VII - Febbraio 2023

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ETCETERA

Il giornalino degli studenti <3

Non trovate scuse

La cité de l’amour

Amore e scienza

Febbraio 2023 - N°6

INDICE L’EDITORIALE

4 Nevica ancora su quelle macerie di Luca Saracho, 5F

SAN VALENTINO

6 Sol levante - San Valentino in Giappone di Makemoto

8 Going around - In viaggio con l’amore di Alessandro Galasso, 1aa

10 Amore e scienza: storia dei coniugi Curie di Giorgio Ganzari, 3E; Giulia Marotta, 3E; Altea Plaku, 3E

12 Amore ai tempi di Omero - Ettore e Andromaca di Apollo e Artemide

14 Soli nel buio della luce di Melpomene, 1aa

SCUOLA

16 Intervista alla proff.ssa Novara dei Andrea Minervini, 5D

SPORT

20 Zona Νίκη - Intervista al prof. Marottoli

di Marco Fantasia, 3E; Luigi Sala, 3cc; Andrea Pirota, 3cc

POLITICA

25 Rěčiće wy serbsce?

di Jacopo Palazzolo, 4C

CULTURA

28 Dilalia. Nell’animo.

di Pietro Cattaneo, 4bb

33 Esterrefatta urli mutuo!

di Alessandro Balossi, 5A

2 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6

35 Philosophers’ stone; or, substance exuberant di Oliver Zocco 5H

38 Attraverso il cinema - Caleidoscopio di La Mupa, 1aa

39 JoJo: l’arte dall’arte di Tommaso Grisotto, 2aa; Davide Serra, 2B

42 3 scoperte del James Webb Telescope di Cecilia Barbavara, 3A

44 Il Cardellino, Donna Tartt di Giorgia Tiralongo, 4bb

OGGI, NELLA STORIA

47 L’11 febbraio

di Tucidide, 5B

ANIMALE DEL MESE

48 Galletto di roccia

di Angelica Pellegrino, 2A

POESIA

50 φαρμακοv: sei il mio veleno, sei la mia cura di Federica Siciliano, 1A

51 Cos’è l’amore? di Alessia Bonofiglio, 4D

52 Haiku sull’amore di Filippo Conte, 3cc

3 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 INDICE

NEVICA ANCORA SU

QUELLE MACERIE

Erano le 4:17 del mattino. I raggi del sole erano ancora ben lontani dall’intiepidire i tetti delle case, le strade, le rade fronde degli arbusti, la terra, dura e spietata. Le città dormivano, dormivano di un sonno inquieto, disturbato da un incerto nevischio che pian piano cominciava a coprire tutto. Nulla avrebbe presagito ciò che sarebbe accaduto in seguito. Eppure nel cuore di quella notte di ghiaccio, la terra ha cominciato a tremare.

Quello che ha colpito la Turchia e la Siria nella notte tra il 5 e il 6 febbraio è stato uno dei più violenti terremoti che si siano mai registrati nella regione. Con una devastante magnitudo di 7.9 della scala Richter, mai registrata

da quasi quattro secoli a questa parte, la scossa ha devastato un’area che si estende per 450 chilometri da Adana fino a Diyarbakir. Tra le centinaia di scosse di assestamento (312 fino ad ora, momento in cui mi trovo a scrivere, di cui 125 di magnitudo 4 o addirittura superiore) si è subito iniziato a quantificare il danno in vite umane che questa tragedia ha provocato. Si parlava di 4000 vittime all’inizio, poi di 5200, poi ancora di oltre 6200, ma le cifre sono destinate drammaticamente a salire col passare delle ore. La disgrazia ha colpito, tra le due nazioni, una popolazione di quasi 23 milioni di persone, che in poche ore hanno visto crollare davanti ai propri occhi tutto ciò che possedeva-

4 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 L’EDITORIALE
Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?
Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese

no, che conoscevano, che amavano. Davanti ad eventi del genere è difficile rimanere impassibili. Davanti alle foto di città e quartieri completamente rasi al suolo, di antiche ed imponenti fortezze ridotte irreparabilmente in un cumulo informe di macerie nel giro di pochi secondi, di fragili corpi che combattono disperatamente tra la vita e la morte sotto la polvere e i mattoni delle proprie abitazioni, si potrebbe pensare ad uno scenario di guerra, agli effetti di cui la follia ideologica umana è capace. E invece questa non è una guerra, e nemmeno una battaglia da cui l’uomo possa mai risultare pienamente vincitore. Questo è il semplice e dispotico dominio con cui la Natura ci tiene soggiogati, impotenti ed inermi. Non c’è schieramento o partito, fazione o schieramento politico che ci distingua davanti a una catastrofe di tali proporzioni. Che amara ironia. Che specie stupida che siamo. Ci rendiamo conto della nostra comune fragilità solo quando la terra inizia a tremare. Ci adoperiamo a erigere monumenti a testimonianza del genio umano e della sua capacità di plasmare il mondo, ignorando che tutto

potrebbe essere spazzato via da un momento all’altro. Viviamo in un’illusione infantile di onnipotenza e la modestia ci viene insegnata nel più cruento dei modi.

In queste ore le ricerche per i sopravvissuti continuano instancabilmente, mantenendo un soffocato silenzio per udire anche il più flebile respiro. In sottofondo, la quiete è squarciata dalle urla di chi sotto i detriti ha perso una persona amata, un genitore, un coniuge, un figlio. E nevica ancora su quelle macerie martoriate.

5 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 L’EDITORIALE

SAN VALENTINO

SOL LEVANTE SAN VALENTINO IN GIAPPONE

MAKEMOTO

Bentornati, cari lettori, nella rubrica “sol levante”.

Visto che san Valentino è alle porte, ho pensato di scrivere come questa festività viene festeggiata in Giappone. Questa festa, un po’ come tutte quelle portate dall’occidente, è molto famosa, soprattutto tra i giovani. Ci sono molte differenze tra il nostro modo di festeggiare - europeo - e quello giapponese. Per esempio, noi dedichiamo questo giorno alle persone che amiamo, mentre loro lo dedicano anche e soprattutto agli amici: per questa ragione, invece che fare una romantica cena a due, in Giappone a san Valentino ci si scambia la cioccolata. Cioccolata che, badate bene, può avere tanti e diversi significati, considerando mittente e destinatario, e la loro relazione.

Chi avrà visto il celebre anime “Komi can’t comunicate”, commedia romanti-

ca ambientata in una scuola (lo trovate su Netflix se vi interessa), saprà sicuramente come ci sia un episodio in cui appunto le ragazze regalano la loro cioccolata ai compagni. Ho detto che lo fanno solo le ragazze perché a San Valentino solo loro regalano il dolce, per poi vederselo restituire durante il “White Day”, festa simile, diffusa quasi solo in Giappone ed introdotta dai produttori di dolci negli anni ’70, celebrata il 14 marzo, con protagonisti i ragazzi. Questa ricorrenza però ha molte più analogie con il nostro San Valentino rispetto al loro stesso 14 febbraio. Infatti i ragazzi regalano, solo alla ragazza interessata o alla fidanzata, oltre la cioccolata anche doni costosi come peluche, vestiti e gioielli: il regalo deve valere il triplo rispetto a quello fatto dalla ragazza il mese prima. Se il regalo ha un valore pari o inferiore allora sta ad indi-

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care un rifiuto del ragazzo.

Vi sono diversi tipi di cioccolata da regalare sia a San Valentino che nel White Day: sono tre ed ognuno ha un significato crescente.

C’e la giri-choko (義理チョコ) letteralmente “cioccolata dovuta”, ovvero quel regalo di cortesia per compagni e conoscenti. Insomma, si fa perché lo fanno tutti. In Giappone è molto importante l’impressione che si fa sugli altri, ed un mancato regalo, anche se fatto ad un semplice compagno di classe, infierirebbe sulla propria immagine.

Vi è a seguire la tomo-choko (友チョコ) tradotto la “cioccolata dell’amico”, che sta a significare l’amicizia sincera da dare ai veri amici, a cui si vuole bene davvero. È anche quella che si scambiano le ragazze tra di loro.

Infine c’è la più significativa, la honmei-choko (本命チョコ), la “cioccolata del prediletto”, che si dà persona amata (quindi al marito, al fidanzato o alla persona di cui si è innamorata). Questo infatti è un modo per dichiararsi o per chiarire i propri sentimenti. Questo tipo di cioccolata, a differenza delle altre, viene fatta in casa o comprata in ne-

gozi costosi, scegliendo le marche più pregiate.

Detto ciò, spero di avervi ispirato un regalo da aggiungere alle rose per la vostra amata, o un dono di ringraziamento per i vostri amici. Buona sorte.

Sayonara

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SAN VALENTINO

SAN VALENTINO

GOING AROUND IN VIAGGIO CON L’AMORE

ALESSANDRO GALASSO, 1aa

San Valentino può vantarsi di essere una delle festività più amate e allo stesso tempo più odiate: in giro per il mondo, sparse tra i diversi stati, si possono trovare diverse città dedicate all’amore.

Situata nel mezzo dell’Ile de France, Parigi è una delle città più romantiche per eccellenza, dove l’elegantissima Tour Eiffel illumina i Boulevard e il magnifico Champs Elysèes (uno dei viali più noti di tutta la metropoli), ricco di negozi di lusso, caffè alla francese e famosissimi cinèma parigini. Tra le attività più note e più romaniche da svolgere assolutamente nella capitale, la più famosa è proprio salire sulla magnifica opera dell’architetto Gustaf

Eiffel - costruttore dell’omonima torre - che oltre a svolgere un’importantissima funzione rappresentativa, divenne anche il simbolo dell’esposizione universale (EXPO) del 1889. Questa im-

ponente creazione è anche un importante omaggio ai marinai, dato che così, durante le notti, un’intensa luce, simile a quella dei fari, spazza i tetti di Parigi e i numerosi viali alberati.

L’Italia è disseminata di città romantiche, a partire proprio dalla capitale, Roma, che, con i suoi storici palazzi e gli affascinanti edifici romani, rende l’aria della città lievemente malinconica, irresistibile per persone innamorate. Nel nord Italia, divisa da piccoli canali, si trova la maestosa Venezia, che con i sui colori sgargianti, l’aria salmastra, i canali e gli stupendi ponti ad arco, rappresenta la città italiana dell’amore per eccellenza.

La capitale cosmopolita della Spagna, Barcellona, è una fra le mete più ambite degli innamorati. Con una bellissima spiaggia a soli dieci minuti dal centro, la città spagnola è riuscita a fondere alla

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perfezione modernità, cultura urbana, palazzi storici e l’indomabile potenza del mare. È frizzante e dinamica, ed è impossibile essere sazi degli stupendi tramonti, che tingono di rosso le piccole vie ciottolose.

In India, famosa per la cultura dell’amore, una delle città più rappresentative è Udaipur, che si allontana dagli stili europei o delle classiche mete ambite dai turisti, offrendo paesaggi mozzafiato e un’ospitalità senza precedenti. A caratterizzare questa zona è il lago Pichola, magnifico sia di giorno che di notte: al chiaro di luna potrà esser visto solcato da bellissimi battelli bianchi.

Insomma, possiamo dire che l’amore, in queste città, si nasconde in ogni singola pietra, dietro ogni singolo angolo, in ogni singolo monumento, sta a voi scovarlo.

Buon san Valentino a tutti!

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SAN VALENTINO

AMORE E SCIENZA

LA STORIA DEI CONIUGI CURIE

GIORGIO GANZARI, 3E; GIULIA MAROTTA, 3E; ALTEA PLAKU, 3E

Parigi. È una giornata buia, uggiosa, piovigginosa. La Rue Dauphine, nel continuo andirivieni delle carrozze, è attraversata da una tumultuosa folla.

