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NOTIZIE DAI RIFUGI

L’Adige | 4 giugno 2022

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Rifugi aperti in anticipo, allarme acqua

barbara goio «Dimentichiamo la stagione canonica 20 giugno - 20 settembre: ormai l'estate in montagna ha ritmi tutti suoi». Roberta Silva, che da molti anni gestisce il rifugio Roda di Vael, e che è la presidente dell'associazione gestori dei rifugi del Trentino, da una parte è contenta perché questo inizio giugno vede buona parte dei presidi già aperti ed in piena attività, «con gli escursionisti stupiti dei prati in fiore a 2300 metri di altezza», dall'altra si devono fare i conti con una situazione climatica molto complessa. «Ci preoccupa - spiega - la disponibilità di acqua: i ghiacciai si sono enormemente ridotti a causa del riscaldamento globale e questo inverno così arido non ha permesso l'accumulo di neve in quota. Alcuni rifugisti hanno già notato la minor potenza dell'acqua e anche chi fa affidamento alle sorgenti in alta montagna ha diversi problemi di approvvigionamento. Chi invece può contare sull'allacciamento all'acquedotto comunale, è più tranquillo. Dobbiamo però aspettare luglio per capire la portata del fenomeno». L'andamento climatico è dunque sempre più aleatorio: durante questa primavera lo zero termico è salito sopra i 3500 metri e se il disgelo non disgela l'acqua immagazzinata nei nevai, la situazione può diventare critica. Intanto però il turismo va a gonfie vele: «Stanno arrivando tantissime richieste e prenotazioni - riprende Silva - anche dall'estero, dalla Germania ma anche dagli Stati Uniti, adesso che sono state riaperte le frontiere. Già per questo fine settimana c'è molto movimento». Dopo due anni di restrizioni a causa della pandemia da Covid, la montagna mostra tutta la sua attrattività. «Restano in vigore alcune precauzioni - riprende la presidente - ma la gente è più rilassata, si muove con più tranquillità». In Trentino i rifugi sono circa 150, molto diversi tra di loro, sa per comfort che per difficoltà ad essere raggiunti.Due sono i fronti su cui l'attività legata ai rifugi si può ancora migliorare: rafforzare l'identità della montagna e dei valori a cui è ancorata, e la sostenibilità. «A noi rifugisti - ammette Silva - piacerebbe che questi nuovi frequentatori, che sono tanti e che ovviamente apprezziamo, conoscessero meglio noi e la nostra storia: troppo spesso ci considerano solo dei ristoratori, ed invece il rifugio è un vero presidio d'alta montagna. Siamo molto di più che solamente dei punti ristoro». «Un altro tema - riprende Silva riguarda l'ambiente: noi facciamo del nostro meglio per essere sostenibili, ma lavorare in quota ha delle esigenze davvero diverse da quelle di un'attività in città. E a volte questi nuovi frequentatori non se ne rendono ben conto».Per avere una panoramica completa e aggiornata di tutti i rifugi aperti in Trentino, basta consultare l'elenco sulla pagina Facebook dell'Associazione Rifugi del Trentino, dove sono anche riportate utili informazioni sullo stato dei sentieri.

Corriere delle Alpi | 5 giugno 2022

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Marmolada senza neve Capanna Punta Penia ha aperto in anticipo la stagione turistica

montagna Francesco Dal Mas Ormai da tre giorni Capanna Punta Penia, il più alto rifugio delle Dolomiti, in questo caso sul ghiacciaio della Marmolada, è aperta all'accoglienza estiva. Aurelio Soraruf, il proprietario, e Carlo Budel il gestore, non hanno atteso il 20 giugno per iniziare la stagione. Hanno deciso di anticiparla. «Quassù non c'è neve, ma solo roccia. Nuda roccia», dice Budel. «La ferrata più classica è praticabile, ben pulita. Scendere per il ghiacciaio, invece, è un po' pericoloso, perché, via la neve, si stanno aprendo i crepacci. E ci sono anche pericolosi seracchi».Grazie all'elicottero, Budel ha portato in quota 100 chili di farina ed i primi giorni di permanenza li ha impiegati per confezionare splendidi dolci. I primi escursionisti sono già arrivati. Di solito al mattino il tempo è splendido. S'imbruttisce il pomeriggio, quando, a volte, arriva anche la tempesta. Budel ha impegnato le ultime ore a leggere il rapporto dell'Arpav sulle risorse idriche, per approfondire le tematiche della situazione.Sulle Dolomiti il mese di maggio è stato caldo con una temperatura sopra la norma del periodo 1991- 2020 (+2.3° C): la prima decade, quando è nevicato, è stata fresca, mentre la seconda (record dal 1991) e la terza sono state particolarmente calde e oltre la norma. Dal giorno 9 al 28 le temperature sono sempre state oltre la media, con il 21 maggio giorno più caldo del mese; è seguito un marcato abbassamento con la minima del mese il giorno 29 preceduto solo dal 1 maggio. Dal 13 maggio in poi le temperature miti ed i temporali forti hanno accelerato la fusione del manto nevoso anche alle quote elevate. Nel mese sono caduti 70-80 centimetri di neve fresca oltre i 2500 metri di quota (prevalentemente nella prima decade) e 20-40 centimetri a 2200 metri nelle Dolomiti centro settentrionali.Il deficit finale dell'inverno - riferisce l'Arpav - è di -40% a 2200 metri di quota nelle Dolomiti (-240 centimetri circa) e -50% nelle Prealpi a 1600 metri (200 centimetri di neve in meno). A fine mese la neve si presenta irregolarmente distribuita: a chiazze, nei canaloni, lungo i versanti con buon riparo orografico e nelle zone di accumulo da vento. La neve residua ha un sottile strato superficiale dovuto alle nevicate del 29 e 30 maggio (neve oltre i 2500 metri, 1-10 centimetri).La risorsa idrica nivale al 31 maggio è difficilmente stimabile per la mancanza di immagini da satellite di qualità (oltre 20 giornate con cielo coperto nel mese) e per la forte irregolarità della copertura nevosa. Si stima comunque una risorsa idrica assai ridotta: circa 4-8 milioni di metri cubi nel Cordevole, che attinge dalla Marmolada. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Trentino | 5 giugno 2022

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Rifugi, la stagione parte bene «Timori per acqua e personale» I gestori: «Tante prenotazioni, c’è voglia di montagna. Ma serve un approccio rispettoso»

