Dibattito Nell’ascoltare gli interventi mi sono trovata a pensare alla rappresentazione di futuro vissuta nel mio passato. Appartengo alla generazione protagonista dei movimenti del ’68 e degli anni ’70. In tanti, allora, eravamo convinti che, insieme, saremmo riusciti a far diventare il mondo migliore, con meno diseguaglianze. Ci abbiamo creduto veramente e alla luce di questa visione abbiamo educato i nostri figli. Per
noi
il
mondo
è
diventato
nel
tempo
effettivamente migliore, dato che la comparazione è con il primo dopoguerra, quando la realtà quotidiana era estremamente dura e faticosa. Siamo stati sempre meglio e abbiamo pensato che questo sviluppo sarebbe proseguito in modo lineare. Anche i nostri figli sono cresciuti con questo senso di fiducia
Un’opera di Keith Haring
nel mondo, ma a un certo punto questa prospettiva si è spezzata. Oggi non ho paura per il mio futuro, ma per quello dei quarantenni e cinquantenni e ancora di più per il futuro di giovani e adolescenti di oggi, di cui Greta è portavoce. Io mi impegno sempre a pensare positivo ma vedo le difficoltà. Inoltre la globalizzazione delle notizie fa sì che, già al mattino, ci imbattiamo nei problemi e nelle sofferenze del pianeta: qualcuno può sentirsi schiacciato, perché dinnanzi allo scenario mondiale il singolo si sente impotente. Penso allora che ci sia ancora bisogno di noi anziani, per sostenere, dare fiducia, indicare concretamente vie e soluzioni. Oggi siamo carenti di rappresentazioni di futuro e visioni di mondo condivise. Un tratto che caratterizza gli anni ’60 era la possibilità di pensare insieme il futuro, in una visione collettiva, mentre oggi lo sguardo sul futuro pare essere prevalentemente individuale. Forse il movimento “Fridays For Future” ha riattivato una prospettiva più ampia e condivisa.
Dicembre/Dezember 2021
25