Un uomo, stanco di essere impedito nei suoi passi, vuole attraversare la strada. Lo fa nel momento sbagliato e si trova stretto fra due vetture; lo spazio si riduce ed egli è ora a contatto con un cavallo scalpitante. Un attimo dopo il suo cranio è fracassato. Il carro prosegue ancora per un po’ la sua marcia fatale.

È il 19 Aprile 1906 e l’uomo, una delle menti più brillanti del suo tempo, è Pierre Curie. Marie Curie viene così privata del suo compagno di lavoro e, prima di tutto, di vita. Maria Skłodowska, divenuta dunque Marie Curie, partita dalla Polonia russa, suo paese natale, si trasferì a Parigi a 24 anni. Era la sua opportunità di emancipazione: iniziò, con totale e ammirevole dedizione, a fre-

quentare le lezioni di Fisica alla Sorbona. Entrata nell’ambiente accademico, il suo incontro con Pierre fu inevitabile. I due si sposarono nel luglio del 1895 e, nella compenetrazione di amore e scienza, lavoreranno sempre in nome della ricerca e dell’avanzamento della conoscenza.

Dopo il matrimonio i due scienziati riuscirono ad individuare l’origine del fenomeno che avevano precedentemente definito radioattività: esso era causato da alcuni atomi specifici. Questa scoperta valse ai coniugi Curie il premio Nobel per la Fisica nel 1903.

Ma la ricerca non finì qui! Pierre e Marie notarono infatti che in alcuni minerali la radioattività era inaspettatamente forte. La soluzione giunse dopo quattro anni di studio: i minerali considerati contenevano due elementi radioattivi.

Questi ultimi vennero denominati ra-

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dio e polonio (per onorare il paese di Marie). Purtroppo Pierre morì prima di poter ricevere un secondo premio Nobel per la scoperta dei nuovi elementi, che quindi andò alla moglie nel 1911, e questa volta fu per la Chimica. La straordinaria coppia ebbe due figlie Irène ed Ève Curie. La minore si dedicò alla musica, scrivendo anche una biografia sulla madre, mentre la maggiore sposò il fisico Frédéric Joliot con il quale nel 1935 (un anno dopo la scomparsa di Marie) vinse il premio Nobel per la scoperta della radioattività artificiale.

Le scoperte sulle radiazioni scaturite dall’amore dei coniugi Curie ebbero un interessante impatto sul campo della medicina. Infatti, nei primi anni del Novecento, si scoprì che piccole dosi di radiazioni potevano essere sfruttate per combattere terribili patologie come il cancro. Queste furono le basi per uno dei trattamenti ancora oggi maggiormente impiegati nella cura di masse tumorali: la radioterapia (che tra l’altro è anche detta curieterapia in onore dei due scienziati, nonché marito e moglie, che diedero un notevole contributo con

i loro studi). Oltre a ciò non bisogna scordare, come lo stesso presidente dell’Accademia Reale di Scienze di Svezia H.R. Törnebladh sostiene, che le ricerche dei Curie aprirono nuove strade verso uno studio più approfondito della possibilità di ricavare energia da questo tipo di fenomeni nucleari. Una possibilità che, specialmente in questi ultimi tempi, si è rivelata una validissima alternativa ai contemporanei metodi di produzione di energia elettrica, fin troppo inquinanti. Sfortunatamente quando si parla di nucleare è difficile non pensare alla realtà bellica. Infatti le scoperte dei Curie sono la dimostrazione che, per quanto un progetto nasca e maturi alimentato solo da un forte amore, non è scontato credere abbia impatti necessariamente positivi sul mondo: gli studi dei Curie vennero presi come un’ottima base per la messa a punto degli ordigni nucleari.

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SAN VALENTINO

SAN VALENTINO

AMORE AI TEMPI DI OMERO

ETTORE E ANDROMACA

APOLLO E ARTEMIDE

INTRODUZIONE DEI PERSONAGGI

Andromaca ha avuto un passato pieno di eventi tragici: la morte di suo padre Eezione, ucciso da Achille, la strage dei suoi 7 fratelli anche questi uccisi da Achille, e anche la morte della madre, che venne rapita dallo stesso responsabile dell’assassinio degli altri famigliari e poi lasciata in libertà da quest’ultimo. La donna morirà poi di infarto (causato da una freccia di Artemide).

Ettore, figlio di Priamo e di Ecuba, guerriero troiano più forte, che però combatte solo per necessità e non perché davvero ama la guerra, a differenza di molti altri eroi omerici. Nell’Iliade è rappresentato come uno dei personaggi più forti, al pari di Achille. Eccelle sopra il fratello Paride, che nonostante sia stato lui a rapire Elena e a provocare (in parte) la guerra di Troia, raramente scende a combattere con l’esercito: ciò lo rende di certo meno valoroso rispetto ad Ettore.

IL RAPPORTO TRA ETTORE E ANDROMACA

Ettore e Andromaca sono una delle coppie più famose della mitologia greca e una delle più unite, sposati non solo per motivi politici ma anche per amore. Andromaca rivede in Ettore, oltre alla figura di marito, anche quella di pa-

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SAN VALENTINO

dre, madre e fratello, e questo glielo ribadisce direttamente nel testo “Ettore e Andromaca” con le seguenti parole:

“Ettore, tu sei per me padre e nobile madre e fratello, tu sei il mio sposo fiorente; ah, dunque, abbi pietà, rimani qui sulla torre, non fare orfano il figlio, vedova la sposa [...]”. Con queste parole Andromaca supplica Ettore di non tornare in battaglia, perché sa che morirà, ma di rimanere dentro le mura con lei e con il figlio Astianatte per non lasciarli da soli per l’eternità. Ella è sicura che dopo la morte del marito, diventerà sicuramente schiava (o concubina) di uno dei principi Achei. Ettore, infatti, consapevole di ciò, le dice che lui deve combattere per salvare la città e il suo popolo e per evitare che la rapiscono e la rendano schiava; per evitare che un Acheo possa vantarsi di avere la moglie del grande principe troiano come concubina, poiché lui non è riuscito a salvare lei e la città dal loro terribile destino. Andromaca, però, sa che se Ettore uscisse dalle mura, allora quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto; anche lui ne è consapevole, ma mentre lei lo prega di restare al suo fianco e al fianco di suo figlio,

lui le risponde nuovamente che non può abbandonare la battaglia. In seguito, Ettore, dopo aver rivolto una preghiera alla dea Atena per calmare le sorti della guerra, si dirige dalla moglie per salutarla e parlarle un’ultima volta, dato che è a conoscenza della terribile fine che lo aspetta; desidera quindi rivedere la sua amata prima di andare incontro alla morte, come se in qualche modo rivederla possa renderlo felice… un’ultima volta. Così Andromaca continua a supplicarlo di non andare e, visto che sa che non potrà fermarlo, gli consiglia un modo più “sicuro” di combattere: dirigere gli Achei in un punto preciso vicino alle mura e annientarli. Ettore, leggermente infastidito, le ordina di ritirarsi nelle sue stanze e di dedicarsi alle sue attività quotidiane in compagnia delle ancelle. Andromaca piangendo si allontana e si volta a guardare il suo amato compagno di vita che torna sul campo di battaglia, e una volta nella sua stanza, lo piange con le ancelle, come se fosse già morto.

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SAN VALENTINO SOLI NEL BUIO DELLA LUCE

MELPOMENE, 1aa

Afrodite, dea della bellezza e dell’amore, dea però a volte considerata quasi incapace di amare. Afrodite ha avuto molti, moltissimi amanti; eppure non è mai veramente riuscita ad amare nessuno di essi. Un giorno si sposò, con Efesto, dio del fuoco, figlio di Era. Lei provò ad amarlo, ma non ci riuscì mai veramente. Lei era contraria a questo matrimonio, ma dovette accettarlo costretta dal padre Zeus, per far sì che la sua bellezza “non fosse causa di discussioni tra

gli dei”. Poteva fingere, ma non per tanto. Infatti si era sì innamorata, ma non del marito. Con Efesto la dea non concepì neanche un figlio, eppure Afrodite secondo alcuni miti è una delle dee con la maggior quantità di figli semidivini e divini. Ma di chi si era innamorata? Chi era riuscito a rubarle il cuore? Secondo alcuni miti è stato un dio, un dio tanto carismatico quanto crudele, che però non sapeva resisterle. Ares, dio della guerra e del combattimento, dio che generalmente

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non dovrebbe cadere nella tentazione dell’amore, eppure incapace di resistere al fascino di Afrodite. La dea non ebbe nemmeno bisogno di ingannarlo o di usarlo, lui era già ai suoi piedi e non se ne sarebbe andato finché lei non avesse ceduto e fosse andata con lui. Il loro amore non era veramente ben accettato, oppure non era conosciuto. Pochi sapevano della loro relazione. Ma a loro poco importava, la dea della bellezza si sentiva attraente quanto possente quando era tra le sue braccia, e non voleva andarsene. La sua storia d’amore con Ares andò avanti per molto e per quanto il dio fosse brusco e a volte crudele con gli umani, lei lo amava. Suo marito si sposò un’altra volta, lei no, non volle mai sposare neanche Ares, per quanto lo amasse lei non chiedeva niente, solo tempo per poter continuare ad amarlo a letto, ma non di fronte agli altri. Lei sapeva che tutto sarebbe cambiato davanti agli altri, gli dei avevano sentimenti umani, quindi lei sapeva quanto gli sguardi avrebbero fatto male, sapeva che non l’avrebbe sopportato. Gli innamorati si amano senza il consenso, perché l’amore non ha bisogno del consenso del mondo. Se due persone si amano, non hanno bisogno dell’approvazione

di nessuno, solo di loro stessi. La rosa e le perle sono il simbolo di questa dea, un simbolo di perfezione e di dolore, come le spine della rosa. Ancora oggi gli innamorati si scambiano le rose e quando quella rosa ti arriva, può essere pure senza nome all’esterno, ma dentro tu sai già chi te l’ha data.

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SAN VALENTINO

SCUOLA INTERVISTA ALLA PROF.SSA

NOVARA

ANDREA MINERVINI, 5D

Ho avuto il piacere di parlare con la professoressa di matematica e fisica del Liceo Majorana Paola Novara, la quale ha raccontato alcune esperienze vissute nell’ambiente scolastico e alcune curiosità sulla sua persona, non dimenticandosi di dare qualche utile consiglio ai compagni di quinta che quest’anno dovranno scegliere la facoltà universitaria.

Per prima cosa, vorrei chiederle di raccontare come ha scelto il suo percorso universitario e di condividere qualche utile consiglio ai i ragazzi di quinta.

Finito il liceo, mi sono iscritta a matematica, ma la scelta non è stata così semplice: alcuni miei compagni avevano le idee molto chiare, probabilmente già dall’inizio del liceo, mentre a me piaceva studiare quasi tutte le materie. A posteriori, posso dire di aver sempre

avuto una mentalità molto scientifica, anche se amavo molto la letteratura inglese e quella italiana, adoravo la filosofia e studiavo molto volentieri tutte le materie umanistiche. La mia fortuna è stata quella di avere dei docenti molto competenti, che sono riusciti a trasmettermi la passione per tali materie. La mia storia con la matematica liceale invece è stata parecchio burrascosa: ho cambiato molti docenti nei miei cinque anni di liceo - a volte mancava un insegnante per mesi - e, sicuramente, ciò ha influito sull’avversione che la mia classe provava nei confronti di questa materia. Le conseguenze di questa carenza di preparazione le ho provate io stessa quando ho iniziato a studiare in università: ho fatto molta fatica all’inizio, pensando anche di cambiare facoltà, ma passione e determinazione mi hanno fatto concludere molto bene gli studi.