TRENTO La stagione, per i rifugi alle quote più basse, è già partita: molti hanno riaperto dopo la pausa invernale a inizio giugno, alcuni addirittura a fine maggio. Mentre per le strutture poste più in alto, sopra i 2.500 metri, l’inaugurazione dell’estate arriverà tra la metà e la fine di giugno. Un’estate che si annuncia incoraggiante. «La prospettiva è rosea, le prenotazioni ci sono» assicura Claudio Sartori, del Cai Bolzano. E Roberta Silva, presidente dell’associazione rifugi del Trentino, conferma: «C’è tanta voglia di frequentare la montagna». Ma i problemi non mancano. L’acqua, in primo luogo: l’inverno avaro di neve ha ridotto al minimo le riserve, creando timori soprattutto nei rifugi più in alto. E a mettere in difficoltà i gestori è anche il «tema dei temi», lo stesso che sta facendo tribolare l’intero settore ricettivo: la ricerca del personale. «Molte strutture sono costrette a fare di necessità virtù» allarga le braccia Martin Knapp, dell’Alpenverein Südtirol. Qui Trentino In Trentino l’associazione rifugi ha predisposto una lista aggiornata, pubblicata sulle proprie pagine social, delle aperture delle strutture in quota: dalle Dolomiti di Brenta al Catinaccio, dallo Stivo alle Giudicarie, l’elenco traccia una mappa dettagliata dei possibili punti di appoggio per chi organizza una escursione. E con il caldo di questi giorni, la voglia di salire in quota è alta. Non solo: «Dopo due anni di pandemia, c’è anche voglia di normalità» osserva Silva, che sul Catinaccio gestisce da anni il rifugio Roda de Vael (aperto dal 28 maggio). La riduzione delle misure anti-Covid contribuisce a dare ancora di più l’immagine di normalità. «Chi aveva cameroni — ricorda la presidente dell’associazione rifugi — ha visto un calo dei pernottamenti fino al 40%. C’era molta gente durante il giorno, questo è vero, ma la notte ha segnato una riduzione evidente». Quest’anno le limitazioni sono più soft: ci sono, ma meno severe. «La gente che arriva al rifugio — nota Silva — sta comunque attenta». Anche perché ormai la tendenza al distanziamento è diventata parte della nostra quotidianità. In quota come nel fondovalle. Gli escursionisti, in ogni caso, «sono contenti». Ma a volte, ammette la presidente, fanno fatica ad accettare l’assenza di servizi che in quota non sono scontati. Come la doccia. «L’acqua — sospira Silva — è un bene 23

prezioso, in montagna ancora di più, ma molti escursionisti fanno fatica a capirlo. E fanno fatica a capire anche che la situazione non è uguale per tutte le realtà». In un periodo di siccità come questo, dopo un inverno praticamente senza neve, il problema per i rifugi è estremamente delicato. Se infatti l’assenza di neve ha permesso a molte strutture di aprire prima, la mancanza di acqua — per chi ha a disposizione magari solo un’unica sorgente — potrebbe complicare la stagione. «Scopriremo verso la fine di luglio l’entità del problema» spiega la titolare del Roda de Vael. Ma c’è anche un’altra preoccupazione. Che accomuna montagna, lago e valli: il problema della ricerca del personale. «Ci sono rifugi che non hanno ancora lo staff al completo» dice Silva. Di fatto, la stessa situazione che si sta verificando in molti alberghi e ristoranti. «Non so se sia per il Covid o per altri motivi — riflette la presidente — ma è difficile trovare personale per coprire l’intera stagione, che vogliamo portare da giugno a settembre-ottobre». Qui Alto Adige Conferma Sartori. «Anche in Alto Adige il personale è un problema estremamente grave» assicura il vicepresidente del Cai Bolzano. Che va oltre: «Ci sono addirittura dei rifugi — dice — che sono costretti a trasformare delle stanze per escursionisti in spazi per il personale, per venire incontro alle richieste». Il commento di Sartori è ruvido: «Oggi ti chiedono subito quanto prendono, quando staccano, quando hanno il giorno libero. Ma il rifugio non è un albergo». E lavorare in quota è diverso dal lavorare in un paese. «Un rifugio — aggiunge il vicepresidente del Cai — deve dare ospitalità, ma da riparo sta diventando un ristorante gourmet. Lo spirito di montagna, così, si perde». Intanto, anche in Alto Adige, si deve fare i conti con la siccità. «Si tratta di uno dei problemi più grossi» spiega Sartori. «In alta quota — continua — molte strutture sono in difficoltà. I rifugi in posizione più critica sono stati dotati di cisterne che vengono riempite a inizio stagione. Speriamo basti». Ma a fare la propria parte, nella partita dell’acqua, dovrebbero essere anche gli escursionisti. «Chi pernotta una sola notte in rifugio — incalza Knapp — può anche evitare di fare la doccia». Diverso il discorso per chi magari sta compiendo una traversata di più giorni. «Il fatto — sottolinea il referente rifugi dell’Avs — è che il rifugio non è un albergo a quattro stelle e non ne offre i servizi: chi pensa che lo sia imparerà a proprie spese cosa vuol dire vivere in quota». Sta di fatto che le prenotazioni volano: «Tutti hanno voglia di uscire — sottolinea Knapp — e lo dimostra anche l’aumento delle vendite di abbigliamento tecnico». Lasciata alle spalle ( o quasi) la pandemia, ora dunque c’è bisogno di normalità. «Ma non tutti — nota l’Avs — si sentono ancora pronti per viaggi lunghi, magari all’estero. E allora preferiscono rimanere in Italia». Meglio ancora se in montagna. «Del resto, molti rifugi hanno potuto anticipare l’apertura vista l’assenza di neve». E chiuderanno probabilmente più tardi. «So che i gestori vogliono tenere aperto il più possibile — prosegue Knapp — ma poi si dovrà vedere la situazione in autunno». Sperando che il prossimo inverno regali maggiore fortuna sul fronte della neve. E che con il tempo riesca a regolarizzarsi anche la questione del personale. «Molti rifugi — ribadisce il responsabile dell’Alpenverein — si ritrovano ancora con lo staff incompleto e quindi dovranno fare di necessità virtù. In un ristorante nel fondovalle è più facile venire incontro alle richieste dei lavoratori. Mentre in un rifugio le possibilità sono naturalmente limitate: non si può andare al bar o incontrare gli amici se si è liberi dal lavoro». In quota, aggiunge il responsabile rifugi, «il guadagno è un tetto sottile. Si sta su 2-4 mesi, senza quasi riposare». E senza passione, è difficile resistere.

Corriere del Trentino | 5 giugno 2022

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«Internet? Solo a ore. C’è chi si è conosciuto qui e poi si è sposato» La guida alpina Nicolini, gestore del Pedrotti alla Tosa: «C’è chi pensa di imparare a scalare con i tutorial in rete»

TRENTO Al Pedrotti alla Tosa, rifugio incastonato nelle Dolomiti di Brenta a quasi 2.500 metri di quota, lavora da undici anni. Con la moglie Sandra e i figli Elena e Federico, Franco Nicolini gestisce con passione una delle strutture più conosciute del Brenta, punto di partenza per ascensioni e traversate, punto di arrivo per chi, da Molveno o da Madonna di Campiglio, vuole passare una giornata immerso nelle Dolomiti. «Sono quattro ore a piedi, da una parte o dall’altra» sorride Nicolini. Che non è solo gestore di rifugio: è anche guida alpina, alpinista, scialpinista. E dunque conoscitore non solo della montagna, ma anche delle trasformazioni che negli anni hanno coinvolto e plasmato anche il territorio «alto». «I cambiamenti — assicura Nicolini — ci sono stati». Nel lavoro al rifugio, nell’approccio alla montagna da parte degli escursionisti. E nella montagna stessa, anch’essa modificata dai cambiamenti climatici in atto. Nicolini, la stagione estiva è ormai alle porte. Per molti rifugi il lavoro è già partito, per altri ancora no. Le aspettative sono buone, ma non mancano i problemi: l’acqua, il personale. Si riconosce in questo quadro? «Sì. E per chi, come noi, si trova in una posizione raggiungibile solo dopo ore di cammino, i problemi si moltiplicano». Partiamo da quello che da mesi fa tribolare tutto il mondo del turismo, dal ristorante al rifugio di montagna: la carenza di personale. Avete fatto fatica anche voi a trovare personale per la stagione? «È stato veramente difficile quest’anno. E anzi: abbiamo anche dovuto spezzare la stagione per qualcuno. Un problema». C’è poi il nodo dell’acqua: l’inverno è stato avaro di precipitazioni e questo potrebbe ostacolare l’attività in quota. «È un fattore che influirà nel corso dell’estate. Attualmente l’acqua c’è, ma nel corso dell’estate le riserve diventeranno più limitate e si porrà il problema di andare a cercare acqua».

