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Gli anni violenti del primo dopoguerra
from Milano 19(50)
La nascita del fascismo crea a Milano uno stato di tensione, che tocca il culmine con l'attentato del Diana
di Gian Piero Pagetti
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Ottava puntata
Il 1918 si chiuse con una grande fiammata. Nella notte tra il 24 e il 25 dicembre un incendio, che qualcuno disse appiccato apposta, distrusse i grandi magazzini di piazza del Duomo aperti nel 1889 dai fratelli Bocconi sotto l'insegna "Alle Città d'Italia" e rilevati nel 1917 dal senatore Borletti, che li aveva ribattezzati con il nome "La Rinascente" creato apposta (ma che genio!) da D'Annunzio.
Tre mesi più tardi, il 23 marzo 1919, in piazza S. Sepolcro, dove un tempo era il "forum" della Mediolanum romana, in una sala messa a disposizione, non a caso, dall'Allenaza degli Industriali, circa duecento persone, per lo più futuristi ed ex arditi fra cui Marinetti, Roberto Farinacci, Eucardio Momigliano, Cesare Rossi, Achille Funi, Primo Conti e via dicendo (che dal nome della piazza presero poi il nome di "sansepolcristi"), con alla testa quel Mussolini ex socialista passato poi all'interventismo ed all'antipartitismo come prima tappa verso il partito unico (il suo naturalmente), fondarono i "fasci di combattimento", che volevano simboleggiare l'unità degli ex combattenti, cosi come nel 1892 i fasci siciliani avevano simboleggiato l'unità dei braccianti. In realtà si trattava di un movimento con poche idee, ma confuse, che al grido dannunziano "eja, eja!" reclutò lo scontento di piccoli e di grandi, senza guardare troppo per il sottile a chi reclutava: se qualcuno aveva la fedina penale nera poco male, meglio si intonava al colore che il fascismo si era scelto. La sede, o meglio "il covo", come i fascisti stessi lo battezzarono (meta nel ventennio di visite di scolaresche), era in via Paolo da Connobio. Nel cortile rotoli di filo spinato proteggevano l'accesso ad una porta con la scritta "Il Popolo d'Italia" ed alla scala che portava al primo piano dove c'era l'ufficio personale di Mussolini con gagliardetto nero con teschio alla parete, bomba a mano e pugnale sulla scrivania. La cantina era adibita a deposito dei "mezzi di persuasione": fucili novantuno, mitragliatrici, pistole, pugnali, manganelli e bottiglie di olio di ricino.
La distruzione dell'Avanti!
Erano i tempi in cui sugli schermi del cinema ancora muto Francesca Bertini si sdilinguiva fra pelli di giaguaro. Mussolini abitava in un elegante appartamento in Foro Bonaparte, trascorreva le ore libere suonando il violino, mangiando al "restourant", girando in automobile e si guadagnava i soldi che i suoi finanziatori, più o meno occulti, gli elargivano scatenando i suoi squadristi più aggressivi.
Il 16 aprile 1919, quando i fasci avevano soltanto 24 giorni di vita, un gruppo di fascisti, guidati dal sansepolcrista Ferruccio Vecchi, assaltò la sede del quotidiano socialista "Avanti!", in via San Damiano, devastandola, incendiandola e gettandone i mobili nel naviglio sottostante.
Non fu che l'inizio! L'autunno vide infittirsi gli atti di violenza di nazionalisti e fascisti (per i quali la forza pubblica ed il potere centrale di Roma sembravano chiudere non uno, ma entrambi gli occhi) contro gli operai. La risposta fu uno sciopero generale. A Milano studenti crumiri sostituirono tramvieri e postini e ciò contribuì ad accrescere la tensione. A fine anno la situazione era esplosiva, ma in quello stesso 1919 il movimento operaio era riuscito ad ottenere due importanti vittorie: la riduzione dell'orario di lavoro da 60 a 48 ore settimanali e la conquista da parte del Partito Socialista, nelle elezioni politiche di novembre, di undici seggi in Parlamento, contro i cinque dei liberali. I fascisti, che subito dopo Mussolini avevano messo in lista Arturo Toscanini, cinquantenne musicista tornato dalla guerra con le idee confuse, ottennero soltanto poco più di quattromila voti e nessun deputato.
