchia struttura».Secondo Ghedina i tempi ci saranno per terminare l'opera entro la fine del 2024 o l'inizio del 2025 quando di fatto si terranno le prove pre-olimpiche. Per Ghedina «la pista di bob è l'opera simbolo dei Giochi 2026 a Cortina e il progetto prevede un impianto puntualmente compatibile con il contesto ambientale. Nessuna, davvero nessuna distorsione, anzi una ricomposizione del sito», afferma il sindaco che si dice sicuro anche della gestione post olimpica della struttura, rispetto ai tanti dubbi che ancora vengono manifestati. Questa mattina l'appuntamento per gli ambientalisti è alle 9 ai parcheggi di passo Falzarego, alle 12 al passo Giau per gli interventi di contestazione. Tra le firme della protesta ci sono il Wwf, Italia Nostra, Mountain Wildernes, ecoistituto, Peraltrestrade, Comitato Parco centro Cadore. Si diceva della Valutazione ambientale strategica (Vas): sarà questo il tema centrale oggi della protesta. «Il tema principale per queste Olimpiadi è che causa dei ritardi dell'avvio delle progettazioni di fattibilità delle diverse opere (oltre due anni), si sta spezzettando l'evento in una lunga serie di strutture, tenendole fra loro scollegate», spiega Luigi Casanova, storico ambientalisti di Mw. «Grazie al commissariamento e all'urgenza si è evitata la Vas, obbligatoria per il rispetto verso normative europee e italiane. Su questo tema, prima i comitati locali delle varie vallate, e poi le associazioni ambientaliste nazionali, sono stati chiari verso la Fondazione Milano Cortina 2026. Ad oggi è assente perfino il profilo minimo dell'informazione, non si riesce ad avere visione dei progetti, immaginiamoci come risulti possibile a questo circo di alti poteri chiedere trasparenza, partecipazione diretta, condivisione delle scelte». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 6 giugno 2022 p. 14 Ambientalisti: «Stop al cemento per le Olimpiadi» Bolzano Più di cento ambientalisti di Alto Adige, Veneto e Trentino si sono trovati ieri a Passo Giau, al confine fra Veneto e Trentino, per sollecitare gli organizzatori delle Olimpiadi invernali di Milano Cortina del 2026, i politici a livello locale e nazionale, i Ministeri competenti, le Amministrazioni locali e Regionali e alla Fondazione Milano-Cortina 2026, a rispettare gli impegni assunti dal Comitato Olimpico Internazionale con la comunità sportiva internazionale nella Olympic Agenda 2020: impegni che possono riassumersi in una reale sostenibilità e nel rispetto dell'ambiente e dei paesaggi. Ma la realtà parla di una previsione di spesa per nuove strutture che ha superato una previsione di spesa di 3 miliardi di euro.C'erano tutte le associazioni altoatesine compresi il Cai, l'Alpenverein, il comitato ambientalisti della Pusteria e tutte le altre associazioni come Peraltrestrade Dolomiti (che ha organizzato la manifestazione), Italia Nostra Consiglio Regionale del Veneto, Italia Nostra del Trentino, Italia Nostra sezione di Sondrio, Wwf Terre del Piave Belluno e Treviso, Mountain Wilderness Italia, Libera Veneto, Gruppo promotore Parco del Cadore, Ecoistituto del Veneto "Alex Langer". Hanno camminato un paio di ore prima di ritrovarsi assieme al passo. Sono stati esposti diversi striscioni per rimarcare come i vari impegni presi siano stati disattesi a cominciare dall' attivazione della Vas nazionale (Valutazione Ambientale Strategica), obbligatoria per legge, che doveva riguardare tutte le opere nel loro insieme e non spezzettate in tante deboli Vas regionali; è stata disattesa ogni riga del programma ambientale del Dossier olimpico investendo invece in pista da bob, di skeleton e di slittino a Cortina, il palazzo del

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pattinaggo a Baselga di Pinè, il villaggio olimpico di Cortina senza contare i miliardi programmati per le infrastrutture stradali soprattutto in Pusteria. Secondo gli ambientalisti oltre a questo, si sta approfittando dell'evento olimpico per imporre alle montagne, in modo particolare alle Dolomiti, opere insostenibili: il grande albergo di lusso di Passo Giau, 40 mila metri cubi; i due villaggi di lusso a Cortina e Auronzo; gli improponibili ed inaccettabili collegamenti sciistici da Cortina verso la Badia, ad Arabba e nell'area sciistica del Civetta. E.D.

Corriere delle Alpi | 6 giugno 2022 p. 19 «Basta colate di cemento sulle Dolomiti bellunesi» la protesta ambientalista contro i nuovi impianti Il sit-in"Basta impianti" Uno striscione lungo 13 metri e largo tre doveva essere calato da Cima Gallina, in faccia al passo Giau. Fin lassù sono salite, arrampicando, delle guide alpine. Ma in cima soffiava un vento molto forte e in parete c'erano numerose cordate. Gli ambientalisti arrampicatori hanno quindi rinunciato a lasciar cadere quel loro messaggio sulla roccia. Centocinquanta quelli che si sono ritrovati al passo Giau, la gran parte saliti a piedi dal Falzarego. Più di due ore e mezza di camminata ai piedi del Nuvolau e dell'Averau. Arrivavano non solo da Cortina e dal Cadore, ma da tutto il Veneto. E poi da Trento, dall'Alto Adige, da Milano, dalla Valtellina, perfino dai paesi dello Stelvio. Tutti amalgamati da un rotondo no alle Olimpiadi: non pregiudizialmente, ma per i costi. E soprattutto per le opere che a loro avviso sono inutili. E che costituiscono un abuso all'ambiente. Sui prati di passo Giau, davanti alla chiesetta degli alpini, il sit in di mezzogiorno. Ben schierati gli striscioni ed i manifesti: «Ancora cemento sulle Dolomiti. Non nel mio nome» proclamava il più grande di tutti. Ben 18 gli intervenuti nelle riflessioni a voce alta. Se rotondo è stato il no agli impianti olimpici che produrranno soltanto bilanci in rosso («solo 37 gli atleti nazionali del bob e dello slittino; è giustificabile una pista come quella, al posto della Eugenio Monti?»), altrettanto netta la contrarietà alla costruzione di mega alberghi e villaggi turistici sul Giau, a Cortina e ad Auronzo. Quanto ai collegamenti sciistici da Cortina al Civetta e da Cortina alla Val Badia, è stato facile per i delegati delle associazioni dimostrare l'impatto che si creerebbe in un ambiente di rarissima bellezza. Accanto a Italia Nostra, Wwf, Mountain Wilderness, Peraltrestrade, Comitato Parco del Cadore, Ecoistituto, non mancava neppure il Cai, ma quello dell'Alto Adige. Ed erano presenti i Comitati della Val Pusteria, della Val di Fiemme, oltre che quelli lombardi. «Dopo l'estate», anticipa Giancarlo Gazzola di MW, «scatterà una campagna d'autunno, in tutti i siti olimpici, per dimostrare come non sia siano rispettati gli impegni assunti nello stesso dossier olimpico». La pista di bob, ad esempio, potrebbe venire a costare - si è detto - ben più dei 60 milioni ipotizzati in un primo momento. La Provincia di Trento ha raddoppiato il budget per l'impiantistica, da 30 a 110 milioni. Altrettanto avrebbe fatto la Provincia di Bolzano per l'impianto del biathlon ad Anterselva. «Senza contare che saranno le stesse Province di Trento e Bolzano», hanno contestato gli ambientalisti presenti, «a garantire il supporto economico del centro federale del bob e dello slittino a Cortina d'Ampezzo». Era presente anche la candidata sindaco Zanne di Cortina. Durissima la critica al numero esorbitante di motociclisti che sui tornanti del Giau schizzavano come in un circuito, producendo tra l'altro un rumore addirittura infernale: «Bisognerebbe chiuderli, questi nostri passi dolomitici - si è detto - o per lo meno mettere in campo la polizia locale, dotata dell'attrezzatura apposita, perché l'inquinamento acustico sta diventando davvero insopportabile». --FDM© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 6 giugno 2022 p. 19 L’Europa accende i fari sulle opere olimpiche PASSO GIAU Ieri, sul passo Giau, la prima protesta contro le Olimpiadi, per come non è stata gestita la sostenibilità. E la loro compatibilità ambientale e sociale. Dall'autunno prossimo una "campagna", sito per sito. L'annuncio è stato dato ieri, alla presenza di 150 rappresentanti di una quindicina di associazioni venete, lombarde, trentine e sudtirolesi. Con una novità che potrebbe essere di notevole impatto. «La Commissione europea per le Infrastrutture ha accolto il ricorso del Gruppo giuridico per l'ambiente contro la gestione della Vas e della Via per gli impianti olimpici - ha detto Luigi Casanova, a nome degli organizzatori della manifestazione di ieri -. L'atto della Commissione non è, va precisato, l'avvio della procedura di infrazione verso l'Italia. Noi ce lo auguriamo. Per il momento è l'atto che avvia una ricognizione sulla sussistenza di quelle denunce di mancato rispetto della Vas e della Via che noi abbiamo presentato al Gruppo giuridico; che questo ha analizzato e che ha deciso di recapitare a Bruxelles». Il ricorso del Gruppo Giuridico è dell'aprile scorso, mentre in marzo si erano fatti avanti gli ambientalisti: di Italia Nostra, Mountain Wilderness, Peraltrestrade, Comitato per il Parco del Cadore, ed altri ancora. È recente, in questo senso, la missiva inoltrata dagli stessi gruppi a Thomas Bach, presidente del Cio. Dopo

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aver descritto le loro perplessità intorno a vari aspetti della proposta olimpica, i gruppi hanno così specificato: «Le perplessità maggiori si incentrano sugli aspetti ambientali: le Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) e la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) nazionale (di tutto il piano delle opere e degli interventi essenziali, connessi e di contesto, funzionali alla realizzazione dei Giochi), previste dalle norme e inserite nel Dossier fra le disposizioni da attuarsi, sono in forse o saranno parcellizzate così da depotenziare la loro efficacia; in forse anche l'attuazione di uno strumento ancor più importante, indicato anch'esso nel Dossier al paragrafo 58, lo Strainm, il bilancio del valore ecologico». In compenso - aggiungevano le associazioni - abbondano dichiarazioni di buona volontà, fino ad ora disattese, dichiarazioni che riguardano l'adozione di standard ambientali, il coinvolgimento degli stakeholders nelle fasi di progettazione, costruzione, realizzazione e ripristino delle opere, le relazioni ambientali con aspetti importanti da monitorare, lo sviluppo sostenibile, la tutela ambientale... «tutte azioni ancora non definite e tantomeno attuate».Di sicuro vi sono solo le importanti determinazioni, anche governative, che, in accompagnamento e con la scusa delle Olimpiadi (Decreto Ministero Infrastrutture e Trasporti 7/12/20), prevedono un lungo elenco di opere, dall'alta velocità alle autostrade agli aeroporti, che andranno a interessare un vasto territorio già ampiamente compromesso e che si aggiungono al Masterplan di Cortina 2026 presentato alla popolazione solo lo scorso 19 aprile. «Non sono state fatte una Vas e una Via complessiva, ma - ha spiegato Casanova - si è proceduto con le valutazioni, impianto per impianto. Nulla di più sbagliato». Raccolta tutta la documentazione, le organizzazioni ambientaliste hanno consegnato il dossier ai Giuristi per l'ambiente. Costoro hanno esaminato i contenuti, trovando il motivo di procedere con Bruxelles. «Il ricorso è stato ritenuto degno di approfondimento da parte della Commissione. Adesso siamo in attesa degli esiti» conclude Casanova. --fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 9 giugno 2022 p. 12 In discussione la legge che faciliterà i lavori previsti da Pnrr, Pnc e Olimpiadi daniele benfanti Una giornata ricca di interruzioni e richieste di sospensione, quella di ieri in Consiglio provinciale. Tanto che, dopo un ulteriore chiarimento tra Spinelli e le minoranze, alla fine si è deciso di riprendere il dibattito questa mattina alle 10.Al centro della discussione il disegno di legge 141, presentato dall'assessore tecnico Achille Spinelli, che interviene a modificare la legge 13 del 1997 in tema di procedure di approvazione dei progetti che riguardano opere pubbliche. Un percorso «privilegiato» per favorire le opere del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e del Pnc (Piano nazionale investimenti complementari) e soprattutto per le infrastrutture funzionali alle Olimpiadi invernali del 2026 che vedranno coinvolte anche tre località trentine: Baselga di Pinè, Tesero, Predazzo (con il villaggio olimpico presso la caserma della Guardia di Finanza). Il ddl pensato dalla giunta Fugatti prevede meno burocrazia, tempi più brevi, adempimenti più leggeri: si va dai tempi degli espropri alla valutazione ambientale, al partenariato pubblico-privato. Insomma, strumenti di azione più flessibili anche per adeguarsi meglio e più in fretta alle varianti e all' aumento dei costi delle opere. Sulla carta tutti d'accordo che snellire e sburocratizzare siano obiettivi condivisibili, ma le minoranze non hanno fatto sconti alla maggioranza, evidenziando criticità e perplessità. La disamina più articolata, ieri, è stata quella di Alessio Manica del Partito democratico: «Questo ddl è quasi un omnibus - ha detto il consigliere Pd - poiché norma la gestione del territorio, gli espropri, la valutazione di impatto ambientale, le sanzioni, gli oneri edilizi, il prezziario Pat. In questo modo passa il messaggio che si tratti di norme per il Pnrr e le Olimpiadi invernali, ma mi sembra evidente che questo dispositivo di legge non lavori solamente sullo "straordinario"». Le maggiori criticità, per Manica, riguardano decisioni calate dall'alto e una rapidità che va a scapito della partecipazione, con eccessiva delega alla conferenza dei servizi e in deroga ai prg. Anche il consiglio provinciale, per Manica, verrebbe esautorato del suo ruolo di agorà di discussione per opere strategiche. Manica ha evidenziato i tempi spesso troppo brevi di analisi dei testi: «Tre-quattro giorni sono pochi e ridicoli per temi così delicati». «Il Pnrr - ha osservato la consigliera dei Verdi, Lucia Coppola - non deve diventare motivo di superficialità e disattenzione. Per le opere delle Olimpiadi, ad esempio, serve una valutazione ambientale strategica». «A un primo approccio - ha rilevato Ugo Rossi (Misto-Azione) - sarei favorevole a questo ddl, ma mi pare che progetti lenti o fermi non manchino, in Trentino, e per altri motivi». Rossi ha elencato lo svincolo di Trento Nord, la circonvallazione di Cles, l'Ospedale di Cavalese. «Un ddl illusorio» l'ha definito Rossi, che ha ironizzato su come, grazie alla decisa volontà politica, in pochi mesi sia stata realizzata la Music Arena di San Vincenzo che ha ospitato Vasco: «È un ddl che fa diventare tutto ordinario o tutto strategico». Alex Marini (Movimento 5 stelle) ha bocciato senza appello il ddl 141: «Prevede ancora consumo di suolo, quando solo pochi giorni fa l'Osservatorio sul paesaggio nel suo rapporto ha lanciato l'allarme per l'eccesso di suolo consumato in Trentino». Anche Lorenzo Ossanna (voce spesso autonoma del Patt) fa un distinguo: tocca progetti che hanno bisogno di più partecipazione. Per quelli legati al Pnrr e alle Olimpiadi mi sembra necessaria un'accelerazione. «Un ddl che nasce bene ma incontra qualche ostacolo» per Ivano Iob (Misto, ex-Lega). «Il confronto con le minoranze - precisa Spinelli - ha permesso diversi chiarimenti soprattutto su alcuni passaggi obiettivamente molto tecnici e complessi. Stiamo cercando di arrivare alla condivisione di alcuni ordini del giorno ed emendamenti».

