Milano 19(50)

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ratilialito

Mensile di informazione politica e cultura

Una proposta contro l'invasione di auto e allo scopo di recuperare il verde Diecimila

Gli ANNI VIOLENTI DEL PRIMO DOPOGUERRA

box al Gallaratese

Ipotesi di lavoro del Consiglio di Zona nello spirito di un progetto comunale

VERSO LA MILANO DEGLI ANNI '90

L'ITALTEL PARLA DI RILANCIO (MA CON 8000 IN MENO)

TELERISCALDAMENTO PER RISPARMIARE

COSTRUIAMOCI NOI LA NOSTRA CASA

QT 8: AFFRONTATI I PROBLEMI COME SARA' L'USSL DI ZONA?

IL GIOCO DEI PREZZI (E IL GOVERNO CI GIOCA)

E se ogni famiglia avesse un box-auto? Al Gallaratese ci stanno tentando. Il Consiglio di zona ha messo a punto una proposta precisa. Una riunione con i responsabili dell'Amministrazione comunale si è già svolta. Erano presenti, oltre al presidente della Zona, Danilo Pasquini, l'assessore all'Urbanistica Maurizio Mottini e il suo "collega" al Demanio Giuliano Banfi. Del resto, il progetto della zona 19 (Qt8 - San Siro - Gallaratese) segue i binari di una filosofia che l'Amministrazione municipale ha già fatto propria Due gli obiettivi. Da una parte difendere il capitale - auto dalle interperanze del clima, ma anche della delinquenza. Insomma, il box o il garage indirettamente sono un risparmio. Il fatto è, appunto, che è difficile trovarlo. Questo è il primo problema. Diciamo quello individuale. Ma ce n'è un altro: l'auto quando è posteggiata in strada (o magari su un marciapiede o su un'aiuola) ruba spazio alla città (e l'imbruttisce).

Ecco allora l'ipotesi di un progetto parcheggi che coinvolga a tappeto l'intera città acquistare una rilevanza collettiva.

A Milano sono immatricolate 630 mila auto. In più ogni giorno viene presa d'assalto da un esercito di 240 mila auto "esterne" con la tendenza all'aumento considerando la scarsa efficienza delle linee interurbane. Sommando le due cifre è come dire che quotidianamente in città si muove una colonna di macchine lunga quasi tremila e 500 chilometri. Se per magia, di colpo, tutte assieme, dovessero mettersi in movimento e quindi fermarsi contemporaneamente, sarebbe la paralisi completa.

Sì, perchè immaginando di unire insieme, in un'unica fantastica strada, tutte le vie di Milano si otterebbe una "superstrada"lunga 1200 chilometri. Il che non è poco. Tuttavia non basterebbe ad accogliere tutte le macchine in circolazione neppure ipotizzando la possibilità di parcheggio ovunque su entrambi i lati della carreggiata.

Ad arginare l'invasione delle auto che ogni giorno animano (e inquinano) le vie della città ci sono 200 mila box sparsi in tutti i rioni. Ovvio che non sono sufficienti. Soprattutto in centro dove la domanda è molto alta.

Si è calcolato che per "liberare" il centro delle auto in sosta dei residenti servirebbero 17 mila box. Ci sarebbe poi il problema degli "esterni". Per "nascondere" le macchine di chi va in centro per lavoro (o per altro motivo) servirebbero altri 2.500 posti - auto (i tecnici le chiamano "soste operative").

A questo scopo il Comune è impegnato — attraverso la vigilanza urbana — a individuare tutte le aree disponibili. Inutile dire che la proposta dell'assessore Mottini ha suscitato parecchio interesse (sia tra gli automobilisti che tra gli operatori).

Un primo censimento è stato già compiuto. Ora è in atto un'attenta verifica. Ovvio, che intanto "marciano" i progetti già decisi dall'Amministrizione municipale per realizzare dei grandi "silos" in via Vittor Pisani, alla Fiera campionaria e al segue in ultima

LA RIFORMA DELLA FINANZA LOCALE

Alt a Comuni e regioni

Intanto tentano di mandare avanti provvedimenti ingiusti ed impopolari come l'aumento delle tariffe dei trasporti pubblici

I Comuni e le Regioni rischiano di iniziare il nuovo anno con l'acqua alla gola.

L'attesa riforma della finanza locale non è purtroppo stata varata nemmeno questa volta.

È invece venuto fuori il solito decreto dell'ultima ora che dovrà quindi essere trasformato in legge entro febbraio.

In pratica c'è il pericolo della paralisi della spesa degli Enti locali e la impossibilità di programmare i nuovi investimenti. Eppure la questione della finanza locale, e la stessa riforma più generale dell'intero ordinamento delle autonomie locali, non si possono più rinviare. Il decentramento dei poteri dello

Stato e il rilancio della partecipazione delle Regioni e dei Comuni è indispensabile per il risanamento del tessuto economico e sociale del Paese.

Per tentare di arrestare la marcia dell'inflazione sembra

.1/itabile il contenimento della spesa pubblica complessiva, ma questa volta i tagli previsti per la finanza regionale e comunale

Riprendono i lavori al Centro Civico

Reperiti dall'Amministrazione comunale i fondi necessari per ultimare l'opera

L'Amministrazione comunale ha reperito i fondi necessari per portare a termine la costruzione del Centro Civico della nostra zona, in costruzione sulla spina centrale del Gallaratese. Lo hanno comunicato il sindaco Carlo Tognoli e l'assessore al bilancio, e vice - sindaco, Elio Quercioli.

Come a suo tempo abbiamo avuto modo di informare i lavori per la costruzione del Centro Civico erano stati sospesi il 2 novembre scorso essendo venuti a mancare i fondi necessari per la loro prosecuzione a causa dei tagli governativi sulle finanze locali.

Ora, con il reperimento dei fondi necessari annunciato dal sindaco e dall'assessore al bilancio, il cantiere può essere riaperto e possono essere ripresi i lavori, che, ci è stato assicurato, dovrebbero proseguire celermente per portare a termine l'opera nel più breve tempo possibile.

Sempre a proposito del costruendo Centro Civico c'è inoltre da segnalare che il Consiglio di Zona 19 ha respinto una richiesta della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde di aprire al suo interno un proprio sportello bancario, che invece, secondo il Consiglio di Zona, potrebbe trovare collocazione nel Centro Commerciale, la cui edificazione dovrebbe iniziare quanto prima sempre sulla spina centrale del Gallaratese.

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sembrano davvero eccessivi e inaccettabili. Le Regioni si sono già mobilitate contro le decisioni governative, mentre anche i Comuni si stanno ormai mettendo sul piede di guerra. Intanto si rischia di mandare avanti provvedimenti antipopolari e ingiusti quali l'aumento sconsiderato delle tariffe dei trasporti pubblici urbani ed extraurbani. Ma in attesa della loro entrata in vigore, prevista non prima di marzo, c'è però ancora tempo per modificare il decreto sulla finanza locale e per venire incontro alle necessità finanziarie delle aree metropolitane continuamente sottoposte alla forte pressione dei bisogni sociali e collettivi insoddisfatti.

La spinta autonomistica altrimenti si affievolirà e le attese della popolazione verso gli Enti locali e territoriali andrà delusa un'altra volta con gravi conseguenze soci .i e con la crescita di nuove tensioni nei rapporti tra le comunità locali e le istituzioni.

Dopo il fallimento clamoroso dell'esperienza dei comprensori. anche il tentativo di rimettere in pista le vecchie Provincie andrà incontro allo stesso destino se intanto non si cambierà strada nella ripartizione delle risorse tra il centro e la periferia dello Stato.

Molte opere pubbliche degli Enti locali in fase di appalto, o con lavori già in corso, potrebbero essere costrette a restare ancora al palo o a chiudere i cantieri, con forti ripercussioni sugli incrementi dei costi alla ripresa dei lavori quando finalmente arriveranno i mezzi necessari. Il tetto programmato per l'inflazione, e l'incremento della spesa pubblica, devono evolversi dinamicamente a contatto con la realtà e non possono quindi seguire una fredda logica burocratica che potrebbe provocare guasti ancora maggiori di quelli prodotti dalla stessa inflazione.

I Comuni, si sa, sono naturali istituzioni di frontiera tra i cittadini e lo Stato, e non possono dunque rinviare all'infinito, o delegare ad altri. la risposta ai bisogni più immediati ed elesegue in ultima

Il punto Ma vi pare una cosa seria?

Qual'è la massa dei redditi del 1978 denunciata nel 1979 dai milanesi? Come sono andati nel 1978 le industrie, i commerci, le attività edilizie o professionali? A queste domande pensavamo potessero dare una risposta la sessantina di fascicoli, contenenti i tabulati con i nomi dei contribuenti in ordine alfabetico, messi a disposizionew del pubblico nel gennaio scorso nel salone dell'Intendenza di Finanza in via Manin. Ma la risposta non è venuta. Gli elenchi sono infatti redatti in modo da poter soddisfare, al più, qualche curiosità a proposito di questo o quel contribuente, ma non consentono, in alcun modo, una valutazione complessiva dei redditi soggetti a IRPEF e ILOR.

E dire che a compilarli è stato un cervello elettronico! Se chi decide lo avesse soltanto voluto all'opinione pubblica avrebbero potuto essere forniti elenchi in ordine di reddito o suddivisi per categoria, che avrebbero messo i cittadini

nella condizione di conoscere realmente l'andamento della denuncia dei redditi.

Ma evidentemente tale volontà non c'è stata e così sono stasti forniti elenchi da cui non è neppure possibile sapere quanti siano stati, numericamente, i contribuenti che hanno presentato la denuncia ne11979. Una sola cosa è rilevabile: come sempre i redditi imponibili seri sono soltanto quelli dei contribuenti a reddito fuso. Gli altri giocano, come al solito, al ribasso con risultati bizzarri. Così risulta che Bruno ed Arnaldo Vergottini (noti e costosi "acconciatori') hanno denunciato per il '78 redditi imponibili rispettivamente di 7 e di 11 milioni di lire (più o meno quanto un impiegato), che Jannacci coi sui 63 milioni ha superato Leopoldo Pirelli (46 milioni) e che i Rizzoli navigano tra i 10 ed i 30 milioni. Ma vi pare una cosa seria?

La reazione irta Ti.3539458 in
questo numero
1982 L. 400 :1i#: -.10tiaiMfLANÄO36,»468
Anno VI - N. 2 - febbraio
SALTATA

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Egregio Direttore, Mi riferisco all'articolo di Ennio Tacchi "Sono In pericolo le nostre pensioni? apparso sul numero di gennaio.

L'articolista evidenzia con vigore i termini del dibattito tenutosi al Circolo De Amicis, cui anche lo scrivente ha partecipato: il pauroso deficit dell'I.N.P.S. (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) è dovuto essenzialmente al fatto che al pre citato ente vengono accollate d'ufficio pensioni non contributive, concesse cioè ai pensionandi, senza la contropartita di adeguati contributi.

Viene opportunamente citato l'esempio delle centinaia di migliaia di finti invalidi: è però necessario, a proposito di percettori di pensioni non "pagate" ricordare le categorie dei commercianti, che di solito partoriscono denunce fiscali da "terzo mondo", e quelle dei coltivatori diretti, facile camuffamento per troppi parassiti dell'agricoltura, spremitori di contributi ed agevolazioni d'ogni genere, a scapito, "in primis" degli onesti lavoratori della terra.

Si tratta di veri "scippi" alla cassa dei lavoratori, resi possibili dall'indegno atteggiamento di certe forze politiche e dei loro boss mafiosi, che su questa immonda pratica fondano fortune elettorali, non altrimenti spiegabili.

Nel dibattito è stata toccata anche la questione delle pensioni di certi settori del pubblico impiego, concesse a persone ancora giovani dopo una quindicina d'anni di reale servizio e di contribuzioni: l'argomento così esposto va ben precisato, come ho fatto nel dibattito, onde non sembrino i pubblici dipendenti, agli occhi dell'opinione pubblica, beneficiari di un disordine, di cui sono le prime vittime.

Credo sia a tutti noto come lo stipendio dei dipendenti statalit sia nettamente inferiore a quello dei dipendenti privati: un preside di liceo (36 ore settimanali, ferie solo in agosto, selezione a livello di concorso nazionale, lavora anche per 52 sabati all'anno) rimedia a stento quanto guadagna un impiegato di banca alle primissime armi (38 ore settimanali, libero il sabato, cinque settimane di ferie da collocare quando crede).

lI "pieno" della pensione prevede 40 anni di servizio ed al momento del collocamento obbligatorio a riposo (65 anni) non tutti riescono a realizzare una pensione completa. L'assurdità del pensionamento anticipato è oggi grave, perché crea sperequazioni ingiustificabili nei confronti di chi, pensionato a 65 anni, si vede "gratificato" di poche lire rispetto al collega, spesso neanche quarantenne, "uscito" col minimo di 20 anni di servizio, raggiunti grazie al riscatto a 4 o 5 anni di laurea, più cinque in regalo alle donne sposate.

Altre lettere a pagina 4

Va subito detto che la riduzione della pensione,) per il pubblico dipenden-I te che va in pensione anta-I cipata, è tale da scorag-1 giare qualsiasi aspirante, o, meglio, lo sarebbe se là, riduzione riguardasse anche la contingenza, che, nello stipendio del medio pubblico lavoratore, col galoppo dell'inflazione, sta già superando il 50 per cento del suo mensile: ebbene si rivedano queste situazioni almeno dal punto di vista strettamente contabile. Si aboliscano i pensionamenti anticipati non collegati a fatti eccezionali, o comunque la riduzione matematica della pensione anticipata, ottenuta su semplice richiesta dell'interessato, coinvolga anche la contingenza!

Comunque, se dovesse continuare la figura del giovane pensionato, si rimedi ad una ulteriore assurdità: costui, ora, se si dedica ad attività indipendente, si gode la pensione senza decurtazioni, se invece viene assunto da una ditta si vede decurtata la pensione (e questo è giusto) della contingenza.

Il rimedio, come si vede, sarebbe rapido, serio, inattaccabile: non occorre "volontà politica", basta buon senso contabile.

Qualche osservazione anche sulle liquidazioni.

Sino al 1977 i dipendenti privati e delle aziende municipalizzate si vedevano valutare, in sede di liquidazione, anche la contingenza: ciò non è mai avvenuto per i pubblici dipendenti. Si parla ora di referendum per riacquistare detto beneficio: dubito molto che questo giovi al potere reale d'acquisto dei lavoratori, ma sia ben chiaro che allora il provvedimento dovrebbe riguardare tutti i lavoratori, statali e non, e prevedere un'equa soluzione per coloro che sono già in pensione. lo credo in una soluzione pratica in questo senso: lasciare facoltà al pensionando di scegliere tra una pensione più consistente, senza liquidazione (incamerata dalla cassa pensioni), in alternativa ad un trattamento simile all'attuale.

A parità di mansione, parità di trattamento economico per chi, giuridicamente o meno attinge il suo stipendio dalle pubbliche finanze (attualmente due cassieri delle Poste non rimediano il mensile di un cassiere della Banca d'Italia); per i pensionati stretto collegamento (lo prevede del resto l'inapplicata legge 312) tra la loro pensione e la retribuzione del collega pari grado in servizio ed in relazione agli anni di contribuzione.

Disboscare insomma la giungla retributiva e mettere allo scoperto gli sciacalli, politici e sindacali, che vi si aggirano.

A.F.

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Per la difesa dei consumatori Essere oggi conservatori

Egregio direttore, come casalinga le scrivo per esprimerle il mio pieno sostegno alla campagna per la prosecuzione della rubrica televisiva "Di tasca nostra", che ho sempre ritenuto una trasmissione veramente utile, soprattutto per la massaia in quanto la orientava ad attentamente valutare il rapportoprezzo - qualità dei prodotti di più largo consumo. Temo di dover ipotizzare che la trasmissione sia stata sospesa per ben determinate pressioni di chi ha interesse a manipolare il consu matore.

Le vorrei proporre di aprire sul suo giornale una rubrica sostitutiva, sia pur più modesta della precitata, per aiutare a spendere meglio i sudatissimi soldi della spesa, con preciso riferimento ai supermercati ed ai negozi della zona 19.

La redazione dovrebbe sollecitare segnalazioni di massaie per individuare il negozio dove lo stesso prodotto è venduto a prezzo più conveniente e, contem poraneamente, dovrebbe dare qualche consiglio merceologico spicciolo, come quello che mi permetto qui di seguito avanzare per meglio chiarire il suo pensiero. Ricordo, da "Di tasca nostra", che non vi sarebbe alcuna sostanziale differenza fra le varie "acque minerali naturali" in commercio. Ebbene al supermercato di vie Vigilano acquisto un'acqua minerale che costa 65 (sessantacinque) lire in confronto con altre marche che costano da due a cinque volte tanto. Consumatori e commercianti, in caso di opportune osservazioni del genere, potrebbero trovare un conveniente punto di incontro all'insegna di una sana concorrenza e nell'interesse del consumatore. Grata per l'eventuale pubblicazione della presente e per ogni vostra iniziativa in merito saluto distintamente.

Marisa Farina

Pensiamo comunque che qualche cosa potremo

COMMERCIO CARNI — SERVIZIO RISTORANTI via Chiarelli 10 (MERCATO COMUNALEIT3087614

p.za Prealpi (MERCATO COMUNALE1w390633 321655

via-Gran Sasso 5 e 221667

riuscire a fare, specie se avremo un aiuto dai nostri lettori che invitiamo sin d'ora ad inviarci segnalazioni così come ha fatto la signora Farina. A questo punto ci sembra doveroso segnalare che le aziende commerciali che pubblicano la loro pubblicità già praticano prezzi equi nei prodotti da loro venduti. Invitiamo comunque anche loro a segnalarci prodotti particolarmente convenienti, così come invitiamo a farlo anche tutti gli altri commercianti della nostra zona.

Esamino prima di tutto la semantica delle due parole. "Destra" si riferisce alla posizione a destra della Presidenza che presero i deputati non rivoluzionari all'Assemblea francese del 1791. Al contrario "conservatore" ha contenuto politico e vuoi dire "uno che vuole conservare qualcosa". Ma per conservare bisogna possedere non strettamente cose materiali, anche morali (tradizioni, usi, costumi).

Sfatiamo due miti che

la cultura sessantottesca aveva catalogato come fossero delle cattive parole; parole da non ripetere e da non insegnare ai bambini buoni.

Cito una frase di Gobetti: "Un partito conservatore poteva compiere in Italia una funzione moderna, indirettamente liberale, in quanto facesse sentire la dignità del rispetto della legge, l'esigenza di difendere scrupolosamente la sicurezza pubblica e l'efficacia del culto della tradizione per fondere nel paese una coesione morale.

II 22 dicembre 1981 nelle quattro ore pomeridiane, tutti i lavoratori dipendenti da farmacie private si sono astenuti dal lavoro.

E stato il primo sciopero attuato da lavoratori laureati e non laureati a livello nazionale, cosa vuoi dire ciò, che la sopportazione e le continue umiliazioni, cui sono sottoposti i lavoratori da parte padronale, ha creato quella coscienza di classe che prima non esisteva.

Se si pensa che da un anno a questa parte si chiede invano un rinnovo di contratto scaduto il dicembre 1980.

Più volte siamo stati invitati a Roma, anche in sede padronale (la Federfarma), ma ci hanno sempre offeso e deriso, senza mai farci delle controproposte serie ed articolate, su cui confrontarci, eppure a noi sembra che un laureato debba guadagnare di più delle 600.000 o 650.000 mensili, in quanto altri lavoratori percepiscono molto di più senza avere un lavoro così impegnativo.

Noi crediamo e pensiamo sia giusto un congruo aumento salariale che ci permetta di sopravvivere all'attuale costo della vita.

Anche perchè all'interno delle farmacie i prezzi aumentano in continuazione, vedi prezzi dei prodotti da banco, esempio caramelle tosse e gola e prodotti consigliati dai titolari di farmacia dove vi sono margini di guadagno del 50% ed oltre, o dove un etto di olio di mandorle siamo obbligati a pagarlo

L. 6000, senza essere in grado di poterlo sostituire con altro, perchè i titolari si guardano bene da fare da educatori sanitari, ma sono dei bottegai senza scrupoli sulla pelle degli altri, che siamo poi tutti noi.

Vedi tagli ministeriali alla spesa sanitaria, con consecutivo aumento dei ticket che va a penalizzare le classi meno abbienti.

Però nello stesso tempo aumenti decretati dal governo dei farmaci, vedi il 9% con scadenza gennaio 82 ed un ulteriore 6% con aprile. Cosa vuol dire tutto ciò? Che noi paghiamo ed altri, pochi guadagnano i frutti di tutto questo, anche se agli Italiani chiedono sempre più sacrifici.

Noi come lavoratori ci siamo posti il problema di una giusta e adeguata informazione per l'assunzione del farmaco e quindi per una informazione che porti in parte ad una gestione propria del consumo pro capite del farmaco, molte volte, forse troppe, assunto con leggerezza.

