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5.7 L’idiozia delle Autorità e l’ambiguità del personaggio
marciando lungo un’altra strada, per godersi di più il viaggio. E arrivarono a destinazione ugualmente. Da allora si dice che tutte le strade portano a Roma. Allo stesso modo, tutte le strade portano a České Budějovice»349 . Hasek utilizza le citazioni dalla letteratura e dalla storia della classicità per decostruirle, togliendo loro l’aurea di sacralità e riportandoli nella prospettiva comica del protagonista.
5.7 L’idiozia delle Autorità e l’ambiguità del personaggio
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Un’altra caratteristica molto interessante del bravo soldato protagonista di queste pagine è che la sua inettitudine abbraccia una illogica ma sincera fedeltà nell’esercito e nelle istituzioni asburgiche. Tale ubbidienza, sempre fuori fase, fa sì che i generali e i giudici tanto rispettati diventino involontariamente oggetto di scherno. Il romanzo «prende di mira gli ufficiali, una categoria tra le più bersagliate dalla satira haškiana, impietosa nei confronti di qualsiasi autorità e suo rappresentante»350. Gli esempi sono innumerevoli e costellano tutte le pagine del romanzo, qui se ne prendono in considerazione due molto evidenti. Il primo riguarda alcune parole pronunciate da Švejk riguardo l’Imperatore. Parlando con un soldato di guardia, egli delinea un ritratto impietoso dell’Imperatore austroungarico, senza però arrivare ad una critica politica, al contrario semplicemente liquidandolo come fosse un vecchio mammalucco, vittima di un pettegolezzo di paese: «L’Imperatore si è rincoglionito del tutto con questa faccenda […]. Non è mai stato particolarmente sveglio, ma questa guerra gli darà senz’altro il colpo di grazia»351. Poche righe sotto rincara la dose: «Ormai è strafatto […]. Se la fa addosso e devono imboccarlo come un bambino. L’altra volta un tale in osteria raccontava che l’Imperatore ha due balie e ogni giorno si attacca al seno tre volte»352. La farsa comica della figura dell’Imperatore convive con il dramma sempre ad un passo della guerra, che ogni tanto il narratore ricorda, come all’inizio del dialogo appena visto, quando commenta che lo scambio di battute è composto da «una serie infinita di affermazioni di cui ogni parola, in tribunale, sarebbe stata definita alto tradimento, e sarebbero stati impiccati tutti e due»353 .
349 Ibid. 350 A. Cosentino, Elogio dell’idiozia, in J. Hašek, Opere, a cura di A. Cosentino, Milano, Mondadori, 2014, p. XVII. 351 J. Hašek, Le avventure del bravo soldato Švejk nella Grande Guerra, cit., p. 225. 352 Ibid. 353 Ibid.
Il secondo episodio concerne invece una sostituzione ironica che si attua nella scena in cui Švejk si presenta dinanzi alla commissione di medici militari, che ha il compito di valutare il suo stato di salute psichico. I rappresentanti dell’istituzione medica sono «tre signori straordinariamente seri, ognuno dei quali aveva opinioni diametralmente opposte a quelle di ciascuno degli altri due»354. Questa scena mostra una relazione tra sapienza e idiozia rovesciata, poiché sono loro «a porre domande idiote a Švejk, che li ripaga con la stessa moneta»355 . L’interrogatorio merita una citazione distesa:
«È o no il radio più pesante del piombo?» «Chiedo scusa, ma non l’ho pesato» rispose Švejk con il suo amabile sorriso. «Lei crede nella fine del mondo?» «Prima dovrei vederla, la fine del mondo» rispose Švejk con disinvoltura, «ma decisamente non sarà domani.» «Sarebbe in grado di calcolare il diametro del globo terrestre?» «Chiedo scusa, ma non sarei in grado» rispose Švejk. «Però vorrei farvi un indovinello anch’io, signori. C’è un palazzo di tre piani, su ogni piano ci sono otto finestre. Sul tetto ci sono due abbaini e due comignoli. A ogni piano ci sono due inquilini. E ora ditemi, signori, in che anno è morta la nonna del portinaio?»356
L’interrogatorio prosegue con altre domande assurde a cui fanno da contrappunto altre risposte sarcastiche. Il supplizio sembra terminato, «ma uno dei membri pretese tuttavia di porre ancora la seguente domanda: “Quanto fa 12.897 per 13.863?” “729” rispose Švejk senza batter ciglio»357 . Il responso è netto. Švejk è riconosciuto come idiota conclamato da tutte le teorie scientifiche enunciabili. È paradossale però che questo idiota certificato sia riuscito a mettere in ridicolo tre luminari della psichiatria, sferrando l’ennesimo involontario attacco alle autorità per destituirle del loro potere. Ancora più interessante sarebbe cercare di comprendere se il bravo soldato si renda conto di aver minato, con le sue risposte, l’ordine imposto nel periodo bellico, mostrandone l’assurdità. È l’ambiguità l’elemento che rende questo personaggio complesso, o secondo le parole più precise di Cosentino «agglomerato, le cui componenti giungono a una sintesi complessa ma non a un’integrazione coerente: rimangono per lo più giustapposte e sovrapposte»358 .
354 Ivi, p. 32. 355 A. Cosentino, Elogio dell’idiozia, in J. Hašek, Opere, a cura di A. Cosentino, Milano, Mondadori, 2014, p. LXVII. 356 J. Hašek, Le avventure del bravo soldato Švejk nella Grande Guerra, cit., pp. 32-33. 357 Ivi, p. 33. 358 A. Cosentino, Elogio dell’idiozia, in J. Hašek, Opere, a cura di A. Cosentino, cit., p. LXXXI.