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La battaglia dei binari
Per un po' procedono insieme, poi si separano.
Greco, giugno 1944: un piccolo lembo della periferia milanese, isolato dalla città da un fascio di binari che lo taglia in due. È una borgata che non ha nulla di attraente: le case vi hanno perso colore sotto il fumo delle locomotive, che ha reso grigio e uniforme tutto ciò che sfiora: il ponte, la strada, le cascine. L'atmosfera di guerra che vi si respira ha reso più triste e sconsolato il luogo.
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In paese è giunta altra gente: volti duri, ostili, diffidenti: sono gli uomini della Feldgendarmerie, del Genio ferroviario della Wehrrnacht, della Contraerea, delle SS, incaricati di sorvegliare le grandi officine di riparazione ferroviaria di Greco.
I ferrovieri lavorano sotto lo sguardo delle sentinelle con la sensazione di muoversi come in un campo di concentramento; conversano a bassa voce, attenti a interrompere il loro sussurro al sopraggiungere di chi potrebbe essere una spia; ascoltano la cantilena metallica delle ruote che passano sui binari, il lungo interminabile nastro di lacrime dei carri merci piombati e sprangati, dai quali giungono fievoli e terribili invocazioni di aiuto e biglietti disperati: la disperazione di Auschwitz, di Belsen, di Mauthausen; perchè su quei carri viaggiano Martiri della Resistenza italiana destinata ai campi di sterminio.
Questo è Greco della primavera del 1944 che, pur vivendo a ridosso di un parco ferroviario sembra un'isola dimenticata: è invece un bersaglio vitale nello scontro fra i giganti. Vi passano le ferrovie anulari che circondano Milano; smista il traffico ferroviario in tutte le direzioni, verso tutti fronti; è la più importante ed attrezzata officina riparazioni dello scacchiere italiano controllato dai tedeschi. I partigiani di tutta Europa sono all'offensiva: sabotano, atten- tano, colpiscono, distruggono isolati e in gruppi. E cadono: pagano con la vita come i soldati al fronte, silenziosi e tenaci.
Non colpiscono alla cieca, studiano gli obiettivi, preparano i piani, addestrano gli uomini, trafugano gli esplosivi, sventano le insidie: sempre più decisi, perseveranti, inflessibili.
Greco è vitale per il Comando tedesco: è dunque qui che il sistema di comunicazioni della Wehrmacht deve essere colpito; è qui che la Resistenza intende colpire; è qui che dovrà operare la terza brigata Rubini, uno dei reparti organizzati dei partigiani milanesi.
Ma la terza brigata Rubini non esiste più perchè gappisli che la componevano o sono caduti o hanno dovuto essere allontanati perchè individuati dalla polizia nazifascista.
Il compito di riorganizzarne le file è affidato a f. Visone comandante <lei GAP di Torino: egli non può emettere bandi di reclutamento, ma sa dove trovare i suoi uomini. .S'i mescola ai ferrovieri, si avvicina per istinto alle anime semplici, giovani, indipendenti. capaci di impegnarsi in una battaglia oscura e mortale: <li lottare per tutti con cuore generoso, senza nulla chiedere. senza nulla pretendere.
Ottoboni. Guerra, Bottani, Conti sono quattro ferrovieri: sono i gappisti della Brigata Rubini ricostituita. Prima d'allora non hanno avuto occasione di partecipare a nessuna operazione: sono quattro esperti operai che lavorano proprio all'impianto ferroviario di Greco.
< Visone » non ha dubbi: quei volti giovani, spesso anneriti dal fumo; quegli occhi intelligenti e vivaci che hanno fallo la loro scellu senza esitazioni, crinsci del pericolo e della responsabilità saranno loro a condurre la battaglia dei binari e dovranno vincerla: non soltanto essere pronti a morire. Dovranno far saltare il deposito: innescar le miccie in tutte le locomotive. di notte, eludendo la sorveglianza delle sentinelle e vi si preparano, coscienziosamente sotto la guida di chi. da una casistica di attentati senza fine, ha appreso la difficile arte, guidato da una sorta di istinto del pericolo.
.Arriva la sera del 26 giugno e < Visone » sa che la preparazione tecnica è a punto in ogni dettaglio, quella psicologica sarà completa. quando tutti riuniti centellineranno il tempo che li separa dalla esecuzione.
Sono riuniti e la sera è arrivata, dopo tanti giorni. quasi senza accorgersene. Fino a quel giorno la loro vita era falla di '<moro e <li casa: l'officina. i genitori, gli amici, qualche ragazza. Fra un'ora avrebbero dovuto c battere la loro battaglia vestili da lerrooieri.
