V - Febbraio 2020

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EtCetera Majorana

Attualità 11

V - Febbario 2020

Giovanni Colombo, 3D Francesco Vaccaro, 4aa Giacomo Longoni, 4bb

Intervista a don Gino Rigoldi Lo scorso mercoledì 22 gennaio a margine della conferenza da lui tenuta abbiamo avuto l’occasione di intervistare don Gino Rigoldi, prete ambrosiano da oltre quarant’anni cappellano al carcere minorile “Cesare Beccaria” di Milano. Molti lo definiscono un “prete di strada” e a dir la verità non sembra esserci sintesi migliore per raccontare la sua vita al servizio degli altri, degli ultimi.

Perché viene nelle scuole a parlarne? Ritengo sia giusto parlarne ai giovani nelle scuole per costruire una cittadinanza attiva e consapevole, che non si fermi ad un cinico giudizio negativo per il comportamento dei detenuti, ma che consideri il carcere come luogo di rinascita. Diciamo che vengo per far conoscere questa realtà ai ragazzi e per trovare in loro degli alleati!

Don, come vive il rapporto con i giovani? È prevalentemente basato sull’ascolto con lo scopo di comprendere le motivazioni delle loro scelte. L’esperienza mi ha insegnato ad instaurare con loro un rapporto amichevole, diretto, “senza cerimonie”, assolutamente non regolato da alcuna forma di pregiudizio nei loro confronti. La mia missione è quella di essere per loro un compagno di strada.

In che modo il carcere deve essere vissuto e pensato? Prima di tutto il carcere deve essere un luogo accogliente e al suo interno il detenuto deve trovare gli strumenti adeguati per poter cambiare e rinascere. È inutile usare belle parole se poi il ragazzo, una volta uscito, non trova i mezzi necessari per vivere perché ritornerebbe a delinquere. La condizione fondamentale perché questo accada è proporre attività lavorative già durante la detenzione


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