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Corriere delle Alpi | 9 giugno 2022 p. 31 Arrivate le bandiere delle Olimpiadi 2026 Zaia: Giochi, un investimento per il futuro Alessandra Segafreddo CORTINA Sono arrivate a Cortina ieri sera le bandiere olimpica e paralimpica per i Giochi Milano Cortina 2026. Le due bandiere verranno esposte nell'atrio del municipio in due teche di vetro bordate di legno, autorizzate dal Cio. Analoghe bandiere "gemelle" sono a Milano. Il sindaco Gianpietro Ghedina le ha ricevute ieri mattina a Roma, dove nella sala della Farnesina, intitolata al giornalista David Sassoli, si è svolto l'evento "Olimpiadi e Paralimpiadi invernali Milano Cortina 2026. La diplomazia dello sport di fronte alle sfide globali". In una cornice di alto livello istituzionale, sono stati presentati i prossimi Giochi 2026 al Corpo diplomatico accreditato in Italia e a un selezionato numero di imprese italiane, a personalità sportive italiane di primo piano ed esponenti di spicco di altri settori di eccellenza del Made in Italy. La cerimonia è stata aperta dal segretario generale del ministero degli Esteri Ettore Francesco Sequi, e dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. «Il linguaggio universale dello sport», ha dichiaro Di Maio, «è un potente veicolo di dialogo e di inclusione sociale, strumento di diplomazia per la pace tra i popoli che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 delle Nazioni unite. Lo sport è anche uno strumento straordinario di promozione del turismo e delle eccellenze del Made in Italy, sul quale la Farnesina è da tempo impegnata con la realizzazione di progetti e formati innovativi di promozione integrata». «La scommessa che abbiamo vinto nel 2019 contro tutte le previsioni», ha ricordato Giovanni Malagò, presidente della Fondazione Milano Cortina 2026 e del Coni, «frutto anche della grande capacità di fare squadra, che è stata fondamentale, ci obbliga a fare tutto molto bene, ad organizzare i migliori Giochi di sempre. Questo sia perché dopo tante edizioni le Olimpiadi invernali torneranno in Europa, la loro culla, sia perché il nostro messaggio darà al Cio l'opportunità di aprire nuove strade. Noi abbiamo aperto una strada, la nostra è una "case history", facendo di necessità virtù e valorizzando sugli aspetti su cui eravamo già forti e conosciuti. La scommessa che abbiamo davanti si vince in due modi: rispettando l'impegno preso di lasciar la giusta legacy da questo grande evento e sfruttando e aumentando il prestigio del Paese».«Da oggi le Olimpiadi invernali entrano nel vivo», ha aggiunto il presidente della Regione, Luca Zaia, «abbiamo creato una bella squadra, la mia idea sta prendendo forma, e ora è il momento di far conoscere a tutto il mondo il nostro progetto. Faccio un appello al ministro Di Maio, che sono sicuro raccoglierà, visto il suo network: in tutte le ambasciate e in tutti gli eventi internazionali ci deve essere il brand dei Giochi. Se riusciamo a farlo, e non ho dubbi che non ce la faremo, quei 3 miliardi di persone che guarderanno Milano-Cortina 2026 saranno ancora più attenti alle nostre comunità. Perché noi stiamo investendo non solo per le Olimpiadi ma per quello che lasceranno in eredità».Le campionesse Deborah Compagnoni e Bebe Vio hanno poi introdotto in sala le bandiere sulle note dell'Inno di Mameli. Le bandiere originali saranno conservate a Roma nella sede del Coni, le copie vanno invece alle due municipalità di Cortina e Milano. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

CRISI IDRICA Corriere delle Alpi | 3 giugno 2022 p. 19 Poca pioggia anche a maggio «In estate razionamenti idrici» Francesco Dal Mas BELLUNO Poca acqua. Anzi pochissima. Lo confermano gli ultimi dati dell'Arpa. I nevai si sono tutti sciolti. E gli ultimi 70 centimetri di neve sul ghiacciaio della Marmolada si stanno esaurendo. Le conseguenze? Le sorgenti non si stanno spegnendo ma buttano assai di meno: ecco perché la società Gsp ha sollecitato nei giorni scorsi i Comuni di Lamon, Sovramonte, Fonzaso e Arsiè di emanare un'ordinanza per invitare i concittadini ad un utilizzo "più parsimonioso" dell'acqua del rubinetto, in considerazione - si spiega - di un abbassamento delle sorgenti e dell'accumulo nei serbatoi comunali.Si arriverà a un razionamento della risorsa idrica? «Non è da escluderlo», risponde Camillo De Pellegrin, presidente del Consiglio di bacino, «anche se speriamo che nelle prossime settimane finalmente piova abbondantemente, ben oltre i livelli delle precipitazioni ultime. Gli esperti prevedono che, se dovesse continuare l'attuale trend, le

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prime operazioni di razionamento potrebbero rendersi necessarie tra luglio ed agosto».Nei prossimi giorni la Protezione Civile terrà un consulto per capire dai meteorologi dell'Arpav quali possono essere queste previsioni. «Proprio nelle prossime ore», anticipa l'assessore regionale alla protezione civile Gianpaolo Bottacin, «è atteso un peggioramento delle condizioni del tempo sul Veneto». Tanto che, alla luce delle previsioni meteo, il Centro Funzionale Decentrato della Protezione Civile ha dichiarato lo stato di attenzione (allerta gialla) per criticità idrogeologica riferita allo scenario per temporali forti, valevole dalle ore 12 di oggi fino alla mezzanotte di domani. alla mezzanotte di sabato 4 giugno. Dalla tarda mattinata di oggi ci è la probabilità di rovesci e temporali sparsi, specie sulle Dolomiti, con rischio più basso sulle Prealpi. Non si escludono fenomeni intensi e grandinigeni.Ma di precipitazioni ne devono arrivare in quantità estesa per riequilibrare il disequilibrio. «Il mese di maggio è risultato più caldo e meno piovoso del normale», afferma Bruno Renon, che ha redatto il bollettino mensile dell'Arpav. «L'ultimo mese della primavera meteorologica è, assieme a giugno, il più instabile dell'anno e anche stavolta ha mantenuto le promesse, con ben 25 giornate caratterizzate da tempo variabile/instabile (sette più del consueto), con soli cinque giorni di bel tempo». Ecco, però, l'anomalia: «Le precipitazioni totali mensili sono state inferiori alle medie, con un solo giorno di prevalente maltempo. In pratica è piovuto spesso, ma quasi mai in maniera abbondante, sintomo che non sono mai transitate perturbazioni di una certa consistenza». «Si sono avuti, in sintesi, alcuni periodi di instabilità, anche prolungati, intervallati da qualche breve fase di tempo soleggiato», specifica Renon. «Le temperature medie mensili sono risultate in genere 2°C superiori alla norma, con una prima decade normale e le due successive decisamente calde, che hanno mostrato i primi valori termici tipicamente estivi. Un sensibile calo termico si è verificato a fine mese. Lo zero termico è variato fra un minimo di 2110 m il giorno 2 ed un massimo di 4000 m il giorno 21».La temperatura media nel capoluogo Belluno da inizio anno è quasi nella norma (scarto +0.3°C). Le precipitazioni totali mensili sono state ovunque inferiori alla norma, anche sensibilmente su Prealpi, basso Agordino e centro Cadore, dove è piovuto circa la metà del consueto. Altrove lo scarto negativo è risultato fra il 25 ed il 40%. La frequenza delle precipitazioni, però, è stata normale o addirittura più elevata di quella media pluriennale, con 12-18 giorni piovosi, a seconda delle zone, a fronte dei 12-14 ritenuti normali. Il bilancio pluviometrico da inizio anno mantiene un deficit consistente sulle zone centro meridionali della provincia, con scarti fra -40 e -60%. L'anomalia risulta inferiore sulle zone settentrionali, con scarti che vanno dal 18% (Arabba) al -38% ad Auronzo. Il problema che viene monitorato con maggiore preoccupazione nella sede Arpav di Arabba è che le temperature alte delle scorse settimane hanno sciolto anche gli ultimi scampoli di neve e che quella caduta ai primi di maggio (ben 70 cm, oltre i 2500 metri) si sta inesorabilmente sciogliendo (finora della metà), per cui il ghiacciaio della Marmolada è quasi praticamente nudo. Ecco perché Carlo Budel, gestore di Capanna Punta Penia, continua ad avvertire chi vuole comunque salire di prestare la massima attenzione ai crepacci che si sono liberati. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

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NOTIZIE DAI RIFUGI L’Adige | 4 giugno 2022 p. 22 Rifugi aperti in anticipo, allarme acqua barbara goio «Dimentichiamo la stagione canonica 20 giugno - 20 settembre: ormai l'estate in montagna ha ritmi tutti suoi». Roberta Silva, che da molti anni gestisce il rifugio Roda di Vael, e che è la presidente dell'associazione gestori dei rifugi del Trentino, da una parte è contenta perché questo inizio giugno vede buona parte dei presidi già aperti ed in piena attività, «con gli escursionisti stupiti dei prati in fiore a 2300 metri di altezza», dall'altra si devono fare i conti con una situazione climatica molto complessa. «Ci preoccupa - spiega - la disponibilità di acqua: i ghiacciai si sono enormemente ridotti a causa del riscaldamento globale e questo inverno così arido non ha permesso l'accumulo di neve in quota. Alcuni rifugisti hanno già notato la minor potenza dell'acqua e anche chi fa affidamento alle sorgenti in alta montagna ha diversi problemi di approvvigionamento. Chi invece può contare sull'allacciamento all'acquedotto comunale, è più tranquillo. Dobbiamo però aspettare luglio per capire la portata del fenomeno». L'andamento climatico è dunque sempre più aleatorio: durante questa primavera lo zero termico è salito sopra i 3500 metri e se il disgelo non disgela l'acqua immagazzinata nei nevai, la situazione può diventare critica. Intanto però il turismo va a gonfie vele: «Stanno arrivando tantissime richieste e prenotazioni - riprende Silva - anche dall'estero, dalla Germania ma anche dagli Stati Uniti, adesso che sono state riaperte le frontiere. Già per questo fine settimana c'è molto movimento». Dopo due anni di restrizioni a causa della pandemia da Covid, la montagna mostra tutta la sua attrattività. «Restano in vigore alcune precauzioni - riprende la presidente - ma la gente è più rilassata, si muove con più tranquillità». In Trentino i rifugi sono circa 150, molto diversi tra di loro, sa per comfort che per difficoltà ad essere raggiunti.Due sono i fronti su cui l'attività legata ai rifugi si può ancora migliorare: rafforzare l'identità della montagna e dei valori a cui è ancorata, e la sostenibilità. «A noi rifugisti - ammette Silva - piacerebbe che questi nuovi frequentatori, che sono tanti e che ovviamente apprezziamo, conoscessero meglio noi e la nostra storia: troppo spesso ci considerano solo dei ristoratori, ed invece il rifugio è un vero presidio d'alta montagna. Siamo molto di più che solamente dei punti ristoro». «Un altro tema - riprende Silva riguarda l'ambiente: noi facciamo del nostro meglio per essere sostenibili, ma lavorare in quota ha delle esigenze davvero diverse da quelle di un'attività in città. E a volte questi nuovi frequentatori non se ne rendono ben conto».Per avere una panoramica completa e aggiornata di tutti i rifugi aperti in Trentino, basta consultare l'elenco sulla pagina Facebook dell'Associazione Rifugi del Trentino, dove sono anche riportate utili informazioni sullo stato dei sentieri.

