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Intervista al Direttore di Palazzo Reale Milano
from Mondo Arte #1
by miartgallery
Domenico Piraina
di Claudia Notargiacomo
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Una carriera iniziata grazie alla curiosità: Domenico Piraina rappresenta una di quelle figure eccezionali e rare che nonostante ricopra una carica di enorme importanza nel panorama culturale italiano e non solo, vive le continue conquiste con umiltà e passione, condividendo i valori dell’italianità e della bellezza attraverso gli strumenti della conoscenza e dell’ascolto. Infinite le mostre da lui realizzate, tantissime le iniziative portate avanti per promuovere e valorizzare un “mare che deve essere pulito e sano”, quello dell’arte, mondo che deve diventare sempre più fruibile e comprensibile.

Dottor Piraina, inizierei questo incontro chiedendole chi è Domenico Piraina, qualche parola sulla sua storia, cosa l’appassiona, qual è il cammino che l’ha portata fin qui.
Guardi io sono arrivato fin qui direi per caso, perché nella vita non basta il talento, bisogna saper cogliere l’occasione. Vede, io sono nell’amministrazione comunale di Milano dal lontanissimo 1984, entrai dopo aver vinto un concorso. Allora ero ancora studente di lettere presso l’Università Cattolica. La svolta vera arrivò nel 1993, quando incontrai Philippe Daverio, era Assessore alla cultura, di lui sapevo questo, non lo conoscevo direttamente. Mi propose di entrare nel mondo dell’arte e delle mostre, non nascondo che ebbi qualche titubanza al principio, mi ero immaginato una carriera di tipo generalista. Decisi in ogni caso di accettare e fu da allora che iniziai il mio cammino. Mi venne affidata la direzione di Palazzo Reale, poi nel corso degli anni, attraverso diversi concorsi interni, arrivarono altre responsabilità, come per esempio la direzione del pac, fino ad arrivare al 2012, anno in cui l’amministrazione mi diede la responsabilità anche dei musei scientifici di Milano. L’intenzione era quella di superare la barriera esistente tra sapere umanistico e sapere scientifico, missione che sto cercando di portare avanti anche oggi nel migliore dei modi. Una casa costruita mattone su mattone, senza perdere ciò che avevo imparato fino al momento precedente. A latere, alcune esperienze che mi sono poi servite in quello che oggi è un lavoro di tipo, direi, spesso manageriale, quali seguire la direzione della promozione culturale nella città di Milano e la partecipazione al gruppo di lavoro del marketing territoriale del comune di Milano. Ho avuto la fortuna di fare un’esperienza a 360°, sono uno dei pochi in Italia, ritengo, ad avere una competenza così vasta. La scelta dell’amministrazione di riunire in una sola figura competenze che solitamente vengono percepite in modo contrastante, ovvero quella propria di direttore di Musei e quella relativa alla direzione di mostre, è a mio parere molto importante, proprio perché, pur essendoci diversità, permette una visione completa e profonda del mondo che quotidianamente sondiamo. Si tratta di un notevole passo in avanti, in Italia questo prima non avveniva, soprattutto a livello di mentalità si sta compiendo un avanzamento non indifferente. Per fare questo lavoro è fondamentale avere una mentalità aperta, essere curiosi, pronti a cogliere gli stimoli che arrivano, importante è poi amare la lettura, andare a vedere le cose. Ogni giorno si scopre qualcosa di nuovo.
Le mostre più importanti, quelle che hanno lasciato il ricordo più bello, l’emozione più grande da un punto di vista professionale e umano?