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Nonostante l’avversione collettiva della mia classe nei confronti della matematica, a me piaceva molto, e mi veniva anche bene. In alcune materie, per raggiungere buoni risultati, dovevo studiare per ore prima di ogni verifica, mentre per matematica mi bastava veramente poco.

Un consiglio da dare agli studenti di quinta sull’orientamento universitario? Cercate di capire qual è quell’ambito che vi piace e vi interessa, e in cui vi ritenete anche competenti. E’ un consiglio banale, ma molto vero: passerete molto tempo a studiare, è importante scegliere un percorso che vi interessi e che possa anche regalarvi delle soddisfazioni. Capisco che la scelta non sia assolutamente facile: state decidendo di percorrere una strada che non conoscete. Quando mi sono trovata davanti a quella scelta, avevo solo una vaga idea di quello che avrei fatto: solo con gli anni, esame dopo esame, ho scoperto il grande e bellissimo mondo matematico.

Ci può raccontare qualcosa in merito a quello che è successo dopo l’università?

Le esperienze che ha fatto le hanno insegnato molto?

Finita l’università…. sono rimasta in università! Sono stata ammessa al dottorato di ricerca in matematica applicata all’Università dell’Insubria di Como. Spiegare in cosa consisteva la ricerca matematica è piuttosto complesso. Diciamo che si studiava quello che “è già stato fatto” e si cercava di migliorarlo. Il mio ambito di lavoro era l’approssimazione di curve e superfici e la successiva applicazione alla computer grafica. Detto in modo più semplice, studiavo e scrivevo algoritmi per “disegnare al computer” superfici come i cartoni animati o i videogiochi, ma anche per scopi più nobili, come immagine biomediche: ho costruito un algoritmo apposta per rappresentare un cervello in 3D…

La ricerca è un campo faticoso, bisogna provare e riprovare: spesso si sbaglia, ma quando alla fine si riesce ad ottenere il risultato sperato la soddisfazione è enorme. Durante il periodo del dottorato ho partecipato a diverse conferenze internazionali durante le quali ho presentato i miei lavori di ricerca, e ho anche collaborato con diversi professori. Tutte

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queste esperienze sicuramente mi hanno formata molto, e non solo dal punto di vista matematico.

Ho anche insegnato in università e ho affiancato degli studenti nella realizzazione delle loro tesi di laurea. Queste esperienze mi hanno portato a valutare di intraprendere il percorso dell’insegnamento, strada che comunque non avevo mai escluso sin dai primi anni di università.

Oltre alle ultime cose che ha raccontato, ci sono state altre motivazioni che l’hanno spinta a insegnare?

Secondo lei qual è il rapporto che un professore dovrebbe avere con i suoi alunni?

Sicuramente è stata una scelta data dalla somma di alcune esperienze vissute, a scuola e in università. Come dicevo, tranne che per matematica e fisica, al liceo ho avuto degli ottimi insegnanti, capaci di far crescere in me l’interesse e la voglia di conoscenza. Non ho però avuto dei docenti di matematica in grado di far nascere una passione per questa materia: io, la passione, l’ho coltivata da sola, ma per la maggior parte

dei miei compagni la matematica era assolutamente un mondo incompreso. Ora che insegno matematica spero di poter colmare quel vuoto che ho vissuto io, e spero di poter trasmettere un po’ della mia passione a voi studenti e di riuscire a farvi vedere la bellezza che si nasconde dietro alle formule e ai teoremi.

Sono in questo liceo da tre anni, ho insegnato in diverse scuole prima di arrivare qui e ho vissuto realtà molto differenti dal nostro liceo. Ho conosciuto molte persone, colleghi e studenti: da tutti loro ho imparato molto come professoressa, ma non solo. Questo è un lavoro che unisce le persone ed non è possibile per me tralasciare il lato umano.

Ha mai avuto dubbi sul percorso scelto? Guardando indietro tutti i suoi percorsi è contenta di ciò che ha perseguito?

Come già detto, all’inizio dei miei studi universitari ho fatto un po’ fatica a causa della mia preparazione non ottimale in matematica. Ho pensato di cambiare facoltà e di iscrivermi a biologia, ma sono davvero contenta di non averlo fatto. Credo che non esista un mondo che

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mi rappresenti più di quello matematico. Inoltre, amo insegnare matematica, sembrerò strana, ma mi diverto: quando sono in classe a parlare di matematica non mi sembra di lavorare. Quindi, sì, credo di aver scelto la strada migliore in assoluto per me. La ricerca universitaria mi piaceva molto, ma non tornerei mai indietro. Spero di rimanere così innamorata di quello che faccio per ancora tanti anni.

In conclusione; essendo un suo alunno so che ha parecchie passioni. Può parlarci di quello che coltiva al di fuori della scuola e della sua personale considerazione sull’importanza delle passioni nella vita di ognuno di noi?

Una passione che ho coltivato sin da bambina è quella per la musica. Posso dire che è da più tempo che studio musica che matematica! Ho sempre frequentato la Filarmonica Fiati di Seregno, lì mi sono formata musicalmente, ma soprattutto sono cresciuta accanto a persone con la mia stessa passione, persone che oggi sono i miei più cari amici. Per quanto lo studio o il lavoro possano

essere una passione (come nel mio caso), credo sia necessario avere “qualcos’altro” a cui scegliere di dedicare il proprio tempo libero, sia da ragazzi che da adulti. Un’altra mia passione è certamente quella dei viaggi. Ovviamente è una passione un po’ costosa, quindi ho potuto dedicarmici solo “da grande”, quando ho iniziato a guadagnare qualcosina. Durante l’università, con i primi lavoretti, investivo tutto quello che guadagnavo in viaggi: cercavo super offerte low-cost per mete abbastanza vicine, per iniziare ad esplorare il mondo. Ora posso permettermi anche viaggi più impegnativi e verso mete più lontane, sempre alla ricerca di esperienze e di realtà diverse dalla nostra che possano insegnarmi qualcosa. Sono appena tornata da un viaggio...e sto già programmando il prossimo!

In conclusione, ragazzi, fate del vostro lavoro o del vostro percorso di studi la vostra passione, ma continuate a guardarvi intorno e ad interessarvi a tanti aspetti

diversi: la vita è piena di bellezza da scoprire.

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ZONA Νίκη

INTERVISTA AL PROF MAROTTOLI

Hakuna Matata Majorani, eccoci a febbraio. Ormai la vita scolastica è ripartita a gonfie vele e così sarà fino alle vacanze di Pasqua. Per questo mese Zona Nικη ha preparato una serie di domande al professor Michele Marottoli, che immaginiamo tutti voi conosciate (ovviamente per la sua fama di grande atleta di powerlifting oltre che di ottimo insegnante). Ecco qui di seguito le nostre domande e le risposte del prof.

Quando e da dove è nata questa passione per la palestra? Cosa l’ha motivato e la motiva?

Durante i miei 5 anni da studente all’ITIS di Cesano Maderno sono stato un mezzofondista agonista. 52 kg di peso corporeo e con risultati discreti. Per accedere all’Università in Scienze motorie ( ex ISEF) occorreva partecipare ad una selezione con prove motorie e test scritti. Mi accorsi da subito di essere molto debole muscolarmente

(eh già, non avevo la genetica dalla mia parte) ma la mia grinta, la voglia di diventare un prof e non fare la figura del “rachitico” davanti ai miei futuri alunni, mi hanno portato ad allenarmi in palestra pesi con molta determinazione. Entrato all’ISEF, ho imparato

20 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 SPORT
MARCO FANTASIA, 3E; LUIGI SALA, 3CC; ANDREA PIROTA, 3CC

come allenarmi su basi scientifiche e i progressi non si sono fatti attendere.

Prima lezione per voi studenti: la forza e la resistenza, con allenamenti costanti e non necessariamente intensi, possono migliorare tantissimo. Basta la volontà! Capito?

Datevi da fare e non trovate scuse...

La svolta c’è stata quando, a 22 anni, sono stato chiamato militare nel Gruppo sportivo dell’esercito a Roma in qualità di istruttore. Avevo la palestra a mia disposizione tutto il giorno per l’intero anno militare. Ho in-

cominciato ad allenarmi tutti i giorni variando, naturalmente, i vari distretti muscolari ogni giorno. Nota bene per gli attuali palestrati che cercano e usano macchine sofisticate e nuovi quanto fantasiosi esercizi: avevo a disposizione ed utilizzavo solo bilancieri! Ancora oggi mi definisco e mi alleno da power-building. Il mio motto, da sempre, è: esercizi pochi, buoni e fino all’ultima ripetizione”.

L’anno successivo al militare, mi vedeva già in gare di powerlifting ( squat, panca piana e stacco da terra). A breve

21 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 SPORT

realizzai il record italiano di panca nella categoria sotto i kg 67. La mia caparbietà aveva superato la mia non favorevole genetica!

Nell’appena passato novembre 2022, come sapete soprattutto se avete guardato la mia emozionante gara su YouTube, dopo ben 36 anni (!) sono tornato a gareggiare nel powerlifting nella categoria Over 60- sotto i Kg 66 di peso. In un colpo solo ho stabilito tutti e 4 i nuovi record italiani e, permettetemi di aggiungere, sarei potuto arrivare secondo agli Europei svoltisi a marzo a Budapest. Cosa mi ha motivato? L’arrivo a scuola del nuovo collega Thumadoo Kevin, powerlifter agonista,che mi ha incoraggiato e supportato con immensa ed immediata amicizia e l’idea di andare in pensione uscendo dal Liceo come campione di powerlifting così come lo ero quando sono entrato ben 38 anni fa, sono stati la fortissima scossa per tornare in gara. L’idea di fare “bella figura” davanti ai miei alunni e a tutto il Liceo, abbinata al pensiero che anche le mie due meravigliose figlie potessero finalmente vedere il loro papà in forma agonistica, mi hanno letteralmente fatto superare tutti gli ostacoli dell’età e anche del sovrappeso ( per rientrare

in categoria ho dovuto perdere più di kg10...). Ogni mattina a scuola voi studenti mi stimolate e mi fate sentire ancora giovane. Spero, da parte mia, di essere per voi tutti e per tutti gli studenti che ho avuto il piacere di conoscere in questi miei 38 anni nel nostro amato Liceo, un esempio e uno stimolo a praticare attività sportiva e un corretto “stile di vita” ( i miei studenti attuali sono stufi di sentirselo da me ripetere...) almeno fino alla mia età.

Ci vuole raccontare e motivare quale gara l’ha più emozionata e ha particolarmente gradito? Perché?

In realtà, ho preso parte a poche gare nella mia vita. Ho sempre avuto difficoltà, per motivi vari, soprattutto a rientrare nel peso della mia categoria. Ricordo con piacere, quando ero “giovane e forte”, la vittoria al Campionato Nord Italia di panca piana con 145 kg, la vittoria al Nord Italia e il terzo posto agli Italiani di bodybuilding nel 1987 (cat. sotto i 65 kg). Come over 45 anni arrivai secondo agli Europei, nella gara di panca piana, con 130 kg. 5 anni fa, nel bodybuilding, tornai in gara vincendo “moralmente” nella cat. sotto i 75 kg over 50 anni

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SPORT

( categoria riconosciuta nelle gare europee ma non da noi...) ai Campionati Italiani. Nel novembre scorso, come sapete, sono tornato al powerlifting e, notizia nuovissima, lo scorso 28 gennaio ho stabilito anche il record italiano di panca nella categoria sopra la mia, ovvero fino a 74 kg di peso (gara visibile sempre su YouTube). Mi attendono nuove gare ad aprile, luglio e , soprattutto, a metà settembre quando spero di superare i miei stessi 4 record di powerlifting per essere convocato finalmente nella nazionale per i prossimi Campionati europei. Notare che in gara mi sono da sempre aggirato sullo stesso peso corporeo fino ad oggi. Questa è la prova che non mi sono mai dopato e che, anche per questo motivo (meditate...) tutto sommato sono ancora fisicamente sano e giovane. Tutte le vittorie portano gioia e “gasamento”. Sicuramente però, la vittoria che mi ha estremamente emozionato è stata proprio quella di novembre. L’idea di essere tornato in gara powerlifting dopo ben 36 anni (tra alti e bassi, abbandoni e riprese, infortuni, sovrappeso e anni covid) e il pensiero di essere lì diventato un campione italiano assoluto nella mia categoria oltre che un esempio e stimolo per le mie

figlie e per le migliaia di alunni che ho e avuto nella mia vita, mi hanno fatto letteralmente scoppiare in lacrime subito dopo l’utima alzata da record nello stacco da terra ( miseramente sono stato anche immortalato nel video...).

