La Nostra realtà zona 10 (2)

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MENSILE DI INFORMAZIONE • POLITICA • CULTURA

Il nostro giornale ha intenzione di partecipare alla campagna elettorale, se ci sarà, per le elezioni politiche anticipate. Vogliamo tener fede all'impegno che abbiamo preso con i cittadini dando vita al giornale: dare alla Zona 10 uno strumento di partecipazione.

Quella che dovremo affrontare sarà una campagna elettorale per molti versi difficile: per le condizioni generali del Paese, per il modo in cui ci si è arrivati. per le prospettive che potrà aprire; ed è anche per questo che vogliamo contribuire a far sì che sia una campagna elettorale diversa.

Le organizzazioni e gli apparati dei partiti, probabilmente, sono già mobilitati e sicuramente faranno di tutto affinché il loro messaggio giunga a tutti i cittadini elettori, non si tratterà quindi, per noi de "la nostra realtà" di fare la propaganda elettorale pura e semplice dimenticando l'impegno e la linea del giornale.

Anche in questa circostanza noi vogliamo portare un contributo all'informazione e alla partecipazione dei cittadini.

Il prossimo numero de "la nostra realtà" sarà tutto dedicato alle elezioni. Diciamo subito che la nostra posizione non sarà agnostica perchè, al di là delle nostre convinzioni personali, sarebbe estremamente grave di fronte alla crisi e allo sfacelo in cui si trova l'Italia fingere un'impossibile neutralità. Si contrappone a ciò una grande crescita e volontà di partecipazione e a questo, noi vogliamo partecipare. Abbiamo cercato, fin dall'inizio del nostro lavoro, di fare un giornale aperto al contributo di tutti, e questo sarà l'impegno che porteremo avanti con ancora maggior convinzione in futuro; ció non toglie peró, che la nostra scelta in favore di un radicale cambiamento della società sia per questo meno chiara.

Cerchiamo l'unità di tutte le forze democratiche della zona e in primo luogo dei grandi partiti popolari, convinti come siamo che senza il consenso e il contributo delle grandi masse non è possibile nessun rinnovamento; ma questo non significa che rinunciamo a dire che l'Italia è ridotta come è ridotta anche e soprattutto per colpa di trent'anni di malgoverno democristiano. Faremo di tutto per convincere

„7 - i cittadini che è ora di cambiare, che si può cambiare. In trent'anni è cambiata: è ora di cambiare il governo.

é ora di cambiare il governo

SPECIALE RESISTENZA

Continuità della rivoluzione democratica pagg. 7- 8- 9- 10

INCHIESTA:

Crisi: esercenti allo sbaraglio pagg. 14-15

•LIRE
NUMERO 3
200

ELEZIONI POLITICHE ANTICIPATE

Già questa non prevista scadenza dimostra quanto profonda sia la crisi che attraversa l'Italia, e indica le vere responsabilità di chi non ha saputo governare il paese.

Il 15 giugno aveva segnato una chiara volontà democratica e di rinnova-i mento. Bastava un minimo senso di' responsabilità da parte di chi è da ben 30 anni alla guida della nazione, per comprendere le profonde aspirazioni del popolo e le indicazioni che da esso provenivano. Ma ancora una volta la tattica del rinvio, il totale disinteresse per i problemi delle masse ed i meschini calcoli di partito o addirittura di corrente, hanno prevalso suli 'interesse nazionale.

Lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche anticipate potevano essere evitate, non facendo pagare al paese Mia così dura prova in un momento in cui provvedimenti coraggiosi soprattutto per la nostra economia in sfacelo potevano essere tempestivamente appron- • tati per cercare con ampie convergenze di far uscire il paese dalla crisi. Perchè si doveva evitare questa ormai unica soluzione?

La crisi finanziaria, il nostro indebitamento con l'estero, la caduta della lira. l'inflazione galoppante. l'aumento del costo della vita, il calo della occupazione, le fabbriche in cassa integrazione ed i massicci licenziamenti. le stesse vertenze contrattuali di grosse categorie (metalmeccanici, chimici, edili ecc.) ancora lontane dalla conclusione, tutto questo esigeva un governo presente e capace di intervenire • con misure tempestive ed efficaci. Invece un governo che ha il solo prevalente scopo di guidare il paese 'solamente sino alle elezioni non può avere nè l'autorità nè il. prestigio per esercitare una efficace direzione in campo economico.

Inoltre, il clima che si determinerà per la battaglia elettorale può rischiare di essere aspro, aumentare le divisioni tra i partiti, in un momento in cui la ricerca responsabile di ampie convergenze e del contributo che tutti possono dare è la condizione indispensabile per cercare di affrontare i gravi problemi che ci impediscono di uscire da una stagnante arretratezza. Non un relativo vuoto di potere, ma una direzione 'capace era necessaria per l'Italia. Era possibile ottenere questo risultato? Noi riteniamo di si, per lo meno esso doveva essere tenacemente perseguito. D'altronde nei congressi nazionali del PSI del PSDI e nella stessa DC erano prevalse linee che rifiutavano lo scioglimento anticipato delle Camere, e venivano posti i presupposti di un apertura democratica e di confronto (non solo in Parlamento che è cosa ovvia) per intese anche con il PCI. Però tanto nel congresso DC quanto in quello del PSDI le risoluzioni finali erano tutt'altro che chiare e definite, ma certo una lieve apertura in senso democratico si era pur registrata. Ebbene questi spazi al confronto lasciavano ragionevolMente sperare a possibili intese. Anche l'iniziativa del PRI e di La Malfa per un accordo tra i partiti dell'arco costituzionale per accordi programmatici di politica economica, andava nella direzione di una ricerca di vasti contributi e collaborazioni Per la seconda volta consecutiva dalla Liberazione ad oggi (la prima fu nel 1972 con il ben noto governo Andreotti), il popolo italiano sarà chiamato alle urne anticipatamente ri- • spetto alla normale scadenza prevista dalle leggi. Si dovrà esprimere con un voto il giudizio su come L'Italia è sta-

ta governata finora e sulle proposte politiche e programmatiche che i partiti formuleranno per il futuro.

Il voto che ha visto uniti la DC al MSI contro tutti gli altri partiti sull'emendamento Piccoli all'art. 2 del testo concordato in. commissione (e votato anche dalla DC) ha fatto precipitare la crisi. L'incredibile voltafaccia democristiano ha di fatto prodotto la frattura fra tutte le forze democratiche. Gravi quindi le resrronsabilità DC per avere gettato il paese nel caos, con gravi atti di irresponsabilità che dall'aborto vanno all'economia e all'ordine pubblico. Davvero un bell'esordio per Zaccagnini, il segretario del rinnovamento! E che dire della recente nomina di Fanfani quali Presidente del Partito?

Il PSI prendeva subito l'iniziativa per proporre un governo d'emergenza e l'inserimento del PCI nell'arca di governo. Il PCI con un ripetuto appello al paese proponeva un accordo di fine legislatura, senza porre problemi di governo, su quattro temi precisi:

I) aborto misure economiche risanamento delle finanze dei comuni moralizzazione dello stato e ordine pubblico

Un appello quindi che offriva un'intesa ponendo problemi concreti senza farne una questione di schieramenti. Vasta eco questa proposta ha riscosso nella stampa, fra i partiti e nell'opinione pubblica. Ma la DC risponde rifiutando l'intesa con argomentazioni sibilline e pretestuose. Sostanzialmente dice di non poter accettare perchè il suo congresso non avrebbe deliberato nel senso dell'appello comunista, dicendosi pronta al confronto in Parlamento. Ma il confronto in parlamento è un fatto normale che vivaddio esiste ormai dalla Liberazione; il congresso DC si era espresso per un confronto per la ricerca di intese, il rifiuto contraddice il congresso. La DC poteva accettare, se davvero aveva a cuore le sorti del paese. Forse la DC (dopo lunghi giorni di silenzio e dopo non pochi contrasti interni) ripropone grosso modo la ripresa dell'iniziativa di La Malfa, quando questa era di fatto superata dagli avvenimenti e dalle successive proposte. Ancora una volta ha prevAlso l'attendismo e la "non scelta" dimostrando (se ce n'era bisogno) l'incapacità di dirigere la nostra società e la profonda crisi che la DC attraversa. Perciò tardiva, imbarazzata ed arretrata è stata la risposta ufficiale democristiana.

Non vi sono alibi, limpida è la responsabilità, non è pOssibile scaricare su altri partiti le proprie colpe, e tanto meno farle pagare al paese. Davvero curioso il tentativo di 'addossare al PSI le cause della crisi, se davvero si vogliono trovare i responsabili, basta guardare bene in casa democristiana!

Ora è fatta, andremo alle elezioni, tutti i ragionevoli tentativi sono stati respinti. In giugno il popolo esprimerà il suo giudizio e si dimostrerà che il 15 giugno 75 non è stato un fatto occasionale, talvolta il bis riesce ancora meglio. Ma intanto sempre più vertiginosa è la china che ci porta alle elezioni. Tre temi ci sembrano tra i piú preoccupanti: le lotte contrattuali ancora lontane dal concludersi in quadro economico di progressivo aumento del caro-vita, inflazione e disoccupazione. la ripresa in forme nuove della "strategia della tensione" e della

Correva l'anno di grazia 1939, la tragedia che di lì a poco avrebbe sconvolto il mondo intero era già nell'aria, qui da noi si cantava: nell'Italia dei fascisti anche i bimbi son guerrieri e quelli di noi che erano già più adulti (come età s'intende e non come valore guerriero) dovevano presentarsi alla domenica mattina alle sedi rionali del fascio per l'istruzione "PREMIL1T ARE". La partecipazione non era per la verità delle più massicce ma la paura di possibili rappresaglie per chi non si presentava, vuoi sulle famiglie, vuoi sul posto di lavoro, faceva si che un buon numero di questi giovani si trovasse con la faccia assonnata al "virile appuntamento".

I severi ordini dei gerarchi incominciavano a quei tempi a mostrare la corda; l'obbligo di presentarsi in divisa non era più tassativo e anche quello d'indossare almeno la camicia nera non era osservato da tutti. Naturalmente tutto questo rendeva in certo qual modo più dcile il lavoro agli istruttori volontari che invece si presentavano impeccabili nelle divise stirate di fresco, con i gradi cuciti da poco, le mostrine delle varie Campagne bene in vista (cosa non difficile perchè a quell'epoca le Campagne si sprecavano) e gli stivali tirati a specchio. Una levataccia, tanta coreografia per trovarsi di fronte una specie d'armata Brancaleone con giacchette striminzite, calzoni corti o alla zuava, camice dei più svariati colori ( escluso il rosso naturalmente) e i più eterogenei tipi di calzature che andavano dagli scarponi da montagna, alle scarpe da tennis e, nella stagione buona, persino ai sandali. 11 loro motto doveva essere "La Patria si serve anche facendo la guardia a un bidone di benzina" ma essendo in quel periodo scarsi i distributori e basso il prezzo del carburante, ripiegavano, anche se a malincuore, al ruolo di istruttori di queste armate di baldi giovani un po' trasandati. Ci dividevano in squadre composte, se ben ricordo, da una ventina di noi e si procedeva all'appello. E qui incominciavano i guai perché quasi sempre qualcuno rispondeva "Presente" un paio di volte per coprire l'amico che le domenica prima l'aveva fatto per lui e alla fine dell'appello i conti non tornavano mai. E' vero che l'istruttore .s'arrabbiava da matti, ma intanto con quello stratagemma avevamo risparmiato una ventina di minuti di fatica e tanto ci bastava. Ristabilita l'esatta eqiiazione: presenti i presenti, assenti gli assenti, si iniziava le vera e propria istruzione. Attenti! Petto in fuori!

Pancia in dentro! (quest'ordine venne soppresso poco più avanti con il razionamento) Fianco dest! (la sinistra era fuori legge) Avanti march!

Come le squadre si mettevano in marcia lungo le strade del quartiere l'ordisse era di intonare dei canti patriottici, ma purtroppo anche qui le cose non andavano sempre bene, non tanto per i soliti stonati o perchè non conoscessimo gli inni (a scuola ci avevano riempito la testa di questi) ma perchè i soliti ignoti ne approfittavano per storpiare

provocazione.

3) la deboleLza relativa del tessuto unitario a livello nazionale e del quadro politico favorisce i processi degenerativi dello stato.

Puntuali come sempre in occasione delle grandi battaglie contrattuali e delle elezioni si rifanno vive le "brigate rosse" ed altri specialisti della provocazione anti-operaia e antidemocratica. Per questo riteniamo utile e pur nel fuoco della campagna elettorale, mantenere aperta e rilanciare la proposta unitaria per consentire collaborazioni e sforzi comuni per gettare le basi di una ripresa dell'economia e per il risanamento anche morale del paese. Nessuno .partito da solo o con maggioranze limitate potrà intraprendere questo cammino. Questi d'altronde saranno i problemi che ci troveremo ancora di fronte dopo le elezioni.

LOPE

le parole e dare al tutto un significato ben diverso da quello che il povero paroliere s'era prefisso. Il testo originale diceva: sempre prima è fiamma nera che s'imbosca e se la squaglia. Oppure: nude stanze, fredde e squallide nell'ora di studiar, e quelli: o nude stanze, fredde e squallide senza legna da bruciar. Quando poi nel pieno della marcia e alla fatidica strofa per vincere ci vogliono i leoni ..... qualcuno imitava e anche bene per giunta, il belato della pecora. Il povero capo squadra non resisteva più e urlando ordinava il silenzio. Bene o male ci si avviava così allo spiazzo scelto per le esercitazioni. 1 temi della nostra preparazione militare vertevano soprattutto sulla difesa antiaerea e quella contro i gas asfissianti.

Per abbattere i bombardieri delle "DEMOPLUTOGIUDA1COC RAZIEOCCIDENTALI" non avendo a disposizione nessun cannone antiaereo mezzo similare, ci si limitava a puntare verso il cielo qualche vecchio fucile mod. 91, mentre per difenderci dai gas asfissianti ci si infilava a turno (non ce n'erano per tutti) delle maschere antigas che avevano però il difetto di appannare talmente la parte visiva al punto di impedirti qualsiasi movimento se non volevi rischiare di andare a sbattere contro qualcuno o qualcosa. Si provò persino, per dare più realismo.. alla cosa, farci passare attraverso una nube di fumo artificiale, chi con la ma-

schera e chi con il fazzoletto bagnato premuto sul naso. Ma anche in questa occasione i più fortunati che erano senza maschera e potevano muoversi con sicurezza, ne approfittavano per attraversare la nube e sparire definitivamente per tornarsene tranquilli a casa. L'esperimento non venne più ripetuto. Buon ultimo motivo di arrabbiatura per gli storici istruttori era la presenza continua nei pressi del campo di manovra di intere bande di ragazzini che, per niente intimiditi e della divisa e dell'alto valore marziale dei loro sforzi, si divertivano un mondo ad imitare con i gesti e le parole chi ci comandava sicuri come erano di non incorrere neppure in un benevolo "ragazzino fai largo e lasciami lavorare". Purtroppo però il tuono che ormai brontolava su mezza Europa si stava avvicinando sempre più e le prime bombe francesi che caddero•su Milano a poche ore dalla dichiarazione di guerra proprio qui nella nostra zona all'angolo fra Via dei Transiti (che allora si chiamava Aldo Sette) e Via Padova cancellarono di colpo questa scenografia da operetta per lasciare il posto a quella di una immane tragedia che pochi illusi accettarono, che coinvolse tutti nella sofferenza e nei lutti e che molti di noi vissero lottando per creare un mondo più giusto, un mondo dove i bimbi fossero semplicemente bimbi; magari anche da grandi!

Gironi

viale monza, 83

Voluta e creata dai cittadini della zona 10, la cooperativa CASA DEL POPOLO costituisce da trent'anni un punto d'incontro dove la discussione si accompagna al gioco distensivo, tra amici non occasionali.

i/noc•
DEL
LA COOPERATIVA
eccetto
) In Cooperativa stare assieme costa meno. 2
APERTA TUTTI I GIORNI (
il martedì
La risposta negativa della DC alla proposta comunista impedisce la possibilità di intese
TE SE RICORDET.. fianco dest
abbonatevi

Bisognava farlo, l'abbiamo fatto!

Un "niente" che deve diventare "molto"

Miranda Baldi: Mira per gli amici di oggi, "Nanda" durante la lotta di liberazione per i compagni della clandestinità, così come era stata "Nanda" nella vecchia casa fiorentina per il padre e i fratelli, "Nanda" per i compagni di gioco del rione Santa Croce, ragazzina anche lei, fra loro, nelle stesse strade, negli stessi vicoli, e a dividere merende e giochi e corse in bicicletta; "Anche se non riuscivo allora a spiegarmi perchè mai io avessi sempre giocattoli bellissimi e guanti caldi e gli altri solo bambole di pezza e mani nude". Ragazzina ancora e sgomenta, ma già consapevole, quando le squadracce fasciste irrompevano di notte, ogni notte, nella sua casa, e il padre veniva minacciato e percosso, e di queste percosse in seguito morì. Il fascismo fu anche questo: svegliarsi di notte con la paura, tremare quando qualcuno che si ama tarda a tornare, distogliere gli occhi se si incontra il compagno di un tempo che è passato dall'altra parte, e nei suoi lineamenti non c'è più amicizia, ma prepotenza e arroganza.

