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Ricordando il grande maestro
from Mondo Arte #1
by miartgallery
Dario
FO
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Ricordando il grande maestro: intervista del maggio 2016, in occasione della personale ispirata al testo Razza di zingaro, presso Miart Gallery via Brera 3 a Milano
a cura di Claudia Notargiacomo
Avevo 5 anni quando i miei genitori mi portarono a Milano a visitare il museo di Brera, ricordo ancora le scale quando siamo saliti: i quadri, i dipinti, i ragazzi che andavano e venivano, mi incuriosii. Subito chiesi ai miei genitori cosa facessero questi ragazzi… “Dipingono, questa è l’Accademia di Brera! Studiano il disegno, la pittura, la scultura...”, mi dissero. Rimasi impressionato, sognando che anche io sarei venuto qui a studiare. Ed effettivamente a 14 anni iniziai i miei studi artistici presso l’Accademia di Brera. Da allora ho dipinto sempre e molto, ma ad un certo punto ho capito che il mercato dell’arte riservava sorprese e decisi di metterci una pietra sopra. Fu quello il momento in cui spostai l’attenzione sul teatro. Ho fatto nella vita l’attore: teatro vuole dire molte cose, scrittura, sceneggiatura, l’impostazione della compagnia e poi l’incontro con Franca Rame. Ma dipingevo sempre, prima di ogni lavoro facevo disegni, dipingevo scenografie, insomma io la pittura non l’ho mai lasciata!
Maestro, un’importante personale a maggio 2016, presso la storica galleria Miart Gallery di via Brera 3 a Milano. Prima volta dopo 70 anni una sua mostra in una galleria milanese: 40 le opere esposte tutte ispirate al testo “Razza di zingaro”, nel quale lei racconta la storia di un pugile sinti, Jhon Trallmann, dal talento eccezionale, la cui vita e carriera furono stroncate dal nazismo.
È una storia del tutto particolare, tragedia descritta con il sentimento dell’indignazione, non con lacrime e lamento. Parliamo di un grande uomo, di talento e dalla grande umanità e generosità. Trallmann è un pugile sinti, che fin da bambino si esprime attraverso il pugilato, lo fa danzando. Si è inventato un suo linguaggio...fa ridere parlare di linguaggio per un pugile, ma il linguaggio è dappertutto! È il ritmo, il tempo, il vuoto e il pieno, la gestualità, la dinamica, la forza e l’eleganza, insomma l’arte. Era un fuori classe. Lui era un diverso, di un’altra razza, uno zingaro. Ha portato nel pugilato la propria cultura, una cultura rom, quella degli zingari appunto. Una lunga storia di tradizioni, arrivati in Europa nel 300 hanno portato la loro personalità che si esprimeva nel canto, nella danza, nel modo di agire e di essere: nel fare poesia! L’Europa tutta deve qualcosa a questi zingari.
Relativamente all’attualità di questa mostra e alla necessità di proseguire in un percorso culturale che preservi la memoria, quanto ritiene interessante la presenza di queste sue opere in una galleria nel cuore di Brera?
Giusto, questo è il concetto: quanto ha valore questa poesia, questa pittura, questo modo di essere? Questa cultura è qualcosa di importante da conoscere per tutte le realtà, per tutte le comunità. Alle volte, invece, accade il contrario: il rifiuto di ciò che non si conosce. È così che nasce il razzismo, dall’ignoranza e, in Italia, checché se ne dica, ce n’è eccome! I razzisti sono a priori ignoranti della forma, della storia, del linguaggio, dell’origine di ciò che non riescono a capire. Non accettano perché non conoscono, non riescono a capire quel qualcosa che non fa parte della loro incultura. Io mi sono preoccupato con questi quadri di raccontare la gestualità, il modo di respirare, i tempi, i ritmi, l’armonia, l’eleganza e la poesia. Se non si comprende la lezione che ci danno questi uomini e donne, non si comprende nulla di noi stessi.
Maestro, dopo il premio Nobel ha costituito, con Franca Rame e Jacopo Fo, la Onlus “Il Nobel per i disabili” ed è a questa realtà che vengono devoluti i proventi che ricava dalla vendita delle opere. Se non ho capito male ci sono voluti 60 anni perché lei decidesse di venderle.