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Corriere delle Alpi | 5 giugno 2022 p. 27 Marmolada senza neve Capanna Punta Penia ha aperto in anticipo la stagione turistica montagna Francesco Dal Mas Ormai da tre giorni Capanna Punta Penia, il più alto rifugio delle Dolomiti, in questo caso sul ghiacciaio della Marmolada, è aperta all'accoglienza estiva. Aurelio Soraruf, il proprietario, e Carlo Budel il gestore, non hanno atteso il 20 giugno per iniziare la stagione. Hanno deciso di anticiparla. «Quassù non c'è neve, ma solo roccia. Nuda roccia», dice Budel. «La ferrata più classica è praticabile, ben pulita. Scendere per il ghiacciaio, invece, è un po' pericoloso, perché, via la neve, si stanno aprendo i crepacci. E ci sono anche pericolosi seracchi».Grazie all'elicottero, Budel ha portato in quota 100 chili di farina ed i primi giorni di permanenza li ha impiegati per confezionare splendidi dolci. I primi escursionisti sono già arrivati. Di solito al mattino il tempo è splendido. S'imbruttisce il pomeriggio, quando, a volte, arriva anche la tempesta. Budel ha impegnato le ultime ore a leggere il rapporto dell'Arpav sulle risorse idriche, per approfondire le tematiche della situazione.Sulle Dolomiti il mese di maggio è stato caldo con una temperatura sopra la norma del periodo 1991- 2020 (+2.3° C): la prima decade, quando è nevicato, è stata fresca, mentre la seconda (record dal 1991) e la terza sono state particolarmente calde e oltre la norma. Dal giorno 9 al 28 le temperature sono sempre state oltre la media, con il 21 maggio giorno più caldo del mese; è seguito un marcato abbassamento con la minima del mese il giorno 29 preceduto solo dal 1 maggio. Dal 13 maggio in poi le temperature miti ed i temporali forti hanno accelerato la fusione del manto nevoso anche alle quote elevate. Nel mese sono caduti 70-80 centimetri di neve fresca oltre i 2500 metri di quota (prevalentemente nella prima decade) e 20-40 centimetri a 2200 metri nelle Dolomiti centro settentrionali.Il deficit finale dell'inverno - riferisce l'Arpav - è di -40% a 2200 metri di quota nelle Dolomiti (-240 centimetri circa) e -50% nelle Prealpi a 1600 metri (200 centimetri di neve in meno). A fine mese la neve si presenta irregolarmente distribuita: a chiazze, nei canaloni, lungo i versanti con buon riparo orografico e nelle zone di accumulo da vento. La neve residua ha un sottile strato superficiale dovuto alle nevicate del 29 e 30 maggio (neve oltre i 2500 metri, 1-10 centimetri).La risorsa idrica nivale al 31 maggio è difficilmente stimabile per la mancanza di immagini da satellite di qualità (oltre 20 giornate con cielo coperto nel mese) e per la forte irregolarità della copertura nevosa. Si stima comunque una risorsa idrica assai ridotta: circa 4-8 milioni di metri cubi nel Cordevole, che attinge dalla Marmolada. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Trentino | 5 giugno 2022 p. 2 Rifugi, la stagione parte bene «Timori per acqua e personale» I gestori: «Tante prenotazioni, c’è voglia di montagna. Ma serve un approccio rispettoso» TRENTO La stagione, per i rifugi alle quote più basse, è già partita: molti hanno riaperto dopo la pausa invernale a inizio giugno, alcuni addirittura a fine maggio. Mentre per le strutture poste più in alto, sopra i 2.500 metri, l’inaugurazione dell’estate arriverà tra la metà e la fine di giugno. Un’estate che si annuncia incoraggiante. «La prospettiva è rosea, le prenotazioni ci sono» assicura Claudio Sartori, del Cai Bolzano. E Roberta Silva, presidente dell’associazione rifugi del Trentino, conferma: «C’è tanta voglia di frequentare la montagna». Ma i problemi non mancano. L’acqua, in primo luogo: l’inverno avaro di neve ha ridotto al minimo le riserve, creando timori soprattutto nei rifugi più in alto. E a mettere in difficoltà i gestori è anche il «tema dei temi», lo stesso che sta facendo tribolare l’intero settore ricettivo: la ricerca del personale. «Molte strutture sono costrette a fare di necessità virtù» allarga le braccia Martin Knapp, dell’Alpenverein Südtirol. Qui Trentino In Trentino l’associazione rifugi ha predisposto una lista aggiornata, pubblicata sulle proprie pagine social, delle aperture delle strutture in quota: dalle Dolomiti di Brenta al Catinaccio, dallo Stivo alle Giudicarie, l’elenco traccia una mappa dettagliata dei possibili punti di appoggio per chi organizza una escursione. E con il caldo di questi giorni, la voglia di salire in quota è alta. Non solo: «Dopo due anni di pandemia, c’è anche voglia di normalità» osserva Silva, che sul Catinaccio gestisce da anni il rifugio Roda de Vael (aperto dal 28 maggio). La riduzione delle misure anti-Covid contribuisce a dare ancora di più l’immagine di normalità. «Chi aveva cameroni — ricorda la presidente dell’associazione rifugi — ha visto un calo dei pernottamenti fino al 40%. C’era molta gente durante il giorno, questo è vero, ma la notte ha segnato una riduzione evidente». Quest’anno le limitazioni sono più soft: ci sono, ma meno severe. «La gente che arriva al rifugio — nota Silva — sta comunque attenta». Anche perché ormai la tendenza al distanziamento è diventata parte della nostra quotidianità. In quota come nel fondovalle. Gli escursionisti, in ogni caso, «sono contenti». Ma a volte, ammette la presidente, fanno fatica ad accettare l’assenza di servizi che in quota non sono scontati. Come la doccia. «L’acqua — sospira Silva — è un bene

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prezioso, in montagna ancora di più, ma molti escursionisti fanno fatica a capirlo. E fanno fatica a capire anche che la situazione non è uguale per tutte le realtà». In un periodo di siccità come questo, dopo un inverno praticamente senza neve, il problema per i rifugi è estremamente delicato. Se infatti l’assenza di neve ha permesso a molte strutture di aprire prima, la mancanza di acqua — per chi ha a disposizione magari solo un’unica sorgente — potrebbe complicare la stagione. «Scopriremo verso la fine di luglio l’entità del problema» spiega la titolare del Roda de Vael. Ma c’è anche un’altra preoccupazione. Che accomuna montagna, lago e valli: il problema della ricerca del personale. «Ci sono rifugi che non hanno ancora lo staff al completo» dice Silva. Di fatto, la stessa situazione che si sta verificando in molti alberghi e ristoranti. «Non so se sia per il Covid o per altri motivi — riflette la presidente — ma è difficile trovare personale per coprire l’intera stagione, che vogliamo portare da giugno a settembre-ottobre». Qui Alto Adige Conferma Sartori. «Anche in Alto Adige il personale è un problema estremamente grave» assicura il vicepresidente del Cai Bolzano. Che va oltre: «Ci sono addirittura dei rifugi — dice — che sono costretti a trasformare delle stanze per escursionisti in spazi per il personale, per venire incontro alle richieste». Il commento di Sartori è ruvido: «Oggi ti chiedono subito quanto prendono, quando staccano, quando hanno il giorno libero. Ma il rifugio non è un albergo». E lavorare in quota è diverso dal lavorare in un paese. «Un rifugio — aggiunge il vicepresidente del Cai — deve dare ospitalità, ma da riparo sta diventando un ristorante gourmet. Lo spirito di montagna, così, si perde». Intanto, anche in Alto Adige, si deve fare i conti con la siccità. «Si tratta di uno dei problemi più grossi» spiega Sartori. «In alta quota — continua — molte strutture sono in difficoltà. I rifugi in posizione più critica sono stati dotati di cisterne che vengono riempite a inizio stagione. Speriamo basti». Ma a fare la propria parte, nella partita dell’acqua, dovrebbero essere anche gli escursionisti. «Chi pernotta una sola notte in rifugio — incalza Knapp — può anche evitare di fare la doccia». Diverso il discorso per chi magari sta compiendo una traversata di più giorni. «Il fatto — sottolinea il referente rifugi dell’Avs — è che il rifugio non è un albergo a quattro stelle e non ne offre i servizi: chi pensa che lo sia imparerà a proprie spese cosa vuol dire vivere in quota». Sta di fatto che le prenotazioni volano: «Tutti hanno voglia di uscire — sottolinea Knapp — e lo dimostra anche l’aumento delle vendite di abbigliamento tecnico». Lasciata alle spalle ( o quasi) la pandemia, ora dunque c’è bisogno di normalità. «Ma non tutti — nota l’Avs — si sentono ancora pronti per viaggi lunghi, magari all’estero. E allora preferiscono rimanere in Italia». Meglio ancora se in montagna. «Del resto, molti rifugi hanno potuto anticipare l’apertura vista l’assenza di neve». E chiuderanno probabilmente più tardi. «So che i gestori vogliono tenere aperto il più possibile — prosegue Knapp — ma poi si dovrà vedere la situazione in autunno». Sperando che il prossimo inverno regali maggiore fortuna sul fronte della neve. E che con il tempo riesca a regolarizzarsi anche la questione del personale. «Molti rifugi — ribadisce il responsabile dell’Alpenverein — si ritrovano ancora con lo staff incompleto e quindi dovranno fare di necessità virtù. In un ristorante nel fondovalle è più facile venire incontro alle richieste dei lavoratori. Mentre in un rifugio le possibilità sono naturalmente limitate: non si può andare al bar o incontrare gli amici se si è liberi dal lavoro». In quota, aggiunge il responsabile rifugi, «il guadagno è un tetto sottile. Si sta su 2-4 mesi, senza quasi riposare». E senza passione, è difficile resistere.

Corriere del Trentino | 5 giugno 2022 p. 3 «Internet? Solo a ore. C’è chi si è conosciuto qui e poi si è sposato» La guida alpina Nicolini, gestore del Pedrotti alla Tosa: «C’è chi pensa di imparare a scalare con i tutorial in rete» TRENTO Al Pedrotti alla Tosa, rifugio incastonato nelle Dolomiti di Brenta a quasi 2.500 metri di quota, lavora da undici anni. Con la moglie Sandra e i figli Elena e Federico, Franco Nicolini gestisce con passione una delle strutture più conosciute del Brenta, punto di partenza per ascensioni e traversate, punto di arrivo per chi, da Molveno o da Madonna di Campiglio, vuole passare una giornata immerso nelle Dolomiti. «Sono quattro ore a piedi, da una parte o dall’altra» sorride Nicolini. Che non è solo gestore di rifugio: è anche guida alpina, alpinista, scialpinista. E dunque conoscitore non solo della montagna, ma anche delle trasformazioni che negli anni hanno coinvolto e plasmato anche il territorio «alto». «I cambiamenti — assicura Nicolini — ci sono stati». Nel lavoro al rifugio, nell’approccio alla montagna da parte degli escursionisti. E nella montagna stessa, anch’essa modificata dai cambiamenti climatici in atto. Nicolini, la stagione estiva è ormai alle porte. Per molti rifugi il lavoro è già partito, per altri ancora no. Le aspettative sono buone, ma non mancano i problemi: l’acqua, il personale. Si riconosce in questo quadro? «Sì. E per chi, come noi, si trova in una posizione raggiungibile solo dopo ore di cammino, i problemi si moltiplicano». Partiamo da quello che da mesi fa tribolare tutto il mondo del turismo, dal ristorante al rifugio di montagna: la carenza di personale. Avete fatto fatica anche voi a trovare personale per la stagione? «È stato veramente difficile quest’anno. E anzi: abbiamo anche dovuto spezzare la stagione per qualcuno. Un problema». C’è poi il nodo dell’acqua: l’inverno è stato avaro di precipitazioni e questo potrebbe ostacolare l’attività in quota. «È un fattore che influirà nel corso dell’estate. Attualmente l’acqua c’è, ma nel corso dell’estate le riserve diventeranno più limitate e si porrà il problema di andare a cercare acqua».

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Un problema che renderà più gravoso il lavoro dei gestori. «Non faccio previsioni, ma avremo sicuramente un bel daffare. La preoccupazione è però anche per i prossimi anni: se la mancanza d’acqua proseguirà anche nelle prossime stagioni, per noi sarà davvero un grosso problema da affrontare». Quest’anno, almeno, le limitazioni per il Covid saranno ridotte e dopo due anni di pandemia c’è voglia di muoversi all’aria aperta. Non a caso, le previsioni sembrano essere buone anche per i rifugi. «La stagione è partita bene. Ma il nodo è un altro». Quale? «C’è sempre meno cultura della montagna. E questo, per noi rifugisti, è un ulteriore aggravio». In che senso? «A chi arriva in rifugio e non ha alcuna conoscenza dobbiamo insegnare come ci si muove in montagna. Ormai si è diffusa l’immagine di una montagna luna park, dove ci si può muovere anche senza esperienza e conoscenza specifica. Ma non è così». Quanto hanno influito i social? «Tantissimo. Il problema principale sono proprio i social: ci sono persone che pensano di poter affrontare un’escursione, una ascensione o una ferrata avendo visto solo un tutorial o un filmato sui social, senza alcuna esperienza. Ma la realtà è un’altra: non basta arrivare in montagna con l’imbrago appena comprato se non lo si sa nemmeno indossare». E il ruolo del rifugista, in questo caso, è quello di insegnare a queste persone a muoversi in montagna. «Certo, anche per evitare che queste persone poi si facciano male. Il problema è che i giovani si affidano ormai troppo a internet e troppo poco alle scuole di alpinismo, alle guide alpine, alla Sat o al Cai: pensano di perdere tempo. E invece è fondamentale: mare e montagna sono luoghi dove comanda la natura. E imparare a muoversi è fondamentale». È cambiato l’approccio alla montagna. Ma allo stesso tempo è cambiato anche l’approccio al rifugio? «Sì, negli ultimi anni ci sono sempre più pretese e sempre meno richieste. Come la doccia: l’acqua è un bene prezioso, quest’anno ancora di più. Ma spesso non lo si capisce. Ci sono poi gli altri servizi che ormai sembrano imprescindibili». Come internet e il wi-fi. «Esatto. Noi abbiamo deciso di limitarlo, garantendolo solo in determinati orari». Una scelta coraggiosa. «Ma necessaria: con internet nessuno parlava più. E invece dialogare, durante i pasti, è importante. Qui al Pedrotti ci sono persone che si sono incontrate e innamorate proprio parlando al tavolo del rifugio. E poi si sono sposate. Ma il problema non è solo internet». Quale altro problema rileva? «Anche la condivisione delle camere è diventato difficile: una coppia che deve dividere una stanza da quattro con un’altra coppia lo considera un sacrificio. Ma il rifugio non è un albergo. È un posto dove ci si ripara. Il resto è un di più».

