L’ironia è inoltre un meccanismo che riesce a rendere più vivo il ricordo. Dettagli particolari, eccentrici, stridenti con il contesto riescono «a dare espressione ad un avvenimento o ad un momento che, diversamente, resterebbe confuso e insignificante nel gran mare indifferenziato dei ricordi»89.
1.7 Tracce di comico e di riso nella letteratura italiana di guerra Tornando alla letteratura italiana, elementi comici o umoristici nelle opere che raccontano la guerra emergono in molti autori. Le avanguardie storiche svolgono un ruolo importante in tal senso. Sono i gruppi di avanguardia che prendono coscienza del potenziale distruttivo del riso. Il ruolo dei futuristi non va ignorato. In realtà Giulio Ferroni sostiene che i futuristi diedero un contributo scarso al comico, perché il loro uso di questo genere fu puramente «strumentale»90 e «si risolve in un metodo di provocazione tra molti altri»91. Tuttavia sono proprio i futuristi ad alimentare la concezione di guerra come spettacolo meraviglioso a cui andare incontro cantando e ridendo. Il mito virile e militare dei futuristi trova una possibilità di azione nella guerra-festa. Ad esempio Marinetti nella sua impresa eroica fornisce della guerra «una lettura non solo ironica ma anche ludico - sportiva»92, come si può leggere nelle cronache redatte per «La Gazzetta dello Sport». La guerra-festa la si può leggere anche nelle pagine di Ardengo Soffici, autore vicino al gruppo avanguardistico, che si avvia gioioso verso la guerra ma che nel suo celebre diario Kobilek, nella descrizione di un’operazione militare vissuta in trincea, dà al suo riso una connotazione molto più inquietante. Non è più il riso squillante che esce dai treni diretti al fronte. Nella trincea «tutto era troppo terribile e assurdo per considerarlo al modo naturale: meglio divenire assurdi anche noi […]»93. I soldati sono spogliati dei loro sentimenti, agiscono in modo paradossale e improbabile:
Tirammo fuori, chi la sigaretta, chi la pipa, e ci mettemmo a fumare e a motteggiare. La tempesta delle cannonate, degli urli, dei rombi, dei sibili continuava. Continuasse pure; noi ridevamo intanto per l’ultima volta, trasfigurati in una sorta di luce tragica che ci rendeva grandi. 89
Ivi, p. 38. G. Ferroni, Il comico nelle teorie contemporanee, cit., p. 91. 91 Ibid. 92 Le notti chiare erano tutte un’alba, a cura di A. Cortellessa, cit., p. 119. 93 A. Soffici, Kobilek, Milano, Longanesi, 1971, p. 141. 90
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