Un problema che renderà più gravoso il lavoro dei gestori. «Non faccio previsioni, ma avremo sicuramente un bel daffare. La preoccupazione è però anche per i prossimi anni: se la mancanza d’acqua proseguirà anche nelle prossime stagioni, per noi sarà davvero un grosso problema da affrontare». Quest’anno, almeno, le limitazioni per il Covid saranno ridotte e dopo due anni di pandemia c’è voglia di muoversi all’aria aperta. Non a caso, le previsioni sembrano essere buone anche per i rifugi. «La stagione è partita bene. Ma il nodo è un altro». Quale? «C’è sempre meno cultura della montagna. E questo, per noi rifugisti, è un ulteriore aggravio». In che senso? «A chi arriva in rifugio e non ha alcuna conoscenza dobbiamo insegnare come ci si muove in montagna. Ormai si è diffusa l’immagine di una montagna luna park, dove ci si può muovere anche senza esperienza e conoscenza specifica. Ma non è così». Quanto hanno influito i social? «Tantissimo. Il problema principale sono proprio i social: ci sono persone che pensano di poter affrontare un’escursione, una ascensione o una ferrata avendo visto solo un tutorial o un filmato sui social, senza alcuna esperienza. Ma la realtà è un’altra: non basta arrivare in montagna con l’imbrago appena comprato se non lo si sa nemmeno indossare». E il ruolo del rifugista, in questo caso, è quello di insegnare a queste persone a muoversi in montagna. «Certo, anche per evitare che queste persone poi si facciano male. Il problema è che i giovani si affidano ormai troppo a internet e troppo poco alle scuole di alpinismo, alle guide alpine, alla Sat o al Cai: pensano di perdere tempo. E invece è fondamentale: mare e montagna sono luoghi dove comanda la natura. E imparare a muoversi è fondamentale». È cambiato l’approccio alla montagna. Ma allo stesso tempo è cambiato anche l’approccio al rifugio? «Sì, negli ultimi anni ci sono sempre più pretese e sempre meno richieste. Come la doccia: l’acqua è un bene prezioso, quest’anno ancora di più. Ma spesso non lo si capisce. Ci sono poi gli altri servizi che ormai sembrano imprescindibili». Come internet e il wi-fi. «Esatto. Noi abbiamo deciso di limitarlo, garantendolo solo in determinati orari». Una scelta coraggiosa. «Ma necessaria: con internet nessuno parlava più. E invece dialogare, durante i pasti, è importante. Qui al Pedrotti ci sono persone che si sono incontrate e innamorate proprio parlando al tavolo del rifugio. E poi si sono sposate. Ma il problema non è solo internet». Quale altro problema rileva? «Anche la condivisione delle camere è diventato difficile: una coppia che deve dividere una stanza da quattro con un’altra coppia lo considera un sacrificio. Ma il rifugio non è un albergo. È un posto dove ci si ripara. Il resto è un di più».

Gazzettino | 9 giugno 2022

p. 9, edizione Belluno

Passione rifugi: Boz e Dal Piaz già pronti per la stagione

I rifugi Boz e Dal Piaz propongono un'offerta lunga una stagione. Da giovedì scorso il rifugio Cai sul Neva, nel Gruppo del Cimonega, ha aperto agli appassionati di montagna proponendo un fine settimana lungo di arte e specialità culinarie. La struttura nell'ultimo fine settimana ha fatto le prove generali per la nuova stagione estiva che prenderà il via ufficialmente con l'apertura giornaliera il 18 giugno. Da giovedì però l'accoglienza è stata ai massimi livelli e impreziosita dal simposio di scultura su legno. Questo però solo il primo appuntamento di un'estate ricca di eventi anche musicali che caratterizzeranno i fine settimana del rifugio che nasce tra il 1967 e il 1970 dai ruderi della vecchia Casera Nevetta per iniziativa di un gruppo di volontari della Sezione Cai di Feltre. Il Rifugio Giorgio Da Piaz sulle Vette feltrine ha dalla sua il cambio di gestione che promette buona prova di accoglienza.

PROPOSTE CULTURALI

Al legno è stato dedicato il primo appuntamento della stagione al Boz. «Numerosi scultori - spiega Erika De Bortoli, gestrice assieme ad Andrea Marchetti - si sono dati appuntamento al rifugio per un simposio di tre giorni che termina oggi. L'attività ha accolto gli appassionati di montagna già da giovedì scorso anche con pernottamento e poi dal 18 sempre di giugno saremo aperti tutti i giorni. Chi è venuto a trovarci ha potuto osservare gli artisti intenti a scolpire, ha goduto di un panorama bellissimo e assaporato piatti realizzati con prodotti locali. Al menù fisso verrà aggiunta ogni settimana una pietanza particolare che potrà essere vista in anteprima sui nostri profili social». La consultazione è facile basta recarsi sulla pagina Instagram rifugioboz o su quella Facebook Rifugio Bruno Boz 1718 Mt.

MANCA LA LINEA FISSA

La montagna qualche difficoltà la presenta sempre e anche i gestori del Rifugio Boz non ne sono esenti: «Purtroppo il rifugio non ha ancora il telefono fisso funzionante - prosegue la gestrice - quindi abbiamo attivato un numero di cellulare apposito che è il 3409979332. Chiamandoci si potranno avere tutte le notizie necessarie sull'accoglienza, sui menù, sulle escursioni, sul pernottamento e 25

sulle vie per raggiungerci». Tre sono le comuni vie di accesso al rifugio: dalla Val Canzoi per Casera Alvis, dalla Val Canzoi attraverso il Passo Finestra e Val Noana (Mezzano). Quest'ultima però è soggetta a dei lavori che obbligano a una deviazione: «I fine settimana la salita attraverso la Val Noana dovrebbe essere quella tradizionale mentre nei giorni lavorativi si potrà incorrere in una deviazione. Invito a chiamarci per avere tutte le informazioni necessarie per una salita sicura».