"Rifiutai di iscrivermi al GUF (Gruppi Universitari Fascisti)e do-

vetti abbandonare la Facoltà di Medicina. Allora ero in contatto con la rivista "Campo di Marte", conoscevo Pratolini, Alfonso Gatto, ogni tanto facevo delle recensioni cinematografiche, ma soprattutto volevo parlare, capire, imparare. Poi non mi fu più possibile rimanere a Firenze, scappai a Milano, feci l'operaia, tanti mestieri diversi per sopravvivere. Era il 1938, avevo allora 26 anni. Entrai a far parte dei nuclei antifascisti: si distribuiva la stampa clandestina, si facevano raccolte per detenuti politici..." Poi l'8 settembre e la necessità per tutti di una scelta: la difesa contro il furore dei tedeschi e dei fascisti diventa lotta organizzata, volontà di liberazione. "Requisivamo io e Aldo Tortorella, un ragazzino allora, gli automezzi per far fuggire gli exdetenuti e gli ebrei, per allontanarli dalla città. Un giorno mi presero: ricordo che avevo con me una grossa somma di denaro che dovevo consegnare ai compagni e mi disperavo all'idea che dovesse cadere in mano ai tedeschi. Nel cellulare che mi portava a San Vittore c'erano con me due pro-

stitute: affidai a loro il denaro, diedi l'indirizzo;• fra me pensavo che non l'avrebbero mai consegnato, ma, mi dicevo, sempre meglio a loro che ai tedeschi. Seppi poi, invece, che l'avevano portato, proprio là dove avevo detto. Anche questo, credo, è stata la Resistenza." Rilasciata l'anno seguente, fu mandata dal CVL nell'Otrepo Pavese, in montagna a combattere. Lei che aveva imparato a sparare nella tenuta di caccia della sua famiglia e sparava solo alle foglie e ai barattoli perchè "per nulla al mondo avrei colpito un essere vivente", proprio lei, in quegli anni, si ritrovò di nuovo con le armi in pugno, comandante del 9° distaccamento della 117a. brigata Garibaldi, a fianco di uomini leggendari come Li Causi, Pesce, Negarville, a sparare non più alle foglie e agli alberi, ma a quelli stessi che le avevano ucciso il padre poi un fratello, che avevano terrorizzato le sue notti di bambina, che avevano, con arrogante violenza, calpestato la coscienza di un popolo. "Ho sempre cercato di sparare il meno possibile, solo quando era necessario. Bisognava ricostruire, recuperare, non distruggere, e la vita umana ha un valore. Anche in questo noi eravamo diversi dai fascisti e l'abisso che ci separava da loro era non solo politico, ma morale".

Per noi che siamo venuti dopo e su questi valori, su queste idee abbiamo costruito la nostra vita e la nostra coscienza, la lotta di Liberazione acquista a volte i contorni di una favola lontana ed eroica e viene spontaneo chiederci se anche noi allora avremmo agito così e se oggi, nelle stesse circostanze, avremmo noi pure quella volontà o non saremmo piuttosto vinti dallo sgomento e dalla paura. Ma come hai fatto, Mira, come ci sei riuscita?

E la sua risposta, come quella di tutti i partigiani di allora, uomini e donne oggi di mezz'età, sconosciuti quasi sempre, alle prese come noi con i problemi quotidiani di questa vita ancora aspra e difficile, ma che ci fu consegnata piena di promesse, la sua risposta, la loro risposta è sempre questa, e non può essere che questa: "Così: bisognava farlo, l'abbiamo fatto".

Stiamo vivendo la più grave crisi economica dal dopoguerra ad oggi. E' una crisi profonda, che colpisce in modo pesante la stabilità economica delle famiglie di salariati e lavoratori. L'immediata conseguenza è stato l'aumento dei prezzi dei generi di prima necessità (pane, pasta, olio, carni, zucchero, sale, ecc.),In Italia, poi, alla crisi energetica diffusa in tutto il mondo si è senz'altro aggiunto l'aggiottaggio, per non dire corruzione, che ha portato ad un ulteriore, scandaloso aumento dei prezzi. Non esito quindi ad individuare, al di là delle cause oggettive della crisi, le gravi responsabilità del governo che non ha saputo , o non ha voluto, con la sua consueta debolezza e indecisione, stroncare l'azione disonesta degli speculatori. Porto un solo esempio: al rincaro dello zucchero, dell'olio, della benzina e del gasolio si è giunti dopo una serie di ricatti e di pressioni esercitati attraverso finte esportazioni e successive reimportazioni, cioè con l'imboscamento degli stessi prodotti da parte delle industrie e dei grossisti.

Ovviamente, a Milano, come del resto in tutta Italia, le zone che più hanno sofferto e soffrono della crisi economica sono quelle popolari. Noi tutti della zona 10 ricordiamo senz'altro bene che, due anni fa, pensionati, bambini, famiglie intere dovettero stare al freddo perchè le imprese e i grossisti non fornivano di kerosene i distributori, per spingere al rialzo dei prezzi.

E non è per caso che proprio nelle zone popolari di Milano abbiano avuto un qualche successo i mercatini rossi organizzati dalla sinistra extraparlamentare. Anche la .nostra zona ha avuto l'onore, per ben due sabato-mattine, di ospitare tali "vendite alternative". Al di là di ogni polemica e di ogni valutazione politica, bisogna riconoscere che queste iniziative, se pur provvisorie e di scarso respiro, hanno attirato l'attenzione un po' di tutti sul grave problema del caro vita, l'hanno, se così ci si può esprimere, fatto esplodere, almeno qui a Milano. Qualcuno forse potrebbe chiedersi come una grande organizzazione come la federazione unitaria C.G.I.L. C.I.S.L. U.I.L. si sia fatta scappare questa bellissima idea, che, a sentir qualcuno, ha avuto tanto successo. Mah, forse perchè illudere la gente non è costume dell'organizzazione sindacale che difende i diritti dei lavoratori. La lotta alla intermediazione parassitaria non va avanti con qualche bancarella davanti ai supermercati. Ma è necessario creare le condizioni per cui gli Enti Locali e le stesse partecipazioni statali possano realmente controllare il settore del mercato all'ingrosso, che oggi è in mano a grandi gruppi finanziari che

tra gli altri si chiamano Montedison e Fiat. Nel sistema commerciale milanese sono molti i nodi da sciogliere, triste eredità della passata amministrazione. Il comitato provinciale prezzi, carico di denunce per omissione d'atti d'ufficio, come nel caso degli aumenti del gas; l'ortomercato, dove spadroneggiano mafia e imbroglioni; i macelli comunali, chiaramente sottoutilizzati; i meccanismi di sdoganamento, che oggi rendono possibili artificiosi aumenti di prezzo per questioni di cambio; la So.Ve.Co., la società comunale per le vendite controllate, da tempo investita da polemiche. Ecco, vorrei soffermarmi un attimo di più su quest'ultimo punto, perchè forse è quello che si può sciogliere più in fretta. Infatti si è da poco rinnovato il Consiglio di amministrazione della So.Ve.Co., si è presentato un nuovo programma di vendite, e si tenta così un rilancio della società.

Il primo intervento della So.Ve.Co. si ebbe nei primi anni del dopoguerra, quando, per iniziativa dell'assessore all'Annona, Montagnani, si vendevano i sacchettini di pesce fritto; si tentava così di alleviare il disagio provocato dagli alti costi sia del cibo, sia del gas per cuocerlo. Ci fu poi un periodo di inattività, durante il quale il servizio era svolto da privati, che acquistavano al mercato ortofrutticolo i residui della contrattazione mattutina, li confezionavano e li rivendevano sotto la protezione comunale. Dal 1968 al 1972 le vendite controllate dal comune erano affidate all'Alleanza cooperative lombarde, un organismo che raggruppava tutte le cooperative di ogni tendenza nel settore del consumo. Infine, la "nuova" So.Ve.Co.: ma dal '72 ad oggi, nonostante le nutrite sovvenzioni del comune (alcune centinaia di milioni), non è mai riuscita a svolgere una azione di qualche rilievo. Infatti ,oggi la So.Ve.Co. vende soltanto frutta e verdura ed il suo intervento copre poco meno del 2% del consumo della città. Appare chiara, a questo punto, la necessità che la So.Ve.Co. venga ristrutturata e assuma il ruolo che le compete tra produttori e dettaglianti; che potenzi e ampli i suoi punti di vendita agendo su tutti i prodotti di prima necessità: che si decida ad esempio, a vendere anche la carne, cosa fin ora mai fatta. Con queste prerogative, la So.Ve.Co. potrebbe essere una valida soluzione al problema del carovita: ma allora il comune di Milano dovrà fare tutto il possibile per trasformare la Società per le Vendite Controllate dall'attuale "niente" in uno strumento di efficace intervento.

F.F.

RIPARTIZIONE DECENTRAMENTO

Consiglio di Zona n. 10 "Monza-Padova"

MOZIONE APPROVATA DAL CONSIGLIO DI ZONA

NELLA SEDUTA DEL 24 MARZO 1976

Pur senza la pretesa di esprimere, In questa sede, una valutazione politica complessiva sul problema dell'occupazione dell'exdazlo, non è superfluo fare qualche considerazione sul comportamento dei giovani occupanti e sulla loro concezione della democrazia e della partecipazione.

Il ventisette marzo, otto giorni dopo aver occupato i locali dell'ex dazio, essi hanno avuto la brillante idea di "far decidere al quartiere" la destinazione dell'area: si sono riuniti in circa cinquanta, e chi si aspettava di sentire i cittadini intervenire è rimasto deluso. C'erano soltanto alcune decine di giovani in buona parte estranei al quartiere, ma dei cittadini e dei lavoratori del quartiere neanche l'ombra.E ciò è comprensibile se si considera che neanche un invito è stato inoltrato alle organizzazioni politiche o alle forze sociali

presenti nel quartiere. Alla fine, dimenticandosi che il C. di Z. in seguito ad ampie consultazioni di base aveva già stabilito di utilizzare l'area per servizi sociali, e che alla stessa decisione erano giunti i cittadini che avevano partecipato all'assemblea del 25.9.75, indetta dalla cooperativa I° Maggio e dal circolo culturale P. Neruda, alla presenza dell'assessore all'edilizia popolare C. Cuomo, hanno stabilito per proprio conto di fare uno di quei centri sociali che altro non sono che le sedi di gruppi extraparlamentari.

Il consiglio di zona ha stabilito di creare una commissione che studi l'utilizzazione immediata delle aree vincolate a servizi sociali. Appare quindi abbastanza strumentale l'operato di costoro che richiamandosi alla effettiva volontà popolare non solo "decidono" senza la gente del quartiere, ma mettono in discussione le democratiche decisioni prese dalla cittadinanza e da coloro che la rappresentano.

Il Consiglio di Zona 10, di fronte all'episodio dell'occupazione di due immobili comunali — l'area dell'ex casello daziario di Viale Monza e la Cascina di Via S. Mamete esprime la sua condanna per questo tipo di iniziativa, che non favorisce certamente la razionale utilizzazione delle aree e degli immobili comunali a fini di servizi sociali, ostacola la collaborazione fra forze politiche e sociali della zona e nega la funzione stessa del Consiglio di Zona come interprete delle esigenze della cittadinanza.

Anche se azioni di questo genere costituiscono un evidente sintomo della profonda situazione di disagio dei giovani, che non dispongono di centri sociali e culturali e rimangono quindi abbandonati ai rischi della disgregazione sociale della droga e della delinquenza, íl Consiglio di Zona riafferma che solo attraverso una corretta programmazione, condotta con metodo aperto e democratico, si possono avviare a soluzione tali gravi problemi.

Si sottolinea inoltre l'opportunità che, in attesa dell'attuazione del piano dei servizi che viene elaborato in questo periodo e che indicherà la destinazione definitiva dei beni del demanio comunale, si propongano all'Amministrazione Civica possibili utilizzazioni temporanee di stabili e aree comunali attualmente non usate, sotto il controllo diretto del Consiglio di Zona.

Allegato "B" al verbale della seduta del 24.3.1976

GENTE FRA NOI
SO.VE.CO
Si può dare una valida soluzione al problema del carovita

Per l'ennesima volta esco dalla fabbrica, dove lavoro, con i nervi a fior di pelle, la causa di questo è il mio capo reparto.

Mi perseguita, mi incarica molto spesso lavori sporchi e insignificanti, mentre invece io credo di essere in grado di svolgere lavori molto più importanti.

Senz'altro ce l'ha con me, perchè ho sempre votato Democrazia Cristiana, per rispetto della Chiesa e ho sempre respinto la tessera dei sindacati. Non per la spesa, ma perchè la democrazia vige in Italia, per tanto come può un padrone sfruttare i lavoratori, se la legge è uguale per tutti?

Comunque un giorno o l'altro chiarirò tutto al direttore, solo lui potrà mettere a posto la faccenda, perchè so che è una persona molto brava e molto buona con noi operai, tanto è vero che, ogni giorno ci fa fare due ore di straordinario.

Arrivato all'edicola, acquisto il solito giornale, pieno di fatti di sangue, di rivolte e di pubblicità. Ma la mia attenzione è attratta dalle lettere cubitali in prima pagina: COLPO DI STATO

IN CILE. Leggo con avidità e l'articolista scrive che ci sono stati molti morti e disordini in tutto il paese.

Queste notizie mi turbano sempre, comunque io sono molto fortunato a vivere in un paese democratico.

Mi sento chiamare, mi giro e vedo Chico, un mio amico caro, è venuto per sapere se ho parlato col direttore dell'azienda, per quanto riguarda un posto di lavoro.

Povero Chico è senza lavoro da oltre due mesi, con moglie e due figli a carico. Molte volte gli ho offerto dei soldi e

lui li ha sempre rifiutati. Chico nonostante disoccupato partecipa alle dimostrazioni sindacali e ascolta i comizi comunisti, ecco perchè non trova lavoro, io gli ho sempre detto di lasciar perdere la politica, la politica non è fatta per noi, la politica è sporca. Chico senza parlare, mi guarda sconvolto e va via, lo inseguo e chiedo le sue intenzioni. Sarebbe andato a dimostrare in piazza, avrebbe fatto sapere alla gente della strada le sue condizioni, con cartelli legati al collo. Ho cercato di dissuaderlo, ma lui è ormai deciso e corre verso il centro.

Io non lo farei mai, un senso di vergogna e di paura mi prenderebbe lo stomaco e la gola.

Chico è ormai sparito fra la gente che affolla le strade; lo inseguo, ma lo raggiungo ormai in piazza, seduto per terra con due cartelli recanti i seguenti

scritti: 'SPOSATO CON MOGLIE E

DUE FIGLI; SENZA LAVORO: e l'

altro: 'CASA, MUTUA, LAVORO E

LIBERTA', DIRITTO F DI OGNI

ESSERE UMANO:

La gente si jerma, lo guarda ridendo e si allontana, ma molte altre persone si fermano, lo scrutano, gli girano intorno e discutono.

Ci è giunto in redazione questo gustoso, ed amaro, bozzetto scritto da un nostro concittadino: lo pubblichiamo senz'altro; si commenta da sé.

potrò partecipare; perchè a quell'ora mi viene sempre un forte mal di testa.

Come tutte le mattine mi trovo sul posto di lavoro cinque minuti prima che suoni la campana delle otto, in ottima forma e già circola la voce di uno sciopero della durata di due ore per i fatti accaduti in Cile. Andiamo in mensa e un mio collega sindacalista prende la parola, uno che la sa lunga, io non capisco niente quando parla quello, pertanto diffido sempre di lui.

Inizia dicendo che la democrazia è stata calpestata dai militari cileni, la quale è il terreno indispensabile per un confronto politico e sociale, che è l'intimo nesso tra famiglia e realtà, il che sfocia in un rapporto umano fra la gente. E sottolinea a gran voce che ogni paese, che fonda la propria costituzione sulla repressione e su una falsa democrazia, ben presto cadrà sotto la forte spinta del movimento operaio, per una sola ragione, per una speranza che tutti gli oppressi conservano dentro di sè, la libertà.

Il cane è amico dell'uomo

Io veramente non condivido questo, per me la libertà è qualcosa che ogni uomo si costruisce per sè. Tanto è vero che, la libertà familiare mia l'ho costruita sul rispetto, cioè i figli devono rispettare il padre e la madre, la moglie deve rispetto al marito, capo famiglia, poichè colosso della casa, che ha fatto della moglie l'ANGELO DEL FOCOLARE.