Nasce la Fiera Campionaria
Il 18 gennaio 1920 al Velodromo Sempione (rudimentale stadio con pista per biciclette) nella prima partita internazionale di calcio dopo la grande guerra l'Italia battè la Francia per 9 a 4. Migliori azzurri in campo De Vecchi, detto "figlio di Dio", e Cevenini III°. A fine gennaio i ferrovieri incrociarono le braccia e Turati incappò in uno spiacevole infortunio politico: diretto a Roma, per impegni parlamentari, salì su un treno guidato da crumiri. La stampa, ovviamente, non gli risparmiò i sarcasmi! Il 22 febbraio scioperarono, per tutto il giorno, i tramvieri; ma dalle rimesse uscirono alcuni tram guidati, con chiaro intento provocatorio, da poliziotti e fascisti armati. La situazione economica si andava sempre più aggravando. Qulache fabbrica cominciava a chiudere. Gli autisti di piazza scioperarono per ottenere una umento del tassametro. Il costo della vita saliva vertiginosamente ed in maggio vennero tesserati i generi alimentari.
Soltanto il mese prima, il 12 aprile 1920, era stata inaugurata sui Bastioni di Porta Venezia, all'insegna dell'ottimismo, la prima Fiera Campionaria.
Ideatori ne erano stati il giornalista Marco Bolaffio ed i commercianti Luigi Bizzozzero e Tommaso Pini, Un arco di legno, ornato di nastri tricolori, introduceva ad un villaggio di baracche di legno (le stesse già usate per i profughi nel 1917) che si stendeva su un'area di 16 mila metri quadrati ospitando 1.233 espositori italiani e stra- nieri ed i loro prodotti, dal Proton alla Chinina Mignone, dalle calcolatrici Comptometer al solito liquore Strega. Unica nazione rappresentata ufficialmente la Svizzera, con il suo tranquillante ticchettio di orologi, che scandivano il tempo anche nel nuovo ippodromo di San Siro, inaugurato in quello stesso mese, dove "gentiluomini" in cilindro corteggiavano eleganti dame abilissime nel manovrare i loro ombrellini variopinti per proteggersi il viso dai raggi del sole e da sguardi troppo audaci. Ben diversa la folla che il l° maggio 1920, fra uno sventolio di bandiere rosse, partecipò in via Settala alla posa della prima pietra della nuova sede dell'Avanti!
Bandiere rosse sulle ciminiere
Il 6 giugno successivo Gaetano Belloni vinse l'ottavo giro d'Italia accolto al Trotter da una folla entusiasta; ma la settimana dopo la truppa venne inviata in stazione per uno sciopero dei ferrovieri. In una manifestazione in via Dante vi furono sette morti. Il 23 giugno la Questura vietò un comizio anarchico, che però venne tenuto ugualmente. Vi furono dei tafferugli. Al rondò di Loreto un carabiniere venne linciato. In piazza Missori monarchici ed anarchici si scambiarono botte da orbi. Al caffè Cova, in piazza della Scala all'angolo con via Manzoni, un ufficiale rimase ucciso dallo scoppio di una bomba a mano lanciata da un'auto in corsa.
La strategia della tensione era ormai in atto. Non passava giorno senza un assalto ad una cooperativa, la devastazione di un circolo operaio od altre violenze fasciste. E gli industriali gettarono olio sul fuoco! Prendendo a pretesto le rivendicazioni dei metalmeccanici, che erano gli operai con più basso salario, decisero la serrata. Convocata in Municipio la delegazione operaia venne sfidata dall'avvocato Rotigliano, rappresentante degli imprenditori, con queste parole: "Gli industriali sono contrari alla concessione di qualsiasi miglioramento. Da quando è finita la guerra hanno continuato a calare i pantaloni. Ora basta! E cominciamo da voi!"
Il lunedì 31 agosto 1920 i lavoratori della Romeo trovarono i cancelli sbarrati. I sindacati reagirono con l'occupazione di trecento officine meccaniche. Picchetti in tuta presidiavano i muri di cinta armati di moschetti, qualche revolver e persino vecchie alabarde. Sul Corriere si poteva leggere: "L'aspetto esterno degli stabilimenti presentava ieri una caratteristica tutta speciale. Ci si arrivava attraverso frotte di donne e bambini i quali ritornavano dall'aver portato il desinare agli scioperanti ... Qua e là, sul selciato o sull'erba, erano gli avanzi del bivacco diurno".