VICINO ALLE VETTE GRANDI

Il rifugio Dal Piaz a poche decine di metri dal Passo delle Vette Grandi, porta di accesso alla splendida e unica nel suo genere Busa delle Vette, è pronto già da qualche tempo a ospitare gli appassionati dei sentieri. Salendo il sentiero Cai 801, il più conosciuto (ma ci sono anche altre vie di accesso), è possibile raggiungere la struttura a 1993 metri di altitudine. Dal Passo Croce d'Aune dista circa 2 ore e 30 minuti di cammino con 5 chilometri di sentiero e un dislivello di mille metri, mentre se la scelta ricade sulla strada militare il tempo di salita aumenta leggermente e i chilometri da percorrere sono circa 11. La gestione è affidata a Giorgio da Rin che subentra a Mirko Gorza che lascia dopo 9 anni. Una cambio alla guida sempre sotto l'egida della Sezione Cai di Feltre proprietaria della struttura inaugurata il 22 settembre 1963. Daniele Mammani

Corriere delle Alpi | 12 giugno 2022

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L'autogestione all'ombra dell'Antelao: il rifugio Galassi è in mano ai volontari

L'idea vincente dei vertici del Cai di Mestre ha compiuto 52 anni Per lavorare basta essere iscritti ad un Club alpino e saperne di cucina

Gianluca De Rosa Volontariato ad alta quota. Dietro il rifugio Galassi situato all'ombra del "Re" Antelao si cela un progetto di gestione unico nel suo genere nell'intero arco alpino italiano. Autogestione più che gestione, inaugurata dalla sezione Cai di Mestre nel lontano 1970 e che oggi, cinquantadue anni dopo, continua a regalare emozioni e gratificazioni. Proprio così. L'apertura estiva del rifugio Galassi è gestita esclusivamente dall'opera di volontariato offerta da appassionati di montagna, provenienti da ogni angolo d'Italia. Vengono accuratamente selezionati durante l'inverno da una commissione ad hoc, promossa dalla sezione Cai di Mestre che dal 1950 gestisce la struttura di proprietà del demanio. Pochi ma importanti requisiti richiesti: bisogna essere iscritti ad una qualsiasi sezione Cai italiana e, almeno per quanto concerne la cucina, bisogna certificare la dimestichezza con i fornelli. L'opera di volontariato nella gestione del Galassi dura mediamente una settimana, il tempo necessario per godersi lo spettacolo dell'Antelao visto da forcella piccola e dare sfogo a tutte le forze disponibili. Perché gestire un rifugio è tutt'altro che una passeggiata. «In più di cinquant'anni non è mai successo che siamo rimasti scoperti», ha raccontato Silvio Zanatta, responsabile della commissione di cui fanno parte, ognuno con una mansione specifica, Francesco Abbruscato, Massimo Pavan, Franco Ceriello, Cristian Cechetelli, Filippo Zanatto, Marco e Claudio Tramontini. Mediamente il rifugio resta aperto, esclusivamente durante la stagione estiva, 13 settimane. «Quest'anno prolungheremo arrivando a 16», prosegue Zanatta, imprenditore veneziano, come il resto della commissione che accoglie un medico, un pensionato e diversi professionisti, «il progetto di autogestione è più difficile da raccontare che da mettere in pratica. Ogni anno riceviamo decine e decine di richieste. Abbiamo una coppia di Chioggia, Maria Dolfin conosciuta come Edel e il marito Licio Dantoni che vengono in rifugio per più di una settimana a stagione da trent'anni. Lei si piazza in cucina, lui fa tutto il resto. Le figure più complicate da trovare sono il cuoco e il capo gestione a cui fanno riferimento tutte le mansioni di giornata. Ogni settimana vede impegnate una decina di persone, tante ne servono per mandare avanti una struttura di questo tipo». «Due anni fa», prosegue Zanatta, «è passata in rifugio una ragazza di Roma, in escursione con i genitori. Ha scoperto il nostro progetto ed ha deciso di parteciparvi. I nostri gestori arrivano da Torino, Verona. Siamo una piccola comunità altruista che ama fare volontariato in maniera alternativa. Divertente? Sicuramente, ma gestire un rifugio è faticoso. Ci si alza alle 5 per preparare le colazioni e si va avanti fino a mezzanotte senza pause. Agli escursionisti di passaggio al Galassi chiediamo un po' di pazienza. Di fronte, del resto, non hanno gestori "professionisti" ma figure che nella vita di tutti i giorni fanno altro». Una volta accolta la domanda, ai futuri gestori del Galassi viene richiesto di seguire alcuni corsi propedeutici. Tutto viene finanziato dalla sezione Cai di Mestre attraverso la commissione che coordina la gestione del Galassi e che si occupa anche dell'approvvigionamento. «Nel 1970, in occasione della prima autogestione», ricorda Zanatta, «il rifugio venne dotato di una teleferica grazie all'intuito di un ferroviere. Oggi quella teleferica, anche se un po' datata e malconcia, rappresenta il fiore all'occhiello del Galassi insieme al piccolo bivacco adiacente il rifugio che abbiamo intitolato a Lino Ragazzo, un socio del Cai Mestre prodigatosi nella promozione dell'autogestione e mancato in giovane età in un incidente di montagna». Ogni anno il progetto di autogestione del rifugio Galassi si conclude con una grande festa. «Sono feste particolarmente numerose», conclude Zanatta, «accogliamo più di cento persone, tutte quelle che si sono prodigate nel mandare avanti il rifugio. È il nostro simbolico ringraziamento a quanto fatto, con l'arrivederci all'estate successiva». Cosi, da 52 anni a questa parte. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 13 giugno 2022

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Rifugi, la stagione estiva è già scattata col botto