E pensiamo anche a una nostra crescita professionale, che permetta una più corretta informazione, ma per tutto ciò abbiamo bisogno di avere lo stipendio che ci spetta e ci permetta di svolgere quel ruolo tanto importante nella vita, sia a livello nazionale ed Europeo come quello di lavorare dietro un banco di farmacia.

Giancarlo Gnutti (Direttivo Regionale F.I.L.-C.A.M.S.-C.G.I.L.)

LABORATORIO di ANALISI MEDICHE LACOMINA... via delle

Ande 5

Ma malauguratamente in Italia questo partito ipotizzato da Gobetti non è mai esistito e difficilmente avrà mai vita. Da noi si fa un bailamme tra conservatori, destra, fascismo senza avere un minimo riguardo per le parole diverse tra loro per significato e per movimenti del tutto differenti a cui hanno dato origine.

In Italia una "Destra" che non sia fascista non esiste. I pochi giornalisti, tra cui Longanesi e Montanelli, che hanno cercato di dar vita a un movimento del genere sono stati schiacciati dalle beghe interne dei singoli partiti, da arrivismi, da personalismi inutili e gretti. È destino, ma forse mai in Italia qualcuno potrà dire di essere di destra e conservatore senza essere tacciato di "fascismo".

Pasquale Grilli Consigliere - liberale al C.d.Z. 19

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( NEGRI CARNI
SPECIALITÀ SALUMI NOSTRANI E POLLERIA milano 19 - pagina 2 febbraio 1982 O o o amilano
A proposito dl pensioni
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3086091 convenzionato SAUB
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Gli anni violenti del primo dopoguerra

La nascita del fascismo crea a Milano uno stato di tensione, che tocca il culmine con l'attentato del Diana

Ottava puntata

Il 1918 si chiuse con una grande fiammata. Nella notte tra il 24 e il 25 dicembre un incendio, che qualcuno disse appiccato apposta, distrusse i grandi magazzini di piazza del Duomo aperti nel 1889 dai fratelli Bocconi sotto l'insegna "Alle Città d'Italia" e rilevati nel 1917 dal senatore Borletti, che li aveva ribattezzati con il nome "La Rinascente" creato apposta (ma che genio!) da D'Annunzio.

Tre mesi più tardi, il 23 marzo 1919, in piazza S. Sepolcro, dove un tempo era il "forum" della Mediolanum romana, in una sala messa a disposizione, non a caso, dall'Allenaza degli Industriali, circa duecento persone, per lo più futuristi ed ex arditi fra cui Marinetti, Roberto Farinacci, Eucardio Momigliano, Cesare Rossi, Achille Funi, Primo Conti e via dicendo (che dal nome della piazza presero poi il nome di "sansepolcristi"), con alla testa quel Mussolini ex socialista passato poi all'interventismo ed all'antipartitismo come prima tappa verso il partito unico (il suo naturalmente), fondarono i "fasci di combattimento", che volevano simboleggiare l'unità degli ex combattenti, cosi come nel 1892 i fasci siciliani avevano simboleggiato l'unità dei braccianti. In realtà si trattava di un movimento con poche idee, ma confuse, che al grido dannunziano "eja, eja!" reclutò lo scontento di piccoli e di grandi, senza guardare troppo per il sottile a chi reclutava: se qualcuno aveva la fedina penale nera poco male, meglio si intonava al colore che il fascismo si era scelto. La sede, o meglio "il covo", come i fascisti stessi lo battezzarono (meta nel ventennio di visite di scolaresche), era in via Paolo da Connobio. Nel cortile rotoli di filo spinato proteggevano l'accesso ad una porta con la scritta "Il Popolo d'Italia" ed alla scala che portava al primo piano dove c'era l'ufficio personale di Mussolini con gagliardetto nero con teschio alla parete, bomba a mano e pugnale sulla scrivania. La cantina era adibita a deposito dei "mezzi di persuasione": fucili novantuno, mitragliatrici, pistole, pugnali, manganelli e bottiglie di olio di ricino.

La distruzione dell'Avanti!

Erano i tempi in cui sugli schermi del cinema ancora muto Francesca Bertini si sdilinguiva fra pelli di giaguaro. Mussolini abitava in un elegante appartamento in Foro Bonaparte, trascorreva le ore libere suonando il violino, mangiando al "restourant", girando in automobile e si guadagnava i soldi che i suoi finanziatori, più o meno occulti, gli elargivano scatenando i suoi squadristi più aggressivi.

Il 16 aprile 1919, quando i fasci avevano soltanto 24 giorni

di vita, un gruppo di fascisti, guidati dal sansepolcrista Ferruccio Vecchi, assaltò la sede del quotidiano socialista "Avanti!", in via San Damiano, devastandola, incendiandola e gettandone i mobili nel naviglio sottostante.

Non fu che l'inizio! L'autunno vide infittirsi gli atti di violenza di nazionalisti e fascisti (per i quali la forza pubblica ed il potere centrale di Roma sembravano chiudere non uno, ma entrambi gli occhi) contro gli operai. La risposta fu uno sciopero generale. A Milano studenti crumiri sostituirono tramvieri e postini e ciò contribuì ad accrescere la tensione. A fine anno la situazione era esplosiva, ma in quello stesso 1919 il movimento operaio era riuscito ad ottenere due importanti vittorie: la riduzione dell'orario di lavoro da 60 a 48 ore settimanali e la conquista da parte del Partito Socialista, nelle elezioni politiche di novembre, di undici seggi in Parlamento, contro i cinque dei liberali. I fascisti, che subito dopo Mussolini avevano messo in lista Arturo Toscanini, cinquantenne musicista tornato dalla guerra con le idee confuse, ottennero soltanto poco più di quattromila voti e nessun deputato.

Nasce la Fiera Campionaria

Il 18 gennaio 1920 al Velodromo Sempione (rudimentale stadio con pista per biciclette) nella prima partita internazionale di calcio dopo la grande guerra l'Italia battè la Francia per 9 a 4. Migliori azzurri in campo De Vecchi, detto "figlio di Dio", e Cevenini III°. A fine gennaio i ferrovieri incrociarono le braccia e Turati incappò in uno spiacevole infortunio politico: diretto a Roma, per impegni parlamentari, salì su un treno guidato da crumiri. La stampa, ovviamente, non gli risparmiò i sarcasmi! Il 22 febbraio scioperarono, per tutto il giorno, i tramvieri; ma dalle rimesse uscirono alcuni tram guidati, con chiaro intento provocatorio, da poliziotti e fascisti armati. La situazione economica si andava sempre più aggravando. Qulache fabbrica cominciava a chiudere. Gli autisti di piazza scioperarono per ottenere una umento del tassametro. Il costo della vita saliva vertiginosamente ed in maggio vennero tesserati i generi alimentari.

Soltanto il mese prima, il 12 aprile 1920, era stata inaugurata sui Bastioni di Porta Venezia, all'insegna dell'ottimismo, la prima Fiera Campionaria.

Ideatori ne erano stati il giornalista Marco Bolaffio ed i commercianti Luigi Bizzozzero e Tommaso Pini, Un arco di legno, ornato di nastri tricolori, introduceva ad un villaggio di baracche di legno (le stesse già usate per i profughi nel 1917) che si stendeva su un'area di 16 mila metri quadrati ospitando 1.233 espositori italiani e stra-

nieri ed i loro prodotti, dal Proton alla Chinina Mignone, dalle calcolatrici Comptometer al solito liquore Strega. Unica nazione rappresentata ufficialmente la Svizzera, con il suo tranquillante ticchettio di orologi, che scandivano il tempo anche nel nuovo ippodromo di San Siro, inaugurato in quello stesso mese, dove "gentiluomini" in cilindro corteggiavano eleganti dame abilissime nel manovrare i loro ombrellini variopinti per proteggersi il viso dai raggi del sole e da sguardi troppo audaci. Ben diversa la folla che il l° maggio 1920, fra uno sventolio di bandiere rosse, partecipò in via Settala alla posa della prima pietra della nuova sede dell'Avanti!

Bandiere rosse sulle ciminiere

Il 6 giugno successivo Gaetano Belloni vinse l'ottavo giro d'Italia accolto al Trotter da una folla entusiasta; ma la settimana dopo la truppa venne inviata in stazione per uno sciopero dei ferrovieri. In una manifestazione in via Dante vi furono sette morti. Il 23 giugno la Questura vietò un comizio anarchico, che però venne tenuto ugualmente. Vi furono dei tafferugli. Al rondò di Loreto un carabiniere venne linciato. In piazza Missori monarchici ed anarchici si scambiarono botte da orbi. Al caffè Cova, in piazza della Scala all'angolo con via Manzoni, un ufficiale rimase ucciso dallo scoppio di una bomba a mano lanciata da un'auto in corsa.

La strategia della tensione era ormai in atto. Non passava giorno senza un assalto ad una cooperativa, la devastazione di un circolo operaio od altre violenze fasciste. E gli industriali gettarono olio sul fuoco! Prendendo a pretesto le rivendicazioni dei metalmeccanici, che erano gli operai con più basso salario, decisero la serrata. Convocata in Municipio la delegazione operaia venne sfidata dall'avvocato Rotigliano, rappresentante degli imprenditori, con queste parole: "Gli industriali sono contrari alla concessione di qualsiasi miglioramento. Da quando è finita la guerra hanno continuato a calare i pantaloni. Ora basta! E cominciamo da voi!"

Il lunedì 31 agosto 1920 i lavoratori della Romeo trovarono i cancelli sbarrati. I sindacati reagirono con l'occupazione di trecento officine meccaniche. Picchetti in tuta presidiavano i muri di cinta armati di moschetti, qualche revolver e persino vecchie alabarde. Sul Corriere si poteva leggere: "L'aspetto esterno degli stabilimenti presentava ieri una caratteristica tutta speciale. Ci si arrivava attraverso frotte di donne e bambini i quali ritornavano dall'aver portato il desinare agli scioperanti ... Qua e là, sul selciato o sull'erba, erano gli avanzi del bivacco diurno".

Ai primi di settembre chi arrivava a Milano era accolto da

uno sventolio di bandiere rosse sulle ciminiere. La sera del 6 si sparse la voce di un intervento dell'esercito per sgomberare le fabbriche con la forza. Le sirene degli stabilimenti lanciarono segnali d'allarme. Il prefetto Lucignoli tracciò un piano di difesa lungo la cerchia dei Navigli e chiese l'intervento delle autoblindo. Nella seconda settimana l'occupazione si estese alla Pirelli, alla Carlo Erba, alle distillerie Campari, alla Birra Italia, alla Hutchinson Gomma. Nelle fabbriche si lavorava e si produceva, ma i prodotti non trovavano acquirenti. Così dopo quindici giorni senza paga, esauriti i generi alimentari nelle cooperative ed i soldi delle collette, si votò per l'armistizio. Per la tregua si pronunciarono 26.571 lavoratori, contro 6.668, che avrebbero voluto continuare la lotta e che tacciarono Turati di "riformista" e di "venduto". Il 4 ottobre, davanti a Giolitti, industriali e sindacati firmarono la pace con un aumento delle paghe di 4 lire al giorno. Ma molti proprietari di aziende e di terre pensaron che bisognava dare una lezione agli operai e decisero di dare un maggior appoggio al fascismo. Una apposita riunione venne tenuta nello studio di Giovan Battista Pirelli, presenti altri industriali fra cui Ettore Conti, Silvio Crespi, Gino Olivetti della Confindustria, per decidere i finanziamenti a Mussolini.

Cala il sipario... ed è la strage

Il 17 ottobre 1920 Errico Malatesta, numero uno degli anarchici, venne arrestato alla stazione al suo arrivo a Milano. Il 4 novembre i nazionalisti convocarono un raduno per il secondo anniversario della vittoria. Tre giorni dopo, il 7 novembre, i socialisti vinsero le elezioni comunali, sia pure con soltanto tremila voti in più del "blocco" dei liberai - fascisti. Milano ebbe così il suo secondo sindaco socialista, Angelo Filippetti, che resterà in carica fino al 1922.

Uno dei primi atti della nuova giunta fu la creazione, nel 1921, dell'Ente Autonomo per il Teatro alla Scala, che da quel momento ebbe un'orchestra ed un coro stabili e norme più rigorose per orchestrali, cantanti e pubblico: niente chiacchere, e nemmeno bisbigli, dal momento in cui si spegnevano le luci, niente "bis", salvo casi eccezionali, per i virtuosi del bel canto e studio approfondito delle parti. La direzione artistica fu affidata a Toscanini e quella del coro a Vittore Veneziani. In quell'anno venne riaperta al pubblico completamente ricostruita, dopo oltre due anni di chiusura, la Rinascente. Il 21 gennaio 1921 nacque a Livorno, da una scissione del Partito Socialista, il Partito Comunista, che raccolse subito consensi nella Milano operaia.

In quei tempi i fasci milanesi, i più numerosi d'Italia, contavano appena seimila iscritti, che

però nel giro di un anno raddoppiarono. Fascisti in fez, camicia nera e gambali, con manganelli. pugnali e pistole, sedevano abitualmente ai tavolini del bar Gersi, a due passi dal "covo", provocando i passanti. Ma la provocazione più grave fu l'attentato del Diana. La sera del 23 marzo 1921 era in scena al teatro del Kursaal Diana, a Porta Venezia, l'operetta "Mazurka bleu" di Franz Lear. Alle 22 e 40 calò il sipario sul secondo atto. Il pubblico applaudì, la compagnia Darclée si affacciò due volte alla ribalta per ringraziare, si accesero le luci ed ecco un boato enorme, un crollar di vetri, un proiettar di legni e di calcinacci sulle prime file di poltrone. Il panico ingiganti la tragedia: 21 morti e decine di feriti. La causa? L'esplosione di 160 cartucce di dinamite contenute in una valigia collocata, o abbandonata, sul Iato esterno del teatro, in via Paolo Mascagni. Si sparse la voce di un piano sovversivo per gettare la città nel caos e i fascisti ne approfittarono: pochi minuti dopo (come mai erano già pronti?) assaltarono le sedi dell'Unione Sindacale, del Circolo Socialista di Porta Venezia e dei giornali "Avanti!", socialista, e "Umanità Nova", anarchico. Fu solo un caso che quella fosse la notte del secondo anniversario della fondazione dei fasci? La polizia, troppo occupatata a cercare i dinamitardi del Diana e di un altro attentato avvenuto nella stessa notte alla Centrale Elettrica Municipale tra anarchici e "sovversivi", sembrò non far molto caso a tale coincidenza. Vennero chiusi in guardina più di duecento "sospetti". Vi fu chi assunse la paternità della bomba, se non proprio della strage, e vennero condannati all'ergastolo Giuseppe Boldrini, Giuseppe Mariani ed Ettore Aguggini. Secondo la versione dei confessi essi volevano colpire i responsabili della lunga detenzione di Malatesta che erano alloggiati all'albergo 'Diana, adiacente al teatro. La strage era quindi da attribuirsi ad un tragico errore. Vero? Falso? Parzialmente vero? Se ne è riparlato a distanza di mezzo secolo, dopo l'eccidio di piazza Fontana, ricordando il solo fatto certo: il vantaggio psicologico che ne trassero i fautori del cosidetto ordine, sempre pronto a trasformarsi in regime.

L'assalto fascista a Palazzo Marino

I "benpensanti", stimolati dalla stampa di destra e di centro, cominciarono a chiedere il ristabilimento dell'ordine "a qualunque costo" per arginare "la sanguinosa ondata rossa". I fascisti non aspettavano altro visto che nella democratica battaglia delle schede non riuscivano a spuntarla. Alle elezioni politiche del 15 maggio 1921 ottennero, in tutto il capoluogo di Milano, cinquantamila voti, contro i 67 mila dei socialisti ed i 4.300 dei comunisti.

Un anno dopo, il 13 maggio 1922, al Velodromo Sempione

si fronteggiarono con la spada in mano, come ai tempi della bella epoque, Mario Missiroli, direttore del Secolo, sfidante, e Benito Mussolini, che aveva violentemente attaccato il primo dalle colonne del Popolo d'Italia. Dopo una quarantina di minuti di scherma lo scontro venne sospeso dai padrini per una leggera ferita ad un braccio di Missiroli. Un'ottima pubblicità per Mussolini, che, sfiduciato, stava addirittura pensando di vendere il giornale e di trasferirsi all'estero.

Il 1° agosto di quello stesso anno venne indetto uno sciopero generale nazionale in difesa delle libertà politiche e sindacali. Era un tentativo dei socialisti di portare il governo di Roma, e non soltanto Palazzo Marino, verso una politica più progressista. I fascisti reagirono alzando barricate davanti alla casa del fascio di via San Marco ed il 3 agosto diedero l'assalto al municipio. Con un camion usato come ariete sfondarono il portone ed invasero il palazzo. Mussolini, impegnato in quei giorni in un'avventura galante a Roma, era irreperibile. Alle undici di sera arrivò dall'Hotel Cavour, dove si trovava (per caso?), Gabriele D'Annunzio, che non si fece molto pregare per parlare dal balcone alla folla che rumoreggiava in piazza della Scala. Il prefetto anziché denunciare gli invasori (adducendo la scusa che secondo il codice penale la violazione di domicilio non contemplava i locali adibiti a ufficio pubblico) sciolse d'autorità l'amministrazione comunale e nominò un commissario prefettizio. I fascisti, incoraggiati da ciò, cominciarono a commettere ogni genere di violenza sotto gli occhi (impassibili o complici?) della Guardia Regia. Responsabile dell'ordine pubblico venne nominato il generale Cattaneo, comandante del Corpo d'armata, ma soltanto la mattina del 7 agosto, quando tutto era ormai finito, uscirono le autoblindo. Mussolini capì che il colpo di stato era ormai maturo. Venne steso un piano insurrezionale; ma i documenti erano troppo scottanti per tenerli in via Paolo da Cannobio, vennero affidati al giornalista Alessandro Chiavolini, che li mise al sicuro nella sua cassettiera della sala stampa di via Santa Maria Segreta. Cosi, mentre qualcuno proponeva. inascoltato, di arrestare Mussolini, le prove del complotto giacevano nel più innocente dei ripostigli!

La sera del 27 ottobre 1922, mentre colonne di fascisti stavano marciando su Roma, Mussolini lasciò la sede del Popolo d'Italia (barricata con bobine di carta e presidiata da una settantina di squadristi monzesi), andò alla stazione in impermeabile e bombetta e salì su un vagone letto per raggiungere la capitale. Là lo aspettava il re, Vittorio Emanuele III°. per nominarlo primo ministro.

(8 - Continua. Le puntate precedenti sono state pubblicate sui numeri 6, 7-8, 9, 10, 11 e 12 del 1981 e sul n. 1 del 1982)

1982
Vettura speciale per accalappiacani "i ciapacan"
febbraio
BREVE STORIA DEI PRIMI ANNI DI AMMINISTRAZIONE COMUNALE

febbraio 1982

Lettere a millano19

Nell'art. di fondo "IL PUNTO" sul tema "Tassare di più chi?" Vi coglie il dubbio che è quasi certezza che ancora una volta si pensi di tassare i lavoratori. Occorre premettere innanzi tutto che tutti siamo lavoratori, solo che ci sono lavoratori di cui si ha la certezza fiscale e altri di cui non si ha questa certezza o meglio, si VUOLE non averla ed è da qui che nascono tutte le incongruenze fiscali in aperto contrasto con l'art. 3 della Costituzione Repubblicana Italiana (se qualcuno ha argomenti per smentirmi lo faccia pure, ma dubito molto).

La Vs. domanda quindi mi è sembrata piuttosto fuori posto anche perchè Vi siete fermati genericamente sulla parola "Lavoratori" senza specificare quali.

E chiaro che a pagare le tasse sino all'ultimo centesimo recepito saranno solo le categorie dei lavoratori dipendenti o che comunque si sappia con certezza il totale delle entrate da fiscalizzare. Tutte le altre categorie che non nomino perchè tutti ne conosciamo l'esistenza ormai e non voglio del resto far venire il vomito a nessuno anche perchè sono quelle categorie che ingrossano il cosidetto terrorismo fiscale, continueranno a pagare le tasse sempre e solo come hanno fatto sino adesso perchè appunto manca il meccanismo o metodologia fiscale atta a scoprire codesta certezza. Il solo meccanismo atto a ciò è il controllo incrociato del passaggio di denaro e sino a quando non si attuerà codesto controllo, tutti i discorsi in proposito, sono discorsi inutili e buoni solo a riempire la bocca degli appartenenti al potere delle classi dirigenti.

L'ex ministro Reviglio aveva troppo lentamente imboccata la strada giusta e quindi l'hanno estromesso subito appena se ne sono accorti, rimandandolo donde era venuto, che la strada del controllo incrociato avrebbe incluso, prima o poi, tutti i cittadini, comprese anche le forze arroganti del potere.