Ai primi di settembre chi arrivava a Milano era accolto da uno sventolio di bandiere rosse sulle ciminiere. La sera del 6 si sparse la voce di un intervento dell'esercito per sgomberare le fabbriche con la forza. Le sirene degli stabilimenti lanciarono segnali d'allarme. Il prefetto Lucignoli tracciò un piano di difesa lungo la cerchia dei Navigli e chiese l'intervento delle autoblindo. Nella seconda settimana l'occupazione si estese alla Pirelli, alla Carlo Erba, alle distillerie Campari, alla Birra Italia, alla Hutchinson Gomma. Nelle fabbriche si lavorava e si produceva, ma i prodotti non trovavano acquirenti. Così dopo quindici giorni senza paga, esauriti i generi alimentari nelle cooperative ed i soldi delle collette, si votò per l'armistizio. Per la tregua si pronunciarono 26.571 lavoratori, contro 6.668, che avrebbero voluto continuare la lotta e che tacciarono Turati di "riformista" e di "venduto". Il 4 ottobre, davanti a Giolitti, industriali e sindacati firmarono la pace con un aumento delle paghe di 4 lire al giorno. Ma molti proprietari di aziende e di terre pensaron che bisognava dare una lezione agli operai e decisero di dare un maggior appoggio al fascismo. Una apposita riunione venne tenuta nello studio di Giovan Battista Pirelli, presenti altri industriali fra cui Ettore Conti, Silvio Crespi, Gino Olivetti della Confindustria, per decidere i finanziamenti a Mussolini.
Cala il sipario... ed è la strage
Il 17 ottobre 1920 Errico Malatesta, numero uno degli anarchici, venne arrestato alla stazione al suo arrivo a Milano. Il 4 novembre i nazionalisti convocarono un raduno per il secondo anniversario della vittoria. Tre giorni dopo, il 7 novembre, i socialisti vinsero le elezioni comunali, sia pure con soltanto tremila voti in più del "blocco" dei liberai - fascisti. Milano ebbe così il suo secondo sindaco socialista, Angelo Filippetti, che resterà in carica fino al 1922.
Uno dei primi atti della nuova giunta fu la creazione, nel 1921, dell'Ente Autonomo per il Teatro alla Scala, che da quel momento ebbe un'orchestra ed un coro stabili e norme più rigorose per orchestrali, cantanti e pubblico: niente chiacchere, e nemmeno bisbigli, dal momento in cui si spegnevano le luci, niente "bis", salvo casi eccezionali, per i virtuosi del bel canto e studio approfondito delle parti. La direzione artistica fu affidata a Toscanini e quella del coro a Vittore Veneziani. In quell'anno venne riaperta al pubblico completamente ricostruita, dopo oltre due anni di chiusura, la Rinascente. Il 21 gennaio 1921 nacque a Livorno, da una scissione del Partito Socialista, il Partito Comunista, che raccolse subito consensi nella Milano operaia.