Sono tante… quella però più laboriosa, complicata da realizzare, ma che ha rappresentato il sogno di una vita, direi che è indubbiamente quella su Leonardo concretizzata qualche tempo fa. Ha richiesto sei anni di lavoro, con relazioni con musei di tutto il mondo, problemi relativi alla sicurezza e al trasporto da gestire con enorme attenzione: si trattava di ben 3-4 miliardi di valore assicurativo. Le responsabilità sono immense e tutto deve funzionare perfettamente. Sa, quando tu e la tua struttura riuscite a fare una mostra di quella portata (Leonardo di quelle dimensioni intendo), tutto il resto è relativo… quella è stata davvero la grande prova! Successivamente ci fu anche la mostra su Giotto, meno difficile come mostra per via del numero di opere di gran lunga inferiore (14 e non 200), ma anche lì con problemi di tipo conservativo notevoli. Pensi a trasportare il Polittico Stefaneschi che non si spostava dai Musei Vaticani da quando Giotto lo aveva fatto… ben settecento anni. Un’altra bella soddisfazione, più a livello personale, è quella che riguarda la nostra richiesta, in occasione della mostra su Leonardo, di pezzi appartenenti alla collezione reale di Windsor, la cui responsabile finale era proprio la Regina d’Inghilterra. Insomma per farla breve, negli uffici della Regina d’Inghilterra si trova un contratto per il prestito delle opere che, dopo il nome della Regina con tutti i suoi titoli, riporta un “end Domenico Piraina”, immaginate firmare un contratto con la Regina d’Inghilterra, ovviamente ne ho una copia incorniciata a casa mia! Questi sono passaggi importanti prima di tutto da un punto di vista umano, perché in quei momenti davanti agli occhi ti passa tutta la tua vita… Mentre fai le cose non hai consapevolezza, sei concentrato sul quotidiano, ma quando ti fermi a pensare, ecco che ti rendi conto di aver fatto cose che da ragazzino non avresti mai neanche sognato. Venivo da un paesino della Calabria, incuriosito da sempre da questo affascinante mondo dell’arte. Ero ancora giovanissimo quando partivo alla volta di cittadine vicine, alla ricerca di approfondimenti su Van Gogh, per esempio: i miei amici mi guardavano come fossi un alieno… ma io non demordevo.
Quante opere, quante mostre ha visto e realizzato?
Infinite opere viste da vicino, a pochi centimetri di distanza e tantissime mostre, dovrei ricostruire… più di millecinquecento mostre ritengo!
Ha realizzato tutto questo attraverso un cammino fatto di tappe e fasi in cui si è preparato sul campo si può dire, oltre certamente ad una preparazione culturale che toccava tanti campi differenti?
Già, nessun amico, nessuna conoscenza che mi abbia instradato tengo a dire. L’incontro della persona giusta al
momento giusto, Daverio come dicevo, che mi ha dato credito, evidentemente reputandomi all’altezza di un compito importante. Poi siamo diventati amici, ma allora per me era solo l’Assessore alla cultura.
Un messaggio per i giovani, per chi lavora seriamente e vorrebbe aiutare il proprio Paese.
Un messaggio che tengo a condividere è quello di lavorare con leggerezza, come diceva Italo Calvino “Leggerezza non è superficialità”, ma guardare alle cose dall’alto senza pesi sulla coscienza. Fare, lavorare, cercare di portare a casa i risultati… è solo dopo che si realizza di aver fatto una cosa importante. Senza troppe strategie!
Parliamo di Milano, abbiamo ricordato mostre molto importanti, si percepisce un forte fermento, una realtà culturale in divenire: è proprio così? E rispetto alle altre città, italiane e non?
Su questo non c’è dubbio, è sotto gli occhi di tutti l’evoluzione della città. Milano è cresciuta notevolmente anche da un punto di vista culturale. Si pensi al turismo, al tipo di turismo, alla ricerca di una proposta culturale importante. Noi stessi facciamo programmazioni e utilizziamo strumenti che possano mettere il turista nella condizione di godere della bellezza e dell’arte italiana. I musei portano numeri in continua crescita rispetto alle visite. Quando c’è stato Expo, per esempio, l’amministrazione ha fatto un cartello, un palinsesto “Expo in città”, mi sono dovuto occupare dei contenuti: guardi che c’è una ricchezza di situazioni e proposte a Milano enorme, vivacità, dinamismo…io stesso non immaginavo. E non è stata una fiammata, questa fiammata continua: gli anni successivi non hanno riportato cadute, questa è la città della creatività. Ci sono ben sette Università, ricordiamocelo! Un sistema museale incredibile: civico, statale, privato, splendide gallerie d’arte… siamo noti in tutto il mondo. Milano deve essere locomotiva per l’Italia intera, come dicevano gli anziani tanti anni fa.