A l'ex ministro Reviglio avevo inviato a suo tempo diverse lettere su codesto argomento e di questo ne parlai anche con il suo segretario particolare Meomartini a Milano preannunciandogli che se non avessero accelerato i tempi le forze arroganti del potere l'avrebbero estromesso: infatti come è avvenuto!

Altra gente ormai intrallazzata col potere continua a girare da un ministero all'altro; Reviglio no! Fu ministro delle finanze e basta! Appena hanno potuto l'hanno rimandato a casa dimenticandolo come se nenanche fosse esistito. Ora timidamente il ministro Formica annuncia le ricevute fiscali per i mobilieri e nell'intervista rilasciata al Telegiornale il giorno 4 Gennaio scorso dichiara apertamente che ci saranno agevolazioni fiscali per chi già paga le tasse e questa non è altro che una esplicita affermazione che chi paga le tasse ha sempre anche pagato in più di quello che effettivamente avrebbe dovuto invece pagare: chiaro, no!

Fin dall'inizio l'ex mini-

stro Reviglio avrebbe dovuto agire e dire: "da domani mattina tutti i Cittadini italiani ogni qualvolta spenderanno del denaro potranno richiedere la fattura o ricevuta fiscale e detrarla dal proprio imponibile.

Sarebbe bastato questo! E non venitemi a dire che ciò non è ancora possibile, altrimenti potrei pensare che siete dall'altra parte della barricata. Sono operazioni codeste che anche un ragazzo/a di terza elementare sarebbe in grado di fare e non occorrerebbero neppure forze immani di Guardie di Finanza, perchè questo è il sistema incrociato e ogni cittadino controllerebbe e garantirebbe la certezza fiscale di ogni altro cittadino perchè conserverebbe registrata sempre la documentazione della spesa e di conseguenza la documentazione degli incassi di ogni altro individuo cioè appunto il controllo incrociato.

Senza dover scendere nei particolari, particolari che sarò ben lieto di chiarire se qualcuno vorrà, come spero, affinchè si riesca a smuovere dall'apatia tutti quei Cittadini seri e onesti (altrimenti dovrei concludere ancora una volta che ci meritiamo codesta imposizione fiscale) aggiungerei che basta poco per capire che non potrebbe più neppure circolare denaro nero e molte cose si risolverebbero da sè o per lo meno essere in breve risanate.

Anche il segreto bancario che si dovrebbe invece chiamare occultamento bancario, a che serve se non a coprire tutti i denari sporchi o comunque guadagnati disonestamente!

A che serve il segreto bancario alle persone oneste e di cui si conosce la certezza fiscale!?

Quindi, per non farla troppo lunga, io attraverso le pagine del giornale di zona MILANO 19, comunico di essere convinto che il sistema tributario italiano attualmente ancora in atto, è in aperto contrasto e smentitemi se ne siete capaci, con gli articoli 3 (tre) 36 (trentasei) e 53 (cinquantatre) della Costituzione e se ogni Cittadino prendesse atto dei suoi diritti - doveri costituzionali in Italia si andrebbe sicuramente meglio, invece la gran maggioranza è solo gregge inconsapevolmente alla sudditanza delle forze arroganti del potere. Quei pochi che hanno il coraggio delle loro opinioni passano inosservati come ha dichiarato il Dott. Mezza che ha rinunciato all'onorificenza di cavaliere della Repubblica avuta nel

1968: Oggi c'è libertà di parola, certo, possiamo gridare e nessuno ci artesta,,ma neppure ci ascolta. E una begga.

Vi ho scritto nell'intento anche di aiutarVi a far diventare sempre migliore e interessante "MILANO 19" come appunto scrivete nella lettera "Al LETTORI" nel numero di Gennaio.

Vi ringrazio dell'ospitalità e, a disposizione per ogni Vs. richiesta di chiarimenti, invio i miei migliori saluti.

Gianbattista Consonni

P.S. Meglio ancora sarebbe che questo provochi la critica dei cittadini del quartiere.

Per una soluzione unitaria del problemi

Caro Direttore, con rammarico dobbiamo segnalare come questa volta Milano 19 (anno VI - n. 1), abbia usato il "metodo RAI" che consiste nell'intervistare esponenti della maggioranza che rispondono all'opposizione, senza che vengano mai sentiti gli argomenti dell'opposizione. Infatti sull'ultimo numero di Milano 19 compare una risposta — nota bene a firma PCI - PSI zona 19 — al volantino ACLI sul problema del terziario al Sant'Elia, senza che di quel volantino e del suo contenuto ne sia stata data a tempo debito la relativa informazione. Per favore non ci si venga a dire che il volantino era troppo noto! Comunque alle nostre ragioni nulla abbiamo da aggiungere, se non che esse sono state condivise in tutto o in parte anche da esponenti della maggioranza del Consiglio di Zona.

Certo che a leggere quella risposta ci vien solo da chiosare come mai qualcuno, una volta criticato, si senta o si identifichi, con il "tutto e tutti".

Infine, pur condividendo quanto scrive il sig. Frontini in un altro articolo circa la latitanza dello IACP a tutti i livelli, ci sembra riduttivo voler attribuire allo stesso "tutti" i mali che affliggono la zona. I

guai ed i mali che affliggono il nostro quartiere sono cosi tanti e gravi che è opportuno non farne qui un inventario. Ma il trasporto ci fa scappar di penna solo qualche esempio: casa albergo, droga, vigilanza pubblica, incidenti stradali ... e poi abbiamo avuto la neve di serie C lungo certci sentieri (fra p.zza Bonola e Via Falk - Cilea, attorno al mercato Chiarelli, e altri ancora) che nonostante il loro unico — quanto spontaneo — sistema di collegamento, in quei giorni sono diventati assolutamente impraticabili. Forse qui la neve, coerentemente, non è mai stata spalata non solo perchè quei passaggi sono mai stati sistemati, ma anche perchè sono frequentati da abitanti ritenuiti di serie C. Tutta colpa dell'I.A.C.P.? Noi sinceramente non lo crediamo. Comunque restiamo, come sempre, pronti a dare il nostro contributo al dibattito ed alla soluzione unitaria dei problemi, ma — come sempre — sforzandoci di dire le nostre ragioni senza che nessun "equilibrio" o "ideologismo" ci impedisca di affermare tutto ciò che, a ragion veduta, ci pare opportuno per la collettività.

Circolo ACLI "Gallaratese"

Due anni fa, di questi tempi, veniva inaugurata, contemporaneamente al prolungamento della MM al San Leonardo, la Casa - Alberto per studenti lavoratori.

Non voglio qui riaprire vecchie polemiche sorte all'inizio dei lavori (ne parlarono i giornali all'epoca compreso Milano 19) se era meglio costruirla cinquanta metri più in là o in qua anche se i sostenitori dello spostamento in altra sede non avessero poi tutti i torti, vista la strozzatura creata in via Borsa.

Ma è su come si spende il denaro pubblico che io non ci sto. Questa Casa - Albergo quando fu progettata serviva per lo scopo cui era destinata? E se sì, come mai ancora non è funzionante? È forse venuto a mancare il fruitore? E se così fosse perchè non tentare altre strade?

Non voglio qui usare i

soliti slogan triti e ritriti modo nuovo di governare, città a misura d'uomo, governare con la gente, ecc. per ribaltarne il senso. Ma se è vero, come è vero, che c'è carenza di alloggi, è di questi giorni un'ordinanza del Sindaco per acquisizione di locali sfitti, e allora, cosa ne vogliamo fare di questa Casa - Albergo? lo una proposta l'avrei e ribadisco quanto già pubblicato sul n° 6 del giugno '81 di Milano 19: trasformarla in mini - alloggi per giovani lavoratori che non si possono permettere affitti esosi o posti - letto a prezzi esorbitanti quand'anche riescano a trovarli!

Mi auguro che gli organi preposti si assumano le proprie responsabilità e non diano ulteriori esempi negativi di spreco.

L'altro giorno, discutendo con dei compagni e amici, sulla serietà, sulla volontà e sulle promesse di maggiore impegno di lavoro, più volte affermate ma mai concretizzate dalla Commissione Democratica Decentrata di via Newton, un compagno, proveniente dal lontano sud ha esclamato, con tono ironico "Che ci possiamo fare, sono dei quackquèra quack-querà".

Non conoscendo il senso di questa frase, mi sono informato, accorgendomi che la storia dei quack-quèra quackquerà, oltre che averla studiata a scuola, ci è stata tramandata da uno dei dialetti del nostro mezzogiorno d'Italia. È la storia delle società dei Borboni, dei patrizi meridionali, del clero sermonale, dei venditori di fumo, di tutti coloro che parlavano molto concludendo niente e di tutti i ciarlatani che, con paroloni incomprensibili e irreali, tentavano di abbindolare il popolino incolto ma non stupido che, impossibilitato di fare piazza pulita di quella classe parassitaria, mormorava con un sorriso di disprezzo, "sono dei quack-quèra quackquerà".

Purtroppo i quackquèra quack-querà' oggi, sono piu forti che mai e sono riusciti a inserirsi in tutte le forme che siano, politiche, sindacali, manageriali o amministrative del bene comune, riuscendo ad addomesticare gran parte delle forze democratiche e rivoluzionarie del paese, schiacciandole in una posizione di immobilità completa riportando, di attualità il motto ottocentesco, "Abbiamo fatto l'Italia, ora facciamo gli Italiani".

Ma piaccia o no, questa "quack-querazione" del paese è stata una scelta catastrofica che la scadente classe politica e manageriale ha saputo generare e in modo particolare in questi ultimi anni.

Senza analizzare i vari

quack-quèra quackquerà che si occupano del problema della casa, responsabili dello stato attuale delle cose; (sei milioni di famiglie di lavoratori in attesa di sfratto, senza che esistano le strutture logiche, (come la legge prevede) per dare a loro una sistemazione e con il 90% degli inquilini con il costo totale dell'affitto raddoppiato) ritorniamo al problema iniziale che, pensando a "quella" frase, ha messo in moto queste righe.

La terza zona decentrata di via Newton, viene chiamata "democratica" perchè ha il compito di coordinare, controllare e sistemare quelle migliaia di problematiche che riguardano tutta la zona 19 di Milano, tramite una commissione formata dai rappresentanti dello I.A.C.P., del Comune e dai rappresentanti delle forze Sindacali (Sunia, Sicet, Uil ecc. ecc.).

Diverse volte, le poche riunioni programmate per dare pratica ai vari problemi, una al mese, vanno deserte per mancanza del numero legale dei componenti, nonostante che gli stessi, abbiano più volte richiamato e con toni accesi, ad una maggiore serietà la commissione stessa perchè funzioni nell'interesse dell'utente, tutto viene rinviato al mese successivo con relativo accumulo dei problemi, senza garantire, che al mese successivo, il numero richiesto esista.

Per ora, 21 Gennaio 1982, entriamo nel terzo mese consecutivo di nulla di fatto di incontri.

Poveri Inquilini della zona 19.

I quack-quèra quackquerà sono molti purtroppo oggi, forse hanno una nuova sede di "Gestione Democratica".

Attenzione lavoratori, possiamo ancora riconoscerli ... o ... stiamo diventando tutti deiquackq uèra quack-querà?

Comitato Inquilini San Leonardo

In relazione all'articolo pubblicato da "Milano 19" di gennaio a titolo "Per gli sfrattati e le disdette dei contratti sempre più scottante il problema della casa" desidero precisare quanto segue: il Consiglio di Amministrazione nella seduta del 30.11.1981 ha adottato provvedimenti di prevenzione e di repressione delle occupazioni abusive. Al di là delle inesattezze contenute nell'articolo e frutto di incomplete e superficiali informazioni del redattore, desidero confermare che sono impegnato, come Presidente dell'Istituto, a garantire l'assegnazione degli alloggi popolari disponibili a chi ne ha diritto.

Meraviglia che un foglio "di sinistra" tenga bordone agli occupanti abusivi!

Per dovere di completa informazione verso il pubblico preciso che le iniziative dell'Istituto per la repressione dell'abusivismo sono sempre attuate facendo salvi i principi di umanità.

Invito chi mi legge e chi si occupa professionalmente di informare i cittadini a combattere insieme all'Istituto la battaglia per salvaguardare il diritto deg li onesti.

Cordialmente.

Avv. Paride Accetti

Saremmo prati all'avv. Paride Accetti, presidente dello I. A. C. P. M. (Istituto Autonomo per le case Popolari della Provincia di Milano) se ci precisasse dove, a suo giudizio, avremmo "tenuto bordone" agli occupanti abusivi.

Nell'articolo da lui citato si fa riferimento otto volte alla questione delle occu-

A.C. pazioni abusive, le prime sei; come chiaramente specificato nell'articolo, ripetendo quanto contenuto in un documento congiunto del SICET, del SUNIA e del CUZ San Siro (e poi ribadito nell'assemblea dell'i i dicembre scorso) e precisamente la prima volta per denunciare l'esistenza del problema, la seconda per indicare quali ne sono (a giudizio degli estensori del documento) le cause, la terza per indicare una strategia per impedire le occupazioni abusive, la quarta per evitare che si verifichino sul nascere, la quinta per indicare quali dovrebbero essere gli atteggiamenti che (sempre a giudizio degli estensori del documento) dovrebbero esser tenuti nei confronti di ogni singolo occupante e la sesta per dire che tutte le questioni legate alle decisioni prese sulle occupazioni abusive dovrebbero passare dalle Commissioni decentramento dello I.A.C. P.M. Le altre due volte cui si fa cenno della questione nell'articolo è nel testo integrale, scritto tra virgolette, della mozione approvata dall'assemblea dell'i l dicembre. Non ci sembra, quindi, di aver "tenuto bordone" a chicchessia. Ma vogliamo dire un'altra cosa all'avv. Accetti: quando lo I.A.C.P. M. comincerà realmente ad estromettere dalle sue case quanti (siano essi occupanti abusivi o regolari assegnatari il cui reddito supera oggi, a volte di gran lunga, quello previsto dai bandi di concorso) non hanno diritto all'alloggio popolare, per far posto a chi ne ha invece diritto, ci troverà senz'altro al suo fianco, ci può contare.

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milano 19 - pagina 4
Tasse: sappiamo chi pagherà
Un dramma italiano: la banda dei Quack-quèra Quack-querà
lo non ci sto!
Non abbiamo tenuto bordone ad alcuno

Verso

L'Italtel parla di rilancio (ma con 8.000 in

meno)

Già da quest'anno la direzione propone di mettere tremila lavoratori in mobilità e di invogliare le dimissioni ed i prepensionamenti

L'Italtel (ex Sit-Siemens), gruppo STET a partecipazione statale, industria manufatturiera per la produzione delle apparecchiature per la commutazione telefonica con sede nella nostra zona, in piazza Zavattari a San Siro, si prefigge di arrivare nel 1982-84 al pareggio economico e finanziario; vuole invertire la tendenza che fino ad oggi ha caratterizzato la politica aziendale, politica che puntava solo sul mercato interno fatto dalle sicure commesse della SIP. Punto centrale della politica di rilancio dell'Italtel sono le alleanze con aziende italiane e multinazionali. La Telettra è già un partner della società di telecomunicazioni. Sono in corso trattative con la GTE e con la Ericson. Marisa Bellisario, amministratore delegato dell'Italtel, giovane, niente affatto manager nel modo di gestire e di vestire, ma sicuramente con la grinta e la determinazione dell'uomo d'affari, è un po' la "madrina" di questo piano strategico. Sostiene in tutte le occasioni, pubbliche e non, la fattibilità del programma di sviluppo, che definisce ambizioso, ma realistico. Contemporaneamente ricorda il prezzo che sul piano dell'occupazione occorre pagare, sia per riportare l'azienda a livelli compatibili di efficienza, sia per affrontare le rivoluzionarie trasformazioni tecnologiche che si preannunciano a metà degli an-

ni Ottanta nella telefonia, con l'introduzione dell'elettronica. Si tratta di un prezzo pesante. Nelle fabbriche e negli uffici del gruppo gli organici dovrebbero essere ridotti di almeno 8 mila unità entro 1'85. Attualmente i dipendenti dell'Italtel sono 28 mila. si dovrebbe trattare, secondo l'azienda, di un processo indolore, fatto di incentivazioni alle dimissioni, di prepensionamenti e di trasferimenti all'interno del gruppo STET. Già nel corso dell'ultimo anno il ridimensionamento è stato abbastanza sensibile: le dimissioni volontarie sono calcolate attorno al migliaio di unità, cinquecento circa sono stati i prepensionamenti, qualche centinaio di operai e di tecnici sono passati o stanno per passare alla SIP attraverso importanti e significative misure di mobilità contrattata.

Il grosso dello sfoltimento del personale dovrebbe essere concentrato nei primi mesi di quest'anno. A giorni insomma l'Italtel butterà sul tavolo della trattativa aperta con il sindacato questo scottante problema: tremila lavoratori da mettere in mobilità, invogliati a dare le dimissioni od a prepensionarsi. Anche il piano di risanamento dell'Italtel, dunque, finisce nella strettoia della pura e semplice riduzione degli organici?

Se la vertenza dell'Italtel ponesse soltanto problemi di occu-

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pazione e di difesa dei posti di lavoro che oggi esistono nelle fabbriche del Mezzogiorno come in quelle del Nord forse la partita sarebbe, tutto sommato, "semplice" per le organizzazioni sindacali e per i Consigli di fabbrica. Certo, l'Italtel risente nella composizione degli organici, nell'organizzazione della produzione e del lavoro a tutti i livelli di un passato non certo caratterizzato da scelte di rigore e di efficienza. Marisa Bellisario, che incontriamo nella sede milanese dell'Italtel nell'intervallo tra un aereo e l'altro fra Milano e Roma, usa tutta la sua diplomazia per dipingere l'azienda che ha "ereditato". Parla di una costruzione (anzi di un "building") "che aveva tutte le finestre rivolte all'interno, nel cortile; di un'azienda nata e cresciuta per produrre su licenza e su commesse".

È con questo passato che si spiegano in parte apparati pletorici in punti non strategici dell'azienda, lentezza nelle iniziative, passività, assuefazione proprio nel momento in cui, invece, le novità che si stavano affacciando nel settore delle telecomunicazioni richiedevano tempestività, efficienza, produttività.

Ma, pesanti eredità del passato a parte, l'Italtel oggi deve fare i conti con il suo bilancio in rosso (nel 1981 ha perso più di 200 miliardi di lire, quasi il 50 per cento del fatturato) e, contemporaneamente, con le novità che avanzano. Il piano decennale delle telecomunicazioni predisposto dal Ministero delle Poste diventa, per ammissione esplicita della direzione, il punto di forza per il rilancio dell'azienda. Contemporaneamente l'introduzione dell'elettronica nel nostro come in altri Paesi può costituire un'occasione unica per consolidare e rilanciare l'Italtel anche sui mercati esteri. Questa la filosofia aziendale. Marisa Bellisario parla di "momento favorevole", di mercato "accessibile perchè presenta alcune aperture". L'amministratore delegato mette a disposizione le realizzazioni e i progetti che sono il frutto della ricerca Italtel ("in azienda — dice — c'è un patrimonio tecnico importante, 1.800 progettisti, una forza analoga a quella della Olivetti") per ricercare accordi con aziende estere che le consentano di allargare all'interno la quota di mercato e di "sfondare" anche all'estero. "L'autonomia è possibile — dice ancora la Bellisario — l'autarchia impensabile". È lo stesso amministratore delegato dell'Italtel ad ammettere che "la scommessa oggi è quella di essere presenti in un settore strategico o no". La premessa fondamentale per vincere questa scommessa è il programma accellerato delle telecomunicazioni.

Già qui c'è un primo punto debole del piano strategico Italtel. Il piano predisposto dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, infatti, "promette" dieci milioni di nuove linee in 8/9 anni. Dalle 700 mila linee all'anno installate si dovrebbe passare a 900 mila nel 1982. Queste cifre non sono sufficienti a rispondere al fabbisogno e sono lontanissime dall'impegno nel settore di Paesi a noi vicini,

El canton del barbee Din, don, dan

Ciao. Allora hai sentito Tassan Din?

Se tassen el din num faremm don!

Cosa c'entra il don?

Va ben. Allora faremm dan, se te preferisset.

Ma qui non c'entrano ne din, ne don, ne dan!

Allora Coss'è che t'ee dit?

Ho detto Tassan Din con la Ti e la Di maiuscole.

Sarann di tass pussee fort.

come la Francia. Sono almeno utili a "sostenere" lo sforzo di risanamento dell'Italtel? Saranno effettivamente realizzate e che ruolo avranno nella gestione e nella realizzazione del piano la STET e la SIP? Una cosa è certa: mentre il sindacato chiede che si crei una effettiva barriera tra l'attività finanziaria (STET) e le aziende manifatturiere, sarà ancora l'ineffabile piduista Principe, presidente della STET, a dire l'ultima parola proposito degli accordi internazionali che l'Italtel sta per concludere, nonchè sull'assetto definitivo del settore.