In quei tempi i fasci milanesi, i più numerosi d'Italia, contavano appena seimila iscritti, che però nel giro di un anno raddoppiarono. Fascisti in fez, camicia nera e gambali, con manganelli. pugnali e pistole, sedevano abitualmente ai tavolini del bar Gersi, a due passi dal "covo", provocando i passanti. Ma la provocazione più grave fu l'attentato del Diana. La sera del 23 marzo 1921 era in scena al teatro del Kursaal Diana, a Porta Venezia, l'operetta "Mazurka bleu" di Franz Lear. Alle 22 e 40 calò il sipario sul secondo atto. Il pubblico applaudì, la compagnia Darclée si affacciò due volte alla ribalta per ringraziare, si accesero le luci ed ecco un boato enorme, un crollar di vetri, un proiettar di legni e di calcinacci sulle prime file di poltrone. Il panico ingiganti la tragedia: 21 morti e decine di feriti. La causa? L'esplosione di 160 cartucce di dinamite contenute in una valigia collocata, o abbandonata, sul Iato esterno del teatro, in via Paolo Mascagni. Si sparse la voce di un piano sovversivo per gettare la città nel caos e i fascisti ne approfittarono: pochi minuti dopo (come mai erano già pronti?) assaltarono le sedi dell'Unione Sindacale, del Circolo Socialista di Porta Venezia e dei giornali "Avanti!", socialista, e "Umanità Nova", anarchico. Fu solo un caso che quella fosse la notte del secondo anniversario della fondazione dei fasci? La polizia, troppo occupatata a cercare i dinamitardi del Diana e di un altro attentato avvenuto nella stessa notte alla Centrale Elettrica Municipale tra anarchici e "sovversivi", sembrò non far molto caso a tale coincidenza. Vennero chiusi in guardina più di duecento "sospetti". Vi fu chi assunse la paternità della bomba, se non proprio della strage, e vennero condannati all'ergastolo Giuseppe Boldrini, Giuseppe Mariani ed Ettore Aguggini. Secondo la versione dei confessi essi volevano colpire i responsabili della lunga detenzione di Malatesta che erano alloggiati all'albergo 'Diana, adiacente al teatro. La strage era quindi da attribuirsi ad un tragico errore. Vero? Falso? Parzialmente vero? Se ne è riparlato a distanza di mezzo secolo, dopo l'eccidio di piazza Fontana, ricordando il solo fatto certo: il vantaggio psicologico che ne trassero i fautori del cosidetto ordine, sempre pronto a trasformarsi in regime.
L'assalto fascista a Palazzo Marino
I "benpensanti", stimolati dalla stampa di destra e di centro, cominciarono a chiedere il ristabilimento dell'ordine "a qualunque costo" per arginare "la sanguinosa ondata rossa". I fascisti non aspettavano altro visto che nella democratica battaglia delle schede non riuscivano a spuntarla. Alle elezioni politiche del 15 maggio 1921 ottennero, in tutto il capoluogo di Milano, cinquantamila voti, contro i 67 mila dei socialisti ed i 4.300 dei comunisti.
Un anno dopo, il 13 maggio 1922, al Velodromo Sempione si fronteggiarono con la spada in mano, come ai tempi della bella epoque, Mario Missiroli, direttore del Secolo, sfidante, e Benito Mussolini, che aveva violentemente attaccato il primo dalle colonne del Popolo d'Italia. Dopo una quarantina di minuti di scherma lo scontro venne sospeso dai padrini per una leggera ferita ad un braccio di Missiroli. Un'ottima pubblicità per Mussolini, che, sfiduciato, stava addirittura pensando di vendere il giornale e di trasferirsi all'estero.
Il 1° agosto di quello stesso anno venne indetto uno sciopero generale nazionale in difesa delle libertà politiche e sindacali. Era un tentativo dei socialisti di portare il governo di Roma, e non soltanto Palazzo Marino, verso una politica più progressista. I fascisti reagirono alzando barricate davanti alla casa del fascio di via San Marco ed il 3 agosto diedero l'assalto al municipio. Con un camion usato come ariete sfondarono il portone ed invasero il palazzo. Mussolini, impegnato in quei giorni in un'avventura galante a Roma, era irreperibile. Alle undici di sera arrivò dall'Hotel Cavour, dove si trovava (per caso?), Gabriele D'Annunzio, che non si fece molto pregare per parlare dal balcone alla folla che rumoreggiava in piazza della Scala. Il prefetto anziché denunciare gli invasori (adducendo la scusa che secondo il codice penale la violazione di domicilio non contemplava i locali adibiti a ufficio pubblico) sciolse d'autorità l'amministrazione comunale e nominò un commissario prefettizio. I fascisti, incoraggiati da ciò, cominciarono a commettere ogni genere di violenza sotto gli occhi (impassibili o complici?) della Guardia Regia. Responsabile dell'ordine pubblico venne nominato il generale Cattaneo, comandante del Corpo d'armata, ma soltanto la mattina del 7 agosto, quando tutto era ormai finito, uscirono le autoblindo. Mussolini capì che il colpo di stato era ormai maturo. Venne steso un piano insurrezionale; ma i documenti erano troppo scottanti per tenerli in via Paolo da Cannobio, vennero affidati al giornalista Alessandro Chiavolini, che li mise al sicuro nella sua cassettiera della sala stampa di via Santa Maria Segreta. Cosi, mentre qualcuno proponeva. inascoltato, di arrestare Mussolini, le prove del complotto giacevano nel più innocente dei ripostigli!
