S&A 139 Gennaio-Febbraio 2020

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È ORA DI FAR CHIAREZZA La mobilità è un diritto di ogni cittadino che un buon Governo dovrebbe sempre garantire, trattandosi del solo antidoto davvero efficace contro il ristagno dell’economia, la povertà e il proliferare della malavita. Purtroppo, negli ultimi anni si è agito sistematicamente in senso contrario, imbonendo i cittadini con enormi falsità e i risultati si vedono! È ora di fare un po’ di chiarezza. Per rilanciare nel nostro Paese la mobilità (la cui inefficienza incide negativamente sul PIL per circa lo 0,7%!) nel 2001, assumendo la responsabilità del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mi preoccupai innanzitutto di dotare il Paese di una Legge come la Legge Obiettivo, pensata e nata come un impianto programmatico, legislativo, finanziario e operativo in grado di ridurre i tempi necessari tra la concezione dell’opera e la sua cantierizzazione-costruzione, e di garantire tempi certi agli adempimenti burocratici e tecnici necessari ad accompagnare concretamente un’opera pubblica, dalla concezione alla cantierizzazione-costruzione. Obiettivi entrambi che, alla vista dei risultati ottenuti, furono incontrovertibilmente raggiunti. Nonostante ciò, la Legge Obiettivo negli ultimi dieci anni è stata presa di mira da una serie di tuttologi per lo più disinformati (ma sciaguratamente animati da ideologie politiche) che le hanno attribuito artificiosamente colpe inesistenti al fine di disarticolarla. Per Vostra conoscenza e per amore di verità, credo sia utile rammentare che tale Legge, approvata il 21 Dicembre 2001, fu resa rapidamente operativa attraverso l’emanazione, nel corso dell’anno 2002, dei necessari Decreti legislativi e attuativi. Ricordo anche che il piano decennale delle opere strategiche della Legge Obiettivo comprendeva in totale 126 opere, almeno qualche centinaio di chilometri di gallerie, per un costo stimato di 125,8 miliardi. Nella pratica, l’applicazione della Legge Obiettivo, oltre ad aver contribuito sempre di più all’utilizzo del sottosuolo, ha di fatto consentito di garantire tempi ridotti e soprattutto certi alla realizzazione di opere, tra il 2002 e il 2006, per 51 miliardi di Euro tra cui: • il ponte sullo Stretto di Messina, progettato finanziato appaltato e cantierato in due anni grazie ai meccanismi della Legge Obiettivo, e poi bloccato, per sventura dell’Italia e dei Siciliani, dai Governi successivi;

• il Quadrilatero Marche-Umbria, progettato e costruito all’80% in appena quattro anni nonostante la complessità geologica dell’Appennino umbro-marchigiano; • il passante di Mestre, progettato, finanziato, appaltato, costruito e già in esercizio in soli quattro anni, ancora grazie alla Legge Obiettivo. Purtroppo, nonostante gli eccellenti risultati prodotti dall’applicazione della Legge Obiettivo, i Governi che sono subentrati dopo il 2006 per ragioni meramente ideologiche non hanno saputo o voluto utilizzarla, inquinandone le finalità e poi addirittura disarticolandola. Si è allora verificato che dopo il 2006, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, detti Governi hanno lasciato caricare il piano decennale della Legge con una miriade di nuove infrastrutture regionali, cosicché le iniziali 126 opere strategiche per 125,8 miliardi diventarono addirittura 418 per un importo totale di 362 miliardi. È ovvio che queste 418 opere non potevano essere compatibili con un piano decennale, per cui la definizione di Legge “fallita”, che le è stata attribuita da un giornalismo disinformato e di basso rango, è, alla luce dei fatti, del tutto gratuita e non veritiera. Analogamente si può dire per la definizione di Legge “criminogena” inventata dal Dott. Cantone, già presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, e da alcuni personaggi politici di primo piano, i quali - senza informarsi -, hanno gridato allo scandalo sostenendo che i controllati (General Contractor) si sceglievano e si pagavano il controllore (la Direzione Lavori) in contrasto con il Codice degli Appalti. In realtà, nel rilancio delle opere connesse all’alta velocità/capacità ferroviaria, all’interno della Convenzione tra la committenza (TAV-FS) e i tre General Contractor coinvolti (FIAT/IRI/ENI), i personaggi suddetti non avevano capito (o avevano volutamente dimenticato?) che la Direzione Lavori, nominata e pagata dal Contraente Generale, aveva il compito di controllare, per conto del Contraente Generale stesso, esclusivamente il lavoro degli Affidatari (imprese di costruzione) titolari per la costruzione del solo 40% dell’opera, come evidenziato dall’estratto originale della Convenzione TAV. Il General Contractor, a sua volta, come previsto da detta Convenzione, era controllato da un’Alta Sorveglianza dotata di un’apposita struttura istituita ad hoc dalle Ferrovie dello Stato.

IL PUNTO DI VISTA Prof. Pietro Lunardi


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