Oggi più che mai il mondo del powerlifting sta diventando meta di tantissimi giovani? Ha qualche consiglio per coloro che ci si avvicinano? Sono estremamente contento quando vedo i giovani, soprattutto se studenti del Majorana, in palestra. In particolare noto con soddisfazione che le ragazze/donne hanno finalmente capito che la “pesistica” non è per soli uomini e che non le rende “grosse e/o mascoline” (se non si dopano...). Oggi, per fortuna, le vedo sempre più numerose impegnate ad eseguire i classici esercizi di powerlifting/pesistica che, durante i miei primi tempi in palestra, erano per loro quasi un tabù. Finalmente la conoscenza sta accendendo sempre più la luce nella stanza dell’ignoranza e dei pregiudizi! Da sempre promuovo il potenziamento muscolare specifico a scuola, soprattutto alle ragazze. Insegnando ai miei studenti l ‘anatomia e la cinesiologia muscolare,

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l’effetto degli ormoni endogeni, la corretta alimentazione e “stile di vita sportivo” (arieccolo...), spero abbiano/ abbiate capito quanto è importante eseguire correttamente e costantemente “esercizi muscolari” che fortificano cuore (!), muscoli, tendini, legamenti e ossa oltre che tenere ben stabili e forti le articolazioni. Quindi è anche prevenzione agli infortuni, all’osteoporosi, osteopenia, rinforzo del cuore, dimagrimento con tonicità ottimale (miglior rapporto massa magra e grassa) oltre che, a livello psicologico, realizzazione completa e/o rinforzo del “sé stessi”. Cosa volete di più? Certo, bisogna sempre agire con calma e scientificità. Non dovete avere fretta di vedere i risultati, soprattutto quelli estetici. Ricordatevi sempre: la prima regola assoluta in palestra è “non farsi male”! Barando nell’esecuzione degli esercizi si possono usare pesi maggiori e fare “bella figura”. Potete imbrogliare il mondo e voi stessi, ma non i vostri muscoli! Usate la testa! Ricordatevi, e lo dico soprattutto alle ragazze/donne, che un muscolo può diventare molto più forte, rispetto agli inizi, crescendo pochissimo di volume. Se non mi credete, guardate le gare delle categorie di peso più basso cosa riescono a solle-

vare a tutte le età.

Un consiglio di tutto cuore a tutti e per tutte le età: praticate costantemente qualsiasi attività motoria/sportiva che vi piace, magari variandole, abbinate un corretto “stile di vita” (ancora? non se ne può più...) che, come sapete, implica anche una corretta alimentazione ed un adeguato sonno (sembra facile, ma....) e sicuramente vedrete che diventeranno una sana abitudine che luminosamente vi guiderà e cambierà in meglio tutta la vostra vita. Spero che, fra cento anni, non dobbiate mai dire: peccato non aver dato retta alla buonanima del prof. Marottoli che ce lo disse e spiegò nell’anno di grazia 2023!

Vi ringrazio della vostra pazienza e perchè mi supportate e mantenete giovane come voi.

Abbracci affettuosi e bacioni a tutti.

Noi ringraziamo il Prof. Marottoli per la disponibilità e gli auguriamo di proseguire la sua carriera sportiva nel migliore dei modi.

Zona Nικη vi saluta, ci vediamo nel numero di marzo!

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SPORT

RĚČIĆE WY SERBSCE?

Pensando alla parola “slavo” molto probabilmente vi verranno in mente la Russia, la vodka e i gopnik in tuta Adidas ma di certo non vi verrà in mente la Germania. Eppure proprio nell’odierna Germania vive tuttora l’unico popolo sopravvissuto delle tante tribù di origine slava che popolavano tutto il territorio dell’ex Germania Est (DDR). Ci troviamo per la precisione in Lusazia, una regione storica oggi divisa tra i Länder della Sassonia e del Brandeburgo nell’est della Germania, al confine con la Polonia e la Repubblica Ceca, qui vivono quindi circa 60.000 Sorabi (o Sorbi o Sorbolusaziani). Questo è il nome di questo ormai piccolo popolo, sconosciuto ai più e sempre più in pericolo di scomparire insieme alle loro lingue e tradizioni. Lingue al plurale perché esistono due lingue sorabe: l’alto sorabo, parlato da circa 40.000 persone nella zona della Sassonia e il basso sorabo, parlato da 20.000 locutori stimati; queste due lingue sono molto simili e permettono di capirsi quasi alla perfezione tra di loro, godono inoltre di un’alta mutua intelligibilità (cioè la possibilità di capirsi parlando lingue di-

verse) con il Ceco-Slovacco e il Polacco. I sorbi erano una delle tante tribù che componevano quelli che erano generalmente chiamati gli slavi Polabi, che giunsero durante il periodo delle migrazioni in tutta quell’area che va dal fiume Oder a oltre il fiume Elba e che la abitarono, fondando importanti città come Dresda e la stessa Berlino, fino alla colonizzazione (per alcuni anche genocidio) durante l’espansione ad est dell’Sacro Romano Impero Germanico. Iniziò così il declino della lingua e della cultura soraba che cominciò ad essere vietata in molti luoghi fino a dopo la seconda guerra mondiale. Ma i Sorbi hanno ricevuto un serio riconoscimento solo dopo l’unificazione della Germania negli anni ’90, anche se forse non è ancora abbastanza. La lingua e la cultura soraba si sta infatti perdendo soprattutto nelle generazioni più giovani, anche a causa dell’insegnamento limitato nelle scuole. A protezione della lingua e della cultura Sorbolusaziana sono state costituite alcune organizzazioni come la “Domowina” che sono state il riferimento politico e sociale principale del popolo

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JACOPO PALAZZOLO, 4C

battendosi per la creazione di un lander lusaziano autonomo dopo la caduta del muro di Berlino o precedentemente per l’indipendenza della regione o della sua unione alla Cecoslovacchia come nel 1918 e nel 1945.

Ma cosa rimane effettivamente oggi in Lusazia dei Sorbi? Durante il mio viaggio a Budyšin (Bautzen in tedesco), il capoluogo dell’alta Lusazia, oltre al bellissimo museo e ai nomi delle vie scritte in doppia lingua non ho visto molta identità Soraba, forse perché visto il tempo limitato non ho avuto tempo di scavare troppo a fondo (ma ho già in programma di visitare un giorno anche i villaggi per scoprire la vera anima slava della regione). Ma le tradizioni popolari nelle campagne sembrano resistere come si può vedere dalle numerose testimonianze sul web, vengono preservati e utilizzati durante le festività i pregiati costumi nazionali, la cucina, la musica folkloristica e in particolare le tradizioni natalizie (i mercatini di natale di Budyšin sono tra i più antichi al mondo) e quelle pasquali, le più importanti per i Sorbi, molto simili a quelle dell’adiacente Repubblica Ceca includono la decorazione delle uova, la processione dei cavalieri di Pasqua o la cosiddetta spinta dell’uovo di pasqua. Concludo questo breve ma spero interessante articolo invitando tutti voi lettori in caso di un

viaggio a Berlino o a Praga di provare a visitare queste zone splendide non solo a livello umano ma anche naturalistico e architettonico e facilmente raggiungibili, come ad esempio la già citata Budyšin (Bautzen) con il suo museo, il castello e le numerose torri sule rive del fiume Sprea o la città di Chóśebuz (Cottbus), capoluogo della bassa Lusazia, un altra antica città medievale famosa per la sua piazza centrale e per la vicina riserva dello Sprewald. Quindi vi saluto sempre nella speranza che il popolo sorabo possa superare questa fase di crisi e risollevarsi salvando la sua unica cultura millenaria. Na zasowidźenje!

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Bandiera con stemma Soraba (con i caratteristici colori panslavi).

Zona di insediamento Sorabo (Lusazia) in rosso.

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CULTURA DILALIA. NELL’ANIMO.

PIETRO CATTANEO, 4bb

Quotidianità. Andavo pazzo, per la mia quotidianità. Correre, fare, assorbire quanto più possibile – “Scusi? Non si potrebbe avere una dozzina d’ore in più, nelle 24 di una giornata?”. C’è del bello in un animo trepidante d’entusiasmo. Avevo perso fin troppo, durante i lunghi mesi di lockdown: non era il caso di recuperare? E allora via di nuovo: correre, fare, assorbire quanto più possibile. Cercare la bellezza per me, per gli altri un po’ di bene. Indaffararsi alla follia, passare quanto più tempo possibile fuori casa, recuperare lo studio di notte, se possibile. Finivo spesso accasciato sui banchi del Majo, la mattina, con il prof. Mori che, qualche volta, mi benevolmente lanciava contro pennarelli, per svegliarmi dal mio limbo in dormiveglia.

Ne volevo di più: non mi bastava. Partire, cercare altrove dei nuovi orizzonti. Cogliere un’occasione, che mai più si sarebbe ripresentata allo stesso modo, per la banalissima ragione che mai più avrei avuto 17 anni in vita mia.

S’aggiunga ora a tutto questo una media in inglese piuttosto migliorabile – mai mi perdonerà la prof. Sanvito –, e non sarà troppo arduo capire come sono fini-

to, lo scorso 27 agosto, su un volo senza scalo per l’Irlanda. Destinazione? An Cóbh, contea di Cork.

L’ho presa decisamente un po’ larga, ma credo abbiate capito lo stesso: questa è la testimonianza di un (ex?) Exchange Student, la cronaca di un quadrimestre di studi trascorso all’altro capo d’Europa. Di certo, troverete centinaia di storie così alla prima ricerca su Google, entusiaste o ammonitorie che siano.

Di certo, non mi leggerete – né vi scriverò io – con la pretesa di una nuova prospettiva sul periodo di studi all’estero. Se cercate qualcuno che vi convinca a partire, visitate pure il website della prima agenzia che l’algoritmo vi proporrà: Trinity, WEP, YouAbroad… gli spunti non vi mancheranno sicuro.

C’è di certo solo una cosa che potrò offrirvi: una piccola finestra sui miei mesi tra agosto e dicembre, un timido spioncino che, con le sfumature del caso, vi presenterà quello che per me – e per me soltanto – le parole “anno all’estero” riecheggeranno per sempre.

Mi si schiudeva quel 27 agosto, insieme alle porte del terminal, un mondo nuovo: nuove forme collinari, nuovi colori

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piovosi, nuovi volti arrossati, nuovi odori legnosi e nuovi accenti – soprattutto per le prime ore – completamente incomprensibili.