La sera del 27 ottobre 1922, mentre colonne di fascisti stavano marciando su Roma, Mussolini lasciò la sede del Popolo d'Italia (barricata con bobine di carta e presidiata da una settantina di squadristi monzesi), andò alla stazione in impermeabile e bombetta e salì su un vagone letto per raggiungere la capitale. Là lo aspettava il re, Vittorio Emanuele III°. per nominarlo primo ministro.
(8 - Continua. Le puntate precedenti sono state pubblicate sui numeri 6, 7-8, 9, 10, 11 e 12 del 1981 e sul n. 1 del 1982) febbraio 1982
Lettere a millano19
Nell'art. di fondo "IL PUNTO" sul tema "Tassare di più chi?" Vi coglie il dubbio che è quasi certezza che ancora una volta si pensi di tassare i lavoratori. Occorre premettere innanzi tutto che tutti siamo lavoratori, solo che ci sono lavoratori di cui si ha la certezza fiscale e altri di cui non si ha questa certezza o meglio, si VUOLE non averla ed è da qui che nascono tutte le incongruenze fiscali in aperto contrasto con l'art. 3 della Costituzione Repubblicana Italiana (se qualcuno ha argomenti per smentirmi lo faccia pure, ma dubito molto).
La Vs. domanda quindi mi è sembrata piuttosto fuori posto anche perchè Vi siete fermati genericamente sulla parola "Lavoratori" senza specificare quali.
E chiaro che a pagare le tasse sino all'ultimo centesimo recepito saranno solo le categorie dei lavoratori dipendenti o che comunque si sappia con certezza il totale delle entrate da fiscalizzare. Tutte le altre categorie che non nomino perchè tutti ne conosciamo l'esistenza ormai e non voglio del resto far venire il vomito a nessuno anche perchè sono quelle categorie che ingrossano il cosidetto terrorismo fiscale, continueranno a pagare le tasse sempre e solo come hanno fatto sino adesso perchè appunto manca il meccanismo o metodologia fiscale atta a scoprire codesta certezza. Il solo meccanismo atto a ciò è il controllo incrociato del passaggio di denaro e sino a quando non si attuerà codesto controllo, tutti i discorsi in proposito, sono discorsi inutili e buoni solo a riempire la bocca degli appartenenti al potere delle classi dirigenti.
L'ex ministro Reviglio aveva troppo lentamente imboccata la strada giusta e quindi l'hanno estromesso subito appena se ne sono accorti, rimandandolo donde era venuto, che la strada del controllo incrociato avrebbe incluso, prima o poi, tutti i cittadini, comprese anche le forze arroganti del potere.
A l'ex ministro Reviglio avevo inviato a suo tempo diverse lettere su codesto argomento e di questo ne parlai anche con il suo segretario particolare Meomartini a Milano preannunciandogli che se non avessero accelerato i tempi le forze arroganti del potere l'avrebbero estromesso: infatti come è avvenuto!
Altra gente ormai intrallazzata col potere continua a girare da un ministero all'altro; Reviglio no! Fu ministro delle finanze e basta! Appena hanno potuto l'hanno rimandato a casa dimenticandolo come se nenanche fosse esistito. Ora timidamente il ministro Formica annuncia le ricevute fiscali per i mobilieri e nell'intervista rilasciata al Telegiornale il giorno 4 Gennaio scorso dichiara apertamente che ci saranno agevolazioni fiscali per chi già paga le tasse e questa non è altro che una esplicita affermazione che chi paga le tasse ha sempre anche pagato in più di quello che effettivamente avrebbe dovuto invece pagare: chiaro, no!
Fin dall'inizio l'ex mini- stro Reviglio avrebbe dovuto agire e dire: "da domani mattina tutti i Cittadini italiani ogni qualvolta spenderanno del denaro potranno richiedere la fattura o ricevuta fiscale e detrarla dal proprio imponibile.
Sarebbe bastato questo! E non venitemi a dire che ciò non è ancora possibile, altrimenti potrei pensare che siete dall'altra parte della barricata. Sono operazioni codeste che anche un ragazzo/a di terza elementare sarebbe in grado di fare e non occorrerebbero neppure forze immani di Guardie di Finanza, perchè questo è il sistema incrociato e ogni cittadino controllerebbe e garantirebbe la certezza fiscale di ogni altro cittadino perchè conserverebbe registrata sempre la documentazione della spesa e di conseguenza la documentazione degli incassi di ogni altro individuo cioè appunto il controllo incrociato.