Gazzettino | 9 giugno 2022 p. 9, edizione Belluno Passione rifugi: Boz e Dal Piaz già pronti per la stagione I rifugi Boz e Dal Piaz propongono un'offerta lunga una stagione. Da giovedì scorso il rifugio Cai sul Neva, nel Gruppo del Cimonega, ha aperto agli appassionati di montagna proponendo un fine settimana lungo di arte e specialità culinarie. La struttura nell'ultimo fine settimana ha fatto le prove generali per la nuova stagione estiva che prenderà il via ufficialmente con l'apertura giornaliera il 18 giugno. Da giovedì però l'accoglienza è stata ai massimi livelli e impreziosita dal simposio di scultura su legno. Questo però solo il primo appuntamento di un'estate ricca di eventi anche musicali che caratterizzeranno i fine settimana del rifugio che nasce tra il 1967 e il 1970 dai ruderi della vecchia Casera Nevetta per iniziativa di un gruppo di volontari della Sezione Cai di Feltre. Il Rifugio Giorgio Da Piaz sulle Vette feltrine ha dalla sua il cambio di gestione che promette buona prova di accoglienza. PROPOSTE CULTURALI Al legno è stato dedicato il primo appuntamento della stagione al Boz. «Numerosi scultori - spiega Erika De Bortoli, gestrice assieme ad Andrea Marchetti - si sono dati appuntamento al rifugio per un simposio di tre giorni che termina oggi. L'attività ha accolto gli appassionati di montagna già da giovedì scorso anche con pernottamento e poi dal 18 sempre di giugno saremo aperti tutti i giorni. Chi è venuto a trovarci ha potuto osservare gli artisti intenti a scolpire, ha goduto di un panorama bellissimo e assaporato piatti realizzati con prodotti locali. Al menù fisso verrà aggiunta ogni settimana una pietanza particolare che potrà essere vista in anteprima sui nostri profili social». La consultazione è facile basta recarsi sulla pagina Instagram rifugioboz o su quella Facebook Rifugio Bruno Boz 1718 Mt. MANCA LA LINEA FISSA La montagna qualche difficoltà la presenta sempre e anche i gestori del Rifugio Boz non ne sono esenti: «Purtroppo il rifugio non ha ancora il telefono fisso funzionante - prosegue la gestrice - quindi abbiamo attivato un numero di cellulare apposito che è il 3409979332. Chiamandoci si potranno avere tutte le notizie necessarie sull'accoglienza, sui menù, sulle escursioni, sul pernottamento e

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sulle vie per raggiungerci». Tre sono le comuni vie di accesso al rifugio: dalla Val Canzoi per Casera Alvis, dalla Val Canzoi attraverso il Passo Finestra e Val Noana (Mezzano). Quest'ultima però è soggetta a dei lavori che obbligano a una deviazione: «I fine settimana la salita attraverso la Val Noana dovrebbe essere quella tradizionale mentre nei giorni lavorativi si potrà incorrere in una deviazione. Invito a chiamarci per avere tutte le informazioni necessarie per una salita sicura». VICINO ALLE VETTE GRANDI Il rifugio Dal Piaz a poche decine di metri dal Passo delle Vette Grandi, porta di accesso alla splendida e unica nel suo genere Busa delle Vette, è pronto già da qualche tempo a ospitare gli appassionati dei sentieri. Salendo il sentiero Cai 801, il più conosciuto (ma ci sono anche altre vie di accesso), è possibile raggiungere la struttura a 1993 metri di altitudine. Dal Passo Croce d'Aune dista circa 2 ore e 30 minuti di cammino con 5 chilometri di sentiero e un dislivello di mille metri, mentre se la scelta ricade sulla strada militare il tempo di salita aumenta leggermente e i chilometri da percorrere sono circa 11. La gestione è affidata a Giorgio da Rin che subentra a Mirko Gorza che lascia dopo 9 anni. Una cambio alla guida sempre sotto l'egida della Sezione Cai di Feltre proprietaria della struttura inaugurata il 22 settembre 1963. Daniele Mammani

Corriere delle Alpi | 12 giugno 2022 p. 31 L'autogestione all'ombra dell'Antelao: il rifugio Galassi è in mano ai volontari L'idea vincente dei vertici del Cai di Mestre ha compiuto 52 anni Per lavorare basta essere iscritti ad un Club alpino e saperne di cucina Gianluca De Rosa Volontariato ad alta quota. Dietro il rifugio Galassi situato all'ombra del "Re" Antelao si cela un progetto di gestione unico nel suo genere nell'intero arco alpino italiano. Autogestione più che gestione, inaugurata dalla sezione Cai di Mestre nel lontano 1970 e che oggi, cinquantadue anni dopo, continua a regalare emozioni e gratificazioni. Proprio così. L'apertura estiva del rifugio Galassi è gestita esclusivamente dall'opera di volontariato offerta da appassionati di montagna, provenienti da ogni angolo d'Italia. Vengono accuratamente selezionati durante l'inverno da una commissione ad hoc, promossa dalla sezione Cai di Mestre che dal 1950 gestisce la struttura di proprietà del demanio. Pochi ma importanti requisiti richiesti: bisogna essere iscritti ad una qualsiasi sezione Cai italiana e, almeno per quanto concerne la cucina, bisogna certificare la dimestichezza con i fornelli. L'opera di volontariato nella gestione del Galassi dura mediamente una settimana, il tempo necessario per godersi lo spettacolo dell'Antelao visto da forcella piccola e dare sfogo a tutte le forze disponibili. Perché gestire un rifugio è tutt'altro che una passeggiata. «In più di cinquant'anni non è mai successo che siamo rimasti scoperti», ha raccontato Silvio Zanatta, responsabile della commissione di cui fanno parte, ognuno con una mansione specifica, Francesco Abbruscato, Massimo Pavan, Franco Ceriello, Cristian Cechetelli, Filippo Zanatto, Marco e Claudio Tramontini. Mediamente il rifugio resta aperto, esclusivamente durante la stagione estiva, 13 settimane. «Quest'anno prolungheremo arrivando a 16», prosegue Zanatta, imprenditore veneziano, come il resto della commissione che accoglie un medico, un pensionato e diversi professionisti, «il progetto di autogestione è più difficile da raccontare che da mettere in pratica. Ogni anno riceviamo decine e decine di richieste. Abbiamo una coppia di Chioggia, Maria Dolfin conosciuta come Edel e il marito Licio Dantoni che vengono in rifugio per più di una settimana a stagione da trent'anni. Lei si piazza in cucina, lui fa tutto il resto. Le figure più complicate da trovare sono il cuoco e il capo gestione a cui fanno riferimento tutte le mansioni di giornata. Ogni settimana vede impegnate una decina di persone, tante ne servono per mandare avanti una struttura di questo tipo». «Due anni fa», prosegue Zanatta, «è passata in rifugio una ragazza di Roma, in escursione con i genitori. Ha scoperto il nostro progetto ed ha deciso di parteciparvi. I nostri gestori arrivano da Torino, Verona. Siamo una piccola comunità altruista che ama fare volontariato in maniera alternativa. Divertente? Sicuramente, ma gestire un rifugio è faticoso. Ci si alza alle 5 per preparare le colazioni e si va avanti fino a mezzanotte senza pause. Agli escursionisti di passaggio al Galassi chiediamo un po' di pazienza. Di fronte, del resto, non hanno gestori "professionisti" ma figure che nella vita di tutti i giorni fanno altro». Una volta accolta la domanda, ai futuri gestori del Galassi viene richiesto di seguire alcuni corsi propedeutici. Tutto viene finanziato dalla sezione Cai di Mestre attraverso la commissione che coordina la gestione del Galassi e che si occupa anche dell'approvvigionamento. «Nel 1970, in occasione della prima autogestione», ricorda Zanatta, «il rifugio venne dotato di una teleferica grazie all'intuito di un ferroviere. Oggi quella teleferica, anche se un po' datata e malconcia, rappresenta il fiore all'occhiello del Galassi insieme al piccolo bivacco adiacente il rifugio che abbiamo intitolato a Lino Ragazzo, un socio del Cai Mestre prodigatosi nella promozione dell'autogestione e mancato in giovane età in un incidente di montagna». Ogni anno il progetto di autogestione del rifugio Galassi si conclude con una grande festa. «Sono feste particolarmente numerose», conclude Zanatta, «accogliamo più di cento persone, tutte quelle che si sono prodigate nel mandare avanti il rifugio. È il nostro simbolico ringraziamento a quanto fatto, con l'arrivederci all'estate successiva». Cosi, da 52 anni a questa parte. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’Adige | 13 giugno 2022 p. 9 Rifugi, la stagione estiva è già scattata col botto L’estate dei rifugi è già entrata nel vivo. Un bene negli effetti - con sentieri battuti da numerosi escursionisti e strutture affollate come prima della pandemia - meno nelle cause. A spiegarlo è efficacemente Sergio Rosi, che con il figlio Daniele e la nuora Valentina Robol gestisce il rifugio Passo Principe, nel Catinaccio: «L’anno scorso in questi giorni si scendeva con gli sci fino al rifugio Vajolet. Ora abbiamo una situazione che per quel che riguarda l’innevamento è paragonabile all’inizio di agosto». Al Principe la stagione si è aperta già nello scorso fine settimana «con un’affluenza anche più consistente di quella di ieri e oggi (sabato e domenica, ndr). Sta ripartendo anche il turismo internazionale e si tornano a vedere americani, oltre che a tanti escursionisti europei. Oggi (ieri, ndr) sono arrivati al rifugio anche i primi escursionisti asiatici della stagione». I rifugi del Trentino meridionale da sempre possono permettersi aperture anticipate rispetto alle realtà dolomitiche: al Marchetti Alberto Bighellini ha inaugurato la stagione estiva lo scorso 31 maggio «e sta andando bene ogni fine settimana di bel tempo. Anche oggi (ieri, ndr) a pranzo avevamo la struttura piena, c’è un bel viavai e dopo stagioni complicate come quelle che ci siamo lasciati alle spalle è un’iniezione di fiducia». Tornando nel gruppo del Catinaccio, anche al Roda di Vaèl la stagione è già partita da giorni e Roberta Silva è soddisfatta: «Non abbiamo già il pienone dei fine settimana del cuore nell’estate ma le cose stanno andando bene. Certo, è evidente che ci troviamo di fronte a una situazione anomala, rispetto al periodo dell’anno. Siamo almeno un mese avanti rispetto alle condizioni del periodo per quel che riguarda presenza di neve in quota, fioriture e così via. A voler guardare il lato positivo di questa situazione, sentieri e ferrate sono sgombri anche nei tratti in cui solitamente in questo periodo era ancora complesso procedere, senza la giusta attrezzatura invernale. E questa circostanza fa sì che gli escursionisti salgano in buon numero più del solito». Roberta Silva è anche la presidentessa dell’Associazione rifugi dl Trentino ed ha anche il polso della situazione per quel che riguarda tutti i gestori di strutture: «A preoccupare come tutti gli anni e più che in passato è la situazione dell’approvvigionamento idrico. Chi può contare su sorgenti ricche non avrà particolari problemi, ma chi invece già tradizionalmente scontava particolari difficoltà, avrà davanti un’estate ancora più complicata del solito. Come dicevo prima, questo anticipo di un mese delle condizioni estive, unito all’inverno povero di nevicate e precipitazioni, rappresenterà un problema. So che alcuni rifugi, come ad esempio l’Alimonta in Brenta o il Pradidali nel gruppo delle Pale, stanno già avendo difficoltà nel preparare l’apertura, dal punto di vista idrico». A spaventare sono anche i costi: «Come tutti gli altri settori anche noi abbiamo risentito dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dei combustibili. Per tantissime delle nostre realtà il gasolio rappresenta una voce importante di spesa nel bilancio e l’aumento dei costi non potrà non influire sull’andamento della stagione». Da parte sua la Sat, proprietaria di trentaquattro rifugi ha ritoccato al rialzo alcune delle voci delle tariffe per adeguarle all’aumento dei costi e sarà necessario attendere almeno metà stagione per capire se questo potrà avere effetti sulla fruizione da parte degli escursionisti. “Prudenza in montagna” Ieri 5 eventi formativi Ricordare a tutti che la montagna resta un ambiente delicato anche con attrezzature d’avanguardia, esperienza e preparazione fisica. Questo lo spirito con cui il Soccorso alpino, Guide alpine, Sat, Dolomiti Unesco e Associazione rifugi hanno promosso ieri la giornata “Prudenza in montagna” per richiamare alla necessità di un approccio consapevole alla montagna. Ieri momenti di sensibilizzazione si sono svolti alla ferrata di Monte Albano a Mori, al rifugio Treviso (formazione sul trekking), al Roda di Vael (formazione sull’arrampicata), al passo Tonale (pericoli e preparazione con neve alta in montagna) e Corna Rossa (Dolomiti di Brenta) per un momento formativo ancora sull’arrampicata.