Arrivavo a Cobh, un paesino di 12000 anime – di cui almeno 200 sono studenti internazionali –, casette colorate, strade ripide e sinuose, duri venti oceanici, famiglie povere, marinai e campagne. Ma è anche il maestoso santuario di una delle baie naturali più grandi d’Europa, il sommesso memoriale dell’emigrazione irlandese, l’ultima tappa della traversata del Titanic, il raccordo di tantissime storie di mare.

E ancora: la tela delle albe e dei tramonti più belli che abbia mai visto colare tra le nuvole, il teatro delle intemperie più indecise ed incoerenti che mai abbia conosciuto, la culla dell’incostante scrosciar di maree che m’è stato da ninnananna per lunghe notti.

La vita mi si rivelava completamente diversa che qui.

Si parte dalla routine: scuola dalle 9:00 alle 16:00, un unico pasto alle 18:00, nanna alle 22:00, un weekend di due giorni, ed ecco che si ricomincia. Tra le 20:00 e le 8:00 di mattina, le strade sono deserte, più o meno quanto da noi in piena notte. La scuola gode di un’impostazione completamente diversa: le superiori sono strutturate su sei anni, che spaziano dalla II media alla IV superiore nostre; il

quarto anno, chiamato TY (Transition Year), è facoltativo, privo di valutazioni ed improntato all’orientamento del ragazzo. Si concretizza in decine di attività ludico-sportive e in laboratori da College americano.

Durante una giornata, secondo il modello anglofono, ci sono nove lezioni da quaranta minuti ciascuna, e ogni alunno segue i propri corsi, spostandosi d’aula in aula. Mi duole riferire che l’educazione s’è rivelata per me ben più scadente di quella italiana: ho avuto l’impressione che l’80% delle lezioni siano state in fin dei conti inutili, superflue.

I programmi del mio anno corrispondono bene o male a quelli fatti nei primi mesi del biennio (lo scarso stimolo intellettuale ha degli effetti evidenti sui nostri coetanei irlandesi), i compiti a casa non esistono e le regole scolastiche sembrano create per un dodicenne anziché per ragazzi quasi maggiorenni; per non parlare dell’assenteismo tra gli insegnanti, che ci lasciavano una media di un paio d’ore buche al giorno.

Inoltre, nell’ultimo biennio (il Senior Cycle) non ci sono test, e tutto è improntato a garantire un buon punteggio nel loro esame di maturità (il Leaving Cert.), con un approccio assurdo e completamente performativo. Un esempio? Il prof di Business: “Guys, in this page you should study the whole chart with the definitions,

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but in the Leaving Cert they’ve never asked the students more than three lines out of six, so you can just study the three you prefer”.

Purtroppo, la scuola è stata – insieme al cibo – l’unica esperienza realmente negativa.

Tante sono le differenze più piccole che mi hanno colpito, come l’assenza di attività extrascolastiche che non fossero sportive; il fatto che tutti – anche i ragazzini – fumassero sigarette elettroniche; la scoperta che Instagram e WhatsApp fossero lì ritenute cosa da vecchi, interamente sostituiti da Snapchat; accorgersi che, al contrario che in Italia, tutti i negozianti danno per scontato che li si paghi con carta, e che si stupiscano nel vedere i contanti; trovarsi davanti a prezzi nordeuropei: un minimo di 3€ per un caffè, di 5€ per un biglietto del bus giornaliero, di 12€ per una margherita!

Divertente è stato anche scoprirsi veri cliché, stereotipi di sé stessi: rendersi conto di come solo noi Italiani sappiamo il significato dei gesti anche più banali, di come soltanto noi abbiamo l’esigenza di commentare la qualità di un pasto dopo averlo consumato, di come noi soli sappiamo la differenza tra prosciutto cotto e prosciutto crudo!

Ed ironico è stato sperimentare sulla mia

pelle come sia vero che quanto più un Italiano è scontento del proprio Paese in patria, tanto più sarà campanilista all’estero; così come è stato ironico trovare quasi più differenze culturali tra me, Veneti e Napoletani, che con Irlandesi ed Europei del caso.

Consapevole della capacità d’adattamento che avrei dovuto provare a me stesso nei miei 4 mesi di programma all’estero, nei mesi precedenti alla partenza credevo si trattasse di un sacrificio valido, al solo scopo di imparare bene la lingua. Tutte cazzate – si può chiedere scusa per un francesismo, mentre si parla della lingua inglese?

Mi spiegherò meglio: sono stati sacrifici più che validi, e, benché di gran lunga maggiori di quanto preventivato, più facili del previsto da sopportare. Soltanto, nulla di quello che ho vissuto ha poi avuto come primo trofeo la lingua: non che ora non parli un inglese ben più fluente di prima – quantomeno, non sembro super Mario nel comunicare –, ma le ricompense tratte dall’Irlanda sono state ben più di queste. Anzi, mi chiedo se mai avrei potuto esser soddisfatto, qualora la mia conquista principale fosse stata una pur ottima L2.

Infatti, durante la mia permanenza su suolo irlandese ho esperito molto più di quanto, in un quadrimestre scolastico normale, abbia mai fatto. Ho arrampica-

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to, surfato, nuotato nell’oceano di dicembre, partecipato a tornei di scacchi. Ho visitato musei, scogliere, navi fantasma, cimiteri abbandonati, spiagge interminabili. Ho esplorato Cork, Dublino, Galway, Kilkenny, Killarney. Ho organizzato falò, gite, trasferte al cinema o a concerti. Ho conosciuto Francesi, Belgi, Tedeschi, Ucraini, Messicani, Spagnoli, Polacchi, Croati.

E soprattutto, ho imparato qualcosa da ciascun posto, ciascuna giornata, ciascuna persona.

Difatti, sono state le persone a riempire di significato i miei mesi autunnali: legando molto con gli altri Exchange Students, ho scoperto prospettive nuove e nuovi approcci al mondo, sistemi diversi con assiomi differenti, nessuno dei quali fallimentare.

Ho incontrato persone con i passati più disparati, tutte accomunate da carburanti che abbiamo scoperto l’uno nell’altro: speranza e determinazione. Da Juli, tedesca, ho imparato la disponibilità; da Maxime, belga, l’altruismo; da Louis, francese, una genuina modestia; da Roman, ucraino, la positività; da Marta e Petra, compatriote, un vicendevole supporto.

La più bella scoperta, però, l’ho trovata in Frederic, da Francoforte. Concedetemi una divagazione – un paragrafino soltanto, promesso.

Tedeschissimo, classe 2006, Frederic Lefebvre è stato mio host brother per gli interi quattro mesi di permanenza irlandese: abbiamo condiviso la famiglia ospitante, la camera, i pasti, le gite, la palestra, gli interessi senza sosta; abbiamo scoperto un sentimento di reciproca fratellanza che prima avrei potuto difficilmente immaginare.

Di sicuro, il mio Bruder non difettava di talenti: “biondo-occhi-azzurri”, atletico e in forma, sveglio e intelligente, campione di socialità, eccelle in ogni cosa in cui s’impieghi, dagli scacchi alla pallavolo, dal calcio alla matematica. Garantisco non essere la prima volta che il suo nome viene stampato su carta di giornale. Tuttavia, anche se queste cose hanno assai contribuito a generare in me un infinito senso di stima nei suoi confronti – tanto da insegnare ad un narcisista quale il sottoscritto qualcosa di molto simile a quella che si fa chiamare umiltà –, non sono state queste le qualità che mi rimarranno impresse negli anni a venire.

Scrivendone in altra sede, già dopo poche settimane mi è invece capitato di dirne:

È il mio Peter Pan tedesco, talvolta un po’ innocente o sprovveduto, ma con una determinazione, una competenza e un’energia incredibili a compensare. Ha fatto della speranza e della risolutezza la propria vita, e lo si vede dal fatto che eccella in tutto quello che fa con costanza. Dopo

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tre settimane di scuola, è diventato membro del consiglio degli studenti, eletto dalla maggioranza degli Irlandesi, grazie a un programma per devolvere ad un’associazione per la cura dei senzatetto gli avanzi della mensa. È molto buono”.

Questo mi è stato insegnato dall’Irlanda: ho un futuro che è tutto da scrivere. Partire è stato un primo passo, ed è a determinazione, iniziativa e carità che si rimettono i prossimi.

Mi è stato insegnato che sognare il Bene è possibile, e che risoluzione ed energia si possono impiegare nel proprio futuro anche senza cedere ad un becero American Dream arci-liberalista; che tutto questo parte dalle piccole cose, dalle scelte che compio ogni giorno.

Forse risulterà retorico, scritto in un giornalino scolastico, ma mi si permetta di dire, a patto che lo si legga in senso più ampio, che ogni passo compiuto per una mia formazione oggi sarà una soddisfazione l’indomani.

Solo pochi giorni fa, il Crucco di cui sopra mi scriveva: “I’ve started a challenge with some of my friends in Germany, where we’ve given us some rules: 1 hour a day of sport, 20 minutes of meditation, 20 minutes of reading of an educational book, 1 hour of study of self-improvement notions. And 8:30 of sleep have to fit in all that”.

Quasi utopico, non è vero? Eppure, ora so

che si può fare, anche al di fuori di uno spot promozionale di un life coach o simili boiate.

Ed eccomi di nuovo qui, di nuovo nella mia vita al Majorana, nella mia routine italiana.

A correre, fare, assorbire quanto più possibile.

Va confessato: nei grandi impegni, non molto è cambiato rispetto all’anno precedente. Non è la mia agenda ad aver percepito la scossa sismica.

Trovatosi rivoluzionato è invece l’approccio alla quotidianità. Ancora vado pazzo per la mia quotidianità, sia ben chiaro.

Ora però c’è qualcosa di più ad arricchirla: la consapevolezza di un altro mondo cui attingere, di nuovi valori, di ispirazioni, determinazioni, energie e bontà distanti, diverse, ma altrettanto vere. A partire dal piccolo, verso le cose più grandi.

Mentre ero lassù, ho esperito la dilalia nel mio parlare; persiste, questa dilalia. Nell’animo.

C’è del bello in un animo trepidante d’entusiasmo. What about having two?

P.S.: se per caso tutto questo pippone mal strutturato non fosse stato abbastanza a fracassarti le scatole, un posto carino dove potrai approfondire la mia permanenza all’estero è il blog – ahimè, ancora mutilo dell’ultimo post – rintracciabile al link https://pietroirlanda.blogspot.com/. Buona lettura!

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CULTURA

ESTERREFATTA URLI MUTUO!

Anagramma di “Letteratura e futurismo!”; al punto 5 è spiegato il titolo in pieno stile futurista

ALESSANDRO BALOSSI, 5A

Nel programma di letteratura di quinta si studia il Futurismo, movimento culturale, letterario ed artistico che vede una smodata esaltazione del progresso e delle nuove tecnologie della Belle Époque unita ad un totale rifiuto dell’arte e della letteratura precedente. Si sviluppa all’inizio del ‘900, lanciato dall’italiano Filippo Tommaso Marinetti con il suo Manifesto nel giornale parigino “Figaro” nel febbraio del 1909. Ebbene, la letteratura futurista è tra le più stravaganti che possiate mai trovare: sembrano a tutti gli effetti parole a caso con onomatopee aggiunte (vedrete poi un esempio fatto da me medesimo).