Senza dover scendere nei particolari, particolari che sarò ben lieto di chiarire se qualcuno vorrà, come spero, affinchè si riesca a smuovere dall'apatia tutti quei Cittadini seri e onesti (altrimenti dovrei concludere ancora una volta che ci meritiamo codesta imposizione fiscale) aggiungerei che basta poco per capire che non potrebbe più neppure circolare denaro nero e molte cose si risolverebbero da sè o per lo meno essere in breve risanate.
Anche il segreto bancario che si dovrebbe invece chiamare occultamento bancario, a che serve se non a coprire tutti i denari sporchi o comunque guadagnati disonestamente!
A che serve il segreto bancario alle persone oneste e di cui si conosce la certezza fiscale!?
Quindi, per non farla troppo lunga, io attraverso le pagine del giornale di zona MILANO 19, comunico di essere convinto che il sistema tributario italiano attualmente ancora in atto, è in aperto contrasto e smentitemi se ne siete capaci, con gli articoli 3 (tre) 36 (trentasei) e 53 (cinquantatre) della Costituzione e se ogni Cittadino prendesse atto dei suoi diritti - doveri costituzionali in Italia si andrebbe sicuramente meglio, invece la gran maggioranza è solo gregge inconsapevolmente alla sudditanza delle forze arroganti del potere. Quei pochi che hanno il coraggio delle loro opinioni passano inosservati come ha dichiarato il Dott. Mezza che ha rinunciato all'onorificenza di cavaliere della Repubblica avuta nel

1968: Oggi c'è libertà di parola, certo, possiamo gridare e nessuno ci artesta,,ma neppure ci ascolta. E una begga.
Vi ho scritto nell'intento anche di aiutarVi a far diventare sempre migliore e interessante "MILANO 19" come appunto scrivete nella lettera "Al LETTORI" nel numero di Gennaio.
Vi ringrazio dell'ospitalità e, a disposizione per ogni Vs. richiesta di chiarimenti, invio i miei migliori saluti.
Gianbattista Consonni
P.S. Meglio ancora sarebbe che questo provochi la critica dei cittadini del quartiere.
Per una soluzione unitaria del problemi
Caro Direttore, con rammarico dobbiamo segnalare come questa volta Milano 19 (anno VI - n. 1), abbia usato il "metodo RAI" che consiste nell'intervistare esponenti della maggioranza che rispondono all'opposizione, senza che vengano mai sentiti gli argomenti dell'opposizione. Infatti sull'ultimo numero di Milano 19 compare una risposta — nota bene a firma PCI - PSI zona 19 — al volantino ACLI sul problema del terziario al Sant'Elia, senza che di quel volantino e del suo contenuto ne sia stata data a tempo debito la relativa informazione. Per favore non ci si venga a dire che il volantino era troppo noto! Comunque alle nostre ragioni nulla abbiamo da aggiungere, se non che esse sono state condivise in tutto o in parte anche da esponenti della maggioranza del Consiglio di Zona.
Certo che a leggere quella risposta ci vien solo da chiosare come mai qualcuno, una volta criticato, si senta o si identifichi, con il "tutto e tutti".
Infine, pur condividendo quanto scrive il sig. Frontini in un altro articolo circa la latitanza dello IACP a tutti i livelli, ci sembra riduttivo voler attribuire allo stesso "tutti" i mali che affliggono la zona. I guai ed i mali che affliggono il nostro quartiere sono cosi tanti e gravi che è opportuno non farne qui un inventario. Ma il trasporto ci fa scappar di penna solo qualche esempio: casa albergo, droga, vigilanza pubblica, incidenti stradali ... e poi abbiamo avuto la neve di serie C lungo certci sentieri (fra p.zza Bonola e Via Falk - Cilea, attorno al mercato Chiarelli, e altri ancora) che nonostante il loro unico — quanto spontaneo — sistema di collegamento, in quei giorni sono diventati assolutamente impraticabili. Forse qui la neve, coerentemente, non è mai stata spalata non solo perchè quei passaggi sono mai stati sistemati, ma anche perchè sono frequentati da abitanti ritenuiti di serie C. Tutta colpa dell'I.A.C.P.? Noi sinceramente non lo crediamo. Comunque restiamo, come sempre, pronti a dare il nostro contributo al dibattito ed alla soluzione unitaria dei problemi, ma — come sempre — sforzandoci di dire le nostre ragioni senza che nessun "equilibrio" o "ideologismo" ci impedisca di affermare tutto ciò che, a ragion veduta, ci pare opportuno per la collettività.
