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EDITORIALI

Parco dalle guide del "Mazarol", ma anche da alcuni giovani dell'Aipd locale. Si tratta dello sviluppo del precedente progetto "Slow down" che nel triennio 2017-19 ha incentivato il turismo ecosostenibile e valorizzato il Parco, con particolare attenzione al tema dell’accessibilità. Per un triennio, con cadenza bi-trimestrale i giovani dell'Aipd Belluno hanno percorso, con le guide della cooperativa "Mazarol", i sentieri del Parco, coinvolgendo anche il Centro diurno. -- Raffaele Scottini © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 12 giugno 2022

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Bletterbach scommette sul «Sentiero dei sauri»

Massimiliano Bona ALDINO Si chiama «Sentiero dei Sauri», è rivolto principalmente ai bambini e alle famiglie (ma non solo) ed è la nuova interessante scommessa del Geoparc Bletterbach di Aldino, il cui obiettivo di fondo è quello di incrementare il numero annuo di visitatori. Le due guide (in una dettagliata brochure) saranno due piccoli geologi, Lilly e Tim, destinati a catalizzare l'attenzione dei più piccoli. L'inaugurazione è fissata per sabato 18 giugno alle 10 al Centro visite, nell'ambito di un evento che segnerà di fatto l'avvio della stagione estiva. Un viaggio nel tempo e nello spazio. Il Sentiero dei Sauri propone un viaggio alla scoperta del Permiano tornando indietro di 260 milioni di anni fino all'epoca in cui si formarono le rocce e i fossili del Bletterbach e delle Dolomiti. «Adatto alle famiglie con bambini ma anche agli anziani, alle persone con disabilità e ai patiti delle camminate, il sentiero - spiega Maria Pichler - conduce sulle tracce degli animali, delle piante e degli insetti che popolavano questa zona». Un percorso circolare con 9 stazioni. Il percorso circolare è composto da 9 stazioni che permettono uno sguardo particolare alla gola del Bletterbach e alle Dolomiti patrimonio Unesco, La prima stazione, poco distante dal parcheggio, è «La macchina del tempo» e poi a seguire ci saranno «I rettili del Permiano», «Le piante del Permiano», «Le rocce delle Dolomiti», «Gli insetti del Permiano», «Pollini e spore fossili», ma anche il «Gioco con la storia della Terra», all'altezza di malga Lahner. Imperdibilr anche la piattaforma panoramica dalla quale si può gustare un panorama mozzafiato da un punto di osservazione privilegiato. Il sentiero dei sauri sarà benedetto dal parroco Heinrich Guadagnini ma saranno presenti anche il sindaco Christoph Matzneller e il presidente del Geoparc Peter Daldos, nonché l'assessora provinciale Maria Magdalena Hochgruber Kuenzer e gli scienziati Riccardo Tomasoni del Muse di Trento ed Evelyn Kustatscher del Museo di Scienze Naturali di Bolzano. Immancabili le note della banda musicale di Aldino. Le rocce della forra di Aldino.Entrati nella forra, ci troviamo tra rocce antichissime, tra cui il Porfido quarzifero di Bolzano. Risale a moltissimi anni fa (circa 280 - 260 milioni) e si formò grazie ad immense quantità di magma, frutto dell'esplosione di diversi vulcani. Sopra il porfido si trova l'arenaria della Val Gardena, formatadi con la sabbia portata da un fiume. I granelli si sono sedimentati (20 cm in 1000 anni) e con il tempo si sono cementifi cati, diventando roccia. Negli strati di Arenaria, negli ultimi anni, alcuni ricercatori hanno trovato, impresse nella roccia, delle impronte di rettili che vivevano in questi luoghi circa 260 milioni di anni fa. Sopra gli strati di Arenaria ci sono gli strati di Bellerophon e di Werfen. Anche questi ultimi hanno origini marine, uno spessore di circa 400 metri e contengono molti fossili (conchiglie, lumache e alghe). Sopra tutti questi strati di rocce diverse si trova la Dolomia del Serla del Corno Bianco. È di color bianco candido e, come gli strati sottostanti, si è formato sul fondo del mare da un immenso deposito di alghe calcaree.Trovate le impronte di almeno 20 specie di animali.La forra del "Bletterbach" è un paradiso per gli scienziati. Negli strati di Arenaria sono state trovate, infatti, le impronte di almeno 20 specie diverse di animali. Il più grande rettile vissuto in questi luoghi è il Pachypes dolomiticus. Si nutriva probabilmente di erba e piante e aveva le dimensioni di un elefante di media grandezza. Tutti questi sauri vissero molto prima dei dinosauri, circa 260 milioni di anni fa, in un periodo che gli studiosi chiamano Permiano. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 27 giugno 2022