Basti leggere il “Manifesto tecnico del futurismo” (1912, sempre del Marinetti), dove sono elencati gli aspetti che caratterizza questa nuova letteratura. Ne riporto i più rilevanti:

1) Distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso

2) Usare il verbo all’infinito, così che si adatti al sostantivo e non sia inquinato dall’io dello scrittore

3) Si deve abolire l’aggettivo, po-

iché esso suppone una sosta, una meditazione, non concepibile nella visione dinamica futurista

4) Si deve abolire l’avverbio (eccezion fatta per quelli di luogo), fibbia inutile che tiene unite le parole

5) Ogni sostantivo deve avere il suo doppio, cioè dev’essere seguito da un altro sostantivo a cui si lega per analogia, anche lontana (il titolo anagrammato ne è un voluto esempio; a volte sono quasi impossibile da comprendere, tipo uomo-torpediniera…)

6) Abolire la punteggiatura

7) Ogni specie di ordine è da condannare, bisogna orchestrare le immagini disponendole secondo “un maximum di disordine”

8) Distruggere l’io nella letteratura, purificare i testi da ogni intervento che non sia intuitivo, sostituirlo con l’ossessione lirica per la materia

9) Bisogna fare coraggiosamente il “brutto” in letteratura ed uccidere la solennità

Regole piuttosto bizzarre…

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CULTURA

Dunque, mi sono proposto di scrivere una piccola poesia futurista, per dare bene l’idea di come appare (e ammetto che è piuttosto divertente prendersi gioco di secoli di letteratura):

Ore 13:10, Liceo Majorana

Sguardi fissi orologio ticchettare tic tac tic attesa agitazione lamentele movimenti la campanella rimbombare siuuuuuu sedie trascinare skreeeek

balzare salutare corridoi clomp clomp clomp scale parlare che gioia uscire vedere andare a perdifiato salutare nella via sbucare sulla strada bestie azzurre in marcia parcheggiare apire porte psssss correre passeggeri occupare posti

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PHILOSOPHERS’ STONE; OR, SUBSTANCE EXUBERANT

OLIVER ZOCCO, 5H

HEY YOU! Yes, you!

Do YOU want to transmute base metals into silver and gold? Cure all diseases known to man? Reverse aging? Cause barren fields to grow crops better than the most wholesome farmland? Transform stone to precious gems? Learn the languages of birds and beasts? Communicate with angels? Purify your very undying soul! Well, do I have the thing for you! Look no further than the Basilisk of the Philosophers, the Sophic Hydrolith, the Blood of the Salamander, the Arcanum, what is “certainly a stone and not yet a stone” – the Philosophers’ Stone!

Now, you may be wondering, “How do I get this not yet a stone? What even is this miraculous substance?” Fret not, for ye questionings shall be answered posthaste. Firstly, the appearance of this veritable Divine Quintessence is unfortunately controversial, for the only few times the Great Work (or, Magnum Opus) necessary to create it has been successfully undertaken – if

there has been at all – the creators have, rightfully so, kept their Masterwork well-hidden. As such, speculation, and so far unreplicated descriptions from the creators’ works’ are all we have. In most accounts the Stone consists of a red substance, sometimes described as some sort of a wax, other times a clear gemstone, with a color between purple and red; more commonly as a red powder with a pleasant aroma, orange while solid. It is known to be heavier than an equal volume of gold, soluble in all liquids and incombustible.

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Now, on to the real hot button issue, the creation of this stone. The process by which it may be created is still up for debate for the same reasons behind the appearance controversies, but what most reputable Alchemists agree on is that it involves starting out with sophic elements, or primitive metals purified and rendered philosophical with processes that any good practitioner knows; a famous example of this is the green lion devouring the sun, which usually describes the process to obtain sophic gold – one must dissolve gold (the sun) in aqua regia (the lion), which turns green during the process. This then provides an orange powder, that is sophic gold. The next step is to place sophic Sulphur, quicksilver (also known as mercury in recent times) and other substances, the likes of which are highly controversial (with some saying that none other are necessary), in a vessel known as a Hermetic Egg. This clear vessel, no longer than a cubit, made of thick glass so that it may resist the pressures generated in the Great Work, and most importantly perfectly sealed from the outside world, as to isolate the inside from the outside. The reason for this need for perfect isolation is the creation of an environment that recreates the conditions of the Macrocosm at creation, so that the alchemist can repli-

cates through artifice the process of creation in this “microcosm”.

At this point the Great Work, or Magnum Opus, can truly start. Most agree on the presence of 12 stages, being closely correlated to Astrology and the Zodiac; according to Paracelsus there are only 7 steps, and according to more ancient sources there are only 4; nonetheless the specific steps are outside of the scope of this text because of the high variance in recipes and length of text necessary to truly explain an entire Great Work. What most can agree on is the appearance of the four Major Stages: nigredo, or blackness; albedo, or whiteness; citrinitas, or yellowness; and rubedo, or redness. During these stages the contents of the Hermetic Egg will take up the respective colors of black, white, yellow and red, in this exact order. If they appear in a different order, or if red appears at any point before the end, being an indicator of overheating, the process is botched and must be scrapped.

After rubedo the final two steps of multiplication and projection must be done. Multiplication is the process by which the potency and quantity is increased, as it emerges in a juvenile and weak state from rubedo, and must be fed with quicksilver. Projection instead is the ultimate goal of the Great

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CULTURA

Work, and it is in this step that the transmutations may truly occur. It is commonly described as the casting of a small quantity (for the stone is majestically potent) into a molten base metal, for example lead, which will then transmute into gold. To transmute metals into silver a white powder may be used, which is nothing but a less mature form of the Philosophers’ Stone. Other capabilities that the lapis occultus possesses are the creation of everlasting lamps, flexible glass, the revival of dead plants, and the creation of a homunculus. Most of these properties are explained by observing certain steps in

the Magnum Opus, such as fermentation, in which a lighter substance penetrated the pores of a denser one, that justifies the widespread theory that the lapis doesn’t transmute base metals, but perfects them in a sort of fermentation after having penetrated the pores of the substance, curing the metals in a manner. This lends itself to explaining the medical properties it has. Others are endowed to it in virtue of having been made in such a way to replicate the creation of the cosmos, allowing it to purify the creator’s soul, having replicated to an extent the role of God during creation.

And there you have it! For too long now alchemy has been discredited as nonsense, and the Philosophers’ Stone as something that cannot exist, but those dissemblers, miscreants and serpents know not of what they speak; the Stone is real! And it is up to us to create it!

37 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 CULTURA

ATTRAVERSANDO IL CINEMA CALEIDOSCOPIO

LA MUPA, 1aa

Durante il corso della settimana di sospensione ho avuto l’occasione di guardare una serie televisiva molto particolare, uscita su Netflix il primo gennaio del 2023.

La serie in questione è “Caleidoscopio”, diretta da Robert Townsend, Maizree Almas, Everardo Gout e Russel Fine.

La pellicola racconta la storia di Leo Pap, il cui vero nome è in realtà Ray Vernon, un ex carcerato che decide di formare una banda di ladri al fine di svaligiare il caveau più sicuro di tutta New York City. All’interno di questo stanno infatti per essere depositati ben sette miliardi di dollari, provenienti dall’immenso patrimonio della Triade, un trio di miliardari alquanto influente.

La banda formata da Vernon prima di compiere il colpo del secolo deve tuttavia riuscire a trovare dei soldi per procura l’attrezzatura necessaria alla rapina; per tanto decide di rapinare la Via dei Diamanti di New York. Fin da subito, vengono a crearsi attriti fra due membri della banda: Stan Loomis, ex compagno

di cella di Ray e Bob Goodwin: quest’ultimo è infatti marito di Judy Goodwin, ex fidanzata di Stan ai tempi della prigione.

Dopo il colpo della via dei diamanti, la banda organizza il colpo in ogni minimo dettaglio; nel frattempo, viene messo alla luce il passato di Ray, che è in realtà collegato a quello di tutti gli altri personaggi.

Finalmente, arriva il giorno del colpo, ma tra gelosie e tradimenti, il gruppo è diviso e la sicurezza dell’operazione viene compromessa.

Questa è una serie molto interessante, con una particolarità: non c’è un vero e proprio ordine degli episodi; pertanto, possono essere guardati in qualsiasi ordine senza che si vengano a creare buchi di trama.

Questa produzione non mi ha fatto impazzire, tuttavia è una valida opzione quando non si ha un’idea precisa su che cosa guardare e si cerca qualcosa di nuovo.

38 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 CULTURA

JOJO: ARTE DALL’ARTE

Ora che sapete cosa sono gli Stand, possiamo parlarvi del processo che ha portato Araki, autore de “Le bizzarre avventure di JoJo”, a creare un’opera dallo stile artistico distinto e innovativo, uno stile mai visto prima di allora, nel quale inevitabilmente sono compresi gli Stand. Come abbiamo detto nel primo numero “L’opera è molto apprezzata per il suo stile unico e rivoluzionario, così come i riferimenti alla moda nello stile e nelle pose assunte dai personaggi, alla musica nei nomi degli stessi, e alla cultura in generale”. Araki, nel creare la sua opera, ha continuamente cercato ispirazioni, in particolare dai mondi della moda e della musica, per creare i suoi personaggi e dare loro dei nomi. Come dicevamo, anche gli Stand sono passati attraverso questo processo di ricerca per le loro abilità, i loro design e i loro nomi. Tutti i nomi degli Stand dalla quarta parte in poi hanno origine da band, album e canzoni, la maggior parte rock. Esempi di ciò sono “Man in the Mir-

ror”, “Aerosmith” ed “Enigma”. I tre nomi derivano rispettivamente da una canzone di Michael Jackson, da una band rock e da una band di musica elettronica. Le loro abilità e le loro caratteristiche, in questo caso, sono strettamente collegate al loro nome: “Man in the Mirror” ha un’abilità legata agli specchi e “Aerosmith” prende la forma di un aeroplano giocattolo. Per quanto riguarda l’abilità di “Enigma”, ovvero il poter intrappolare oggetti e persone all’interno di pezzi di carta, è stata presa ispirazione dall’artista M.C. Escher, in particolare dal suo quadro “Sky and Water I”, qui di seguito. Nel quadro la forma degli uccelli si incastra perfettamente con quella dei pesci, quasi confondendo lo spettatore su dove avviene lo stacco tra le due figure; così nell’immagine si vede l’abilità di “Enigma”: prima di intrappolare il suo obiettivo in un pezzo di carta, grazie a questo effetto visivo esso e lo Stand si incastrano, come fanno nell’immagine le mani di “Enigma” (a destra) e

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quelle dello Stand “Crazy Diamond” (a sinistra), dando lo stesso effetto del quadro.

Per quanto riguarda i personaggi di JoJo, i riferimenti al mondo della musica sono meno: troviamo solo pochi esempi come “Vanilla Ice” dall’omonimo rapper americano, “Iggy” dal cantante americano Iggy Pop e “Dio Brando” dal musicista Ronnie James Dio. Parlando di quest’ultimo personaggio, per una sua posa è stata presa ispirazione da un quadro. Le pose sono una delle tante caratteristiche che hanno reso famoso anche al di fuori del mondo dei manga e degli anime JoJo. Esse sono anche definite dai fan “JoJo pose” e i personaggi le assumono in certi momenti per ottenere un particolare effetto scenico e drammatico.

Ecco una delle pose di Dio Brando e il dipinto da cui ha preso ispirazione a fianco di essa dell’artista Tony Viramontes, che ritrae la fashion designer

Le pose che troviamo in JoJo sono molte, e quella di Dio Brando è un’eccezione: infatti la maggior parte delle pose sono ispirate da riviste di moda, non da dipinti. Inoltre, non sono solo le posizioni assunte dai personaggi di Araki che hanno come ispirazione il mondo della moda, infatti anche alcuni nomi sono ispirati a fashion designers, come “Donatello Versus” da Donatella Versace, e l’abbigliamento di alcuni di essi è simile a quello di certi modelli. Un esempio è quello del personaggio di “Risotto Nero”, che non solo assume una posa molto simile a quella di Patricia Hartmann nel British Vogue dell’autunno del 1992, “Talkin’ Loud”, ma veste anche similmente alla modella. Notiamo infatti i leggings uguali, la giacca e le scarpe simili.