Circolo ACLI "Gallaratese"
Due anni fa, di questi tempi, veniva inaugurata, contemporaneamente al prolungamento della MM al San Leonardo, la Casa - Alberto per studenti lavoratori.
Non voglio qui riaprire vecchie polemiche sorte all'inizio dei lavori (ne parlarono i giornali all'epoca compreso Milano 19) se era meglio costruirla cinquanta metri più in là o in qua anche se i sostenitori dello spostamento in altra sede non avessero poi tutti i torti, vista la strozzatura creata in via Borsa.
Ma è su come si spende il denaro pubblico che io non ci sto. Questa Casa - Albergo quando fu progettata serviva per lo scopo cui era destinata? E se sì, come mai ancora non è funzionante? È forse venuto a mancare il fruitore? E se così fosse perchè non tentare altre strade?
Non voglio qui usare i soliti slogan triti e ritriti modo nuovo di governare, città a misura d'uomo, governare con la gente, ecc. per ribaltarne il senso. Ma se è vero, come è vero, che c'è carenza di alloggi, è di questi giorni un'ordinanza del Sindaco per acquisizione di locali sfitti, e allora, cosa ne vogliamo fare di questa Casa - Albergo? lo una proposta l'avrei e ribadisco quanto già pubblicato sul n° 6 del giugno '81 di Milano 19: trasformarla in mini - alloggi per giovani lavoratori che non si possono permettere affitti esosi o posti - letto a prezzi esorbitanti quand'anche riescano a trovarli!
Mi auguro che gli organi preposti si assumano le proprie responsabilità e non diano ulteriori esempi negativi di spreco.
L'altro giorno, discutendo con dei compagni e amici, sulla serietà, sulla volontà e sulle promesse di maggiore impegno di lavoro, più volte affermate ma mai concretizzate dalla Commissione Democratica Decentrata di via Newton, un compagno, proveniente dal lontano sud ha esclamato, con tono ironico "Che ci possiamo fare, sono dei quackquèra quack-querà".
Non conoscendo il senso di questa frase, mi sono informato, accorgendomi che la storia dei quack-quèra quackquerà, oltre che averla studiata a scuola, ci è stata tramandata da uno dei dialetti del nostro mezzogiorno d'Italia. È la storia delle società dei Borboni, dei patrizi meridionali, del clero sermonale, dei venditori di fumo, di tutti coloro che parlavano molto concludendo niente e di tutti i ciarlatani che, con paroloni incomprensibili e irreali, tentavano di abbindolare il popolino incolto ma non stupido che, impossibilitato di fare piazza pulita di quella classe parassitaria, mormorava con un sorriso di disprezzo, "sono dei quack-quèra quackquerà".
Purtroppo i quackquèra quack-querà' oggi, sono piu forti che mai e sono riusciti a inserirsi in tutte le forme che siano, politiche, sindacali, manageriali o amministrative del bene comune, riuscendo ad addomesticare gran parte delle forze democratiche e rivoluzionarie del paese, schiacciandole in una posizione di immobilità completa riportando, di attualità il motto ottocentesco, "Abbiamo fatto l'Italia, ora facciamo gli Italiani".
Ma piaccia o no, questa "quack-querazione" del paese è stata una scelta catastrofica che la scadente classe politica e manageriale ha saputo generare e in modo particolare in questi ultimi anni.
Senza analizzare i vari quack-quèra quackquerà che si occupano del problema della casa, responsabili dello stato attuale delle cose; (sei milioni di famiglie di lavoratori in attesa di sfratto, senza che esistano le strutture logiche, (come la legge prevede) per dare a loro una sistemazione e con il 90% degli inquilini con il costo totale dell'affitto raddoppiato) ritorniamo al problema iniziale che, pensando a "quella" frase, ha messo in moto queste righe.