Infatti da quando mi sono sposato, la mia famiglia è rispettabile e seria, dialoghiamo poco e non abbiamo amicizie.

Di Tommaso Pino

Parole.....parole.....parole

Assodato che l'Italia è il Paese che consuma più carta degli altri ma purtroppo è quello che ne legge meno di tutti, potrebbe avere anche una sua logica il fatto che a Milano e naturalmente anche nella nostra zona, qualcuno, preoccupato di questo fatto si sente autorizzato ad appiccicare carta su carta nei posti più impensati e talvolta anche nei meno adatti. Ma non solo, una volta accertato che in alcune regioni del paese abbiamo un tasso di analfabetismo che tocca il 50%, altre persone o magari le stesse non trovano di meglio che scrivere sui muri delle case, sui cartelli indicatori del metrò, suile stesse vetture. ecc. ecc.

Premesso che queste od altre forme di propaganda diretta, attuata con l'intelligenza del caso in determinati momenti della storia del nostro paese da tutte le forze politiche non ci hanno mai trovato dissenzienti, a questo punto ci pare

Io non mi avvicino, ho quasi vergogna, far sapere che Chico è mio amico. Ormai sono tre ore che Chico è fermo in piazza, circondato da una folla che deride il povero dimostrante. Non posso più aspettare, mia moglie mi attende per la cena e poi alle ore 21 dovrò partecipare ad una assemblea, indetta dal consiglio di circolo della scuola elementare che frequenta mio figlio. Ma io non doveroso però fare una precisazione. Le svastiche, le scritte antisemitiche o di apologia del fascismo sono forme demenziali e chi le pratica, vista la lentezza con la quale sono perseguiti dalla giustizia italiana, consigliamo H ricovero in case di cura specializzate (magari in Spagna). Agli autori invece di quei manifesti o scritte che invitano al furto, che incitano alla violenza (facendo oltretutto la pubblicità gratuita ad una nota marca di chiavi inglesi) e che osannano all'uso liberalizzato della droga, dobbiamo dire a CHIARE LETTERE che non hannc capito niente della stria del movimento operaio e delle lotte che questo porta avanti giorno dopo giorno dentro e fuori della fabbrica perchè finalmente gli venga adesso riconosciuto il ruolo di partecipe primario della vita democratica del paese. Non vi pare che qualche manifesto in meno (non è un mistero per

nessuno che costano molto cari) e un maggiore rispetto per quello che è patrimonio di tutta la collettività darebbero di certo più credibilità autentica a chi si professa idealmente alleato dei lavoratori?

Tutto il resto lascia il tempo che trova e ci fa tornare alla mente il Pierino dell'epoca che si considerava rivoluzionario perchè scriveva con il gesso sui muri "ABBASSO LA SCUOLA." Facciamo di buon grado nostra l'iniziativa proposta dal Comune di Milano di mettere a disposizione di tutti degli appositi spazi per l'informazione a mezzo stampa od altro, potrebbe essere questo un ottimo banco di prova per misurare la maturità raggiunta da una città come quella in cui viviamo, che vanta giustamente livelli europei e che non mostra certo oggi come oggi, anche al turista più disattento, una bella immagine di sè. Naturalmente non per colpa di chi lavora.

Nello scorso numero di questo giornale abbiamo parlato delle difficoltà che trova il pedone milanese a camminare sui marciapiedi quanto questi vengono adibiti dagli automobilisti indisciplinati a parcheggio abusivo delle loro macchine. Ma c'è un altro problema che rende sempre più spesso inagibile questo ristrettissimo spazio, ed è quello dei cani. Se ne è parlato anche recentemente in un dibattito organizzato dal nostro Comune. Questi poveri animali (non vedo proprio come si possa definirli diversamente) costretti a vivere in pochi metri quadrati e privati delle più naturali libertà che sono prerogativa della loro specie, vengono "EDUCATI" dai loro padroni a depositare puntualmente i loro escrementi sul marciapiede

si mangia bene alla Trattoria

Cauenta

purchè questo disti almeno una decina di metri dal loro portone dove abitano. Troppa fatica per questi improvvisati cinofili accompagnare il loro animale in un luogo più discreto, forse nè loro nè i loro figli usano mai il marciapiede e non corrono quindi il rischio di imbrattarsi le scarpe. Ma a chi lo usa, credetelo, lo spettacolo che gli si offre in certe ore della giornata è semplicemente rivoltante. E' ingiusto e su questo siamo tutti d'accordo, prendersela con questi infelici animali ma è doveroso richiamare i loro immeritevoli padroni ad un maggiore senso di civismo e di rispetto per la collettività. Il cane è amico dell'uomo, ma non sempre nell'uomo trova un amico e che lo crediate o meno questo ne è un ulteriore esempio.

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Nuova diffida del Comune alla SOGENE dopo la sorprendente sentenza del TAR

Bloccati gli scavi in piazzale Loreto

La licenza edilizia, vecchia di dieci anni e rimasta ineseguita per responsabilità della immobiliare, non è più utilizzabile: la convenzione prevedeva la fine dei lavori per il 1970 - l'area è ora inserita nel piano dei servizi di quartiere

Ribadita la decadenza della licenza di edificazione, il Comune ha inviato l'altro giorno — con una lettera dell'assessore all'Edilizia privata, Achille Sacconi — formale diffida alla SOGENE dall'effettuare lavori nel cantiere di piazzale Loreto. I lavori sono stati nelle settimane scorse ripresi in. seguito ad una sentenza del TAR (Tribunale amministrativo regionale - Sezione regionale del Consiglio (-P Stato) che non ha riconosciuto valida la decadenza della licenza edilizia comminata dal Comune lo scorso anno per largo superamento dei termini di esecuzione previsti dalla legge, accogliendo il ricorso della SOGENE.

La sentenza del TAR — che interviene a favore dell'immobiliare privata con argomenti di una fragilità sconcertante -- e stata studiata dall'Avvocatura comunale; col conforto del suo parere l'assessorato all'Edilizia privata ha disposto una nuova diffida con motivazioni che non lasciano alcun margine per scappatoie giuridiche a favore dei privati. Si apre, così, una nuova fase della lunga battaglia tra Comune :e immobiliare privata per far valere l'interesse della collettività e, insieme, il rispetto delle leggi.

La storia dell'area Pirelli di piazzale Loreto e del suo sfruttamento è presto fatta. Sulla base di una convenzione del 1964, veniva consentito alla società « Alberghi ambrosiani» di costruirvi circa 180 mila metri cubi di albergo e uffici, organizzati in due corpi mostruosi: un edificio circolare di otto piani in fregio al piazzale per l'albergo e, alle spalle, un grattacielo di 25 piani per gli uffici.

La convenzione prevedeva la ultimazione delle opere entro cinque anni, cioè per il 1970. La licenza di edificazione, giustificata da quella convenzione, venne rilasciata nel 1965 e rimase di fatto inutilizzata. Il cantiere, infatti, che fu installato sull'area si limitò a fare uno scavo, a puntellarne le pareti per impedire fraanìnentiTà Wieftere ti

ranti per assicurare il tutto. Passarono gli anni senza che si ponésse mano alla edificazione. Era evidente che lo spostamento di materiale, dove avrebbero dovuto sorgere le fondamenta del complesso, voleva essere un comodo alibi per tenere in vita una licenza edilizia alla quale il regolamento comunale concede sei mesi per diventare effettivamente esecutiva, pena la decadenza.

Alla fine degli anni '60 parecchie cose, però, avevano cominciato ad essere diverse anche a Milano. Erano sorti, per esempio, sotto la spinta dell'iniziativa unitaria delle forze politiche nei quartieri, i primi esperimenti di decentramento. E, con esso, un collegamento potente tra le lotte di massa e l'azione del Comune. L'area Pirelli di piazzale Loreto divenne un momento importante di mobilitazione delle .tre zone che convergono sulla piazza, e in particolare della zona 11 Città Studi-Argonne, impegnate a recuperare un livello di vita più civile in una città depredata dalla speculazione. La costruzione del mastodontico complesso terziario-alberghiero in un punto già estremamente congestionato della zona centrale cittadina, su un'area che è l'unica rimasta inedificata utilizzabile per servizi mancanti nelle zone, venne contestata dai cittadini e dai Consigli di zona che rivendicarono la sua destinazione a servizi previa l'applicazione del regolamento comunale: la licenza edilizia era scaduta da molto più di sei mesi; da anni i lavori erano fermi ai primissimi scavi; la licenza doveva essere revocata. Tra mille esitazioni e difficoltà, con l'immobiliare che cercava di reagire all'iniziativa delle zone facendo a distanza di anni quel che avrebbe dovuto fare prima, incurante di ordinanze e diffide, si giunse alla dichiarazione di decadenza della licenza edilizia con relativo obbligo di sospensione di ogni eventuale tardiva attività edilizia. L'area, su proposta dei Con-

Alcune domande al PSI

Oggi il paese stà attraversando uno dei momenti piú gravi della sua storia economica e politica: quali sono le indicazioni del PSI per risolvere la crisi?

' sigli di zona, è stata inserita nel piano- per i servizi di quartiere approvato dal Consiglio comunale lunedì scorso. • La SOGENE, divenuta nel frattempo titolare dell'area e della licenza, ricorreva al TAR (Tribunale amministrativo regionale) il quale in data 18 febbraio 1976 ha pubblicato la propria sentenza favorevole al ricorso dei privati. Sconcertante, come dicevamo, la fragilità dell'argomentazione chiave della sentenza: secondo il TAR non ci sarebbero le prove che la licenza edilizia è rimasta inutilizzata ben oltre sei mesi dopo il rilascio, poiche ci sarebbe discordanza tra quanto risulta alle Imposte di consumo e quello che 'è contenuto nei rapporti degli Uffici tecnici. Presso le Imposte di consumo, infatti, non c'e tracCia di costruzione avvenuta, mentre i tecnici comunali in vari referti avrebbero rilevato che qualcosa il cantiere aveva fatto, senza dimostrare che era rimasto per qualche tempo chiuso.

Che le rilevazioni degli uffici tecnici si riferissero a scavi di nessun conto rispetto al progetto da realizzare il TAR non ha ritenuto di doverlo considerare. Di qui la sua sentenza contraria al Comune.

L'assessorato all'Edilizia privata è intervenuto con una dichiarazione di decadenza della licenza e con la diffida a continuare i lavori. Entrambi i provvedimenti sono direttamente collegati alla convenzione del 1964: questa avrebbe dovuto essere realizzata per il 1970, °osa che non è stata fatta; dal 1970 ad oggi è intervenuto rine nuova disciplina urbanistica che non consente piii un'edificazione come quella prevista dalla vecchia convenzione. Per queste ragioni, in aggiunta alla motivazione sempre valida della mancata edificazione da parte della immobiliare entro i termini previsti dalla licenza, la licenza stessa (che ha ormai oltre 10 anni di vita!) è dichiarata decaduta e non più eseguibile.

1) il PSI ha già detto ripetutamente che dalla crisi si esce:

1- con una ristrutturazione della base produttiva del paese che permetta: il potenziamento di settori energetici il potenziamento del settore agricolo alimentare il potenziamento dei supporti scientifici e tecnologici

2) La ristrutturazione degli impieghi del reddito che consenta: il contenimento dei consumi privati lo sviluppo dei consumi e dei servizi pubblici

3) La promozione di quelle tecnologie riguardanti i settori a più alto contenuto di occupazione.

4) Un'impulso reale all'esportazione e nel contempo la produzione di beni sostitutivi di quelli che ora si importano.

5) Una equa redistribuzione, dei redditi, sia in senso orizzontale, cioè per tutto il territorio nazionale, sia in senso verticale cioè per le varie categorie di lavoro.

6) Ne consegue che occorre affrontare in modo più, coraggioso e risolutivo il problema del mezzogiorno eliminando le enormi sacche di privilegi parassitari create da istituzioni come la Cassa del Mezzogiorno.

Come si devono porre nei confronti della crisi le forze democratiche del Paese?

Una crisi di governo incide in senso positivo sui processi di unificazione a misure programmatiche, se questa crisi consente il formarsi di una larga partecipazione di intenti tra le forze politiche e sociali idonee ad affrontare i problemi urgenti e reali dél paese come l'occupazione, la riconversione industriale (nel senso indicato in precedenza) in concreto le riforam.

Si è appena svolto l'ultimo congresso DC: delusi o soddisfatti?

Il Congresso DC, a nostro giudizio, ha dimostrato l'incapacità di questo partito di rinnovarsi per affrontare i grossi problemi del presente e del futuro immediato; pertanto pur con limitate aperture di qualche suo personaggio non ha risposto alle nostre attese.

La DC esclude la proposta comunista e accetta quella di La Malfa: cosa ne pensate?

Il PSI pur giudicando tardiva la proposta La Malfa perché ne aveva fatto di proprie e più valide in precedenza e successivamente al proprio congresso Nazionale; tuttavia le considera degne di attenzione e di possibile adesione.

E se ci fossero le elezioni anticipate?

Riguardo eventuali Elezioni Anticipate il PSI si pone nella condizione • di accettarle, perchè le ritiene una possibile soluzione al fine di raggiungere un nuovo e rinnovato quadro politico che permette un diverso modo di governare in sintonia con le nuove esigenze del paese.

11 PSI a Milano: quale la sua posizione?

Si riconosce nella formulazione del programma della Giunta di Sinistra di Milano pronunciato dal Sindaco compagno Aniasi in occasione del discorso di insediamento a Palazzo Marino articolato anche per dare prospettive concrete alla gestione dei consigli di zona.

Zona 10: uno dei decentramenti milanesi piú bistrattati dal governo DC: come reagiscono i suoi abitanti?

Le sinistre raggiungono nella nostra zona il 55Z dei voti non solo perchè il tipo di cittadini residenti sono per la maggior parte lavoratori legati storicamente alle tradizioni democratiche ed antifasciste, ma anche per una precisa ed incisiva azione Pc4itica dei partiti di sinistra ItY volta ad affrontare e risolve're i grossi problemi di ordine sociale della zona.

via Padova3 175 tel. 2569152 20127 - MILANO

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ULTURA SPORT E TEMPO LIBERO

S.O.S. dalla Scala

MERIDIONE A MILANO

Le strutture culturali di, on Chi soffoca la cultura?

Milano ha sempre vantato, oltre alla supremazia economica e industriale, un primato di strutture e di vita culturale rispetto all'intero paese. Ammesso che l'asserzione sia da prendersi per buona, sarebbe un altro esempio della distorsione profonda dello sviluppo nazionale, che ha sacrificato gran parte delle nostre regioni, il meridione e le isole alla logica della concentrazione capitalistica, sia per quanto riguarda il mercato della manodopera che quello delle risorse intellettuali.

,Lidelen2n Zik‘24c'f.

I Merita della Scala in una stampa dell'800 un vecchio problema, ma se ne è cominciato a parlare quando lo Stato ha imposto alla Scala di tagliare il bilancio '76 di 4 miliardi e 400 milioni. Subito dopo un altro telegramma del ministro del Turismo e dello Spettacolo, Adolfo Sarti, ha ordinato alla Scala di cancellare la tournèe negli Stati Uniti, prevista per il bicentenario dell'indipendenza del paese. Le reazioni sono state immediate e rumorose: la Scala ha lanciato un appello per la sua salvezza sottoscritto dal Consiglio di Amministrazione, dal sindaco Aniasi, presidente della Scala, dalle personalità dell'arte, della cultura e della politica milanese, dal presidente della regione Lombardia e dal presidente della Provincia. In questo documento si afferma da una parte che "è dovere del governo nazionale e del Parlamento mantenere integro il patrimonio d'arte, di storia e di cultura rappresentato dalla Scala di Milano, approfondirne i valori in Italia e all'estero, arricchirne la tradizione e la produzione di nuove esperienze". Dall'altra parte •si mette in primo piano l'impegno della Scala e della cultura milanese -per sostenere con tutte le proprie energie l'azione di riforma delle Attività e delle strutture musicali del nostro paese".

Se ben ricordo,è la prima volta che il nome della Scala si collega all'esigenza di un profondo mutamento della vita musicale italiana.

E mi sembra importante rilevare che ciò avviene attraverso un'iniziativa della municipalità(che, non a caso, è quella del "dopo 15 giu-

gno"). È questo forse l'aspetto più positivo del documento, superbo isolaniento scaligero, e si esprime l'esigenza di un rilancio artistico in vista di una collocazione cittadina e regionale che colleghi le istituzioni alle masse popolari.

