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5.4 Il rapporto tra risata e guerra nel romanzo di Borgese

5.4 Il rapporto tra risata e guerra nel romanzo di Borgese

Abbiamo notato brevemente la costruzione del personaggio Rubè, che non è digiuno dall’umorismo pirandelliano, e abbiamo compreso in quale prospettiva storica si possa comprendere la sua convinzione nella guerra. La domanda che rimane inevasa è: c’è spazio per la risata nelle pagine del romanzo di Borgese? Si può parlare di comicità? La risposta sembra negativa. La vicenda di Rubè rimane il tragico racconto di un fallimento, personale e collettivo, di un protagonista infelice, che trascina nel dramma le persone che gli sono vicine (es. la morte da lui accidentalmente causata di Celestina Lambert, sua amante). Sarebbe errato parlare di comicità o di intento umoristico legati a questo romanzo. Tuttavia alcuni episodi di risata o battute ironiche nelle scene ambientate in guerra ci sono e meritano qui un breve approfondimento. L’episodio in cui Filippo Rubè sale sul treno che lo porterà al fronte lo mette già dinanzi alla realtà in modo traumatico. Salutata la madre, Rubè entra nello scompartimento pallido, con un inaspettato malore che lo opprime. Vedendolo così dimesso, il compagno di viaggio Bisi cerca di sdrammatizzare la tensione con una battuta che fa trapelare un tono sarcastico dell’autore nei confronti del conflitto: «bella cosa la civiltà moderna. Si può andare alla guerra dormendo comodamente fra i cuscini di velluto»330. Viene qui ironizzato il nesso guerra-modernità che forma una delle narrazioni storiche dominanti della Grande Guerra.

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Altra ironia e sarcasmo compaiono riferiti all’attendente Trevisan. Per essere più precisi compaiono questi termini, ma è la loro assenza a rappresentare un aspetto positivo nel giudizio che il protagonista ha di Trevisan. Tra i suoi compagni è l’unico con cui riesce a stabilire un contatto sincero, ne ammira la bontà e semplicità. Lo nota «negli occhi giallognoli e acuti»331 , che trasmettono una «innocente furbizia senza ironia»332, e in quel suo modo peculiare di aiutarlo nelle faccende pratiche, in cui «neanche il più sospettoso avrebbe scorto un germe di sarcasmo»333. La mancanza della risata e dello humour in Trevisan ne fanno un personaggio esemplare, degno di lode, poiché la zona di guerra è uno spazio inadeguato alla comicità. Altra leggera forma di ironia la si riscontra in una battuta che mette a confronto la vita in trincea con la quotidianità della città, ribaltando in modo paradossale la possibilità di

330 G. A. Borgese, Rubè, cit., p. 21. 331 Ivi, p. 30. 332 Ibid. 333 Ivi, p. 31.

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