Il secondo terreno di intervento del sindacato riguarda le ripercussioni nelle fabbriche dell'introduzione dei nuovi processi tecnologici. Il passaggio dall'elettromeccanica all'elettronica nella commutazione telefonica significa una "rivoluzione" nel modo di produrre, nei carichi di lavoro, nell'inquadramento professionale. Le ore di produzione diretta calano in media del 60 per cento, mentre aumentano, ma non certo proporzionalmente, le attività di collaudo e di controllo. C'è dunque un processo profondo di trasformazione che deve essere controllato e governato.

Ecco allora che siamo di nuovo davanti ad un intreccio di problemi aziendali ed extraaziendali. Il risanamento dell'Italtel non è possibile se non ci sono scelte coerenti di politica industriale (con la conseguente "riforma" istituzionale delle strutture che questa politica industriale deve poi tradurre in atti pratici); ma anche una questione apparentemente aziendale come la trasformazione dell'organizzazione del lavoro per l'introduzione di avanzate tecnologie richiede strumenti moderni per il controllo del mercato del lavoro. Certo, in fabbrica il sindacato avrà il suo da fare, dovrà preparare il consiglio dei delegati e gestire operazioni complesse. All'Italtel si sono già stipulati accordi interessanti sulla mobilità con la SIP, per l'introduzione contrattata del part - time, si và verso una riduzione dell'orario; occorrerà getire anche in modo diverso la cassa integrazione, utilizzandola, ad esempio, per la formazione professionale. Ma occorrerà battersi perchè anche "fuori" dalla fabbrica cambino le regole del gioco. Come gestire, infatti, la mobilità se ancora oggi esistono barriere fra l'impiego privato e quello pubblico, dove (per esempio nelle poste) gli operai Italtel potrebbero essere utilmente impiegati? Come avviare processi così massicci di riqualificazione professionale e di mobilità sul territorio con le vecchie leggi sul collocamento e le poche risorse per riconvertire anche la professionalità della mano d'opera?

No! È il direttore della Rizzoli.

Hoo capii! L'è on perucchee de donna!

Cosa c'entra adesso il parrucchiere da donna?

T'ee dit che l'è el direttor di rizzolitt.

Non ho detto riccioli! Ho detto Rizzoli, l'editore del Corriere.

Ah! ... Quell della pi duu...

Beh! ... Diciamo quello che figura negli elenchi della P 2.

Va ben ... Disemegh inscì se te voeut ... E allora?

Allora sai che sulla P 2 c'è una commissione parlamentare di inchiesta ...

Sì ... Me par d'avell sentii dì...

Bene, questa commissione ha interrogato anche Tassan Din.

Ma no!

Ma sì!

E lù coss'è che l'ha dit?

Che non sapeva di essere iscritto alla P 2.

Ma ... Te set sicur che l'eva iscritt?

Beh! Il suo nome figura negli elenchi!

Magara ghe l'avarann mettuu denter de sfros, senza che lù le savess...

Ma se risulta che ha anche pagato!

Magara el gh'ha daa i danee al Gelli inscì ... per fagh on piasè ... o per fagh la caritaa...

In effetti ha detto che credeva di averli dati all'Opera di San Vincenzo.

Te vedet?

Ma qui l'Opera di San Vincenzo non c'entra per niente.

Va ben... EI se sarà sconfonduu cont ('alter San Vincenz.

Quale altro?

Quell dove i sciori vann a giogà.

Saint Vincent, vuoi dire?

Appunto. Te vedet, magara lù el conoss domà quell lì e pocch alter sant, San Remo, San Maurizi...

Vorrai dire Saint Moritz?

Fà l'istess. Insomma se dovarev fagh conoss on guai alter sant!

Ad esempio?

San Vittor, tanta per comincià!

Intendi il carcere?

Si, quell. Inscì I'impararev a toeu minga per el cuu la gent.

In che senso?

Cont la storia de San Vincenz!sTe vedet...

Cosa?

Se quella storia invece che on scior come lù l'avess contada sù on pover crist come mi te set cossa ghe fasevenn?

Cosa?

EI sbattevenn denter dritt drittent!

Dici?

Certo! E te disi anca che se cominciassenn a fà I'istess anca conti sciori sarev el dì che podarevem fà sul seri din, don, dan.

E perchè dovremmo fare din, don, dan?...

Perchè el sarev el dì che tucc sarevenn verament uguai davanti alla giustizia. Te par minga ona bona occasion per sonà i campann a festa? Ciao, te saludi! el barbee

una riduzione dei livelli occupazionali
febbraio 1982 pagina 5 - milano 19
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Il ruolo delle zone nello sviluppo della città Verso la Milano degli anni '90

Nell'aprire i lavori del 1982 il presidente del Consiglio di Zona 19 ha illustrato le difficoltà che il decentramento deve superare ed indicato alcune prospettive per il futuro

Nel riaprire i lavori, dopo la pausa di fine d'anno, del Consiglio di Zona 19 il suo presidente Danilo Pasquini ha letto una relazione con cui ha tracciato un consuntivo dell'attività del consiglio stesso nello scorso anno ed indicato le prospettive per il futuro.

Il 1981, come tutti ben sanno, è stato caratterizzato da una difficile situazione politica sia nazionale, sia internazionale, dall'aggravarsi della crisi economica, non solo in Italia, da guerre, sia pure in aree circoscritte, invasioni, violenze, da una nuova divisione internazionale delle risorse e del lavoro che si sta determinando e che ha contribuito a determinare la caduta della capacità produttiva di un paese come il nostro, dipendente dall'estero per tutte le materie prime.

Sul piano interno è mancata la volontà di fare pulizia di sovrastrutture e di parassitismi e, almeno fino ad ora, una risposta alla pressante domanda di libertà, pulizia e giustizia sociale.

In tale quadro hanno dovuto operare gli Enti locali e tra essi i Consigli di circoscrizione. È stato un anno, ha detto Pasquini, pieno di difficoltà, che si sono fatte sempre più pesanti dopo l'approvazione nell'aprile 1981 della legge finanziaria dello Stato. Infatti, ha aggiunto, "ancora una volta il governo non ha saputo, nè voluto varare quella- riforma importante per il nostro ordinamento istituzionale che è rappresentata dall'ordinamento e dalla finanza degli Enti locali". Con la legge finanziaria del 1981 "il governo ha operato in particolare tagli alle possibilità di spesa dei comuni, delle province, delle regioni individuando implicitamente in essi le cause del disastro economico nazionale e solo nei tagli delle loro spese il drastico rimedio".

Questo fatto ha comportato la necessità di revisione dei programmi di investimento dei Comuni, e di conseguenza anche nelle Zone, la cui possibilità di erogare servizi ai cittadini è stata di fatto ridotta.

Se si tiene conto dei mutamenti intervenuti negli ultimi anni nella popolazione (aumento della popolazione anziana, calo delle nascite, nuova strut-

tura della famiglia, fabbisogno di case a prezzo equo e con tipologia diversa, aumento degli studenti nelle scuole superiori e nelle università e calo nella scuola dell'obbligo, calo complessivo della popolazione) ci si rende conto come spetti agli enti locali, in particolare Comuni e Circoscrizioni, dare risposta ai nuovi problemi della società.

L'alto numero di alloggi vuoti, —ha proseguito Pasquini —e l'alto numero di sfratti sono dati apparentemente contrastanti che hanno origine proprio dalla mutazione della cultura della famiglia e del mercato della casa, bloccato attorno alla compravendita e non più basato sull'affitto. Questi fatti determinano lo sforzo di ulteriori massicci interventi pubblici nel settore della casa, senza però ottenere, a causa di procedure lunghe ed anacronistiche, la soluzione del problema. Il bisogno sempre più esteso di servizi socio - sanitari, la questione della tossicodipendenza, la lotta agli spacciatori di droga, il ricupero ed il reinserimento di chi ne è vittima sono gli odierni problemi della società, di Milano, della Zona 19. Non poter rispondere adeguatamente a questa domanda, ha detto Pasquini, è conseguenza soprattutto dei tagli ai bilanci dei Comuni.

Quello che è stato fatto

Ne hanno avuto discapito i rapporti con la gente, anche se, ha ricordato Pasquini, ogni sforzo possibile è stato fatto per dare spazio alla realizzazione di nuovi servizi: la biblioteca a Trenno, l'asilo nido di via Cechov, i progetti del Centro Sociale di via S. Giusto e per il Centro Scolastico di Figino, il collegamento automobilistico con la Zona 20, il raccordo stradale fra piazza Kennedy e via Sant'Elia, le iniziative culturali promosse autonomamente dal Consiglio di Zona, la programmazione di una serie di servizi socio - sanitari attraverso il riuso di strutture pubbliche, una serie di progetti riguardanti la casa con fmanziamenti del primo e secondo biennio della legge 457 a Figino, a Trenno ed al Gallaratese, il terziario in via Sant'Elia ed il Centro Com-

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merciale del Gallaratese, la cui costruzione è di prossimo inizio. Inoltre si sono fatti passi per la soluzione della questione del ricovero degli autoveicoli al Gallaratese, sono stati avviati i lavori di chiusura dei portici al S. Leonardo ed è prossima la firma della convenzione per la Casa Albergo, che sarà destinata parte a studenti universitari e parte a borsisti ed a frequentatori di corsi di perfezionamento negli atenei milanesi. Malgrado i tagli ai bilanci, ha aggiunto Pasquini, la manutenzione scolastica è tutta in appalto sulla base di scelte prioritarie concordate tra Amministrazione Comunale e Consiglio di Zona. Non solo, ma è stato possibile intervenire tempestivamente alla scuola di via Lovere oggi già per metà recuperata. A breve riprenderanno i lavori del Centro Civico di Zona al Gallaratese. Un prezioso ed interessante lavoro è stato svolto dai Comitati di Gestione del Consultorio di via Albenga, del Centro Comunitario di via Lampugnano e del Centro Sociale di San Siro, mentre non è stato possibile far avanzare la questione dei campi sportivi a causa di una necessaria verifica complessiva della domanda e della ipotesi di progetto già approvata fin dal 1979 dal Consiglio di Zona.

L'esperimento del Bilancio Azzonato

Negli ultimi tre anni — ha continuato Pasquini —i Consigli di Zona hanno sperimentato la programmazione di una parte degli investimenti. L'esperimento, che nelle premesse aveva tutte le caratteristiche di una rivoluzione culturale nell'ambito della finanza pubblica degli enti locali, non ha avuto pieno successo perchè da una parte non è ancora consolidata nè generalizzata negli amministratori pubblici — quindi anche ed in particolare fra i consiglieri di circoscrizione —una cultura di governo e di amministrazione pubblica, dall'altra perchè rimuovere remore, freni, prevenzioni, abitudini, incrostazioni e soprattutto posizioni di potere consolidate nell'apparato burocratico e tecnico dell'amministrazione pubblica è di estrema difficoltà: implica non solo volontà politiche, ma disponibilità a superare schematismi.

Occorre rivedere la struttura della organizzazione comunale, rivedere "in modernità e attualità le procedure", ricomporre il quadro legislativo nazionale in materia di enti locali.

Le prospettive per il futuro

Nell'affrontare la questione delle prospettive di lavoro Pasquini ha detto che è necessario tener presente quello che dovrà essere Milano negli anni '90 "vale a dire cogliere il senso profondo del ruolo che le zone avranno, e già hanno, nella strategia di sviluppo della città".

La Zona 19, ha proseguito, per la sua collocazione geografica, per il suo 20 per cento del verde cittadino, per i servizi di quartiere, cittadini ed interregionali (impianti sportivi di S. Siro)

che la caratterizzano può partecipare "non solo con una disponibilità di territorio, ma soprattutto con intelligenza politica alla costruzione della grande Milano europea".

Ci sono due problemi da affrontare, la riqualificazione del territorio e le risorse. Per queste ultime, ricordato che quelle pubbliche sono ormai ridotte ai minimi termini, Pasquini ha sottolineato la necessità, per realizzare i servizi di quartiere e per completare la riqualificazione del territorio, di arrivare all'uso di risorse ricuperabili dagli interventi privati, programmati e

programmabili, ossia degli oneri derivanti dalle concessioni edilizie e degli oneri di urbanizzazione che per la legge 10/1977 (legge Bucalossi) gli operatori che intendono realizzare opere devono versare alle Casse Comunali.

Questo però significa che il Consiglio di Zona deve predisporre l'elenco delle opere necessarie secondo due ordini di priorità: l'urgenza ed i progetti già predisposti; mentre la Giunta Municipale ed il Consiglio Comunale devono trasformare in deliberazione la politica di utilizzo da parte delle Zone di

tali oneri, per ora annunciata soltanto attraverso determinazioni di massima.

Avviandosi alla conclusione della sua relazione Pasquini ha precisato di ritenere giusto aprire i lavori del Consiglio di Zona per il 1982 dando un respiro poliennale all'attività che il Consiglio stesso andrà ad affrontare, sottolineando come per rendere più efficace la sua azione e le sue decisioni sarà necessario rivedere alcune norme interne di funzionamento ed alcuni aspetti organizzativi.

UN CORSO Dl LEZIONI PER I BAMBINI DELLE ELEMENTARI

Scuola e ambiente

Un programma di educazione ecologica attuato in collaborazione tra il Comune di Milano, il Gruppo Giovani del WWF Lombardia ed il Gruppo didattico "Un bosco per Milano" di Italia Nostra

Come già è avvenuto nell'anno scolastico 80 - 81, anche nel corrente 81 - 82 il Comune di Milano ha richiesto la collaborazione degli esperti del Gruppo Giovani del W W F Lombardia e del Gruppo Didattico "Un bosco per Milano" di Italia Nostra, per lo svolgimento del Programma di Educazione ecologica chiamato "SCUOLA E AMBIENTE" di cui si è occupata anche la stampa quotidiana.

Nel corso delle lezioni vengono esposti ai bambini delle scuole elementari i fondamentali principi dell'ecologia, della conoscenza e del rispetto dell'ambiente naturale o urbano in cui si vive. Durante questi interventi, oltre alle proiezioni di diapositive inerenti ai temi trattati, vengono suggeriti esperimenti

ed attività creative affinchè i bambini possano venir coinvolti nella scoperta delle leggi naturali e ne comprendano l'importanza.

In seguito gli scolari vengono accompagnati in visita nelle zone particolarmente interessanti sotto al profilo naturalistico o dove si può cogliere meglio l'effetto dell'intervenuto umano sull'ambiente naturale e fare raffronti.

Le gite si svolgono nel Parco del Ticino, in quello delle Groane a Nord di Milano, in Valpredino vicino a Bergamo, nelle Oasi W W F di Vanzago e delle Torbiere del Bassone di Albate in provincia di Como. Altre visite sono riservate ai parchi della città, ai musei di storia natu-

rale, agli ambienti che si prestano allo studio del verde, degli animali nei loro rapporti con l'uomo, del cielo, dell'acqua e della sua importanza.

Anche nella nostra Zona alcune Elementari seguono il Programma "SCUOLA AMBIENTE". Nei mesi di novembre e dicembre si sono tenute lezioni nelle Scuole delle Vie Uruguay, Cilea, Alex Visconti, S. Maria Nascente, Paravia, Quarenghi e altre.

Insegnanti ed educatori seguono con sempre maggiore interesse queste iniziative ed il W W F milanese è a disposizione per programmi futuri: informazioni al numero telefonico 66 68 10.

Chiara

mllano 19 - pagina 6 febbraio 1982
G.P.

Nd 1980 p« far fronte al 90% circa della richiesta nazionale di combustibili fossili e a poco più ddr8096 dei fabbisogni energetici globali ai sono dovute importare circa 120 milioni di tonnellate di petrolio grezzo, gas naturale e carbone.

Per questi prodotti i settori di maggior consumo, con circa 22 milioni di tonnellate / anno ciascuno sono:

- autotrazione

- riscaldamento

- generazione del vapore per l'azionamento delle turbine nelle centrali ENEL - generazione di vapore tecnologico e riscaldo di forni nelle industrie con processi a temperature molto elevate.

Tra i paesi industriali l'Italia ha la situazione energetica più critica in quanto:

- con le risorse interne copre solo il 18% del proprio bilancio energetico (1'8,5% con le risorse idroelettriche, il 7,5% col gas naturale, il 2% con le risorse nucleari, geotermiche, carbonifere, etc.)

- non ha sviluppato infrastrutture adeguate all'utilizzo generalizzato del carbone, nei grandi impianti fissi, in particolare nei generatori di vapore per centrali e industrie. Ad esempio le caldaie delle centrali ENEL sono alimentate per l'80% con prodotti petroliferi, mentre quelle degli enti elettrici pubblici e privati russi, americani, tedeschi, inglesi e polacchi, sono alimentate per più del 60% con carbone e lignite - non ha sviluppato i sistemi di Teleriscaldamento (recupero ad usi civili, del calore disperso dall'industria nell'atmosfera e nelle acque superficiali) sistemi in crescente espansione e che già consentono in sinergia con un isolamento adeguato di vecchi e nuovi edifici, in molti paesi a Nord delle Alpi, una riduzione dei consumi di combustibili per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria, compresa tra un quarto e un terzo del fabbisogno globale.

Mentre per la riconversione a carbone dei grandi impianti termici fissi sono a tutti chiari gli scopi (risparmiare i combustibili petroliferi, i più costosi, e riservarne la disponibilità ad usi di autotrazione) e le tecniche (le stesse in uso fino agli anni 50, prima del boom del petrolio), pochi conoscono adeguatamente il teleriscaldamento e tanti ne vorrebbero sapere di più, avendo recentemente appreso dai quotidiani che in Germania Occidentale 472 reti di teleriscaldamento servono, tra l'altro, le 85 città.

Il vice sindaco Quercioli ha ottenuto dalla CEE i finanziamenti per Milano

Teleriscaldamento: un modo per niparnilare petrolio

Basterebbe una sola centrale per riscaldare una zona come la nostra

Da queste premesse e da queste brevi memorie storiche occorre partire oggi per concrete realizzazioni. Se poi vogliamo entrare nel merito di come pensare e immaginare la città si deve tenere conto di quanto di nuovo si è formato nella domanda sociale; dei cambiamenti intervenuti nella suddivisione tradizionale dei gruppi sociali; dell'emergenza che alcuni di essi rappresentano, come per quelli dei giovani o degli anziani; da fenomeni determinati dalle mode o da problemi quali l'emarginazione, la disoccupazione, la droga, che nelle grandi metropoli trovano corpo, vita, a volte addirittura assumono aspetti di ideologia. La questione oggi si presenta problematicamente. B modo di vivere la città pone in crisi storica il modo capitalistico di pensarla e costruirla. Nè valogno surrogati consumistici e riqualificarla o a salvarla. La crisi della grande città, della metropoli, di quella del capitale in particolare non è solo urbanistica; è globale. Se pensiamo ad esempio alla mancata attuazione della RIFORMA SANITARIA in Lombardia o ai ritardi nella attuazione delle leggi contro l'inquinamento, non è possibile non porci la domanda se quando noi pensiamo, proponiamo, disegnamo, costruiamo la città o una sua parte, non sia possibile ad esempio prevenire il formarsi di morbilità tipiche della metropoli, o perlomeno concorrere alla loro prevenzione. Il capitale questo problema non se lo è mai posto.

È questa l'operazione di cui ci siamo fatti carico —anche se osteggiata dai sostenitori del Metrocubo di cemento costruito ad oltranza —e che noi operammo quando fu proposto il piano delle salvaguardie per la nostra città (1976 - 77).

Venne introdotto allora il primo elemento della programmazione del territorio, e l'elemento che si saldava perfettamente con le questioni di igiene arn-

TABELLA "A"

Milioni di Kilocalorie /ora prodotti dalla combustione convertiti in 320.000 kWh di energia elettrica dissipati per perdite meccaniche e di caldaia (fumi e incombusti) del vapore esausto, dissipati nel condensatore

TABELLA "B"

Milioni di Kilocalorie/ ora prodotti dalla combustione convertiti in 303.200 kWh di energia elettrica dissipati per perdite meccaniche e di caldaia (fumi e incombusti) recuperato dal vapore per teleriscaldamento del vapore esausto, dissipati nel condensatore

TABELLA "C"

Milioni di Kilocalorie /ora prodotti dalla combustione convertiti in 220.000 kWh dissipati per perdite meccaniche e di caldaia del vapore esausto, dissipati nel condensatore recuperati per uso di teleriscaldamento

bientale, ormai giunta in quegli anni ad una soglia limite.

