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una parola d'ordine
1 Maggio 1976: meno che mai, quest'anno la festa del lavoro si presenta come un'occasione puramente rituale. Molti sono i significati che confluiscono in questa giornata, per farne un momento di lotta, di dimostrazione dell'alta coscienza politica della classe operaia italiana, di manifestazione internazionalista.
E' il primo maggio, quello di quest'anno, anzitutto dei compagni vietnamiti, che giusto un anno fa conducevano vittoriosamente la loro eroica lotta di liberazione, portando in tutto il mondo l'eco di una speranza che va ben al di là delle frontiere del loro paese.
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E'il primo maggio dei compagni dell'Angola, che hanno liberato, con la solidarietà del movimento operaio e popolare internazionale, il loro paese dalla presenza dell'imperialismo.
E' il primo maggio di grandi lotte in Italia per il lavoro, l'occupazione, un nuovo modello di sviluppo economico; é il primo maggio dei lavoratori della Innocenti, che hanno concluso la loro lotta per la salvaguardia del posto di lavoro dopo 132 giorni di occupazione della fabbrica, cosi come dei lavoratori di altre centinaia di aziende minacciate dalla crisi.
chiaramente venivano chiamate in causa le scelte che hanno determinato in questi decenni un Certo tipo di sviluppo del settore. (In quei mesi avvenivano significativi fenomeni di concentrazione di piccole e medie aziende editoriali ad opera del capitale finanziario).
Alla conferenza sono stati posti i temi del lavoro in fabbrica (l'organizzazione del lavoro, i ritmi, la salute, il lavoro in appalto e a domicilio) e del prodotto libro. Si è constatato che la esigenza sentita dal mondo della scuola, e, più in generale, la crescente domanda di cultura che viene dal paese, si fonde con la problematica anche più immediata dei lavoratori in fabbrica.
Non è infatti ravvisabile una prospettiva di sviluppo, di garanzia di lavoro, anche di miglioramenti economici e normativi, se l'editoria non punta ad una maggiore diffusione del libro (vale la pena di ricordare che l'Italia è uno dei paesi dell'Europa dove si legge di meno).
Una particolare attenzione è stata rivolta alla produzione per la scuola.
A tutti sono noti i travagli che la scuola attraversa, i fermenti, le esigenze che l'animano, le proposte degli studenti e degli insegnanti, ed oggi anche dei genitori, a proposito anche degli strumenti didattiti. Il libro per la scuola, per come ora è concepito, per la sua adozione obbligatoria è sotto accusa. Serve rinnovarlo, renderlo rispondente alle nuove esigenze formative, spogliarlo dal caratteri retorici e nozionistici che lo caratterizzano. In altre parole necessita non tanto un libro anche se diverso, quanto che nella scuola entrino più libri che diano allo studente una informazione più ampia, libera e formativa.
È stato il momento in cui si è segnata una svolta, e sono questi, da allora, i temi del confronto con la direzione aziendale. Prolrio in questa settimana i avoratori sono scesi in sciopero per rivendicare investimenti e concrete iniziative. Segno è questo della prosecuzione della lotta per una riforma deinocratica e pluralistica dell'editoria.
Il C.d.L. Garzanti Precotto
E' il primo maggio infine, di un'Italia che vuole un cambiamento profonde come dimostrano i risultati elettorali del 15 giugno 1975 con la vittoriosa avanzata del PCI e delle forze di sinistra.
Questa volontà di cambiamento si esprime però in un momento politico ed economico che si va facendo sempre più difficile, e che può diventare drammatico. Al momento in cui scriviamo, non sappiamo ancora se si ancfra per la seconda volta consecutiva in quattro anni, allo scioglimento anticipato del Parlamento e alle elezioni politiche.
I margini per evitare un simile evento, che i comunisti hanno sempre ritenuto dannoso per il paese in una situazione economica grave come l'attuale, sono però assai ristretti.
