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Enrico Croatti e l’Osteria di Moebius
from BARtù 01-02 2020
by Edifis
di Giovanna Moldenhauer
Il nome del locale si ispira al celebre fumettista francese Jean Giraud e, dopo pochi mesi, è già successo
Il locale ubicato in un ex deposito di tessuti, su una superficie di 700 metri quadrati per 12 metri di altezza, è diviso in due anime distinte con un Tapa Bistrot al piano terra, aperto sin da luglio 2019 e un’Osteria Gastronomica, situata in una specie di piattaforma sospesa a quattro metri dal suolo, dalla struttura architettonica impressionante creata dallo studio fiorentino Q-bic. Alberto Guerci, ristoratore di lungo corso, nel centro di Siena che rappresenta la proprietà, ha messo a capitanare Moebius, il figlio 27ennne Lorenzo. Scorrendo il curriculum nell’attesa di incontrare Croatti, per capire il suo percorso professionale tra Francia, Spagna e Stati Uniti, ci persuadiamo che alcune esperienze tra cui quella con Paul Bocuse all’Auberge du Pont de Collonges oppure quella a Madonna di Campiglio come executive chef del Dolomieu, dove ha conquistato la Stella nel 2013 e firmato la carta per 10 anni, abbiano fatto del giovane riminese, classe 1982, quello che è definito da molti “uno dei migliori talenti d’Italia”. Sin dall’esordio del nostro incontro abbiamo avvertito, da parte di Enrico, una sorta di felicità per la realizzazione del suo più grande sogno nel cassetto, che cullava da tempo: arrivare a Milano. Nell’attesa di sederci a tavola gli chiediamo come ha ideato i piatti dell’Osteria Gastronomica. «Tut-
te le proposte – risponde con simpatia tipicamente romagnola – sono state studiate, pensate e quindi realizzate, a partire dalle mie origini, dal concetto di osteria che ho vissuto e respirato nella mia città natale, Rimini, da cui 25 anni fa ho mosso in miei primi passi. A partire da questo ho poi sviluppato un processo creativo. I piatti sono caratterizzati da un’identità autentica e molto concreta, coniugata poi a una visione sperimentale e creativa, dove la tecnica viene messa a disposizione della materia prima e mai il contrario». Proseguendo poi «L’Osteria, frutto di tre anni di studio, è un’idea che in un certo senso è nata nella mia testa, poi è maturata e si è concretamente realizzata. Quando ho raccontato agli architetti, come m’immaginavo lo spazio dedicato, ho trovato nella realizzazione del loro progetto, esattamente quella che era la mia idea iniziale. Sento quindi d’essere stato complice e partecipe al concept architettonico». Alla domanda se ha regole per la scelta degli ingredienti abbiamo ricevuto la conferma che