La Scala, è vero, aveva già iniziato qualche mutamento da quattro anni a questa parte. Infatti da quando, nel 1972, Paolo Grassi è diventato sovraintendente al teatro, ha tentato di conciliare tradizione e novità, aprendo il teatro agli studenti e ai lavoratori, svecchiando il repertorio, senza però rinunciare a un cartellone di prestigio e di alto livello europeo.

Iniziativa che ebbe un certo successo: ricordo bene, ad esempio, le serate del "Gran sole carico d'amore" di Luigi Nono, quando una delle esperienze musicali più moderne trovò un pubblico di lavoratori, studenti, impiegati.

Ma è in modo migliore, più sicuro, istituzionalizzato, e non abbandonato all'iniziativa personale di qualche volonteroso, che bisogna rispondere alla crescente richiesta di cultura e di musica culturalmente qualificata, che va dal jazz, dal canto popolare, alla musica sinfonica, cameristica, operistica Oggi, in Italia per la musica, come per la cultura, si spende molto e male. Lo Stato stanzia per i 13 enti lirici italiani più di 60 miliardi di lire all'anno; non sono tanti in assoluto, ma diventano troppi se si continua a sperperarli così, in maniera clientelare, episodica, per precisi interessi privati, di gruppi industriali. Troppe so-

no le voci di sperpero che affliggono la nostra vita musicale: allestimenti sfarzosi, servizi superflui, compensi vertiginosi. I contratti spesso corporativi e l'assenteismo contribuiscono ad aggravare la situazione.

Per porre fine a questo sfacello, a questi deficit paurosi, l'unico rimedio è una generale riforma dell'intero mondo musicale italiano, e in particolare degli Enti' lirici, strutture vecchie, logorate e paralizzanti. Forse con un decentramento regionale in grado di sottomettere la vita musicale al controllo democratico più ravvicinato, di sottrarla ai guasti del sottogoverno, di pubblicizzare la spesa per la musica e il suo modo di gestirla, si potra risanare un settore dove, accanto a grandi tradizioni e straordinarie esperienze (prime fra tutte quelle della Scala), si sono accumulati anche gravi elementi di disordine, di spreco, di clientelismo. Ovviamente alla dimensione regionale dovranno sottostare tutti gli Enti lirici, senza eccezioni, anche se sarà necessario garantire alla Scala la possibilità di finanziamenti straordinari (versati direttamente dallo Stato) per la sua attività internazionale. Perchè credo che non si possa far a meno di riconoscere che in qualche modo la Scala è speciale, che ha un bagaglio di tradizioni e di esperienze splendide conosciute in tutto il mondo, che insomma ha un prestigio e una credibilità che rasentano il mito e che devono essere salvati ad ogni costo.

F.F.

MUSICA OGGI

La situazione che si sta delineando oggi in . campo musicale, è notevolmente complessa: da una parte abbiamo la musica puramente commerciale, fine a se stessa, strumento di dominio culturale nelle mani della borghesia mercantilistica, che monopolizza il panorama canzonettistico (RAI e festivals di musica leggera); musica che nasce "a tavolino" in funzione dei più recenti orientamenti del gusto musicale del grosso pubblico, musica alienante e paranoica, che a causa della martellante ripetitività con la quale ci viene propinala attraverso i mass-media, tra un annuncio pubblicitario e l'altro, riaffiora dal nostro subconscio, facendoci sorprendere a fischiettarla durante la tosatura mattutina o tra gli scafali del supermercato.

Dall'altra parte abbiamo la musica come riflesso dell'acquisizione da parte delle masse, dei propri diritti anche in campo culturale; musica intesa come autonomia totale dal sistema e dalla logica capitalistica, sia sotto il profilo contenutistico, che sotto quello organizzativo e produttivo. Quindi una musica realmente popolare, nel senso più specificato del termine, non necessariamente semplicistica e ben diversa da sottoprodotti culturali a livello Casadei.

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio salto musicale medio, e lo

dimostra l'interesse sempre crescente che incontrano forme di espressioni musicale quali il Jazz, la musica colta e la musica popolare% (o più anglosassonemente "folk"). Ad un'azione di questo tipo, è corrisposta e corrisponde la puntuale quanto irritante reazione dei centri di potere più o meno istituzionalizzati, che hanno aggiornato ed orientato i propri stilemi musicali verso espressioni di tipo decadentistico,giungendo persino ai limiti di un revival dell'ideologia e dei miti nazisti. Quindi alla spinta e alla necessità delle ma.sse,el consumismo ha risposto con uno sterile cambiamento estetico e formale,appiccicando ai propri "prodotti" musicali tutte le etichette possibili ed immaginabili. Di fronte ad una situazione come questa, è necessario appoggiare ogni iniziativa alternativa al monopolio culturale italiano, atto a concretizzare ed aggermare una musica realmente popolare, nella quale la gente ravvisi problemi, le gioie,i dolori e le lotte della realtà quotidiana, una musica che funga da denominatore comune, polo di attrazione catalizzante in grado di radunare migliaia di persone coinvolgendole in un ascolto collettivo,naturalmente ben diverso dall'ascoltare un disco stando sprofondati in una poltrona, che tra l'altro è un fatto vera-

mente elitarico per le limitazioni oggettive di carattere economico insite in sè, in quanto un disco (con relativo impianti di riproduzione più o meno HI-FI) oltre a non rendere mai bene quanto un'esecuzione dal vivo, ha anche il grosso difetto di costare 5.000 lire.

.4 livello di quartiere (pur con le dovute limitazioni e cautele) si possono organiZzare delle manifestazioni musicali, che nell'ambito di un discorso globale più ampio sulla funzione della cultura, facciano da tramite tra espressione artistica politicizzata e realtà locale: nel caso della nostra zona, sappiamo come il Teatro Officina si adopera da tempo per concretizzare queste necessità. Naturalmente .sono lavoratori egli studenti che devono rispondere a proposte di questo tipo, cercando di partecipare a manifestazioni come queste, affinché gli sforzi degli organizzatori non si vanifichino nella solita presenza dei soliti "addetti ai lavori", ma vengano premiati da una partecipazione popolare che dimostri se mai ce ne fosse ancora bisogno, che la presenza attiva delle masse alla gestione culturale, oltre essere una necessità, è anche un dato di fatto.

Oggi però la crisi ha sverniciato la facciata anche della capitale "morale" e ogni giorno di più mette in luce la miseria e la miopia di una classe dirigente incapace e corrotta, che ha portato allo sbaraglio il paese, creando sacche di "meridione" dappertutto, con la chiusura delle fabbriche, la cassa integrazione, i licenziamenti: Così come mette in luce i guasti insanabili arrecati alle stesse strutture culturali, amministrate per anni con mentalità satrapesca, gonfiate per nepotismi e operazioni di sottogoverno. Diventa cosi emblematica la grave crisi della Scala - anche se il travaglio degli Enti Lirici che ha una dimensione nazionale -, che si configura come una Waterloo della buona borghesia milanese, il suo tramonto inglorioso. Lo stesso Piccolo Teatro attraversa momenti di immobilismo (malgrado l'apparente successo di alcuni spettacoli dove il richiamo strehleriano gioca ancora un suo ruolo), in gran parte proprio a causa delle strozzature economiche. Ma il discorso si potrebbe estendere a tutte le istituzioni culturali cittadine, i Musei ad esempio o le biblioteche la cui drammatica realtà è stata denunciata nel corso della conferenza stampa tenuta a gennaio dall'Assessore alla Cultura del Comune, per la presentazione della programmazione del 1976. Il nostro compito è però quello di verificare, all'interno di questa poco allegra realtà generale, la situazione della zona 10 di Milano, la quale, a voler riprendere il paragone che facevamo all'inizio. — tra tanta opulenza e ben di dio di beni culturali, ahinoi! — è proprio un'isola di sottosviluppo, profondo "meridione" a 3 km. da Piazza del Duomo. Con le sue pur frammentarie e timide iniziative di decentramento attuate negli anni più recenti, sotto la spinta popolare e quel poco di pressione che riuscivano ad esercitare i neonati Consigli di Zona, in vari quartieri cittadini la domanda di vita associativa e di partecipazione democratica è riuscita a strappare modesti ma significativi successi: biblioteche riunali come quelle di Piazza Accursio, di Lorenteggio o di Piazza Martini, sono state al centro di iniziative politiche importanti; il tradizionale "teatro al centro della città" per pochi e per gli "eletti" ha visto affermarsi la sperimentazione di formule nuove, col Teatro Quartiere a Quarto Oggiaro, il tendone in Piazzale Cuoco, col Teatro Uomo a BaggioLorenteggio; a Gratosoglio, intorno al Consiglio di Zona, si tende a creare un Centro Sociale quanto mai articolato. Non è molto, naturalmente; e tuttavia se spostiamo l'obiettivo sulla zona 10, ci sembrano conquiste incredibili.

Questa parte della città (che pur comprende una vasta area con oltre 100 mila abitanti, tra la stazione Centrale e quella di Lambrate all'incirca, da Piazzale Loreto a

-Viale Monza alto) è una delle più depresse e malinconiche, con le sue frange popolari sempre più minacciate dalla speculazione edilizia, con la maggior parte delle sue fabbriche ormai espulse: la lenta emoraggia ha impoverito la vita associativa del quartiere, e arduo appare la ricucitura di un tessuto sociale nuovo.

Le strutture culturali qui sono quasi assolutamente assenti. La zona 10 intanto è una delle poche di Milano ancora prive di una biblioteca, attorno alla quale si sarebbe potuto tentare almeno una qualche aggregazione, per lo meno di giovani, di cui alcune iniziative generose è bene ricordarlo — (vedi Cineforum di Via Oxilia, ricerche e dibattiti al Liceo Carducci) — presentano alterni e discontinui risultati.

Per quanto riguarda lo spettacolo, l'esperienza del Teatro Officina, anch'essa lodevole per quanto si voglia, non è certo tale da farla considerare una realtà della zona: di pubblico popolare ne ha acquistato assai poco, malgrado l'impegno profuso. A parte la modestia logistica della struttura, la proposta culturale è apparsa sempre alquanto confusa e velleitaria. Molti i circoli culturali sulla carta, che non fanno nulla o quasi. Strada in fondo imboccata anche dal Circolo Brecht di Via Padova, che ha un passato glorioso. La struttura, assai modesta per la verità, è tra l'altro all'interno della sezione del PCI, che ha sempre difeso però l'autonomia del Circolo e auspicato una sua direzione unitaria. Ma si stenta a trovare la formula che lo rilanci nuovamente, con criteri diversi che nel passato, qualificandolo come centro associativo poliedrico e non cristallizzato (dibattiti si, ma anche cinema, teatro, musica, mostre di pittura, ricreaziote, sale per lavori di gruppo). A poche centinaia di metri il centro sociale di Via Mancinelli, un capannone occupato dai gruppetti è assai più vivace: chiaro esempio di come non si deve fare politica, ma di come si può fare associazionismo per le masse (del resto sono le stesse feste dell'Unità che hanno insegnato queste cose). Per il Brecht — tanto per provocare — invece che "l'autonomia e la direzione unitaria" nell'immobilismo auspicheremmò una gestione diretta del PCI, previo ....sfratto della sezione, che andrebbe sistemata altrove. .Si fa per dire naturalmenté. Non si può certo chiedere al PCI, così come a nessun altro Partito, di trasformare in centri associativi le sue strutture! È un compito questo che tocca agli Enti Pubblici, allo Stato in particolar modo, alla Regione, e al Comune per quanto è di sua competenza.

La Ripartizione Cultura del Comune, a nostro avviso, dovrebbe porre una particolare cura a questa zona abbandonata della città. Le difficoltà che la nuova Giunta deve affrontare sappiamo che non sono semplici, anche per l'eredità ricevuta. Tuttavia, nell'ambito del bilancio e delle iniziative programmate per ridare, se è ancora possibile, un volto nuovo alla città, un intervento prioritario nei confronti della zona 10 non guasterebbe: nell'immediato, una delle strutture mobili programmate per spettacoli, proiezioni, concerti, ecc. e, a non lunga scadenza, la biblioteca. Su queste due richieste almeno, crediamo che una pressione debba essere esercitata subito dal Consiglio di Zona.

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25 APRILE

Continuità della rivoluzione democratica

2111114

L'anniversario del XXV aprile ci ripresenta il valore storico che ha avuto per il popolo Italiano la lotta di Liberazione. Lotta di popolo che ha dimostrato la volontà di riscatto e di reali sentimenti patriottici delle forze più sane della Nazione. che — unite negli ideali della democrazia e della libertà — hanno saputo dimostrare, al mondo intero, con il sacrificio, il sangue dei caduti (partigiani e cittadini inermi) della Resistenza la condanna della dominazione nazista e dei suoi servi fascisti. Coinvolti in una guerra non voluta, gli italiani con l'attività clandestina dei partiti antifascisti prima, con le mobilitazioni di massa sfociati negli scioperi del marzo 43-44, gli atti di eroismo da parte delle forze armate — lasciate senza direttive dopo l'armistizio da una monarchia in cerca solo della sua sopravvivenza — hanno condotto, con la guerra partigiana sostenuta dall'appoggio delle popolazioni dei territori occupati, non solo una nota vincente contro le forze nazifasciste, ma soprattutto un'azione tesa a ridare dignità e valori ideali al paese. Comunisti, socialisti, azionisti, democristiani, repubblicani, indipendenti liberali, e monarchici antifascisti, pur partendo da motivazioni diverse e con profonde divergenze ideologiche, hanno saputo trovare, nella lotta al terrore e alla vergogna del nazifascismo per ristabilire libertà e democrazia al paese. quella capacità unitaria che è parte fondamentale della prima tappa della Rivoluzione Democratica.

Il XXV aprile ha visto intere città e paesi schierarsi intorno alle brigate partigiane scese dalle montagne, e ai gappisti delle città, in un impetuoso movimento di rivolta alle forze fasciste e naziste che, ormai certe della sconfitta volevano vendicarsi sulle fabbriche distruggendole per colpire al cuore l'economia del paese.

I lavoratori in prima persona, con i partigiani, hanno difeso con le armi quelle fabbriche che hanno poi potuto permettere la rinascita dell'Italia nel dopoguerra, mentre quei rappresentanti del capitale che avevano favorito l'avvento del fascismo cercavano rifugio nell'ospitale Svizzera. 3, La stessa esecuzione di Mussolini e dei suoi complici voleva essere un chiaro monito a quelle forze che potevano pensare a ricreare uno stato basato sulla violenza, la dittatura e la guerra. Il contenuto innovatore e di progresso della lotta di Liberazione non è stato idea di pochi ma patrimonio di massa. Nonostante strati ancora grandi di popolazione, (specialmente nel sud dove ancor forte era la pressione e la propaganda delle forze reazionarie e dei grandi latifondisti che speculava sulla povertà e l'ignoranza dei contadini e dei disoccupati), appog-. giassero la monarchia, le elezioni del 46 indicarono nella Re...-pubblica l'istituzione democratica con cui iniziare il processo "5 di rinnovamento e di ricostruzione del Paese.

Il voto alle donne, l'elaborazione della Costituzione sono stati i primi risultati politici dell'attività unitaria dei partiti antifascisti 71nel primo dopoguerra.

.•'•:"'•'1 Purtroppo le pressioni americane — seguite al clima di guerra fredda che stava incrinando a livello internazionale i rapporti di •• alleanza fra le potenze che avevano contribuito a battere la Germania, il Giappone e il fascismo italiano — ruppero questa unità delle forze democratiche portando all'opposizione il partito comunista e socialista, privilegiando la democrazia cristiana che poteva contare sull'appoggio delle forze più moderate e conservatrici dell'Italia.

Gli avvenimenti di quest'ultimo trentennio hanno visto il difficile cammino che i lavoratori hanno compiuto per realizzare nelle fabbriche i principi della Costituzione, per sconfiggere i risorgenti desideri di rivincita dei vecchi e dei neofascisti che hanno potuto crescere per l'ignavia e l'arretramento su posizioni di puro potere dei più conservatori dei dirigenti democristiani.

Gli ultimi anni sono stati quelli che hanno visto i momenti più drammatici per le sorti della stessa democrazia: con l'elaborazione della strategia della tensione, le bombe e i tentativi mascherati o meno di colpi di stato.

Tutto ciò in un contesto economico sempre più aggravato da una crisi di carattere internazionale del capitalismo e dalle fondamentali carenze di struttura dell'Italia (Mezzogiorno, Agricoltura, Energia, Occupazione). Purtroppo — finora — le esigenze di risanamento economico avanzate dai lavoratori per mezzo dei loro Sindacati non hanno mai ritrovato pieno riscontro dai governi a direzione democristiana finora succedutisi. Questo processo di risanamento non può avvenire senza la parteciiazione alta direzione politica del Paese della classe la- '2N. voratrice nella sua interezza, compreso quindi il P.C.I. (vedi d). fallimento centrosinistra) ristabilendo quella capacità di iniziae tiva unitaria che aveva caratterizzato e seguito la guerra di Liberazione e la costituzione della repubblica antifascista. Al compito grave e oneroso che si pone al Paese occorre far ?•,-fronte con la maggior unità possibile delle forze democratiche e popolari, per difendere l'occupazione, realizzare reali riforme di struttura; salvando l'economia compiendo una seconda tappa nella via difficile ma vittoriosa della Rivoluzione Democratica.

la nostra realta`
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CONGRESSI DELL'ANPI

A.N.P.I.