Ciò è conseguenza della posizioiiffl assunta dalla Democrazia Cristiana, principale responsabile, per aver governato ininterrottamente il Paese per quasi trenta anni, della crisi politica ed economica in cui esso si si trova oggi - che ha rifiutato persino la possibilità di ricercare un accordo tra le forze democratiche e popolari che garantisse la più normale della legislatura.
Certo, un accordo di questo genere, come proposto dal PCI e anche in forme diverse, dai compagni socialisti, implica un mutamento della politica, anzitutto in campo economico, fin qui seguita dal governo e dal la DC. Il Governo pretende di af, frontare il problema della svalutazione della lira - resa possibile dall'assenza di una politica che avviasse mutamenti strutturali della nostra economia, e da ultimo alimentata da una scelta che tendeva a privilegiare i grandi gruppi industriali esportatori -scaricandone ancora una volta gli effetti sui lavoratori, colpiti nei loro consumi noncomprimibili (attraverso i recenti provvedimenti fiscali, come per la benzina), e in prospettiva nel loro posto di lavoro (attraverso l'innesco di una nuova fase di stretta monetaria indiscriminata); per arrivare infine alle posizioni espresse da alcuni ministri sui contratti di lavoro, che ne ostacolano la positiva conclusione. Ecco, proprio questa politica si tratta di cambiare radicalmente, attraverso misure che sono state rivendicate da più parti, e in primo luogo dalla Federazione CGIL-CISL-UIL, basate sulla rigorosa selezione del credito e della spesa pubblica in funzione della riconversione produttiva, e su provvedimenti selettivi di contenimento dei consumi che salvaguardino i lavoratori e i ceti popolari.
Su questo come su altri punti, tra i quali la necessità di dare soluzione al problema dell'aborto, che ha visto scandalosamente la DC votare con il MSI per peggiorare i contenuti della legge,e di avviare radicali misure per la moralizzazione della vita pubblica, facendo chiarezza sull'impressionante serie di scandali venuti alla luce negli ultimi tempi, il governo e la DC hanno opposto. .n rifiuto del quale si assumono interamente la grave responsabilità di fronte al paese e alle masse popolari. Siamo giunti a una svolta nella storia dell'Italia ,una svolta difficile, complessa, drammatica ma nello stesso tempo aperta a positivi svi luppi: in diverse forme, essa si aspri me infatti in tutti i paesi dell'Europa capitalistica.
Condizioni perché la svolta possa attuarsi positivamente, con i il rafforzamento e lo sviluppo della democrazia, con misure che avviino il superamento della crisi, è più che mai l'unità di tutti i lavoratori, di tutte le forze democratiche e po polari che aspirano al cambiamento. L'appello all'unità, in questo primo maggio 1976, non ha niente di retorico, ed anzi pur di fronte alle difficoltà che hanno frenato e a volte fatto arretrare il processo unitario in campo sindacale assume la caratteristica dell'indicazione di una necessità pressante, cui nessuno può sottrarsi senza esporre il movimento dei lavoratori a pari pericoli. Solo con l'unità dei lavoratori, infatti, è possibile respingere tutti i tentativi eversivi che, si ripresentano oggi con una serie di attentati e di provocazioni con la convergenza di forze della nazione e di gruppetti di provocatori che, quale che sia il colore politico dichiarato si pongono con tutta evidenza sul terreno della destra fascista. Tutti i lavoratori, quale che sia la loro convinzione politica, sono oggi chiamati a dare una risposta di massa, unitaria e potente, ai problemi che travagliano la vita del nostro paese: una risposta di lotta contro la politica del padronato e delle forze che lo appoggiano, per superare positivamente la crisi, creando nuovi posti di lavoro e mutando profondamente le condizioni sociali e civili dell'Italia.
Una risposta che trova nel primo maggio di quest'anno un'occasione importante: perché la festa del lavoro dimostri la grande maturità e coscienza politica di una classe operaia, come quella italiana, all'avanguardia nella lotta per la trasformazione democratica e socialista della società.