Corriere delle Alpi | 13 giugno 2022 p. 19 Boom di stranieri: weekend estivi da tutto esaurito nei rifugi bellunesi Gianluca De Rosa AURONZO L'estate del post pandemia riporta i turisti stranieri sulle Dolomiti bellunesi. Prenotazioni da record alle porte della bella stagione, un dato confortante per gli operatori di settore, dopo due anni di limitazioni e difficoltà. Il telefono squilla ininterrottamente, il resto lo fanno i nuovi strumenti di comunicazione social. Risultato? Weekend sold out fino a settembre prim'ancora di annunciare l'apertura ufficiale della stagione. Questo, ad esempio, è quanto sta succedendo al rifugio Carducci, dove lo storico gestore Bepi Monti racconta di

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trovarsi di fronte ad una situazione senza precedenti. «Abbiamo tutti i weekend prenotati, da qui a metà settembre e le prenotazioni riguardano esclusivamente turisti stranieri. Alcuni di loro arriveranno da paesi finora inesplorati. Israele in primis, poi Australia. Sono queste le nuove realtà che si stanno affacciando sul panorama dolomitico. E poi ancora gli americani, il cui ritorno sulla scena è dirompente». Un dato che apre spazio ad una seconda disamina turistica: e gli italiani? «Allo stato attuale per i turisti italiani, che si caratterizzano per una prenotazione dell'ultimo minuto, difficilmente ci sarà posto. Almeno nei weekend», risponde Monti dai 2297 metri dell'alta val Giralba, «se questi sono i presupposti, bisognerà velocemente modificare le proprie abitudini. Allo stato di posto, almeno per quanto riguarda il nostro rifugio, ce n'è, ma solo durante la settimana». L'occasione è utile per provare ad analizzare i motivi di questo boom multicolore, mantenendo il "caso Carducci" come termometro della situazione: «L'alta via numero 5 rappresenta da tanti anni terreno fertile per le frequentazioni di turisti nordeuropei. Tedeschi e austriaci rappresentano la quotidianità, la loro presenza non fa più notizia», spiega Monti, «l'impulso offerto dal progetto Dolomiti senza confine è certificato, il resto lo ha fatto il binomio Dolomiti Unesco che ha acceso i riflettori sull'area». La situazione del rifugio Carducci non rappresenta una piccola isola felice. Le prenotazioni si inseguono sul filo di un telefono rovente in tutta la montagna bellunese. Nonostante gli echi della pandemia che, allo stato attuale, vedono resistere qualche limitazione all'atto dell'accoglienza a partire dal distanziamento dei letti. «C'è aria frizzante, la voglia di tornare a vivere le nostre montagne è tanta», sottolinea Mario Fiorentini, presidente di Agrav, l'associazione che accoglie tra le proprie fila i gestori dei rifugi alpini veneti, «i motivi? A mio avviso semplici. Dopo due anni di restrizioni, la voglia di tornare a fare vacanze in piena libertà è forte. Al punto che nessuno vuole perdersi l'occasione. Gli stranieri in questo momento rappresentano il plus perché, storicamente, prenotano le vacanze in largo anticipo. La programmazione è il loro e il nostro punto forte». Va considerato un altro fattore: «Ci sono stranieri che avevano prenotato le proprie vacanze da noi due anni fa, rinviandole prima all'estate del 2021 ed, ora, al 2022. Alle nuove prenotazioni, insomma, se ne sommano di vecchie, rimaste per tanto, troppo tempo sospese. Se nel recente passato c'era spazio per tutti, i numeri in forte crescita di quest'anno rischiano di condizionare le vacanze dei turisti italiani, solitamente concentrate nei mesi di luglio ed agosto: "Chi prima arriva, bene alloggia" potrebbe essere, simpaticamente, il motto del momento, ma la mission di un rifugista è trovare il modo migliore per accogliere ed ospitare tutti. Bisognerà, inevitabilmente, ripensare le proprie vacanze di montagna, lo dicono i numeri» . --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 15 giugno 2022 p. 23 Il rifugio Coronelle verrà riqualificato Bolzano Le pressioni di Cai e Alpenverein per salvare il rifugio Aleardo Fronza alle Coronelle pare non siano state vane, mentre il progetto di Ppp proposto dagli impiantisti di Carezza per la demo-ricostruzione dello storico edificio di fine Ottocento vede diminuire le chance di essere accolto così come proposto all'ente pubblico. La Provincia, infatti, ha deciso per una propria soluzione: ora si darà l'avvio a uno studio di fattibilità per individuare gli interventi necessari per la riqualificazione del rifugio ai piedi del Catinaccio. Su richiesta dell'assessore all'Edilizia e al Patrimonio, Massimo Bessone, ieri la giunta provinciale ha autorizzato la Ripartizione Edilizia pubblica e servizio tecnico di effettuare uno studio di fattibilità atto alla riqualificazione del rifugio Fronza alle Coronelle. Forte la volontà dell'assessore di lavorare nel rispetto della montagna, in comune accordo con Cai e Avs. «Il Fronza alle Coronelle è un rifugio storico, immerso nel meraviglioso ambiente naturale del Catinaccio, un luogo particolarmente sensibile. Per questo motivo coinvolgeremo nello studio di fattibilità tutte le parti interessate. Il rifugio necessita di interventi importanti di sistemazione e ristrutturazione, pertanto è nostra intenzione trovare una soluzione condivisa e sostenibile che tenga conto della collocazione del rifugio in maniera armoniosa nel rispetto dell'ambiente», dichiara l'assessore Bessone. Nello studio di fattibilità si terrà conto della posizione sensibile del rifugio, rispettando le indicazioni dell'Unesco, nonché i vincoli ambientali, urbanistici, del paesaggio e delle belle arti, con l'obiettivo di trovare una soluzione edilizia condivisa e sostenibile. Questo modo di operare è stato concordato con le associazioni alpinistiche Cai e Avs che collaborano ai lavori della Commissione paritetica per i rifugi provinciali. Lo studio di fattibilità sarà predisposto dalla Ripartizione Edilizia e servizio tecnico dell'assessorato di Bessone. «Sarà mia cura coinvolgere nello studio di fattibilità anche il Comune di Nova Levante, l'attuale gestore del Rifugio e i proprietari della funivia attigua», conclude Bessone.

Corriere dell’Alto Adige | 15 giugno 2022 p. 6 Rifugio Fronza-Coronelle, Bessone stoppa i privati La Provincia farà da sola Studio di fattibilità per il risanamento. Il Cai: «Restiamo vigili»

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BOLZANO Non saranno i privati a costruire il nuovo rifugio Fronza al Coronelle: la Provincia farà da sola. Su richiesta dell’assessore Massimo Bessone, la giunta ha autorizzato la Ripartizione Edilizia ad effettuare uno studio di fattibilità per la riqualificazione del Rifugio Fronza alle Coronelle. «Vogliamo lavorare nel rispetto della montagna, in comune accordo con Cai ed Alpenverein» assicura Bessone a cui va l’apprezzamento del Cai. «Bene l’idea di abbandonare il progetto faraonico ma non restiamo vigili» avverte il presidente, Carlo Zanella. Il rifugio Fronza è uno dei gioielli più preziosi della collezione provinciale. Costruito nel 1899 dalla sezione Renania del Döav, il club alpino austro-tedesco, e denominato Kölnerhütte, venne poi trasferito al Cai Verona nel 1924, che lo intitolò al capitano Aleardo Fronza. Alla fine degli anni 90 è diventato di proprietà della Provincia. Dopo oltre un secolo di vita, l’usura del tempo si sente e l’edificio ha bisogno non solo di una ristrutturazione ma anche di opere di consolidamento. Le relazioni dei tecnici provinciali infatti parlano di «problemi strutturali». In più di un’occasione si erano fatte avanti società private proponendo progetti di partnership alla Provincia. Tra cui quello della Latemar Carezza, società che gestisce gli impianti sciistici, che aveva inizialmente proposto di fare persino una torre di Cristallo. Un’ipotesi che aveva fatto infuriare Cai e Avs che hanno coinvolto anche la Fondazione Unesco. Una levata di scudi che han spinto i proponenti a ridimensionare il progetto che è stato ripresentato la scorsa estate. Anche la versione più soft però non ha convinto la Provincia che, a questo punto, ha preferito fare da sola per quanto riguarda la ristrutturazione. Gli interventi sono abbastanza urgenti, potrebbe anche essere valutata la demoricostruzione oppure una “semplice” ristrutturazione. «Il Fronza alle Coronelle è un rifugio storico, immerso nel meraviglioso ambiente naturale del Catinaccio, un luogo particolarmente sensibile. Per questo motivo coinvolgeremo nello studio di fattibilità tutte le parti interessate. Il rifugio necessita di interventi importanti di sistemazione e ristrutturazione, pertanto è nostra intenzione trovare una soluzione condivisa e sostenibile che tenga conto della collocazione del rifugio in maniera armoniosa nel rispetto dell’ambiente» spiega Bessone al termine della seduta di giunta. Nello studio di fattibilità si terrà conto della posizione sensibile del rifugio, rispettando le indicazioni dell’Unesco, nonché i vincoli ambientali, urbanistici, del paesaggio e delle belle arti, con l’obiettivo di trovare una soluzione edilizia condivisa e sostenibile. «Questo modo di operare è stato concordato con le associazioni alpinistiche Cai e Alpenverein che collaborano ai lavori della Commissione paritetica per i rifugi provinciali» chiarisce Bessone promettendo che in tutto l’iter saranno coinvolti anche «il Comune di Nova Levante, l’attuale gestore del Rifugio e i proprietari della funivia attigua» conclude Bessone. L’annuncio dell’assessore viene salutato con favore dal presidente del Cai, Carlo Zanella che è sempre stato in prima fila contro i progetti faraonici. «Purtroppo questo genere di interventi non vengono mai accantonati, piuttosto vengono lasciati in stand by per essere riproposti più tardi. Quindi — spiega Zanella — ben venga la decisione della Provincia di fare una ristrutturazione nel rispetto della montagna. Ma noi rimaniamo vigili».

Alto Adige | 16 giugno 2022 p. 22 Nuovo Coronelle, gli impiantisti ritirano il progetto Bolzano. Un fulmine a ciel sereno, la comunicazione da parte della Provincia che martedì, tramite una nota stampa ufficiale, aveva preannunciato la volontà di riqualificare il rifugio Aleardo Fronza alle Coronelle tramite un proprio progetto, nel pieno rispetto dei vari vincoli, non solo quelli paesaggistici e naturalistici, ma pure quelli imposti dalle belle arti. Un fulmine a ciel sereno specialmente per gli impiantisti della Latemar Carezza Srl che ieri, a sorpresa, hanno annunciato di voler ritirare il loro progetto di partenariato pubblico privato per la demolizione e successiva ricostruzione in chiave moderna dello storico rifugio ai piedi del Catinaccio. Poche righe, stringate, in tedesco, da parte del proponente del progetto di Ppp. Vi si prende atto della decisione della giunta provinciale di incaricare i propri uffici tecnici di predisporre uno studio di fattibilità: «La nostra principale preoccupazione, che abbiamo perseguito con la presentazione del progetto Ppp Kölner Hütte, era quella di dare impulso alla riqualificazione di questo importante immobile. Accogliamo con favore la decisione della giunta provinciale, anche perché conferma l'urgenza di un intervento». In attesa dei risultati dello studio, «ritiriamo la nostra proposta di Ppp, anche se ci riserviamo di prendere ulteriori iniziative», spiega Florian Eisath. Lo studio di fattibilità sarà predisposto dalla ripartizione edilizia e servizio tecnico della Provincia. «Sarà mia cura coinvolgere nello studio di fattibilità anche il Comune di Nova Levante, l'attuale gestore del rifugio e i proprietari della funivia attigua», aveva dichiarato l'assessore Massimo Bessone. Non prima però di aver chiarito che «nello studio di fattibilità si terrà conto della posizione sensibile del rifugio, rispettando le indicazioni dell'Unesco, nonché dei vincoli ambientali, urbanistici, del paesaggio e delle belle arti, con l'obiettivo di trovare una soluzione edilizia condivisa e sostenibile». Questo modo di operare, aveva sottolineato inoltre Bessone, «è stato concordato con le associazioni alpinistiche Cai e Avs, che collaborano ai lavori della Commissione paritetica per i rifugi provinciali». Cai e Avs che, assieme alle altre associazioni protezionistiche altoatesine e non, avevano mal digerito la proposta di Eisath di demolire lo storico edificio. Ricevendo fra il resto l'appoggio incondizionato del Dav, il club alpinistico della Germania, forte dei suoi 1,3 milioni di soci, fra i quali quelli della sezione di Colonia che, a fine Ottocento, avevano eretto la prima capanna. «C'è poco da salvare», aveva spiegato

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Eisath lo scorso luglio. «Conviene demolire e ricostruire». «Non chiamatela più Kölnerhütte» aveva risposto il Dav Köln. «Finora eravamo fieri che fra i tanti nomi avesse mantenuto anche quello di "rifugio Colonia". Ma non vogliamo che ci sia alcun legame fra noi e questo progetto». DA.PA