Abbiamo ricevuto un ampio resoconto dei congressi dell'A.N.P.I. della zona 10 firmato dal comitati direttivi delle sezioni che operano in zona; in esso viene dato un giudizio lusinghiero della "Nostra Realtà." Nel pubblicare pezzi più significativi del resoconto ringrpziamo ('A.N.P.I. e ribadiamo l'impegno costante della redazione a rendere sempre più vivo e presente nella nostra zona II sentimento antifascista e a favorire, specie tra le giovani generazioni, la conoscenza della Resistenza che costituisce il periodo più glorioso della storia d'Italia.

Nel mese di febbraio nella nostra zona sono stati convocati congressi delle sezioni dell'A.N.P.I.

Crescenzago, Ottolenghi, Salvetti e Gorla. Nei dibattiti non si sono affrontati solo i problemi organizzativi dell'associazione, ma anche argomenti di particolare interesse quali l'impegno degli uomini di cultura nella battaglia antifascista, l'importanza della lotta per l'emancipazione femminile, l'esigenza del rinnovamento e della democratizzazione dei corpi separati dello Stato.

Diversi interventi hanno sottolineato l'importante ruolo che ('A.N.P.I. deve avere nella lotta per la distensione internazionale e per l'emancipazione dei popoli che combattono contro i regimi dittatoriali.

Grande attenzione è stata prestata ai gravi problemi della crisi economica, che oggi crea un senso di profonda inquietudine tra le masse popolari, caratterizzata dall'attacco all'occupazione e al tenore di vita dei lavoratori, e che va ad

aggiungersi ai gravi problemi rimasti per troppo tempo insoluti (casa, sanità, scuola, ecc.). Da ciò deriva l'esigenza di misure d'emergenza che avviino il Paese verso il superamento della crisi. Di grande interesse sono gli interventi dei giovani antifascisti che hanno portato il loro contributo nei congressi. La loro presenza ha testimoniato la volontà e l'impegno.delle nuove generazioni nella creazione' di un fronte unitario contro le forze della reazione.

I congressi dell'A.N.P.I. hanno ribadito l'importanza della soppressione degli ordinamenti fascisti che ancora sono presenti in settori importanti della vita italiana. I congressi non sono stati un momento celebrativo, ma da essi è scaturito un pressante appello affinchè sempre più vive e più forti diventino le iniziative e la mobilitazione per la completa attuazione della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.

I comitati direttivi A.N.P.I. della zona 10

25 aprile

Il 3lesimo anniversario della lotta di liberazione é stato celebrato in tutta Italia con migliaia di manifestazioni. Sono state una grande prova di incontri di popolo a conferma, una volta di piú della profondità delle radici che uniscono gli italiani agli ideali e ai sentimenti della Resistenza e della lotta di Liberazione.

L''tìnità democratica e antifascista é di incalcolabile importanza soprattutto in questo momento difficile e gravido di pericoli, della vita nazionale.

A Milano decine di migliaia di cittadini sono sfilati dai bastioni di Porta Venezia fino a piazza Duomo: giovani, donne, operai che non vogliono accettare le provocazioni torbide e confuse di chi tenta di contrastare il dispiegamento della forza unitaria della democrazia italiana, tesa alla conquista di nuove affermazioni, mantenendo tutta l'ampiezza dello schieramento che fu e resta di tutte le forze e di tutti partiti della Resistenza antifascista.

Antifascismo e ordine pubblico

Per i democratici e gli antifascisti, mai la ricorrenza del 25 aprile è stata semplicemente una data da ricordare e da celebrare, ma un'occasione di bilancio ed ulteriore sviluppo della lotta. E nemmeno le ricorrenze sono state scadenze di un impegno da evidenziare solo in quelle occasioni. Sempre, ogni giorno ed ogni momento l'antifascismo vive ed opera. Oggi fare il punto della situazione si impone anche per una serie di avvenimenti gravi e preoccupanti che hanno visto Milano ancora al centro dell'attenzione nazionale.

Oltre ad una sempre presente azione delle squadre fasciste (pestaggi anche a semplici cittadini, assalti alle sezioni delle organizzazioni di sinistra, ecc.) si è sviluppata una nuova fase di quella che negli anni 69-70 fu chiamata "la strategia della tensione".

La strage di Piazza Fontana, l'assassinio di Calabresi e dell'agente Marino, le bombe di Piazza della Loggia a Brescia e la tragedia del treno Italicus (tanto per citare i fatti più noti e più gravi) segnarono una fase di quella strategia che fascisti ed reazionari scatenarono nel nostro paese contro i lavoratori e contro tutto il sistema de-

mocratico.

La risposta di masla, ampia e unitaria sconfisse le "trame nere", anche se molto ancora rimane da fare affinchè tutti colpevoli siano individuati e puniti. Già allora si cercò di addossare le colpe alla sinistra, ma questi tentativi furono svelati dall'azione di massa che impose la ricerca dei mandanti occulti, dei protettori e dei veri responsabili della destra fascista.

In questi giorni alcuni ben individuati gruppi, esercitano puri atti di teppismo e di provocazione anti-operaia e anti-democratica come ad esempio il ferimento del capo dei guardiani della "Magneti Marelli" avvenuto recentemente nella nostra zona a Crescenzago. Indipendentemente dalla bandiera sotto cui costoro cercano di nascondersi, le loro azioni devono essere valutate come estranee alla tradizione di lotta del movimento dei lavoratori, anzi fatte contro di esso.

Quindi se alcuni anni fa la provocazione fascista operava lanciando dubbi e sospetti verso sinistra, ora nessuna copertura deve essere offerta a chi "sedicente di sinistra" opera contro la stabilità democratica e contro il popolo lavoratore.

Devono essere smascherati ed isolati. Infatti le invasioni del Duomo e della chiesa di S. Lorenzo, le molotov contro le sedi di organizzazioni cattoliche di Comunione e Liberazione, gli assalti ai negozi con saccheggi teppistici gli atti di violenza individuale di tipo squadristico, pongono nella nostra città un nuovo problema di grave preoccupazione e di tensione, in altre parole un problema di "ordine pubblico".

I vili attentati, gli atti criminosi generano timore, determinano una sfiducia qualunquistica, fanno nascere una domanda di "blocco d'ordine" e di "governo forte". Altrochè agire nel nome dei lavoratori, così si agisce a favore e per conto dei reazionari e dei fascisti!

E così anche oggi gli atti squadristici ricordati, ripropongono in altre forme lo stesso problema: sono momenti organici ad una ripresa con aspetti nuovi della strategia della tensione".

Non si può tollerare che in certe zone della città, come ad esempio dalle parti di Via Mancini (sede del M.S.I.) i fascisti girino armati ed indisturbati terrorizzando cittadini, che sempre numerosi' siano

ancora gli attacchi e gli attentati ai singoli democratici ed alle sedi dei Partiti antifascisti e nemmeno devono essere tollerate le scorrerie squadristiche e gli atti teppistici al di là del colore con qui si nascondono. Ecco perchè lo schieramento antifascista sta affrontando i nuovi compiti di impegno e di vigilanza contro la destra fascista e contro coloro che in forme diverse la favoriscono. Lo stesso schieramento unitario e di massa che ha battuto le "trame nere", ha oggi il compito di isolare e battere coloro che, consapevoli o meno, ripropongono tensione, paura e sfiducia.

Netta e precisa è stata la condanna da parte del Comitato Unitario Antifascista per la difesa dell'ordine repubblicano, e altrettanto inequivocabili sono state le posizioni assunte da tutti partiti democratici ed antifascisti, e dai sindacati unitari, meno esplicito è il comunicato del PDUP e di A.O., ma soprattutto Lotta Continua più che di condanna parla di semplice dissociazione.

Nessuna ambiguità e nessuna copertura deve essere offerta agli squadristi ed ai teppisti.

Talvolta si sente parlare di antifascismo duro e moderato, si tende

così a discutere sulle parole invece che dei problemi, la verità è che vi può essere solo un antifascismo giusto e coerente. Atteggiamenti ed azioni, forme di lotta esasperate e a volte infantili, possono anche avere aspetti di durezza, ma debole e controproducente è il loro risultato se non concorrono a creare una sempre più vasta unità e-partecipazione, e se invece creano divisioni o riflussi qualunquistici, ebbene queste linee saranno apparentemente anche "dure", ma non servono la causa dell'antifascismo. E soprattutto oggi l'antifascismo non si porta avanti coprendo le scorrerie, gli attacchi ed i furti. Per questo oggi, rigore severo e chiarezza nel condannare coloro che si abbandonano ad atti di teppismo squadristico, sono decisivi per rinsaldare ed estendere la necessaria unità antifascista, per isolare e battere provocatori, per dare sicurezza ai cittadini e per garantire che le tensioni e le giuste lotte sociali si esplichino in un clima di reciproca tolleranza e di possibile serenità, affinchè si consenta di raccogliere attorno a chi lotta per un mondo migliore e più giusto la solidarietà e la simpatia delle grandi masse che vivono a Milano e nel nostro quartiere.

La battaglia dei binari

Per un po' procedono insieme, poi si separano.

Greco, giugno 1944: un piccolo lembo della periferia milanese, isolato dalla città da un fascio di binari che lo taglia in due. È una borgata che non ha nulla di attraente: le case vi hanno perso colore sotto il fumo delle locomotive, che ha reso grigio e uniforme tutto ciò che sfiora: il ponte, la strada, le cascine. L'atmosfera di guerra che vi si respira ha reso più triste e sconsolato il luogo.

In paese è giunta altra gente: volti duri, ostili, diffidenti: sono gli uomini della Feldgendarmerie, del Genio ferroviario della Wehrrnacht, della Contraerea, delle SS, incaricati di sorvegliare le grandi officine di riparazione ferroviaria di Greco.

I ferrovieri lavorano sotto lo sguardo delle sentinelle con la sensazione di muoversi come in un campo di concentramento; conversano a bassa voce, attenti a interrompere il loro sussurro al sopraggiungere di chi potrebbe essere una spia; ascoltano la cantilena metallica delle ruote che passano sui binari, il lungo interminabile nastro di lacrime dei carri merci piombati e sprangati, dai quali giungono fievoli e terribili invocazioni di aiuto e biglietti disperati: la disperazione di Auschwitz, di Belsen, di Mauthausen; perchè su quei carri viaggiano Martiri della Resistenza italiana destinata ai campi di sterminio.

Questo è Greco della primavera del 1944 che, pur vivendo a ridosso di un parco ferroviario sembra un'isola dimenticata: è invece un bersaglio vitale nello scontro fra i giganti. Vi passano le ferrovie anulari che circondano Milano; smista il traffico ferroviario in tutte le direzioni, verso tutti fronti; è la più importante ed attrezzata officina riparazioni dello scacchiere italiano controllato dai tedeschi. I partigiani di tutta Europa sono all'offensiva: sabotano, atten-

tano, colpiscono, distruggono isolati e in gruppi. E cadono: pagano con la vita come i soldati al fronte, silenziosi e tenaci.

Non colpiscono alla cieca, studiano gli obiettivi, preparano i piani, addestrano gli uomini, trafugano gli esplosivi, sventano le insidie: sempre più decisi, perseveranti, inflessibili.

Greco è vitale per il Comando tedesco: è dunque qui che il sistema di comunicazioni della Wehrmacht deve essere colpito; è qui che la Resistenza intende colpire; è qui che dovrà operare la terza brigata Rubini, uno dei reparti organizzati dei partigiani milanesi.

Ma la terza brigata Rubini non esiste più perchè gappisli che la componevano o sono caduti o hanno dovuto essere allontanati perchè individuati dalla polizia nazifascista.

Il compito di riorganizzarne le file è affidato a f. Visone comandante <lei GAP di Torino: egli non può emettere bandi di reclutamento, ma sa dove trovare i suoi uomini. .S'i mescola ai ferrovieri, si avvicina per istinto alle anime semplici, giovani, indipendenti. capaci di impegnarsi in una battaglia oscura e mortale: <li lottare per tutti con cuore generoso, senza nulla chiedere. senza nulla pretendere.

Ottoboni. Guerra, Bottani, Conti sono quattro ferrovieri: sono i gappisti della Brigata Rubini ricostituita. Prima d'allora non hanno avuto occasione di partecipare a nessuna operazione: sono quattro esperti operai che lavorano proprio all'impianto ferroviario di Greco.

< Visone » non ha dubbi: quei volti giovani, spesso anneriti dal fumo; quegli occhi intelligenti e vivaci che hanno fallo la loro scellu senza esitazioni, crinsci del pericolo e della responsabilità saranno loro a condurre la battaglia dei binari e dovranno vincerla: non

soltanto essere pronti a morire. Dovranno far saltare il deposito: innescar le miccie in tutte le locomotive. di notte, eludendo la sorveglianza delle sentinelle e vi si preparano, coscienziosamente sotto la guida di chi. da una casistica di attentati senza fine, ha appreso la difficile arte, guidato da una sorta di istinto del pericolo.

.Arriva la sera del 26 giugno e < Visone » sa che la preparazione tecnica è a punto in ogni dettaglio, quella psicologica sarà completa. quando tutti riuniti centellineranno il tempo che li separa dalla esecuzione.

Sono riuniti e la sera è arrivata, dopo tanti giorni. quasi senza accorgersene. Fino a quel giorno la loro vita era falla di '<moro e <li casa: l'officina. i genitori, gli amici, qualche ragazza. Fra un'ora avrebbero dovuto c battere la loro battaglia vestili da lerrooieri.

In quel momento <' Visone s'aspettava la crisi: la crisi eterna dell'uomo che si dibatte fra le maglie del destino e cerca di eluderlo o quanto meno di controllarlo, di difendere la sua vita.

011oboni aveva paura: anche gli altri tre l'avevano. ma 011oboni non la nascondeva: batteria denti, pallido, guardava mia vuoto.

Era appoggiato alla finestra e disse: <Voi parlale di disciplina. di sangue freddo, di decisione, di audacia. L nero che tremo. • Sono giovane ed è la prima volta. 'Ripenso al mio compilo e mi vengono t brividi. E poi mi dispiacerebbe morire così, con tutta la vita ancora da vivere... ma farò quello che devo fare }.

E lo fece e lo fecero anche gli altri tre.

Era una serata piena di stelle, una serata ideale per andare con la ragazza. Ma è il momento. I quattro scattano all'azione: approfittano del cambio delle sentinelle, penetrano nello scalo di Greco.

Le sentinelle appena montate in servizio sono lì: sarebbe facile. con un colpo di pistola eliminarle, ma gli spari darebbero l'allarme e l'impresa andrebbe a vuoto.

Si studia un po' le abitudini delle sentinelle. Ecco, ora è l'istante buono. I quattro si muovono dalle loro posizioni, si avvicinano alle locomotive. Bisogna deporre nel forno le cariche di tritolo e innescare le miccie: dall'accensione allo scoppio passano venti minuti; bisogna evitare ogni perdita di tempo. Guerra trova una locomotiva con il forno acceso, non può mettervi la carica. Bene, scende da 'quella e sale su un locomotore elettrico; vi pone la carica, accende la miccia. Ma ecco, improvvisamente, mentre millimetro su millimetro la brace rossastra avanza verso la carica, dell; grida in tedesco. Sono stati scoperti? È stato dato l'allarme?

Non c'è più tempo; bisogna fuggire. Guerra pone la sua ultima carica nel serbatoio dell'olio dello scalo. Poi fuggono, fuggono. senza più prudenza. Le grida nello scalo si moltiplicano, ma sono troncate da una prima esplosione. I quattro, ormai, sono di nuovo insieme, lontani dallo scalo. Gli scoppi si susseguono, uno dietro l'altro: quattordici esplosioni. I tedeschi credono dapprima che si tratti di un bombardamento; mettono in funzione le loro armi contraeree, ma nel cielo non c'è nessun apparecchio.

I quattro si separano. Ottoboni, nel rincasare, si imbatte in una pattuglia repubblichina. Osservano i suoi documenti: tutto bene. Se ne può tornare a casa: i denti •on gli battono più.