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Con tutti questi esempi di come Araki cerchi ispirazione dappertutto per ogni aspetto di JoJo, dalle ambientazioni ai personaggi, tentando sempre di innovare la sua opera e superandosi ogni volta, vogliamo mostrarvi l’impegno e la dedizione di quella che ci sentiamo di chiamare opera d’arte, un’opera d’arte nata dalla creatività di Araki e da altra arte, in un circolo virtuoso di stile e design, capace di evolversi col tempo senza mai diventare obsoleto.

41 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 CULTURA

3 SCOPERTE DEL JAMES WEBB

TELESCOPE

CECILIA BARBAVARA, 3A

Come ormai è noto, il 25 dicembre 2021 è stato lanciato nello spazio il James Webb Telescope, erede dell’Hubble. Dopo alcuni mesi di allineamento è entrato in funzione e, nonostante stia inviando dati da meno di un anno, ci sono state alcune piccole scoperte che è facile siano passate inosservate.

Primo esopianeta confermato

Nella giornata dell’11 gennaio ’23 è stato annunciato che Webb, che ha tra i suoi obiettivi la ricerca di esopianeti, aveva confermato la rilevazione del suo primo tra di questi. Gli esopianeti (anche detti pianeti extrasolari) sono l’insieme di tutti quei pianeti che non fanno parte del nostro sistema solare. Gli scienziati sono risusciti ad individuarlo con Webb dopo che la missione della TESS della Nasa lo aveva suggerito e, con due osservazioni di transito (ovvero osservando come la luce di una stella si attenui quando è

oscurata dal pianeta), Webb ha confermato la sua esistenza.

Il pianeta scoperto si chiama LHS 475 b, si trova ad una distanza di 41 anni luce dalla Terra ed è roccioso, di un diametro grande quasi quanto quello del nostro pianeta. Essendo molto vicino alla propria stella, completa un’orbita in due giorni. Questo potrebbe portare a dedurre che non sia dotato di atmosfera, tuttavia la stella in questione è molto più fredda rispetto al sole, dunque gli scienziati credono che la presenza di un’atmosfera sia possibile.

Webb individua gli anelli di Chariklo Chariklo è un asteroide ghiacciato che viaggia nel nostro Sistema Solare, in particolare nella fascia tra Giove e Nettuno. I due anelli di Chariklo sono stati nel 2013 i primi anelli mai individuati attorno ad un corpo piccolo del sistema solare, e Webb ha portato avanti la sua prima occultazione stellare proprio per osservarli.

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Dallo studio dell’oggetto mentre transita di fronte ad una stella, si possono ricavare informazioni come la grandezza dell’oggetto in questione, la composizione della sua eventuale atmosfera oppure, come in questo caso, dei suoi anelli. Sono state infatti rilevate tracce di ghiaccio, come era anche stato previsto, tra i materiali che compongono i suoi anelli.

Webb trova un ammasso di galassie

Anni prima il telescopio Hubble aveva individuato un quasar, ovvero un nucleo galattico estremamente luminoso formatosi come conseguenza di un buco nero. La particolarità che Hubble non era stato in grado di risolvere era il ma-

teriale individuato attorno a questo oggetto. Inizialmente gli scienziati pensavano fosse una galassia, tuttavia Webb, studiando l’area del quasar, ha rivelato come ci siano almeno tre galassie attorno ad esso!

È quindi evidente come ci si sia imbattuti in un ammasso di galassie, e il fatto sorprendente è che questo ammasso proviene dall’universo primordiale. Infatti esso esisteva 11,5 miliardi di anni fa (l’universo ha un’età di 13 miliardi di anni). Noi siamo in grado di osservarlo grazie al tempo che la luce impiega a viaggiare dal quasar fino a noi e questo vuol dire che stiamo osservando uno dei pochi ammassi di galassie che sappiamo provenire dall’universo primordiale.

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IL CARDELLINO, DONNA TARTT

“Le cose sarebbero andate per un verso migliore se lei fosse vissuta. Ma è morta quand’ero bambino; e benché la colpa di tutto ciò che è accaduto in seguito sia solo mia, perdere lei fu come perdere l’unico punto di riferimento in grado di guidarmi verso un luogo più felice, verso un’esistenza più ricca di legami e più congeniale”. Così si apre il secondo capitolo di questo mattone di più di ottocento pagine, che racconta le avventure della vita di Theodore Decker, un ragazzino newyorkese che a soli tredici anni perde la madre in un tragico incidente, un’esplosione al Metropolitan Museum.

A partire da questo particolare avvenimento, la vita di Theo non sarà più la stessa: dalle piovose e affollate strade di New York, fino a quelle polverose e desolate di Las Vegas, il ragazzo dovrà trovare un modo per andare avanti e fare i conti con una vita che sembra avergli tolto ormai tutto. E sembra proprio che l’unico appiglio che riuscirà a trovare per rimanere a galla sia un quadro, il Cardellino dell’olandese Carel Fabritius, una delle opere che in quel fatidico giorno, il 10 aprile, si trovava al museo per una

mostra sui maestri fiamminghi.

“Prendilo”, gli aveva sussurrato Blackwell, uno strambo anziano in fin di vita, tra la polvere e il sangue.

Curioso, se si pensa che proprio quel dipinto è stato uno dei pochi a salvarsi nell’incendio che distrusse quasi totalmente l’opera di Fabritius. Il destino di questo tenero uccellino non si compirà tra le fiamme, la sua vita è ancora giovane.

Tutta la storia di Theo è un perfetto intreccio di amore, amicizia, famiglia, rielaborazione del lutto e racconta di come il ragazzo si rapporta con essi. L’indagine interiore del personaggio è ben costruita, a tratti come un flusso di coscienza, e permette al lettore di comprendere la logica delle azioni del protagonista, sia che vengano condivise o meno. Theo non trascorre un’adolescenza normale a Las Vegas: senza l’affetto paterno che compensi e si sostituisca in parte a quello materno, si abbandona all’abuso di sostanze stupefacenti e alcool, che lo portano ad un totale disinteresse per la scuola o per lo studio. In più, la presenza del quadro non aiuta ad attutire le pre-

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occupazioni, amplificate dalle numerose notizie di quadri scomparsi o rubati in seguito all’esplosione.

“E’ difficile spiegare il panico che mi sopraffaceva in quei momenti. Quelle giornate si spezzavano in modo così repentino, un senso di emorragia quasi, da farmi tornare in mente l’appartamento di New York quando tutte le nostre cose erano state messe nelle scatole e portate via: inconsistenza e fluidità, niente a cui aggrapparsi”.

L’unico elemento che Theo sembra ricordare con piacere di questo periodo è la sua amicizia con Boris, un ragazzino che vive nelle sue stesse condizioni e che lo introduce “al mondo degli adulti”; il protagonista lo considererà sempre come uno dei pochi veri amici della sua vita.

“Prima di Boris, avevo sopportato la solitudine in modo abbastanza stoico, senza rendermi conto di quanto fosse assoluta. E credo che se uno solo di noi due avesse avuto una famiglia quasi normale, se avessimo dovuto obbedire a orari e regole e fare i compiti, se fossimo stati oggetto di controllo da parte degli adulti, non saremmo diventati così inseparabili”.

Comunque, Boris ritornerà anche alla fine della storia con un ruolo molto importante, ma non aggiungo altro perché potrebbe essere uno spoiler.

E poi c’è Pippa, la nipote del defunto signor Blackwell, di cui Theo si innamora

perdutamente fin dal primo momento in cui la vede al museo. A causa dell’incidente, la ragazza riporterà dei gravi traumi sia fisici sia, come il protagonista, psicologici, particolarità che li legherà indissolubilmente l’uno all’altra, anche quando lei si fidanza con un inglese, anche quando lui è ormai promesso sposo. Capelli rosso fiammante, occhi color miele, troppo magra, troppo bassa, troppo stramba. Ma come guardando un semplice cardellino se ne comprende la bellezza del messaggio intrinseco, così Theo ha capito l’essenza di Pippa fin dall’inizio, e non l’ha mai dimenticata. “Tutto inutile. Più che inutile, umiliante. Quando veniva a trovarci lasciavo sempre socchiusa la porta della mia stanza, un invito neppure troppo velato. Persino l’adorabile strascicare dei suoi piedi (come la Sirenetta, troppo fragile per camminare sulla terra) mi faceva impazzire. Lei era il filo dorato che intesseva ogni cosa, una lente che ingigantiva la bellezza a tal punto che il mondo intero appariva trasfigurato attraverso di lei, e solo lei”. Tutti i personaggi incontrati da Theo durante il breve tratto di vita catturato dal romanzo aggiungono un pezzo del puzzle finale che lo compone e che lo comporrà per tutta la sua vita. In particolare, sono Hobie e la signora Barbour (oltre che la madre) ad aiutarlo non solo nel suo percorso di crescita, ma anche nel

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trasformare il suo interesse per l’arte in una vera e propria passione. Con Hobie, il socio intagliatore di Blackwell nella loro impresa di antiquari, si immerge da capo a piedi nel suo laboratorio, tra legno, scalpello e migliaia di oggetti vecchi e apparentemente senza futuro, che Hobie riesce invece a riportare in vita tanto da farli sembrare degli originali.

Eppure, all’improvviso, eccola una via d’uscita, e nel posto più impensabile: il laboratorio di Hobie (…). Il negozio al piano di sopra restava al buio, con le serrande abbassate, ma nella bottega-dietro-la-bottega risuonava il ticchettio degli orologi a pendolo, il mogano brillava, la luce si spandeva in una pozza dorata sulla superficie dei tavoli, la vita nel serraglio del sottoscala andava avanti”.

E infine la signora Barbour, la madre di un compagno di classe che aveva accettato di tenere Theo in affido prima che il padre si facesse vivo: una ricca signora di origini olandesi che ama circondarsi di quadri e bei vasi antichi ed elargire generose somme di denaro a società di beneficenza. Con il tempo la donna arriverà a considerare Theo quasi come un figlio, forse vedendo in lui la passione per l’arte che nessuno dei suoi figli biologici ha ereditato, quella capacità “delle persone che hanno amato le cose belle, che se ne sono prese cura, e le hanno strappate al fuoco, e le hanno cercate quand’erano

disperse, e hanno provato a preservarle e a salvarle intanto che, letteralmente, se le passavano di mano in mano, chiamando dalle rovine del tempo la successiva generazione di amanti, e quella dopo ancora”.

Anche se le due dimensioni potrebbero intimorirvi inizialmente, mi sento di consigliare in generale il libro, sia che stiate affrontando un lutto, o che siate innamorati, o abbiate anche solo un vero amico, o vogliate comprendere quanto l’arte sia importante per la nostra vita.

