Fatto dipingere tra il 1469 e il 1470 da Borso d’Este, marchese e successivamente duca di Ferrara, il Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia è uno dei più alti capolavori del Rinascimento, e non soltanto di quello ferrarese: qui, gli artisti impiegati si produssero in un complesso ciclo di affreschi astrologici.
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l Salone dei Mesi, di cui restano integri sette scomparti, venne fatto dipingere (nel periodo 1469-70) da Borso d’Este, in attesa della imminente nomina pontificia a duca di Ferrara. Il monumentale calendario astrologico era in origine formato da dodici scomparti, numero corrispondente ai mesi dell’anno e ai segni zodiacali. Gli scomparti sono ripartiti in tre fasce parallele: in quella inferiore è messa in scena la vita di corte ai tempi di Borso, rappresentato attraverso la sua principale virtù: la giustizia; nella fascia mediana, ogni segno dello zodiaco, in posizione centrale, è accompagnato dalle tre enigmatiche immagini dei “decani” (una curiosa mescolanza di stelle e/o co-
giungendo sino a Ferrara. Si deve al famoso storico dell’arte, Aby Warburg, il merito di avere ricollegato il testo di Albumasar ai dipinti di Schifanoia. Nella sua ormai celebre relazione al convegno romano, svoltosi all’Accademia dei Lincei nel 1912, Warburg raccontò che, mentre stava studiando il libro del grande filologo classico Franz Boll, Sphaera (1903), si era imbattuto nel testo di Albumasar e vi aveva trovato, nella sfera indiana, la descrizione corrispondente al primo “decano” dell’Ariete di Schifanoia: la potente immagine del “vir niger”, figura che egli volle identificare (sia pure discutibilmente) con la costellazione greca di Perseo. Warburg riuscì anche a stabilire che l’eru-
Il monumentale calendario astrologico del Salone dei Mesi era in origine formato da dodici scomparti, numero corrispondente ai mesi dell’anno e ai segni zodiacali. stellazioni, che si levano e tramontano ogni dieci gradi dell’eclittica zodiacale); nella fascia superiore, trionfano le grandi divinità dell’Olimpo greco, secondo la sequenza stabilita dagli Astronomica del poeta romano Marco Manilio. I “decani” sono di origine egizia e risalgono probabilmente alle stelle che annunciavano il mattino e che cambiavano ogni dieci giorni. Dall’Egitto ellenizzato (primo secolo a.C.) le descrizioni di queste figure stellari iniziarono il loro lungo pellegrinaggio verso l’India, dove subirono metamorfosi di forme e colori, per tornare poi indietro verso Bagdad, dove il grande scienziato e astrologo persiano Albumasar (a metà del nono secolo) fornì un accurato resoconto dei trentasei “decani” (i signori dei dieci giorni), secondo tre versioni: persiana, indiana e greco-tolemaica. Da Bagdad, il trattato di Albumasar migrò verso la Spagna islamizzata, per diffondersi poi (tradotto dall’arabo in latino) nel nostro Occidente,
dito ideatore della complessa trama degli affreschi doveva essere stato Pellegrino Prisciani, la cui straordinaria importanza per la nostra storia della cultura è stata anche ricordata in un recente convegno ferrarese. Visitando il Salone dei Mesi, non si può che provare un senso di ammirazione, di fronte a questo capolavoro del primo Rinascimento, dove hanno operato i
Il primo decano dell’Ariete FOTO PAGINA A FIANCO:
Francesco del Cossa e bottega, Il
primo decano dell’Ariete (1469-1470; affresco; Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi)
Salone dei Mesi FOTO PAGINE PRECEDENTI:
Veduta del Salone dei Mesi in
Palazzo Schifanoia a Ferrara.
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