Così va interpretata la lotta fatta dalle zone periferiche e recepita poi nella variante al PRG del 1976, contro una espansione inconsueta della città; per porre a verde ampi spazi di territorio cittadino, fino a formare quasi una cintura tra città e hinterland, un filtro "sanitario", ma non culturale; una occasione attorno la quale non era più la città edificata il raccordo tra comuni diversi, ma parchi e verde agricolo, con quanto essi rappresentano come luoghi di aggregazione, cultura, svago, riposo, sport, vivere insieme.

Si può perciò concludere che una moderna unità da 320 MW, elettrici, se destinata, come in Italia, esclusivamente a produrre energia elettrica, ha, nelle migliori condizioni di funzionamento, il seguente bilancio energetico (vedi tabella A).

A quanto ammonta il risparmio reale?

Se dalle turbine della centrale si spilla il vapore esausto a 1,3 anzichè 0,03 Atmosfere, con un contenuto residuo di calore di 565 anzichè 550 Kilocalorie per Kg, e si inserisce a monte del condensatore uno scambiatore, che riscalda da 50 a 90 gradi circa, l'acqua di ritorno di un impianto di riscaldamento centralizzato di un quartiere attiguo alla centrale, il bilancio energetico della centrale diventa (vedi tabella B)

La situazione suesposta è quella che ha caratterizzato i primi impianti di teleriscaldamento, nati in Germania negli anni 30 ed è tuttora congeniale a quelle cittadine industriali, che hanno una centrale termoelettrica nel territorio comunale, attiguo all'abitato. Non a caso per Chivasso si pensa di realizzare questo tipo di soluzione, che non richiede particolari modifiche per la centrale. La distribuzione dell'acqua calda è realizzata in primis con una condotta di mandata dalla centrale in cunicolo con diametro esterno da 508 a 660,4 mm e lungo al più 2 km. Nell'abit ato tale condotta si dirama in una rete stradale di condotte con diametro da 101,6 a 355,6 mm, interrate e coibentate. Le estremità di tali condotte raggiungono nei singoli fabbricati il locale caldaia, ove alla caldaia per riscaldamento è sostituito o affiancato uno scambiatore di calore, attraverso il quale viene trasmesso il calore all'acqua che circola nei radiatori dei singoli locali.

La rete di distribuzione suddetta è tutta a doppio tubo, cioè i tubi di ritorno affiancano i tubi di mandate e riportano in centrale l'acqua già sfruttata.

Poichè con una rete di distribuzione, costruita a regola d'arte, nel caso più sfavorevole si perde il 15% del calore, 85 dei 100 miwioni di Kilocalorie / ora prelevati sono utilizzati come calore erogato nei locali da scaldare.

In questa configurazione il rendimento della centrale è dato dal rapporto della somma delle calorie utilizzate (260 milioni convertite in energia elettrica più 85 milioni utilizzate per riscaldamento) rispetto a quelle globali prodotte nello stesso tempo (745 milioni / ora) e risulta del 46% circa, cioè di quasi 10 punti più elevato di quello che si registra quando la centrale è utilizzata esclusivamente per produrre energia elettrica.

Con 85 milioni di Kilocalorie / ora si possono riscaldare circa 15.000 appartamenti medi nei giorni più freddi dell'anno. Per quanto riguarda il consumo di olio combustibile, bisogna bruciarne in un altra centrale 4 tonnellate / ora, per sopperire alla riduzione di produzione di elet-

tricità di 16.800 kW / h. Come contropartita però si risparmiano 12 tonn / ora che bruciate nelle caldaie degli impianti di riscaldamento dei condominii producono circa 115 milioni di Kilocalorie / ora, di cui 85 utilizzabili, data la resa leggermente inferiore al 75% di tali caldaie. Il risparmio netto di 8 tonn / ora (12 meno 4) di olio combustibile vale il 10% circa, se riferito alle 77 tonnellateora di consumo della centrale, e vale 4 milioni di lire all'ora per gli utenti del teleriscaldamento che, per prescrizioni antinquinamento, devono usare un combustibile più pregiato, il gasolio, che ha un prezzo superiore alle 500 L / Kg.

fabbisogno

di una città come Milano

Per teleriscaldare una grande città come Milano, da cui le centrali termoelettriche distano di solito da 20 a 40 km, bisogna far fronte alle seguenti ulteriori esigenze:

- immettere, per compensare le maggiori perdite di trasporto, nella condotta principale di mandata, in cunicolo, acqua più calda, surriscaldata ad almeno 120° gradi, e pressata durante il trasporto ad almeno 15 atmosfere;

- recuperare dal vapore esausto di turbina quantità di calore più ingenti, adeguate alle esigenze di un'utenza più vasta. Tale scopo viene raggiunto inserendo tra lo stadio di media e bassa pressione di turbina, uno scambiatore, che utilizza per scaldare l'acqua del circuito di teleriscaldamento, la maggior parte del vapore a più di 7 Ate.

150°C e 650 Kilocalorie per Kg, che esce dallo stadio di media pressione. In tali condizioni il bilancio energetico della centrale da 320 MW diventa indicativamente (vedi tabella C).

Il rendimento della centrale è dato dal rapporto tra la somma d elle calorie utilizzate (220 milioni convertite in energia elettrica più 0,85 x 380 = 323 milioni utilizzate per teleriscaldamento) rispetto a quelle globali prodotte nello stesso tempo (745 milioni / ora) e risulta del 73% circa.

Il risparmio netto di combustibile è in base a considerazioni identiche a quelle già esposte per l'esempio precedente di 4442 = 20 tonn / ora.

Verifichiamo ora quante unità da 320 MW, bisogna utilizzare per riscaldare una città come Milano con 1.700.000 re-

sidenti per ognuno dei quali occorre riscaldare 140 m' vuoto per pieno, pari a ca. 37 m' netti, per uso abitativo, più altri 60 m' ca. per locali pubblici e di lavoro.

Per riscaldare, nel giorno più freddo i 200 m3 per residente, occorrono circa 4000 Kilocalorie / ora (20 per m3). Pertanto le calorie per teleriscaldamento, recuperate da una centrale (323 milioni per ora) possono soddisfare in condizioni di punta le esigenze di un quartiere di 8 0.000 abitanti, cioè mediamente una delle 20 zone amministrative in cui è divisa Milano. Se però si tiene conto che nei 60 giorni più freddi, dal 10 dicembre al 10 febbraio si consuma in un condominio circa il 50% del combustibile utilizzato nell'intera stagione di riscaldamento di 180 giorni e che mediamente in quei giorni il fabbisogno di calore è di circa l'80% rispetto al giorno più freddo in assoluto, si può dedurre che, con modeste integrazioni nelle pochissime ore dell'anno più fredde, col calore recuperato da una centrale da 320 MW, si possono servire ca. 120.000 abitanti.

Accertata la convenienza del sistema di teleriscaldamento, gli ostacoli più rilevanti per applicarlo a Milano sono il costo dell'investimento da 2000 a 2500 miliardi, di cui il 25% circa relativo ai tubi e i tempi tecnici piuttosto lunghi, più di 5 anni.

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pagina 7 - milano 19
febbraio 1982

Un milione di firme per la difesa dell'Equo Canone

Le sta raccogliendo il SUNIA per arginare gli sfratti e per dare una risposta positiva a chi è in cerca di una casa

Molti cittadini hanno conosciuto il SUNIA in occasione delle numerose iniziative promosse per presentare al Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare per la modifica dell'Equo Canone o in occasione delle altrettante numerose manifestazioni promosse per ottenere la soluzione del problema degli sfratti.

Ma, per sapere qualcosa di più su questa organizzazione degli inquilini, è necessario andare, un giorno qualsiasi, in una delle sedi di consulenza del Sindacato, mentre decine e decine di inquilini chiedono —ed ottengono da consulenti e da avvoca-

ti —informazioni sull'Equo Canone e sull'Istat, sulla ripartizione delle spese di condominio, sul modo di difendersi dallo sfratto. Oppure, è necessario assistere ad una delle riunioni di caseggiato che il SUNIA e i Comitati inquilini promuovono per discutere, sulla base dell'accordo recentemente sottoscritto con le organizzazioni della proprietà, come spendere meno per il riscaldamento e quali mezzi adottare per il risparmio energetico. O, ancora, in una delle assemblee convocate nei quartieri di edilizia pubblica per spiegare l'accordo raggiunto con l'IACPM sulla questione del ri-

scaldamento, i vantaggi economici che esso prevede, le prospettive che apre per un controllo sempre più incisivo sui costi di questo servizio essenziale.

Il SUNIA è ciascuna di queste cose e tutte queste cose insieme; è, insomma, una organizzazione che non lascia mai soli gli inquilini, nella gestione dei piccoli e grandi problemi che il rapporto di locazione comporta, così come nella iniziativa per migliorare le leggi esistenti.

Eppure, al SUNIA tutto questo non basta ancora, perchè sono tuttora aperti anche altri fondamentali capitoli del problema della casa: decine di migliaia di famiglie che hanno fatto domanda per una casa popolare o per un alloggio in cooperativa; decine di migliaia di giovani che cercano una casa in affitto; centinaia di migliaia di piccoli commercianti e artigiani per i quali non vale la legge d'Equo Canone e che spesso sono costretti a scegliere tra la disdet-

ta del contratto e aumenti salatissimi dei canoni. Per tutto ciò, l'obiettivo centrale del SUNIA per il 1982 rimane la raccolta di un milione di firme in calce alla petizione popolare per la riforma della casa che richiede al Parlamento la modifica dell'Equo Canone (rinnovo dei contratti fmo al 1986, raffreddamento dell'indicizzazione ISTAT, poteri ai comuni per mettere in locazione gli alloggi sfitti), la graduatoria degli sfratti, il rifmanziamento del Piano Decennale per costruire più case, la riforma degli IACP. E, insieme a questo obiettivo politico, il SUNIA vuole affrontare in modo nuovo il problema della consulenza, per renderla più qualificata e per evitare perdite di tempo inutili. Da quest'anno, il SUNIA attuerà a Milano un reale decentramento della consulenza nelle zone sindacali, anche in turni diurni, dal quale deriverà una maggiore vicinanza dei cittadini alle sedi e, se possibile, l'attuazione della

consulenza (anche tecnica e legale) per appuntamento. Nello stesso tempo, si punterà a ridurre sensibilmente i tempi per la predisposizione dei conteggi, attraverso il ritiro, la contabilizzazione a parte e la successiva consegna della documentazione. Un altro obiettivo ambizioso è l'introduzione del calcolatore elettronico per lo svolgimento e l'archiviazione delle pratiche.

Costruiamoci noi la nostra casa

Su questo, è ancora aperta la discussione, ma nessun sforzo verrà tralasciato per arrivarci. (A quanti volessero rivolgersi al SUNIA per informazioni od altro ricordiamo che esso è presente nella nostra zona, sia pure per il momento con orari limitati, in piazzale Segesta, in via Uruguay 11 2 ed in via Appennini 101 C).

Facciamo la cooperativa edificatrice "Milano 19"

Potrebbe contribuire a mantenere alla nostra zona la sua fisionomia ed a svolgere un'azione calmieratrice sul mercato della casa

Gli ultimi dieci anni, secondo i primi dati dell'ultimo censimento, hanno visto a Milano l'evolversi di alcuni fenomeni interessanti e significativi.

Innanzitutto la diminuzione di oltre il 6 per cento della popolazione della città (il che fa più di 100.000 abitanti in meno), compensata da un aumento del 10 per cento della popolazione nei comuni dell'hinterland.

Questo dato sta, già da solo, a dimostrare un processo di espulsione di notevoli fasce di abitanti dalla città.

Se poi andiamo ad analizzare altri dati vediamo che: aumenta il numero delle famiglie in provincia mentre a Milano aumenta il numero di "famiglie" formate da una sola persona, aumenta l'età media della popolazione in città e diminuisce quella nei comuni circonvicini; ciò significa che il processo di espulsione interessa più marcatamente i giovani, le giovani coppie, gli elementi generalmente più produttivi, mentre la città si trasforma lentamente in un luogo di residenza per pensionati o quasi. La causa di quanto sopra è facilmente individuata: è il problema della casa, i giovani non riescono a trovare casa in Milano e sono costretti ad uscire dalla città. Ciò è in palese contraddizione con il fatto, ormai risaputo, che a Milano vi sono almeno 40.000 appartamenti sfitti o invenduti, è quindi evidente che il problema è in effetti un problema di costi, generalmente troppo elevati in città e non sopportabili da famiglie giovani a reddito medio. Stando così le cose è facile prevedere che, se non vi sarà una decisa inversione di tendenza, si instaurerà un processo di degrado, nella città, le cui conseguenze sociali, economiche e produttive non sono facilmente prevedibili, ma certamente saranno gravi.

Il nodo quindi è: trovare, costruire o recuperare case a prezzo accessibile all'interno della città e, aggiungo, in modo omo-

Fratelli MORO APICOLTORI NOMADI

MIELE - CERA - POLLINEPAPPA REALE i meravigliosi prodotti naturali dell'alveare li potete trovare presso:

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loggi di cui sopra) che oggi risulta, di fatto, allineato e fuori dalla portata della generalità dei cittadini.

Ma costruire case nuove e recuperare case vecchie costa ed in una situazione di scarsità di capitali come quella odierna non è possibile sperare che la mano pubblica possa facilmente e in breve tempo affrontare e risolvere il problema.

Occorre quindi ricorrere al risparmio delle famiglie stesse e renderlo disponibile ad investimenti edilizi attraverso la costituzione di cooperative che agiscano in zona.

È questa l'idea di fondo che spinge noi di Milano 19 a farci promotori di una iniziativa che sfoci nella costituzione di una

cooperativa (o di cooperative) formata da soci residenti in zona e con lo scopo di costruire in zona, sulle aree che l'amministrazione pubblica ha a disposizione per questo genere di interventi.

È certamente un'impresa non facilissima, ma noi ci rendiamo conto che il problema è molto grave e non si possono più ritardare le soluzioni.

geneo su tutta la città, così che le nuove famiglie che si formano, o gli anziani che si spostano per far spazio ai propri figli possano trovare una adeguata sistemazione nella stessa zona di provenienza, così da creare il minor numero possibile di scompensi e "traumi" al sistema dei trasporti e dei servizi sociali in generale. Creare, in sostanza, una "base" di case, nuove o recuperate, che ecceda la necessità di quel poco che permetta una certa rotazione e un avvicendamento in zona; parallelamente si otterrebbe anche un certo effetto di zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA calmiere sui prezzi dell'intera città con la possibilità di accesso anche a una parte di quel patrimonio edilizio (i 40 mila al-

Invitiamo quindi le amministrazioni comunale e di zona a rendersi disponibili e sensibili ad affrontare il problema nei termini da noi suggeriti e invitiamo chiunque voglia aderire all'iniziativa a farsi vivo, di persona o telefonando, presso il giornale. F.F.

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Viaggio attraverso i centri di aggregazione nella zona

Dove il "riflusso"non è ancora arrivato

Dalla sessualità alla storia: ecco le iniziative del Comitato di Gestione del Consultorio di via Albenga

La nostra inchiesta su gruppi giovanili, circoli culturali, centri di incontro e di ritrovo nella zona inizia dal gruppo che ha organizzato recentemente un ciclo di conversazioni su problemi di carattere storico della società moderna quello delle donne del consultorio di via Albenga.

È per questo che siamo andati, una sera, nella sede del gruppo in via Albenga 2 dove abbiamo parlato con Lucia Valori, insegnante, del comitato di gestione del consultorio.

L'attenzione si è ovviamente incentrata sull'iniziativa più recente.

"Credo che alla gente la storia non sia mai stata insegnata in modo vivo ed interessante, ma che sia sempre stata propinata in un modo scolastico, cioè slegandola dai problemi reali, perdendo di vista il presente", ci dice Lucia, e dalle sue parole trapela visibilmente la soddisfazione per l'interesse suscitato dalla recente iniziativa.

Divise in sette serate protrattesi per l'arco di tempo di circa un mese le conversazioni, tenute da alcuni studiosi di problemi storici e docenti universitari come Catalano, Barbadoro, Cuminetti e Venturi, hanno affrontato un periodo molto vasto e denso di problemi cioè quello che va dalla nascita della società borghese, con la nascita di un'industria di tipo moderno, fino ai giorni nostri.

Ma perchè la scelta di questo argomento da parte di un gruppo di un consultorio, luogo in cui tradizionalmente ci si occupa di altri problemi?

"L'iniziativa — è sempre Lucia Valori che risponde — è partita appunto dall'esigenza di qualcuna di noi di uscire da una problematica tipicamente femminile e di occuparci di problemi che non fossero solo pillole, aborti e maternità, per scoprire un nuovo modo di fare cultura e di studiare assieme in modo vivo. Ne abbiamo parlato con altre che si sono immediatamente interessate all'iniziativa".

Questo nostro "giro" tra i centri culturali del quartiere inizia così con un gruppo di donne che — in tempi di "riflusso", termine giornalistico che sembra ormai entrato a far parte del linguaggio quotidiano — tenta di smentire praticamente il luogo comune per cui l'esigenza di cambiare la vita sia un antico sogno — un po' ingenuo ed infantile, in fondo — ormai ben saldamente e definitivamente dimenticato.

Ma se tale esigenza è ancora viva — e tanto più lo è quanto più viene esorcizzata sulle pagine dei giornali tramite la parola magica del "riflusso" — un momento fondamentale di questo

bisogno è quello della presa di coscienza, è il momento della comprensione dei nostri attuali problemi in termini storici, cioè critici. "Parlare di politica senza conoscere la storia, cioè senza sapere come nascono certi problemi, significa non poterne parlare; conoscere la nostra storia vuol dire allora avere anche strumenti per poter interpretare la realtà", prosegue la nostra interlocutrice. E sembra che questa esigenza sia sentita non solo dalle donne del comitato di gestione e dagli abituali frequentatori del consultorio ma anche da gente che ad esso si è avvicinata in occasione di questa iniziativa: un pubblico relativamente eterogeneo — giovani coppie del consultorio, studenti insegnanti, casalinghe — ha affollato la piccola sala delle riunioni, non limitandosi a partecipare passivamente ma intervenendo, ponendo domande, richieste di chiarimenti.

Come già accennato più sopra, negli intenti del gruppo di organizzatrici l'iniziativa avrebbe potuto servire anche come mezzo per verificare l'esigenza del famoso "riflusso" oltre che come un modo per opporsi a questa tendenza: e pare che tra le donne del consultorio il riflusso non esista; c'è invece la voglia di fare qualcosa per ricominciare a muoversi, in modo nuovo, su certi problemi.

Un bisogno che, al di là di illusori ottimismi, ci sembra di poter leggere in tanti piccoli sintomi — non ultimo il movimento, ad un livello diverso, per la pace, o nelle attività di piccoli gruppi, più o meno giovanili, che — nonostante la scarsità di mezzi economici — tentano di trovare nuove forme di attività collettiva.

E non ci sembra un caso che questa iniziativa nasca da un gruppo di donne: anche a livello nazionale il movimento femminista è quello che negli ultimi anni — che per altri gruppi hanno segnato una fase calante — ha saputo restare relativamente vivo ed organizzato, ed ha saputo esprimersi in forme nuove e creative.

Si è detto che con questa iniziativa si voleva uscire dall'ambito delle tradizionali iniziative dei consultori: vediamo brevemente quali sono state le iniziative più importanti organizzate prima di questa.

Tra queste ci sembra necessario segnalare almeno un corso sul problema della riforma sanitaria, con la partecipazione di medici di Medicina democratica, ed un corso sulla "legge 18 0", quella sugli ospedali psichiatrici, le più importanti per il tipo

di problemi e per la partecipazione della gente.

Da quest'ultimo corso sul problema della psichiatria è nato un gruppo — chiamato appunto "gruppo 180" — che sta attualmente lavorando ad una ricerca sui problemi della salute mentale, sulle cause sociali della malattia mentale.

Altri incontri sono stati quelli sul problema dell'aborto — tema che ha acquistato particolare rilevanza politica con il recente referendum del cosiddetto "movimento per la vita", e che ha visto le donne del consultorio impegnate nella propaganda a favore dell'attuale legge — e sul problema dei medici "obiettori di coscienza".

Come si vede l'attività del gruppo — nato nel 1978 per iniziativa autonoma di un gruppo di donne del quartiere — è stata in questi anni intensa, ed il centro ha iniziato gradualmente, dopo le prime difficoltà, a costituire un punto di riferimento per la gente della zona.

Nel gruppo originario, che ha avuto il merito di porre l'esigenza di un centro che non si limitasse ad un'assistenza di tipo medico, tecnico - all'americana — ma che tentasse anche di intervenire sulle cause sociali dei problemi, l'iniziativa si è allargata ad altre persone, sono stati interessati i partiti politici e le forze sociali; si è avuto un riconoscimento istituzionale del centro, in cui si è formato un comitato di gestione, composto da membri delle forze politiche; oltre ai membri del comitato di gestione, composto da una decina di persone il personale del centro è composto da un gruppo di "tecnici": 5 medici, una ostetrica, una infermiera, un assistente sanitario, assistenti sociali, uno psicologo.

