In che modo le gallerie lavoreranno nei prossimi anni? Non è semplice dare una prospettiva chiara in questo senso. Le gallerie come d’altra parte succede anche per le aziende e le altre realtà gestite dai privati devono dotarsi di grande tenacia per continuare a essere vitali sul mercato e a parare i colpi inflitti da accadimenti come questo che ci ha colpiti nell’ultimo anno. Anche delle crisi bisogna imparare a fare buon uso. Il nostro settore si è mostrato molto vulnerabile ma anche capace di rispondere con slancio, sia da parte delle gallerie che degli artisti. Partendo da una revisione generale e strutturale del settore dobbiamo puntare alla ricerca di nuovi modelli di sostenibilità. È importante innanzitutto riappropriarci di una stabilità finanziaria e di investimenti, senza la quale le gallerie e ogni settore del mercato dell’arte non possono andare avanti e da lì mettere in campo con un approccio creativo oltre che di business per creare un’offerta diversificata sul mercato e adattarsi a quelle che saranno le richieste e i bisogni nati dal post-pandemia.
UMBERTO DI MARINO GALLERIA UMBERTO DI MARINO
Onestamente credo che sia ancora prematuro pensare di analizzare quanto stia succedendo ipotizzando probabili conseguenze che siano esse sociali, economiche o sanitarie. Siamo ancora nel mezzo di un evento senza precedenti e non abbiamo a disposizione gli strumenti per comprenderlo o storicizzarlo. Quello che riesco a intravedere dalla prospettiva del gallerista è sicuramente un momento di transizione. Certamente a seguito di questo periodo vedremo una sempre più frequente digitalizzazione di tanti aspetti legati al nostro settore, come studio visit, seminarî, conferenze ed eventi varî, ma resto molto scettico sul fatto 28 • FINESTRE SULL’ARTE
che questa rappresenti l’unica strada verso il futuro, soprattutto per quanto riguarda le fiere. Abbiamo avuto modo di constatare che queste sono un modello ancora fondamentale, non solo per le nostre economie, ma per il nostro lavoro in generale. L’attuale configurazione del mercato online e il modo “digitale” di fruire l’arte hanno mostrato in questa occasione tutta la loro limitatezza. Sicuramente per dei fenomeni strettamente commerciali o per linguaggi più semplici, le viewing rooms e le fiere online possono essere degli strumenti estremamente efficaci, ma per una galleria di ricerca come la nostra questi modelli risultano inadeguati. La complessità dei nostri artisti e della nostra galleria va in cortocircuito con le strategie digitali viste negli ultimi mesi. Ritengo sia molto ingenuo pensare che il peso delle fiere “in presenza” verrà rapidamente ridimensionato, soprattutto quando è palpabile la voglia un po’ di tutti di poter tornare a prendervi parte. Questo è dovuto, in parte, al fatto che le fiere si costituiscono su un clima di convivialità, su un rapporto diretto di amicizia e fiducia con i collezionisti, gli artisti, i curatori e col pubblico in generale, su un principio di relazione al quale non siamo ancora pronti a rinunciare. Questo slancio “positivista” nei confronti di una massiccia trasformazione digitale si trascina dietro numerose problematiche. Non riesco a smettere di pensare che lo sviluppo tecnologico non ci stia fornendo degli strumenti innovativi per il nostro settore, bensì si stia configurando come una tendenza, un iper-concetto costantemente alimentato da “novità” gettate un po’ a caso in un calderone globale. Mi pare che tutti questi contenuti provenienti da ogni dove, tutte queste possibilità, ci stiano facendo perdere la percezione del contesto specifico nel quale ognuno di noi si trova, adeguandoci così ad un linguaggio globalizzato, spersonalizzato e completamente appiattito, e questo mi spaventa molto. Per il futuro, non credo di essere in grado di definire un’univoca traiettoria per la struttura “galleria”. Personalmente noi stiamo riprendendo una sorta di programmazione “normale”, come immagino stiano facendo tanti altri colleghi, vedremo a tempo debito quanto e come sarà cambiato il mondo, il sistema, il mercato. Mi chiedo però se abbiamo tutti ben chiaro qual è la “posta in gioco”. Possiamo definirci un meccanismo di potere collettivo costituito da individui in grado di pensarsi e definirsi in quanto tali? Credo sia su questo che dovremo lavorare nel nostro presente: individuare sfide e obiettivi comuni e comprendere la no-




















