Il Solco – Pentecoste 2021

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La custodia del fratello: perfezione dell'amore IN

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Saluto del rettore

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a fratellanza ed il prendersi cura possono sembrare delle realtà scontate se pensiamo ad esempio che il filosofo pagano Seneca scriveva

che «devi vivere per il prossimo, se vuoi vivere per te» e che lo spirito laicissimo della rivoluzione francese aveva proclamato i tre principi di libertà, fraternità ed uguaglianza. Ma è poi così semplice e naturale per l’uomo vivere la fraternità e prendersi cura dell’altro? Assolutamente no! Basta ricordare che nella Bibbia la prima domanda che l’uomo rivolge a Dio è quella di Caino, il quale, per scrollarsi di dosso ogni responsabilità per l’uccisione del fratello, rinfaccia a Dio: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Pertanto, se da una parte avvertiamo la fratellanza come desiderio perché Dio ci ha creati così, dall’altra parte sperimentiamo tutte le resistenze e le ribellioni quando si tratta di viverla. Tutto sta nel modo con cui vedo e considero il mio fratello, questione a cui Gesù dedica la parabola del buon samaritano. Chi è il mio fratello? Chi è il mio prossimo? È una minaccia o un’opportunità? È una minaccia se vedo nel fratello colui che nella sua radicale diversità mi limita perché mi mostra un bene, un guadagno, una volontà,… che non sono miei. Ma come ci ricorda Papa Francesco al n. 150 di Fratelli tutti lo stesso fratello è anche colui che mi fa prendere consapevolezza del mio limite che, «lungi dall’essere una minaccia, diventa la chiave secondo la quale sognare ed elaborare un progetto comune». Abbiamo bisogno quindi di un bene che non sia soltanto mio o tuo che ci liberi dal virus ingannevole dell’individualismo e ci ricollochi tutti nella stessa barca della vita per essere realmente ciò che siamo: esseri e-statici, esseri capaci cioè di «uscire da se stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere» (Fratelli tutti, 88). La fratellanza non è allora solamente un uscire da se stessi per compiere qualche generica azione benefica verso l’altro, ma è molto di più: è avere a cuore il bene dell’altro ed amarlo cercando il meglio per la sua vita. Non ci può essere fraternità se non c’è amore e non c’è amore se non c’è cura dell’altro: capiamo quindi quanto siamo lontani dal vivere ciò. Se nella nostra società i tanti richiami alle libertà ed ai diritti ci riconciliano con i principi di libertà e di uguaglianza, il crescente fenomeno dei nazionalismi, la politica di regolazione e spesso di respingimento dei flussi migratori ed il comparire di nuovi muri, non solo ideologici ma anche fisici, ci ricordano che tra noi il principio di fraternità è ben lungi dall’essere sia desiderato che vissuto. In questo anno speciale dedicato alla figura di San Giuseppe, il Patrono della Chiesa Cattolica che nei vangeli più volte è ricordato per la sua azione del prendere con sé Maria ed il Bambino Gesù per prendersene cura, ci aiuti a capire cosa significa prendersi cura del fratello e confidare nell’operato provvidente del Padre celeste che non ci abbandona e ci dice non temere! Don Marco Catalano


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