Il consultorio, aperto tutti i giorni della settimana dal mattino alle 17 è frequentato soprattutto da donne, non solo della zona: non sono infatti rari i casi di operaie delle fabbriche della zona residenti in altre parti della città che, per diversi motivi, usufruiscono delle strutture messe a disposizione dal consultorio.

Il lavoro delle donne di questo gruppo ha dunque avuto in questi anni una importanza fondamentale nella diffusione di tutta una serie di conquiste recenti per il nostro Paese, che hanno contribuito a modernizzare — a sprovincializzare — il modo in cui vengono vissuti problemi che una volta erano considerati di tipo strettamente personale.

Ci sembra allora un fatto positivo apprendere che presto verrà aperta una succursale del

centro con sede al Gallaratese, di cui è già stata confermata la disponibilità.

E se il pericolo per centri di questo tipo ci sembra sia da un lato quello di chiudersi in una funzione di tipo puramente tecnico, medico, senza andare alla radice sociale di certi problemi, e dall'altro anche di specializzarsi, che è pur sempre un modo anche se non immediatamente evidente per ghettizzarsi, con questa recente iniziativa su problemi di carattere storico, che ha senza dubbio coinvolto persone non abitualmente frequentatrici del centro, ci sembra che qualcosa per evitare questi rischi sia stata fatta.

Decentriamo la cultura

Dall'intervista con lo storico Franco Catalano la necessità di collegare cultura, vita e società

Attualmente insegnante di Storia contemporanea alla facoltà di Scienze economiche dell'Università di Modena, Franco Catalano ha tenuto al consultorio di via Albenga due conversazioni: la prima sul tema della nascita della borghesia in Francia nella rivoluzione del 1789 e nell'Inghilterra della rivoluzione industriale, la seconda sui problemi del fascismo, dell'anti - fascismo e della resistenza.

Catalano ha insegnato Storia contemporanea all'Università statale di Milano negli anni della contestazione, mantenendo un continuo rapporto con gli studenti di sinistra; questa esperienza l'ha portato ad una riflessione approfondita su quel problema, cui ha acnche dedicato alcuni studi.

Ancora oggi la maggior parte delle sue attività è dedicata all'analisi di problemi della storia del movimento operaio italiano ed in generale ai movimenti di opposizione politica nel nostro Paese. Ecco il risultato di quella che, più che un'intervista, è stata una piacevole ed interessane conservazione che ha toccato temi di grande attualità.

MILANO 19: perchè uno studioso di problemi storici some Franco Catalano accetta di partecipare ad un corso di storia di un quartiere? Catalano: credo che queste conversazioni abbiano avuto una grande importanza, che è stata quella di fare entrare un certo tipo di problemi, tradizionalmente riservati agli studiosi di professione, nella realtà sociale e culturale di un quartiere.

Ho provato una grande piacere nel prendere parte a questa iniziativa, che mi ha rivelato che esiste un interesse per la storia non solo di tipo scolastico ma soprattutto per i collegamenti tra la storia del passato e qualla che viviamo oggi; questa è per me la cosa essenziale: se non si mantiene costantemente questo collegamento si fa della storia qualcosa di morto, che interessa soltanto gli studiosi di professione, ma non il grande pubblico, la gente.

E siccome credo che nessuno possieda la "verità rivelata" ma che la verità sia qualcosa che bisogna cercare collettivamente, colgo volentieri ogni occasione per confrontarmi con altre persone, con situazioni che possono essere diverse da quella in cui vivo.

Queste conversazioni hanno forse avuto anche il merito di avere posto il problema del decentramento della cultura, in una situazione in cui la cultura è ancora centralizzata.

Certo. Mi ricordo, dopo la guerra, c'era la Casa della cultura, in via Borgogna, che allo-

ra viveva nel contesto della vecchia Milano, una città costruita ancora su una struttura di tipo arcaico, tutta gravitante attorno al centro città, una struttura in fondo ancora di tipo agricolo.

La città ha avuto da allora un enorme sviluppo, si è allargata, sono nati i grandi comuni dell'hinterland, che di fatto fanno parte della città, con cui formano un grande agglomerato urbano.

In questa nuova situazione non si può pretendere di mantenere la vecchia struttura nella distribuzione dei centri culturali, con i "dispensatori" della cultura nel centro, tra via Brera, piazza S. Babila e via De A micis; il problema nuovo, è oggi quello di andare nei quartieri, di decentrare la cultura, di portarla sul luogo. Hai dovuto modificare in qualche modo il tuo linguaggio, ad esempio rispetto alle lezioni universitarie?

Assolutamente no. Credo che la cultura, come la possiamo trovare, ad esempio sulle pagine di certi quotidiani — cioè una cultura per iniziati — sia una non — cultura. Penso che una nuova cultura debba avere come presupposto necessario quello di essere comprensibile a tutti, come per esempio era la cultura illuministica, cioè quella che allora era la cultura rivoluzionaria, nel '700. Di conseguenza, cerco di parlare di fronte ai miei allievi dell'università come parlerei in altre occasioni, di fronte ad un'altro pubblico.

Ma non credi che esista, di fatto, una separazione tra cultura cosiddetta "colta", umanistica e culture popolari o di altro tipo, e che in fondo questa separazione dia vita ad una cultura fondamentalmente retorica, "letteraria" nel senso deteriore della parola, incomprensibile alla maggior parte della gente?

Certo. Prendiamo ad esempio i giornali, soprattutto i quotidiani: il nostro è uno dei paesi europei in cui si legge il minor numero di giornali, quasi al livello della Spagna e della Turchia.

Questo è a mio parere senz'altro un sintomo dell'esistenza di una cultura d'élite, che è prodotta in determinati ambienti, secondo determinate esigenze e si rivolge ad un pubblico relativamente ristretto. Tu hai vissuto l'esperienza del '68. Non ti sembra che una delle esigenze più attuali di quel movimento fosse proprio quella di un superamento della scissione tra scuola e vita?

Questo è stato infatti secondo me il bisogno nuovo, il momento centrale del movimento del '68: l'esigenza di fare uscire la scuola dalle aule e di collegarla alla vita ed alla società. Il

problema è capire cosa ha significato storicamente quel movimento: è necessario vederne brevemente ed in forma schematica le origini storiche.

Con la Costituzione, negli anni del dopoguerra, c'è stata' a mio avviso, una spartizione delle zone d'influenza sulla vita del paese. È stato affidato alla Democrazia Cristiana il controllo sulla scuola e sulla famiglia, ai liberali la direzione della poilitica economica, ed ai partiti di sinistra il controllo sulle classi popolari, dal solo punto di vista occupazionale e salariale.

A mio parere i partiti di sinistra con questa spartizione, che pure hanno accettato, sono stati ghettizzati in una funzione subalterna, senza la possibilità di influenzare realmente la vita del paese.

Il '68 è stato secondo me il tentativo, non consapevole, da parte degli studenti, di capovolgere questa situazione, che del resto continua ancora oggi, diventando parte attiva dei processi educativi e culturali, legando appunto scuola e vita; così come nel '69 anche gli operai hanno tentato di superare questa divisione dei poteri cercando di diventare parte attiva del processo produttivo.

Questi problemi sono ora passati in secondo piano, essendo stati momentaneamente sconfitti tali movimenti casuali tra l'altro dalla crisi economica ma senza dubbio esistono ancora, come per esempio dimostra il '77 di Bologna. I partiti della sinistra "ufficiale" si sono dimostrati sordi, rispetto alle esigenze di questi movimenti ...

Anzi, hanno fatto di tutto pe sconfiggerli politicamente, per fare rientrare quel movimento nell'alveo della più supina rassegnazione.

Adesso si parla di riflusso, ma chi l'ha voluto? Certo, una crisi segna sempre un momento di riflusso, ma ci sono a mio parere altre cause; i partiti di sinistra si erano adagiati nella situazione creata dalla carta costituzionale, si interessavano dei settori salariali ed occupazionali, dove avevano una loro funzione, una loro importanza, una loro voce, anche se in via subalterna. In questi tentativi avevano visto il tentativo di scardinare questa situazione, di qui la condanna violenta nei confronti di questi movimenti.

E forse anche da qui, secondo me, che nasce la difficile situazione in cui viviamo: si è creata una rottura tra la generazione della resistenza ed i giovani che è senz'altro uno dei fatti storicamente più gravi di questo dopoguerra.

(intervista a cura di Massimo Mezzanzanica)

febbraio 1982 pagina 11 - milano 19

Gemmologia Le tormaline

Con il nome di tormalina si intende un'intera famiglia di gemme dalla composizione chimica molto complessa. Queste pietre erano conosciute anche dagli antichi, ma probabilmente confuse con altre gemme.

Vennero introdotte in Europa dagli Olandesi nel 1703 assieme ad altre gemme da Sri Lanka (Ceylon).

I luoghi di provenienza delle tormaline sono moltissimi.

Le tormaline di vario colore, trasparenti si rinvengono generalmente in druse o geodi. Non è raro il caso in cui nella stessa geode si possano trovare tormaline di diversi colori.

Notissime sono le geodi dell'Isola d'Elba dove si rinvengono bellissimi cristalli nelle geodi del monte Capanna a S. Pietro in campo.

Questi filoni furono lavorati per molto tempo e sono stati estratti esemplari richiesti da tutti i musei mineralogici del mondo.

Importanti giacimenti si trovano anche in Brasile, Russia, Madagascar, Stati

Uniti, Birmania, Sud Africa; India, Cina, Australia, Sri Lanka.

Note, ma di puro interesse mineralogico, sono le tormaline nere che si trovano nella Pigmatite di Olgiasca (lago di Como), di Candoglia (Val d'Ossola) e di Craveggia (Val Vigezzo).

I principi coloranti delle tormaline non sono ben definite, indubbiamente le svariate colorazioni sono in rapporto agli ossidi che fanno parte della composizione chimica.

La colorazione è uniforme, ma non di rado i cristalli presentano zone con netto distacco tra le diverse tinte.

Le tormaline cristallizzano nel sistema romboedrico e i cristalli presentano abito prismatico a 3, 6, 9 lati.

La dimensione dei cristalli spesso è di misura rilevante: 7 - 8 cm. di lung hezza. La sfaldatura è mancante e la rottura è di tipo concoide, come durezza siamo attorno a 7 - 7.5 della scala Mobs.

Le varietà sono:

ACROITE: è un atormali-

na incolore molto rara e proviene da cristalli limpidissimi dell'Isola d'Elba, Campolungo (Svizzera), Siberia, Afghanistan. Come gemma presenta scarso interesse e il suo valore è puramente mineralogico.

INDICOLITE: è una varietà rara e bellissima di tormalina blu. Proviene dal Brasile, sud Africa, Russia, Kasmir, Bengala. Generalmente è limpida e pura, viene normalmente tagliata a gradini e costituisce una magnifica gemma.

RUBELLITE: è di colore rossa e rosea, viene erroneamente chiamata "rubino della Siberia". Proviene dalla Russia, Stati Uniti e Birmania. Dal Brasile provengono Rubelliti di colore rosso intenso facilmente confondibili col rubino. Non di rado i cristalli di rubellite sono di grosse dimensioni, viene tagliato a gradini o anche a brillante.

DRAVITE: è indicata la varietà bruna, proveniente soprattutto dalla Russia e dalla Jugoslavia. Commercialmente, come gemma è la meno apprez-

zata, per cui difficilmente la si trova sul mercato. UVITE: di colore bruno proviene da Sri Lanka e Birmania, commercialmente ha lo stesso valore della Dravite.

SCIORLO: tale denominazione è specifica per la varietà nera. Molto frequentemente la si trova in cristalli colossali ad Olgiasca. La tormalina nera è usata in gioielleria per oggetti di lutto; quando è pulita acquista una bella tonalità di

Corsi di ginnastica per anziani

In occasione del 1982 - Anno internazionale dell'anziano — il Centro Milanese per lo sport e la ricreazione (CMSR) ha organizzato corsi di ginnastica fisioterapica per la "terza età" nelle zone di decentramento. Questi corsi hanno cadenza bisettimanale ed i partecipanti, suddivisi in gruppi di 20, sono guidati da personale qualificato. La quota di partecipazione è di 3.000 lire al mese. Per informazioni gli interessati potranno rivolgersi alla sede del Consiglio di Zona, in via Pogatschnig 34, oppure al CMSR, in piazza Diaz 1 /A, tel. 366.100 - 361.667 interno 91.

SPAZIO MUSICA

Dal prossimo numero Milano 19 avrà una nuova rubrica intitolata "Sex and drugs and Rock & Roll, viaggio nella musica di base milanese", a cura di Franco Gnutti, il viaggio inizierà con il gruppo "The Logudros Pishes".

nero velluto. Non ha valore commerciale.

ELBAITE: questi cristalli presentano zone variamente colorate spesso con netto contrasto tra le diverse tinte: rosso - incolore - verde. Ciò è dovuto alle molecole che la compongono chimicamente, possiedono ognuna la loro caratteristica tinta, e le tonalità provengono dalle diverse composizioni di queste molecole disposte in modo diverse. Le tormaline sono inattaccabili agli acidi.

IL MINICALMIERE È FINITO

Il gioco dei prezzi

Queste gemme dai colori vivi e brillanti sono tuttora molto usate in gioielleria, ne testimoniano i moltissimi oggetti che vediamo esposti nelle vetrine.

Da parte mia la ritengo una grande soddisfazione, in quanto, da molto tempo, ho sempre sostenuto che il colore deciso ma molto delicato di queste gemme, ben si adatta al viso delle giovani e delle meno giovani.

(e il governo ci gioca)

Proposto dal ministro Marcora un "osservatorio" che non offre al cittadino-consumatore sufficienti garanzie di effettivi controlli

Maghi e cartomanti, passato capodannc, hanno finito il loro remunerativo lavoro e con l'inizio dell'anno nuovo si è conclusa anche l'avventura del mini calmiere voluto dal Ministro Marcora che prevedeva un blocco dei prezzi.

Il Ministro si giustifica: è stato Spadolini a volerlo.

Marcora, che sostiene di tenere sempre i piedi a terra, ha però avallato un operazione che altro non è stato che vendita di fumo "come le previsioni dei maghi" e di demagogia.

Giocare con le cifre ISTAT è troppo facile.

Non è onesto bleffare a questo gioco; considerato poi che la conferma della validità o meno del listino non poteva farsi in teoria ma l'hanno fatta pratica e quotidianamente i consumatori.

E che le carte ed i bleff si sono scoperti con estrema facilità.

Ed allora ci si è accorti che il finto blocco di alcuni generi alimentari ad altro non è servito che ad artefare certe cifre valide solo ai fini statistici e non tanto per dimostrare che le cose in Italia stavano andando bene, quanto per ridurre i tardivi benefici della scala mobile.

Un operazione di questo genere meno ingenua di quanto qualcuno pensi, presupponeva delle complicità, ed il ministro le ha trovate nella grande corporazione del commercio (accusata da La Malfa di far crescere l'inflazione di 2 punti) ed in questi enti inutili e dannosi come le camere di Commercio per le cui presidenze è in atto tra i partiti di Governo la lottizzazione selvaggia.

L'alternativa alla farsa del mini calmiere, che oggi il ministro propone e prevede è quella di un "osservatorio" gestito da presidenti camerali lottizzati, che non hanno a loro disposizione se non le parole e le cifre dei loro grandi elettori; e che non danno ai cittadino consumatore la garanzia che non sia la stretta osservanza dei giochi di potere degli esponenti del governo o delle fazioni locali.

Si tratta comunque, se abbiamo ben capito, di mettere in atto un controllo a posteriori; l'industriale o il commerciante o comunque il centro di potere

economico, decide i prezzi che vuole. Il governo controlla le cifre non prima che siano state sparate sul mercato ma dopo.

Con un sostanziale handicap: che industria e commercio hanno a disposizione tecnici di alto valore ben pagati e informazione di prima mano; e la possibilità (per altro finora in Italia non si è sfruttata, ma teoricamente ipotizzabile) di intervenire con tentativi di seduzione (finora mai messi in atto) nei confronti di alcuni centri di controllo che operano obiettivamente nelle più difficili condizioni.

A questo punto la liberalizzazione pare il male minore, almeno in queste condizioni, anche a chi non la vuole.

Si dice da sempre infatti che uno dei momenti di crescita dei prezzi sia quello della intermediazione parassitaria.

Ebbene certi controlli, prima o dopo vengono fatti, rappresentano spesso un momento di pericolosa e costosa intermediazione che si ripercuote negativamente sui prezzi finali.

Punto primo: dunque, nella lotta al carovita e all'inflazione, una serie di controlli veri (o prima o dopo non importa) che debbono essere fatti a livello locale e a livello nazionale da persone che riscuotono la fiducia dei consumatori - elettori; più poteri quindi in questo campo alle regioni, alle Provincie e ai comuni.

È più potere (ma sembra se non lo vogliono prendere) ai rappresentanti dei lavoratori in fabbrica e fuori dalla fabbrica in ufficio e fuori ufficio.

Ma c'è un altra voce oltre a quella dei prezzi che riguarda da vicino tutti i lavoratori consumatori; è quella delle Tasse e del costo dei servizi.

Anche qui dovrebbero esserci, e non ci sono, dei controlli. Prendiamo ad esempio il bollo per le automobili: si sapeva che si doveva pagar di più ma fino all'ultimo non si è saputo quanto. È evidente che neanche al governo hanno fatto i conti di quanto dovrà entrare nelle casse del fisco. Si va così, alla carlona, con una politica che è quella del bancarellaro: arrafare il più possibile.

Poi si contano i soldi! Lo stato venditore di servizi è il peggiore dei commercianti, aumenta ciò che vuole, ma ha controlli perchè dovrebbe controllarsi da sé, e oltre tutto (a differenza del commerciante serio) chiude anche i conti in rosso. E allora rincara le tasse, un meccanismo perverso.

Un'ultima notizia: il Ministro Formica ha fatto sorteggiare alcune categorie che dovranno essere controllate più delle altre perchè presentano "il maggior grado di pericolosità fiscale" il che vuol dire che tra queste categorie si presume ci siano i più grossi evasori.

Quest'anno figurano nell'elenco tra gli altri produttori e i venditori di prodotti chimici e farmaceutici.

Bene, non si poteva aspettare la fine di questi controlli per concedere nuovi aumenti, che gravano soprattutto sui cittadini meno abbienti, agli industriali farmaceutici?

E visto che ci sono tra i "pericolosi" anche i petrolieri perchè prendere per oro colato le loro cifre "in perdita" prima di aver guardato in fondo e bene nei loro bilanci?

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L'opinione dei lettori

Polonia e Libertà

Ciò che è successo in Polonia deve farci riflettere con molta serenità.

Quando un Popolo desidera la libertà, solo i Generali possono fermarlo, ma non vincerlo.

Il popolo polacco che ha sofferto molto durante l'ultima guerra, pagando con la vita di milioni di persone, ha diritto ad una vita più umana e più giusta.

I carri armati del generale Jaruzelski sono serviti per mettere ordine in casa propria, ma milioni di cittadini polacchi aderendo a Solidarnosc perchè desiderosi di libertà di parola e di azione, non si vincono con la forza.

Esiste però una amara realtà: la conferenza di Yalta, che incatena i paesi dell'est al patto di Varsavia e quelli dell'occidente alla NATO.

Questo fu deciso a Yalta dai tre grandi, Roosever, Churchill e Stalin, di dividersi l'Europa in zone di influenza americana e russa per l'equilibrio e la pace nel mondo. Nonostante il successivo accordo di Helsinki nel quale si decise per la garanzia dei diritti civili, anche nei paesi sotto il controllo sovietico, Yalta è e rimane il punto chiave della situazione.

Perfino la socialdemocrazia tedesca in un confronto con il Partito Socialista Italiano ha fatto capire che facendo dell'anticomunismo di maniera, non si fa che peggiorarne la situazione, pur riconoscendo il diritto a Solidarnosc di poter esercitare liberamente le proprie attività.

I lavoratori polacchi hanno tutti i diritti di poter svolgere liberamente le loro attività sindacali, ma se infrangono le leggi imposte da Yalta, ecco i carri armati per le strade.

Proprio perchè non sono d'accordo che la legge di Yalta condizioni tutta la nostra vita, non sono d'accordo neppure che la NATO condizioni le nostre libertà di azione.

Là ci sono le truppe del patto di Varsavia, qui ci sono i comandi americani che vorrebbero far fare la guerra agli europei, cioè missili a medio raggio, come quelli che dovremo installare a Comiso, per salvare i loro interessi in America.

E allora perchè tanta pubblicità alla TV sui fatti polacchi?

Perchè ciò serve come propaganda al capitalismo multinazionale, per fare dei'anti - socialismo viscerale, approfittando di una tragica situazione della quale non sappiamo come sarà la fine e cosa ci porterà nel futuro.