L’estate dei rifugi è già entrata nel vivo. Un bene negli effetti - con sentieri battuti da numerosi escursionisti e strutture affollate come prima della pandemia - meno nelle cause. A spiegarlo è efficacemente Sergio Rosi, che con il figlio Daniele e la nuora Valentina Robol gestisce il rifugio Passo Principe, nel Catinaccio: «L’anno scorso in questi giorni si scendeva con gli sci fino al rifugio Vajolet. Ora abbiamo una situazione che per quel che riguarda l’innevamento è paragonabile all’inizio di agosto». Al Principe la stagione si è aperta già nello scorso fine settimana «con un’affluenza anche più consistente di quella di ieri e oggi (sabato e domenica, ndr). Sta ripartendo anche il turismo internazionale e si tornano a vedere americani, oltre che a tanti escursionisti europei. Oggi (ieri, ndr) sono arrivati al rifugio anche i primi escursionisti asiatici della stagione». I rifugi del Trentino meridionale da sempre possono permettersi aperture anticipate rispetto alle realtà dolomitiche: al Marchetti Alberto Bighellini ha inaugurato la stagione estiva lo scorso 31 maggio «e sta andando bene ogni fine settimana di bel tempo. Anche oggi (ieri, ndr) a pranzo avevamo la struttura piena, c’è un bel viavai e dopo stagioni complicate come quelle che ci siamo lasciati alle spalle è un’iniezione di fiducia». Tornando nel gruppo del Catinaccio, anche al Roda di Vaèl la stagione è già partita da giorni e Roberta Silva è soddisfatta: «Non abbiamo già il pienone dei fine settimana del cuore nell’estate ma le cose stanno andando bene. Certo, è evidente che ci troviamo di fronte a una situazione anomala, rispetto al periodo dell’anno. Siamo almeno un mese avanti rispetto alle condizioni del periodo per quel che riguarda presenza di neve in quota, fioriture e così via. A voler guardare il lato positivo di questa situazione, sentieri e ferrate sono sgombri anche nei tratti in cui solitamente in questo periodo era ancora complesso procedere, senza la giusta attrezzatura invernale. E questa circostanza fa sì che gli escursionisti salgano in buon numero più del solito». Roberta Silva è anche la presidentessa dell’Associazione rifugi dl Trentino ed ha anche il polso della situazione per quel che riguarda tutti i gestori di strutture: «A preoccupare come tutti gli anni e più che in passato è la situazione dell’approvvigionamento idrico. Chi può contare su sorgenti ricche non avrà particolari problemi, ma chi invece già tradizionalmente scontava particolari difficoltà, avrà davanti un’estate ancora più complicata del solito. Come dicevo prima, questo anticipo di un mese delle condizioni estive, unito all’inverno povero di nevicate e precipitazioni, rappresenterà un problema. So che alcuni rifugi, come ad esempio l’Alimonta in Brenta o il Pradidali nel gruppo delle Pale, stanno già avendo difficoltà nel preparare l’apertura, dal punto di vista idrico». A spaventare sono anche i costi: «Come tutti gli altri settori anche noi abbiamo risentito dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dei combustibili. Per tantissime delle nostre realtà il gasolio rappresenta una voce importante di spesa nel bilancio e l’aumento dei costi non potrà non influire sull’andamento della stagione». Da parte sua la Sat, proprietaria di trentaquattro rifugi ha ritoccato al rialzo alcune delle voci delle tariffe per adeguarle all’aumento dei costi e sarà necessario attendere almeno metà stagione per capire se questo potrà avere effetti sulla fruizione da parte degli escursionisti. “Prudenza in montagna” Ieri 5 eventi formativi Ricordare a tutti che la montagna resta un ambiente delicato anche con attrezzature d’avanguardia, esperienza e preparazione fisica. Questo lo spirito con cui il Soccorso alpino, Guide alpine, Sat, Dolomiti Unesco e Associazione rifugi hanno promosso ieri la giornata “Prudenza in montagna” per richiamare alla necessità di un approccio consapevole alla montagna. Ieri momenti di sensibilizzazione si sono svolti alla ferrata di Monte Albano a Mori, al rifugio Treviso (formazione sul trekking), al Roda di Vael (formazione sull’arrampicata), al passo Tonale (pericoli e preparazione con neve alta in montagna) e Corna Rossa (Dolomiti di Brenta) per un momento formativo ancora sull’arrampicata.

Corriere delle Alpi | 13 giugno 2022

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Boom di stranieri: weekend estivi da tutto esaurito nei rifugi bellunesi

Gianluca De Rosa AURONZO L'estate del post pandemia riporta i turisti stranieri sulle Dolomiti bellunesi. Prenotazioni da record alle porte della bella stagione, un dato confortante per gli operatori di settore, dopo due anni di limitazioni e difficoltà. Il telefono squilla ininterrottamente, il resto lo fanno i nuovi strumenti di comunicazione social. Risultato? Weekend sold out fino a settembre prim'ancora di annunciare l'apertura ufficiale della stagione. Questo, ad esempio, è quanto sta succedendo al rifugio Carducci, dove lo storico gestore Bepi Monti racconta di 27

trovarsi di fronte ad una situazione senza precedenti. «Abbiamo tutti i weekend prenotati, da qui a metà settembre e le prenotazioni riguardano esclusivamente turisti stranieri. Alcuni di loro arriveranno da paesi finora inesplorati. Israele in primis, poi Australia. Sono queste le nuove realtà che si stanno affacciando sul panorama dolomitico. E poi ancora gli americani, il cui ritorno sulla scena è dirompente». Un dato che apre spazio ad una seconda disamina turistica: e gli italiani? «Allo stato attuale per i turisti italiani, che si caratterizzano per una prenotazione dell'ultimo minuto, difficilmente ci sarà posto. Almeno nei weekend», risponde Monti dai 2297 metri dell'alta val Giralba, «se questi sono i presupposti, bisognerà velocemente modificare le proprie abitudini. Allo stato di posto, almeno per quanto riguarda il nostro rifugio, ce n'è, ma solo durante la settimana». L'occasione è utile per provare ad analizzare i motivi di questo boom multicolore, mantenendo il "caso Carducci" come termometro della situazione: «L'alta via numero 5 rappresenta da tanti anni terreno fertile per le frequentazioni di turisti nordeuropei. Tedeschi e austriaci rappresentano la quotidianità, la loro presenza non fa più notizia», spiega Monti, «l'impulso offerto dal progetto Dolomiti senza confine è certificato, il resto lo ha fatto il binomio Dolomiti Unesco che ha acceso i riflettori sull'area». La situazione del rifugio Carducci non rappresenta una piccola isola felice. Le prenotazioni si inseguono sul filo di un telefono rovente in tutta la montagna bellunese. Nonostante gli echi della pandemia che, allo stato attuale, vedono resistere qualche limitazione all'atto dell'accoglienza a partire dal distanziamento dei letti. «C'è aria frizzante, la voglia di tornare a vivere le nostre montagne è tanta», sottolinea Mario Fiorentini, presidente di Agrav, l'associazione che accoglie tra le proprie fila i gestori dei rifugi alpini veneti, «i motivi? A mio avviso semplici. Dopo due anni di restrizioni, la voglia di tornare a fare vacanze in piena libertà è forte. Al punto che nessuno vuole perdersi l'occasione. Gli stranieri in questo momento rappresentano il plus perché, storicamente, prenotano le vacanze in largo anticipo. La programmazione è il loro e il nostro punto forte». Va considerato un altro fattore: «Ci sono stranieri che avevano prenotato le proprie vacanze da noi due anni fa, rinviandole prima all'estate del 2021 ed, ora, al 2022. Alle nuove prenotazioni, insomma, se ne sommano di vecchie, rimaste per tanto, troppo tempo sospese. Se nel recente passato c'era spazio per tutti, i numeri in forte crescita di quest'anno rischiano di condizionare le vacanze dei turisti italiani, solitamente concentrate nei mesi di luglio ed agosto: "Chi prima arriva, bene alloggia" potrebbe essere, simpaticamente, il motto del momento, ma la mission di un rifugista è trovare il modo migliore per accogliere ed ospitare tutti. Bisognerà, inevitabilmente, ripensare le proprie vacanze di montagna, lo dicono i numeri» . --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 15 giugno 2022

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Il rifugio Coronelle verrà riqualificato