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L’11 FEBBRAIO

TUCIDIDE, 5B Giornata mondiale del malato

660 a.C. Jimmu Tenno fonda il Giappone, un bell’impegno

1752 Apre il primo ospedale statunitense (soli 1152$ al mese!)

1809 Robert Fulton brevetta la nave a vapore

1858 Prima apparizione della Madonna a Lourdes, era lì

1918 D’Annunzio e dei suoi compari compiono la Beffa di Buccari

1929 Mussolini e Gasparri firmano i Patti Lateranensi

1945 Si conclude la Conferenza di Jalta

1963 I Beatles incidono il loro primo album “Please Please Me“

1978 Cina proibisce Shakespeare, Dickens e Aristotele

1979 Khomeini prende il potere in Iran, ne ha combinate poi

1990 Nelson Mandela viene rilasciato (e io che pensavo fosse morto in carcere)

2012 Whitney Houston viene trovata morta nella sua camera di hotel

2013 Ratzinger annuncia le dimissioni, ci mancherai

2016 Il LIGO dimostra l’esistenza delle onde gravitazionali

47 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6
OGGI, NELLA STORIA

ANIMALE DEL MESE GALLETTO DI ROCCIA

L’animale che ci accompagnerà nel mese dell’amore è il Galletto di Roccia. Vorrei rassicurarvi dicendo che si tratta di qualche essere che non ha niente a che vedere con il pollame, ma mentirei. Infatti, il Galletto di Roccia è solamente un uccello passeriforme che risiede nell’America latina. Attenzione! Ciò non significa che non si

tratti di un animale straordinario. Una delle sue caratteristiche inconfondibili è il piumaggio. Non solo questo presenta una colorazione aranciata come quella del mandarino che avevate portato a scuola come merenda per sentirvi meno colpevoli dell’assunzione incondizionata di cioccolata calda delle mac-

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chinette, ma è inoltre provvisto sul capo di una cresta semicircolare, con la quale l’uccello non solo rivive i suoi giorni più punk, ma riesce addirittura a conquistare femmine.

Infatti, una delle più uniche qualità del galletto di roccia è la sua capacità nell’attrarre il gentil sesso, che a causa del dimorfismo sessuale presenta un piumaggio sul marrone, molto più noioso.

Il galletto di roccia, però, non è capace di attrarre la femmina da solo, ha bisogno di essere parte di un gruppo di esemplari maschi per avere successo. Ogni di galletto di roccia, con i suoi compagni di corteggiamento, si posiziona su un lek (un posatoio adibito al flirt tra volatili) e prepara la sua arma segreta. Con l’arrivo della femmina, il galletto di roccia si presta nell’atto del corteggiamento: l’esposizione del suo lato B. Infatti, è determinante per un maschio presentare un posteriore perfetto. Ma un sedere affascinate non basta. La seconda fase del corteggiamento richiede una danza. Chiamare lo zampettare scoordinato di questo animale

una danza sembra irrispettoso verso tutta la comunità artistica, ma non è forse l’arte soggettiva?

Quindi, se questo San Valentino sarete disperati nella ricerca di un partner, ricordatevi di trovarvi un bel lek, mostrare il lato B e darvi alla pazza gioia saltando in giro non come un coniglio, ma come un seducente galletto di roccia.

LO SAPEVI CHE: Un lek può contare fino a 40-55 maschi

LO SAPEVI CHE: La costruzione del nido, la cova e il mantenimento dei cuccioli ricade completamente sulla femmina.

49 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 ANIMALE DEL MESE

POESIA φαρμακοv

SEI IL MIO VELENO, SEI LA MIA CURA

FEDERICA SICILIANO, 1A

La verità é che ti amo, e odio l’idea di amarti. La pioggia che batteva sui vetri, noi sul divano, intrecciate tra le coperte. L’ultima notte d’estate.

L’ultima notte con te, se l’avessi saputo avrei assaporato le tue labbra, avrei stretto di più quell’abbraccio, e quelle parole non dette, le avrei pronunciate. Non è la rottura a far male, ciò che più addolora, sono i ricordi.

Odio amarti perché so che: nessuno ti amerà come l’ho fatto io; nessuno mi amerà come lo hai fatto tu.

Odio amarti perché il primo amore o ti rompe il cuore o ti accompagnerà per sempre. Abbiamo preso due cammini separati.

Ma guarda un po’ indietro, qualche passo più in là, io sarò lí e sorridendoti, ti tenderó una mano, per dividere il peso assieme. Come sempre abbiamo fatto.

50 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6

COS’È L’AMORE?

ALESSIA BONOFIGLIO, 4D

Amore è quando non riesci a dimenticarti il suo sguardo, la sua risata. E poi notti d’estate, stesi sull’erba a guardare le stelle, in primavera il profumo dei fiori in un campo verde.

Un figlio che torna nelle braccia di sua madre, Il tuo gatto appollaiato sulle tue gambe.

Nello specchio il riflesso del tuo viso, quando ti accorgi che ami, addolcito.

È un gesto. Un bacio mischiato al calore, La pelle d’oca. Non trovi più le parole.

Forse il folle non è chi è innamorato, Bensì colui che ha paura di amare.

51 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 POESIA

POESIA

HAIKU SULL’AMORE

FILIPPO CONTE, 3cc

Visto l’avvicinarsi della giornata dell’amore ho deciso di fare anche una breve prefazione. Amate voi stessi, amate chi vi ha cresciuto, amate i vostri amici e amate la persona che vi ha fatto scoprire cosa significa amare. Amare per combattere, amare per proteggere, amare per far sentire felice. Chiedetevi se mai avete amato, se amate e se amerete, chiedetevi chi amate e chi vi ama. Io so chi amo, perché la ritengo bella, perché l’ho scoperta, perché è unica, perché e la luna, la mia luna, perché ha sofferto, perché ha dei sogni e perché è lei. Io so chi amo, e voi?

Alla tua presenza

io ardo fortemente.

Il cuore brucia

Voce soave

Idilliaca melodia.

Il cuore brucia

Occhi cerulei

Ghiacciano il mio sguardo.

Il cuore brucia

Il tuo sorriso

Per me è come luce.

Il cuore brucia

La tua tristezza

È come la tempesta.

Il cuore brucia

52 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6

9 NOVEMBRE 2021

GIOVANNI CHINNICI, 5H

Soffici come l’aria del mattino, le sue mani avvolgevano il mio viso: le dita lunghe e gelide scivolavano come artigli sulle mie palpebre chiuse. Mentre il sangue colava timido sulle guance verso la bocca, sentivo un piacere profondo, nascosto e nutrito dall’orgoglio. Non era dolore. Non era libido. Era fetale desiderio di attenzione. Come un feto scalciavo e mi agitavo dentro di me cercando di trattenere per sempre quegli attimi: attimi di crudeltà, attimi di cura, attimi in cui il mondo si arresta e Dio dimentica tutte le altre otto miliardi di inutili bambole per accudirne e pettinarne solo una, la sua preferita, almeno per quegli attimi: io.

Quale piacere può essere maggiore? Quale piacere può superare la consapevolezza di essere l’unico tra tutti a importare qualcosa, a essere qualcosa, a essere tutto?

Sentii il pungente sapore metallico del sangue sul labbro superiore. I due rivoli che mi segnavano il volto si erano lì riuniti e percorrevano ora lentamente tutto il letto tra le labbra sino a raccogliersi alle commissure, solo per un secondo, forse tristi di doversi di nuovo separare: quindi ancora in due rivoli verso la punta del mento. Quando la prima goccia si staccò e cadde, fu come se un peso che mi aveva tormentato per anni si fosse finalmente sganciato, strappato dalla Terra, fu come un nodo ai capelli districato dal pettine. Le gocce continuarono a cadere per l’eternità. Quando il tempo non scorre l’eternità passa in fretta: mi trovai senza neanche rendermene conto immerso fino al collo nei miei vermigli tormenti. Tutto ciò che reprimevo ingabbiato tra le costole, ora mi annegava. Non avevo paura però. Finché le sue dita, delicate e penetranti come aghi sotto la pelle, toccavano il mio viso io ero al sicuro. Il livello del sangue aumentava, ora fino al mento, ora fino alla bocca, ma pensando questo continuavo a sognare, continuavo a respirare, continuavo a vivere senza morte: ero tutto, ero necessario, ero il centro del mio universo egocentrico: non sarei mai potuto morire. Poi mi abbandonarono.

Sommerso dalla mia marea, invisibile sotto le mie lacrime, avevo perso il mio spazio. Provavo a respirare, provavo ad agitarmi, provavo a fuggire, ma catturato dalle fauci dell’asfissia venivo inghiottito, sempre più nel profondo ad ogni supplica. Così era finita. Immaginavo ci avremmo messo di più. Fuori dal finestrino nebbia.

53 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 TAPPABUCHI
54 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 GIOCHI
(Edoardo Turconi, 3A)

CRUCIVERBA

ORIZZONTALI

1 - Un combustibile per stufe

6 - Eccessivamente complicato e contorto

17 - Media Tensione

19 - Ricercatori che si occupano di batteri e virus

21 - Il Paese con il Bosforo

23 - Le prime di Ovidio

25 - Involucri per merci da trasportare

27 - Il nome di Barella, calciatore dell’Inter

28 - Quello Rosso fu attraversato da Mosè

30 - Grafici composti da righe e colonne

31 - Li indossano i soldati in testa

33 - Ai confini del laser

34 - Guidò l’URSS tra il ‘64 e l’82

36 - L’acido presente in uno dei condimenti da tavola

37 - Anno Domini

39 - Me allo specchio

40 - Le basi di una lingua

41 - Ispido e pungente

42 - Nascosti, non manifesti

45 - Descrivere con termini precisi

47 - Prefisso che indica la ripetizione per più di due volte

ma meno di quattro

48 - Un grande trampoliere fluviale

50 - National Football League

51 - Lo sport più diffuso in Italia

52 - Antica civiltà del sud America

53 - Un comodo capo di abbigliamento

55 - Lo è un indumento aderente

57 - Liberare un prigioniero pagando un prezzo stabilito

60 - Così era chiamato il Congo

61 - Uno specchio d’acqua situato tra Bergamo e Brescia

64 - Tirare fuori la voce, sgolarsi

66 - Esagerato, spropositato

68 - Le radici dei funghi

69 - Un tipo di deserto sabbioso e ghiaioso

71 - Il manico della spada

72 - La via francese

73 - Copre il motore dell’automobile

74 - Il prima possibile

75 - Uno… a Berlino

VERTICALI

1 - Metallo pesante usato per produrre proiettili

2 - Sono dispari nella lama

3 - Ogni classe del nostro liceo ne ha una

4 - In mezzo alla teca

5 - Qui fu firmato il trattato che stabilì le sorti dell’Ungheria dopo la Prima Guerra Mondiale

6 - Il luogo dove la selvaggina si reca per dissetarsi

7 - La valuta dell’Arabia Saudita

8 - Compatto pezzo di terra

9 - Lo sono gli atti non consentiti dalle norme giuridiche

10 - Fu una colonia portoghese in India

11 - Cose materiali

12 - Isola vicina all’Elba

13 - Alto… al centro

14 - La zia a Londra

15 - Sminuzzato, ridotto in pezetti

16 - Situato ad ovest

17 - Jean-Francois …: Fu uno dei maggiori esponenti del realismo francese

18 - Cittadina siciliana nei pressi dell’Etna famosa per il teatro greco

20 - Il cordone che viene tagliato dopo il parto

22 - L’inizio dell’hotel

24 - Tecnologia che aiuta gli arbitri

26 - Indice di massa corporea

29 - Immediate e inaspettate

30 - Un film poliziesco

32 - L’energia ricavata dal vento

35 - Pietra preziosa di colore azzurro

37 - Li commette chi sbaglia

43 - È necessaria prima della semina

44 - Riguardante il sistema nervoso

46 - Discorso di lode

48 - Di nuovo, un’altra volta

49 - Il carattereistico mercato dei paesi musulmani

52 - Un indicatore che misura la situazione economica delle famiglie (acronimo)

54 - Così sono i cieli azzurri e senza nuvole

56 - Un argomento che fa scandalo

58 - Fu teatro di una famosa battaglia tra Alessandro Magno e i Persiani

59 - A metà dei contrari

62 - Il tasto di spegnimento

63 - Divinità femminile

65 - European Article Number

67 - Microsoft

70 - L’inizio dell’Istmo

55 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 GIOCHI
56 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 GIOCHI
57 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 GIOCHI
58 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 GIOCHI
59 EtCetera Majorana Febbraio 2023 - N° 6 GIOCHI

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Luca Saracho

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