In quel momento <' Visone s'aspettava la crisi: la crisi eterna dell'uomo che si dibatte fra le maglie del destino e cerca di eluderlo o quanto meno di controllarlo, di difendere la sua vita.
011oboni aveva paura: anche gli altri tre l'avevano. ma 011oboni non la nascondeva: batteria denti, pallido, guardava mia vuoto.
Era appoggiato alla finestra e disse: <Voi parlale di disciplina. di sangue freddo, di decisione, di audacia. L nero che tremo. • Sono giovane ed è la prima volta. 'Ripenso al mio compilo e mi vengono t brividi. E poi mi dispiacerebbe morire così, con tutta la vita ancora da vivere... ma farò quello che devo fare }.
E lo fece e lo fecero anche gli altri tre.
Era una serata piena di stelle, una serata ideale per andare con la ragazza. Ma è il momento. I quattro scattano all'azione: approfittano del cambio delle sentinelle, penetrano nello scalo di Greco.
Le sentinelle appena montate in servizio sono lì: sarebbe facile. con un colpo di pistola eliminarle, ma gli spari darebbero l'allarme e l'impresa andrebbe a vuoto.
Si studia un po' le abitudini delle sentinelle. Ecco, ora è l'istante buono. I quattro si muovono dalle loro posizioni, si avvicinano alle locomotive. Bisogna deporre nel forno le cariche di tritolo e innescare le miccie: dall'accensione allo scoppio passano venti minuti; bisogna evitare ogni perdita di tempo. Guerra trova una locomotiva con il forno acceso, non può mettervi la carica. Bene, scende da 'quella e sale su un locomotore elettrico; vi pone la carica, accende la miccia. Ma ecco, improvvisamente, mentre millimetro su millimetro la brace rossastra avanza verso la carica, dell; grida in tedesco. Sono stati scoperti? È stato dato l'allarme?
Non c'è più tempo; bisogna fuggire. Guerra pone la sua ultima carica nel serbatoio dell'olio dello scalo. Poi fuggono, fuggono. senza più prudenza. Le grida nello scalo si moltiplicano, ma sono troncate da una prima esplosione. I quattro, ormai, sono di nuovo insieme, lontani dallo scalo. Gli scoppi si susseguono, uno dietro l'altro: quattordici esplosioni. I tedeschi credono dapprima che si tratti di un bombardamento; mettono in funzione le loro armi contraeree, ma nel cielo non c'è nessun apparecchio.
I quattro si separano. Ottoboni, nel rincasare, si imbatte in una pattuglia repubblichina. Osservano i suoi documenti: tutto bene. Se ne può tornare a casa: i denti •on gli battono più.
Era silenzio l'urlo del mattino, silenzio il cielo ferito: un silenzio di case, di Milano. Restarono bruttati anche di sole, sporchi di luce e l'uno all'altro odiosi, gli assassini venduti alla paura. Ed era l'alba e dove fu lavoro ove il piazzale era la gioia accesa della città migrante alle sue luci da sera a sera, ove lo stesso strido dei tram era saluto al giorno, al fresco viso dei vivi, vollero il massacro perchè Milano avesse alla sua soglia confusi tutti in uno stesso sangue i suoi figli promessi e il vecchio cuore forte e ridesto, stretto come un pugno. lo vidi il nuovo giorno che a Loreto sovra la rossa barricata i morti saliranno per primi, ancora in tuta e col petto discinto, ancora vivi di sangue e di ragione. Ed ogni giorno, ogni ora eterna brucia aLquesto fuoco, ogni alba ha il petto offeso da quel piombo degli innocenti fulminati al muro.
Alfonso Gatto
Poi la reazione. Per giorni e giorni i tedeschi cercano di scoprire gli autori dell'attentato, creano un china di terrore: nulla da fare: anche chi sa non parla.
11 16 luglio, venti giorni dopo l'attentato, un furgone carcerario giunge a Greco. Sono le 9 del mattino ed è una bella giornata. Nei campi attorno alle cascine di Greco i papaveri macchiano di un colore vino e allegro il grano che attende solo la mietitura. Dal furgone scendono tre ferrovieri. I loro nomi: Colombi, Mariani, Mazzelli. Chi sono? Sono antifascisti. l tedeschi hanno dello <li aver trovato loro addosso dei manifestini. Loro tre pagheranno. Davanti ai compagni di lavoro, obbligati ad essere presenti dai mitra dei nazisti. Colombi, Mariani e Mazzelli saranno fucilati. Non importa se non si è scoperto citi ha compiuto l'attentato: non importa se i tre non hanno compiuto altro reato che quello di essere ferrovieri e italiani.