Bolzano Le pressioni di Cai e Alpenverein per salvare il rifugio Aleardo Fronza alle Coronelle pare non siano state vane, mentre il progetto di Ppp proposto dagli impiantisti di Carezza per la demo-ricostruzione dello storico edificio di fine Ottocento vede diminuire le chance di essere accolto così come proposto all'ente pubblico. La Provincia, infatti, ha deciso per una propria soluzione: ora si darà l'avvio a uno studio di fattibilità per individuare gli interventi necessari per la riqualificazione del rifugio ai piedi del Catinaccio. Su richiesta dell'assessore all'Edilizia e al Patrimonio, Massimo Bessone, ieri la giunta provinciale ha autorizzato la Ripartizione Edilizia pubblica e servizio tecnico di effettuare uno studio di fattibilità atto alla riqualificazione del rifugio Fronza alle Coronelle. Forte la volontà dell'assessore di lavorare nel rispetto della montagna, in comune accordo con Cai e Avs. «Il Fronza alle Coronelle è un rifugio storico, immerso nel meraviglioso ambiente naturale del Catinaccio, un luogo particolarmente sensibile. Per questo motivo coinvolgeremo nello studio di fattibilità tutte le parti interessate. Il rifugio necessita di interventi importanti di sistemazione e ristrutturazione, pertanto è nostra intenzione trovare una soluzione condivisa e sostenibile che tenga conto della collocazione del rifugio in maniera armoniosa nel rispetto dell'ambiente», dichiara l'assessore Bessone. Nello studio di fattibilità si terrà conto della posizione sensibile del rifugio, rispettando le indicazioni dell'Unesco, nonché i vincoli ambientali, urbanistici, del paesaggio e delle belle arti, con l'obiettivo di trovare una soluzione edilizia condivisa e sostenibile. Questo modo di operare è stato concordato con le associazioni alpinistiche Cai e Avs che collaborano ai lavori della Commissione paritetica per i rifugi provinciali. Lo studio di fattibilità sarà predisposto dalla Ripartizione Edilizia e servizio tecnico dell'assessorato di Bessone. «Sarà mia cura coinvolgere nello studio di fattibilità anche il Comune di Nova Levante, l'attuale gestore del Rifugio e i proprietari della funivia attigua», conclude Bessone.

Corriere dell’Alto Adige | 15 giugno 2022

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Rifugio Fronza-Coronelle, Bessone stoppa i privati La Provincia farà da sola Studio di fattibilità per il risanamento. Il Cai: «Restiamo vigili»

BOLZANO Non saranno i privati a costruire il nuovo rifugio Fronza al Coronelle: la Provincia farà da sola. Su richiesta dell’assessore Massimo Bessone, la giunta ha autorizzato la Ripartizione Edilizia ad effettuare uno studio di fattibilità per la riqualificazione del Rifugio Fronza alle Coronelle. «Vogliamo lavorare nel rispetto della montagna, in comune accordo con Cai ed Alpenverein» assicura Bessone a cui va l’apprezzamento del Cai. «Bene l’idea di abbandonare il progetto faraonico ma non restiamo vigili» avverte il presidente, Carlo Zanella. Il rifugio Fronza è uno dei gioielli più preziosi della collezione provinciale. Costruito nel 1899 dalla sezione Renania del Döav, il club alpino austro-tedesco, e denominato Kölnerhütte, venne poi trasferito al Cai Verona nel 1924, che lo intitolò al capitano Aleardo Fronza. Alla fine degli anni 90 è diventato di proprietà della Provincia. Dopo oltre un secolo di vita, l’usura del tempo si sente e l’edificio ha bisogno non solo di una ristrutturazione ma anche di opere di consolidamento. Le relazioni dei tecnici provinciali infatti parlano di «problemi strutturali». In più di un’occasione si erano fatte avanti società private proponendo progetti di partnership alla Provincia. Tra cui quello della Latemar Carezza, società che gestisce gli impianti sciistici, che aveva inizialmente proposto di fare persino una torre di Cristallo. Un’ipotesi che aveva fatto infuriare Cai e Avs che hanno coinvolto anche la Fondazione Unesco. Una levata di scudi che han spinto i proponenti a ridimensionare il progetto che è stato ripresentato la scorsa estate. Anche la versione più soft però non ha convinto la Provincia che, a questo punto, ha preferito fare da sola per quanto riguarda la ristrutturazione. Gli interventi sono abbastanza urgenti, potrebbe anche essere valutata la demoricostruzione oppure una “semplice” ristrutturazione. «Il Fronza alle Coronelle è un rifugio storico, immerso nel meraviglioso ambiente naturale del Catinaccio, un luogo particolarmente sensibile. Per questo motivo coinvolgeremo nello studio di fattibilità tutte le parti interessate. Il rifugio necessita di interventi importanti di sistemazione e ristrutturazione, pertanto è nostra intenzione trovare una soluzione condivisa e sostenibile che tenga conto della collocazione del rifugio in maniera armoniosa nel rispetto dell’ambiente» spiega Bessone al termine della seduta di giunta. Nello studio di fattibilità si terrà conto della posizione sensibile del rifugio, rispettando le indicazioni dell’Unesco, nonché i vincoli ambientali, urbanistici, del paesaggio e delle belle arti, con l’obiettivo di trovare una soluzione edilizia condivisa e sostenibile. «Questo modo di operare è stato concordato con le associazioni alpinistiche Cai e Alpenverein che collaborano ai lavori della Commissione paritetica per i rifugi provinciali» chiarisce Bessone promettendo che in tutto l’iter saranno coinvolti anche «il Comune di Nova Levante, l’attuale gestore del Rifugio e i proprietari della funivia attigua» conclude Bessone. L’annuncio dell’assessore viene salutato con favore dal presidente del Cai, Carlo Zanella che è sempre stato in prima fila contro i progetti faraonici. «Purtroppo questo genere di interventi non vengono mai accantonati, piuttosto vengono lasciati in stand by per essere riproposti più tardi. Quindi — spiega Zanella — ben venga la decisione della Provincia di fare una ristrutturazione nel rispetto della montagna. Ma noi rimaniamo vigili».

Alto Adige | 16 giugno 2022

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Nuovo Coronelle, gli impiantisti ritirano il progetto

Bolzano. Un fulmine a ciel sereno, la comunicazione da parte della Provincia che martedì, tramite una nota stampa ufficiale, aveva preannunciato la volontà di riqualificare il rifugio Aleardo Fronza alle Coronelle tramite un proprio progetto, nel pieno rispetto dei vari vincoli, non solo quelli paesaggistici e naturalistici, ma pure quelli imposti dalle belle arti. Un fulmine a ciel sereno specialmente per gli impiantisti della Latemar Carezza Srl che ieri, a sorpresa, hanno annunciato di voler ritirare il loro progetto di partenariato pubblico privato per la demolizione e successiva ricostruzione in chiave moderna dello storico rifugio ai piedi del Catinaccio. Poche righe, stringate, in tedesco, da parte del proponente del progetto di Ppp. Vi si prende atto della decisione della giunta provinciale di incaricare i propri uffici tecnici di predisporre uno studio di fattibilità: «La nostra principale preoccupazione, che abbiamo perseguito con la presentazione del progetto Ppp Kölner Hütte, era quella di dare impulso alla riqualificazione di questo importante immobile. Accogliamo con favore la decisione della giunta provinciale, anche perché conferma l'urgenza di un intervento». In attesa dei risultati dello studio, «ritiriamo la nostra proposta di Ppp, anche se ci riserviamo di prendere ulteriori iniziative», spiega Florian Eisath. Lo studio di fattibilità sarà predisposto dalla ripartizione edilizia e servizio tecnico della Provincia. «Sarà mia cura coinvolgere nello studio di fattibilità anche il Comune di Nova Levante, l'attuale gestore del rifugio e i proprietari della funivia attigua», aveva dichiarato l'assessore Massimo Bessone. Non prima però di aver chiarito che «nello studio di fattibilità si terrà conto della posizione sensibile del rifugio, rispettando le indicazioni dell'Unesco, nonché dei vincoli ambientali, urbanistici, del paesaggio e delle belle arti, con l'obiettivo di trovare una soluzione edilizia condivisa e sostenibile». Questo modo di operare, aveva sottolineato inoltre Bessone, «è stato concordato con le associazioni alpinistiche Cai e Avs, che collaborano ai lavori della Commissione paritetica per i rifugi provinciali». Cai e Avs che, assieme alle altre associazioni protezionistiche altoatesine e non, avevano mal digerito la proposta di Eisath di demolire lo storico edificio. Ricevendo fra il resto l'appoggio incondizionato del Dav, il club alpinistico della Germania, forte dei suoi 1,3 milioni di soci, fra i quali quelli della sezione di Colonia che, a fine Ottocento, avevano eretto la prima capanna. «C'è poco da salvare», aveva spiegato 29

