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Brexit: anno nuovo, vecchia storia
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Elisa Basilico, 3bb
Brexit: anno nuovo, vecchia storia
Brexit. Non c’è molto altro da dire. Ormai la conosciamo tutti: e come non potremmo, dato che la situazione si protrae da quattro anni? È dal Giugno del 2016 che il Regno Unito rilascia dichiarazioni e lamentele su quell’Europa che tanto vuole abbandonare. Eppure, è ancora qui. Ci sono state ritrattazioni e passi indietro, quasi che i Britannici non sapessero cosa fare; tentativi di accordi vantaggiosi e, onestamente, impossibili. Poi è arrivato il governo Johnson. Una pallida copia del più temibile Trump, il Primo Ministro Boris è salito al potere ripetendo quello che ogni politico è sempre pronto a sfoderare dal suo repertorio - che questa volta le cose sarebbero cambiate, perché lui, al contrario di altri, agisce, non si spende in parole. Con la sua vittoria schiacciante alle ultime elezioni e il motto “Get Brexit Done”, realizziamo la Brexit, pare venir messa una fine a questo psicodramma nazionale (e dire che all’inizio la Merkel aveva chiesto al Regno Unito “rapidità nell’uscire”). L’ex giornalista ha infatti promesso che entro il 31 Gennaio la Gran Bretagna sarà fuori dall’Unione, a qualsiasi costo. E il costo è alto, perché per dire addio a Bruxelles ci vogliono tanti soldi, a partire dai 39 miliardi di debiti che il Paese dovrebbe rimborsare, oltre al presunto piano di investimenti pubblici su scuole, ospedali e sicurezza, annunciato qualche mese fa, tutto localizzato nelle periferie. Una “Hard Brexit” rischia effetti dirompenti anche sulla vita quotidiana: altro grande tema è, per esempio, quello delle frontiere. La Gran Bretagna è un’isola, dunque già con confini fisici; tuttavia grande è il problema con l’Irlanda, dove tra Ulster (Irlanda del Nord, territorio britannico) e l’Irlanda vera e propria ci sarà bisogno di un confine. Johnson ha messo sul piatto 340 milioni di sterline per la spinosa questione, non solo burocratica ma anche economica - ogni giorno, migliaia di irlandesi
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varcano la frontiera per andare a lavorare, da una parte come dall’altra. Senza parlare dello scontento che un eventuale border causerebbe in chi al Nord vuole ancora separarsi dalla Corona. E i possibili effetti sull’Italia? Basta entrare in un qualsiasi supermercato di Londra per vedere che il Paese si sfama con l’Italia: dalla pasta al vino, è tutto Made in Italy. Lo scorso anno l’Inghilterra ha importato beni per oltre 5 miliardi di sterline. Nei giorni scorsi Johnson ha telefonato al suo omologo, Giuseppe Conte, si dice per rassicurare sul futuro dei 700 mila italiani che vivono oltre Manica e che l’anno prossimo saranno immigrati stranieri senza visto. L’attuazione di questo progetto, però, è come sempre tutta da vedere. Non mi sorprenderei di ritrovarmi l’anno prossimo a scrivere un altro articolo dello stesso stampo. Boris inneggia a “l’alba di una nuova era”, in cui “s’alza il sipario per un nuovo atto”. Che allora sappia cosa mettere in scena. Chissà che il pubblico non decida d’andarsene.