Dottor Piraina, le chiedo cosa pensa riguardo alle sinergie tra pubblico e privato. La funzione dei privati nel fare cultura?
Molte sono le sinergie già in essere, la collaborazione virtuosa tra pubblico e privato già consente la realizzazione di tante belle iniziative: questo tipo di collaborazione funziona se i paletti sono belli chiari, il pubblico deve fare il pubblico e il privato deve fare il privato. Viviamo in un mondo talmente complesso che da soli non si può andare avanti, il contributo può venire da tutti, dal pubblico, dal privato, dal privato no profit. L’importante è che sia chiara la distinzione. Il compito dell’amministrazione pubblica è quello di creare e preservare la salute del complesso mare dell’arte. Parlando del contemporaneo, visto che siamo qui in occasione di un’intervista per una rivista che parla di contemporaneità, sono molti i progetti da creare e in cui credere, in Italia ci sono ancora molte cose da fare sul contemporaneo.
La didattica, la scuola: quanto è importante aiutare i giovani ad avvicinarsi al contemporaneo? Ad un linguaggio differente? La funzione del curatore quanto è importante in questo senso?
Fondamentale direi, il ruolo dell’istruzione, insegnare ai ragazzi come avvicinarsi a un’opera, metterli nella condizione di capire, conoscere, appassionarsi. Il curatore, poi, dovrebbe comprendere quale sia realmente la sua funzione, e non è altro che quella del mediatore, far conoscere e comprendere, attraverso gli strumenti più idonei al fruitore. L’utilizzo delle didascalie per esempio, molti curatori inorridiscono, ma al contrario quello è uno strumento interessante. Le opere bisogna spiegarle, dico spesso ai curatori che le opere contemporanee vanno trattate come fossero opere d’arte antica, spiegate. Testi chiari, semplici. Amministrare la cosa pubblica, vuol dire scegliere un approccio didattico, di insegnamento alla gente. Noi dobbiamo avvicinare l’opera d’arte e il visitatore, molto spesso nell’arte contemporanea questo aspetto non viene affrontato in maniera adeguata. Imprescindibile la preparazione del curatore, affinché sia in grado di cogliere e trasmettere i riferimenti, i luoghi da cui arriva una determinata scelta dell’artista che si esprime attraverso il contemporaneo.
La programmazione è sempre di altissimo livello. Come vi state orientando, cosa state proponendo?
In generale è importante sottolineare che è proprio grazie ad una programmazione a lunga scadenza che si riescono ad ottenere risultati importanti, a livello di riscontro del pubblico. Già ora stiamo lavorando per situazioni che si realizzeranno nel 2020, per esempio. Nel mondo si ragiona così, ritengo importante programmare le cose con i tempi giusti, non credo nelle cose improvvisate dalla sera alla mattina. La mostra di Keith Haring, per esempio, è stata studiata e impostata in un modo particolare, è stato messo in evidenza l’aspetto di formidabile conoscitore di storia dell’arte di questo artista. Un’impostazione che è piaciuta molto sia ai collezionisti che alla fondazione, si tratta di un aspetto che non era ancora stato sondato in modo specifico: Keith Haring artista e grande conoscitore della storia dell’arte mondiale. Non posso non citare l’importantissima mostra su Caravaggio, anche questa con un taglio d’eccezione, in questo caso si dà conto di un decennio di studi e indagini diagnostiche, scientifiche che sono state fatte sulle opere di Caravaggio, emergono con questo lavoro notizie di grande rilevanza.



Siamo in un’epoca in cui le nuove generazioni sono nate in mezzo alle nuove tecnologie, per cui è fondamentale considerare questi strumenti quali facilitatori per avvicinarsi all’arte. È un problema che ci stiamo ponendo, ma non è un problema di facile risoluzione. Fondamentale è il rapporto con l’originale, ricordarsi sempre che non è possibile sostituire il reale con il virtuale. Lo strumento tecnologico può nell’immaginario trasformare, far travisare: l’opera d’arte deve essere vista dal vero, il virtuale può aiutare. L’utilizzo del virtuale, senza l’incontro reale, fa perdere tutta la poesia di ciò che desideriamo conoscere. Il coinvolgimento emotivo è insostituibile, di emozioni stiamo parlando…
