1.3 Le forme della scrittura Chiariti alcuni punti sul rapporto tra intellettuali e conflitto, è utile ora riprendere la schematizzazione di Capecchi per avere un quadro più completo della letteratura nata nel conflitto. Nel libro Lo straniero nemico e fratello l’autore delinea due concetti: le forme della scrittura, quindi i generi e i supporti su cui si sono formati gli scritti; la distanza, sia temporale che spaziale, tra il conflitto e il momento o il luogo di composizione. Esistono diverse forme di scrittura registrate nella letteratura di guerra, alcune nate proprio per l’eccezionalità dell’evento. Infatti «è con la Grande Guerra che fiorisce un nuovo genere di testo, il taccuino»34. Questa forma di scrittura nasce a causa delle precarie condizioni in cui vivono i soldati e si caratterizza per alcuni aspetti. Innanzitutto il supporto, appunto un piccolo quaderno composto da un numero esiguo di foglietti. Altro aspetto importante, il taccuino viene scritto in trincea, durante la guerra: è in quel luogo e in quel momento che trova la propria ragione di esistere. Le particolari contingenze in cui viene scritto, oltretutto, ne influenzano l’impianto formale e il contenuto. Le pause per scrivere in trincea sono poche, frenetiche, e il supporto di dimensioni ridotte crea problemi di spazio. Questo favorisce la scelta di indicare informazioni pratiche, come i nomi dei soldati, le condizioni atmosferiche, gli attacchi, i decessi. Alcuni taccuini contengono brevi riflessioni e pensieri, ma in generale manca lo spazio per la digressione lirica o per il ragionamento approfondito. Ultimo aspetto importante, i taccuini condividono un destino editoriale postumo, soprattutto perché chi li scriveva non aveva l’obiettivo di renderli pubblici. Si trattava di brevi appunti fatti ad uso personale, senza nessuna motivazione estetica o volontà di testimonianza. Escono postumi i taccuini di chi muore al fronte, come Renato Serra, ma anche gli appunti di Marinetti, D’Annunzio, Soffici vengono pubblicati dopo la morte del loro autore. I taccuini assumono importanza per gli storici proprio in quanto testimonianza della vera guerra vissuta dai letterati, senza lo schermo letterario. Al tempo stesso, dal punto di vista degli scrittori, i taccuini costituiscono un avantesto, una base da cui partire per scrivere opere più compiute, «con pagine più distese, composte negli anni che seguono il termine del conflitto»35. Così fu per Arturo Stanghellini nella stesura di Introduzione alla vita mediocre o per Ardengo Soffici nella composizione di Kobilek.
34 35
G. Capecchi, Lo straniero nemico e fratello, cit., p. 31. Ivi, p. 38.
12