Gazzettino | 20 giugno 2022 p. 9, edizione Belluno Giussani, mezzo secolo di storia Marco,Dibona CORTINA A forcella Fontana Negra, a quasi 2.600 metri, sulla Tofana, da cinquant'anni c'è il rifugio Camillo Giussani, ad accogliere gli alpinisti che salgono le pareti vicine; gli escursionisti che seguono la via normale verso la cima della Tofana di Rozes, oppure alla Tofana di Mezzo e alla Tofana Terza; gli appassionati che percorrono le vie ferrate Lipella, Punta Anna, Sciara del Menighel. LA STORIA Quel rifugio è lì da mezzo secolo: fu inaugurato il 10 settembre 1972, quando sostituì la struttura precedente, distante poche centinaia di metri, ormai obsoleta. Ieri è stata sottolineata la ricorrenza, con una festa bella, calda, accogliente come un rifugio alpino. Vi ha partecipato molta gente, in buona parte paesani, a seguire la messa celebrata dal sacerdote sudamericano Nestore Guerrero. Poi ci sono stati i discorsi, brevi come si conviene in montagna, e il pranzo rustico in musica. Hanno organizzato i gestori e la sezione di Cortina d'Ampezzo del Club alpino, che ne è proprietaria. A curare il rifugio è la stessa famiglia, da mezzo secolo: prima Vittorio Dapoz e la moglie Aurora Lancedelli, sino al 2010; poi il figlio Luca Dapoz, che è lassù da cinquant'anni e vi ha portato la moglie Mirella Santuz. Collabora con lui la sorella Paola. IL CAI «Allora il Giussani fu costruito anche con il contributo della banca Comit di Milano ha ricordato Luigi Alverà, presidente del Cai Cortina in un legame forte del nostro territorio con il capoluogo lombardo: altri interventi riguardarono la ferrata Lipella e la galleria elicoidale del Castelletto. All'epoca il Cai Cortina era presieduto da Luigi Menardi Malto; quassù lavorò l'impresa De Rigo. Oggi, come allora, è importante trovare un rifugio in montagna, con una porta aperta ad accoglierci e con persone esperte, che possono darci preziose indicazioni». Sulla festa di ieri, Alverà commenta: «Una grande occasione per incontrarci, nel rifugio più giovane dei tre che abbiamo in valle, come Cai Cortina. Un modo anche per rendere omaggio a chi ha finanziato quest'opera cinquant'anni fa e chi ne ha seguito la costruzione. Avremo tre feste, in questa estate, e saranno opportunità per valorizzare i nostri rifugi, per ricordare il lavoro fatto da molti, non soltanto per costruirli, ma anche per la costante manutenzione. L'impegno della nostra sezione è gravoso: ogni anno ci sono interventi da fare, in ogni nostra struttura. Abbiamo qualche amico sponsor che ci dà una mano, ma il grosso del lavoro è fatto dalla sezione, utilizzando tutte le risorse disponibili». Sulla funzione del rifugio alpino oggi, soprattutto a 2.600 metri, in un ambiente severo, aggiunge: «Bisogna capire che la montagna va affrontata seriamente. Ci si deve preparare. Nei rifugi si possono trovare i consigli giusti, come dalle guide alpine, a fondovalle, che hanno la preparazione giusta per accompagnare chi non sa, ma anche per consigliare chi è preparato». MEMORIA STORICA Ieri è intervenuta Cristina Giussani, pronipote di Camillo. Partecipò alla cerimonia di inaugurazione, cinquant'anni fa: «Allora avevo dieci anni e tagliavo il nastro. Quest'anno ho voluto realizzare la ristampa anastatica del notiziario Comit nel novembre 1972, che riportava la cronaca di quella giornata». Cristina Giussani, libraia a Venezia, ha portato anche un altro dono prezioso: il libro Chiacchiere di un alpinista, scritto nel 1931 dal bisnonno. Ha distribuito questa ristampa, in buon numero di copie, a chi è interessato di cose di montagna. E ieri, su al Giussani, ce n'erano molti. GLI ALTRI ANNIVERSARI Il Cai Cortina ha già previsto altre due feste, durante questa stagione, a coinvolgere gli altri due rifugi di sua proprietà. Il 10 luglio si salirà ai 2.575 metri del Nuvolau, per i 140 anni del sodalizio, che fu fondato nel 1882, quando Ampezzo era Austria, e passò al Cai italiano, dopo la Prima guerra mondiale. Quel rifugio ha quasi la stessa età: fu inaugurato nell'agosto 1883. La lunga e bella estate si chiuderà il 2 ottobre, al rifugio Gianni Palmieri alla Croda da Lago, per ricordare i 150 anni dalla prima salita al Becco di Mezzodì, che si specchia in quell'azzurro. Marco Dibona

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Corriere delle Alpi | 29 giugno 2022 p. 21 Fondi dal Cai contro la siccità per rendere più efficienti i rifugi montagna Rifugi a secco? Con la settimana nazionale dell'escursionismo è arrivata dal Cai una conferma rassicurante: lunedì la sede centrale del Club alpino italiano ha indetto un bando per aiutare le sezioni e i rifugi ad affrontare la crisi idrica di cui stanno già soffrendo. Il bando finanziato inizialmente con 200 mila euro potrà raggiungere a regime il mezzo milione. Un aiuto sostanziale per ricreare gli approvvigionamenti idrici sfruttando l'acqua piovana attraverso la realizzazione di cisterne condotte e pluviali che possano captare tutta la potenza dei temporali estivi. «Ma non solo», fa sapere l'architetto Renato Frigo, presidente del Cai Veneto, «vengono incentivati la realizzazione e manutenzione di captazione idriche. L'acquisto di tubazioni, manicotti e valvole. Inoltre una particolare attenzione alla componentistica connessa alla riduzione dei consumi idrici». Gli interventi vengono finanziati a fondo perduto con un contributo dal Cai pari all'80% delle spese sostenute con un limite di 10 mila euro per rifugio e 50 mila euro per sezione. «Un aiuto importante, non risolutivo, ma che mette i rifugi sulla strada giusta del risparmio idrico. Tutto questo dovrà trovare una nuova consapevolezza da parte degli ospiti dei rifugi», afferma Frigo. Il rischio è percepibile nell'osservare le montagne attorno ai rifugi dolomitici, come ha fatto ieri il presidente regionale sulle vette feltrine. «Le classiche e a volte insidiose lingue di neve dura che permanevano nei canali fino a luglio inoltrato non ci sono più. Un inverno avaro di neve e un'estate che si presenta con temperature a dir poco strane, sta minando le riserve d'acqua che sgorgano dalle varie sorgenti a ridosso dei rifugi».I gestori, aiutati dalle sezioni del Cai, si stanno inventando di tutto per affrontare la situazione. Tubi in polietilene sempre più lunghi, dislivelli sempre più impossibili. Il rischio di trovarsi senz'acqua toglie il sonno a più di un gestore quest'anno. «L'acqua è tutto per un rifugio: per far funzionare la cucina, i bagni e per produrre energia. Senza l'acqua il rifugio chiude. E se il rifugio chiude, in piena estate, un intero territorio perde il suo presidio, soprattutto in termini di sicurezza. Non è una questione solo turistica». Alla settimana sta portando un contributo essenziale anche Angelo Soravia, consigliere centrale del Cai che interviene, precisando, sulla recente elezione del nuovo presidente del Club e delle polemiche che ne sono seguite. «Le vicende legate all'assemblea dei delegati di Bormio riguardano la presidenza dell'associazione e non il Consiglio Centrale che segue un percorso diverso e autonomo», puntualizza Soravia. «I tre consiglieri di area veneta Mara Baldassini, Federico Bressan e il sottoscritto non si sono dimessi, sono ancora presenti e attivi nel compito di indirizzo e di controllo per il quale siamo stati eletti dai delegati del Veneto». A lasciare il loro posto sono stati altri dirigenti veneti del Cai. A fine settimana, tra l'altro, Feltre ospiterà l'assemblea delle sezioni del Triveneto, dalla quale potrebbero scaturire rinnovate forme di collaborazione tra il Nordest ed il Cai centrale. --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVA

Corriere delle Alpi | 29 giugno 2022 p. 31 Per il rifugio Ciareido è un'odissea infinita: forse riapre il 1º agosto LOZZO Strada ancora in (ripida) salita per l'apertura del rifugio Ciareido: nei prossimi giorni ci sarà l'affidamento diretto, ma l'impianto elettrico e il sistema antincendio non sono a norma; obiettivo riapertura che dunque si allontana fino ai primi di agosto. È con un po'di rabbia che Alessio Zanella, il primo cittadino lucense, spiega la situazione attuale e l'amara sorpresa che comporta un posticipo della data di apertura del rifugio Ciareido, vicenda già allungata dopo la dichiarazione di gara deserta a seguito della mancata presentazione delle domande per il bando di affidamento in concessione demaniale conclusosi lo scorso 25 maggio. Tale procedura si era resa necessaria a seguito del trasferimento del bene dal Demanio militare al patrimonio indisponibile del Comune - avvenuto nel 2018 - e la fine del contratto di affidamento diretto tra il Demanio e la sezione lozzese del Club alpino italiano.« Abbiamo un unico operatore economico che alla data di venerdì scorso, termine di scadenza per la presentazione delle offerte, si è candidato per l'affidamento diretto del rifugio Ciareido», spiega Zanella, «alle stesse condizioni previste per il bando di concessione. Nei prossimi giorni, se la sua offerta e i suoi requisiti saranno valutati idonei, provvederemo subito alla sottoscrizione del contratto di affidamento per i prossimi sei anni». Ma non è tutto. Infatti, con molta probabilità, il rifugio non potrà aprire i suoi battenti ai lozzesi e a tutti gli appassionati di trekking che raggiungono l'altopiano di Pian dei Buoi, sotto al monte Ciareido, fino ai primi di agosto.«Abbiamo scoperto che l'impianto elettrico e il sistema antincendio del rifugio non sono a norma di legge, motivo per cui, per perfezionare il contratto e poter dare il via libera all'apertura al pubblico, sono necessari i lavori di adeguamento», sottolinea contrariato il sindaco, «abbiamo già provveduto a dare l'incarico di progettazione che dovrebbe concludersi nei prossimi giorni, in modo tale da avviare quanto prima la selezione dell'impresa esecutrice per l'affidamento dei lavori. Con molto ottimismo, se tutto andrà bene, possiamo porci come obiettivo il primo agosto come

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data di apertura; ma tutto dipenderà dal risultato della ricerca per l'affidamento dei lavori e dalle esigenze dell'impresa e del cantiere, che stando al cronoprogramma dovrebbe durare tra due e tre settimane».Intanto nelle prossime settimane saranno completati anche i lavori per la costruzione del nuovo acquedotto.«Del macro-progetto previsto inizialmente per la riqualificazione del rifugio e delle sue pertinenze, abbiamo dovuto selezionare, per questioni economiche, solo gli interventi più urgenti e necessari. Quanto al resto, rimetteremo le valutazioni al futuro; ma intanto l'obiettivo è garantire una apertura sicura e quanto più rapida». --Valentino Suani© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere dell’Alto Adige | 29 giugno 2022

p. 4 Passo Santner, restyling del rifugio «Paesaggio, pugno in un occhio» La critica del Cai. Zanella: «Posti letto triplicati, vogliamo vederci chiaro» C. C. D. BOLZANO «Al posto della gloriosa piccola capanna eretta per dare ricovero ad alpinisti e soccorritori, il nuovo rifugio, una tenda di cristallo triangolare, struttura avulsa dall’ambiente circostante, con una stazione di arrivo della teleferica che fa pensare di più a quella di una funivia con cabina per trasporto persone che a quella per il semplice rifornimento del rifugio». Hanno fatto ben presto il giro dei social le foto dei lavori al nuovo rifugio di passo Santner, facendo storcere il naso al Cai. «Un rifugio privato — spiega il presidente, Carlo Alberto Zanella— per il quale pare siano stati spesi qualcosa come 5 milioni di euro. Ma non finisce qui: vogliamo vederci chiaro, per capire come sia stato possibile decuplicare la cubatura di un rifugio nel cuore del parco naturale dello Sciliar-Catinaccio». Dopo la funivia tra Tires e Malga Frommer, che oltre alla bandiera nera di Legambiente s’è beccata pure la sospensione del servizio per presunte irregolarità nelle volumetrie, e dopo il progetto per la «torre di cristallo» al posto dell’attuale rifugio Coronelle, osteggiato dagli ambientalisti e poi stoppato dalla Provincia, la nuova battaglia del Cai si concentra sul nuovo rifugio di passo Santner, a 2.734 metri di quota. «Una struttura — spiega Zanella — nella quale nessuno dei rifugisti della zona avrebbe investito nemmeno dieci euro. È un punto di passaggio: lontano per chi percorre la via ferrata dal Coronelle, e difficile da raggiungere per chi arriva dal Vajolet». Un rifugio, per altro, tornato in vita nel 2019 dopo sei anni di chiusura. A riaprirlo erano stati due ragazzi, Michel e Romina, di 26 e 28 anni. «Altro che storia romantica — sbotta Zanella —. Avevano già chiaro che cosa fare. Il loro progetto di ampliamento, da uno a tre

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piani e da 12 a 32 posti letto, era già stato respinto dalla consulta rifugi di Cai e Alpenverei. Ripresentato, è stato respinto di nuovo. Alla terza volta è stato approvato da Comune, Ufficio parchi e Fondazione Unesco, che hanno pensato bene di non interpellarci più. E per far approvare la nuova teleferica, che sembra più una funivia, hanno parlato di cavi “a prova di pernice bianca”». Diametralmente opposto l’iter nella commissione paritetica della ripartizione Patrimonio. «Per ricostruire o ristrutturare uno dei rifugi che fanno parte del patrimonio provinciale — spiega l’assessore ai Rifugi, Massimo Bessone —, passiamo sempre sotto la supervisione di Cai e Alpenverein. Del resto, chi meglio di loro conosce e ha a cuore la montagna? Per passo Santner il discorso è diverso, perché non è un rifugio della Provincia: critiche o complimenti vanno fatte al privato che ne è proprietario».

NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO Corriere delle Alpi | 7 giugno 2022 p. 31 In 500 vigilano su chi va sui monti «Troppa gente non è preparata» CORTINA Dopo i recenti e spesso purtroppo fatali incidenti in montagna, l'ultimo domenica sul passo Giau, cresce l'attenzione dei gruppi che si occupano di correre in aiuto di quanti incappano in un incidente. Sono attualmente più di 500 i volontari del Soccorso alpino pronti a scattare, in provincia di Belluno e sulle Prealpi Trevigiane, in caso di chiamata. Chiamate che, purtroppo, si stanno moltiplicando a dismisura, come in passato non accadeva sioprattutto nel mese di maggio. Lo ammette anche Alex Barattin, il capo delegazione.«Indubbiamente c'è più gente che sale in montagna. E più gente lo fa priva di un'adeguata preparazione», afferma, «e non mi riferisco tanto a coloro che arrampicano, che scalano. E che, purtroppo, anche cadono. Di solito quelle sono persone preparate, ma si sa che in parete è sempre possibile l'imponderabile. Faccio riferimento, invece, ai tanti interventi che facciamo per soccorrere escursionisti che si spingono oltre il limite della loro preparazione».Accade proprio in queste settimane. Si parte al mattino, riscontrando che la giornata si presenta soleggiata. Si cammina, faticando, nelle ore più calde, non tenendo conto dello sforzo supplementare che il fisico è chiamato a fare. Non si mette in conto l'evoluzione del tempo nel pomeriggio.«Sempre più spesso calano le nuvole e arriva il temporale. Ma ci si è attardati e, quindi, ci si affretta per arrivare al riparo. Ma ci si perde. È evidente che intanto bisogna conoscere perfettamente l'itinerario scelto, ma anche essere consapevoli che il pomeriggio è meglio non rischiare, soprattutto se le previsioni meteo sconsigliano di stare all'aperto».C'è chi sfida, dunque, il tempo? O, se vogliamo, la sfortuna? C'è chi si mette in gioco quasi scanzonatamente, sfidando se stesso?«No, fino ad oggi non abbiamo trovato tipi come questi. Nessuno, proprio nessuno, è mai partito al mattino col proposito di farsi venire a prendere dall'elicottero. Il soccorso viene vissuto sempre come una sconfitta da chi ne rimane coinvolto. E, a differenza degli ultimi anni, non abbiamo neppure intercettato i cosiddetti incoscienti che si fanno soccorrere dall'eliambulanza solo perché stanchi».Ma è un fatto che tanti dei camminatori che hanno chiesto aiuto si sono trovati nella condizione di aver sopravalutato - al limite anche in buona fede - le loro condizioni fisiche, la capacità di resistenza e di reazione all'affaticamento dato, ad esempio, alle temperature da spiaggia che esplodono in quota.«Il caldo afoso è micidiale, non si cammina» dice Barattin. Che poi consiglia: «Nelle prime uscite si raggiungano solo mete accessibili. È poco saggio, ad esempio, rischiare di salire al lago turchino ai piedi del Sorapis in questi giorni, quando il vicino rifugio Vandelli non è ancora aperto e manca un punto di soccorso». Solo pochi sono i rifugi aperti. Quelli più in quota lo saranno intorno dal 19 giugno. --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 19 giugno 2022 p. 13, edizione Belluno «Ancora troppi morti sulle cime, prevenzione da migliorare» CORTINA D'AMPEZZO Quando il Paese fa rete. Montagna e sicurezza è il ponderoso tema portato ieri in piazza a Cortina dalla direzione nazionale del Soccorso alpino e speleologico, nella fine settimana che vede una trentina di iniziative, in tutta Italia, per incontrare e informare la gente. «I numeri dei nostri interventi continuano a salire ha detto Maurizio Dellantonio, presidente nazionale Cnsas ed è accaduto anche nel 2021, malgrado l'avvio tardivo della stagione estiva. Forse dobbiamo concentrarci di più sull'informazione. Oggi a Cortina

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abbiamo riunito ospiti illustri, a riprova della rete di rapporti veri, che si sono creati negli anni». Sul tavolo l'accordo fra Vigili del fuoco e Cnsas, fra stato e volontari, che non si definisce ancora: «Questo accordo pareva cosa fatta, qualche settimana fa, poi si sono frapposti dei veti, che spero vengano rimossi presto. Resto allibito, di fronte a questi impedimenti. Spero sia cucito in fretta quel piccolo foro, che ancora c'è, nella rete fra istituzioni», ha commentato Dellantonio. Gli ha risposto Laura Lega, capo dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile: «Non ci sono veti. Noi siamo pronti da un anno. Bisogna solamente definire le parole, perché non differiscano dalle norme. Bisogna far sopire le tensioni sul territorio, che ci sono state, e definire gli ambiti di competenza, con chiarezza. Va definito anche lo scenario operativo, per non esporre gli operatori a responsabilità». Il saluto della comunità d'Ampezzo è venuto dal sindaco Gianluca Lorenzi, in uno dei suoi primi interventi istituzionali, dopo l'elezione. Agli ospiti ha ricordato la cerimonia con cui fu attribuita al Soccorso alpino la cittadinanza onoraria di Cortina, il 9 luglio 2016, e ha rinnovato l'invito ad affrontare la montagna con responsabilità, per non mettere in pericolo la propria vita e quella degli altri. Il deputato bellunese Federico D'Incà, ministro per i rapporti con il Parlamento, ha ricordato che più volte sono state migliorate le norme sul soccorso alpino. «Quest'anno riprende appieno il turismo in montagna, che si riempie di persone, desiderose di vivere all'aria aperta. Ma nel 2021 ci furono diecimila soccorsi del Cnsas, con trentamila giornate di lavoro, da parte dei 43 mila volontari, e purtroppo si contarono 450 vittime. Va migliorata la prevenzione. Dobbiamo migliorare la collaborazione fra le forze, in questo caso Cnsas e Vigili del fuoco. Serve un'architettura di collaborazione, fra stato e volontariato, per prendersi cura di chi va in montagna». Ha ricordato inoltre il sacrificio della vita dei soccorritori, negli episodi del finanziere Sergio Franzese, morto il 5 settembre 2020, e dei quattro uomini di Falco, caduti il 22 agosto 2009. «In montagna prevale la competenza, non le gerarchie formali ha ammonito Roberto Chieppa, della presidenza del Consiglio dei ministri, anch'egli volontario soccorritore Cnsas fare rete significa coordinarsi, non sovrapporsi; collaborare, non competere; essere determinati per soccorrere le persone». Fabrizio Curcio, a capo della Protezione civile nazionale, ha ammonito: «Al cittadino interessa la risposta del sistema, non interessano le competenze di ogni istituzione. Per lo sviluppo del soccorso bisogna anticipare le esigenze del cittadino. Per riuscirci, non c'è dubbio, bisogna lavorare in rete. Servono procedure per omogeneizzare le competenze tecniche». Il capo dei Vigili del fuoco Guido Parisi ha citato i duemila interventi al giorno del suo personale, in Italia: «Noi usciamo sempre in cinque, abbiamo un forte senso del fare squadra. Il soccorso inizia dalle sale operative, nella prima risposta al cittadino: poi da lì devono avviarsi le comunicazioni fra le diverse forze. Amo il termine cooperazione, è più forte di collaborazione, per indicare l'operare con gli altri». Marco Dibona

NOTIZIE DAL CLUB ALPINO ITALIANO Corriere delle Alpi | 15 giugno 2022 p. 27 Diciotto sezioni del Cai fanno squadra: «Al lavoro per il bene delle terre alte» Fabrizio Ruffini BELLUNO Le sezioni Cai bellunesi si uniscono in un unico coordinamento provinciale, una grande occasione per promuovere assieme la montagna vista con gli occhi di chi la vive 365 giorni all'anno e per migliorare il lavoro dei volontari sull'intera rete sentieristica. Presenti tutte le 18 sezioni della provincia di Belluno, e precisamente Agordo (con il presidente Dario Dell'Osbel), Alpago (Luca Dal Paos), Auronzo (Stefano Muzzi), Belluno (Paolo Barp), Calalzo (Antonella Fornari), Caprile (Giorgio Mocellin), Cortina (Luigi Alverà), Domegge (Gianfranco Valagussa), Feltre (Angelo Ennio De Simoi), Livinallongo (Giuseppe Cappelletto), Longarone (Giacomo Cesca), Lorenzago (Emilio Fabbro), Lozzo (Davide Borca), Pieve di Cadore (Lio De Nes), San Vito (Mauro De Vido), Val Comelico (Gianluigi Topran d'Agata), Val di Zoldo (Laura De Rocco) e Vigo (Carlo Franchin). Una composizione che, tutta assieme, rappresenta i due terzi delle Dolomiti. «Vogliamo essere gli interlocutori degli enti pubblici e privati sulle questioni legate alla montagna», spiega il coordinatore Gianluigi Topran d'Agata, che sarà affiancato dai vicecoordinatori Laura De Rocco e Angelo Ennio De Simoi, oltre che dal segretario Roberto Foppa, «cerchiamo di superare i campanilismi e di lavorare tutti assieme per il bene della montagna bellunese». Il coordinamento, infatti, costituisce luogo d'incontro e di discussione in relazione ai problemi di comune interesse per perseguire unitarietà di intenti e di indirizzi, ma favorisce anche i rapporti intersezionali di collaborazione volti a promuovere iniziative comuni anche ai fini della comunicazione e dell'informazione, delle attività e delle finalità istituzionali. Inoltre rappresenta in maniera unitaria le sezioni del territorio nei rapporti sia interni al Cai, sia esterni con enti pubblici o privati. Il Coordinamento sezioni Dolomiti bellunesi tratterà progetti e tematiche proprie del Cai, tra i quali spicca il mantenimento, miglioramento e la segnaletica di oltre 2500 km di sentieri, importanti "infrastrutture" della montagna, attrattiva per l'escursionismo e il turismo esperienziale, attività motivanti per il

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viaggiatore escursionista o turista che frequenta la montagna. «Il turismo estivo va incentivato, ma anche gestito nel migliore dei modi», continua Topran d'Agata, «per questo motivo sosterremo iniziative di promozione per evitare che i turisti affrontino la montagna come fosse un luna park e lavoreremo di squadra per la miglior manutenzione della rete sentieristica». Le tematiche dell'ambiente, per la sua tutela e valorizzazione, poi, vengono proposte come "viste dal punto di vista dei montanari" : «Le cose in montagna vanno fatte, perché in montagna le persone devono viverci», continua il coordinatore provinciale, «l'ambiente montano, con i suoi problemi, soprattutto quelli demografici, offre anche delle opportunità, ci proponiamo per mediare tra i "no" e le necessità di chi in montagna ci vive, ponendoci come interlocutori del fare e fare bene». Nel frattempo, sono già stati avviati dei gruppi di lavoro condiviso allo scopo di approfondire e sviluppare argomenti quali l'attività giovanile, la frequentazione della montagna in sicurezza con l'iniziativa "Montagna amica e sicura", l'informatizzazione, la comunicazione, il marketing e le attività in collaborazione fra sezioni. Un valore aggiunto per tutto il Cai in sinergia con il gruppo regionale e il direttivo centrale. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 15 giugno 2022 p. 35 Cai, prima riunione a Cortina per il nuovo consiglio centrale CORTINA Il Cai resta contrario alla pista di bob. Il Club alpino veneto lo ha scritto, l'autunno scorso, nella petizione per la raccolta di firme. Lo conferma il nuovo presidente del Cai, Antonio Montani, salendo a Cortina il 10 luglio. Cortina che, è bene ricordarlo, ha la sezione del Cai presieduta dall'architetto Luigi Alverà, ex vicesindaco, che nella predisposizione degli impianti, prima per i Mondiali e poi per le Olimpiadi, ha attivamente collaborato. Il 10 a Cortina ci sarà l'intero vertice del Cai, che ai piedi delle Tofane terrà un consiglio straordinario per concretizzare il proprio impegno «per la tutela dell'ambiente in vista delle Olimpiadi». Il consiglio centrale del Cai riprenderà, dopo quattro anni, il proprio impegno attivo sui territori con un primo appuntamento, quello appunto di Cortina. Sotto espressa richiesta del nuovo presidente, verranno inoltre convocati i referenti nazionali del Cai per quello che viene annunciato come «un aperto confronto sugli impatti ambientali». La visita di Montani è importante perché il Veneto non è rappresentato ai vertici dell'organizzazione, dopo la sconfitta per pochi voti, alle recenti elezioni, di Francesco Carrer, già presidente regionale. È prevedibile, dunque, che il neopresidente, nel tentativo di ricucire, non smentirà le posizioni già espresse: di contrarietà non alle Olimpiadi, ma alla nuova Eugenio Monti. Sulle Olimpiadi 2026 sin da subito - conferma, infatti, una nota del Cai - il Club alpino, insieme ad altre associazioni, ha espresso la propria seria preoccupazione per gli impatti ambientali connessi alla costruzione delle infrastrutture per le competizioni. Preoccupazione ribadita in più occasioni e legata principalmente alla mancanza di una VAS nazionale (valutazione ambientale strategica) per le opere previste, ai forti investimenti per la costruzione di impianti sportivi che rischiano di diventare cattedrali nel deserto (pista da bob e villaggio olimpico a Cortina, palazzo di pattinaggio di Baselga di Piné) e per la realizzazione di nuove grandi strade a Cortina, Cadore, in Valtellina e Alto Adige. «Dopo diversi anni di attività stanziale del direttivo presso la sede centrale di Milano, è desiderio della nuova presidenza aprirsi al territorio con la frequentazione attiva. La scelta di Cortina come sede del primo incontro non è naturalmente casuale», afferma il presidente generale, «è un modo per testimoniare in maniera concreta il nostro impegno per la tutela dell'ambiente montano, in questo particolare caso legato alle Olimpiadi invernali, e per uno sviluppo che sia davvero attento alla sostenibilità. Il Cai crede in un ambientalismo legato alla frequentazione e questa sarà solo la prima delle iniziative che porteranno la classe dirigente a toccare con mano i problemi ambientali delle montagne italiane, grazie al supporto dei volontari sul territorio, per prendere decisioni consapevoli che possano fare la differenza». Il Cai desidera - si fa sapere dalla sede centrale - con questo evento, porre le basi per coinvolgere i propri rappresentanti con deleghe ambientali, in particolare quelli ai tavoli olimpici, e al tempo stesso attivarsi per creare sinergie e momenti di confronto con le altre associazioni di settore con cui poter fare squadra. --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE E ACCOMPAGNATORI DI MEDIA MONTAGNA Corriere delle Alpi | 8 giugno 2022 p. 20 Guide alpine, boom di richieste