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La folle moda dei "panchinoni" editoriale a cura di Annibale Salsa

Come sperimentiamo ogni giorno, la nostra è una società dominata dagli eccessi, espressioni di una cultura egemone capillarmente diffusa. Tra questi eccessi si va diffondendo in maniera pervasiva, per effetto di rapida emulazione, il fenomeno dei "panchinoni". Si tratta di panchine giganti e policrome, del tutto fuori scala, installate in luoghi di grande panoramicità e di pregio paesaggistico. Ma, a causa di tale invadenza seriale, i luoghi di eccellenza dove i panchinoni («Big Bench» in versione anglofona dominante) sono collocati, corrono il rischio di diventare anonimi non-luoghi che ti fanno sentire dappertutto e da nessuna parte. La qualità paesaggistica dei siti ne risente in maniera pregiudizievole. Gli spazi destinati a queste installazioni si stanno deteriorando nel trasformarsi sovente in pattumiere e perdere così quelle peculiarità che li rendevano attraenti. Siamo al trionfo del «kitsch». La nascita del turismo nelle Alpi a fine Ottocento, in Svizzera e sulle Dolomiti, aveva indotto gli operatori turistici di quelle località a collocare graziose panchine, leggere e discrete, in posizioni atte a favorire la contemplazione di paesaggi dotati di elevata qualità estetica. In quegli anni caratterizzati dalla nascita del turismo alpino (e non solo), la dominante culturale non era la fretta compulsiva del mordi e fuggi da fissare attraverso un selfie con cui segnalare una presenza effimera e diffonderla in tempo reale agli amici del proprio gruppo Facebook. La cultura dei turisti di allora era ben diversa rispetto a quella di molti turisti (?) di oggi. Era la cultura del «vedere» consapevole, ricca di intenzionalità empatica, corroborata dalla pratica della contemplazione. Oggi - viceversa - all'atto del vedere, che è un atto della mente prima ancora di quello dell'apparato organico, si è sostituito lo «sguardo» di sorvolo, come scriveva il filosofo Maurice Merleau-Ponty che di percezione paesaggistica se ne intendeva. Vedere e guardare non hanno un significato equivalente in quanto il primo è orientato alla profondità mentre il secondo alla superficialità. A questo punto è lecito domandarsi quale sia l'origine del fenomeno. Tutto è riconducibile all'idea del designer americano Chris Bangle (una delle tante americanate di cattivo gusto da cui siamo circondati) il quale, ritenendo di inventare qualcosa di stravagante, ha lanciato l'idea che, grazie all'emulazione incoraggiata dai «media», ha già interessato ben 143 installazioni in Italia, di cui tre in Trentino, nei territori di Romallo, Ledro e Buffaure a 2.000 metri di altitudine. Fin qui ho espresso riserve di ordine estetico relative al carattere effimero di queste strutture. Tuttavia, un altro problema da non sottovalutare riguarda i profili relativi alla sicurezza. Trattandosi di manufatti di una certa altezza da terra vi è da preoccuparsi del pericolo che possono correre i bambini nell'innato bisogno di arrampicarsi su tali strutture all'apparenza così seducenti per i più piccoli. In molti siti questi panchinoni sono collocati su piattaforme di calcestruzzo destinate a un lento quanto inevitabile degrado non appena la moda si sarà esaurita perdendo l'attrattiva dell'originalità. Negli ultimi due anni, durante i mesi estivi segnati dalla pandemia, la comprensibile quanto legittima voglia di evadere dalla clausura sanitaria, ha innescato vere e proprie invasioni di massa su territori ambientalmente e paesaggisticamente fragili. Frotte di sedicenti turisti, molti dei quali senza una precisa conoscenza dei luoghi che andavano a visitare, si sono riversati in montagna o sui laghi alpini creando situazioni che con il turismo esperienziale e consapevole avevano ben poco da spartire. Il fenomeno è destinato ad amplificarsi e già si parla di «Overtourism» (sovraffollamento turistico) che, in base alla definizione data dall'Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO), si caratterizza per: «l'impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori». Nel territorio delle Dolomiti, in particolare, è rimbalzato il caso del Lago di Braies, in Val Pusteria, a seguito della pubblicità diffusa da un noto serial televisivo o recentemente quello del Lago di Carezza. Altre realtà riguardano l'area delle Tre Cime di Lavaredo e i passi dolomitici. Con le nuove modalità di approccio ai territori di interesse turistico la dimensione reale dei luoghi è costretta ad arretrare per fare posto alla dimensione virtuale nella quale siamo immersi in questo nostro alienante mondo dominato dall'assenza del limite.