Eisath lo scorso luglio. «Conviene demolire e ricostruire». «Non chiamatela più Kölnerhütte» aveva risposto il Dav Köln. «Finora eravamo fieri che fra i tanti nomi avesse mantenuto anche quello di "rifugio Colonia". Ma non vogliamo che ci sia alcun legame fra noi e questo progetto». DA.PA

Gazzettino | 20 giugno 2022

p. 9, edizione Belluno

Giussani, mezzo secolo di storia

Marco,Dibona CORTINA A forcella Fontana Negra, a quasi 2.600 metri, sulla Tofana, da cinquant'anni c'è il rifugio Camillo Giussani, ad accogliere gli alpinisti che salgono le pareti vicine; gli escursionisti che seguono la via normale verso la cima della Tofana di Rozes, oppure alla Tofana di Mezzo e alla Tofana Terza; gli appassionati che percorrono le vie ferrate Lipella, Punta Anna, Sciara del Menighel. LA STORIA Quel rifugio è lì da mezzo secolo: fu inaugurato il 10 settembre 1972, quando sostituì la struttura precedente, distante poche centinaia di metri, ormai obsoleta. Ieri è stata sottolineata la ricorrenza, con una festa bella, calda, accogliente come un rifugio alpino. Vi ha partecipato molta gente, in buona parte paesani, a seguire la messa celebrata dal sacerdote sudamericano Nestore Guerrero. Poi ci sono stati i discorsi, brevi come si conviene in montagna, e il pranzo rustico in musica. Hanno organizzato i gestori e la sezione di Cortina d'Ampezzo del Club alpino, che ne è proprietaria. A curare il rifugio è la stessa famiglia, da mezzo secolo: prima Vittorio Dapoz e la moglie Aurora Lancedelli, sino al 2010; poi il figlio Luca Dapoz, che è lassù da cinquant'anni e vi ha portato la moglie Mirella Santuz. Collabora con lui la sorella Paola. IL CAI «Allora il Giussani fu costruito anche con il contributo della banca Comit di Milano ha ricordato Luigi Alverà, presidente del Cai Cortina in un legame forte del nostro territorio con il capoluogo lombardo: altri interventi riguardarono la ferrata Lipella e la galleria elicoidale del Castelletto. All'epoca il Cai Cortina era presieduto da Luigi Menardi Malto; quassù lavorò l'impresa De Rigo. Oggi, come allora, è importante trovare un rifugio in montagna, con una porta aperta ad accoglierci e con persone esperte, che possono darci preziose indicazioni». Sulla festa di ieri, Alverà commenta: «Una grande occasione per incontrarci, nel rifugio più giovane dei tre che abbiamo in valle, come Cai Cortina. Un modo anche per rendere omaggio a chi ha finanziato quest'opera cinquant'anni fa e chi ne ha seguito la costruzione. Avremo tre feste, in questa estate, e saranno opportunità per valorizzare i nostri rifugi, per ricordare il lavoro fatto da molti, non soltanto per costruirli, ma anche per la costante manutenzione. L'impegno della nostra sezione è gravoso: ogni anno ci sono interventi da fare, in ogni nostra struttura. Abbiamo qualche amico sponsor che ci dà una mano, ma il grosso del lavoro è fatto dalla sezione, utilizzando tutte le risorse disponibili». Sulla funzione del rifugio alpino oggi, soprattutto a 2.600 metri, in un ambiente severo, aggiunge: «Bisogna capire che la montagna va affrontata seriamente. Ci si deve preparare. Nei rifugi si possono trovare i consigli giusti, come dalle guide alpine, a fondovalle, che hanno la preparazione giusta per accompagnare chi non sa, ma anche per consigliare chi è preparato». MEMORIA STORICA Ieri è intervenuta Cristina Giussani, pronipote di Camillo. Partecipò alla cerimonia di inaugurazione, cinquant'anni fa: «Allora avevo dieci anni e tagliavo il nastro. Quest'anno ho voluto realizzare la ristampa anastatica del notiziario Comit nel novembre 1972, che riportava la cronaca di quella giornata». Cristina Giussani, libraia a Venezia, ha portato anche un altro dono prezioso: il libro Chiacchiere di un alpinista, scritto nel 1931 dal bisnonno. Ha distribuito questa ristampa, in buon numero di copie, a chi è interessato di cose di montagna. E ieri, su al Giussani, ce n'erano molti. GLI ALTRI ANNIVERSARI Il Cai Cortina ha già previsto altre due feste, durante questa stagione, a coinvolgere gli altri due rifugi di sua proprietà. Il 10 luglio si salirà ai 2.575 metri del Nuvolau, per i 140 anni del sodalizio, che fu fondato nel 1882, quando Ampezzo era Austria, e passò al Cai italiano, dopo la Prima guerra mondiale. Quel rifugio ha quasi la stessa età: fu inaugurato nell'agosto 1883. La lunga e bella estate si chiuderà il 2 ottobre, al rifugio Gianni Palmieri alla Croda da Lago, per ricordare i 150 anni dalla prima salita al Becco di Mezzodì, che si specchia in quell'azzurro. Marco Dibona

Corriere delle Alpi | 29 giugno 2022

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Fondi dal Cai contro la siccità per rendere più efficienti i rifugi