Esatto, non accettavo il discorso del mercato, così come veniva impostato. Poi è accaduto che un giorno un gal-





lerista molto importante mi disse che i miei quadri erano proprio belli, più belli di quello che potevo pensare... Ma mi disse che avevano un grave difetto “I suoi quadri non valgono nulla!” Come non valgono nulla, in che senso non valgono, mi sono detto. Si stava parlando di mercato, del mercato della pittura. Il fatto che non ci fosse un mercato determinava un non valore delle opere nella logica e nella cultura odierna naturalmente. “Che abbiano valore per la gente intelligente è ovvio, ma solo quando fanno parte di un mercato la gente si interessa, iniziano a chiedersi a quanto sia stato venduto”. È stato quello il momento in cui decisi di fare il passo. Bisogna che faccia questo sforzo! Mi ripetevo. Mi ripugna, faccio fatica, ma proviamo. Aveva ragione quel gallerista e la gente è solo allora che si è accorta che ero un pittore... proprio perché c’è stato un mercato, e allora c’è stata l’attenzione! Ci fu la famosa battuta d’asta, lo abbiamo voluto, quasi a livello provocatorio. Arrivammo con 20 quadri e andarono tutti venduti. C’è stata una rincorsa all’acquisto, aveva ragione quel gallerista, è il mercato quello che determina il peso, il valore e l’attenzione; non è come in teatro, dove tu sei qualcosa, qualcuno perché durante lo spettacolo sei riuscito a catturare l’attenzione, hai fatto pensare, ragionare, hai messo in crisi qualcuno, l’hai incantato magari, che è il meglio di tutto in teatro. Questo devo impararlo ancora nella pittura, in verità spero davvero che un pò di incantamento già ci sia in quello che dipingo...
Poco fa ha nominato Franca Rame e non posso rinunciare, Maestro, ad ascoltare direttamente da lei qualche parola su questa donna unica. Cito una sua riflessione “Accade spesso che una cattiva sorte si traduca all’istante nel più formidabile colpo di fortuna, a me, grazie al teatro, è successo proprio così”. È quello il momento in cui incontra Franca e inizia il suo incredibile cammino? Quanto è importante ricordare questo concetto quando si sta vivendo una grande complessità?
È stato proprio così, come avete accennato voi: io sono entrato in teatro da disperato, da uno che diceva ho sbagliato tutto, e quasi subito ho visto una ragazza, che era lì come attrice, e poi ho scoperto che era nata attrice, nel senso che questa donna era nata in una grande famiglia di attori. Madre attrice, padre attore, capo comico e poi zii e cugine, fratelli e sorelle, una grande famiglia i Rame, che proviene da lontano, qualcuno dice addirittura dal 600. Beh, lei mi ha insegnato che cosa sia il mestiere dell’attore, perché io sono arrivato così, come un dilettante. Avendo dipinto da sempre, avevo il senso dell’immagine e della gestualità. A 20 anni avevo già un mio bagaglio specifico, dovevo saperlo introdurre. Finalmente con Franca lo feci. Lei mi ha insegnato ad usare il minimo per raggiungere il massimo, troppo facile provocare il pubblico urlando: bisogna inventare qualcosa di diverso, improvvisamente fuori chiave, perché la gente inizi ad ascoltarti. Se sei uno che usa mezzucci e usa la voce come un bastone invece che farla diventare violino, ebbene... sei un mediocre.
Avrei mille domande da farle, ma per il momento un’ultima relativa alle opere che verranno presentate il 13 maggio: ce n’è una preferita che quasi spera non venga venduta?
Oggi guardavo le opere per individuare i titoli esatti, prendendoli dal libro, e riflettevo. Già, ce ne sono 3 o 4 che spero non destino molta attenzione. Ma non posso dire di più, sparirebbero subito...è già successo!
Maestro la ringrazio, è stato un onore e una gioia profonda poterla intervistare.
La video intervista completa su www.Miart Gallery.it