Era silenzio l'urlo del mattino, silenzio il cielo ferito: un silenzio di case, di Milano. Restarono bruttati anche di sole, sporchi di luce e l'uno all'altro odiosi, gli assassini venduti alla paura. Ed era l'alba e dove fu lavoro ove il piazzale era la gioia accesa della città migrante alle sue luci da sera a sera, ove lo stesso strido dei tram era saluto al giorno, al fresco viso dei vivi, vollero il massacro perchè Milano avesse alla sua soglia confusi tutti in uno stesso sangue i suoi figli promessi e il vecchio cuore forte e ridesto, stretto come un pugno. lo vidi il nuovo giorno che a Loreto sovra la rossa barricata i morti saliranno per primi, ancora in tuta e col petto discinto, ancora vivi di sangue e di ragione. Ed ogni giorno, ogni ora eterna brucia aLquesto fuoco, ogni alba ha il petto offeso da quel piombo degli innocenti fulminati al muro.

Poi la reazione. Per giorni e giorni i tedeschi cercano di scoprire gli autori dell'attentato, creano un china di terrore: nulla da fare: anche chi sa non parla.

11 16 luglio, venti giorni dopo l'attentato, un furgone carcerario giunge a Greco. Sono le 9 del mattino ed è una bella giornata. Nei campi attorno alle cascine di Greco i papaveri macchiano di un colore vino e allegro il grano che attende solo la mietitura. Dal furgone scendono tre ferrovieri. I loro nomi: Colombi, Mariani, Mazzelli. Chi sono? Sono antifascisti. l tedeschi hanno dello <li aver trovato loro addosso dei manifestini. Loro tre pagheranno. Davanti ai compagni di lavoro, obbligati ad essere presenti dai mitra dei nazisti. Colombi, Mariani e Mazzelli saranno fucilati. Non importa se non si è scoperto citi ha compiuto l'attentato: non importa se i tre non hanno compiuto altro reato che quello di essere ferrovieri e italiani.

Devono pagare, devono salvare il Comandante della piazza di Milano, che ha ricevuto un « cicchetto » dai suoi superiori. Cadono sotto gli occhi dei quattro gappisti responsabili, che in quel momento capiscono che il loro istante più difficile non è stato quello di venti giorni prima, quando facevano saltare il deposito di Greco. Ora ire loro compagni di lavoro si sacrificano al loro posto. Dinanzi a quel sacrificio prenderanno impegno di proseguire la lotta, sempre più tenace, perseverante, inflessibile.

Giovanni Pesce (« Visone »)

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Wormk-yir46 PER I MARTIRI DI PIAZZALE LORETO

Io ho letto un libro che si intitolava:

"Ciao ragazzo". I fascisti avevano preso un bambino lo avevano portato in caserma. Chiedevano al bambino: "Dov'è il tuo papà?" Il bambino rispondeva: "A Piacenza, a Piacenza". I fascisti non ci credevano, ma al bambino la mamma aveva insegnato a dire così perchè il papà era sui monti a combattere. I fascisti non volevano lasciare libero il bambino perchè speravano di sapere la verità. Vicino a quella caserma c'era una fontana pubblica. Una donna andò a lavare i panni alla fontana. Aveva un grosso sacco dove c'era la roba sporca. Il bambino che era nel cortile riuscì a sfuggire ai fascisti che lo curavano. La donna lo mise svelta nel sacco e così il bambino fu libero.

TRASPORTI CLANDESTINI

Il papà di Luca un giorno doveva trasportare un fucile mitragliatore. Lo avvolse negli stracci e lo legò sotto la canna della bicicletta. Riuscì in questo modo a farlo avere ai partigiani.

Per distribuire i giornali clandestini li metteva piegati sotto la maglia, poi, senza farsi accorgere quando passava davanti alle porte li metteva nelle cassette delle lettere.

Quando dovevano trasportare tante armi facevano il finto funerale. Nella bara mettevano le armi. Sopra mettevano un uomo vivo e facevano i buchi nella cassa per farlo respirare. Poi trasportavano il finto morto e le armi dove c era bisogno.

I cimiteri sono serviti molto ai partigiani per nascondere le armi e per nascondersi loro.

C'erano anche delle staffette che alla sera, dopo il coprifuoco, distribuivano la stampa clandestina per la città. Quando i fascisti chiedevano loro dove avevano preso quei giornali rispondevano che erano nelle loro cassette! Era la verità.

LA CADUTA DEL FASCISMO

Negrito, il capo partigiano che ci ha spiegato la mostra della Resistenza, ci ha detto che gli operai della F.I.A.T. ogni mattina quando entravano in fabbrica erano obbligati a passare davanti alla statua del duce Mussolini e a fargli il saluto.

Alla caduta del fascismo gli operai hanno tirato giù la statua e l'hanno presa a calci e sputi e così hanno fatto anche con tutti i quadri.

A quei tempi lo sciopero non si poteva fare perchè non c'era la libertà, quelli che facevano sciopero venivano puniti e anche ammazzati. Era brutto non avere la libertà.

Mario

I BAMBINI EBREI

Sono rimasta impressionata dai bambini ebrei che ho visto alla mostra della deportazione e dell'antifascismo. I bambini li facevano morire di fame. Le fotografie che ho visto facevano effetto perchè si vedevano le ossa e le gambe erano piccole piccole. Il partigiano Negrito ci ha detto che non erano stati i tedeschi a fare quelle cose, ma i nazisti.

Per me è stato brutto ammazzare tutti quei poveri bambini, non è giusto ammazzare e specialmente i bambini che non hanno nessuna colpa.

UNA SCELTA DIFFICILE

Il papà di Luca ci ha raccontato che era ricercato dai fascisti. Per catturare il papà di Luca hanno dovuto ricattarlo. Gli dissero: "Se non ti presenti al comando fascista noi prenderemo i tuoi genitori e li porteremo in Germania nei campi di concentramento."

A questo punto Federico ci chiese che cosa avremmo fatto noi al suo posto. Tutti i bambini dissero che si sarebbero presentati al comando fascista. Infatti anche lui si presentò. Poi andò in prigione à Venezia, scappò e Io misero in prigione a Padova. Anche da lì scappò e un ferroviere lo aiutò perchè capì ché il papà di Luca cercava la sua libertà. Gli diede anche dei vestiti perchè era tutto stracciato. Finirono la giornata in allegria perchè Federico suonò la fisarmonica, ma adagio perchè i tedeschi non lo sentissero.

Federico nonostante la scelta obbligata riuscì a riconquistare la libertà e combattè perchè anche gli altri fossero liberi dai fascisti.

'° LE PAGINE APERTE AI RAGAZZI
XC'Ia., P l -eu

Urge la riforma dell'editoria

La Garzanti, nota casa editrice, è per la gamma di produzione (dalla varia, alla saggistica, alla scolastica e alle grandi opere) e per il suo fatturato una delle principali del nostro paese.

I lavoratori sono circa mille, la sede aziendale è in via del centro storico milanese, le officine grafiche a Cernusco s.n. A Precotto l'azienda ha trasferito da circa 6 anni il centro elettronico ed alcuni suoi principali uffici amministrativi dove ora lavorano 80 impiegati.

Da diversi anni i lavoratori sono organizzati nel sindacato; è stata compiuta la esperienza della "commissione interna" ed oggi, passati al "consiglio dei lavoratori" si lavora perchè alla nuova struttura sindacale corrisponda un più vasto dibattito tra i lavoratori per gli obiettivi più avanzati.

Nel 1974, dalla elaborazione unitaria partita dai reparti, diretta dai C.d.L. del gruppo e gestita dalle segreterie provinciali e dai poligrafici CGILCISL-UIL, i lavoratori della Garzanti hanno organizzato una conferenza di produzione. Sono state invitate a partecipare le forze politiche poichè

una parola d'ordine

1 Maggio 1976: meno che mai, quest'anno la festa del lavoro si presenta come un'occasione puramente rituale. Molti sono i significati che confluiscono in questa giornata, per farne un momento di lotta, di dimostrazione dell'alta coscienza politica della classe operaia italiana, di manifestazione internazionalista.

E' il primo maggio, quello di quest'anno, anzitutto dei compagni vietnamiti, che giusto un anno fa conducevano vittoriosamente la loro eroica lotta di liberazione, portando in tutto il mondo l'eco di una speranza che va ben al di là delle frontiere del loro paese.

E'il primo maggio dei compagni dell'Angola, che hanno liberato, con la solidarietà del movimento operaio e popolare internazionale, il loro paese dalla presenza dell'imperialismo.

E' il primo maggio di grandi lotte in Italia per il lavoro, l'occupazione, un nuovo modello di sviluppo economico; é il primo maggio dei lavoratori della Innocenti, che hanno concluso la loro lotta per la salvaguardia del posto di lavoro dopo 132 giorni di occupazione della fabbrica, cosi come dei lavoratori di altre centinaia di aziende minacciate dalla crisi.

chiaramente venivano chiamate in causa le scelte che hanno determinato in questi decenni un Certo tipo di sviluppo del settore. (In quei mesi avvenivano significativi fenomeni di concentrazione di piccole e medie aziende editoriali ad opera del capitale finanziario).

Alla conferenza sono stati posti i temi del lavoro in fabbrica (l'organizzazione del lavoro, i ritmi, la salute, il lavoro in appalto e a domicilio) e del prodotto libro. Si è constatato che la esigenza sentita dal mondo della scuola, e, più in generale, la crescente domanda di cultura che viene dal paese, si fonde con la problematica anche più immediata dei lavoratori in fabbrica.

Non è infatti ravvisabile una prospettiva di sviluppo, di garanzia di lavoro, anche di miglioramenti economici e normativi, se l'editoria non punta ad una maggiore diffusione del libro (vale la pena di ricordare che l'Italia è uno dei paesi dell'Europa dove si legge di meno).

Una particolare attenzione è stata rivolta alla produzione per la scuola.

A tutti sono noti i travagli che la scuola attraversa, i

fermenti, le esigenze che l'animano, le proposte degli studenti e degli insegnanti, ed oggi anche dei genitori, a proposito anche degli strumenti didattiti. Il libro per la scuola, per come ora è concepito, per la sua adozione obbligatoria è sotto accusa. Serve rinnovarlo, renderlo rispondente alle nuove esigenze formative, spogliarlo dal caratteri retorici e nozionistici che lo caratterizzano. In altre parole necessita non tanto un libro anche se diverso, quanto che nella scuola entrino più libri che diano allo studente una informazione più ampia, libera e formativa.

È stato il momento in cui si è segnata una svolta, e sono questi, da allora, i temi del confronto con la direzione aziendale. Prolrio in questa settimana i avoratori sono scesi in sciopero per rivendicare investimenti e concrete iniziative. Segno è questo della prosecuzione della lotta per una riforma deinocratica e pluralistica dell'editoria.

E' il primo maggio infine, di un'Italia che vuole un cambiamento profonde come dimostrano i risultati elettorali del 15 giugno 1975 con la vittoriosa avanzata del PCI e delle forze di sinistra.

Questa volontà di cambiamento si esprime però in un momento politico ed economico che si va facendo sempre più difficile, e che può diventare drammatico. Al momento in cui scriviamo, non sappiamo ancora se si ancfra per la seconda volta consecutiva in quattro anni, allo scioglimento anticipato del Parlamento e alle elezioni politiche.

I margini per evitare un simile evento, che i comunisti hanno sempre ritenuto dannoso per il paese in una

situazione economica grave come l'attuale, sono però assai ristretti.

Ciò è conseguenza della posizioiiffl assunta dalla Democrazia Cristiana, principale responsabile, per aver governato ininterrottamente il Paese per quasi trenta anni, della crisi politica ed economica in cui esso si si trova oggi - che ha rifiutato persino la possibilità di ricercare un accordo tra le forze democratiche e popolari che garantisse la più normale della legislatura.

Certo, un accordo di questo genere, come proposto dal PCI e anche in forme diverse, dai compagni socialisti, implica un mutamento della politica, anzitutto in campo economico, fin qui seguita dal governo e dal la DC. Il Governo pretende di af, frontare il problema della svalutazione della lira - resa possibile dall'assenza di una politica che avviasse mutamenti strutturali della nostra economia, e da ultimo alimentata da una scelta che tendeva a privilegiare i grandi gruppi industriali esportatori -scaricandone ancora una volta gli effetti sui lavoratori, colpiti nei loro consumi noncomprimibili (attraverso i recenti provvedimenti fiscali, come per la benzina), e in prospettiva nel loro posto di lavoro (attraverso l'innesco di una nuova fase di stretta monetaria indiscriminata); per arrivare infine alle posizioni espresse da alcuni ministri sui contratti di lavoro, che ne ostacolano la positiva conclusione. Ecco, proprio questa politica si tratta di cambiare radicalmente, attraverso misure che sono state rivendicate da più parti, e in primo luogo dalla Federazione CGIL-CISL-UIL, basate sulla rigorosa selezione del credito e della spesa pubblica in funzione della riconversione produttiva, e su provvedimenti selettivi di contenimento dei consumi che salvaguardino i lavoratori e i ceti popolari.

Su questo come su altri punti, tra i quali la necessità di dare soluzione al problema dell'aborto, che ha visto scandalosamente la DC votare con il MSI per peggiorare i contenuti della legge,e di avviare radicali misure per la moralizzazione della vita pubblica, facendo chiarezza sull'impressionante serie di scandali

venuti alla luce negli ultimi tempi, il governo e la DC hanno opposto. .n rifiuto del quale si assumono interamente la grave responsabilità di fronte al paese e alle masse popolari. Siamo giunti a una svolta nella storia dell'Italia ,una svolta difficile, complessa, drammatica ma nello stesso tempo aperta a positivi svi luppi: in diverse forme, essa si aspri me infatti in tutti i paesi dell'Europa capitalistica.

Condizioni perché la svolta possa attuarsi positivamente, con i il rafforzamento e lo sviluppo della democrazia, con misure che avviino il superamento della crisi, è più che mai l'unità di tutti i lavoratori, di tutte le forze democratiche e po polari che aspirano al cambiamento. L'appello all'unità, in questo primo maggio 1976, non ha niente di retorico, ed anzi pur di fronte alle difficoltà che hanno frenato e a volte fatto arretrare il processo unitario in campo sindacale assume la caratteristica dell'indicazione di una necessità pressante, cui nessuno può sottrarsi senza esporre il movimento dei lavoratori a pari pericoli. Solo con l'unità dei lavoratori, infatti, è possibile respingere tutti i tentativi eversivi che, si ripresentano oggi con una serie di attentati e di provocazioni con la convergenza di forze della nazione e di gruppetti di provocatori che, quale che sia il colore politico dichiarato si pongono con tutta evidenza sul terreno della destra fascista. Tutti i lavoratori, quale che sia la loro convinzione politica, sono oggi chiamati a dare una risposta di massa, unitaria e potente, ai problemi che travagliano la vita del nostro paese: una risposta di lotta contro la politica del padronato e delle forze che lo appoggiano, per superare positivamente la crisi, creando nuovi posti di lavoro e mutando profondamente le condizioni sociali e civili dell'Italia.

Una risposta che trova nel primo maggio di quest'anno un'occasione importante: perché la festa del lavoro dimostri la grande maturità e coscienza politica di una classe operaia, come quella italiana, all'avanguardia nella lotta per la trasformazione democratica e socialista della società.

della fabbrica nella vita della zona

Una politica del personale che ha sempre cercato di reclutare il lavoratore della Magneti nella zona della Brianza dalle caratteristiche, almeno fino a poco tempo fa, decisamente "bianche"; un elevato costo delle abitazioni che ha sempre costretto i dipendenti a cercare nei paesi della cintura milanese la propria residenza: una situazione logistica ai margini della zona 10; il tutto ha contribuito a fare della Magneti un corpo estraneo alla società del rione.

Ed allora degli operai della Magneti ci si accorge solo per le manifestazioni in zona. Ultimamente però della nostra fabbrica si parla non solo in zo-

na 10, a Milano ma e soprattutto a livello nazionale. Le tradizioni di questa vecchia politica, con il grande contributo dato alla lotta di liberazione del nazifascismo (basti ricordare il sacrificio di Beretta e Mandel), con il grande tributo pagato negli anni bui delle repressioni sindacali, per arrivare fino agli ultimi fatti del 2 aprile, balzando tutti insieme alle memorie.

Attraverso le tappe della sua storia si giunge fino a noi per chiedersi quale è la storia della Magneti di oggi, perché é potuto accadere che la provocazione giungesse fino al perimetro del capoguardiano, e in che contesto sono maturati tutti

questi fatti. Ci si accorge allora che la realtà della fabbrica è quella in cui esiste un movimento operaio che non solo ha resistito a duri attacchi ma che è riuscito a conquistare un contratto gruppo che tende ad evitare che la Marelli diventi una succursale FIAT e che abbia invece una propria autonomia produttiva. Per convalidare il successo di questa lotta basta fare un esempio. Alla Magneti è da poco in costruzione un Centro Esperienze, frutto, come potrebbe sembrare in prima istanza incredibile, non tanto della volontà della direzione della fabbrica ma della lotta dei lavora-

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Giovanni Gutemberg inventore della stampa
fI lL
I lavoratori della "Magneti" consapevoli del ruolo

nella vita della zona

tori e del loro sindacato unitario. Una prima conquista che cerca di evitare di fare della Magneti unicamente una fornitrice della FIAT e che illumina a sufficienza della politica della direzione aziendale tormentata da sorde lotte intestine che inevitabilmente si ripercuotono a livello produttivo.

