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CRISTIANA F.: NOI, I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO

È un grigio quartiere di Berlino la scena in cui si svolge la drammatica storia di Cristiana. Una storia vera, una storia di droga che verosimilmente avrebbe potuto essere vissuta a Milano o in molte altre città.

Raccontata evidenziando gli aspetti forse più violenti cui porta l'uso dell'eroina ed anche la violenza insita in un determinato tipo di società.

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Cristiana vive in un ambiente in cui il disfacimento del tessuto sociale raggiunge livelli estremamente elevati e che svolge la sola funzione di contenitore di materiale umano necessario alla vita produttiva. Dove l'isolamento individuale è direttamente proporzionale alla densità della popolazione e, proprio per questo, assurdo, è quasi inavvertibile.

Nessuna prospettiva, nessuna possibilità reale di muoversi per diventare parte attiva nel tessuto sociale.

E quando comincia a muoversi al di fuori di questo suo mondo Cristiana ha come soli punti di riferimento le sue esperienze e le sue conoscenze, tanto limitate quanto forgiate dall'intervento incessante di un certo tipo di mass - media. Non conosce Berlino ma un suo punto: il Sound — "la discoteca più moderna d'Europa", diceva un manifesto pubblicitario. Il suo unico mito è David Bowie di cui solo ascolta la musica. Ecco che allora l'idealizzazione di spazi reali e di personaggi costruiti comincia a manifestarsi, man mano che Cristiana conosce altri giovani e la città, come un rifiuto della realtà.

L'infatuazione, o forse l'amore, per un giovane che già si buca le crea un idolo che può conoscere, toccare. E se crediamo di essere fatti a somiglianza di un dio nulla è più lecito che fare ciò che egli fa. È cosi che la protagonista, presa dall'incarnazione dell'idolo, lo emula e si buca.

L'assuefazione alla droga fa il resto. La sua vita si riduce ben presto alla necessità di procurarsi il "buco" e l'unico mezzo attuabile che trova è la prostituzione. Ciò si scontra però, prima che con una qualche morale, con la perdita della purezza del suo ultimo sogno: l'amore. In questo modo tutto ciò che di ideale esisteva per lei svanisce nella realtà della sua vita. La discoteca non è più l'isola felice che all'inizio voleva raggiungere. Il buco non è più la fuga, il viaggio che le permetteva di sopperire alla squallida

Guardando la TV

realtà del Soun4 persa città del sole, ma è soltanto il "trip" che le permette di non star male.

Poco conta che per una volta riescano, lei e l'amico, a superare la crisi di astinenza, in quanto, rivivendo la stessa realtà sociale il loro ritorno alla droga è quasi dovuto.

Ci si chiede nel film che fare una volta liberati dalla morsa del buco? Niente, questo si risponde. E allora il tuffo nell'identica melma assume il significato di disfatta e di denuncia nei confronti di una struttura che sembra non esistere e che quasi si desidera: il potere. Non se ne era data quasi l'esistenza eppure viene, da ultimo, a liberare Cristiana. È la madre, comparsa solo marginalmente ad indicare la degradazione dei rapporti interpersonali, che la porta in un piccolo paese della campagna tedesca.

In un anno e mezzo Cristiana tornerà "pulita" non grazie a qualche azione sociale bensì a quella individuale sua e della madre.

Ma degli altri ragazzi dello zoo di Berlino che ne sarà? Non si sa, quando le cose sono lasciate al caso non si può sapere come andranno a finire.

Mauro Paoluzzi

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