non scende mai a compromessi sulla qualità, indipendentemente che si tratti di fegatini di pollo, foie gras, aragosta, girello di vitello, per citarne, sino alla semplice patata. «Devo conoscere – asserisce poi con grande convinzione – la storia delle materie prime, avere la “carta d’identità” di ogni singolo prodotto per capire da dove arriva, come è stato coltivato, già con una propria storia, senza seguire mode o tendenze. Questa per me è la regola principale. Come fornitori in questi anni ho incontrato, conosciuto e quindi selezionato con grande cura e attenzione degli artigiani di cui mi fido e a cui mi rivolgo abitualmente. Non sono quindi legato né a grandi aziende, né a multinazionali». Continuando poi «Per quanto riguarda le esperienze precedenti in Italia, Francia e Spagna, non si ritrovano né nel menù, né nell’identità dell’Osteria ma nel Tapa Bistrot. Qui si raccontano invece le mie origini riminesi, arricchite da viaggi, ricerche ed esperienze che mi servono oggi per rielaborare concetti e metodologie, oltre che per proporre uno spirito lavorativo che si è sicuramente evoluto nel tempo. La lista dei piatti lavora molto sulle stagionalità, con alcuni che considero i miei ‘cavalli di battaglia’ da più di 12 anni. Tutto il resto è mutamento, cambiamento. E’ un’evoluzione continua di quello che è il concetto di Osteria oggi, in chiave avanguardistica». Poco dopo ci siamo seduti a tavola e il pranzo ha avuto inizio. All’esordio è stato servito un antipasto dal nome La Tripla evasione del calamaro servito con dei passatelli, seguito da un primo di pasta ripiena Ho fatto un casino con l’ossobuco. Entrambi i piatti dal sapore speciale, erano assolutamente squisiti e perfetti con Clemente primo bianco Rubicone IGP 2018 della cantina romagnola Enio Ottaviani composta da Pagadebit, autoctono romagnolo, e dagli internazionali Sauvignon, Riesling, con sentori floreali fruttati, dalla beva fresca, poco sapida, un buon equilibrio gustativo. Il piatto successivo Carne alla brace accostato al Taurasi Radici Riserva 2015 DOCG di Mastroberardino, dal bouquet complesso, dal sorso avvolgente ed elegante, ricco e sinuoso, ha rappresentato un abbinamento perfetto. Scorrendo la carta tra le proposte più curiose nel menu degli antipasti troviamo Testa di pesce in brodetto tra Rimini e Tokio, nei secondi invece Passione per la mora romagnola, vietato ai minori di 18 anni, che testimoniano la fantasia, l’esperienza di Croatti, con un pizzico di sensualità e quel savoir fair tipico della Romagna. La carta dei dolci dell’Osteria, “Ho fatto un casino con l’ossobuco”
La tripla evasione del calamaro Il social table conviviale del tapa Bistrot


in cui nell’esordio si ritrovano le radici di Enrico, esordisce con il Tiramisù di mamma Franca, per proseguire con Mandorle in fiore, Cioccolatino e Biscotto al cioccolato, sale e lampone. Prima di accomiatarci gli chiediamo di parlarci del menù del Tapa Bistrot al piano terra, dove collabora con Luca Pilia sous-chef. «Qui possiamo dire – racconta – che c’è più un’influenza francese-spagnola, dato che questi sono stati due importanti periodi formativi e lavorativi della mia vita. Il Tapa Bistrot è generatore di un’esperienza umana: quella delle tapas appunto che, poste al centro della tavola, diventano un momento di condivisione e convivialità, una specie di cucina in miniatura da stuzzicare all’inizio, una sorta di preludio. Con questo progetto ho fatto mio un momento culturale tipicamente presente in Spagna lavorando però molto con prodotti italiani e non solo». Per esempio a pranzo si possono trovare proposte che spaziano da Fregola, gazpacho di ceci e vongole alla Chicken cotoletta from Los Angeles to Milano, dagli Spaghetti ai pomodori alla Caprese con burrata ed erbe, nonché golosissimi dolci come il Bouquet di frutti rossi e cioccolato, il Semifreddo ai pistacchi, wasabi e frutto della passione o la Panna cotta al mango, pesca noce, vaniglia, zafferano e lime. Nel menu sono presenti anche piatti vegetariani e vegani, mentre il pane di Moebius è preparato da Pavè, laboratorio artigianale di pasticceria che utilizza lievito madre e una cottura su pietra. Il successo, conquistato in questi mesi, dal Tapa Bistrot, unione di due culture attraverso la convivialità e il piacere del cibo, da ragione all’entusiasmo con cui la famiglia Guerci e Enrico Croatti hanno ideato e reso reale Moebius. Noi dal canto nostro abbiamo molto apprezzato la possibilità di assaggiare, in anteprima, alcune creazioni culinarie, in vista dell’apertura ufficiale al pubblico avvenuta dal 30 ottobre 2019. •
FIGLI

2020
FOTO FRANCESCO ZIZOLA TESTO PIETRO VERONESE
BARtù con Amani per garantire casa, scuola e salute ai bambini e alle bambine di strada di Nairobi, Kenya e Lusaka, Zambia. I proventi saranno destinati all’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti del Kivuli Centre, casa di accoglienza per bambini di strada di Nairobi Per acquistare questo calendario Amani Ong Onlus Via Tortona 86, 20144 Milano tel. +39 02 48951149 bottega@amaniforafrica.it www.amaniforafrica.it