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«Un'estate da tutto esaurito» Paola Dall'Anese Belluno Sarà un'estate di grande lavoro per le guide alpine e per gli accompagnatori di media montagna. A dirlo è il presidente delle guide alpine venete, Marco Spazzini. «Già la stagione invernale aveva visto tanti turisti rivolgersi a noi per le escursioni nonostante la neve non fosse molta, ora per l'estate abbiamo già i carnet quasi pieni e i colleghi sono già pronti. In settimana», sottolinea Spazizni, «partirò personalmente con un gruppo di ragazzi americani che verranno 15 giorni tra le Dolomiti Unesco, a Cortina e poi in Badia, per fare delle vacanze esperienziali, sperimentando ferrate, trekking, notti passate nei bivacchi e torrentismo». I contatti con le guide alpine o con gli accompagnatori di media montagna avvengono tramite i siti privati, grazie a conoscenze personale o tramite le agenzie di viaggio. Qualche volta sono le stesse località di montagna che, tramite gli uffici turistici, organizzano dei tour in quota. La disponibilità delle guide va da una giornata ad alcuni giorni: «Sicuramente lo straniero mira a una prestazione da parte nostra di più giorni, le famiglie, invece, sono orientate verso un'escursione di un giorno», dice il presidente veneto di categoria, soddisfatto per l'aumento delle richieste di prestazioni: «La gente vuole fare esperienza in montagna ma in sicurezza, sotto la guida di persone esperte. E questo è apprezzabile».A seconda dell'età dei fruitori, cambiano anche le richieste alle guide. «I giovani chiedono perlopiù attività dinamiche e adrenaliniche come il canyoning. Si tratta di un'attività che sta andando moltissimo, specie sui torrenti di alta montagna di cui le Dolomiti sono ricche. Le persone di mezza età o le famiglie prediligono le escursioni, le passeggiate e in questo caso a guidarli sono gli accompagnatori di media montagna. Qualche volta chiedono anche ferrate o attività nei ghiacciai».Molto bene sta andando anche la bicicletta: «Siamo preparati anche per la mountain bike con pedalata assistita, che permette di affrontare sentieri impervi e ripidi, allentando la fatica, ma garantendo comunque un certo brivido. Anche questa è un'attività richiesta da una platea di turisti molto ampia», tiene a precisare Spazzini, che evidenzia come questo boom della montagna si è riscontrato dopo l'entrata delle Dolomiti nel patrimonio Unesco: «Un marchio che ha influito e reso più interessante la conoscenza delle nostre montagne».Le guide alpine forniscono anche l'attrezzatura ai loro clienti: dopo una breve riunione al mattino prima di partire, in cui vengono impartite alcune nozioni e regole basilari per l'attività in quota, la comitiva si mette in marcia. Per quanto riguarda le tariffe «i prezzi sono indicativi, visto che con la legge Bersani si è dato il via al libero mercato», dice Spazzini, che poi ricorda: «Insieme con la Fondazione Unesco abbiamo avviato una formazione ad hoc per consentire i percorsi geotrail previsti dalla Fondazione stessa, con l'obiettivo di far conoscere ai turisti la composizione geologica di queste montagne uniche al mondo». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

NOTIZIE DAI PARCHI Corriere delle Alpi | 11 giugno 2022 p. 21 Un Parco per tutti Via ai pacchetti turistici per persone down FELTRE Il Parco delle Dolomiti prosegue sulla strada di unire la tutela delle persone con disabilità con un turismo sostenibile, non solo nei percorsi nella natura, ma anche attraverso la conoscenza di alcuni tesori artistici presenti nelle città e nei borghi della provincia. La sezione di Belluno dell'Associazione italiana persone down, col sostegno economico del Parco, ha costruito pacchetti di visita nel Bellunese e li ha promossi nelle 56 sezioni. "Ti guido: verso un Parco accessibile a tutti" è il nuovo progetto di fruizione e promozione che parte nei prossimi giorni e si svilupperà in 4 annualità, per ciascuna delle quali parteciperanno due sezioni Aipd, con sei giovani con sindrome di down e due operatrici. Da domenica 19 fino a sabato 25, le prime sezioni Aipd coinvolte nelle attività organizzate per tutta la settimana sono quelle di Potenza e di Anzio-Nettuno. «Questo progetto rafforza la collaborazione, avviata da anni, tra l'Ente parco e l'Aipd», dice il presidente Ennio Vigne. «È un esempio concreto di integrazione tra attività di promozione turistica e di sostenibilità, non solo economica, ma anche sociale, grazie all'idea innovativa dell'Aipd di rendere le persone con disabilità non semplici fruitori del Parco ma protagonisti in prima persona, con un coinvolgimento diretto nelle attività di preparazione e di conduzione della visita e di promozione del nostro territorio in tutta Italia attraverso l'Aipd nazionale le sue sezioni locali». Con Aipd Belluno e Parco, lavoreranno le guide naturalistiche di "Mazarol" e altre realtà. In particolare l'associazione Isoipse proporrà un laboratorio multimediale al museo etnografico di Seravella, la guida turistica provinciale Isabella Pilo condurrà le visite ad alcuni siti artistici e archeologici. Infine l'associazione Teatro Piteco sta realizzando un laboratorio teatrale con un bel gruppo di giovani con sindrome di down, in vista di uno spettacolo da offrire ai turisti della settimana di "Ti guido". I partecipanti verranno accompagnati alla scoperta del

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Parco dalle guide del "Mazarol", ma anche da alcuni giovani dell'Aipd locale. Si tratta dello sviluppo del precedente progetto "Slow down" che nel triennio 2017-19 ha incentivato il turismo ecosostenibile e valorizzato il Parco, con particolare attenzione al tema dell’accessibilità. Per un triennio, con cadenza bi-trimestrale i giovani dell'Aipd Belluno hanno percorso, con le guide della cooperativa "Mazarol", i sentieri del Parco, coinvolgendo anche il Centro diurno. -- Raffaele Scottini © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 12 giugno 2022 p. 28 Bletterbach scommette sul «Sentiero dei sauri» Massimiliano Bona ALDINO Si chiama «Sentiero dei Sauri», è rivolto principalmente ai bambini e alle famiglie (ma non solo) ed è la nuova interessante scommessa del Geoparc Bletterbach di Aldino, il cui obiettivo di fondo è quello di incrementare il numero annuo di visitatori. Le due guide (in una dettagliata brochure) saranno due piccoli geologi, Lilly e Tim, destinati a catalizzare l'attenzione dei più piccoli. L'inaugurazione è fissata per sabato 18 giugno alle 10 al Centro visite, nell'ambito di un evento che segnerà di fatto l'avvio della stagione estiva. Un viaggio nel tempo e nello spazio. Il Sentiero dei Sauri propone un viaggio alla scoperta del Permiano tornando indietro di 260 milioni di anni fino all'epoca in cui si formarono le rocce e i fossili del Bletterbach e delle Dolomiti. «Adatto alle famiglie con bambini ma anche agli anziani, alle persone con disabilità e ai patiti delle camminate, il sentiero - spiega Maria Pichler - conduce sulle tracce degli animali, delle piante e degli insetti che popolavano questa zona». Un percorso circolare con 9 stazioni. Il percorso circolare è composto da 9 stazioni che permettono uno sguardo particolare alla gola del Bletterbach e alle Dolomiti patrimonio Unesco, La prima stazione, poco distante dal parcheggio, è «La macchina del tempo» e poi a seguire ci saranno «I rettili del Permiano», «Le piante del Permiano», «Le rocce delle Dolomiti», «Gli insetti del Permiano», «Pollini e spore fossili», ma anche il «Gioco con la storia della Terra», all'altezza di malga Lahner. Imperdibilr anche la piattaforma panoramica dalla quale si può gustare un panorama mozzafiato da un punto di osservazione privilegiato. Il sentiero dei sauri sarà benedetto dal parroco Heinrich Guadagnini ma saranno presenti anche il sindaco Christoph Matzneller e il presidente del Geoparc Peter Daldos, nonché l'assessora provinciale Maria Magdalena Hochgruber Kuenzer e gli scienziati Riccardo Tomasoni del Muse di Trento ed Evelyn Kustatscher del Museo di Scienze Naturali di Bolzano. Immancabili le note della banda musicale di Aldino. Le rocce della forra di Aldino.Entrati nella forra, ci troviamo tra rocce antichissime, tra cui il Porfido quarzifero di Bolzano. Risale a moltissimi anni fa (circa 280 - 260 milioni) e si formò grazie ad immense quantità di magma, frutto dell'esplosione di diversi vulcani. Sopra il porfido si trova l'arenaria della Val Gardena, formatadi con la sabbia portata da un fiume. I granelli si sono sedimentati (20 cm in 1000 anni) e con il tempo si sono cementifi cati, diventando roccia. Negli strati di Arenaria, negli ultimi anni, alcuni ricercatori hanno trovato, impresse nella roccia, delle impronte di rettili che vivevano in questi luoghi circa 260 milioni di anni fa. Sopra gli strati di Arenaria ci sono gli strati di Bellerophon e di Werfen. Anche questi ultimi hanno origini marine, uno spessore di circa 400 metri e contengono molti fossili (conchiglie, lumache e alghe). Sopra tutti questi strati di rocce diverse si trova la Dolomia del Serla del Corno Bianco. È di color bianco candido e, come gli strati sottostanti, si è formato sul fondo del mare da un immenso deposito di alghe calcaree.Trovate le impronte di almeno 20 specie di animali.La forra del "Bletterbach" è un paradiso per gli scienziati. Negli strati di Arenaria sono state trovate, infatti, le impronte di almeno 20 specie diverse di animali. Il più grande rettile vissuto in questi luoghi è il Pachypes dolomiticus. Si nutriva probabilmente di erba e piante e aveva le dimensioni di un elefante di media grandezza. Tutti questi sauri vissero molto prima dei dinosauri, circa 260 milioni di anni fa, in un periodo che gli studiosi chiamano Permiano. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

EDITORIALI L’Adige | 27 giugno 2022 p. 38, segue dalla prima pagina La folle moda dei "panchinoni" editoriale a cura di Annibale Salsa

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Come sperimentiamo ogni giorno, la nostra è una società dominata dagli eccessi, espressioni di una cultura egemone capillarmente diffusa. Tra questi eccessi si va diffondendo in maniera pervasiva, per effetto di rapida emulazione, il fenomeno dei "panchinoni". Si tratta di panchine giganti e policrome, del tutto fuori scala, installate in luoghi di grande panoramicità e di pregio paesaggistico. Ma, a causa di tale invadenza seriale, i luoghi di eccellenza dove i panchinoni («Big Bench» in versione anglofona dominante) sono collocati, corrono il rischio di diventare anonimi non-luoghi che ti fanno sentire dappertutto e da nessuna parte. La qualità paesaggistica dei siti ne risente in maniera pregiudizievole. Gli spazi destinati a queste installazioni si stanno deteriorando nel trasformarsi sovente in pattumiere e perdere così quelle peculiarità che li rendevano attraenti. Siamo al trionfo del «kitsch». La nascita del turismo nelle Alpi a fine Ottocento, in Svizzera e sulle Dolomiti, aveva indotto gli operatori turistici di quelle località a collocare graziose panchine, leggere e discrete, in posizioni atte a favorire la contemplazione di paesaggi dotati di elevata qualità estetica. In quegli anni caratterizzati dalla nascita del turismo alpino (e non solo), la dominante culturale non era la fretta compulsiva del mordi e fuggi da fissare attraverso un selfie con cui segnalare una presenza effimera e diffonderla in tempo reale agli amici del proprio gruppo Facebook. La cultura dei turisti di allora era ben diversa rispetto a quella di molti turisti (?) di oggi. Era la cultura del «vedere» consapevole, ricca di intenzionalità empatica, corroborata dalla pratica della contemplazione. Oggi - viceversa - all'atto del vedere, che è un atto della mente prima ancora di quello dell'apparato organico, si è sostituito lo «sguardo» di sorvolo, come scriveva il filosofo Maurice Merleau-Ponty che di percezione paesaggistica se ne intendeva. Vedere e guardare non hanno un significato equivalente in quanto il primo è orientato alla profondità mentre il secondo alla superficialità. A questo punto è lecito domandarsi quale sia l'origine del fenomeno. Tutto è riconducibile all'idea del designer americano Chris Bangle (una delle tante americanate di cattivo gusto da cui siamo circondati) il quale, ritenendo di inventare qualcosa di stravagante, ha lanciato l'idea che, grazie all'emulazione incoraggiata dai «media», ha già interessato ben 143 installazioni in Italia, di cui tre in Trentino, nei territori di Romallo, Ledro e Buffaure a 2.000 metri di altitudine. Fin qui ho espresso riserve di ordine estetico relative al carattere effimero di queste strutture. Tuttavia, un altro problema da non sottovalutare riguarda i profili relativi alla sicurezza. Trattandosi di manufatti di una certa altezza da terra vi è da preoccuparsi del pericolo che possono correre i bambini nell'innato bisogno di arrampicarsi su tali strutture all'apparenza così seducenti per i più piccoli. In molti siti questi panchinoni sono collocati su piattaforme di calcestruzzo destinate a un lento quanto inevitabile degrado non appena la moda si sarà esaurita perdendo l'attrattiva dell'originalità. Negli ultimi due anni, durante i mesi estivi segnati dalla pandemia, la comprensibile quanto legittima voglia di evadere dalla clausura sanitaria, ha innescato vere e proprie invasioni di massa su territori ambientalmente e paesaggisticamente fragili. Frotte di sedicenti turisti, molti dei quali senza una precisa conoscenza dei luoghi che andavano a visitare, si sono riversati in montagna o sui laghi alpini creando situazioni che con il turismo esperienziale e consapevole avevano ben poco da spartire. Il fenomeno è destinato ad amplificarsi e già si parla di «Overtourism» (sovraffollamento turistico) che, in base alla definizione data dall'Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO), si caratterizza per: «l'impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori». Nel territorio delle Dolomiti, in particolare, è rimbalzato il caso del Lago di Braies, in Val Pusteria, a seguito della pubblicità diffusa da un noto serial televisivo o recentemente quello del Lago di Carezza. Altre realtà riguardano l'area delle Tre Cime di Lavaredo e i passi dolomitici. Con le nuove modalità di approccio ai territori di interesse turistico la dimensione reale dei luoghi è costretta ad arretrare per fare posto alla dimensione virtuale nella quale siamo immersi in questo nostro alienante mondo dominato dall'assenza del limite.

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