BARtù 01-02 2020

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Ristoranti / Querelle

Guide o classifiche? Facciamo un po’ di chiarezza di Maurizio Bertera

Non sempre le valutazioni coincidono fra loro. Talvolta chi è penalizzato da una, viene osannato dall’altra. Ma conta solo il giudizio del cliente Ma che rapporto hanno i cuochi e i patron con le guide? Sono esattamente come i calciatori che a parole dicono di non guardare i voti della Gazzetta dello Sport ma non parlano più con il giornalista che gli rifila costanti insufficienze. Quindi chi cucina o gestisce un locale controlla non solo i propri voti ma soprattutto quelli del collega più vicino (ragioni commerciali) o più considerato dalla critica (ragioni personali). Tra il piccolo - ma sempre appassionato - popolo delle guide, invece, si perpetra l’eterna domanda: chi è veramente il migliore del reame? E già che ci siamo, perché la critica non ha una visione concorde? Per intenderci, la più mediatica resta la the World’s 50 Best Restautants dove i 40 membri di ogni panel (che rispecchiano un Paese o un’area geografica) hanno a disposizione dieci preferenze. Almeno quattro (ma sei al massimo) devono essere indirizzate a locali della propria area. Sì e no, visto che si presta storicamente a voti di scambio su scala nazionale - per quanto assegnati da gente che ne capisce parecchio - e gli sponsor importanti necessitano di luce. Tanto è vero che da quest’anno si è deciso di far uscire dalla classifica i ristoranti che l’hanno vinta in passato, a meno di un cambio di location. Tanto per fare un esempio, l’Osteria Francescana - due

volte n.1 - non potrà più esserlo. Sistema discutibile, ma ogni casa ha le sue regole: quindi il Mirazur di Mentone è il miglior locale del mondo. In ogni caso, la The World’s 50 Best Restaurants si presta bene ad essere lo strumento dei viaggiatori gourmet, senza problemi di budget e che vogliono sentirsi “nel circuito”. Ma del centinaio di locali recensiti, una buona metà potrebbe essere sostituita in un minuto. Potremmo dire lo stesso della The Best Chef Top 100 che offre il fianco a un concetto evidente: anche qui a decidere sono gli “esperti” (giornalisti, operatori del settore e pure gli chef) anche se Mauro Colagreco del Mirazur è primo anche qui, seguito da altri tre cuochi transalpini e da Rene Rezdepi. Qui non c’è Hall of Fame e quindi succede che l’idolo Bottura non sia neppure in classifica. E comunque nel 2018 era solo 57°. Mah... Peraltro, mancano all’appello altri nostri big quali Enrico Bartolini, Carlo Cracco e Antonino Cannavacciuolo mentre tra i sette in graduatoria il posto più alto è il 26°, nelle mani di Nadia Santini, celeberrima cuoca del Pescatore di Canneto sull’Oglio. Bravissima, ma è evidente che l’anzianità di servizio, il blasone del locale, la fama della famiglia Santini giocano un ruolo notevole nel piazzamento. Si potrebbe portare un’argomentazione tecnica: questa classifica giudica solo i cuochi, la ‘Fifty Best’ considera i locali nel complesso. Come considerarla? Come memo per un’esperienza internazionale. Invece, per chi è ancora fissato con la cucina transalpina, ha senso dare un’occhiata a Les Chefs 100, classifica redatta unicamente dai cuochi con due e tre stelle Michelin. Un “giochino” considerando che la Francia resta il paese più stellato al mondo e

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BARtù gen - feb 2020

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