La sesta e la settima pagina ospitano piccole vignette, testi in prosa e poesia, con una struttura più variabile, che diventa spesso lo spazio delle rubriche. Infine la pagina conclusiva, l’ottava, presenta un’altra grande tavola illustrata o una storia che integra testo e vignette. Questa è la descrizione della struttura dei numeri de «La Tradotta» considerando le sue caratteristiche generali, dal momento che poi l’estro dei collaboratori giunge ad esiti molto personali. Proprio sui collaboratori è necessario soffermarsi. «La Tradotta» fu realizzata non da combattenti improvvisati che cercavano un passatempo nei momenti di attesa del conflitto, ma da professionisti dell’illustrazione e del racconto. Un dato così importante non va trascurato. Da una parte un approccio meno estemporaneo rischia di far perdere la spontaneità di molti fogli nati in trincea, con i propri errori e i propri limiti. Il giornale risulta perciò troppo costruito, troppo letterario, emanazione di un clima che si respira nelle retrovie più che espressione del quotidiano in trincea. Dall’altra parte, la cura grafica e l’elegante composizione dei testi e delle tavole fa sì che questo giornale di trincea diventi un oggetto pregiato tra i soldati. Gli ufficiali erano soliti trattenere quante più copie possibili, che poi venivano spedite a casa accompagnate da biglietti e lettere.
2.3
Il soldato-bambino. Antonio Rubino tra il «Corriere dei Piccoli» e «La
Tradotta» La professionalità con cui si lavora nella redazione de «La Tradotta» può costituire un limite o un pregio, certamente è il suo tratto caratteristico e fondante. Ma non è una professionalità che nasce in parallelo al conflitto: ha un trascorso, in alcuni casi prestigioso, che viene riadattato in base alle nuove necessità comunicative dettate dalla guerra. Il ruolo di Antonio Rubino è in tal senso decisivo. Il suo passaggio dalle pagine del «Corriere dei Piccoli» a quelle del giornale di trincea mette in luce alcuni aspetti interessanti. «La Tradotta» è un periodico scritto, con poesie, articoli, lettere, ma è prima di tutto disegnato, come tanti altri giornali di trincea. Il motivo è molto semplice. Secondo la stima fatta da Piero Melograni133 metà circa delle forze armate oscillava tra l’analfabetismo e il
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P. Melograni, Storia politica della grande guerra 1915-1918, Bari, Laterza, 1969, p. 248, cit. in M. Isnenghi, Giornali di trincea 1915-1918, cit., pp. 64-65.
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