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L'uomo di marmo

Un film che riflette sulla Polonia di ieri per capire la Polonia di oggi

Al di là della connessione che il film "L'uomo di marmo", di Andrei Wajda, visto il 5 gennaio '82 sulla seconda rete televisiva ha con i drammatici eventi polacchi e quindi con una carica emotiva particolare, oggi ancor più di ieri, diciamo che il film di Wajda è un grande film, indipendentemente dai risvolti e dai significati che ha assunto in seguito.

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Grande film per diverse ragioni, ma soprattutto perchè segna una tappa fondamentale per tutta la Cinematografia dei paesi dell'Est. Mai, in maniera così incisiva, un film girato nell'Est aveva riflettuto sulla sua storia più recente, dando un senso continuo allo sviluppo sociale, etico, politico di quel paese, meditando "sul lato peggiore della nostra storia" come ebbe a dire Wajda stesso.

Il film ci sembra scevro da intenti polemici, l'autore coinvolge tutti nella riflessione e, in primo luogo se stesso, mettendosi nei titoli di testa fra gli au- tori di un documentario sull'eroe del lavoro Birkut, protagonista del film. È un modo di prevenire le critiche, ha scritto qualcuno, noi siamo più propensi a credere nella buona fede del regista, fedele ai suoi intenti di riflessione collettiva.

Privo di polemiche si è detto e sia, ma proprio per questa sua forza di onestà, il film è ancora più realistico e attendibile, tanto più che riflette sulla Polonia di ieri per capire quella di oggi.

E qui, ci pare, Wajda raggiunge i momenti più felici del suo lavoro.

La formula del "film nel film" in questo senso è la più azzeccata e i richiami diventano evidenti. Assistiamo all'evoluzione dei personaggi senza alcuna retorica, senza cedimenti al facile romanticismo. La strada percorsa, il punto d'arrivo, di volta in volta dell'amico, della spia di partito, del grande regista, della moglie di Birkut sono documento, specchio fedele della Polonia di ieri e di oggi.

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