Devono pagare, devono salvare il Comandante della piazza di Milano, che ha ricevuto un « cicchetto » dai suoi superiori. Cadono sotto gli occhi dei quattro gappisti responsabili, che in quel momento capiscono che il loro istante più difficile non è stato quello di venti giorni prima, quando facevano saltare il deposito di Greco. Ora ire loro compagni di lavoro si sacrificano al loro posto. Dinanzi a quel sacrificio prenderanno impegno di proseguire la lotta, sempre più tenace, perseverante, inflessibile.
Giovanni Pesce (« Visone »)
Io ho letto un libro che si intitolava:
"Ciao ragazzo". I fascisti avevano preso un bambino lo avevano portato in caserma. Chiedevano al bambino: "Dov'è il tuo papà?" Il bambino rispondeva: "A Piacenza, a Piacenza". I fascisti non ci credevano, ma al bambino la mamma aveva insegnato a dire così perchè il papà era sui monti a combattere. I fascisti non volevano lasciare libero il bambino perchè speravano di sapere la verità. Vicino a quella caserma c'era una fontana pubblica. Una donna andò a lavare i panni alla fontana. Aveva un grosso sacco dove c'era la roba sporca. Il bambino che era nel cortile riuscì a sfuggire ai fascisti che lo curavano. La donna lo mise svelta nel sacco e così il bambino fu libero.
Sabrina
Trasporti Clandestini
Il papà di Luca un giorno doveva trasportare un fucile mitragliatore. Lo avvolse negli stracci e lo legò sotto la canna della bicicletta. Riuscì in questo modo a farlo avere ai partigiani.
Per distribuire i giornali clandestini li metteva piegati sotto la maglia, poi, senza farsi accorgere quando passava davanti alle porte li metteva nelle cassette delle lettere.
Quando dovevano trasportare tante armi facevano il finto funerale. Nella bara mettevano le armi. Sopra mettevano un uomo vivo e facevano i buchi nella cassa per farlo respirare. Poi trasportavano il finto morto e le armi dove c era bisogno.
I cimiteri sono serviti molto ai partigiani per nascondere le armi e per nascondersi loro.
C'erano anche delle staffette che alla sera, dopo il coprifuoco, distribuivano la stampa clandestina per la città. Quando i fascisti chiedevano loro dove avevano preso quei giornali rispondevano che erano nelle loro cassette! Era la verità.
Luca Sebastiano
La Caduta Del Fascismo
Negrito, il capo partigiano che ci ha spiegato la mostra della Resistenza, ci ha detto che gli operai della F.I.A.T. ogni mattina quando entravano in fabbrica erano obbligati a passare davanti alla statua del duce Mussolini e a fargli il saluto.
Alla caduta del fascismo gli operai hanno tirato giù la statua e l'hanno presa a calci e sputi e così hanno fatto anche con tutti i quadri.
A quei tempi lo sciopero non si poteva fare perchè non c'era la libertà, quelli che facevano sciopero venivano puniti e anche ammazzati. Era brutto non avere la libertà.
Mario
I Bambini Ebrei
Sono rimasta impressionata dai bambini ebrei che ho visto alla mostra della deportazione e dell'antifascismo. I bambini li facevano morire di fame. Le fotografie che ho visto facevano effetto perchè si vedevano le ossa e le gambe erano piccole piccole. Il partigiano Negrito ci ha detto che non erano stati i tedeschi a fare quelle cose, ma i nazisti.
Per me è stato brutto ammazzare tutti quei poveri bambini, non è giusto ammazzare e specialmente i bambini che non hanno nessuna colpa.
Daniela
Una Scelta Difficile
Il papà di Luca ci ha raccontato che era ricercato dai fascisti. Per catturare il papà di Luca hanno dovuto ricattarlo. Gli dissero: "Se non ti presenti al comando fascista noi prenderemo i tuoi genitori e li porteremo in Germania nei campi di concentramento."
A questo punto Federico ci chiese che cosa avremmo fatto noi al suo posto. Tutti i bambini dissero che si sarebbero presentati al comando fascista. Infatti anche lui si presentò. Poi andò in prigione à Venezia, scappò e Io misero in prigione a Padova. Anche da lì scappò e un ferroviere lo aiutò perchè capì ché il papà di Luca cercava la sua libertà. Gli diede anche dei vestiti perchè era tutto stracciato. Finirono la giornata in allegria perchè Federico suonò la fisarmonica, ma adagio perchè i tedeschi non lo sentissero.
Federico nonostante la scelta obbligata riuscì a riconquistare la libertà e combattè perchè anche gli altri fossero liberi dai fascisti.
Claudia Concetta