Esiste ormai in tutta Europa una lotta per la libertà e per il neutralismo e la pace, soffocate purtroppo dai compromessi vari, soprattutto per ragioni interne politiche.

Ciò che ha detto Brandt e la socialdemocrazia tedesca, cioè di non creare ulteriori problemi e di essere prudenti senza usare parole troppo grosse solo l' er utilizzare "in proprio" anticomunismo, deve farci riflettere con la massima serietà e responsabilità, anche dal punto di vista della cooperazione economica con i paesi dell'est, per le enormi possibilità di lavoro alle nostre industrie in crisi.

Una seria e non faziosa valutazione dei nostri interessi verso i paesi dell'est non significa accetta-

re tutto a scatola chiusa, si tratta solo di essere realisti, come lo è la socialdemocrazia tedesca.

Allora, chiediamoci con chiarezza: a che serve tutta questa propaganda contro il cosiddetto "socialismo reale?" Cosa succederebbe se la nostra classe lavoratrice si volesse liberare con la forza della sudditanza americana e volesse governarsi il paese come pretenderebbegiustamente Solidarnosc?

La risposta ci fu data negli anni 50, quando con la occupazione delle fabbriche e la protesta operaia a Modena il ministro degli Interni di allora, il famoso Scelba, ordinò alle forze di polizia di sparare sugli operai uccidendo i lavoratori.

E vero che l'Italia paese delle libertà assolute, che io chiamo libertinaggio, permette a tutti di fare quello che uno desidera e si dimentica subito di ciò che succede, ma è anche vero che esistono amare realtà e dato che io non ho la memoria corta voglio ricordarlo. Qui tutto è permesso. In Polonia NO. Qui i ladri di stato, corruttori, camorre, mafie, ecc. godono delle più ampie libertà di informazione e di azione; la droga è divenuta una fonte di riccheza che dà "lavoro" a migliaia di persone fra chi la usa e la commercia. I sequestri di persona sono all'ordine di ogni giorno ormai accettati con la massima indifferenza dall'opinione pubblica, la prostituzione maschile e femminile è divenuta un modo per "sbarcare il lunario", il cosiddetto terrorismo senza colore vive e vegeta, mentre i partiti pensano solo al loro "seggiolone". Allora mi chiedo: chi ha ragione? Solidarnosc che vorrebbe avvicinarsi al nostro sistema oppure il "socialismo reale" che non permette droga nè parassitismo e permette a tutti i lavorare onestamente e, pur con tutti i suoi innumerevoli difetti, difende la collettività e non l'egoismo individualista?

La risposta purtroppo non è facile e non ritengo di doverla dare io. Ritengo però che la libertà deve essere unita alla giustizia ed in questo caso voglio rivolgere la domanda a coloro che non hanno avuto ancora questa giustizia.

In nome di quale libertà si ripagano i morti di Portella delle Ginestre? e di Piazza Fontana? di Modena, dell'Italicus, di Piazza della Loggia a 'Brescia e dei cittadini vittime della droga e del terrorismo?

Alle famiglie di queste vittime chiedo questa risposta.

Ecco perchè in nome della vera libertà, intesa come libertà dal bisogno, dalla fame, dalla prepotenza, dalla sudditanza, e dai soprusi, per essere con Solidarnosc occorre un grande cambiamento sociale nel segno della fratellanza internazionale.

Dobbiamo solidarizzare con chi si batte per le libertà in Europa dell'est come in Sud Africa, nell'America Latina come in Afghanistan ed in altre parti del mondo per una vera giustizia sociale e per una giusta ridistribuzione della ricchezza, essere meno egoisti, abolire tutte le armi, lottare per la pace e lo scambio del lavoro e delle idee.

Con le parole d'ordine pace, socialismo e democrazia, la Federazione Giovanile Comunista Italiana della Zona 19 ha nei giorni scorsi proposto un'iniziativa sulla pace al Gallaratese, dando cosi seguito alle altre iniziative tenutesi nei mesi scorsi in zona ed a quelle tenutesi a livello di massa a Milano, Roma, Firenze e in decine di altre città italiane.

Il significato politico è stato quello di avviare soprattutto una riflessione ed una discussione con i giovani ed i cittadini del quartiere sull'analisi della crisi internazionale (i pericoli di guerra, il riarmo atomico, la crisi polacca) ma principalmente quello di confrontarsi sugli obiettivi da seguire per l'affermazione della pace tra i popoli (attraverso il superamento dei blocchi, un nuovo ordine economico internazionale, l'autodeterminazione dei popoli stessi).

Venerdì 15.1.1982 è stato proiettato un film predetto dalla

F.G.C.I. Milanese, dal titolo "OVERKILL" della durata di 20', che propone sia in modo informativo con immagini e noti-

Salvare la Pace patrimonio di tutti

Chiarezza di obiettivi e di analisi per non estinguere il movimento

zie, sia in modo umoristico, uno stimolo di discussione che si è incentrata sui compiti e obiettivi attuali del movimento per la pace. Nella serata di sabato 16, è ;tato organizzato un concerto per la pace con la musica dei BLUE GRASS WINDE e COUNTRY JAMBORRE nell'Aula Magna dell'Onnicomprensivo nella cui entrata è stata esposta una mostra sulla pace. Domenica 17 invece, nell'occasione del ricordo del giovane comunista DANIELE ALFANO, morto 9 anni fa in un incidente, mentre stava allestendo una tenda per la pace a sostegno della lotta per l'autodeterminazione del popolo Vietnamita, si è voluto ricollegare l'impegno della lotta di quegli anni a quello attuale, per l'affermazione della pace internazionale.

Con questo slogan il Comitato per la pace del quartiere ha promosso questa iniziativa con un presidio e comizio finale di Arialdo Banfi dell'ANPI milanese e Massimo Gatti Segretario Provinciale della F.G.C.I.

Ritengo sia importante, dopo le manifestazioni che si sono tenute fino ad ora a livello nazionale (Perugia Assisi - i 500000 di Roma - Firenze), ed internazionale (Berlino - Bucarest - Ginevra), riflettere sugli obiettivi ed i compiti a cui il movimento per la pace deve rispondere per evitare la sua estinzione. Mi riferisco, con questa ultima affermazione, a quanto è accaduto negli ultimi anni con motivazioni diverse, per altri: movimenti di massa, se pensiamo a quello delle donne, degli studenti ecc.

Dal settembre 81, centinaia di migliaia di giovani, adulti, donne, sono scesi in piazza, pur appartenendo a coscenze e fedi politiche diverse: cattolici, socialisti, comunisti, singoli individui organizzazioni pacifiste ed antinucleari, sicuramente con una forte carica di emotività (la paura della guerra), ma anche con una forte coscienza di quanto stava accadendo, e della crisi storica che stiamo attraversando e della ricerca perciò di una sua risoluzione. Questo è quello che ha accomunato le persone ed ha creato un movimento per la pace con adesione di massa, che si è estesa al di la delle frontiere e dei boschi, da

Berlino a Bucarest. A livello nazionale e cittadino, questo movimento si è dato degli obiettivi precisi e chiari, che però in alcune manifestazioni, per una chiara volontà di mediazione, hanno subito connotati diversi, questo per garantire l'adesione di forze politiche, arrivando così ad affermare in alcune piattaforme di lotta, che la scelta di installare i missili a Cosimo, è intempestiva e non invece sbagliata e grave. Se la battaglia per la pace, subisce questo tipo di mediazione, ritengo che ciò sia sbagliato.

Il movimento per la pace è sorto ed è diventato di massa proprio per la sua chiarezza nelle analisi e negli obiettivi proposti, ed è necessario che si sviluppi con proposte concrete per raccogliere una adesione di massa, e questo lo può fare se al suo interno non convivono difetti di analisi e pesanti mediazioni, se il movimento rimane momento di iniziativa e di espressione solo dei partiti, sicuramente la battaglia per la pace non si affermerà con forza.

Ritengo però, esprimere gli obiettivi su cui la FGCI ritiene debbano essere coesione di più forze, e cioè: No all'installazione dei missili Cruise, Pershing e SS20 in Europa, in Italia ma soprattutto a Comiso, No all'invio di un contingente di "pace" nel Sinai, No all'aumento delle spese militari, Si al superamento dei blocchi, affermazione di un nuovo ordine economico internazionale, autodeterminazione dei popoli. ripristino delle libertà civili in polonia.

Con questi obiettivi il movimento per la pace è sceso e scenderà in piazza, e lo ha fatto recentemente con la manifestazione del 23 gennaio a Ginevra, dove i movimenti per la pace europei si sono incontrati ed hanno manifestato per affermare una volontà di pace.

Importante è, anche, che si affermi una cultura della pace tra la gente, i giovani che rende concreta la costituzione di una società fondata sulla democrazia politica e sociale e sulla pace internazionale; rilevante è l'importanza che rivestono i comitati per la pace sorti o che sorgeranno nei quartieri, perchè sta a loro costruire questa nuova cultura e far vivere tra la gente gli ideali di pace, contrapponendosi all'isterico riarmo atomico.

Corsi di Yoga

L'U.D.I. (Unione Donne Italiane) di San Siro comunica i nuovi orari dei corsi di Yoga, che si tengono presso la sua sede, in via Mar Jonio 7.

I nuovi orari sono: primo turno dalle ore 18,30 alle ore 19,30, secondo turno dalle 19,40 alle 20,40 di ogni martedì e venerdì.

I corsi vengono tenuti da insegnanti qualificati. Per eventuali iscrizioni o per maggiori informazioni telefonare al numero 4039095 (nelle ore dei pasti) o rivolgersi alle sede dell'U.D.I. di San Siro all'inizio dell'orario di ogni corso.

I comitati per la pace, anche del nostro quartiere, devono perciò meditare e riflettere, tenendo conto che la battaglia per la pace, non è scindibile nei suoi contenuti politici, se i comitati diventano luoghi di confronto e di iniziativa della gente dei giovani, si riescono a realizzare gli ideali di pace e di distensione, se invece rimangono o diventano espressione di intergruppi di forze politiche, la lotta sarà ancora una volta perdente. Con questa riflessione la FGCI invita alla discussione, non solo sulle pagine di Milano 19 ma anche tra le forze politiche, i cittadini, i giovani per far sì che la battaglia per la pace sia patrimonio di tutti.

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APERTA
TRIBUNA
Iniziative della F.G.C.I. di zona Parliamo
di Pace

:ridano 19 - pagina 14

In un film sulla vita di una rag,q772 di Berlino l'alienazione delle metropoli contemporanee

CRISTIANA F.: NOI, I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO

È un grigio quartiere di Berlino la scena in cui si svolge la drammatica storia di Cristiana. Una storia vera, una storia di droga che verosimilmente avrebbe potuto essere vissuta a Milano o in molte altre città.

Raccontata evidenziando gli aspetti forse più violenti cui porta l'uso dell'eroina ed anche la violenza insita in un determinato tipo di società.

Cristiana vive in un ambiente in cui il disfacimento del tessuto sociale raggiunge livelli estremamente elevati e che svolge la sola funzione di contenitore di materiale umano necessario alla vita produttiva. Dove l'isolamento individuale è direttamente proporzionale alla densità della popolazione e, proprio per questo, assurdo, è quasi inavvertibile.

Nessuna prospettiva, nessuna possibilità reale di muoversi per diventare parte attiva nel tessuto sociale.

E quando comincia a muoversi al di fuori di questo suo mondo Cristiana ha come soli punti di riferimento le sue esperienze e le sue conoscenze, tanto limitate quanto forgiate dall'intervento incessante di un certo tipo di mass - media. Non conosce Berlino ma un suo punto: il Sound — "la discoteca più

moderna d'Europa", diceva un manifesto pubblicitario. Il suo unico mito è David Bowie di cui solo ascolta la musica. Ecco che allora l'idealizzazione di spazi reali e di personaggi costruiti comincia a manifestarsi, man mano che Cristiana conosce altri giovani e la città, come un rifiuto della realtà.

L'infatuazione, o forse l'amore, per un giovane che già si buca le crea un idolo che può conoscere, toccare. E se crediamo di essere fatti a somiglianza di un dio nulla è più lecito che fare ciò che egli fa. È cosi che la protagonista, presa dall'incarnazione dell'idolo, lo emula e si buca.

L'assuefazione alla droga fa il resto. La sua vita si riduce ben presto alla necessità di procurarsi il "buco" e l'unico mezzo attuabile che trova è la prostituzione. Ciò si scontra però, prima che con una qualche morale, con la perdita della purezza del suo ultimo sogno: l'amore. In questo modo tutto ciò che di ideale esisteva per lei svanisce nella realtà della sua vita. La discoteca non è più l'isola felice che all'inizio voleva raggiungere. Il buco non è più la fuga, il viaggio che le permetteva di sopperire alla squallida

Guardando la TV

realtà del Soun4 persa città del sole, ma è soltanto il "trip" che le permette di non star male.

Poco conta che per una volta riescano, lei e l'amico, a superare la crisi di astinenza, in quanto, rivivendo la stessa realtà sociale il loro ritorno alla droga è quasi dovuto.

Ci si chiede nel film che fare una volta liberati dalla morsa del buco? Niente, questo si risponde. E allora il tuffo nell'identica melma assume il significato di disfatta e di denuncia nei confronti di una struttura che sembra non esistere e che quasi si desidera: il potere. Non se ne era data quasi l'esistenza eppure viene, da ultimo, a liberare Cristiana. È la madre, comparsa solo marginalmente ad indicare la degradazione dei rapporti interpersonali, che la porta in un piccolo paese della campagna tedesca.

In un anno e mezzo Cristiana tornerà "pulita" non grazie a qualche azione sociale bensì a quella individuale sua e della madre.

Ma degli altri ragazzi dello zoo di Berlino che ne sarà? Non si sa, quando le cose sono lasciate al caso non si può sapere come andranno a finire.

Mauro Paoluzzi

L'uomo di marmo

Un film che riflette sulla Polonia di ieri per capire la Polonia di oggi

Al di là della connessione che il film "L'uomo di marmo", di Andrei Wajda, visto il 5 gennaio '82 sulla seconda rete televisiva ha con i drammatici eventi polacchi e quindi con una carica emotiva particolare, oggi ancor più di ieri, diciamo che il film di Wajda è un grande film, indipendentemente dai risvolti e dai significati che ha assunto in seguito.

Grande film per diverse ragioni, ma soprattutto perchè segna una tappa fondamentale per tutta la Cinematografia dei paesi dell'Est. Mai, in maniera così incisiva, un film girato nell'Est aveva riflettuto sulla sua storia più recente, dando un senso continuo allo sviluppo sociale, etico, politico di quel paese, meditando "sul lato peggiore della nostra storia" come ebbe a dire Wajda stesso.

Il film ci sembra scevro da intenti polemici, l'autore coinvolge tutti nella riflessione e, in primo luogo se stesso, mettendosi nei titoli di testa fra gli au-

tori di un documentario sull'eroe del lavoro Birkut, protagonista del film. È un modo di prevenire le critiche, ha scritto qualcuno, noi siamo più propensi a credere nella buona fede del regista, fedele ai suoi intenti di riflessione collettiva.

Privo di polemiche si è detto e sia, ma proprio per questa sua forza di onestà, il film è ancora più realistico e attendibile, tanto più che riflette sulla Polonia di ieri per capire quella di oggi.

E qui, ci pare, Wajda raggiunge i momenti più felici del suo lavoro.

La formula del "film nel film" in questo senso è la più azzeccata e i richiami diventano evidenti. Assistiamo all'evoluzione dei personaggi senza alcuna retorica, senza cedimenti al facile romanticismo. La strada percorsa, il punto d'arrivo, di volta in volta dell'amico, della spia di partito, del grande regista, della moglie di Birkut sono documento, specchio fedele della Polonia di ieri e di oggi.

Spazio giovani

Forza Perugia!!! (l'Umbria non è in Polonia)

L'altro giorno ho fatto un brutto incontro, passo subito a raccontarvelo. Sono in P.le Lotto quando degli strani manifesti biancorossi mi insospettiscono, mi avvicino e vedo lo stemma dell'associazione che li ha prodotti: sembra un grifone. Che sia un manifesto della campagna abbonamenti del Perugia calcio?

Wajda ha sentito la necessità di colmare un vuoto nell'arte cinematografica polacca, oseremmo dire della storia, bloccata, come più in generale la società, da paure e reticenze e ha voluto proporre un film incalzante, teso, con la struttura del giallo, appassionante.

Girato con una tecnica magistrale, l'uso della macchina da presa mobile ad esempio, con una guida degli attori misurata che dà a tutti spessore ed autenticità. Si può tranquillamente affermare che "L'uomo di marmo" è uno degli avvenimenti cinematografici più importanti degli ultimi anni, la testimonianza di un grande regista, di cui oggi si ignora la sorte. In attesa che esca sugli schermi "L'uomo di ferro", ideale continuazione de "L'uomo Ji marmo", salutiamo e rendiamo omaggio ad una splendida pagina della storia del Cinema e della Storia.

Mi avvicino ancora e vedo le frasi scritte in caratteri più grossi, fra queste una mi colpisce: Contro il socialismo perchè nessun socialismo possa essere più reale.

Che Breznev abbia invaso lo stadio "Renato Curi" di Perugia? Sono ormai a due passi

dal manifesto e finalmente capisco. Lo stemma non è un grifone, ma un'aquila, un'aquila reale che brandisce una croce, nello stesso modo in cui la brandivano i carri armati di Hitler, i carri che facevano stragi in Biafra, la stessa croce degli assassini di Tal - el - Zataar, lo stemma della crociata contro il socialismo e la libertà. Vedo anche la firma, è di quella fantomatica organizzazione detta Alleanza Cattolia che già dai tempi della lotta per la legge sulla interruzione della gravidanza, aveva tanto fatto ridere per i suoi farneticanti scritti. A parte lo scherzo, di cui peraltro mi scuso (con i tifosi del Perugia) vorrei far

notare la faziosità e la cieca ottusità mentale di queste persone che di fronte al dramma polacco sanno solo pronunciare frasi come questa che ricordano da vicino le frasi tanto care a John Ford tipo "l'unico indiano buono è quello morto", che ricordano frasi comiche per la loro assurdità. Sì, se la situazione polacca non fosse così tragica ci sarebbe veramente da ridere per queste faziosità che rasentano il grottesco. Noi li ringraziamo, la vita odierna è molto triste, se non ci fossero i loro tentativi di farci ridere sarebbero ben pochi i momenti per una sana risata. Makò

Pattinaggio artistico

La società Maga sta preparando i giovani atleti per i prossimi Giochi della Gioventù

In occasione dell'anniversario del primo anno di attività svolta dalla società di pattinaggio artistico "MAGA", il giorno 19 Dicembre 1981 si è svolta un'esibizione dimostrativa indetta dalla società stessa.

Ad essa hanno partecipato oltre agli iscritti, provenienti da

alcune scuole elementari e medie della zona 19, alcuni ospiti, che su invito della società si sono esibiti durante la manifestazione applauditi dal vasto pubblico intervenuto e dai bambini del corso "MAGA". Gli ospiti, scelti sulla base della loro esperienza decennale di pattinatori appartenenti da diversi anni e varie categorie nazionali, sono stati invitati nell'intento di mostrare i giovani iscritti a questo sport quale potrà essere il grado di preparazione a cui arriveranno.

Tra le varie esibizioni di gruppo ci sono state anche delle esibizioni singole di bambini con un più alto livello di preparazione, il tutto accompagnato da sottofondi musicali.

Le allenatrici e la società hanno apprezzato con piacere lo svolgimento della manifestazione per la serietà e l'impegno che ogni bambino ha dimostrato.

Ringraziamo tutti i genitori per la partecipazione e per i graditi fiori offerti alle allenatrici.

Attualmente la società "MAGA" è impegnata nella preparazione degli atleti che porterà ai prossimi "Giochi della Gioventù" che si svolgeranno nella

Primavera - Estate del 1982, contemporaneamente sta cercando di ampliare e diffondere nella zona questo sport che crede vivamente sia tra i più completi per la crescita fisica e psicologica di ogni bambino.

Ci auguriamo che questa nostra iniziativa nella zona venga recepita e valutata con maggior interesse da parte degli organi competenti, che potrebbero realizzare una struttura al coperto, adatta al pattinaggio a rotelle ma naturalmente aperta anche ad altri sport.

Questa sarebbe già una notevole spinta per incrementare ed invogliare i ragazzi della zona a praticare un'attività sportiva.

Nell'attesa di questa struttura, la società "MAGA" si sta impegnando a fondo per ottenere spazi nelle scuole della zona, per soddisfare la notevole richiesta esistente.

Per tutti i cittadini della zona 19, la società "MAGA" è a disposizione per eventuali informazioni che riguardino il pattinaggio artistico a rotelle.