montagna Rifugi a secco? Con la settimana nazionale dell'escursionismo è arrivata dal Cai una conferma rassicurante: lunedì la sede centrale del Club alpino italiano ha indetto un bando per aiutare le sezioni e i rifugi ad affrontare la crisi idrica di cui stanno già soffrendo. Il bando finanziato inizialmente con 200 mila euro potrà raggiungere a regime il mezzo milione. Un aiuto sostanziale per ricreare gli approvvigionamenti idrici sfruttando l'acqua piovana attraverso la realizzazione di cisterne condotte e pluviali che possano captare tutta la potenza dei temporali estivi. «Ma non solo», fa sapere l'architetto Renato Frigo, presidente del Cai Veneto, «vengono incentivati la realizzazione e manutenzione di captazione idriche. L'acquisto di tubazioni, manicotti e valvole. Inoltre una particolare attenzione alla componentistica connessa alla riduzione dei consumi idrici». Gli interventi vengono finanziati a fondo perduto con un contributo dal Cai pari all'80% delle spese sostenute con un limite di 10 mila euro per rifugio e 50 mila euro per sezione. «Un aiuto importante, non risolutivo, ma che mette i rifugi sulla strada giusta del risparmio idrico. Tutto questo dovrà trovare una nuova consapevolezza da parte degli ospiti dei rifugi», afferma Frigo. Il rischio è percepibile nell'osservare le montagne attorno ai rifugi dolomitici, come ha fatto ieri il presidente regionale sulle vette feltrine. «Le classiche e a volte insidiose lingue di neve dura che permanevano nei canali fino a luglio inoltrato non ci sono più. Un inverno avaro di neve e un'estate che si presenta con temperature a dir poco strane, sta minando le riserve d'acqua che sgorgano dalle varie sorgenti a ridosso dei rifugi».I gestori, aiutati dalle sezioni del Cai, si stanno inventando di tutto per affrontare la situazione. Tubi in polietilene sempre più lunghi, dislivelli sempre più impossibili. Il rischio di trovarsi senz'acqua toglie il sonno a più di un gestore quest'anno. «L'acqua è tutto per un rifugio: per far funzionare la cucina, i bagni e per produrre energia. Senza l'acqua il rifugio chiude. E se il rifugio chiude, in piena estate, un intero territorio perde il suo presidio, soprattutto in termini di sicurezza. Non è una questione solo turistica». Alla settimana sta portando un contributo essenziale anche Angelo Soravia, consigliere centrale del Cai che interviene, precisando, sulla recente elezione del nuovo presidente del Club e delle polemiche che ne sono seguite. «Le vicende legate all'assemblea dei delegati di Bormio riguardano la presidenza dell'associazione e non il Consiglio Centrale che segue un percorso diverso e autonomo», puntualizza Soravia. «I tre consiglieri di area veneta Mara Baldassini, Federico Bressan e il sottoscritto non si sono dimessi, sono ancora presenti e attivi nel compito di indirizzo e di controllo per il quale siamo stati eletti dai delegati del Veneto». A lasciare il loro posto sono stati altri dirigenti veneti del Cai. A fine settimana, tra l'altro, Feltre ospiterà l'assemblea delle sezioni del Triveneto, dalla quale potrebbero scaturire rinnovate forme di collaborazione tra il Nordest ed il Cai centrale. --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVA

Corriere delle Alpi | 29 giugno 2022

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Per il rifugio Ciareido è un'odissea infinita: forse riapre il 1º agosto

LOZZO Strada ancora in (ripida) salita per l'apertura del rifugio Ciareido: nei prossimi giorni ci sarà l'affidamento diretto, ma l'impianto elettrico e il sistema antincendio non sono a norma; obiettivo riapertura che dunque si allontana fino ai primi di agosto. È con un po'di rabbia che Alessio Zanella, il primo cittadino lucense, spiega la situazione attuale e l'amara sorpresa che comporta un posticipo della data di apertura del rifugio Ciareido, vicenda già allungata dopo la dichiarazione di gara deserta a seguito della mancata presentazione delle domande per il bando di affidamento in concessione demaniale conclusosi lo scorso 25 maggio. Tale procedura si era resa necessaria a seguito del trasferimento del bene dal Demanio militare al patrimonio indisponibile del Comune - avvenuto nel 2018 - e la fine del contratto di affidamento diretto tra il Demanio e la sezione lozzese del Club alpino italiano.« Abbiamo un unico operatore economico che alla data di venerdì scorso, termine di scadenza per la presentazione delle offerte, si è candidato per l'affidamento diretto del rifugio Ciareido», spiega Zanella, «alle stesse condizioni previste per il bando di concessione. Nei prossimi giorni, se la sua offerta e i suoi requisiti saranno valutati idonei, provvederemo subito alla sottoscrizione del contratto di affidamento per i prossimi sei anni». Ma non è tutto. Infatti, con molta probabilità, il rifugio non potrà aprire i suoi battenti ai lozzesi e a tutti gli appassionati di trekking che raggiungono l'altopiano di Pian dei Buoi, sotto al monte Ciareido, fino ai primi di agosto.«Abbiamo scoperto che l'impianto elettrico e il sistema antincendio del rifugio non sono a norma di legge, motivo per cui, per perfezionare il contratto e poter dare il via libera all'apertura al pubblico, sono necessari i lavori di adeguamento», sottolinea contrariato il sindaco, «abbiamo già provveduto a dare l'incarico di progettazione che dovrebbe concludersi nei prossimi giorni, in modo tale da avviare quanto prima la selezione dell'impresa esecutrice per l'affidamento dei lavori. Con molto ottimismo, se tutto andrà bene, possiamo porci come obiettivo il primo agosto come 31

data di apertura; ma tutto dipenderà dal risultato della ricerca per l'affidamento dei lavori e dalle esigenze dell'impresa e del cantiere, che stando al cronoprogramma dovrebbe durare tra due e tre settimane».Intanto nelle prossime settimane saranno completati anche i lavori per la costruzione del nuovo acquedotto.«Del macro-progetto previsto inizialmente per la riqualificazione del rifugio e delle sue pertinenze, abbiamo dovuto selezionare, per questioni economiche, solo gli interventi più urgenti e necessari. Quanto al resto, rimetteremo le valutazioni al futuro; ma intanto l'obiettivo è garantire una apertura sicura e quanto più rapida». --Valentino Suani© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere dell’Alto Adige | 29 giugno 2022

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Passo Santner, restyling del rifugio «Paesaggio, pugno in un occhio» La critica del Cai. Zanella: «Posti letto triplicati, vogliamo vederci chiaro»

C. C. D. BOLZANO «Al posto della gloriosa piccola capanna eretta per dare ricovero ad alpinisti e soccorritori, il nuovo rifugio, una tenda di cristallo triangolare, struttura avulsa dall’ambiente circostante, con una stazione di arrivo della teleferica che fa pensare di più a quella di una funivia con cabina per trasporto persone che a quella per il semplice rifornimento del rifugio». Hanno fatto ben presto il giro dei social le foto dei lavori al nuovo rifugio di passo Santner, facendo storcere il naso al Cai. «Un rifugio privato — spiega il presidente, Carlo Alberto Zanella— per il quale pare siano stati spesi qualcosa come 5 milioni di euro. Ma non finisce qui: vogliamo vederci chiaro, per capire come sia stato possibile decuplicare la cubatura di un rifugio nel cuore del parco naturale dello Sciliar-Catinaccio». Dopo la funivia tra Tires e Malga Frommer, che oltre alla bandiera nera di Legambiente s’è beccata pure la sospensione del servizio per presunte irregolarità nelle volumetrie, e dopo il progetto per la «torre di cristallo» al posto dell’attuale rifugio Coronelle, osteggiato dagli ambientalisti e poi stoppato dalla Provincia, la nuova battaglia del Cai si concentra sul nuovo rifugio di passo Santner, a 2.734 metri di quota. «Una struttura — spiega Zanella — nella quale nessuno dei rifugisti della zona avrebbe investito nemmeno dieci euro. È un punto di passaggio: lontano per chi percorre la via ferrata dal Coronelle, e difficile da raggiungere per chi arriva dal Vajolet». Un rifugio, per altro, tornato in vita nel 2019 dopo sei anni di chiusura. A riaprirlo erano stati due ragazzi, Michel e Romina, di 26 e 28 anni. «Altro che storia romantica — sbotta Zanella —. Avevano già chiaro che cosa fare. Il loro progetto di ampliamento, da uno a tre