La terza zona decentrata di via Newton, viene chiamata "democratica" perchè ha il compito di coordinare, controllare e sistemare quelle migliaia di problematiche che riguardano tutta la zona 19 di Milano, tramite una commissione formata dai rappresentanti dello I.A.C.P., del Comune e dai rappresentanti delle forze Sindacali (Sunia, Sicet, Uil ecc. ecc.).
Diverse volte, le poche riunioni programmate per dare pratica ai vari problemi, una al mese, vanno deserte per mancanza del numero legale dei componenti, nonostante che gli stessi, abbiano più volte richiamato e con toni accesi, ad una maggiore serietà la commissione stessa perchè funzioni nell'interesse dell'utente, tutto viene rinviato al mese successivo con relativo accumulo dei problemi, senza garantire, che al mese successivo, il numero richiesto esista.
Per ora, 21 Gennaio 1982, entriamo nel terzo mese consecutivo di nulla di fatto di incontri.
Poveri Inquilini della zona 19.
I quack-quèra quackquerà sono molti purtroppo oggi, forse hanno una nuova sede di "Gestione Democratica".
Attenzione lavoratori, possiamo ancora riconoscerli ... o ... stiamo diventando tutti deiquackq uèra quack-querà?
Comitato Inquilini San Leonardo
In relazione all'articolo pubblicato da "Milano 19" di gennaio a titolo "Per gli sfrattati e le disdette dei contratti sempre più scottante il problema della casa" desidero precisare quanto segue: il Consiglio di Amministrazione nella seduta del 30.11.1981 ha adottato provvedimenti di prevenzione e di repressione delle occupazioni abusive. Al di là delle inesattezze contenute nell'articolo e frutto di incomplete e superficiali informazioni del redattore, desidero confermare che sono impegnato, come Presidente dell'Istituto, a garantire l'assegnazione degli alloggi popolari disponibili a chi ne ha diritto.
Meraviglia che un foglio "di sinistra" tenga bordone agli occupanti abusivi!
Per dovere di completa informazione verso il pubblico preciso che le iniziative dell'Istituto per la repressione dell'abusivismo sono sempre attuate facendo salvi i principi di umanità.
Invito chi mi legge e chi si occupa professionalmente di informare i cittadini a combattere insieme all'Istituto la battaglia per salvaguardare il diritto deg li onesti.
Cordialmente.
Avv. Paride Accetti
Saremmo prati all'avv. Paride Accetti, presidente dello I. A. C. P. M. (Istituto Autonomo per le case Popolari della Provincia di Milano) se ci precisasse dove, a suo giudizio, avremmo "tenuto bordone" agli occupanti abusivi.
Nell'articolo da lui citato si fa riferimento otto volte alla questione delle occu-
A.C. pazioni abusive, le prime sei; come chiaramente specificato nell'articolo, ripetendo quanto contenuto in un documento congiunto del SICET, del SUNIA e del CUZ San Siro (e poi ribadito nell'assemblea dell'i i dicembre scorso) e precisamente la prima volta per denunciare l'esistenza del problema, la seconda per indicare quali ne sono (a giudizio degli estensori del documento) le cause, la terza per indicare una strategia per impedire le occupazioni abusive, la quarta per evitare che si verifichino sul nascere, la quinta per indicare quali dovrebbero essere gli atteggiamenti che (sempre a giudizio degli estensori del documento) dovrebbero esser tenuti nei confronti di ogni singolo occupante e la sesta per dire che tutte le questioni legate alle decisioni prese sulle occupazioni abusive dovrebbero passare dalle Commissioni decentramento dello I.A.C. P.M. Le altre due volte cui si fa cenno della questione nell'articolo è nel testo integrale, scritto tra virgolette, della mozione approvata dall'assemblea dell'i l dicembre. Non ci sembra, quindi, di aver "tenuto bordone" a chicchessia. Ma vogliamo dire un'altra cosa all'avv. Accetti: quando lo I.A.C.P. M. comincerà realmente ad estromettere dalle sue case quanti (siano essi occupanti abusivi o regolari assegnatari il cui reddito supera oggi, a volte di gran lunga, quello previsto dai bandi di concorso) non hanno diritto all'alloggio popolare, per far posto a chi ne ha invece diritto, ci troverà senz'altro al suo fianco, ci può contare.
Verso