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UN ARTISTA AL MESE (Lbngolo della poesia)

Emigrazione

Nerio De Carlo, autore di numerosi saggi storici e critici, germanista, è il Segretario del Centro di Informazione Ladino, Viale Bligny 22 Milano ed è una voce di una cultura spesso ignorata, quella mitteleuropea di lingua ladina, parlata a tutt'oggi da un milione di persone.

Queste abitano le zone geograficamente comprese fra Svizzera, Italia Nord Orientale: Nerio De Carlo si adopera per la diffusione e conoscenza della poesia di quell'area, tanto in lingua ladina quanto in lingua italiana (ricordiamo Andrea Zanzotto e Ferruccio Mazzariol) nonchè per la rivalutazione delle culture minoritarie. Pubblichiamo un breve componimento di Nerio

De Carlo dal titolo "Emigrazione" che in forma lirica racconta le amarezze e la solitudine di chi lascia i luoghi amati per ritrovarsi isolato nella città estranea.

L'estate è finita non c'è raccolto nel granaio

Le ultime rose rabbrividiscono sui rosai, mentre varchiamo il ponte dell'arcobaleno.

Ora siamo come le nubi: stiamo bene dove non siamo ci stupisce se qualcuno chiede la carità perfino a noi.

Chi mai ci comprerà questa nostalgia greve per ritagliare fazzoletti di filo azzurro da agitare negli addii, da stendere sul balcone della solitudine?

Monte Amiata

Dal

bianco e nero al colore

Tina Samarani, una pittrice alla ricerca dei segreti perché della pittura che diventa arte

Quello che attrae di più in questa ragazza senza età è il sorriso contagioso e sbarazzino. E anche i gesti, il modo di comunicare, la simpatica semplicità che ne rivelano immediatamente la fresca personalità.

Dipinge. Senza darsi arie, senza il sussiego di chi si sente portatore di messaggi, chiedendo consiglio a tutti e senza criticare nessuno. Dipinge, confessando di aver tribolato un po' all'inizio con l'accostamento dei colori, perchè si sentiva più portata al disegno in bianco e nero. Poi ha pensato che era giusto esercitarsi anche con le tinte, visto che l'universo è ricco di colori e che questi da soli sanno creare prospettive, forme e volumi, cioè tutto un discorso più completo: un discorso, appunto, pittorico.

Ha frequentato qualche atelier, ha osservato gli artisti al lavoro e si è cimentata subito con temi difficili: la figura umana, qualche nudino classico, i grandi paesaggi alla Lorren. Si è esercitata moltissimo, sovente insoddisfatta, desiderosa di scoprire i segreti perchè della pittura che diventa arte, della pittura che dice qualcosa a chi la guarda.

Lo

In occasione dell'inaugurazione, avvenuta il 20 dicembre scorso, della sala condominiale del Monte Amiata, via Cilea 106 e via Falck 553, Giordano Gianotti ha improvvisato il componimento poetico che qui pubblichiamo.

Vennero qui, si strinsero le mani cittadini di una grande città: BacCalini, edil Assessore, Martellosio, del popol la voce, Pasquini, che Consiglio di Zona presiede, Secchi e Monzeglio, architetti progettisti di case ai mortali, un prete, che benedisse presenti ed assenti. Martellosio, pioniere del vecchio quartiere, raccontò le vicende passate; Baccalini del futuro avvenire; Pasquini ci illuminò dei burocratici intoppi; il prete disse che i mali fanno parte degli umani sacrifici, benedisse, ed andò al suo destino; Baccalini a Quarto Cagnino.

Gli astanti bevvero vino per allietare il breve simposio: le lingue si sciolsero, le idee galleggiarono; di S. Leonardo, Trenno e Figino si ponza un lucente destino.

Coesisteran le cascine coi quartieri moderni, diventeran più bravi i futuri cittadini, non ci saran più drogati, non svelleran più panchine, non tireran più sassate alle targhe di vie cittadine, non imbratteran più le mura e anche di sera viaggeran più sicuri.

La corta serata tramonta, le bottiglie son vuote, le paste finite; rimangon il salone e le sedie scomposte, le cicche per terra coi nuovi difetti gli antichi.

scaffale di milano 19

Ha cambiato molto soggetti, ispirandosi alle cose più impensate, un po' fiabesche, un po' sognanti. L'impasto morbido e corposo però è molto distante dalla tecnica naif, anzi si richiama di preferenza allo stile dei grandi Ottocentisti italiani e stranieri. Un nome più di tutti ci si accosta alla mente osservando i lavori della Samarani Giacinto Gigante l'abilissimo vedutista napoletano che ha fatto sua la lezione di Turner conducendo su certune tonalità il momento timbrico della sua pittura cosi lirica.

Nei dipindi di paesaggio che si rinnovano spesso alle pareti dello studio in Via Grigna 20 dove la Samarani vive e lavora, troviamo il giallo solare nei cieli e nelle luci che si appoggiano su persone, animali e cose. Il formato dei suoi lavori in questo periodo è piuttosto ridotto, e le sue garbate composizioni sono piacevolissime e fresche come il carattere dell'autrice. La sua pittura piace, distende, per questo nelle nostre visite di cordiale amicizia più che di critica d'arte troviamo rinnovata tutta la produzione. Non è una virtù da poco, con l'inflazione pittorica che caratterizza questi nostri anni.

Ma certo non è tutto, e con il suo sorriso candido e disarmante la Samarani ci confessa: "Ho ancora tanto da imparare..." e così pensiamo a Cézanne, che dopó cinquant'anni di pittura scriveva a un amico: "Ho fatto qualche progresso, spero di fare

meglio!" ed intanto creava il punto di riferimento per tutta l'arte moderna.

A una pittrice cosi non si può augurare che tanta, tanta fortuna.

"Nel labirinto della paranoia"

Un grido di dolore che ha preso forma e corpo di libro scritto da Giovanna Redaelli Edizioni d'Arte Dominioni, Collana Hobos Poesia

Non è un libro. È un grido di dolore. O meglio, è un grido di dolore che ha preso corpo e forma di libro, e diventa parola scritta, poesia.

I versi si susseguono sciolti, liberi, cadenzati nella naturale asimmetria, scorrevoli, a comporre un poema di accusa e denuncia che svela una situazione umana insostenibile.

L'autrice ha certamente vissuto questa esperienza tragica che pare aver scavato per sempre nella sua anima, anima di donna, lo si sente subito, anche se nella vita purtroppo una identica situazione è vissuta anche da uomini, e tra essi sovente i più sensibili e vulnerabili.

Le parole della Redaelli per illustrare l'attesa e la speranza hanno il tono del cantico: "Tu giungi a me dal deserto/carico di gemme..." (p. 13) oppure "Mi sveglio con la tua anima sulle labbra /sussurro di luce nel buio". (p. 15) per poi giungere a ben altre sponde di quelle attese.

Trovarsi giovani, ricchi di qualità e di bene da dare, innamorarsi e sapere di essere capaci di vivere una vita di amore totale, attendere il momento e aprirsi alle suggestioni di promesse che risultano false, e trovarsi poi davanti il muro invalicabile e artigliato di una graffiante e subdola malattia mentale fin lì ignorata. La paranoia. Che significa questa parola? Dapprincipio nemmeno si sa, ed intanto essa viene avanti e si installa dentro la nostra vita.

Si tenta, si prova a cambiare, ci si accusa con umiltà, siamo disponibili a riconoscere l'errore

se è nostro. Si riparte si ricomincia, si cerca di comprendere. Crediamo che l'amore vinca tutto, invece no, la paranoia non è sconfitta dall'amore, ci vuole altro. Cosa ci vuole dunque perchè non sia invece l'amore ad esstere imprigionato e ucciso nei vicoli ciechi del labirinto? E mentre l'autrice se lo chiede, vive "Questo amore calvario (p. 46) - Da te ho imparato a leggere il libro di Caino: sei la personificazione del male. Mentre mi uccidevi l'anima meditavi dove nascondere il cadavere. Mentivi ... "alternando i momenti dello sconforto con nuovi momenti di speranza" (p. 46) "Amare un uomo ... e sentirsi usata come una merce per me, donna, morire sarebbe stato vivere. La mia anima uscì da quello stagno Leggera come una libellula e pianse. Bevve a una sorgente, accarezzò il filo d'erba e colse il girasole di Dio". Cosa rappresenta per questa sensibilità esacerbata un simbolo così astratto? E perchè il dramma prosegue, e non dimostra di aver fine? Le poesie della parte centrale del libro hanno titoli inequivocabili: Anche i cani hanno un'amica, l'uomo è l'essere più spregevole, la maschera dell'attore, non sono un prodotto da mercato. 11 parassita, mi ridesto selvaggiamente da un sogno, eccetera. Sono pagine strazianti che lasciano sconvolti perchè si intuisce che il triste nome della malatt)a è arrivato a

24 Ore su 24 la Croce Bianca al Gallaratese in Via Belli 62 (Chiesa SS. Martiri) Tel. 3088561 - 3088316

chiarire molto tardi la verità. Chi è afflitto da questa dissociazione psichica costruisce valori 'inesistenti e di contro attribuisce intenti negativi dove assolutamente non ve ne è traccia. La situazione è complessa e sovente si aggrava con istinti neocrofili, tendenti all'annientamento degli altri per illudersi di affermare il proprio io.

Eppure non sembra in queste pagine che il chiarimento abbia portato rimedio alla vastità del male, sebbene abbia illuminato come un lampo il nero delle funeste e funebri esperienze che hanno coinvolto la donna. Per un tempo lunghissimo, misurato sulla capacità di resistenza di un'anima, rimedi non ve ne sono stati. Non è stato rimedio la vendetta (p. 55) "Hai addentato la mia anima come fosse una mela e sei fuggito gettando via il torsolo.

—LE

I ladri non si rincorrono! Ti morderà il cane della mia poesia. E un mastino inesorabile coi denti taglienti della verità. Dovrai restituire a lui il furto dei miei occhi!", e non sarà rimedio il "Credere soltanto nella morte" (p. 87).

No, dopo aver lasciato trascorrere tutto il tempo necessario per ricostruire un valore offeso e compromesso, ma ancora vivente e capace di risollevarsi, ecco che proprio alla fine nell'ultimo verso si trova la soluzione dell'intero dramma. Giovanna Redaelli certamente ha trovato forza nuova, se ci dice: "Io costruirò ali più grandi per spiccare voli più alti". I suoi prossimi versi, lo speriamo per lei, saranno versi di liberazione.

RICETTE DI CATERINA — Filetti di pollo alla panna

Per quattro persone. Spianare quattro filetti di pollo, infarinarli e farli rosolare in burro caldo. A questo punto salare e pepare. Lasciar cuocere 5 minuti a fuoco medio poi annaffiare con marsala. Coprire e lasciare al fuoco altri 5 minuti, a fuoco basso. Versare un quintino di panna liquida e lasciare ancora sul fuoco al minimo rivoltando ogni tanto, fino a che la panna si sia addensata.

Via C. Dolci, 38 - 20148 MILANO Tal. 40.80.508 OLORIFICIO S. SIRO COLORI - VERNICI - FERRAMENTA - CASALINGHI CARTE DA PARATI - MOOUETTES - ARTICOLI BELLE ARTI . e mille cose per la casa!
febbraio 1982 pagina 15 - milano 19
Bruna Fusi
La "O.C.E." s.r.I. OPERA CULTURALE EDITORIALE cerca autori da valorizzare e pubblicizzare inviare poesie, canzoni o brani in Via Negroli 5 - Milano - Tel. 7385842
B. Buttafava
sei ler

milano 19 - pagina 16

dalla prima pagina

Diecimila box

Palazzo di Giustizia. Questi ultimi sono casi di interventi specifici.

Diversa, invece, l'ipotesi messa a punto dal Consiglio di zona 19 che, facendo proprio lo spirito della "proposta Mottini", sembra intenzionato a voler lavorare attorno all'obiettivo di una larghissima diffusione di box sotterranei.

Certo, al Gallaratese si parte da una situazione ambientale meno difficile: operare in zone più intensamente urbanizzate, come quelle del centro storico, non è facile (e meno è facile e più aumentano i costi, meglio non dimenticarlo). Il quartiere è relativamente nuovo (è cominciato a nascere agli inizi degli anni 60) e ha ancora a disposizione "grandi spazi" all'interno dei quali è meno problematico operare. Tanto più che in genere gli edifici hanno quasi tutti un'area parcheggio annessa.

Al Gallaratese abitano circa 10 mila famiglie, per un totale di 49 mila abitanti. Quanti box servirebbero? Non c'è dubbio che a poterlo fare, poche fami-

glie vi rinuncerebbero. Comunque, prendendo come punto di riferimento il piano particolareggiato del Gallaratese e le aree previste a questo scopo, i box realizzabili sono circa 5 mila. "Ma si potrebbe, eventualmente, costruirne di pii, fino a tentare di soddisfare anche in parte la domanda dei quartieri vicini, spiega il presidente Pasquini.

La zona ha già stilato un documento. È una bozza che riassume i principi a cui ci si vuole attenere. Anche perchè, pure in una dimensione urbanisticamente favorevole, anche il Gallaratese vive una situazione proprietaria assai diversa da edificio a edificio. Ad una prevalenza di stabili IACP, si accompagna l'essitenza di stabili di proprietà di privati, di enti, di cooperative, ecc.

Sono comunque due i traguardi di fondo: fare in modo che le aree destinate a box soddisfino il fabbisogno di tutta la popolazione del quartiere; evitare che la costruzione di box provochi fenomeni speculativi.

Non è un caso che tra i criteri fissati dalla zona c'è quello secondo il quale "non potrà essere assegnato più di un box per alloggio".

La zona 19 è peraltro favo-

revole alla costituzione di cooperative (con preferenza verso quelle indivise) tra inquilini e non esclude nemmeno l'eventualità, nel caso le aree del quartiere destinate a trasformarsi in box non bastassero, a modificare il piano particolareggiato.

Ma quanto verranno a costare? Il tasto è importante quanto delicato. Dando per scontato che le spese per la risistemazione a verde delle superfici sono a carico di chi si assume l'onere di costruzione, Pasquini anticipa che per abbassare i costi non c'è che un modo: evitare i frazionamenti.

L'ipotesi è, insomma, quella di arrivare a grandi "centriparcheggio" sotterranei. Ma sono discorsi prematuri. Ora la zona si sta preparando ad un nuovo incontro con gli assessori interessati. Quindi il progetto verrà presentato alla popolazione organizzando incontri - operativi.

Se tutto dovesse filare liscio (si dovrà fare anche una mappa del sottosuolo) si potrebbe partire con 1'83. E il Gallaratese sarebbe il primo quartiere a ritrovarsi con meno auto parcheggiate in strada e molto più verde a disposizione.

Michele Urbano

UN SERVIZIO PER I NOSTRI LETTORI

Difendiamoci dal carovita

Da più parti ci sollecitano perchè iniziamo sul nostro giornale una rubrica che possa essere di aiuto per spendere meglio il denaro quando si va a fare la spesa. Una specie di edizione locale della soppressa rubrica televisiva "Di tasca nostra", tanto per intenderci.

Si tratterebbe indubbiamente, per noi, di un grosso

impegno, per il quale, tra l'altro, non disponiamo ne dei mezzi, ne di personale a tempo pieno su cui contare. Comunque vogliamo provare ad affrontarlo, contando anche sull'aiuto e sulle segnalazioni dei nostri lettori, non soltanto quando si tratta di consumatori, ma anche nel caso di venditori a cominciare dai no-

Alt ai Comuni

mentari dei giovani, dei lavoratori e della popolazione.

Hanno invece il dovere di trovare, di volta in volta, quelle soluzioni più adatte per affrontare senza indugi le questioni urgenti e prioritarie, dalla casa alla salute, dall'assistenza ai servizi sociali sul territorio, dalla cultura alla lotta all'emarginazione e all'esclusione. La legge finanziaria del Governo dovrà essere perciò cambiata, dopo aver sentito Comuni, Provincie e Regioni, per difendere gli interessi della comunità nazionale, e per lottare contro l'inflazione e la recessione, con il concorso determinante e necessario delle autonomie locali.

Alcuni dibattiti che sono stati organizzati recentemente a Milano dalle più importanti forze politiche e il tradizionale convegno annuale degli amministratori locali a Viareggio, hanno cercato di fare il punto della attuale situazione dopo quasi cinque anni di relativa tranquillità per le casse comunali, da quando cioè, nel '77, lo Stato si assunse l'onere del pagamento dei debiti contratti dagli Enti locali per ripianare i loro disavanzi.

re di contenere il deficit della spesa pubblica in 50 mila miliardi.

A sua volta il Governo propone invece la partecipazione dei Comuni all'accertamento fiscale e l'istituzione, a partire dall'83, di una imposta locale sui cespiti immobiliari.

Senza l'inasprimento di alcuni tributi erariali e locali, non ci sarebbe ormai altra strada, oltre alla necessaria lotta agli sprechi e alle ineffìcienze nell'uso delle risorse disponibili, che il taglio drastico della spesa e l'aumento indiscriminato delle tariffe per riportare al pareggio i bilanci o comunque per contenere il disavanzo.

Una possibile alternativa, per non scaricare sempre tutte le responsabilità sullo Stato, potrebbe essere la partecipazione diretta dei Comuni all'azione di determinazione, attraverso i consigli tributari, dei redditi imponibili, e alla lotta contro l'evasione fiscale, nella prospettiva della ricostruzione di un autonomo potere locale di prelievo fiscale, addizionale e complementare a quello dello Stato, per far fronte alle esigenze di spesa, e di investimento, delle comunità locali interessate.

zione ai loro redditi reali.

Eppure, nonostante tutto, queste corporazioni continuano a farla franca, e in più tentano continuamente di scaricare le responsabilità dell'attuale situazione sui lavoratori e sulle organizzazioni sindacali per le loro richieste salariali e contrattuali.

Il dibattito sulla riforma dello Stato, sulle autonomie e sulla finanza locale, rischia intanto di rimanere chiuso dentro il cerchio degli amministratori e degli addetti ai lavori, senza riuscire a coinvolgere le forze sociali e la popolazione.

In questa situazione sembra che ci sia spazio solo per la protesta quando, da un giorno all'altro, aumentano le tariffe dei servizi pubblici, nazionali e locali, con percentuali di incremento che sono purtroppo molto al di sopra dei livelli, già alti, dell'attuale inflazione.

Come si può pretendere allora che le piattaforme per i rinnovi contrattuali non sfondino il tetto del 16%, quando il "cattivo esempio" continua a venire a raffica, dall'alto, da coloro cioè che invitano quotidianamente ai sacrifici e al senso di responsabilità?

stri inserzionisti di pubblicità.

A questo proposito ci sembra giusto segnalare sin d'ora ai nostri lettori che gli inserzionisti di pubblicità sul nostro giornale già praticano prezzi equi per i prodotti da loro posti in vendita. Acquistare da loro può già essere un modo per spendere meglio il proprio denaro.

Per l'82 è infatti previsto lo stesso livello, raggiunto nell'81, dei trasferimenti delle entrate dalle casse dello Stato ai Comuni e alle Regioni, senza alcun incremento o comunque con qualche addizionale sui tributi erariali e locali, che tuttavia si collocherebbe molto al di sotto degli incrementi di spesa provocati dalla curva dell'inflazione.

La richiesta degli Enti locali è ovviamente diversa: si chiede almeno l'indicizzazione delle spese correnti e quindi un incremento delle entrate attorno al 16% che, come è noto, è il tetto massimo dell'inflazione fissato dallo stesso Governo per tenta-

Ma si può oggi, di fronte alla grande crisi del sistema produttivo e al continuo espandersi delle aree di disoccupazione, pensare di introdurre altri inasprimenti fiscali a carico dei lavoratori e della popolazione, senza mettere mano finalmente alla riforma del sistema fiscale nel suo insieme, per una più equa ripartizione dei "sacrifici" e per una diversa distribuzione del carico tributario?

Gli attuali accertamenti selettivi e a scandaglio per i "grandi evasori" non sono affatto sufficienti.

Tutti sanno ormai, e anche lo Stato lo ammette ufficialmente, che vi sono in Italia, interi settori professionali che da sempre pagano imposte ridicole in rela-

La partecipazione popolare alla vita delle comunità locali è quasi scomparsa e ciò lascia purtroppo le mani libere a chiunque abbia già il potere di decidere le scelte economiche e fiscali e quindi di determinare le condizioni di vita dei lavoratori e dei cittadini.

È necessario perciò riprendere l'iniziativa per la "riforma della politica", per un maggior protagonismo della popolazione nei rapporti e nei conflitti tra la società civile e le istituzioni, per una più vivace dialettica democratica, per un continuo controllo sociale sulle attività delle amministrazioni locali, delle strutture produttive, della macchina dello Stato.

tA mbrosiana u t o s.r.l. vieni alla
CONCESSIONARIA
febbraio 1982
SEDE: Via Varesina, 47 - Milano - tel. 327.11.48 autom FILIALE: Via Gallarate, 281 - Milano - tel. 309.23.67 - 308.50.89

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