Ecco allora che una situazione caratterizzata da un forte movimento operaio e da una direzione che vista l'impossibilità di pregarlo si è rifugiata in manovre delatorie, è al tempo stesso scenario e causa delle ultime provocazioni.

Bene hanno fatto il CdF., il PCI, il PSI a bollare come banditesche azioni che oltretutto, in quanto tali, non hanno niente a che spartire con i lavoratori.

E una verifica della giustezza di questa presa di posizione si è avuta immediatamente lunedì 5 con lo sciopero e nell'assemblea di giovedì 8 dove i provocatori di "Autonomie Operaie" sono stati isolati politicamente e fisicamente. Questo d'altra parte non deve fare tacere le responsabilità della direzione aziendale che non può limitarsi a condannare moralisticamente i fatti ma deve sempre trarre dovute conclusioni.

I lavoratori hanno capito che con simili azioni si tenta di col-

pire la loro unità, il loro sindacato, i partiti della sinistra e in primo luogo il PCI e la loro risposta è stata una risposta di massa democratica.

Se si giudicano gli ultimi episodi come indegni di un paese civile e non se ne traggono gltinsegnamenti del caso, allora si finisce per fare della demagogia e basta. Bisogna dare viceversa risposte concrete, non dilatorie. E per stare al reale e prevenire simili episodi condizione necessaria e indispensabile è quella di allargare il tessuto democratico in fabbrica.

Che fine ha fatto allora la risposta che si doveva dare ai partiti (nel caso specifico PRIPSI -PCI) e riguardante la loro presenza istituzionalizzata sul posto di lavoro?

Sui fatti ci si deve misurare e la Magneti può e deve essere un esempio, uno stimolo alla risoluzione dei problemi nazionali.

Ora più che mai infatti non ci si può far scudo di una grave situazione generale per pensare ad anacronistiche rivincite che, conducendo ad uno scontro frontale, si rivelerebbero contro l'interesse dell'intera collettività. Si tratta invece di dare una risposta positiva che-scaturisca da tutti, dal confronto dialettico delle idee, nel rispetto della propria autonomia; si tratta di dare gambe a quella

LE PICCOLE AZIENDE

L'appello di un lavoratore

A volte la situazione interna delle piccole aziende è sconcertante e forse vale la pena raccontare qualcosa di una ditta che sembra essere trascurata dai progressi civili che l'intero popolo italiano ormai ha compiuto. Si tratta della Tor-Viti, ditta che occupa circa una ventina di operai, situata in Via Cagliari al 4. Quando fui assunto nel maggio del 1974 la prima cosa che midissero è che avrei fatto l'apprendista tornitore; accalsi la proposta subito con entusiasmo, credendo di . aver imboccato la via giusta che mi avrebbe portato poi a quel lavoro onesto e sicuro che da sempre speravo. Invece la verità fu un'altra, quella promessa restò vuota di contenuto e adesso, dopo due anni, posso dire di aver fatto soltanto il manovale, ancor più sfruttato in quanto pagato da apprendista. Le ore di scuola non le ho mai frequentate e il tornio l'ho visto soltanto qualche volta casualmente. Non sono stato il primo apprendista e non sono stato l'ultimo, ancor oggi il padrone si serve della manodopera a poco prezzo. Altra infrazione contro le disposizioni contrattuali è la presenza di una donna inquadrata ancora, dopo 8 anni di lavoro, nel secondo livello.

Ma ancora più gravi sono altri problemi soprattutto quelli inerenti all'igiene e alla salute dei lavoratori. Dobbiamo lavorare in mezzo al fumo, che provoca la bronchite cronica, in mezzo alla puzza insopportabile prodotta dall'olio chimico usato; non esiste un gabinetto decente, non esistono le docce che per il nostro lavoro dovrebbero essere obbligatorie; non c'è neanche un posto pulito per riscaldare le schiscette che ci portiamo quotidianamente da casa; lo spogliatoio deve, per questioni di spazio, fare anche da sala da pranzo e riesce a malapena ad

Ogni sera 24.000 lavoratori 'vanno ai banchi di scuola

24 mila lavoratori che ogni sera vanno ad occupare i banchi di scuola sono una realtà che ormai non si può più ignorare, ma tale realtà comporta una serie di gravi problemi insoluti che a Milano la nuova Giunta Comunale è chiamata ad affrontare, pur nei limiti che legalmente le sono consentiti, ed è stato appunto per chiarire tali problemi, per accogliere le istanze dei lavoratoristudenti e per definire il ruolo e l'importanza che essi hanno all'interno del mondo del lavoro e della scuola, che la Giunta Comunale unitamente ad altre forze politiche e sindacali ha tenuto una serie di incontri e di dibattiti pubblici.

volontà di rinnovamento che è maturata in tanti anni di lotte e che ha trovato il suo sfogo, il suo dato più macroscopico nel voto del 15 giugno.

In questa ottica, che parte dal particolare per arrivare al generale, la Magneti può e deve essere un banco di prova per tutti. per il CdF., per il sindacato, per i partiti democratici e anche e soprattutto per la direzione della Magneti.

L'avvocato BONZANO — Assessore all'Istruzione — in una assemblea cittadina, svoltasi alla Camera del Lavoro, ha cercato di chiarire quelli che sono i contorti legami giuridicoamministrativi che intercorrono fra Amministrazione Pubblica, Enti Locali e Ministero della Pubblica Istruzione. Ha, inoltre, spiegato quali sono i limiti operativi che per legge il Comune non può superare. Per molte delle richieste portate avanti dai lavoratori-studenti il Comune non può far altro che appoggiarle politicamente, far pressione formale perchè vengano accolte, ma non operare concretamente. All'interno di tutta queta che è la tematica della Scuola Serale si colloca anche l'annoso problema dei Bienni, ben 3 mila stu-

DILETTANTI I-II III ATTENZIONE III e Direttori Sportivi - F.C.I.

assolvere questa funzione, perchè per fortuna molti vanno a casa a mangiare. Gli obblighi per la prevenzione degli infortuni non sono a conoscenza di nessuno: esiste, quasi messo li ironicamente, sopra alla molatrice, un cartello con su scritto: "È obbligatorio usare gli occhiali", ma gli occhiali mai nessuno li ha visti; è impossibile trovare un paio di guanti, ci si deve obbligatoriamente far da soli il callo sulle mani, se non si vuole averle continuamente riempite di calli; la cassetta medica sa offrire soltanto l'alcool e il cerotto, e molte volte dobbiamo ringraziare una signora che ha portato una crema per le scottature. La mancanza dei mezzi protettivi fa schizzare i trucioli dell'acciaio dappertutto e l'attenzione che dobbiamo portare per non esserne colpiti accresce la tensione nervosa. Inoltre nessuno lì dentro è stato mai sottoposto alle visite mediche periodiche che sono previste dalla legge. Potrei continuare ancora fino a chiedermi poi: ma noi tutti della Tor-Viti cosa abbiamo fatto per cambiare? Ci siamo soltanto messi a ridere quando uno si tagliava?

Abbiamo sempre sopportato tutto in nome della produzione aziendale?

La Tor-Viti sicuramente è soltanto un esempio drammatico, chissà quante altre piccole aziende vivono all'interno la stessa realtà. Il movimento sindacale e noi tutti dobbiamo porci il problema di come farle uscire dalla situazione in cui sono sempre state abbandonate, al margine di ogni avanzata sindacale e sociale, perchè anche noi facciamo parte delle masse lavoratrici e del popolo italiano. Il mio appello ai Consigli di Zona, al Comitato Sanitario, al Sindacato di Zona e a tutti i cittadini democratici.

denti son costretti, pur frequentando , istituti legalmente riconosciuti, a presentarsi annualmente agli esami finali come privatisti, con tutte quelle dcoltà che tale obbligo comporta: dall'onere finanziario, alla selettività di tali esami. Anche su questo problema la giunta si trova con le mani legate, non potendo essa stessa operare in prima persona.

Da tutti questi incontri e dai. dibattiti' svoltisi all'interno di essi sono emerse chiare alcune indicazioni fondamentali se si vuole che le richieste dei lavoratori-studenti siano accolte: bisogna innanzitutto evitare le spinte corporative, la chiusura del movimento intorno a problemi speciosi e settari, ma cercare una unità con gli altri lavoratori a fianco dei sindacati, perchè nell'attuale situazione economico-politica deve esistere la proposta di un nuovo ruolo della Scuola Serale, non più vista come scuola di serie B o scuola del recupero, bensì quale proposta per un nuovo sistema di sviluppo del nostro paese.

Perchè solo attraverso un impegno politico unitario i lavoratori-studenti possono premere presso gli Enti Locali e l'Amministrazione perchè si facciano carico nei limiti legislativi loro consentiti, di quelli che sono stati gli errori e le mancanze dello Stato.

SABATO 1° MAGGIO - Nel ricordo dell'indimenticabile grande Campione astigiano Giovanni Gerbi, ritorna celebrando le sue nozze d'argento la prestigiosa e classica dilettantistica nazionale, denominata:

XXV° GRAN PREMIO GIOVANNI GERBI - MILANO - ASTI

G.P. INTERREGIONALE - DIRETTORI SPORTIVI F.C.I.

Trofeo BRUNI COLOR - Milano Km.134

PREMI

INDIVIDUALI (tabella F.C.I.)

L 237.600 RAPPRESENTANZA (def. per Società) n. 7 coppe SPECIALI (per corridori, al 1-2-3-4 arrivato) (extra classifica) n. 4 coppe

TRAGUARDO VOLANTI n 7 TV al 1° e 2°, n. 3 TV al 1°-2°-3° (Punteggio 5-3-1 valevole per il G.P.M.)

GRAN PREMIO MONTAGNA per complessive L. 55.000 al 1°-2°-3° arrivato della speciale classifica.

G. P. INTERREGIONALE PER DIRETTORI SPORTIVI - F.C.I. n. 1 trofeo al Direttore Sportivo del vincitore, n. 9 trofei e n. 5 minitrofei ai direttori sportivi come da regolamento.

P.S. Oltre questi premi, ai direttori sportivi aventi corridori classificati, verrà consegnata una grande riproduzione di bicicletta a ricordo della manifestazione.

ORGANIZZAZIONE: S.C. "G. GERBI" Milano S.S. PEDALEASTIGIANO "G. GERBI" Asti

ISCRIZIONI: si ricevono sino alle ore 22 del 30.4.76 presso la S.C. "G. GERBI" Milano - V.le Monza, 140 telefono 2571127

CORRIDORI ATTENZIONE: come da regolamentazione emanata dalla C.T.S. "È AMMESSO IL CAMBIO DI RUOTA"

SORTEGGIO: ordine di marcia Società: ore 10 del 1.5.1976.

Realizzato da un'équipe di docenti universitari e magistrati guidata dal Prof CARLO SMURAGLIA. il volume esamina tutte le leggi che regolano il rapporto di lavoro 225 voci 308

TETI editore Via Enrico Nóè, 23 Tel 20.43.539 MILANO 20133 LAVORATORE infòrmati sui tuoi diritti!
lire ENCICLOPEDIA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI
pagine 2%500
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i 2 lavoratori della "Magneti" consapevoli del ruolo della fabbrica
PCI - Sezione "Lenin" Magneti Marelli

DA DONNA A DONNA

Aborto, ovvero "CONTROLLO DELLE NASCITE DEI POV

Ha scritto Gigi Marsico, curatore di una inchiesta per la TV sul problema dell'aborto: "Sono contenti medici, ostetriche, "mammone", fattucchiere, la curva demografica viene mantenuta in valori accettabili senza costose reti di consultorio per la pianificazione familiare e soprattutto, con quella finta tutela della madre, la finta sanzione giuridica e il sostanziale abbandono della donna incinta al suo destino, si evita di affrontare il problema. Più che prevenirlo, il titolo x del nostro codice penale sembra proteggere l'aborto clandestino, il più economico strumento di pianificazione familiare in un paese dove ci sono voluti 25 anni per fare sentenziare alla Corte costituzionale cibe i divieti di propaganda, fabbricazione e commercio di contraccettivi erano incompatibili con i principi della Costituzione repubblicana. Per quanto possa sembrare assurdo, le leggi fasciste hanno continuato a impedire l'insegnamento dei metodi e delle terapie anticoncezionali persino nelle università."

Vediamo infatti alcuni dati: solo

1'1,5% delle donne italiane usano la pillola, mentre in altri paesi europei (come la Gran Bretagna e la Germania) la percentuale si avvicina al 30%.

Conseguenze: 3 milioni di aborti all'anno, ventimila vittime delle pratiche delle mammone, delle fattucchiere, di medicastri, di maldestre levatrici, che operano oltretutto ad altissimi prezzi; la crescita di una vera e propria, industria attorno all'aborto clandestino che rende circa 100 miliardi all'anno. Inutile dire che sono soprattutto le donne povere a pagare con la vita, o con terribili mutilazioni, il loro aborto clandestino.

Un ampio dibattito civile e sociale non poteva quindi che svilupparsi sui temi dell'aborto e della produzione della vita, aspre polemiche non potevano che ravvivarsi in Italia sul problema dell'interruzzione della maternità non voluta e sulle cause che sono a mon-

la nostra

sede del giornale

viale Monza 140

Al martedì e giovedì

dalle 21 alle 23

alla domenica

dalle 11 alle 12,30

te della drammatica situazione descritta or ora. Il fenomeno più appariscente, che in questi ultimi anni ha riportato violentemente alla ribalta il problema dell'aborto, e più in generale quello dell'emancipazione femminile, è la nascita di vari gruppi femministi. Da una parte esiste il Movimento per la liberazione della donna, federato al partito radicale che ha iniziato battaglie quali la liberalizazzione degli anticoncezionali, la formazione di asili nido antiautoritari, e la legalizzazione dell'aborto. Dall'altra parte nascono e si sviluppano altri gruppi femministi, rigidamente chiusi all'intervento maschile, che portano avanti una specie di lotta dei sessi; impostazione a mio avviso del tutto sbagliata, e anche pericolosa: in questo modo l'organizzazione corre il pericolo di trasformarsi in una specie di setta religiosa, chiusa agli interventi esterni, isolata nella perfetta ignoranza dei problemi concreti della società. Voglio dire: è indispensabile affrontare i problemi della donna non individualmente, ma in stretto rapporto con la società, e quindi si deve agire non isolatamente, ma insieme a tutte quelle forze, a tutte quelle persone, uomini o donne che siano, che vogliono lottare per l'emancipazione femminile e per una società migliore.

Ormai, è un dato acquisito della coscienza democratica la necessità di provvedere immediatamente con una legislazione adeguata a rimuovere le cause che sono all'origine di quella drammatica vicenda collettiva che si chiama aborto. Ormai, la maggior parte degli italiani è convinta che la maternità non deve essere più un elemento di condizionamento della donna e non deve ridurla in uno stato di inferiorità; che ogni donna deve al contrario poter decidere in modo autonomo, libero e responsabile sul fatto di avere figli, di quanti averne, e di quando averli.

Ecco che l'aborto e prevenzione della maternità vengono ad essere due aspetti di un identico problema; anzi, il problema della regolamentazione delle nascite va inserito in una nuova visione della famiglia e del ruolo della donna nella società. Ci sono del resto degli ostacoli oggettivi che rendono più difficile un'educazione sessuale di massa, e che vanno rimossi il n iù presto possibile: una situazioe di disinformazione generale, la difficoltà di accesso agli anticoncezionali (da noi poco conosciuti e spesso scoraggiati), e non ultima la moralità comune che ancora condanna l'uso responsabile del corpo da parte della donna. Un ottimo lavoro in questo senso stanno svolgendo i consultori di quartiere, sorti, per ora, solo in alcune città. Certo, i locali, le attrezzature, il personale sono per ora quasi dappertutto insufficienti per assicurare un servizio completo e tempestivo. Ogni consultorio è aperto a tutte le donne, di ogni età e di ogni condizione, e svolge un servizio continuo e gratuito di medicina preventiva. Compito del consultorio deve essere anche quello di dimostrare alle donne, che in generale non hanno fiducia in certa classe medica corporativa e autoritaria, che un servizio popolare e gratuito può e deve essere qualificato e sicuro, e diffondere così una nuova concezione della salute, della medicina, del servizio pubblico. Agli interventi estremi e spesso tardivi, frutto di una concezione tradizionale della medicina, considerata come rimedio al male e non come alimento della salute e del benessere, il consultorio oppone dunque un servizio di conoscenza e di informazione, e si rivolge soprattutto alle donne, perchè si impadroniscano delle tecniche contraccettive, vivano con gioia la sessualità separandole se vogliono dalla procreazione, e possano decidere quando vogliono diventare madri.