Della Fabbrica Nella Vita Della Zona
Una politica del personale che ha sempre cercato di reclutare il lavoratore della Magneti nella zona della Brianza dalle caratteristiche, almeno fino a poco tempo fa, decisamente "bianche"; un elevato costo delle abitazioni che ha sempre costretto i dipendenti a cercare nei paesi della cintura milanese la propria residenza: una situazione logistica ai margini della zona 10; il tutto ha contribuito a fare della Magneti un corpo estraneo alla società del rione.
Ed allora degli operai della Magneti ci si accorge solo per le manifestazioni in zona. Ultimamente però della nostra fabbrica si parla non solo in zo- na 10, a Milano ma e soprattutto a livello nazionale. Le tradizioni di questa vecchia politica, con il grande contributo dato alla lotta di liberazione del nazifascismo (basti ricordare il sacrificio di Beretta e Mandel), con il grande tributo pagato negli anni bui delle repressioni sindacali, per arrivare fino agli ultimi fatti del 2 aprile, balzando tutti insieme alle memorie.
Attraverso le tappe della sua storia si giunge fino a noi per chiedersi quale è la storia della Magneti di oggi, perché é potuto accadere che la provocazione giungesse fino al perimetro del capoguardiano, e in che contesto sono maturati tutti questi fatti. Ci si accorge allora che la realtà della fabbrica è quella in cui esiste un movimento operaio che non solo ha resistito a duri attacchi ma che è riuscito a conquistare un contratto gruppo che tende ad evitare che la Marelli diventi una succursale FIAT e che abbia invece una propria autonomia produttiva. Per convalidare il successo di questa lotta basta fare un esempio. Alla Magneti è da poco in costruzione un Centro Esperienze, frutto, come potrebbe sembrare in prima istanza incredibile, non tanto della volontà della direzione della fabbrica ma della lotta dei lavora-
Nella Vita Della Zona
tori e del loro sindacato unitario. Una prima conquista che cerca di evitare di fare della Magneti unicamente una fornitrice della FIAT e che illumina a sufficienza della politica della direzione aziendale tormentata da sorde lotte intestine che inevitabilmente si ripercuotono a livello produttivo.
Ecco allora che una situazione caratterizzata da un forte movimento operaio e da una direzione che vista l'impossibilità di pregarlo si è rifugiata in manovre delatorie, è al tempo stesso scenario e causa delle ultime provocazioni.
Bene hanno fatto il CdF., il PCI, il PSI a bollare come banditesche azioni che oltretutto, in quanto tali, non hanno niente a che spartire con i lavoratori.
E una verifica della giustezza di questa presa di posizione si è avuta immediatamente lunedì 5 con lo sciopero e nell'assemblea di giovedì 8 dove i provocatori di "Autonomie Operaie" sono stati isolati politicamente e fisicamente. Questo d'altra parte non deve fare tacere le responsabilità della direzione aziendale che non può limitarsi a condannare moralisticamente i fatti ma deve sempre trarre dovute conclusioni.
I lavoratori hanno capito che con simili azioni si tenta di col- pire la loro unità, il loro sindacato, i partiti della sinistra e in primo luogo il PCI e la loro risposta è stata una risposta di massa democratica.
Se si giudicano gli ultimi episodi come indegni di un paese civile e non se ne traggono gltinsegnamenti del caso, allora si finisce per fare della demagogia e basta. Bisogna dare viceversa risposte concrete, non dilatorie. E per stare al reale e prevenire simili episodi condizione necessaria e indispensabile è quella di allargare il tessuto democratico in fabbrica.
Che fine ha fatto allora la risposta che si doveva dare ai partiti (nel caso specifico PRIPSI -PCI) e riguardante la loro presenza istituzionalizzata sul posto di lavoro?
Sui fatti ci si deve misurare e la Magneti può e deve essere un esempio, uno stimolo alla risoluzione dei problemi nazionali.
Ora più che mai infatti non ci si può far scudo di una grave situazione generale per pensare ad anacronistiche rivincite che, conducendo ad uno scontro frontale, si rivelerebbero contro l'interesse dell'intera collettività. Si tratta invece di dare una risposta positiva che-scaturisca da tutti, dal confronto dialettico delle idee, nel rispetto della propria autonomia; si tratta di dare gambe a quella