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Giulio Romano, Tre putti che giocano con una lepre

ricchezza, ma anche raffinate forme d’arte». «Probabilmente», prosegue il direttore, «il desiderio di impiantare l’opificio a Mantova, proprio nel 1539 (questo arazzo ne fu il primo prodotto, frutto per nulla acerbo), nacque anche dalla volontà di emulare la corte ferrarese, o meglio di gareggiare con essa». Nel 1536 infatti il duca Ercole II d’Este di Ferrara aveva dato vita a una manifattura di arazzi, molti dei quali erano realizzati su cartone di Giulio Romano, che da Mantova li inviava a Ferrara. Pochi anni dopo lo stesso tentativo fu fatto nella Firenze dei Medici, poiché, lasciata Mantova nel 1545, Karcher fondò a Firenze insieme a Jan Rost la florida arazzeria fiorentina, nella quale vennero compiute le importanti serie commissionate da Cosimo I de’ Medici, su cartoni di Pontormo, Bronzino, Salviati, Bachiacca. «Nonostante gli andirivieni degli arazzieri tra le corti», continua il direttore di Palazzo Ducale, «i Gonzaga

Tre putti che giocano con una lepre

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FOTO SOTTO: Giulio Romano, Tre putti che giocano con una lepre (1539; acquerelli colorati su varî fogli

di carta beige ritagliati irregolarmente e assemblati,

parzialmente ripassato a stilo, con integrazioni, 286 x 606 mm; Parigi, Louvre, Département des Arts Graphiques, inv. 3566) furono protagonisti, dal 1539 e fin oltre la metà del secolo, nella produzione di questa forma d’arte: la serie iniziata con il panno appena entrato nelle collezioni mantovane, fu continuata con altri tessuti, oggi conservati a Milano (Museo Poldi Pezzoli) e Lisbona (Gulbenkian), di maggior ricchezza esecutiva (sono presenti filati d’oro), ma di assai minor vivacità inventiva. La serie fu infatti completata dopo la morte di Federico II Gonzaga, su committenza del fratello, il cardinale Ercole». L’ampia serie venne denominata i Giochi di putti o i Puttini, secondo quanto riportato negli antichi inventarî e documenti. Fu probabilmente terminata da Karcher prima del suo trasferimento a Firenze nel 1545 e oggi se ne conservano quattro arazzi completi (la Barca di Venere/Fortuna, La partita a palla, la Danza e la Pesca) e due frammenti minori (il Gatto e il Cane) presso il Museo Gulbenkian di Lisbona e un altro frammento denominato Danza dei putti presso il Poldi Pezzoli di Milano. L’opera appena acquisita nella collezione di Palazzo Ducale è la prima della serie che proseguì anche dopo il 1540, anno in cui il duca Federico II morì, grazie al cardinale Ercole Gonzaga, suo fratello, che divenne reggente della città. Per la scena centrale, Giulio Romano s’ispirò alle Εἰκόνες (Eikónes, “Immagini”) di Filostrato, testo classico del II secolo d.C. che descrive opere pittoriche esposte in una villa di Napoli, tra cui uno raffigurante Venere con gli amo-

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