MERCATINI

Abbiamo pubblicato nel secondo numero della "Nostra Realtà" la notizia del trasferimento del mercato di Via Soffredini in Viale Monza 325 e delle polemiche che accompagnano questa decisione. Sembra inoltre che il trasferimento sia rinviato ad ottobre. Per conoscere meglio i motivi 'delle parti abbiamo intervistato uno dei responsabili del mercato ambulante di Via Soffredini, il Sig. Pisani della Confesercenti. Nel prossimo numero cercheremo di riportare il parere di quei cittadini contrari al trasferimento.

Fulvia Fasola D. - È nostra convinzione che fra cittadini ed esercenti si debba instaurare un dialogo In modo che assieme si ricerchino le responsabilità dell'aumento del costo della vita e si lotti per contrastare questa tendenza; è perciò giusto che si eviti una contrapposizione tra consumatori ed esercenti, vittime entrambi della crisi. in che modo gli ambulanti pensano dl contrastare questa situazione?

R. - I mercatini degli ambulanti hanno oggettivamente una funzione calmiratrice; infatti non dovendo sopportare i costi dell'affitto dei negozi possono vendere a prezzi bassi. Tuttavia questo sistema di vendite comporta per noi ambulanti gravi sacrifici. La giornata lavorativa comincia per noi all'alba: dobbiamo disporre per tempo ordinatamente la merce ed alla fine della giornata lavorativa bisogna ricaricare in poco tempo .tutto ciò che rimane. Inoltre il tempo per la vendita è piuttosto breve e bisogna lavorare con estrema rapidità sia per evitare lunghe file del consumatore, che per vendere i nostri prodotti in quantità maggiore. E infatti proprio la quantità maggiore del prodotto venduto che ci consente i prezzi bassi.

D. - Dovete sopportare delle spese per li personale?

R. - In generale i nostri esercizi sono a conduzione familiare anche perché i margini di guadagno sono talmente ristretti che non ci consentono d, pagare dei dipendenti.

D. - Quali motivi vl hanno spinto a chiedere il permesso dl trasferirvi nel piazzale affiatante li n. 325 di Viale Monza?

R. - Abbiamo chiesto di poterci trasferire per due motivi. II primo motivo è di ordine logistico; infatti la Va Soffredini è piuttosto stretta e durante la mattinata del giorno di mercato è attraversata da molte macchine. Sono molte le casalinghe costrette a portare con sè i propri bambini perchè non possono lasciarli soli in casa e ciò comporta dei rischi abbastanza gravi per la loro incolumità. Inoltre il mercatino si sviluppa lungo tutta la Via Soffredini e le persone che devono fare i loro acquisti non sempre sono disposte a fare più di 300 metri per comprare della frutta, del formaggio, o altri prodotti. lo credo inoltre che se i punti di vendita fossero più ravvicinati gli ambulanti sarebbero portati a migliorare i prezzi e la qualità in quanto il cittadino avrebbe maggiore possibilità di fare dei confronti. Ciò costituirebbe un oggettivo vantaggio per il consumatore.

D. - I cittadini che non vedono di buon occhio li trasferimento del mercato di Via Soffredini affermano che c'è II rischio che I mercoledì dopo la chiusura dei mercato Il piazzale sia lasciato sporco per molto tempo.

R. - Essi non hanno alcun motivo di preoccuparsi perché subito dopo la chiusura del mercatino intervengono gli addetti del Comune che tempestivamente puliscono tutto con cura. In un'ora circa il piazzale sarà ogni volta ripulito e sgomberato di ogni residuo. In conclusione ritengo che il trasferimento del mercatino procurerà vantaggi e non danni alla popolazione. In ogni caso noi vogliamo discutere con i cittadini perché siano convinti che gli interessi nostri e quelli della popolazione coincidano.

LE NOSTRE INCHIESTE Crisi: esercenti

ELLI ALESSANDRINAVia Palmanova 59 - Merciaia

Gli esercenti e gli artigiani mancano oggi di una forza organizzata, hanno si delle associazioni, ma solo per il puro associazionismo, per risolvere alcuni problemi di assistenza tecnica, per cui quella che balza subito agli occhi è l'incapacità di muoversi in senso sindacale e cooperativistico. Per capire certi problemi di fondo è necessario risalire un pò indietro negli anni, quando avere un negozio era un modo di sfuggire alla disoccupazione. Il Comune concedeva licenze con facilità, rispettando pochissime regole, quali la distanza ed il numero civico, ma senza regolarne la concessione in base al rapporto della necessità o del numero di abitanti di una certa zona. Il risultato a cui siamo arrivati è di avere un numero eccedente di esercizi. I negozi di parrucchiere, per fare un esempio, superano di circa un terzo il numero necessario, mentre non sono sfruttati in pieno i posti di lavoro di ogni negozio. Bisogna rilevare a questo punto che quello che maggiormente incide sulla condizione di un negozio. questo vale anche per gli alimentaristi, sono le spese di gestione, per cui se un esercizio ha quattro posti di lavoro e ne sfrutta solo due, le spese peseranno solo su questi.

Lo spiraglio che si da per risolvere l'aumento dei costi è l'aumento conseguente delle tariffe, ma

poichè gli stipendi o gli introiti dei consumatori non sono dilatabili all'infinito, per i primi tempi il gettito in cassa aumenta, poi il consumatore riduce le spese, e le entrate tornano•ai livelli precedenti. Quali conclusioni trarne quindi? Dividere innazitutto più equamente le spese di gestione sfruttando i posti di lavoro disponibili ed evitare la polverizzazione degli esercizi. È necessario però spiegare bene che per questo bisogna andare verso soluzioni cooperativistiche perlomeno di gestione. Gestendo il lavoro insieme, sarebbero superate le diffidenze del rapporto titolare-dipendente, ci sarebbe più affiatamento nel lavoro, paghe più alte e si ridurrebbero subito le spese generali di gestione. Nella forma cooperativistica inoltre, si possono fare acquisti determinando tutti insieme la scelta: su alcuni prodotti si avrebbero quindi maggiori sconti, in quanto si andrebbero ad eliminare tanti prodotti che sono solo doppioni e diminuirebbero, quindi, i costi. In sostanza bisognerebbe superare l'isolazionismo, andare ad un incontro con le forze politiche e sindacali collaborando con i Consigli di Zona, passare da forme di associazionismo a forme di cooperativismo, organizzare e partecipare ad assemblee in cui vengono dibattuti i problemi ed arrivare a determinarli e prevenirli per non vedere con paura il futuro.

È ora che i nostri governanti vadano in pensione e lascino il posto ai più giovani. La carne costa cara perchè viene dall'estero, ma se avessero lasciato la gente a lavorare la campagna, oggi non saremmo certo in questa situazione. La televisione fa presto a dire che la roba è aumentata dello zero, zero zero, la realtà è che non è vero e siamo noi poveri diavoli a doverlo far capire alla gente.

A noi va bene quando la carne dimiuisce non quando aumenta; venderemmo di più e avremmo più margine perchè anche l'osso e gli scarti costerebbero meno. Comunque le dirò anche un'altra cosa: finchè la merce è bella è sul banco, la gente la compra, e la verità è che la mucca dovrebbe essere fatta tutta di filetto.

MICHELE - Via Rovetta 19 - PARRUCCHIERE

Se prima la gente ci pensava due volte per comperare, oggi ci pensa tre o quattro, invece di prendere due camice ne prende una sola e tira avanti così finchè può. Adesso ogni settimana che andiamo nei magazzini, troviamo un aumento ed inoltre sulle ordinazioni ci aggiungono anche il costo del trasporto e dell'imballo. Qui ho due articoli che ho dovuto riassortire: uno, che avevo in casa costa una cifra, quello che ho preso dopo costa di più; il prezzo è qui sulla scatola, così se un cliente ne vuole una certa quantità si trova ad avere la stessa merce a prezzi differenti. D'altra parte cosa possiamo fare noi, non possiamo rischiare che i nostri fornitori non ci diano più la merce; se non prendono provvedimenti quelli che ci governano, anche rtoi siamo in ballo come tutti gli altri.

FOTO VALENTI - Via Berna 7

Non è che i miei clienti si lamentino, semplicemente non comprano più. Passano, mi salutano e tirano diritto. Certo non è la stagione ideale per il nostro lavoro, ma con gli aumenti incredibili che hanno avuto i nostri prodotti non so proprio se ci saranno ancora stagioni buone.

Se la roba è cara, la gente ovviamente spende di meno.

Prenda le patate, ad esempio: queste sono del raccolto che è stato fatto l'anno scorso, ma nel frattempo sono aumentate del 200%.

E le cipolle? Se lei va in campagna le buttano via perchè non gliele pagano abbastanza, e qui costano un sacco di soldi! Pensi che importiamo le mele dall'Olanda, dalla Danimarca e costano meno delle nostre, glielo posso dimostrare con le fatture. Non parliamo poi della speculazione sulla tara merce, cioè la cassetta, che noi paghiamo allo stesso prezzo del prodotto che contiene. Su 16 Kg. di lattuga che arriva dalla Francia abbiamo 8 etti di tara, in Italia su 7 Kg. sempre di lattuga ne abbiamo

1,8 Kg. che poi ci viene venduta bagnata così la cassetta pesa di più. Ci sono troppe mani che guadagnano, che speculano senza far nulla; chi dovrebbe controllare passa, prende la bustarella e va! Poi, quando sei costretto a vendere l'insalata ad una vecchietta, ad un pensionato, a 140 l'etto ti vien da piangere. Una soluzione potrebbe essere un controllo severo delle vendite.

Guardi questa cassetta estera: io so che qui dentro ci sono 5 Kg. netti di merce selezionata e non marcia. Per me è facile su questi prodotti fare i miei calcoli e venderli a prezzi onesti, e quando ho tirato fuori le mie spese, mi salta fuori la mia giornata che è come quella di un operaio.

Una volta un ragazzo che aveva da spendere quelle 10.000 lire per fine settimana riusciva a fare il pieno della macchina, ad andare al cinema, a venire qui e farsi bello per uscire con la ragazza. È ovvio che adesso con le stesse 10.000 deve togliere qualche spesa così i capelli se li lava in casa e da noi non viene più. Adesso la gente cerca di risparmiare di più sugli shampoo, le frizioni, la barba. Il taglio dei capelli vengono a farselo quando non possono fare a meno. Certo che aumentando la benzina e i prodotti alcolici aumenteranno i nostri prodotti, con il calo della lira aumenteranno i rasoi e le forbici che vengono dalla Germania. Lei pensi che già tutto questo in un anno è aumentato 6-7 volte! Inoltre da quest'anno ci fanno pagare il 12% di R, A; ma perchè noi dobbiamo parare il 12% ed altri negozianti solo il 6%?

Le nostre tariffe da Natale sono aumentate, ma mi creda, alla fine della giornata, quando apro il cassetto ho guadagnato meno di prima, e dopo 12-13 ore di lavoro al giorno, ho diritto anch'io di vivere!

GEREMINI GERMANOVia della Torre 34 - FRUTTIVENDOLO FARINA ANGELO - Via della Torre 34 - MACELLAIO
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ZANELLA VIRGINIO PARRUCCHIERE V.LE MONZA 173
MEMBRO DEL COMITATO DIRETTIVO PROVINCIALE DELLA F.I.B.M.A. (C.N.A. CONFEDERAZIONE NAZIONALE DELL'ARTIGIANATO VIA BORGHETTO 2 MI)

allo sbaraglio

BAR TORINO CLUB - Via Rovetta 8

La gente che frequenta il nostro bar dice che non berrà più caffè, più alcolici ed allora anche noi chiuderemo la baracca e andremo a fare qualche altro mestiere. I nostri governanti dicono che hanno bisogno di soldi, che aumentano le tasse per averli; ma andando avanti così da chi li prenderanno se tutti saranno costretti a chiudere? Mi hanno messo la tassa sull'incasso del biliardo, me l'hanno aumentata sull'insegna, sui tavolini all'esterno, che me lo dicano: io gli porto tutto l'incasso e non se ne parla più. Lavoro 18 ore al giorno, avrò il diritto di mettere via qualcosa! Il caffè io lo faccio pagare ancora 120 lire: qui non viene la gente che va al Night o gli Agnelli o i Pirelli, ma gli operai che si fanno la partita a carte o al biliardo. Inoltre che soluzione vuole che troviamo noi! Questi sono negozi a conduzione familiare: non abbiamo la cultura, la volontà, l'unità per far qualcosa e quando se ne parla, ognuno poi pensa ai suoi quattro soldi e se ne lava le mani.

TITOLARE DI SUPERMARKET A&O

Certo, anch'io risento della crisi, anche se il mio lavoro, riparatore di orologi, non è di prima necessità rispetto al macellaio, fruttivendolo, ecc. Il lavoro è calato, e a volte gli orologi mi restano qui dei

mesi perchè i clienti hanno delle difficoltà a ritirarli e pagare la riparazione. Sinceramente penso che soluzioni immediate non ve ne siano. Solo delle nuove leve istruite e preparate potranno eliminare la corruzione e la mafia legate al potere, ma per questo ci vorrà del tempo.

È chiaro che la gente quando si lamenta, si rifà sempre sul commerciante, anche se la televisione aveva chiaramente detto che l'IVA sarebbe aumentata su diversi prodotti. Certamente hanno ragione, ma anche per noi andava meglio quando i prodotti costavano la metà. Adesso oltre ad essere tartassati dalle tasse, sono diminuiti i nostri margini. La gente compra alla giornata e stando bene attenta a non fare spese superflue: alcolici ad esempio, ne vendiamo molto meno di prima, su altri prodotti ripiegano su marche meno conosciute e quindi meno costose. In questo quartiere, che è soprattutto operaio, la gente ha paura che lo stipendio arrivi a non bastare più per condurre una vita civile. Non affrontiamo poi, un discorso sui pensionati! Comunque noi siamo dei piccoli commercianti, quelli grossi sono a tutt'altro livello, noi non vediamo un futuro molto sereno, ma d'altra parte se non ci pensano i nostri governanti a sistemare le cose, cosa le posso dire io?

UN MACELLAIO

Francamente non so proprio cosa dirle. Non mangeremo più la carne e mangeremo qualcos'altro. Prenda il coniglio, il maiale, gli insaccati, sono aumentati di colpo e lei me lo sa spiegare perchè? Per la carne lo capisco, l'importiamo dall'estero e quindi costa, ma questi prodotti?

Una volta, mica tanto tempo fa, con meno di 1 milione e mezzo, riempivo la cella frigorifera, oggi con la stessa cifra ho preso 4 "quarti". Certo, il mio negozio è a conduzione familiare, e bene o male, riesco ad andare avanti, ma chi ha dei dipendenti, cosa farà?

Dovrà lasciarli a casa! Figuriamoci poi se ci faranno chiudere per un periodo al mese! Chi ha i soldi in tasca ed un buon frigo, compera tutta la carne che vuole e la conserva. Senza contare poi il rischio che comincino a funzionare dei macelli clandestini e quindi senza

59 - LATTAIO

Lavoriamo molto meno, poi abbiamo la Standa proprio di fronte, cosi la gente va li a comperare e risparmia qualche lira. Il prezzo del latte invece è uguale e vengono ancora qui a prenderlo ma come faccio a vivere se non vendo anche altra merce? Comunque io fra poco andrò in pensione e adesso ci penseranno i giovani a mettere a posto le cose.

il controllo dell'igiene, prezzi da borsa nera e così via. Il calmiere dovrebbe venire all'ingrosso e non in negozio! Comunque il fatto è

che tutti fanno ciò che vogliono: chi ha in mano la roba è il padrone e alla fine siamo sempre costretti ad andare a comperare.

Vendiamo molta benzina in meno, con l'ultimo rincaro abbiamo avuto un aumento di percentuale, ma è irrisorio rispetto ai litri di vendita che abbiamo perso; per me la perdita è circa del 25-30% ed ho qui le giornaliere a dimostrarlo. Lei pensi che oggi è sabato ed era l'unico giorno che ci permetteva di fare un buon incasso, invece è stata una giornata normalissima come tutte le altre. Adesso quegli operai non ce la fanno più a mantenere la

macchina, e sono costretti ad usarla per venire al lavoro, cercano di unirsi, usarne una sola e dividere le spese. Qui in giro, e sono tutte fabbriche, una volta non trovava un parcheggio libero, ora ce n'è quanti ne vuole! É difficile comunque per me indicare delle soluzioni, certo non è giusto che vadano a rincarare sempre gli stessi prodotti e noi ci riduciamo in pratica a fare gli esattori delle tasse.

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